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In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo. Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «La terra produca germogli erbe che producono seme e alberi da frutto che fanno sulla terra frutto con il seme ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. E la terra produsse germogli erbe che producono seme ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona.
E fu sera e fu mattina: terzo giorno. Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste per i giorni e per gli anni e siano fonti di l uce nel firmamento del cielo p er illuminare la terra». E così avvenne. E Dio fece le due fonti di l uce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per gove r nare la notte e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per govern are il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno. Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque secondo la loro specie e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra»
E
fu sera e fu mattina: quinto giorno. Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame rettili e animali selvatici secondo
la loro specie
». E
così avvenne. Dio fece gli animali selvatici secondo la loro specie il bestiame secondo
la propria specie
e tutti i rettili del suolo secondo
la loro specie
. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine secondo la nostra somiglianza: dòmini
sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo sul bestiame su tutti gli animali selvatici e su tutti
i rettili che strisciano sulla terra». E
Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine
di Dio
lo creò
: maschio e femmina li creò
. Dio li benedisse e Di o disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente che striscia sulla terra
». Dio disse: «Ecco io vi do ogni erba che produce
seme e che è su tutta la terra, e ogni
albero fruttifero che produce
seme
: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici a tutti
gli uccelli del cielo e a tutti
gli
esseri
che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita io do in cibo ogni erba verde». E
così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto ed ecco era cosa molto buona. E
fu sera e fu mattina: sesto giorno. Così furono portati a compimento
il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio nel settimo giorno portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo
giorno
da ogni suo la v oro che aveva
fatto
. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva
fatto creando. Queste sono le origini
del cielo e della terra quand o vennero creati. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre
era sulla terra
nessuna erba campestre
era spuntata perché il Signore
Dio
non aveva fatto piovere
sulla terra
e non
c’era uomo che lavorasse il suolo ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra
e irrigava tutto il suolo
. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nel le sue narici un alito di vita e l’uomo
divenne un essere vivente.
Poi
il Signore Dio piantò un giardino in Eden a oriente e vi collocò l’uomo che aveva plasmato.
Il S
ignore
Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi
alla vista e buoni da mangiare e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero
della conoscenza del bene e del male. Un fiume
usciva da Eden per irrigar e il giardino poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume
si chiama Pison
: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla
dove si trova l’oro e l’oro
di quella regione
è fino; vi si trova
pure la resina odorosa e la pietra d’ònice
. Il secondo fiume si chi ama Ghicon
: esso scorre attorno a tutta la regione d’Etiopia.
Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur
. Il quarto fiume è l’Eufrate. Il Signore Dio prese l’uomo e lo
pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse
e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «
Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino ma dell’
albero
della conoscenza del bene
e del male non devi mangiare perché nel giorno in cui tu ne mangerai certamente dovrai morire». E
il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio
fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di ani mali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati
: in qualunque modo l’uomo
avesse chiamato ognuno degli esseri viventi quello doveva esser e il suo nome. Così l’uomo im

pose
nomi a tutto il bestiame a tutti gli uccelli del cielo e a tutti
gli animali selvatici ma per l’uomo
non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull
’uomo che si addormentò gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Di o formò con la costola che ave va
tolta all’uomo una donna e la condusse all’uomo
. Allora l’uomo
disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne
. La si chiamerà donna, perc
h é
dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua mo glie, e i due saranno un’unica carne. Ora tutti e due erano
nudi l’

uomo
e sua moglie e non provavano vergogna. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici
che Dio aveva fatto e disse alla donna: «è vero che Dio
ha
detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino n oi
possiamo mangiare ma del fr utto
dell’albero che sta in mezzo al giardino
Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non
lo dovete
toccare altrimenti mor

.
. Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidirai il calcagno». Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà». All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne” maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!». L’uomo chiamò sua moglie Eva perché ella fu la madre di tutti i viventi. Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì. Poi il Signore Dio disse: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita ne mangi e viva per sempre!». Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacci ò l’uomo e pose a oriente del gia rdino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante per custodire la via all’albero della vi ta. Adamo conobbe Eva sua m oglie che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uom
o grazie al Signore». Poi partorì ancora Abele suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi men t re Caino era lavoratore del suolo. Trascorso del tempo Caino presentò frutti del suolo come off erta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti de l suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritat o e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abba ttuto il tuo volto? Se agisci bene non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene il peccat o è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto e tu lo dominerai». Caino parlò al frat ello Abele. Mentre erano in campagna Caino alzò la mano contro
il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele tuo fratello?». Egli rispo se: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Ri prese: «Che hai fatto? La voce del sa ngue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lontano dal suolo che ha aperto la b occa per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo esso non ti d arà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Tropp o gr ande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nasco ndermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi uccid erà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». I l Signore impose a Caino un
segno perché nessuno incontrandolo lo colpisse. Caino si allontanò dal Signore e abitò nella regi one di Nod a oriente di Eden. Ora Caino conobbe sua moglie ch
e concepì e partorì Enoc; poi divenne costruttore di una città che chiamò Enoc dal nome del figli o. A Enoc nacque Irad; Irad generò Mecuiaèl e Mecuiaèl generò
Metusaèl e Metusaèl generò Lamec. Lamec si prese due mogli: una chiamata Ada e l’altra chiam ata Silla. Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano so tto le tende presso il bestiame. Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto. Silla a s ua volta partorì Tubal-Kain il fabbro padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro. La sorella di Tubal-Kain fu Naamà. Lamec disse alle mogli: «Ada e Silla ascoltate la mia voce; mogli di Lamec porget e l’orecchio al mio dire. Ho ucciso un uomo per una mia scalf
ittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette»
. Adamo di nuovo conobbe sua moglie che partorì un figlio e lo
chiamò Set. «Perché – disse –
Dio mi ha concesso un’altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l’ha ucciso». Anche a S
et nacque un figlio che chiamò Enos. A quel tempo si cominci

ò a invocare il nome del Signore. Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l’uomo lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femm
ina li creò li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo avev a centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine seco ndo la sua somiglianza e lo chi amò Set. Dopo aver generato Set Adamo visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie. L’int era vita di Adamo fu di novecent otrenta anni; poi morì. Set aveva centocinque anni quando ge nerò Enos; dopo aver generato Enos Set visse ancora ottocentosette anni e generò figli e figlie.
L’in tera vita di Set fu di novecentododici anni; poi morì. Enos aveva novanta anni quando gener ò Kenan; Enos dopo aver generato Kenan visse ancora ottocentoqui
ndici anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Enos fu di novecentocinque anni; poi morì. Kenan aveva settanta anni quando generò Maalalèl; Kenan, dopo av er generato Maalalèl visse ancora ottocentoquaranta anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Kenan fu di novecentodieci anni; p oi morì. Maalalèl aveva sessa ntacinque anni quando generò Iered; Maalalèl dopo aver generat o Iered visse ancora ottocentotrenta anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Maalalèl fu di ott ocentonovantacinque anni; poi morì. Iered aveva centosessantadue anni quando generò Enoc; I ered dopo aver generato Enoc visse ancora ottocento anni e gener
ò figli e figlie. L’intera vita di Iered fu di novecentosessantadue anni; poi morì. Enoc aveva sessa ntacinque anni quando generò Matusalemme. Enoc camminò c
on Dio; dopo aver generato Matusalemme visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie.
L’intera vita di Enoc fu di trecentosessantacinque anni. Enoc ca mminò con Dio poi scomparve p erché Dio l’aveva preso. Matusalemme aveva centoottantasette anni quando generò Lamec; M
atusalemme dopo aver generato
Lamec visse ancora settecentoottantadue anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Matusalem me fu di novecentosessantanove anni; poi morì. Lamec aveva cen
toottantadue anni quando generò un figlio e lo chiamò Noè dicendo: «Costui ci consolerà del no stro lavoro e della fatica delle nostre mani a causa del suolo che il Signore ha maledetto». Lame c dopo aver generato Noè visse ancora cinquecentonovantacinque anni e generò figli e figlie. L’i ntera vita di Lamec fu di settece ntosettantasette anni; poi morì. Noè aveva cinquecento anni q uando generò Sem Cam e Iafet. Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nac qu
ero loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mo gli a loro scelta. Allora il Signore disse: «Il mio spirito non res terà sempre nell’uomo perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». C’erano sulla terra i giganti a quei tempi –
e anche dopo –

quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono qu esti gli eroi dell’antichità uomini famosi. Il Signore vide che l a malvagità degli uomini era grand e sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo s ulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Canceller ò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli u cc elli del cielo perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. Que sta è la discendenza di Noè. Noè era uomo giusto e integro tr a i suoi contemporanei e cammina va con Dio. Noè generò tre figli: Sem Cam e Iafet. Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. Dio guardò la ter ra ed ecco essa era corrotta perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra. Allora Dio disse a Noè: «è venuta per me la fine di ogni uomo, perché l a terra per causa loro è piena di violenza; ecco io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un’arc a di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la sp almerai di bitume dentro e fuori.
Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la port a dell’arca. La farai a piani: inferiore medio e superiore. Ecco io sto per mandare il diluvio cioè le acque sulla terra per distruggere sotto il cielo ogni carne in cui c’è soffio di vita; quanto è sulla t erra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell
’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive di ogni carne intro durrai nell’arca due di ogni specie per conservarli in vita con te
: siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la loro specie del bestiame secondo la propria specie e di tutti i rettili del suolo secondo la loro specie due di o gnuna verranno con te per esse re conservati in vita. Quanto a te prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e fanne provvista: sarà di nutrimento per te e per loro». Noè eseguì ogni cosa come Dio gli aveva comandato: così fece.
Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dina nzi a me in questa generazione. Di ogni animale puro prendine con te sette paia il maschio e la s ua femmina; degli animali che non sono puri un paio il maschio e la sua femmina. Anche degli u ccelli del cielo sette paia maschio e femmina per conservarne in vita la razza su tutta la terra. Pe rché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; cancellerò dall a terra ogni essere che ho fatto». Noè fece quanto il Signore gli aveva comandato. Noè aveva se icento anni quando venne il diluvio cioè le acque sulla terra. Noè entrò nell’arca e con lui i suoi f igli sua moglie e le mogli dei suoi figli per sottrarsi alle acque del diluvio. Degli animali puri e di q uelli impuri degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo un maschio e una femmina e ntrarono a due a due nell’arca come Dio aveva comandato a Noè. Dopo sette giorni le acque del diluvio furono sopra la terra; nell’anno seicentesimo della vita di Noè nel secondo mese il dicias sette del mese in quello stesso giorno eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratt e del cielo si aprirono. Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti. In quell o stesso giorno entrarono nell’arca Noè con i figli Sem Cam e Iafet la moglie di Noè, le tre mogli
dei suoi tre figli; essi e tutti i viventi secondo la loro specie e tutto il bestiame secondo la propri a specie e tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo la loro specie tutti i volatili secondo la l oro specie tutti gli uccelli tutti gli esseri alati. Vennero dunque a Noè nell’arca a due a due di og ni carne in cui c’è il soffio di vita. Quelli che venivano maschio e femmina d’ogni carne entraron o come gli aveva comandato Dio. Il Signore chiuse la porta dietro di lui. Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l’arca che s’innalzò sulla terra. Le acque furon o travolgenti e crebbero molto sopra la terra e l’arca galleggiava sulle acque. Le acque furono se mpre più travolgenti sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo.
Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto. Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra uccelli bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici cioè quanto era sulla terra asciu tta morì. Così fu cancellato ogni essere che era sulla terra: dagli uomini agli animali domestici ai rettili e agli uccelli del cielo; essi furono cancellati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con l ui nell’arca. Le acque furono travolgenti sopra la terra centocinquanta giorni. Dio si ricordò di N
oè di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano con lui nell’arca. Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si abbassarono. Le fonti dell’abisso e le cateratte del cielo furono ch iuse e fu trattenuta la pioggia dal cielo; le acque andarono via via ritirandosi dalla terra e calaro no dopo centocinquanta giorni. Nel settimo mese il diciassette del mese l’arca si posò sui monti dell’Araràt. Le acque andarono via via diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese il pri mo giorno del mese apparvero le cime dei monti. Trascorsi quaranta giorni Noè aprì la finestra c he aveva fatto nell’arca e fece uscire un corvo. Esso uscì andando e tornando finché si prosciuga rono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba per vedere se le acque si fossero ritir ate dal suolo; ma la colomba non trovando dove posare la pianta del piede tornò a lui nell’arca perché c’era ancora l’acqua su tutta la terra. Egli stese la mano la prese e la fece rientrare press o di sé nell’arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco essa aveva nel becco una tenera foglia di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui. L’anno seicentouno della vita di Noè il primo mese il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell’arca ed ecco la super ficie del suolo era asciutta. Nel secondo mese il ventisette del mese tutta la terra si era prosciug ata. Dio ordinò a Noè: «Esci dall’arca tu e tua moglie i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te. Tut ti gli animali d’ogni carne che hai con te uccelli bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra falli uscire con te, perché possano diffondersi sulla terra siano fecondi e si moltiplichino su di es sa». Noè uscì con i figli la moglie e le mogli dei figli. Tutti i viventi e tutto il bestiame e tutti gli uc celli e tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo le loro specie uscirono dall’arca. Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali puri e di uccelli puri e offrì olocausti sull’
altare. Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: «Non maledirò più il suolo a ca usa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né co
lpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e cald o, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno». Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli anim ali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita cioè con il suo sangue. Del sa ngue vostro ossia della vostra vita io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vive nte e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello. Chi sparge il san gue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio è stato fatto l’uo mo. E voi siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela». Dio disse a No è e ai suoi figli con lui: «Quanto a me ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri disc endenti dopo di voi con ogni essere vivente che è con voi uccelli bestiame e animali selvatici co n tutti gli animali che sono usciti dall’arca con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alle anza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio né il diluvio devasterà p iù la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere v ivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il se gno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci s aranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne. L’arco sarà sulle nubi, e io lo guard erò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra».
Disse Dio a Noè: «Questo è il segno dell’alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è su lla terra». I figli di Noè che uscirono dall’arca furono Sem Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan.
Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra. Ora Noè coltivatore della terr a cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino si ubriacò e si denudò all’interno della su a tenda. Cam padre di Canaan vide la nudità di suo padre e raccontò la cosa ai due fratelli che st avano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello se lo misero tutti e due sulle spalle e cammin ando a ritroso coprirono la nudità del loro padre; avendo tenuto la faccia rivolta indietro non vi dero la nudità del loro padre. Quando Noè si fu risvegliato dall’ebbrezza seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: «Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fra telli!». E aggiunse: «Benedetto il Signore Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Iafet ed e gli dimori nelle tende di Sem, Canaan sia suo schiavo!». Noè visse dopo il diluvio trecentocinqua nta anni. L’intera vita di Noè fu di novecentocinquanta anni; poi morì. Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem Cam e Iafet ai quali nacquero figli dopo il diluvio. I figli di Iafet: Gomer Mag òg Madai Iavan Tubal Mesec e Tiras. I figli di Gomer: Aschenàz Rifat e Togarmà. I figli di Iavan: El isa Tarsis i Chittìm e i Dodanìm. Da costoro derivarono le genti disperse per le isole nei loro terri tori ciascuna secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie nelle rispettive nazioni. I figli d i Cam: Etiopia Egitto Put e Canaan. I figli di Etiopia: Seba, Avìla Sabta Raamà e Sabtecà. I figli di R
aamà: Saba e Dedan. Etiopia generò Nimrod: costui cominciò a essere potente sulla terra. Egli e
ra valente nella caccia davanti al Signore perciò si dice: «Come Nimrod, valente cacciatore dava nti al Signore». L’inizio del suo regno fu Babele Uruc, Accad e Calne nella regione di Sinar. Da qu ella terra si portò ad Assur e costruì Ninive Recobòt-Ir e Calach e Resen tra Ninive e Calach; quella è la grande città. Egitto generò quelli di Lud Anam Laab Naftuch, Patros Casluch e Caftor da dove uscirono i Filistei. Canaan generò Sidone suo pri mogenito e Chet e il Gebuseo l’Amorreo il Gergeseo, l’Eveo l’Archeo e il Sineo l’Arvadeo il Sema reo e il Camateo. In seguito si dispersero le famiglie dei Cananei. Il confine dei Cananei andava d a Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza poi in direzione di Sòdoma Gomorra Adma e Seboìm fi no a Lesa. Questi furono i figli di Cam secondo le loro famiglie e le loro lingue nei loro territori e nelle rispettive nazioni. Anche a Sem fratello maggiore di Iafet e capostipite di tutti i figli di Eber nacque una discendenza. I figli di Sem: Elam Assur Arpacsàd Lud e Aram. I figli di Aram: Us Ul G
heter e Mas. Arpacsàd generò Selach e Selach generò Eber. A Eber nacquero due figli: uno si chi amò Peleg perché ai suoi tempi fu divisa la terra e il fratello si chiamò Ioktan. Ioktan generò Alm odàd Selef Asarmàvet Ierach Adoràm Uzal Dikla, Obal Abimaèl Saba Ofir Avìla e Iobab. Tutti que sti furono i figli di Ioktan; la loro sede era sulle montagne dell’oriente da Mesa in direzione di Se far. Questi furono i figli di Sem secondo le loro famiglie e le loro lingue, nei loro territori second o le rispettive nazioni. Queste furono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro genealogie nelle rispettive nazioni. Da costoro si dispersero le nazioni sulla terra dopo il diluvio. Tutta la terra av eva un’unica lingua e uniche parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianur a nella regione di Sinar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: «Venite facciamoci mattoni e cu ociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite cost ruiamoci una città e una torre la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome per non disperder ci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavan o costruendo. Il Signore disse: «Ecco essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; qu esto è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile
. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per q uesto la si chiamò Babele perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. Questa è la discendenza di Sem: Sem aveva cento anni quando gener ò Arpacsàd due anni dopo il diluvio; Sem dopo aver generato Arpacsàd visse cinquecento anni e generò figli e figlie. Arpacsàd aveva trentacinque anni quando generò Selach; Arpacsàd dopo av er generato Selach visse quattrocentotré anni e generò figli e figlie. Selach aveva trent’anni qua ndo generò Eber; Selach dopo aver generato Eber visse quattrocentotré anni e generò figli e figl ie. Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg; Eber dopo aver generato Peleg visse qu attrocentotrenta anni e generò figli e figlie. Peleg aveva trent’anni quando generò Reu; Peleg d opo aver generato Reu visse duecentonove anni e generò figli e figlie. Reu aveva trentadue anni quando generò Serug; Reu dopo aver generato Serug visse duecentosette anni e generò figli e f iglie. Serug aveva trent’anni quando generò Nacor; Serug dopo aver generato Nacor visse duece
nto anni e generò figli e figlie. Nacor aveva ventinove anni quando generò Terach; Nacor dopo a ver generato Terach visse centodiciannove anni e generò figli e figlie. Terach aveva settant’anni quando generò Abram Nacor e Aran. Questa è la discendenza di Terach: Terach generò Abram Nacor e Aran; Aran generò Lot. Aran poi morì alla presenza di suo padre Terach nella sua terra n atale in Ur dei Caldei. Abram e Nacor presero moglie; la moglie di Abram si chiamava Sarài e la moglie di Nacor Milca che era figlia di Aran padre di Milca e padre di Isca. Sarài era sterile e non aveva figli. Poi Terach prese Abram suo figlio e Lot figlio di Aran figlio cioè di suo figlio, e Sarài s ua nuora moglie di Abram suo figlio e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nella terra di Ca naan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono. La vita di Terach fu di duecentocinque anni; Te rach morì a Carran. Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dall a casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedir ò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benedi ranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della t erra». Allora Abram partì come gli aveva ordinato il Signore e con lui partì Lot. Abram aveva sett antacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot figlio di suo fratello e t utti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si inca mminarono verso la terra di Canaan. Arrivarono nella terra di Canaan e Abram la attraversò fino alla località di Sichem presso la Quercia di Morè. Nella terra si trovavano allora i Cananei. Il Sign ore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò questa terra». Allora Abram cos truì in quel luogo un altare al Signore che gli era apparso. Di là passò sulle montagne a oriente d i Betel e piantò la tenda avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signor e e invocò il nome del Signore. Poi Abram levò la tenda per andare ad accamparsi nel Negheb. V
enne una carestia nella terra e Abram scese in Egitto per soggiornarvi perché la carestia gravava su quella terra. Quando fu sul punto di entrare in Egitto disse alla moglie Sarài: «Vedi io so che tu sei donna di aspetto avvenente. Quando gli Egiziani ti vedranno penseranno: “Costei è sua m oglie” e mi uccideranno mentre lasceranno te in vita. Di’ dunque che tu sei mia sorella perché io sia trattato bene per causa tua e io viva grazie a te». Quando Abram arrivò in Egitto gli Egiziani videro che la donna era molto avvenente. La osservarono gli ufficiali del faraone e ne fecero le l odi al faraone; così la donna fu presa e condotta nella casa del faraone. A causa di lei egli trattò bene Abram, che ricevette greggi e armenti e asini schiavi e schiave asine e cammelli. Ma il Sign ore colpì il faraone e la sua casa con grandi calamità per il fatto di Sarài moglie di Abram. Allora il faraone convocò Abram e gli disse: «Che mi hai fatto? Perché non mi hai dichiarato che era tu a moglie? Perché hai detto: “è mia sorella” così che io me la sono presa in moglie? E ora eccoti t ua moglie: prendila e vattene!». Poi il faraone diede disposizioni su di lui ad alcuni uomini che lo allontanarono insieme con la moglie e tutti i suoi averi. Dall’Egitto Abram risalì nel Negheb con la moglie e tutti i suoi averi; Lot era con lui. Abram era molto ricco in bestiame argento e oro. A bram si spostò a tappe dal Negheb fino a Betel fino al luogo dov’era già prima la sua tenda tra B
etel e Ai il luogo dove prima aveva costruito l’altare: lì Abram invocò il nome del Signore. Ma an
che Lot che accompagnava Abram aveva greggi e armenti e tende e il territorio non consentiva che abitassero insieme perché avevano beni troppo grandi e non potevano abitare insieme. Per questo sorse una lite tra i mandriani di Abram e i mandriani di Lot. I Cananei e i Perizziti abitava no allora nella terra. Abram disse a Lot: «Non vi sia discordia tra me e te tra i miei mandriani e i tuoi perché noi siamo fratelli. Non sta forse davanti a te tutto il territorio? Sepàrati da me. Se tu vai a sinistra io andrò a destra; se tu vai a destra io andrò a sinistra». Allora Lot alzò gli occhi e v ide che tutta la valle del Giordano era un luogo irrigato da ogni parte –
prima che il Signore distruggesse Sòdoma e Gomorra –
come il giardino del Signore come la terra d’Egitto fino a Soar. Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano e trasportò le tende verso oriente. Così si separarono l’uno dall’altro: Abram si stabilì nella terra di Canaan e Lot si stabilì nelle città della valle e piantò le tende vicino a Sòdoma. Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore. Allora il Signore disse ad Abram dopo che Lot si era separato da lui: «Alza gli occhi e dal luogo dove tu stai spingi lo sg uardo verso il settentrione e il mezzogiorno verso l’oriente e l’occidente. Tutta la terra che tu ve di io la darò a te e alla tua discendenza per sempre. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra potrà contare anche i tuoi discendenti. àlz ati, percorri la terra in lungo e in largo perché io la darò a te». Poi Abram si spostò con le sue te nde e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre che sono ad Ebron e vi costruì un altare al Signore.
Al tempo di Amrafèl re di Sinar di Ariòc re di Ellasàr di Chedorlaòmer re dell’Elam e di Tidal re di Goìm costoro mossero guerra contro Bera re di Sòdoma Birsa re di Gomorra Sinab re di Adma S
emeber re di Seboìm e contro il re di Bela cioè Soar. Tutti questi si concentrarono nella valle di S
iddìm, cioè del Mar Morto. Per dodici anni essi erano stati sottomessi a Chedorlaòmer, ma il tre dicesimo anno si erano ribellati. Nell’anno quattordicesimo arrivarono Chedorlaòmer e i re che erano con lui e sconfissero i Refaìm ad Astarot-Karnàim gli Zuzìm ad Am gli Emìm a Save-Kiriatàim e gli Urriti sulle montagne di Seir fino a El-
Paran che è presso il deserto. Poi mutarono direzione e vennero a En-Mispàt cioè Kades e devastarono tutto il territorio degli Amaleciti e anche degli Amorrei che abi tavano a Casesòn-Tamar. Allora il re di Sòdoma il re di Gomorra il re di Adma il re di Seboìm e il re di Bela cioè Soa r uscirono e si schierarono a battaglia nella valle di Siddìm contro di essi cioè contro Chedorlaò mer re dell’Elam, Tidal re di Goìm Amrafèl re di Sinar e Ariòc re di Ellasàr: quattro re contro cinq ue. La valle di Siddìm era piena di pozzi di bitume; messi in fuga il re di Sòdoma e il re di Gomorr a vi caddero dentro mentre gli altri fuggirono sulla montagna. Gli invasori presero tutti i beni di Sòdoma e Gomorra e tutti i loro viveri e se ne andarono. Prima di andarsene catturarono anche Lot figlio del fratello di Abram e i suoi beni: egli risiedeva appunto a Sòdoma. Ma un fuggiasco v enne ad avvertire Abram l’Ebreo che si trovava alle Querce di Mamre l’Amorreo fratello di Escol e fratello di Aner i quali erano alleati di Abram. Quando Abram seppe che suo fratello era stato preso prigioniero organizzò i suoi uomini esperti nelle armi, schiavi nati nella sua casa in numer
o di trecentodiciotto e si diede all’inseguimento fino a Dan. Fece delle squadre lui e i suoi servi c ontro di loro li sconfisse di notte e li inseguì fino a Coba a settentrione di Damasco. Recuperò co sì tutti i beni e anche Lot suo fratello i suoi beni con le donne e il popolo. Quando Abram fu di ri torno dopo la sconfitta di Chedorlaòmer e dei re che erano con lui il re di Sòdoma gli uscì incont ro nella valle di Save cioè la valle del Re. Intanto Melchìsedek re di Salem offrì pane e vino: era s acerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in man o i tuoi nemici». Ed egli diede a lui la decima di tutto. Il re di Sòdoma disse ad Abram: «Dammi l e persone; i beni prendili per te». Ma Abram disse al re di Sòdoma: «Alzo la mano davanti al Sig nore il Dio altissimo creatore del cielo e della terra: né un filo né un legaccio di sandalo niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abram. Per me niente se non quello che i servi hanno mangiato; quanto a ciò che spetta agli uomini che sono venuti con me Aner Es col e Mamre essi stessi si prendano la loro parte». Dopo tali fatti fu rivolta ad Abram in visione questa parola del Signore: «Non temere Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà mo lto grande». Rispose Abram: «Signore Dio che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà c ostui il tuo erede ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli cr edette al Signore che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore che ti ho fatt o uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio come potrò s apere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni una capra di tre a nni un ariete di tre anni una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali li divis e in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calaro no su quei cadaveri ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare un torpore cadde s u Abram ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Allora il Signore disse ad Abram: «Sapp i che i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno o ppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito la giudicherò io: dopo ess i usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto do po una vecchiaia felice. Alla quarta generazione torneranno qui perché l’iniquità degli Amorrei n on ha ancora raggiunto il colmo». Quando tramontato il sole si era fatto buio fitto ecco un braci ere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume il fiume Eufrate; la terra dove abitano i Keniti i Kenizziti i Kadmoniti gli Ittiti i Per izziti i Refaìm gli Amorrei i Cananei i Gergesei e i Gebusei». Sarài moglie di Abram non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava egiziana chiamata Agar Sarài disse ad Abram: «Ecco il Signor e mi ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli». Abram as coltò l’invito di Sarài. Così al termine di dieci anni da quando Abram abitava nella terra di Canaa
n Sarài moglie di Abram prese Agar l’Egiziana sua schiava e la diede in moglie ad Abram suo mar ito. Egli si unì ad Agar che restò incinta. Ma quando essa si accorse di essere incinta la sua padro na non contò più nulla per lei. Allora Sarài disse ad Abram: «L’offesa a me fatta ricada su di te! I o ti ho messo in grembo la mia schiava ma da quando si è accorta d’essere incinta io non conto più niente per lei. Il Signore sia giudice tra me e te!». Abram disse a Sarài: «Ecco la tua schiava è in mano tua: trattala come ti piace». Sarài allora la maltrattò tanto che quella fuggì dalla sua pr esenza. La trovò l’angelo del Signore presso una sorgente d’acqua nel deserto la sorgente sulla s trada di Sur, e le disse: «Agar schiava di Sarài da dove vieni e dove vai?». Rispose: «Fuggo dalla presenza della mia padrona Sarài». Le disse l’angelo del Signore: «Ritorna dalla tua padrona e re stale sottomessa». Le disse ancora l’angelo del Signore: «Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla tanto sarà numerosa». Soggiunse poi l’angelo del Signore: «Ecco sei incinta: p artorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele, perché il Signore ha udito il tuo lamento. Egli sarà com e un asino selvatico; la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui, e abiterà di fro nte a tutti i suoi fratelli». Agar al Signore che le aveva parlato diede questo nome: «Tu sei il Dio della visione» perché diceva: «Non ho forse visto qui colui che mi vede?». Per questo il pozzo si chiamò pozzo di Lacai-Roì è appunto quello che si trova tra Kades e Bered. Agar partorì ad Abram un figlio e Abram chi amò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito. Abram aveva ottantasei anni quando Agar gli p artorì Ismaele. Quando Abram ebbe novantanove anni il Signore gli apparve e gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti ren derò molto molto numeroso». Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Q
uanto a me ecco la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti ren derò. E ti renderò molto molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabili rò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione com e alleanza perenne per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei for estiero tutta la terra di Canaan la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza tu e la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione. Questa è la mia alleanza che dovete osservare alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra voi ogni masch io. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni sarà circonciso tra voi ogni maschio di generazione in generazione sia quello nato in casa sia quello comprato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in casa e chi viene comprato con denaro; così la mi a alleanza sussisterà nella vostra carne come alleanza perenne. Il maschio non circonciso di cui c ioè non sarà stata circoncisa la carne del prepuzio sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza». Dio aggiunse ad Abramo: «Quanto a Sarài tua moglie non la chiamerai più Sarài ma S
ara. Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni e re di popoli
nasceranno da lei». Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: «A uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all’età di novant’anni potrà partorire?». Abramo disse a Dio:
«Se almeno Ismaele potesse vivere davanti a te!». E Dio disse: «No Sara tua moglie ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne per ess ere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui. Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ec co io lo benedico e lo renderò fecondo e molto molto numeroso: dodici prìncipi egli genererà e di lui farò una grande nazione. Ma stabilirò la mia alleanza con Isacco che Sara ti partorirà a que sta data l’anno venturo». Dio terminò così di parlare con lui e lasciò Abramo levandosi in alto. Al lora Abramo prese Ismaele suo figlio e tutti i nati nella sua casa e tutti quelli comprati con il suo denaro tutti i maschi appartenenti al personale della casa di Abramo e circoncise la carne del lor o prepuzio in quello stesso giorno come Dio gli aveva detto. Abramo aveva novantanove anni q uando si fece circoncidere la carne del prepuzio. Ismaele suo figlio aveva tredici anni quando gli fu circoncisa la carne del prepuzio. In quello stesso giorno furono circoncisi Abramo e Ismaele s uo figlio. E tutti gli uomini della sua casa quelli nati in casa e quelli comprati con denaro dagli str anieri furono circoncisi con lui. Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre mentre egli sed eva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si pro strò fino a terra dicendo: «Mio signore se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senz a fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sott o l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai dett o». Allora Abramo andò in fretta nella tenda da Sara e disse: «Presto tre sea di fior di farina imp astala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello che aveva preparato e li porse loro. Così mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero quell i mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara tua moglie?». Rispose: «è là nella tenda». Riprese: «T
ornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara tua moglie avrà un figlio». Intanto Sara stav a ad ascoltare all’ingresso della tenda dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi avanti negli anni
; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e diss e: «Avvizzita come sono dovrei provare il piacere mentre il mio signore è vecchio!». Ma il Signor e disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: “Potrò davvero partorire mentre sono vecchia
”? C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un ann o e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò: «Non ho riso!» perché aveva paura; ma egli disse: «Sì hai proprio riso». Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto mentre Abramo li accompagnava per congedarli. Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto perché egli obblighi i suoi fig li e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto perc
hé il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». Disse allora il Signore: «Il grido di Sò doma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se p roprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». Quegli uomi ni partirono di là e andarono verso Sòdoma mentre Abramo stava ancora alla presenza del Sign ore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per rigua rdo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio così ch e il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non pratiche rà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della citt à per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisc o parlare al mio Signore io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò se ve ne tro verò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno qu aranta». Rispose: «Non lo farò per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signo re se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò se ve ne troverò tre nta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Risp ose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore se parl o ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per rigua rdo a quei dieci». Come ebbe finito di parlare con Abramo il Signore se ne andò e Abramo ritorn ò alla sua abitazione. I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera mentre Lot stava sedut o alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti Lot si alzò andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. E disse: «Miei signori venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte vi laver ete i piedi e poi domattina per tempo ve ne andrete per la vostra strada». Quelli risposero: «No passeremo la notte sulla piazza». Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto fece cuocere pani azzimi e così mangiarono. Non si erano ancora coricati quand’ecco gli uomini della città cioè gli abitanti di Sòdoma si affollarono attorno alla casa giovani e vecchi tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Do ve sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi perché possiamo abusarne!». Lot uscì verso di loro sulla soglia e dopo aver chiuso la porta dietro di sé disse: «No fratelli miei non fate del male! Sentite io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; l asciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace purché non facciate nulla a questi uomi ni, perché sono entrati all’ombra del mio tetto». Ma quelli risposero: «Tìrati via! Quest’individu o è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E sping endosi violentemente contro quell’uomo cioè contro Lot si fecero avanti per sfondare la porta.
Allora dall’interno quegli uomini sporsero le mani si trassero in casa Lot e chiusero la porta; colp irono di cecità gli uomini che erano all’ingresso della casa dal più piccolo al più grande così che non riuscirono a trovare la porta. Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il gene ro i tuoi figli le tue figlie e quanti hai in città falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo per d
istruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli». Lot uscì a parlare ai suoi generi che dovevano sposare le sue figlie e disse: «Alzatevi uscite da questo luogo perché il Signore sta per distruggere la città!». Ai suoi generi sembrò che egli volesse scherzare. Quando apparve l’alba gli angeli fecero premura a Lot dicendo: «Su prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui per non essere travolto nel castig o della città». Lot indugiava ma quegli uomini presero per mano lui sua moglie e le sue due figli e per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuo ri della città. Dopo averli condotti fuori uno di loro disse: «Fuggi per la tua vita. Non guardare in dietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne per non essere travolto!». Ma Lot gli disse: «No mio signore! Vedi il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato grande bo ntà verso di me salvandomi la vita ma io non riuscirò a fuggire sul monte senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. Ecco quella città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù – non è una piccola cosa? –
e così la mia vita sarà salva». Gli rispose: «Ecco ti ho favorito anche in questo di non distrugger e la città di cui hai parlato. Presto fuggi là perché io non posso far nulla finché tu non vi sia arriv ato». Perciò quella città si chiamò Soar. Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar qua nd’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenien ti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazio ne del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; contemplò dall’alto Sòdom a e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra come il fumo di u na fornace. Così quando distrusse le città della valle Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato. Poi Lot partì da Soar e a ndò ad abitare sulla montagna con le sue due figlie, perché temeva di restare a Soar e si stabilì i n una caverna con le sue due figlie. Ora la maggiore disse alla più piccola: «Nostro padre è vecc hio e non c’è nessuno in questo territorio per unirsi a noi come avviene dappertutto. Vieni facci amo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui così daremo vita a una discendenza da nostro padre». Quella notte fecero bere del vino al loro padre e la maggiore andò a coricarsi con il padre; ma egli non se ne accorse né quando lei si coricò né quando lei si alzò. All’indoman i la maggiore disse alla più piccola: «Ecco ieri io mi sono coricata con nostro padre: facciamogli bere del vino anche questa notte e va’ tu a coricarti con lui; così daremo vita a una discendenza da nostro padre». Anche quella notte fecero bere del vino al loro padre e la più piccola andò a c oricarsi con lui; ma egli non se ne accorse né quando lei si coricò né quando lei si alzò. Così le du e figlie di Lot rimasero incinte del loro padre. La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Co stui è il padre dei Moabiti che esistono ancora oggi. Anche la più piccola partorì un figlio e lo chi amò «Figlio del mio popolo». Costui è il padre degli Ammoniti che esistono ancora oggi. Abramo levò le tende dirigendosi nella regione del Negheb e si stabilì tra Kades e Sur; poi soggiornò co me straniero a Gerar. Siccome Abramo aveva detto della moglie Sara: «è mia sorella» Abimèlec
re di Gerar mandò a prendere Sara. Ma Dio venne da Abimèlec di notte in sogno e gli disse: «Ec co stai per morire a causa della donna che tu hai preso; lei appartiene a suo marito». Abimèlec che non si era ancora accostato a lei disse: «Mio Signore vuoi far morire una nazione anche se g iusta? Non è stato forse lui a dirmi: “è mia sorella”? E anche lei ha detto: “è mio fratello”. Con c uore retto e mani innocenti mi sono comportato in questo modo». Gli rispose Dio nel sogno: «S
o bene che hai agito così con cuore retto e ti ho anche impedito di peccare contro di me: perciò non ho permesso che tu la toccassi. Ora restituisci la donna di quest’uomo perché è un profeta: pregherà per te e tu vivrai. Ma se tu non la restituisci sappi che meriterai la morte con tutti i tuo i». Allora Abimèlec si alzò di mattina presto e chiamò tutti i suoi servi ai quali riferì tutte queste cose e quegli uomini si impaurirono molto. Poi Abimèlec chiamò Abramo e gli disse: «Che cosa c i hai fatto? E che colpa ho commesso contro di te perché tu abbia esposto me e il mio regno a u n peccato tanto grande? Tu hai fatto a mio riguardo azioni che non si fanno». Poi Abimèlec diss e ad Abramo: «A che cosa miravi agendo in tal modo?». Rispose Abramo: «Io mi sono detto: cer to non vi sarà timor di Dio in questo luogo e mi uccideranno a causa di mia moglie. Inoltre ella è veramente mia sorella figlia di mio padre ma non figlia di mia madre ed è divenuta mia moglie.
Quando Dio mi ha fatto andare errando lungi dalla casa di mio padre io le dissi: “Questo è il fav ore che tu mi farai: in ogni luogo dove noi arriveremo dirai di me: è mio fratello”». Allora Abimè lec prese greggi e armenti schiavi e schiave li diede ad Abramo e gli restituì la moglie Sara. Inoltr e Abimèlec disse: «Ecco davanti a te il mio territorio: va’ ad abitare dove ti piace!». A Sara disse:
«Ecco ho dato mille pezzi d’argento a tuo fratello: sarà per te come un risarcimento di fronte a quanti sono con te. Così tu sei in tutto riabilitata». Abramo pregò Dio e Dio guarì Abimèlec sua moglie e le sue serve sì che poterono ancora aver figli. Il Signore infatti aveva reso sterili tutte le donne della casa di Abimèlec per il fatto di Sara moglie di Abramo. Il Signore visitò Sara come a veva detto e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato che Sa ra gli aveva partorito. Abramo circoncise suo figlio Isacco quando questi ebbe otto giorni come Dio gli aveva comandato. Abramo aveva cento anni quando gli nacque il figlio Isacco. Allora Sara disse: «Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà riderà lietamente di me!». Poi diss e: «Chi avrebbe mai detto ad Abramo che Sara avrebbe allattato figli? Eppure gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia!». Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchett o quando Isacco fu svezzato. Ma Sara vide che il figlio di Agar l’Egiziana quello che lei aveva part orito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: «Scaccia questa schiava e suo figlio perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco». La cos a sembrò un gran male agli occhi di Abramo a motivo di suo figlio. Ma Dio disse ad Abramo: «N
on sembri male ai tuoi occhi questo riguardo al fanciullo e alla tua schiava: ascolta la voce di Sar a in tutto quello che ti dice perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. Ma io farò diventare una nazione anche il figlio della schiava perché è tua discendenza». Abramo si alzò di buon mattino prese il pane e un otre d’acqua e li diede ad Agar caricandoli sulle sue spalle; le co
nsegnò il fanciullo e la mandò via. Ella se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l’a cqua dell’otre era venuta a mancare. Allora depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sede rsi di fronte, alla distanza di un tiro d’arco perché diceva: «Non voglio veder morire il fanciullo!»
. Sedutasi di fronte alzò la voce e pianse. Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: «Che hai Agar? Non temere perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. àlzati prendi il fanciullo e tienilo per mano perché io ne farò una grande nazione».
Dio le aprì gli occhi ed ella vide un pozzo d’acqua. Allora andò a riempire l’otre e diede da bere al fanciullo. E Dio fu con il fanciullo che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d’arco.
Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie della terra d’Egitto. In quel tem po Abimèlec con Picol capo del suo esercito disse ad Abramo: «Dio è con te in quello che fai. Eb bene giurami qui per Dio che tu non ingannerai né me né la mia prole né i miei discendenti: co me io ho agito lealmente con te così tu agirai con me e con la terra nella quale sei ospitato». Ris pose Abramo: «Io lo giuro». Ma Abramo rimproverò Abimèlec a causa di un pozzo d’acqua, che i servi di Abimèlec avevano usurpato. Abimèlec disse: «Io non so chi abbia fatto questa cosa: né tu me ne hai informato né io ne ho sentito parlare prima d’oggi». Allora Abramo prese alcuni ca pi del gregge e dell’armento e li diede ad Abimèlec: tra loro due conclusero un’alleanza. Poi Abr amo mise in disparte sette agnelle del gregge. Abimèlec disse ad Abramo: «Che significano quell e sette agnelle che hai messo in disparte?». Rispose: «Tu accetterai queste sette agnelle dalla m ia mano perché ciò mi valga di testimonianza che ho scavato io questo pozzo». Per questo quel l uogo si chiamò Bersabea perché là fecero giuramento tutti e due. E dopo che ebbero concluso l’
alleanza a Bersabea, Abimèlec si alzò con Picol capo del suo esercito e ritornarono nel territorio dei Filistei. Abramo piantò un tamerisco a Bersabea e lì invocò il nome del Signore, Dio dell’eter nità. E visse come forestiero nel territorio dei Filistei per molto tempo. Dopo queste cose Dio mi se alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio il tu o unigenito che ami Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che i o ti indicherò». Abramo si alzò di buon mattino sellò l’asino prese con sé due servi e il figlio Isac co spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi serv i: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco prese in mano il fuoco e il coltello poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Pad re mio!». Rispose: «Eccomi figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto figlio mio
!». Proseguirono tutti e due insieme. Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abr amo costruì l’altare collocò la legna legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare sopra la legna. P
oi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo ch iamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stende re la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo
figlio il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in u n cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chi amò quel luogo «Il Signore vede» perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere». L’angel o del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso oracol o del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio il tuo unigenito io ti col merò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza come le stelle del cielo e co me la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra perché tu hai obbedito alla mia voce». Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abram o abitò a Bersabea. Dopo queste cose fu annunciato ad Abramo che anche Milca aveva partorit o figli a Nacor suo fratello: Us il primogenito e suo fratello Buz e Kemuèl il padre di Aram, e Ches ed Azo Pildas Idlaf e Betuèl. Betuèl generò Rebecca. Milca partorì questi otto figli a Nacor fratell o di Abramo. Anche la sua concubina chiamata Reumà partorì figli: Tebach Gacam Tacas e Maac à. Gli anni della vita di Sara furono centoventisette: questi furono gli anni della vita di Sara. Sara morì a Kiriat-Arbà cioè Ebron nella terra di Canaan e Abramo venne a fare il lamento per Sara e a piangerla. P
oi Abramo si staccò dalla salma e parlò agli Ittiti: «Io sono forestiero e di passaggio in mezzo a v oi. Datemi la proprietà di un sepolcro in mezzo a voi perché io possa portar via il morto e seppel lirlo». Allora gli Ittiti risposero ad Abramo dicendogli: «Ascolta noi, piuttosto signore. Tu sei un p rincipe di Dio in mezzo a noi: seppellisci il tuo morto nel migliore dei nostri sepolcri. Nessuno di noi ti proibirà di seppellire il tuo morto nel suo sepolcro». Abramo si alzò si prostrò davanti al p opolo della regione davanti agli Ittiti, e parlò loro: «Se è secondo il vostro desiderio che io porti via il mio morto e lo seppellisca ascoltatemi e insistete per me presso Efron figlio di Socar, perch é mi dia la sua caverna di Macpela che è all’estremità del suo campo. Me la ceda per il suo prezz o intero come proprietà sepolcrale in mezzo a voi». Ora Efron stava seduto in mezzo agli Ittiti. E
fron l’Ittita rispose ad Abramo mentre lo ascoltavano gli Ittiti quanti erano convenuti alla porta della sua città e disse: «Ascolta me piuttosto mio signore: ti cedo il campo con la caverna che vi si trova, in presenza dei figli del mio popolo te la cedo: seppellisci il tuo morto». Allora Abramo si prostrò a lui alla presenza del popolo della regione. Parlò a Efron, mentre lo ascoltava il popol o della regione e disse: «Se solo mi volessi ascoltare: io ti do il prezzo del campo. Accettalo da m e così là seppellirò il mio morto». Efron rispose ad Abramo: «Ascolta me piuttosto mio signore: un terreno del valore di quattrocento sicli d’argento che cosa è mai tra me e te? Seppellisci dun que il tuo morto». Abramo accettò le richieste di Efron e Abramo pesò a Efron il prezzo che que sti aveva detto mentre lo ascoltavano gli Ittiti cioè quattrocento sicli d’argento secondo la misur a in corso sul mercato. Così il campo di Efron che era a Macpela di fronte a Mamre il campo e la caverna che vi si trovava e tutti gli alberi che erano dentro il campo e intorno al suo limite passa rono in proprietà ad Abramo alla presenza degli Ittiti di quanti erano convenuti alla porta della c ittà. Poi Abramo seppellì Sara sua moglie nella caverna del campo di Macpela di fronte a Mamre
cioè Ebron nella terra di Canaan. Il campo e la caverna che vi si trovava passarono dagli Ittiti ad Abramo in proprietà sepolcrale. Abramo era ormai vecchio avanti negli anni e il Signore lo avev a benedetto in tutto. Allora Abramo disse al suo servo il più anziano della sua casa che aveva po tere su tutti i suoi beni: «Metti la mano sotto la mia coscia e ti farò giurare per il Signore Dio del cielo e Dio della terra che non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in m ezzo ai quali abito ma che andrai nella mia terra tra la mia parentela a scegliere una moglie per mio figlio Isacco». Gli disse il servo: «Se la donna non mi vuol seguire in questa terra dovrò forse ricondurre tuo figlio alla terra da cui tu sei uscito?». Gli rispose Abramo: «Guàrdati dal ricondur re là mio figlio! Il Signore Dio del cielo e Dio della terra che mi ha preso dalla casa di mio padre e dalla mia terra natia che mi ha parlato e mi ha giurato: “Alla tua discendenza darò questa terra
”, egli stesso manderà il suo angelo davanti a te perché tu possa prendere di là una moglie per mio figlio. Se la donna non vorrà seguirti allora sarai libero dal giuramento a me fatto; ma non d evi ricondurre là mio figlio». Il servo mise la mano sotto la coscia di Abramo suo padrone e gli pr estò così il giuramento richiesto. Il servo prese dieci cammelli del suo padrone e portando ogni sorta di cose preziose del suo padrone si mise in viaggio e andò in Aram Naharàim alla città di N
acor. Fece inginocchiare i cammelli fuori della città presso il pozzo d’acqua, nell’ora della sera q uando le donne escono ad attingere. E disse: «Signore Dio del mio padrone Abramo concedimi un felice incontro quest’oggi e usa bontà verso il mio padrone Abramo! Ecco io sto presso la fon te dell’acqua mentre le figlie degli abitanti della città escono per attingere acqua. Ebbene la rag azza alla quale dirò: “Abbassa l’anfora e lasciami bere” e che risponderà: “Bevi anche ai tuoi ca mmelli darò da bere” sia quella che tu hai destinato al tuo servo Isacco; da questo riconoscerò c he tu hai usato bontà verso il mio padrone». Non aveva ancora finito di parlare quand’ecco Reb ecca che era figlia di Betuèl figlio di Milca moglie di Nacor fratello di Abramo usciva con l’anfora sulla spalla. La giovinetta era molto bella d’aspetto era vergine nessun uomo si era unito a lei. El la scese alla sorgente riempì l’anfora e risalì. Il servo allora le corse incontro e disse: «Fammi ber e un po’ d’acqua dalla tua anfora». Rispose: «Bevi mio signore». In fretta calò l’anfora sul bracci o e lo fece bere. Come ebbe finito di dargli da bere disse: «Anche per i tuoi cammelli ne attinger ò finché non avranno finito di bere». In fretta vuotò l’anfora nell’abbeveratoio corse di nuovo a d attingere al pozzo e attinse per tutti i cammelli di lui. Intanto quell’uomo la contemplava in sil enzio in attesa di sapere se il Signore avesse o no concesso buon esito al suo viaggio. Quando i c ammelli ebbero finito di bere quell’uomo prese un pendente d’oro del peso di mezzo siclo e glie lo mise alle narici e alle sue braccia mise due braccialetti del peso di dieci sicli d’oro. E disse: «Di chi sei figlia? Dimmelo. C’è posto per noi in casa di tuo padre per passarvi la notte?». Gli rispos e: «Io sono figlia di Betuèl il figlio che Milca partorì a Nacor». E soggiunse: «C’è paglia e foraggio in quantità da noi e anche posto per passare la notte». Quell’uomo si inginocchiò e si prostrò al Signore e disse: «Sia benedetto il Signore Dio del mio padrone Abramo che non ha cessato di u sare bontà e fedeltà verso il mio padrone. Quanto a me il Signore mi ha guidato sulla via fino all a casa dei fratelli del mio padrone». La giovinetta corse ad annunciare alla casa di sua madre tut
te queste cose. Ora Rebecca aveva un fratello chiamato Làbano e Làbano corse fuori da quell’uo mo al pozzo. Egli infatti visti il pendente e i braccialetti alle braccia della sorella e udite queste p arole di Rebecca sua sorella: «Così mi ha parlato quell’uomo» andò da lui che stava ancora pres so i cammelli vicino al pozzo. Gli disse: «Vieni benedetto dal Signore! Perché te ne stai fuori me ntre io ho preparato la casa e un posto per i cammelli?». Allora l’uomo entrò in casa e Làbano t olse il basto ai cammelli fornì paglia e foraggio ai cammelli e acqua per lavare i piedi a lui e ai su oi uomini. Quindi gli fu posto davanti da mangiare ma egli disse: «Non mangerò finché non avrò detto quello che devo dire». Gli risposero: «Di’ pure». E disse: «Io sono un servo di Abramo. Il S
ignore ha benedetto molto il mio padrone che è diventato potente: gli ha concesso greggi e arm enti argento e oro schiavi e schiave cammelli e asini. Sara la moglie del mio padrone quando or mai era vecchia gli ha partorito un figlio al quale egli ha dato tutti i suoi beni. E il mio padrone m i ha fatto giurare: “Non devi prendere per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei in mezzo ai quali abito, ma andrai alla casa di mio padre alla mia famiglia a prendere una moglie per mio figlio”. Io dissi al mio padrone: “Forse la donna non vorrà seguirmi”. Mi rispose: “Il Signore alla c ui presenza io cammino manderà con te il suo angelo e darà felice esito al tuo viaggio così che t u possa prendere una moglie per mio figlio dalla mia famiglia e dalla casa di mio padre. Solo qua ndo sarai andato dalla mia famiglia sarai esente dalla mia maledizione; se loro non volessero ce dertela tu sarai esente dalla mia maledizione”. Così oggi sono arrivato alla fonte e ho detto: “Sig nore Dio del mio padrone Abramo se tu vorrai dare buon esito al viaggio che sto compiendo ecc o io sto presso la fonte d’acqua; ebbene la giovane che uscirà ad attingere alla quale io dirò: Fa mmi bere un po’ d’acqua dalla tua anfora e mi risponderà: Bevi tu e ne attingerò anche per i tuo i cammelli quella sarà la moglie che il Signore ha destinato al figlio del mio padrone”. Io non ave vo ancora finito di pensare a queste cose quand’ecco Rebecca uscì con l’anfora sulla spalla sces e alla fonte e attinse acqua; io allora le dissi: “Fammi bere”. Subito lei calò l’anfora e disse: “Bev i; anche ai tuoi cammelli darò da bere”. Così io bevvi ed ella diede da bere anche ai cammelli. E i o la interrogai: “Di chi sei figlia?”. Rispose: “Sono figlia di Betuèl il figlio che Milca ha partorito a Nacor”. Allora le posi il pendente alle narici e i braccialetti alle braccia. Poi mi inginocchiai e mi prostrai al Signore e benedissi il Signore Dio del mio padrone Abramo il quale mi aveva guidato per la via giusta a prendere per suo figlio la figlia del fratello del mio padrone. Ora se intendete usare bontà e fedeltà verso il mio padrone fatemelo sapere; se no fatemelo sapere ugualmente perché io mi rivolga altrove». Allora Làbano e Betuèl risposero: «La cosa procede dal Signore no n possiamo replicarti nulla né in bene né in male. Ecco Rebecca davanti a te: prendila va’ e sia la moglie del figlio del tuo padrone come ha parlato il Signore». Quando il servo di Abramo udì le l oro parole si prostrò a terra davanti al Signore. Poi il servo estrasse oggetti d’argento oggetti d’
oro e vesti e li diede a Rebecca; doni preziosi diede anche al fratello e alla madre di lei. Poi man giarono e bevvero lui e i suoi uomini e passarono la notte. Quando si alzarono alla mattina egli disse: «Lasciatemi andare dal mio padrone». Ma il fratello e la madre di lei dissero: «Rimanga la giovinetta con noi qualche tempo una decina di giorni; dopo te ne andrai». Rispose loro: «Non t
rattenetemi mentre il Signore ha concesso buon esito al mio viaggio. Lasciatemi partire per and are dal mio padrone!». Dissero allora: «Chiamiamo la giovinetta e domandiamo a lei stessa». Ch iamarono dunque Rebecca e le dissero: «Vuoi partire con quest’uomo?». Ella rispose: «Sì». Allor a essi lasciarono partire la loro sorella Rebecca con la nutrice insieme con il servo di Abramo e i suoi uomini. Benedissero Rebecca e le dissero: «Tu sorella nostra, diventa migliaia di miriadi e la tua stirpe conquisti le città dei suoi nemici!». Così Rebecca e le sue ancelle si alzarono salirono sui cammelli e seguirono quell’uomo. Il servo prese con sé Rebecca e partì. Intanto Isacco rientr ava dal pozzo di Lacai-Roì abitava infatti nella regione del Negheb. Isacco uscì sul far della sera per svagarsi in campag na e alzando gli occhi vide venire i cammelli. Alzò gli occhi anche Rebecca vide Isacco e scese su bito dal cammello. E disse al servo: «Chi è quell’uomo che viene attraverso la campagna incontr o a noi?». Il servo rispose: «è il mio padrone». Allora ella prese il velo e si coprì. Il servo raccont ò a Isacco tutte le cose che aveva fatto. Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era stata di s ua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l’amò. Isacco trovò conforto dopo la morte della m adre. Abramo prese un’altra moglie che aveva nome Keturà. Ella gli partorì Zimran Ioksan Meda n Madian Isbak e Suach. Ioksan generò Saba e Dedan e i figli di Dedan furono gli Assurìm i Letusì m e i Leummìm. I figli di Madian furono Efa Efer Enoc Abidà ed Eldaà. Tutti questi sono i figli di K
eturà. Abramo diede tutti i suoi beni a Isacco. Invece ai figli delle concubine, che aveva avuto Ab ramo fece doni e mentre era ancora in vita li licenziò mandandoli lontano da Isacco suo figlio ve rso il levante nella regione orientale. L’intera durata della vita di Abramo fu di centosettantacin que anni. Poi Abramo spirò e morì in felice canizie vecchio e sazio di giorni e si riunì ai suoi ante nati. Lo seppellirono i suoi figli Isacco e Ismaele nella caverna di Macpela nel campo di Efron figli o di Socar l’Ittita di fronte a Mamre. è appunto il campo che Abramo aveva comprato dagli Ittiti: ivi furono sepolti Abramo e sua moglie Sara. Dopo la morte di Abramo Dio benedisse il figlio di l ui Isacco e Isacco abitò presso il pozzo di Lacai-Roì. Questa è la discendenza di Ismaele figlio di Abramo che gli aveva partorito Agar l’Egiziana s chiava di Sara. Questi sono i nomi dei figli d’Ismaele con il loro elenco in ordine di generazione: i l primogenito di Ismaele è Nebaiòt poi Kedar Adbeèl, Mibsam Misma Duma Massa Adad Tema I etur Nafis e Kedma. Questi sono i figli di Ismaele e questi sono i loro nomi secondo i loro recinti e accampamenti. Sono i dodici prìncipi delle rispettive tribù. La durata della vita di Ismaele fu di centotrentasette anni; poi spirò e si riunì ai suoi antenati. Egli abitò da Avìla fino a Sur che è lun go il confine dell’Egitto in direzione di Assur. Egli si era stabilito di fronte a tutti i suoi fratelli. Qu esta è la discendenza di Isacco figlio di Abramo. Abramo aveva generato Isacco. Isacco aveva qu arant’anni quando si prese in moglie Rebecca figlia di Betuèl l’Arameo da Paddan-Aram e sorella di Làbano l’Arameo. Isacco supplicò il Signore per sua moglie perché ella era steri le e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca divenne incinta. Ora i figli si urtavano nel s uo seno ed ella esclamò: «Se è così che cosa mi sta accadendo?». Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose: «Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno;
un popolo sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il più piccolo». Quando poi si compì per l ei il tempo di partorire ecco due gemelli erano nel suo grembo. Uscì il primo rossiccio e tutto co me un mantello di pelo e fu chiamato Esaù. Subito dopo uscì il fratello e teneva in mano il calca gno di Esaù fu chiamato Giacobbe. Isacco aveva sessant’anni quando essi nacquero. I fanciulli cr ebbero ed Esaù divenne abile nella caccia un uomo della steppa mentre Giacobbe era un uomo tranquillo che dimorava sotto le tende. Isacco prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto mentre Rebecca prediligeva Giacobbe. Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esa ù arrivò dalla campagna ed era sfinito. Disse a Giacobbe: «Lasciami mangiare un po’ di questa m inestra rossa, perché io sono sfinito». Per questo fu chiamato Edom. Giacobbe disse: «Vendimi subito la tua primogenitura». Rispose Esaù: «Ecco sto morendo: a che mi serve allora la primog enitura?». Giacobbe allora disse: «Giuramelo subito». Quegli lo giurò e vendette la primogenitu ra a Giacobbe. Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura. Venne una caresti a nella terra dopo quella che c’era stata ai tempi di Abramo e Isacco andò a Gerar presso Abimè lec re dei Filistei. Gli apparve il Signore e gli disse: «Non scendere in Egitto abita nella terra che i o ti indicherò rimani come forestiero in questa terra e io sarò con te e ti benedirò: a te e alla tua discendenza io concederò tutti questi territori e manterrò il giuramento che ho fatto ad Abram o tuo padre. Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e concederò alla tua discendenza tutti questi territori: tutte le nazioni della terra si diranno benedette nella tua disce ndenza; perché Abramo ha obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comandamenti le mie istituzioni e le mie leggi». Così Isacco dimorò a Gerar. Gli uomini de l luogo gli fecero domande sulla moglie ma egli disse: «è mia sorella» infatti aveva timore di dire
: «è mia moglie» pensando che gli uomini del luogo lo avrebbero potuto uccidere a causa di Reb ecca che era di bell’aspetto. Era là da molto tempo quando Abimèlec re dei Filistei si affacciò all a finestra e vide Isacco scherzare con la propria moglie Rebecca. Abimèlec chiamò Isacco e disse
: «Sicuramente ella è tua moglie. E perché tu hai detto: “è mia sorella”?». Gli rispose Isacco: «Pe rché mi son detto: che io non abbia a morire per causa di lei!». Riprese Abimèlec: «Perché ti sei comportato così con noi? Poco ci mancava che qualcuno del popolo si unisse a tua moglie e tu a ttirassi su di noi una colpa». Abimèlec diede quest’ordine a tutto il popolo: «Chi tocca quest’uo mo o sua moglie sarà messo a morte!». Isacco fece una semina in quella terra e raccolse quell’a nno il centuplo. Il Signore infatti lo aveva benedetto. E l’uomo divenne ricco e crebbe tanto in ri cchezze fino a divenire ricchissimo: possedeva greggi e armenti e numerosi schiavi e i Filistei co minciarono a invidiarlo. Tutti i pozzi che avevano scavato i servi di suo padre ai tempi di Abramo suo padre i Filistei li avevano chiusi riempiendoli di terra. Abimèlec disse a Isacco: «Vattene via da noi perché tu sei molto più potente di noi». Isacco andò via di là si accampò lungo il torrente di Gerar e vi si stabilì. Isacco riattivò i pozzi d’acqua che avevano scavato i servi di suo padre Abr amo e che i Filistei avevano chiuso dopo la morte di Abramo e li chiamò come li aveva chiamati suo padre. I servi di Isacco scavarono poi nella valle e vi trovarono un pozzo di acqua viva. Ma i
pastori di Gerar litigarono con i pastori di Isacco dicendo: «L’acqua è nostra!». Allora egli chiam ò il pozzo Esek perché quelli avevano litigato con lui. Scavarono un altro pozzo ma quelli litigaro no anche per questo ed egli lo chiamò Sitna. Si mosse di là e scavò un altro pozzo per il quale no n litigarono; allora egli lo chiamò Recobòt e disse: «Ora il Signore ci ha dato spazio libero perché noi prosperiamo nella terra». Di là salì a Bersabea. E in quella notte gli apparve il Signore e diss e: «Io sono il Dio di Abramo tuo padre; non temere perché io sono con te: ti benedirò e moltipli cherò la tua discendenza a causa di Abramo mio servo». Allora egli costruì in quel luogo un altar e e invocò il nome del Signore. Lì piantò la tenda e i servi di Isacco scavarono un pozzo. Intanto Abimèlec da Gerar era andato da lui insieme con Acuzzàt suo consigliere e Picol capo del suo es ercito. Isacco disse loro: «Perché siete venuti da me mentre voi mi odiate e mi avete scacciato d a voi?». Gli risposero: «Abbiamo visto che il Signore è con te e abbiamo detto: vi sia tra noi un gi uramento tra noi e te, e concludiamo un’alleanza con te: tu non ci farai alcun male come noi no n ti abbiamo toccato e non ti abbiamo fatto se non del bene e ti abbiamo lasciato andare in pac e. Tu sei ora un uomo benedetto dal Signore». Allora imbandì loro un convito e mangiarono e b evvero. Alzatisi di buon mattino si prestarono giuramento l’un l’altro poi Isacco li congedò e par tirono da lui in pace. Proprio in quel giorno arrivarono i servi di Isacco e lo informarono a propo sito del pozzo che avevano scavato e gli dissero: «Abbiamo trovato l’acqua». Allora egli lo chiam ò Siba: per questo la città si chiama Bersabea ancora oggi. Quando Esaù ebbe quarant’anni pres e in moglie Giuditta figlia di Beerì l’Ittita e Basmat figlia di Elon l’Ittita. Esse furono causa d’intim a amarezza per Isacco e per Rebecca. Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti ch e non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore Esaù e gli disse: «Figlio mio». Gli rispose: «Eccomi
». Riprese: «Vedi io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte. Ebbene prendi le tue armi l a tua farètra e il tuo arco va’ in campagna e caccia per me della selvaggina. Poi preparami un pia tto di mio gusto e portamelo; io lo mangerò affinché possa benedirti prima di morire». Ora Reb ecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di s elvaggina da portare a casa. Rebecca disse al figlio Giacobbe: «Ecco ho sentito tuo padre dire a t uo fratello Esaù: “Portami della selvaggina e preparami un piatto lo mangerò e poi ti benedirò al la presenza del Signore prima di morire”. Ora figlio mio, da’ retta a quel che ti ordino. Va’ subito al gregge e prendimi di là due bei capretti; io preparerò un piatto per tuo padre secondo il suo gusto. Così tu lo porterai a tuo padre che ne mangerà perché ti benedica prima di morire». Risp ose Giacobbe a Rebecca sua madre: «Sai bene che mio fratello Esaù è peloso mentre io ho la pe lle liscia. Forse mio padre mi toccherà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una benedizione». Ma sua madre gli disse: «Ricada pure su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu dammi retta e va’ a prendermi i capretti». Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre. R
ebecca prese i vestiti più belli del figlio maggiore Esaù che erano in casa presso di lei e li fece ind ossare al figlio minore Giacobbe; con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. Poi mise in mano a suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato. Così egli ve
nne dal padre e disse: «Padre mio». Rispose: «Eccomi; chi sei tu figlio mio?». Giacobbe rispose a l padre: «Io sono Esaù il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai ordinato. àlzati dunque siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica». Isacco disse al figlio: «Come hai fatto prest o a trovarla figlio mio!». Rispose: «Il Signore tuo Dio me l’ha fatta capitare davanti». Ma Isacco g li disse: «Avvicìnati e lascia che ti tocchi figlio mio per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no». Giacobbe si avvicinò a Isacco suo padre il quale lo toccò e disse: «La voce è la voce di Giac obbe ma le braccia sono le braccia di Esaù ». Così non lo riconobbe perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù e lo benedisse. Gli disse ancora: «Tu sei proprio il mi o figlio Esaù?». Rispose: «Lo sono». Allora disse: «Servimi perché possa mangiare della selvaggi na di mio figlio e ti benedica». Gliene servì ed egli mangiò gli portò il vino ed egli bevve. Poi suo padre Isacco gli disse: «Avvicìnati e baciami figlio mio!». Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l’
odore degli abiti di lui e lo benedisse: «Ecco l’odore del mio figlio come l’odore di un campo che il Signore ha benedetto. Dio ti conceda rugiada dal cielo, terre grasse frumento e mosto in abb ondanza. Popoli ti servano e genti si prostrino davanti a te. Sii il signore dei tuoi fratelli e si pros trino davanti a te i figli di tua madre. Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedett o!». Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era allontanato dal padre Isa cco quando tornò dalla caccia Esaù suo fratello. Anch’egli preparò un piatto lo portò al padre e gli disse: «Si alzi mio padre e mangi la selvaggina di suo figlio per potermi benedire». Gli disse su o padre Isacco: «Chi sei tu?». Rispose: «Io sono il tuo figlio primogenito Esaù ». Allora Isacco fu colto da un fortissimo tremito e disse: «Chi era dunque colui che ha preso la selvaggina e me l’h a portata? Io ho mangiato tutto prima che tu giungessi poi l’ho benedetto e benedetto resterà»
. Quando Esaù sentì le parole di suo padre scoppiò in alte amarissime grida. Disse a suo padre: «
Benedici anche me padre mio!». Rispose: «è venuto tuo fratello con inganno e ha carpito la ben edizione che spettava a te». Riprese: «Forse perché si chiama Giacobbe mi ha soppiantato già d ue volte? Già ha carpito la mia primogenitura ed ecco ora ha carpito la mia benedizione!». E sog giunse: «Non hai forse in serbo qualche benedizione per me?». Isacco rispose e disse a Esaù: «E
cco io l’ho costituito tuo signore e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli; l’ho provveduto di fr umento e di mosto; ora per te che cosa mai potrei fare figlio mio?». Esaù disse al padre: «Hai un a sola benedizione, padre mio? Benedici anche me padre mio!». Esaù alzò la voce e pianse. Allo ra suo padre Isacco prese la parola e gli disse: «Ecco la tua abitazione sarà lontano dalle terre gr asse, lontano dalla rugiada del cielo dall’alto. Vivrai della tua spada e servirai tuo fratello; ma ve rrà il giorno che ti riscuoterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo». Esaù perseguitò Giacobbe pe r la benedizione che suo padre gli aveva dato. Pensò Esaù: «Si avvicinano i giorni del lutto per m io padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe». Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù suo figlio maggiore ed ella mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: «Esaù tuo frat ello vuole vendicarsi di te e ucciderti. Ebbene figlio mio dammi retta: su fuggi a Carran da mio fr atello Làbano. Rimarrai con lui qualche tempo finché l’ira di tuo fratello si sarà placata. Quando la collera di tuo fratello contro di te si sarà placata e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatt
o allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un solo giorno?».
E Rebecca disse a Isacco: «Ho disgusto della mia vita a causa delle donne ittite: se Giacobbe pre nde moglie tra le Ittite come queste tra le ragazze della regione a che mi giova la vita?». Allora I sacco chiamò Giacobbe lo benedisse e gli diede questo comando: «Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan. Su va’ in Paddan-Aram nella casa di Betuèl padre di tua madre e prenditi là una moglie tra le figlie di Làbano frate llo di tua madre. Ti benedica Dio l’Onnipotente ti renda fecondo e ti moltiplichi sì che tu diveng a un insieme di popoli. Conceda la benedizione di Abramo a te e alla tua discendenza con te per ché tu possieda la terra che Dio ha dato ad Abramo dove tu sei stato forestiero». Così Isacco fec e partire Giacobbe che andò in Paddan-Aram presso Làbano figlio di Betuèl l’Arameo fratello di Rebecca madre di Giacobbe e di Esaù. E
saù vide che Isacco aveva benedetto Giacobbe e l’aveva mandato in Paddan-Aram per prendersi una moglie originaria di là e che mentre lo benediceva gli aveva dato quest o comando: «Non devi prender moglie tra le Cananee». Giacobbe obbedendo al padre e alla ma dre era partito per Paddan-Aram. Esaù comprese che le figlie di Canaan non erano gradite a suo padre Isacco. Allora si recò da Ismaele e oltre le mogli che aveva si prese in moglie Macalàt figlia di Ismaele figlio di Abram o sorella di Nebaiòt. Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luog o dove passò la notte perché il sole era tramontato; prese là una pietra se la pose come guancia le e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra mentre la sua cima rag giungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli sta va davanti e disse: «Io sono il Signore il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come l a polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente a settentrione e a mezzogiorn o. E si diranno benedette in te e nella tua discendenza tutte le famiglie della terra. Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti ab bandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto». Giacobbe si svegliò dal sonno e disse:
«Certo il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio questa è la porta del cielo». La mattina Giacobbe si alzò prese la pietra che si era posta come guanciale la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel mentre prima di allora la città si chiamava Luz. Giacob be fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e m i darà pane da mangiare e vesti per coprirmi se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre il Si gnore sarà il mio Dio. Questa pietra che io ho eretto come stele sarà una casa di Dio; di quanto mi darai, io ti offrirò la decima». Giacobbe si mise in cammino e andò nel territorio degli orienta li. Vide nella campagna un pozzo e tre greggi di piccolo bestiame distese vicino perché a quel po zzo si abbeveravano le greggi. Sulla bocca del pozzo c’era una grande pietra: solo quando tutte l e greggi si erano radunate là i pastori facevano rotolare la pietra dalla bocca del pozzo e abbeve
ravano il bestiame; poi rimettevano la pietra al suo posto sulla bocca del pozzo. Giacobbe disse loro: «Fratelli miei di dove siete?». Risposero: «Siamo di Carran». Disse loro: «Conoscete Làban o figlio di Nacor?». Risposero: «Lo conosciamo». Poi domandò: «Sta bene?». Risposero: «Sì ecc o sua figlia Rachele che viene con il gregge». Riprese: «Eccoci ancora in pieno giorno: non è tem po di radunare il bestiame. Date da bere al bestiame e andate a pascolare!». Ed essi risposero:
«Non possiamo finché non si siano radunate tutte le greggi e si rotoli la pietra dalla bocca del p ozzo; allora faremo bere il gregge». Egli stava ancora parlando con loro quando arrivò Rachele c on il bestiame del padre; era infatti una pastorella. Quando Giacobbe vide Rachele figlia di Làba no fratello di sua madre insieme con il bestiame di Làbano fratello di sua madre Giacobbe fattos i avanti fece rotolare la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano fratello di s ua madre. Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce. Giacobbe rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei perché figlio di Rebecca. Allora ella corse a riferirlo al padre. Quand o Làbano seppe che era Giacobbe il figlio di sua sorella, gli corse incontro lo abbracciò lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano tutte queste vicende. Allora Làbano gli dis se: «Davvero tu sei mio osso e mia carne!». Così restò presso di lui per un mese. Poi Làbano diss e a Giacobbe: «Poiché sei mio parente dovrai forse prestarmi servizio gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario». Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la pi ù piccola si chiamava Rachele. Lia aveva gli occhi smorti mentre Rachele era bella di forme e avv enente di aspetto, perciò Giacobbe s’innamorò di Rachele. Disse dunque: «Io ti servirò sette an ni per Rachele tua figlia minore». Rispose Làbano: «Preferisco darla a te piuttosto che a un estra neo. Rimani con me». Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni ta nto era il suo amore per lei. Poi Giacobbe disse a Làbano: «Dammi la mia sposa perché i giorni s ono terminati e voglio unirmi a lei». Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un b anchetto. Ma quando fu sera egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei. Làban o diede come schiava alla figlia Lia la sua schiava Zilpa. Quando fu mattina… ecco era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: «Che cosa mi hai fatto? Non sono stato al tuo servizio per Rachele? Pe rché mi hai ingannato?». Rispose Làbano: «Non si usa far così dalle nostre parti non si dà in spo sa la figlia più piccola prima della primogenita. Finisci questa settimana nuziale poi ti darò anche l’altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni». E così fece Giacobbe: ter minò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia Rachele. Làbano diede com e schiava alla figlia Rachele la sua schiava Bila. Giacobbe si unì anche a Rachele e amò Rachele p iù di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni. Ora il Signore vedendo che Lia veniva tra scurata la rese feconda mentre Rachele rimaneva sterile. Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: «Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo ora mio marito mi am erà». Concepì ancora e partorì un figlio e disse: «Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi h a dato anche questo». E lo chiamò Simeone. Concepì ancora e partorì un figlio e disse: «Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli». Per questo lo chiamò Levi. C
oncepì ancora e partorì un figlio e disse: «Questa volta loderò il Signore». Per questo lo chiamò
Giuda. E cessò di avere figli. Rachele vedendo che non le era concesso di dare figli a Giacobbe di venne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli se no io muoio!». Giacobbe s’irri tò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio il quale ti ha negato il frutto del gremb o?». Allora ella rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, partorisca sulle mie ginocchia cosic ché per mezzo di lei abbia anch’io una mia prole». Così ella gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei. Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio. Rachele disse: «Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce dandomi un figlio». Per questo ella lo chiamò Da n. Bila la schiava di Rachele concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio. Rachele disse
: «Ho sostenuto contro mia sorella lotte tremende e ho vinto!». E lo chiamò Nèftali. Allora Lia v edendo che aveva cessato di aver figli prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie a Giaco bbe. Zilpa la schiava di Lia partorì a Giacobbe un figlio. Lia esclamò: «Per fortuna!» e lo chiamò Gad. Zilpa la schiava di Lia partorì un secondo figlio a Giacobbe. Lia disse: «Per mia felicità! Cert amente le donne mi chiameranno beata». E lo chiamò Aser. Al tempo della mietitura del grano Ruben uscì e trovò delle mandragore che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: «Dammi un p o’ delle mandragore di tuo figlio». Ma Lia rispose: «Ti sembra poco avermi portato via il marito perché ora tu voglia portare via anche le mandragore di mio figlio?». Riprese Rachele: «Ebbene Giacobbe si corichi pure con te questa notte ma dammi in cambio le mandragore di tuo figlio».
La sera quando Giacobbe arrivò dalla campagna Lia gli uscì incontro e gli disse: «Da me devi ven ire perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio». Così egli si coricò con lei quella notte. Il Signore esaudì Lia la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. Lia d isse: «Dio mi ha dato il mio salario perché ho dato la mia schiava a mio marito». E lo chiamò ìssa car. Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe. Lia disse: «Dio mi ha fatto un bel reg alo: questa volta mio marito mi preferirà perché gli ho partorito sei figli». E lo chiamò Zàbulon. I n seguito partorì una figlia e la chiamò Dina. Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la re se feconda. Ella concepì e partorì un figlio e disse: «Dio ha tolto il mio disonore». E lo chiamò Gi useppe dicendo: «Il Signore mi aggiunga un altro figlio!». Dopo che Rachele ebbe partorito Gius eppe Giacobbe disse a Làbano: «Lasciami andare e tornare a casa mia nella mia terra. Dammi le mogli per le quali ti ho servito e i miei bambini perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato». Gli disse Làbano: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi… Per divinazione ho saputo c he il Signore mi ha benedetto per causa tua». E aggiunse: «Fissami il tuo salario e te lo darò». Gl i rispose: «Tu stesso sai come ti ho servito e quanto sono cresciuti i tuoi averi per opera mia. Pe rché il poco che avevi prima della mia venuta è aumentato oltre misura e il Signore ti ha benede tto sui miei passi. Ma ora quando lavorerò anch’io per la mia casa?». Riprese Làbano: «Che cosa ti devo dare?». Giacobbe rispose: «Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritorner ò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo. Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; tu metti da part e ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario. In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio s alario ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore
se si troverà presso di me sarà come rubato». Làbano disse: «Bene sia come tu hai detto!». In q uel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate ogni ca po che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli e stabilì u na distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe mentre Giacobbe pascolava l’altro bestia me di Làbano. Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo di mandorlo e di platano ne intagliò la corteccia a strisce bianche mettendo a nudo il bianco dei rami. Mise i rami così scortecciati nei c analetti agli abbeveratoi dell’acqua dove veniva a bere il bestiame bene in vista per le bestie ch e andavano in calore quando venivano a bere. Così le bestie andarono in calore di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati punteggiati e chiazzati. Quanto alle pecore Giacobbe le sepa rò e fece sì che le bestie avessero davanti a loro gli animali striati e tutti quelli di colore scuro de l gregge di Làbano. E i branchi che si era così formato per sé non li mise insieme al gregge di Làb ano. Ogni qualvolta andavano in calore bestie robuste Giacobbe metteva i rami nei canaletti in vista delle bestie per farle concepire davanti ai rami. Quando invece le bestie erano deboli non l i metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe. Egli si a rricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi cammelli e asini. Gi acobbe venne a sapere che i figli di Làbano dicevano: «Giacobbe si è preso tutto quello che avev a nostro padre e con quanto era di nostro padre si è fatto questa grande fortuna». Giacobbe os servò anche la faccia di Làbano e si accorse che verso di lui non era più come prima. Il Signore di sse a Giacobbe: «Torna alla terra dei tuoi padri nella tua famiglia e io sarò con te». Allora Giaco bbe mandò a chiamare Rachele e Lia in campagna presso il suo gregge e disse loro: «Io mi accor go dal volto di vostro padre che egli verso di me non è più come prima; ma il Dio di mio padre è stato con me. Sapete voi stesse che ho servito vostro padre con tutte le mie forze mentre vostr o padre si è beffato di me e ha cambiato dieci volte il mio salario; ma Dio non gli ha permesso di farmi del male. Se egli diceva: “Le bestie punteggiate saranno il tuo salario” tutto il gregge figlia va bestie punteggiate; se diceva: “Le bestie striate saranno il tuo salario” allora tutto il gregge fi gliava bestie striate. Così Dio ha sottratto il bestiame a vostro padre e l’ha dato a me. Una volta nel tempo in cui il piccolo bestiame va in calore io in sogno alzai gli occhi e vidi che i capri in pro cinto di montare le bestie erano striati punteggiati e chiazzati. L’angelo di Dio mi disse in sogno:
“Giacobbe!”. Risposi: “Eccomi”. Riprese: “Alza gli occhi e guarda: tutti i capri che montano le be stie sono striati punteggiati e chiazzati perché ho visto come ti tratta Làbano. Io sono il Dio di Be tel dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto. Ora àlzati parti da questa terra e torn a nella terra della tua famiglia!”». Rachele e Lia gli risposero: «Abbiamo forse ancora una parte o una eredità nella casa di nostro padre? Non siamo forse tenute in conto di straniere da parte sua dal momento che ci ha vendute e si è anche mangiato il nostro denaro? Tutta la ricchezza c he Dio ha sottratto a nostro padre è nostra e dei nostri figli. Ora fa’ pure quello che Dio ti ha det to». Allora Giacobbe si alzò caricò i figli e le mogli sui cammelli e condusse via tutto il bestiame e tutti gli averi che si era acquistato il bestiame che si era acquistato in Paddan-Aram per ritornare da Isacco suo padre nella terra di Canaan. Làbano era andato a tosare il greg
ge e Rachele rubò gli idoli che appartenevano al padre. Giacobbe eluse l’attenzione di Làbano l’
Arameo non lasciando trapelare che stava per fuggire; così poté andarsene con tutti i suoi averi.
Si mosse dunque passò il Fiume e si diresse verso le montagne di Gàlaad. Il terzo giorno fu riferi to a Làbano che Giacobbe era fuggito. Allora egli prese con sé i suoi parenti lo inseguì per sette giorni di cammino e lo raggiunse sulle montagne di Gàlaad. Ma Dio venne da Làbano, l’Arameo i n un sogno notturno e gli disse: «Bada di non dir niente a Giacobbe né in bene né in male!». Làb ano andò dunque a raggiungere Giacobbe. Ora Giacobbe aveva piantato la tenda sulle montagn e e Làbano si era accampato con i parenti sulle montagne di Gàlaad. Disse allora Làbano a Giaco bbe: «Che cosa hai fatto? Hai eluso la mia attenzione e hai condotto via le mie figlie come prigio niere di guerra! Perché sei fuggito di nascosto mi hai ingannato e non mi hai avvertito? Io ti avre i congedato con festa e con canti a suon di tamburelli e di cetre! E non mi hai permesso di bacia re i miei figli e le mie figlie! Certo hai agito in modo insensato. Sarebbe in mio potere farti del m ale ma il Dio di tuo padre mi ha parlato la notte scorsa: “Bada di non dir niente a Giacobbe né in bene né in male!”. Certo sei partito perché soffrivi di nostalgia per la casa di tuo padre; ma perc hé hai rubato i miei dèi?». Giacobbe rispose a Làbano e disse: «Perché avevo paura e pensavo c he mi avresti tolto con la forza le tue figlie. Ma quanto a colui presso il quale tu troverai i tuoi d èi non resterà in vita! Alla presenza dei nostri parenti verifica quanto vi può essere di tuo presso di me e riprendilo». Giacobbe non sapeva che li aveva rubati Rachele. Allora Làbano entrò nella tenda di Giacobbe e poi nella tenda di Lia e nella tenda delle due schiave ma non trovò nulla. P
oi uscì dalla tenda di Lia ed entrò nella tenda di Rachele. Rachele aveva preso gli idoli e li aveva messi nella sella del cammello poi vi si era seduta sopra così Làbano frugò in tutta la tenda ma n on li trovò. Ella parlò al padre: «Non si offenda il mio signore se io non posso alzarmi davanti a t e perché ho quello che avviene di regola alle donne». Làbano cercò ma non trovò gli idoli. Giaco bbe allora si adirò e apostrofò Làbano al quale disse: «Qual è il mio delitto qual è il mio peccato perché ti accanisca contro di me? Ora che hai frugato tra tutti i miei oggetti che cosa hai trovato di tutte le cose di casa tua? Mettilo qui davanti ai miei e tuoi parenti e siano essi giudici tra noi due. Vent’anni ho passato con te: le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e non ho mai mangiato i montoni del tuo gregge. Nessuna bestia sbranata ti ho portato a mio discarico: io ste sso ne compensavo il danno e tu reclamavi da me il risarcimento sia di quanto veniva rubato di giorno sia di quanto veniva rubato di notte. Di giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo e il so nno fuggiva dai miei occhi. Vent’anni sono stato in casa tua: ho servito quattordici anni per le tu e due figlie e sei anni per il tuo gregge e tu hai cambiato il mio salario dieci volte. Se il Dio di mio padre il Dio di Abramo e il Terrore di Isacco non fosse stato con me tu ora mi avresti licenziato a mani vuote; ma Dio ha visto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e la scorsa notte egli ha fatto da arbitro». Làbano allora rispose e disse a Giacobbe: «Queste figlie sono le mie figlie e q uesti figli sono i miei figli; questo bestiame è il mio bestiame e quanto tu vedi è mio. E che cosa potrei fare oggi a queste mie figlie o ai figli che hanno messo al mondo? Ebbene vieni, concludia mo un’alleanza io e te e ci sia un testimone tra me e te». Giacobbe prese una pietra e la eresse
come stele. Poi disse ai suoi parenti: «Raccogliete pietre» e quelli presero pietre e ne fecero un mucchio; e su quel mucchio mangiarono. Làbano lo chiamò Iegar-Saadutà mentre Giacobbe lo chiamò Gal-
Ed. Làbano disse: «Questo mucchio è oggi un testimone tra me e te» per questo lo chiamò Gal-Ed e anche Mispa perché disse: «Il Signore starà di vedetta tra me e te quando noi non ci vedre mo più l’un l’altro. Se tu maltratterai le mie figlie e se prenderai altre mogli oltre le mie figlie sa ppi che non un uomo è con noi ma Dio è testimone tra me e te». Soggiunse Làbano a Giacobbe:
«Ecco questo mucchio ed ecco questa stele che io ho eretto tra me e te. Questo mucchio è testi mone e questa stele è testimone che io giuro di non oltrepassare questo mucchio dalla tua part e e che tu giuri di non oltrepassare questo mucchio e questa stele dalla mia parte per fare il mal e. Il Dio di Abramo e il Dio di Nacor siano giudici tra di noi». Giacobbe giurò per il Terrore di Isac co suo padre. Poi offrì un sacrificio sulle montagne e invitò i suoi parenti a prender cibo. Essi ma ngiarono e passarono la notte sulle montagne. Làbano si alzò di buon mattino baciò i figli e le fi glie e li benedisse. Poi partì e ritornò a casa. Mentre Giacobbe andava per la sua strada gli si fec ero incontro gli angeli di Dio. Giacobbe al vederli disse: «Questo è l’accampamento di Dio» e chi amò quel luogo Macanàim. Poi Giacobbe mandò avanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaù n ella regione di Seir la campagna di Edom. Diede loro questo comando: «Direte al mio signore Es aù: “Dice il tuo servo Giacobbe: Sono restato come forestiero presso Làbano e vi sono rimasto fi no ad ora. Sono venuto in possesso di buoi asini e greggi di schiavi e schiave. Ho mandato a info rmarne il mio signore per trovare grazia ai suoi occhi”». I messaggeri tornarono da Giacobbe dic endo: «Siamo stati da tuo fratello Esaù ora egli stesso sta venendoti incontro e ha con sé quattr ocento uomini». Giacobbe si spaventò molto e si sentì angustiato; allora divise in due accampa menti la gente che era con lui il gregge gli armenti e i cammelli. Pensava infatti: «Se Esaù raggiu nge un accampamento e lo sconfigge l’altro si salverà». Giacobbe disse: «Dio del mio padre Abr amo e Dio del mio padre Isacco Signore che mi hai detto: “Ritorna nella tua terra e tra la tua par entela e io ti farò del bene” io sono indegno di tutta la bontà e di tutta la fedeltà che hai usato v erso il tuo servo. Con il mio solo bastone avevo passato questo Giordano e ora sono arrivato al punto di formare due accampamenti. Salvami dalla mano di mio fratello, dalla mano di Esaù per ché io ho paura di lui: che egli non arrivi e colpisca me e senza riguardi, madri e bambini! Eppur e tu hai detto: “Ti farò del bene e renderò la tua discendenza tanto numerosa come la sabbia de l mare che non si può contare”». Giacobbe rimase in quel luogo a passare la notte. Poi prese da ciò che gli capitava tra mano un dono per il fratello Esaù: duecento capre e venti capri duecento pecore e venti montoni trenta cammelle che allattavano con i loro piccoli quaranta giovenche e dieci torelli venti asine e dieci asinelli. Egli affidò ai suoi servi i singoli branchi separatamente e disse loro: «Passate davanti a me e lasciate una certa distanza tra un branco e l’altro». Diede qu est’ordine al primo: «Quando ti incontrerà Esaù mio fratello e ti domanderà: “A chi appartieni?
Dove vai? Di chi sono questi animali che ti camminano davanti?” tu risponderai: “Di tuo fratello Giacobbe; è un dono inviato al mio signore Esaù ecco egli stesso ci segue”». Lo stesso ordine die
de anche al secondo e anche al terzo e a quanti seguivano i branchi: «Queste parole voi rivolger ete ad Esaù quando lo incontrerete; gli direte: “Anche il tuo servo Giacobbe ci segue”». Pensava infatti: «Lo placherò con il dono che mi precede e in seguito mi presenterò a lui; forse mi accogl ierà con benevolenza». Così il dono passò prima di lui mentre egli trascorse quella notte nell’acc ampamento. Durante quella notte egli si alzò prese le due mogli le due schiave i suoi undici ba mbini e passò il guado dello Iabbok. Li prese fece loro passare il torrente e portò di là anche tutt i i suoi averi. Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. Veden do che non riusciva a vincerlo lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò mentre continuava a lottare con lui. Quello disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò se non mi avrai benedetto!». Gli domand ò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». Giacobbe allora gli chiese: «Svela mi il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse. Allora Giacobbe ch iamò quel luogo Penuèl: «Davvero – disse –
ho visto Dio faccia a faccia eppure la mia vita è rimasta salva». Spuntava il sole quando Giacobb e passò Penuèl e zoppicava all’anca. Per questo gli Israeliti fino ad oggi non mangiano il nervo sc iatico che è sopra l’articolazione del femore perché quell’uomo aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico. Giacobbe alzò gli occhi e vide arrivare Esaù che aveva co n sé quattrocento uomini. Allora distribuì i bambini tra Lia Rachele e le due schiave; alla testa m ise le schiave con i loro bambini più indietro Lia con i suoi bambini e più indietro Rachele e Gius eppe. Egli passò davanti a loro e si prostrò sette volte fino a terra mentre andava avvicinandosi al fratello. Ma Esaù gli corse incontro lo abbracciò gli si gettò al collo lo baciò e piansero. Alzàti g li occhi vide le donne e i bambini e domandò: «Chi sono questi con te?». Giacobbe rispose: «So no i bambini che Dio si è compiaciuto di dare al tuo servo». Allora si fecero avanti le schiave con i loro bambini e si prostrarono. Si fecero avanti anche Lia e i suoi bambini e si prostrarono e infi ne si fecero avanti Giuseppe e Rachele e si prostrarono. Domandò ancora: «Che cosa vuoi fare d i tutta questa carovana che ho incontrato?». Rispose: «è per trovar grazia agli occhi del mio sign ore». Esaù disse: «Ho beni in abbondanza fratello mio resti per te quello che è tuo!». Ma Giacob be disse: «No ti prego se ho trovato grazia ai tuoi occhi accetta dalla mia mano il mio dono perc hé io sto alla tua presenza come davanti a Dio e tu mi hai gradito. Accetta il dono augurale che t i è stato presentato perché Dio mi ha favorito e sono provvisto di tutto!». Così egli insistette e q uegli accettò. Esaù disse: «Partiamo e mettiamoci in viaggio: io camminerò davanti a te». Gli ris pose: «Il mio signore sa che i bambini sono delicati e che devo aver cura delle greggi e degli arm enti che allattano: se si affaticassero anche un giorno solo tutte le bestie morirebbero. Il mio sig nore passi prima del suo servo mentre io mi sposterò con mio agio tenendo il passo di questo b estiame che mi precede e dei bambini finché arriverò presso il mio signore in Seir». Disse allora Esaù: «Almeno possa lasciare con te una parte della gente che ho con me!». Rispose: «Ma perc hé? Basta solo che io trovi grazia agli occhi del mio signore!». Così quel giorno stesso Esaù ritorn
ò per conto proprio in Seir. Giacobbe invece partì per Succot dove costruì una casa per sé e fece capanne per il gregge. Per questo chiamò quel luogo Succot. Giacobbe arrivò sano e salvo alla c ittà di Sichem che è nella terra di Canaan al ritorno da Paddan-Aram e si accampò di fronte alla città. Acquistò dai figli di Camor padre di Sichem per cento pez zi d’argento quella porzione di campagna dove aveva piantato la tenda. Qui eresse un altare e l o chiamò «El Dio d’Israele». Dina la figlia che Lia aveva partorito a Giacobbe uscì a vedere le rag azze del posto. Ma la notò Sichem figlio di Camor l’Eveo principe di quel territorio la rapì e si cor icò con lei facendole violenza. Ma poi egli rimase legato a Dina, figlia di Giacobbe; s’innamorò d ella giovane e le rivolse parole di conforto. Quindi disse a Camor suo padre: «Prendimi in moglie questa ragazza». Intanto Giacobbe aveva saputo che quello aveva disonorato sua figlia Dina ma i suoi figli erano in campagna con il suo bestiame e Giacobbe tacque fino al loro arrivo. Venne d unque Camor padre di Sichem da Giacobbe per parlare con lui. Quando i figli di Giacobbe tornar ono dalla campagna sentito l’accaduto ne furono addolorati e s’indignarono molto perché quegl i coricandosi con la figlia di Giacobbe aveva commesso un’infamia in Israele: così non si doveva f are! Camor disse loro: «Sichem mio figlio è innamorato della vostra figlia; vi prego dategliela in moglie! Anzi imparentatevi con noi: voi darete a noi le vostre figlie e vi prenderete per voi le no stre figlie. Abiterete con noi e la terra sarà a vostra disposizione; potrete risiedervi percorrerla i n lungo e in largo e acquistare proprietà». Sichem disse al padre e ai fratelli di lei: «Possa io trov are grazia agli occhi vostri; vi darò quel che mi direte. Alzate pure molto a mio carico il prezzo n uziale e il valore del dono; vi darò quanto mi chiederete ma concedetemi la giovane in moglie!»
. Allora i figli di Giacobbe risposero a Sichem e a suo padre Camor e parlarono con inganno, poic hé quegli aveva disonorato la loro sorella Dina. Dissero loro: «Non possiamo fare questo dare la nostra sorella a un uomo non circonciso perché ciò sarebbe un disonore per noi. Acconsentire mo alla vostra richiesta solo a questa condizione: diventare come noi, circoncidendo ogni vostro maschio. In tal caso noi vi daremo le nostre figlie e ci prenderemo le vostre abiteremo con voi e diventeremo un solo popolo. Ma se voi non ci ascoltate a proposito della nostra circoncisione p renderemo la nostra ragazza e ce ne andremo». Le loro parole piacquero a Camor e a Sichem fig lio di Camor. Il giovane non indugiò a eseguire la cosa perché amava la figlia di Giacobbe; d’altra parte era il più onorato di tutto il casato di suo padre. Vennero dunque Camor e il figlio Sichem alla porta della loro città e parlarono agli uomini della città: «Questi uomini sono gente pacifica con noi: abitino pure con noi nel territorio e lo percorrano in lungo e in largo; esso è molto ampi o per loro in ogni direzione. Noi potremo prendere in moglie le loro figlie e potremo dare loro le nostre. Ma questi uomini a una condizione acconsentiranno ad abitare con noi per diventare u n unico popolo: se noi circoncidiamo ogni nostro maschio come loro stessi sono circoncisi. I loro armenti la loro ricchezza e tutto il loro bestiame non diverranno forse nostri? Accontentiamoli dunque e possano abitare con noi!». Quanti si radunavano alla porta della sua città ascoltarono Camor e il figlio Sichem: tutti i maschi quanti si radunavano alla porta della città si fecero circon cidere. Ma il terzo giorno quand’essi erano sofferenti i due figli di Giacobbe Simeone e Levi i frat
elli di Dina presero ciascuno la propria spada entrarono indisturbati nella città e uccisero tutti i maschi. Passarono così a fil di spada Camor e suo figlio Sichem portarono via Dina dalla casa di S
ichem e si allontanarono. I figli di Giacobbe si buttarono sui cadaveri e saccheggiarono la città p erché quelli avevano disonorato la loro sorella. Presero le loro greggi e i loro armenti i loro asini e quanto era nella città e nella campagna. Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze tut ti i loro bambini e le loro donne e saccheggiarono quanto era nelle case. Allora Giacobbe disse a Simeone e a Levi: «Voi mi avete rovinato rendendomi odioso agli abitanti della regione ai Cana nei e ai Perizziti. Io ho solo pochi uomini; se essi si raduneranno contro di me mi vinceranno e io sarò annientato con la mia casa». Risposero: «Si tratta forse la nostra sorella come una prostitu ta?». Dio disse a Giacobbe: «àlzati sali a Betel e abita là costruisci in quel luogo un altare al Dio c he ti è apparso quando fuggivi lontano da Esaù tuo fratello». Allora Giacobbe disse alla sua fami glia e a quanti erano con lui: «Eliminate gli dèi degli stranieri che avete con voi purificatevi e ca mbiate gli abiti. Poi alziamoci e saliamo a Betel dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esau dito al tempo della mia angoscia ed è stato con me nel cammino che ho percorso». Essi consegn arono a Giacobbe tutti gli dèi degli stranieri che possedevano e i pendenti che avevano agli orec chi e Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem. Poi partirono e un grande terrore assa lì le città all’intorno così che non inseguirono i figli di Giacobbe. Giacobbe e tutta la gente che er a con lui arrivarono a Luz cioè Betel che è nella terra di Canaan. Qui egli costruì un altare e chia mò quel luogo El-Betel perché là Dio gli si era rivelato quando fuggiva lontano da suo fratello. Allora morì Dèbora la nutrice di Rebecca e fu sepolta al di sotto di Betel ai piedi della quercia. Così essa prese il nom e di Quercia del Pianto. Dio apparve un’altra volta a Giacobbe durante il ritorno da Paddan-Aram e lo benedisse. Dio gli disse: «Il tuo nome è Giacobbe. Ma non ti chiamerai più Giacobbe: I sraele sarà il tuo nome». Così lo si chiamò Israele. Dio gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente. Sii f econdo e diventa numeroso; deriveranno da te una nazione e un insieme di nazioni, e re usciran no dai tuoi fianchi. Darò a te la terra che ho concesso ad Abramo e a Isacco e dopo di te, la darò alla tua stirpe». Dio disparve da lui dal luogo dove gli aveva parlato. Allora Giacobbe eresse una stele dove gli aveva parlato una stele di pietra e su di essa fece una libagione e versò olio. Giac obbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato. Quindi partirono da Betel. Mancava anco ra un tratto di cammino per arrivare a èfrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile.
Mentre penava a partorire la levatrice le disse: «Non temere: anche questa volta avrai un figlio
!». Ormai moribonda quando stava per esalare l’ultimo respiro lei lo chiamò Ben-Onì ma suo padre lo chiamò Beniamino. Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso èfr ata cioè Betlemme. Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. è la stele della tomba di Rachele che esiste ancora oggi. Poi Israele partì e piantò la tenda al di là di Migdal-Eder. Mentre Israele abitava in quel territorio Ruben andò a unirsi con Bila concubina del padre e Israele lo venne a sapere. I figli di Giacobbe furono dodici. Figli di Lia: Ruben il primogenito di Giacobbe poi Simeone Levi Giuda ìssacar e Zàbulon; figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino; figli
di Bila schiava di Rachele: Dan e Nèftali; figli di Zilpa schiava di Lia: Gad e Aser. Questi sono i figli di Giacobbe che gli nacquero in Paddan-Aram. Giacobbe venne da suo padre Isacco a Mamre a Kiriat-
Arbà cioè Ebron dove Abramo e Isacco avevano soggiornato come forestieri. Isacco raggiunse l’
età di centoottant’anni. Poi Isacco spirò morì e si riunì ai suoi antenati vecchio e sazio di giorni.
Lo seppellirono i suoi figli Esaù e Giacobbe. Questa è la discendenza di Esaù cioè Edom. Esaù pre se le sue mogli tra le figlie dei Cananei: Ada figlia di Elon l’Ittita; Oolibamà figlia di Anà figlio di Si beon l’Urrita; Basmat figlia di Ismaele sorella di Nebaiòt. Ada partorì a Esaù Elifaz Basmat partor ì Reuèl Oolibamà partorì Ieus Ialam e Core. Questi sono i figli di Esaù che gli nacquero nella terr a di Canaan. Poi Esaù prese con sé le mogli i figli e le figlie e tutte le persone della sua casa il suo gregge e tutto il suo bestiame e tutti i suoi beni che aveva acquistati nella terra di Canaan e and ò in una regione lontano dal fratello Giacobbe. Infatti i loro possedimenti erano troppo grandi p erché essi potessero abitare insieme e il territorio dove soggiornavano come forestieri non bast ava a sostenerli a causa del loro bestiame. Così Esaù si stabilì sulle montagne di Seir. Esaù è Edo m. Questa è la discendenza di Esaù padre degli Edomiti nelle montagne di Seir. Questi sono i no mi dei figli di Esaù: Elifaz figlio di Ada moglie di Esaù Reuèl figlio di Basmat moglie di Esaù. I figli di Elifaz furono: Teman Omar, Sefò Gatam Kenaz. Timna era concubina di Elifaz figlio di Esaù e gl i generò Amalèk. Questi sono i figli di Ada moglie di Esaù. Questi sono i figli di Reuèl: Nacat e Ze rach Sammà e Mizzà. Questi furono i figli di Basmat moglie di Esaù. Questi furono i figli di Oolib amà moglie di Esaù figlia di Anà figlio di Sibeon; ella partorì a Esaù Ieus Ialam e Core. Questi son o i capi dei figli di Esaù: i figli di Elifaz primogenito di Esaù: il capo di Teman il capo di Omar il ca po di Sefò il capo di Kenaz il capo di Core il capo di Gatam il capo di Amalèk. Questi sono i capi d i Elifaz nel territorio di Edom: questi sono i figli di Ada. Questi sono i figli di Reuèl figlio di Esaù: il capo di Nacat il capo di Zerach il capo di Sammà il capo di Mizzà. Questi sono i capi di Reuèl nel territorio di Edom; questi sono i figli di Basmat moglie di Esaù. Questi sono i figli di Oolibamà m oglie di Esaù: il capo di Ieus il capo di Ialam il capo di Core. Questi sono i capi di Oolibamà figlia di Anà moglie di Esaù. Questi sono i figli di Esaù e questi i loro capi. Questo è il popolo degli Edo miti. Questi sono i figli di Seir l’Urrita che abitano la regione: Lotan Sobal Sibeon, Anà Dison Eser e Disan. Questi sono i capi degli Urriti figli di Seir nel territorio di Edom. I figli di Lotan furono Or ì e Emam e la sorella di Lotan era Timna. I figli di Sobal sono Alvan Manàcat Ebal Sefò e Onam. I figli di Sibeon sono Aià e Anà fu proprio Anà che trovò le sorgenti calde nel deserto mentre pasc olava gli asini del padre Sibeon. I figli di Anà sono Dison e Oolibamà. I figli di Dison sono Chemda n Esban Itran e Cheran. I figli di Eser sono Bilan Zaavan e Akan. I figli di Disan sono Us e Aran. Qu esti sono i capi degli Urriti: il capo di Lotan il capo di Sobal il capo di Sibeon il capo di Anà il capo di Dison il capo di Eser il capo di Disan. Questi sono i capi degli Urriti secondo le loro tribù nella regione di Seir. Questi sono i re che regnarono nel territorio di Edom prima che regnasse un re s ugli Israeliti. Regnò dunque in Edom Bela figlio di Beor e la sua città si chiamava Dinaba. Bela m orì e al suo posto regnò Iobab figlio di Zerach da Bosra. Iobab morì e al suo posto regnò Cusam
del territorio dei Temaniti. Cusam morì e al suo posto regnò Adad figlio di Bedad colui che vinse i Madianiti nelle steppe di Moab; la sua città si chiamava Avìt. Adad morì e al suo posto regnò S
amla da Masrekà. Samla morì e al suo posto regnò Saul da Recobòt-
Naar. Saul morì e al suo posto regnò Baal-Canan figlio di Acbor. Baal-Canan figlio di Acbor morì e al suo posto regnò Adar: la sua città si chiama Pau e la moglie si chi amava Meetabèl figlia di Matred, figlia di Me-Zaab. Questi sono i nomi dei capi di Esaù secondo le loro famiglie le loro località con i loro nomi: il capo di Timna il capo di Alva il capo di Ietet il capo di Oolibamà il capo di Ela il capo di Pinon il capo di Kenaz il capo di Teman il capo di Mibsar il capo di Magdièl il capo di Iram. Questi sono i capi di Edom secondo le loro sedi nel territorio di loro proprietà. è questi Esaù il padre degli Edo miti. Giacobbe si stabilì nella terra dove suo padre era stato forestiero nella terra di Canaan. Qu esta è la discendenza di Giacobbe. Giuseppe all’età di diciassette anni pascolava il gregge con i s uoi fratelli. Essendo ancora giovane stava con i figli di Bila e i figli di Zilpa mogli di suo padre. Or a Giuseppe riferì al padre di chiacchiere maligne su di loro. Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe. I suoi fratelli vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli lo odiavano e non riusciva no a parlargli amichevolmente. Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli che lo odiar ono ancora di più. Disse dunque loro: «Ascoltate il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando cov oni in mezzo alla campagna quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni si po sero attorno e si prostrarono davanti al mio». Gli dissero i suoi fratelli: «Vuoi forse regnare su di noi o ci vuoi dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. Eg li fece ancora un altro sogno e lo narrò ai fratelli e disse: «Ho fatto ancora un sogno sentite: il so le la luna e undici stelle si prostravano davanti a me». Lo narrò dunque al padre e ai fratelli. Ma il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io tu a madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?». I suoi fratelli perciò divennero inv idiosi di lui mentre il padre tenne per sé la cosa. I suoi fratelli erano andati a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. Israele disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Siche m? Vieni ti voglio mandare da loro». Gli rispose: «Eccomi!». Gli disse: «Va’ a vedere come stann o i tuoi fratelli e come sta il bestiame poi torna a darmi notizie». Lo fece dunque partire dalla va lle di Ebron ed egli arrivò a Sichem. Mentre egli si aggirava per la campagna lo trovò un uomo c he gli domandò: «Che cosa cerchi?». Rispose: «Sono in cerca dei miei fratelli. Indicami dove si tr ovano a pascolare». Quell’uomo disse: «Hanno tolto le tende di qui; li ho sentiti dire: “Andiamo a Dotan!”». Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. Essi lo videro da lo ntano e prima che giungesse vicino a loro complottarono contro di lui per farlo morire. Si disser o l’un l’altro: «Eccolo! è arrivato il signore dei sogni! Orsù uccidiamolo e gettiamolo in una cister na! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». M
a Ruben sentì e volendo salvarlo dalle loro mani disse: «Non togliamogli la vita». Poi disse loro:
«Non spargete il sangue gettatelo in questa cisterna che è nel deserto ma non colpitelo con la v
ostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota s enz’acqua. Poi sedettero per prendere cibo. Quand’ecco alzando gli occhi videro arrivare una ca rovana di Ismaeliti provenienti da Gàlaad con i cammelli carichi di resina balsamo e làudano, ch e andavano a portare in Egitto. Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nos tro fratello e a coprire il suo sangue? Su vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contr o di lui perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto. Passarono alcu ni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’ar gento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto. Quando Ruben to rnò alla cisterna ecco Giuseppe non c’era più. Allora si stracciò le vesti tornò dai suoi fratelli e di sse: «Il ragazzo non c’è più e io dove andrò?». Allora presero la tunica di Giuseppe sgozzarono u n capro e intinsero la tunica nel sangue. Poi mandarono al padre la tunica con le maniche lungh e e gliela fecero pervenire con queste parole: «Abbiamo trovato questa; per favore verifica se è la tunica di tuo figlio o no». Egli la riconobbe e disse: «è la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l’ha divorato. Giuseppe è stato sbranato». Giacobbe si stracciò le vesti si pose una tela di sacco attorno ai fianchi e fece lutto sul suo figlio per molti giorni. Tutti i figli e le figlie vennero a conso larlo ma egli non volle essere consolato dicendo: «No io scenderò in lutto da mio figlio negli infe ri». E il padre suo lo pianse. Intanto i Madianiti lo vendettero in Egitto a Potifàr eunuco del fara one e comandante delle guardie. In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì press o un uomo di Adullàm di nome Chira. Qui Giuda notò la figlia di un Cananeo chiamato Sua la pre se in moglie e si unì a lei. Ella concepì e partorì un figlio e lo chiamò Er. Concepì ancora e partorì un figlio e lo chiamò Onan. Ancora un’altra volta partorì un figlio e lo chiamò Sela. Egli si trovav a a Chezìb quando lei lo partorì. Giuda scelse per il suo primogenito Er una moglie che si chiama va Tamar. Ma Er primogenito di Giuda si rese odioso agli occhi del Signore e il Signore lo fece m orire. Allora Giuda disse a Onan: «Va’ con la moglie di tuo fratello compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così una posterità a tuo fratello». Ma Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello disperdeva il seme pe r terra per non dare un discendente al fratello. Ciò che egli faceva era male agli occhi del Signor e il quale fece morire anche lui. Allora Giuda disse alla nuora Tamar: «Ritorna a casa da tuo padr e come vedova fin quando il mio figlio Sela sarà cresciuto». Perché pensava: «Che non muoia an che questo come i suoi fratelli!». Così Tamar se ne andò e ritornò alla casa di suo padre. Trascor sero molti giorni e morì la figlia di Sua moglie di Giuda. Quando Giuda ebbe finito il lutto si recò a Timna da quelli che tosavano il suo gregge e con lui c’era Chira il suo amico di Adullàm. La noti zia fu data a Tamar: «Ecco tuo suocero va a Timna per la tosatura del suo gregge». Allora Tamar si tolse gli abiti vedovili si coprì con il velo e se lo avvolse intorno poi si pose a sedere all’ingress o di Enàim che è sulla strada per Timna. Aveva visto infatti che Sela era ormai cresciuto ma lei n on gli era stata data in moglie. Quando Giuda la vide la prese per una prostituta perché essa si e
ra coperta la faccia. Egli si diresse su quella strada verso di lei e disse: «Lascia che io venga con t e!». Non sapeva infatti che era sua nuora. Ella disse: «Che cosa mi darai per venire con me?». Ri spose: «Io ti manderò un capretto del gregge». Ella riprese: «Mi lasci qualcosa in pegno fin quan do non me lo avrai mandato?». Egli domandò: «Qual è il pegno che devo dare?». Rispose: «Il tu o sigillo il tuo cordone e il bastone che hai in mano». Allora Giuda glieli diede e si unì a lei. Ella ri mase incinta. Poi si alzò e se ne andò si tolse il velo e riprese gli abiti vedovili. Giuda mandò il ca pretto per mezzo del suo amico di Adullàm per riprendere il pegno dalle mani di quella donna ma quello non la trovò. Domandò agli uomini di quel luogo: «Dov’è quella prostituta che stava a Enàim sulla strada?». Ma risposero: «Qui non c’è stata alcuna prostituta». Così tornò da Giuda e disse: «Non l’ho trovata; anche gli uomini di quel luogo dicevano: “Qui non c’è stata alcuna pr ostituta”». Allora Giuda disse: «Si tenga quello che ha! Altrimenti ci esponiamo agli scherni. Ecc o: le ho mandato questo capretto ma tu non l’hai trovata». Circa tre mesi dopo fu portata a Giu da questa notizia: «Tamar tua nuora si è prostituita e anzi è incinta a causa delle sue prostituzio ni». Giuda disse: «Conducetela fuori e sia bruciata!». Mentre veniva condotta fuori ella mandò a dire al suocero: «Io sono incinta dell’uomo a cui appartengono questi oggetti». E aggiunse: «P
er favore, verifica di chi siano questo sigillo questi cordoni e questo bastone». Giuda li riconobb e e disse: «Lei è più giusta di me: infatti io non l’ho data a mio figlio Sela». E non ebbe più rappo rti con lei. Quando giunse per lei il momento di partorire ecco aveva nel grembo due gemelli. D
urante il parto uno di loro mise fuori una mano e la levatrice prese un filo scarlatto e lo legò att orno a quella mano dicendo: «Questi è uscito per primo». Ma poi questi ritirò la mano ed ecco v enne alla luce suo fratello. Allora ella esclamò: «Come ti sei aperto una breccia?» e fu chiamato Peres. Poi uscì suo fratello che aveva il filo scarlatto alla mano e fu chiamato Zerach. Giuseppe e ra stato portato in Egitto e Potifàr eunuco del faraone e comandante delle guardie un Egiziano l o acquistò da quegli Ismaeliti che l’avevano condotto laggiù. Il Signore fu con Giuseppe: a lui tut to riusciva bene e rimase nella casa dell’Egiziano, suo padrone. Il suo padrone si accorse che il Si gnore era con lui e che il Signore faceva riuscire per mano sua quanto egli intraprendeva. Così G
iuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi quello lo nominò su o maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi. Da quando egli lo aveva fatto suo maggior domo e incaricato di tutti i suoi averi il Signore benedisse la casa dell’Egiziano grazie a Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva sia in casa sia nella campagna. Così egli lasciò t utti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non si occupava più di nulla se non del cibo che mangia va. Ora Giuseppe era bello di forma e attraente di aspetto. Dopo questi fatti la moglie del padro ne mise gli occhi su Giuseppe e gli disse: «Còricati con me!». Ma egli rifiutò e disse alla moglie d el suo padrone: «Vedi il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha d ato in mano tutti i suoi averi. Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito n ient’altro se non te perché sei sua moglie. Come dunque potrei fare questo grande male e pecc are contro Dio?». E benché giorno dopo giorno ella parlasse a Giuseppe in tal senso, egli non ac cettò di coricarsi insieme per unirsi a lei. Un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro ment
re non c’era alcuno dei domestici. Ella lo afferrò per la veste dicendo: «Còricati con me!». Ma eg li le lasciò tra le mani la veste fuggì e se ne andò fuori. Allora lei vedendo che egli le aveva lascia to tra le mani la veste ed era fuggito fuori, chiamò i suoi domestici e disse loro: «Guardate ci ha condotto in casa un Ebreo per divertirsi con noi! Mi si è accostato per coricarsi con me ma io ho gridato a gran voce. Egli appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo ha lasciato la veste ac canto a me, è fuggito e se ne è andato fuori». Ed ella pose accanto a sé la veste di lui finché il pa drone venne a casa. Allora gli disse le stesse cose: «Quel servo ebreo che tu ci hai condotto in c asa mi si è accostato per divertirsi con me. Ma appena io ho gridato e ho chiamato ha abbando nato la veste presso di me ed è fuggito fuori». Il padrone, all’udire le parole che sua moglie gli ri peteva: «Proprio così mi ha fatto il tuo servo!» si accese d’ira. Il padrone prese Giuseppe e lo mi se nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re. Così egli rimase là in prigione. Ma il Sign ore fu con Giuseppe gli accordò benevolenza e gli fece trovare grazia agli occhi del comandante della prigione. Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nel la prigione e quanto c’era da fare là dentro lo faceva lui. Il comandante della prigione non si pre ndeva più cura di nulla di quanto era affidato a Giuseppe perché il Signore era con lui e il Signor e dava successo a tutto quanto egli faceva. Dopo questi fatti il coppiere del re d’Egitto e il panet tiere offesero il loro padrone, il re d’Egitto. Il faraone si adirò contro i suoi due eunuchi il capo d ei coppieri e il capo dei panettieri e li fece mettere in custodia nella casa del comandante delle g uardie nella prigione dove Giuseppe era detenuto. Il comandante delle guardie assegnò loro Giu seppe perché li accudisse. Così essi restarono nel carcere per un certo tempo. Ora in una medes ima notte il coppiere e il panettiere del re d’Egitto detenuti nella prigione ebbero tutti e due un sogno ciascuno il suo sogno con un proprio significato. Alla mattina Giuseppe venne da loro e li vide abbattuti. Allora interrogò gli eunuchi del faraone che erano con lui in carcere nella casa de l suo padrone e disse: «Perché oggi avete la faccia così triste?». Gli risposero: «Abbiamo fatto u n sogno e non c’è chi lo interpreti». Giuseppe replicò loro: «Non è forse Dio che ha in suo poter e le interpretazioni? Raccontatemi dunque». Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a G
iuseppe e gli disse: «Nel mio sogno ecco mi stava davanti una vite sulla quale vi erano tre tralci; non appena cominciò a germogliare apparvero i fiori e i suoi grappoli maturarono gli acini. Io te nevo in mano il calice del faraone; presi gli acini li spremetti nella coppa del faraone poi diedi la coppa in mano al faraone». Giuseppe gli disse: «Eccone l’interpretazione: i tre tralci rappresent ano tre giorni. Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti reintegrerà nella tua carica e tu porgerai il calice al faraone secondo la consuetudine di prima quando eri il suo coppiere. Se poi nella tua fortuna volessi ricordarti che sono stato con te trattami ti prego con bontà: ricordami al faraone per farmi uscire da questa casa. Perché io sono stato portato via ingiustamente dalla terra degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla perché mi mettessero in questo sotterraneo». Al lora il capo dei panettieri vedendo che l’interpretazione era favorevole disse a Giuseppe: «Quan to a me nel mio sogno tenevo sul capo tre canestri di pane bianco e nel canestro che stava di so pra c’era ogni sorta di cibi per il faraone quali si preparano dai panettieri. Ma gli uccelli li mangi
avano dal canestro che avevo sulla testa». Giuseppe rispose e disse: «Questa è l’interpretazione
: i tre canestri rappresentano tre giorni. Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti impicc herà a un palo e gli uccelli ti mangeranno la carne addosso». Appunto al terzo giorno che era il g iorno natalizio del faraone questi fece un banchetto per tutti i suoi ministri e allora sollevò la tes ta del capo dei coppieri e la testa del capo dei panettieri in mezzo ai suoi ministri. Reintegrò il c apo dei coppieri nel suo ufficio di coppiere perché porgesse la coppa al faraone; invece impiccò il capo dei panettieri secondo l’interpretazione che Giuseppe aveva loro data. Ma il capo dei co ppieri non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò. Due anni dopo il faraone sognò di trovarsi pres so il Nilo. Ed ecco, salirono dal Nilo sette vacche belle di aspetto e grasse e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed ecco dopo quelle salirono dal Nilo altre sette vacche brutte di aspetto e magre e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. Le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò. Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco sette spighe spuntavano da un unico stelo grosse e belle. Ma do po quelle ecco spuntare altre sette spighe vuote e arse dal vento d’oriente. Le spighe vuote ing hiottirono le sette spighe grosse e piene. Il faraone si svegliò: era stato un sogno. Alla mattina il suo spirito ne era turbato perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell’Egitto. Il faraone rac contò loro il sogno ma nessuno sapeva interpretarlo al faraone. Allora il capo dei coppieri parlò al faraone: «Io devo ricordare oggi le mie colpe. Il faraone si era adirato contro i suoi servi e li av eva messi in carcere nella casa del capo delle guardie sia me sia il capo dei panettieri. Noi facem mo un sogno nella stessa notte io e lui; ma avemmo ciascuno un sogno con un proprio significat o. C’era là con noi un giovane ebreo schiavo del capo delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò dando a ciascuno l’interpretazione del suo sogno. E come egli ci av eva interpretato così avvenne: io fui reintegrato nella mia carica e l’altro fu impiccato». Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo; egli si rase si cambiò gli ab iti e si presentò al faraone. Il faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e nessuno sa interpr etarlo; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito». Gius eppe rispose al faraone: «Non io ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!». Allora il far aone raccontò a Giuseppe: «Nel mio sogno io mi trovavo sulla riva del Nilo. Ed ecco salirono dal Nilo sette vacche grasse e belle di forma e si misero a pascolare tra i giunchi. E dopo quelle ecco salire altre sette vacche deboli molto brutte di forma e magre; non ne vidi mai di così brutte in tutta la terra d’Egitto. Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche quelle grasse.
Queste entrarono nel loro ventre ma non ci si accorgeva che vi fossero entrate perché il loro as petto era brutto come prima. E mi svegliai. Poi vidi nel sogno spuntare da un unico stelo sette s pighe piene e belle. Ma ecco dopo quelle spuntavano sette spighe secche vuote e arse dal vent o d’oriente. Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe belle. Ho riferito il sogno agli indovini ma nessuno sa darmene la spiegazione». Allora Giuseppe disse al faraone: «Il sogno del faraone è uno solo: Dio ha indicato al faraone quello che sta per fare. Le sette vacche belle rappresenta no sette anni e le sette spighe belle rappresentano sette anni: si tratta di un unico sogno. Le set
te vacche magre e brutte che salgono dopo quelle rappresentano sette anni e le sette spighe vu ote arse dal vento d’oriente rappresentano sette anni: verranno sette anni di carestia. è appunt o quel che ho detto al faraone: Dio ha manifestato al faraone quanto sta per fare. Ecco stanno p er venire sette anni in cui ci sarà grande abbondanza in tutta la terra d’Egitto. A questi succeder anno sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quell’abbondanza nella terra d’Egitto e la care stia consumerà la terra. Non vi sarà più alcuna traccia dell’abbondanza che vi era stata nella terr a a causa della carestia successiva perché sarà molto dura. Quanto al fatto che il sogno del fara one si è ripetuto due volte significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si affretta a eseguirla. Il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo della terra d’Egitto. Il fa raone inoltre proceda a istituire commissari sul territorio per prelevare un quinto sui prodotti d ella terra d’Egitto durante i sette anni di abbondanza. Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire ammasseranno il grano sotto l’autorità del faraone e lo ter ranno in deposito nelle città. Questi viveri serviranno di riserva al paese per i sette anni di cares tia che verranno nella terra d’Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia». La proposta piacque al faraone e a tutti i suoi ministri. Il faraone disse ai ministri: «Potremo trovare un uom o come questo in cui sia lo spirito di Dio?». E il faraone disse a Giuseppe: «Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo non c’è nessuno intelligente e saggio come te. Tu stesso sarai il mio governatore e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più gra nde di te». Il faraone disse a Giuseppe: «Ecco io ti metto a capo di tutta la terra d’Egitto». Il fara one si tolse di mano l’anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d’oro. Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava:
«Abrech». E così lo si stabilì su tutta la terra d’Egitto. Poi il faraone disse a Giuseppe: «Io sono il faraone ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d’Egit to». E il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Panèach e gli diede in moglie Asenat figlia di Potifera sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe partì per vi sitare l’Egitto. Giuseppe aveva trent’anni quando entrò al servizio del faraone re d’Egitto. Quind i Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutta la terra d’Egitto. Durante i sette anni di abb ondanza la terra produsse a profusione. Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni di abbondanza c he vennero nella terra d’Egitto e ripose i viveri nelle città: in ogni città i viveri della campagna cir costante. Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare in grandissima quantità così che non se ne fece più il computo perché era incalcolabile. Intanto prima che venisse l’anno della ca restia nacquero a Giuseppe due figli, partoriti a lui da Asenat figlia di Potifera sacerdote di Eliòp oli. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse «perché – disse –
Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre». E il secondo lo chiamò è fraim, «perché – disse –
Dio mi ha reso fecondo nella terra della mia afflizione». Finirono i sette anni di abbondanza nell a terra d’Egitto e cominciarono i sette anni di carestia come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in ogni paese ma in tutta la terra d’Egitto c’era il pane. Poi anche tutta la terra d’Egitto cominci
ò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Il faraone disse a tutti gli Egizia ni: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà». La carestia imperversava su tutta la terra. Allo ra Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e lo vendette agli Egiziani. La carestia si aggra vava in Egitto ma da ogni paese venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe perché la c arestia infieriva su tutta la terra. Giacobbe venne a sapere che in Egitto c’era grano; perciò disse ai figli: «Perché state a guardarvi l’un l’altro?». E continuò: «Ecco ho sentito dire che vi è grano in Egitto. Andate laggiù a comprarne per noi, perché viviamo e non moriamo». Allora i dieci frat elli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento dall’Egitto. Quanto a Beniamino fratello di Gi useppe Giacobbe non lo lasciò partire con i fratelli perché diceva: «Che non gli debba succedere qualche disgrazia!». Arrivarono dunque i figli d’Israele per acquistare il grano in mezzo ad altri c he pure erano venuti perché nella terra di Canaan c’era la carestia. Giuseppe aveva autorità su quella terra e vendeva il grano a tutta la sua popolazione. Perciò i fratelli di Giuseppe vennero d a lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra. Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe ma fece l’estraneo verso di loro, parlò duramente e disse: «Da dove venite?». Risposero: «Dalla terra di Canaan per comprare viveri». Giuseppe riconobbe dunque i fratelli mentre essi non lo ri conobbero. Allora Giuseppe si ricordò dei sogni che aveva avuto a loro riguardo e disse loro: «V
oi siete spie! Voi siete venuti per vedere i punti indifesi del territorio!». Gli risposero: «No mio si gnore; i tuoi servi sono venuti per acquistare viveri. Noi siamo tutti figli di un solo uomo. Noi sia mo sinceri. I tuoi servi non sono spie!». Ma egli insistette: «No voi siete venuti per vedere i punt i indifesi del territorio!». Allora essi dissero: «Dodici sono i tuoi servi; siamo fratelli, figli di un sol o uomo che abita nella terra di Canaan; ora il più giovane è presso nostro padre e uno non c’è pi ù ». Giuseppe disse loro: «Le cose stanno come vi ho detto: voi siete spie! In questo modo saret e messi alla prova: per la vita del faraone, voi non uscirete di qui se non quando vi avrà raggiunt o il vostro fratello più giovane. Mandate uno di voi a prendere il vostro fratello; voi rimarrete pr igionieri. Saranno così messe alla prova le vostre parole per sapere se la verità è dalla vostra par te. Se no, per la vita del faraone voi siete spie!». E li tenne in carcere per tre giorni. Il terzo giorn o Giuseppe disse loro: «Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio! Se voi siete sinceri uno di voi fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame delle v ostre case. Poi mi condurrete qui il vostro fratello più giovane. Così le vostre parole si dimostrer anno vere e non morirete». Essi annuirono. Si dissero allora l’un l’altro: «Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di nostro fratello perché abbiamo visto con quale angoscia ci supplicava e no n lo abbiamo ascoltato. Per questo ci ha colpiti quest’angoscia». Ruben prese a dir loro: «Non vi avevo detto io: “Non peccate contro il ragazzo”? Ma non mi avete dato ascolto. Ecco, ora ci vie ne domandato conto del suo sangue». Non si accorgevano che Giuseppe li capiva dato che tra l ui e loro vi era l’interprete. Allora egli andò in disparte e pianse. Poi tornò e parlò con loro. Scels e tra loro Simeone e lo fece incatenare sotto i loro occhi. Quindi Giuseppe diede ordine di riemp ire di frumento i loro sacchi e di rimettere il denaro di ciascuno nel suo sacco e di dare loro prov viste per il viaggio. E così venne loro fatto. Essi caricarono il grano sugli asini e partirono di là. Or
a in un luogo dove passavano la notte uno di loro aprì il sacco per dare il foraggio all’asino e vid e il proprio denaro alla bocca del sacco. Disse ai fratelli: «Mi è stato restituito il denaro: eccolo q ui nel mio sacco!». Allora si sentirono mancare il cuore e tremanti si dissero l’un l’altro: «Che è mai questo che Dio ci ha fatto?». Arrivati da Giacobbe loro padre nella terra di Canaan gli riferir ono tutte le cose che erano loro capitate: «Quell’uomo che è il signore di quella terra ci ha parla to duramente e ci ha trattato come spie del territorio. Gli abbiamo detto: “Noi siamo sinceri; no n siamo spie! Noi siamo dodici fratelli figli dello stesso padre: uno non c’è più e il più giovane è ora presso nostro padre nella terra di Canaan”. Ma l’uomo signore di quella terra ci ha risposto:
“Mi accerterò se voi siete sinceri in questo modo: lasciate qui con me uno dei vostri fratelli pren dete il grano necessario alle vostre case e andate. Poi conducetemi il vostro fratello più giovane
; così mi renderò conto che non siete spie ma che siete sinceri; io vi renderò vostro fratello e voi potrete circolare nel territorio”». Mentre svuotavano i sacchi ciascuno si accorse di avere la sua borsa di denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro padre videro le borse di denaro furono presi da timore. E il loro padre Giacobbe disse: «Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c’è più, Simeone non c’è più e Beniamino me lo volete prendere. Tutto ricade su di me!». Allora Ru ben disse al padre: «Farai morire i miei due figli se non te lo ricondurrò. Affidalo alle mie mani e io te lo restituirò». Ma egli rispose: «Il mio figlio non andrà laggiù con voi perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che voi volete fare f areste scendere con dolore la mia canizie negli inferi». La carestia continuava a gravare sulla ter ra. Quand’ebbero finito di consumare il grano che avevano portato dall’Egitto il padre disse loro
: «Tornate là e acquistate per noi un po’ di viveri». Ma Giuda gli disse: «Quell’uomo ci ha avverti to severamente: “Non verrete alla mia presenza se non avrete con voi il vostro fratello!”. Se tu s ei disposto a lasciar partire con noi nostro fratello andremo laggiù e ti compreremo dei viveri.
Ma se tu non lo lasci partire non ci andremo, perché quell’uomo ci ha detto: “Non verrete alla mia presenza se non avrete con voi il vostro fratello!”». Israele disse: «Perché mi avete fatto qu esto male: far sapere a quell’uomo che avevate ancora un fratello?». Risposero: «Quell’uomo ci ha interrogati con insistenza intorno a noi e alla nostra parentela: “è ancora vivo vostro padre?
Avete qualche altro fratello?”. E noi abbiamo risposto secondo queste domande. Come avremm o potuto sapere che egli avrebbe detto: “Conducete qui vostro fratello”?». Giuda disse a Israele suo padre: «Lascia venire il giovane con me; prepariamoci a partire per sopravvivere e non mori re noi tu e i nostri bambini. Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. Se non te lo ricondurrò se non te lo riporterò io sarò colpevole contro di te per tutta la vita. Se non avessimo indugiato ora saremmo già di ritorno per la seconda volta». Israele loro padre rispose: «Se è co sì fate pure: mettete nei vostri bagagli i prodotti più scelti della terra e portateli in dono a quell’
uomo: un po’ di balsamo un po’ di miele resina e làudano pistacchi e mandorle. Prendete con v oi il doppio del denaro così porterete indietro il denaro che è stato rimesso nella bocca dei vostr i sacchi: forse si tratta di un errore. Prendete anche vostro fratello partite e tornate da quell’uo mo. Dio l’Onnipotente vi faccia trovare misericordia presso quell’uomo così che vi rilasci sia l’alt
ro fratello sia Beniamino. Quanto a me una volta che non avrò più i miei figli non li avrò più!». G
li uomini presero dunque questo dono e il doppio del denaro e anche Beniamino si avviarono sc esero in Egitto e si presentarono a Giuseppe. Quando Giuseppe vide Beniamino con loro disse al suo maggiordomo: «Conduci questi uomini in casa macella quello che occorre e apparecchia pe rché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno». Quell’uomo fece come Giuseppe avev a ordinato e introdusse quegli uomini nella casa di Giuseppe. Ma essi si spaventarono perché ve nivano condotti in casa di Giuseppe e si dissero: «A causa del denaro rimesso l’altra volta nei no stri sacchi ci conducono là: per assalirci, piombarci addosso e prenderci come schiavi con i nostr i asini». Allora si avvicinarono al maggiordomo della casa di Giuseppe e parlarono con lui all’ingr esso della casa; dissero: «Perdona mio signore noi siamo venuti già un’altra volta per comprare viveri. Quando fummo arrivati a un luogo per passarvi la notte aprimmo i sacchi ed ecco il denar o di ciascuno si trovava alla bocca del suo sacco: proprio il nostro denaro con il suo peso esatto.
Noi ora l’abbiamo portato indietro e per acquistare i viveri abbiamo portato con noi altro denar o. Non sappiamo chi abbia messo nei sacchi il nostro denaro!». Ma quegli disse: «State in pace non temete! Il vostro Dio e il Dio dei vostri padri vi ha messo un tesoro nei sacchi; il vostro dena ro lo avevo ricevuto io». E condusse loro Simeone. Quell’uomo fece entrare gli uomini nella cas a di Giuseppe diede loro dell’acqua, perché si lavassero i piedi e diede il foraggio ai loro asini. Es si prepararono il dono nell’attesa che Giuseppe arrivasse a mezzogiorno perché avevano saputo che avrebbero preso cibo in quel luogo. Quando Giuseppe arrivò a casa gli presentarono il don o che avevano con sé e si prostrarono davanti a lui con la faccia a terra. Egli domandò loro com e stavano e disse: «Sta bene il vostro vecchio padre di cui mi avete parlato? Vive ancora?». Risp osero: «Il tuo servo nostro padre sta bene è ancora vivo» e si inginocchiarono prostrandosi. Egli alzò gli occhi e guardò Beniamino il suo fratello figlio della stessa madre e disse: «è questo il vos tro fratello più giovane di cui mi avete parlato?» e aggiunse: «Dio ti conceda grazia figlio mio!».
Giuseppe si affrettò a uscire perché si era commosso nell’intimo alla presenza di suo fratello e s entiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse. Poi si lavò la faccia uscì e facendo si forza ordinò: «Servite il pasto». Fu servito per lui a parte per loro a parte e per i commensali e giziani a parte perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò sarebbe per loro u n abominio. Presero posto davanti a lui dal primogenito al più giovane ciascuno in ordine di età e si guardavano con meraviglia l’un l’altro. Egli fece portare loro porzioni prese dalla propria me nsa ma la porzione di Beniamino era cinque volte più abbondante di quella di tutti gli altri. E con lui bevvero fino all’allegria. Diede poi quest’ordine al suo maggiordomo: «Riempi i sacchi di que gli uomini di tanti viveri quanti ne possono contenere e rimetti il denaro di ciascuno alla bocca d el suo sacco. Metterai la mia coppa la coppa d’argento alla bocca del sacco del più giovane, insi eme con il denaro del suo grano». Quello fece secondo l’ordine di Giuseppe. Alle prime luci del mattino quegli uomini furono fatti partire con i loro asini. Erano appena usciti dalla città e ancor a non si erano allontanati quando Giuseppe disse al suo maggiordomo: «Su insegui quegli uomi ni raggiungili e di’ loro: “Perché avete reso male per bene? Non è forse questa la coppa in cui be
ve il mio signore e per mezzo della quale egli suole trarre i presagi? Avete fatto male a fare così”
». Egli li raggiunse e ripeté loro queste parole. Quelli gli risposero: «Perché il mio signore dice q uesto? Lontano dai tuoi servi il fare una cosa simile! Ecco se ti abbiamo riportato dalla terra di C
anaan il denaro che abbiamo trovato alla bocca dei nostri sacchi come avremmo potuto rubare argento o oro dalla casa del tuo padrone? Quello dei tuoi servi presso il quale si troverà sia mes so a morte e anche noi diventeremo schiavi del mio signore». Rispose: «Ebbene come avete det to così sarà: colui, presso il quale si troverà la coppa diventerà mio schiavo e voi sarete innocent i». Ciascuno si affrettò a scaricare a terra il suo sacco e lo aprì. Quegli li frugò cominciando dal maggiore e finendo con il più piccolo e la coppa fu trovata nel sacco di Beniamino. Allora essi si stracciarono le vesti ricaricarono ciascuno il proprio asino e tornarono in città. Giuda e i suoi fra telli vennero nella casa di Giuseppe che si trovava ancora là e si gettarono a terra davanti a lui.
Giuseppe disse loro: «Che azione avete commesso? Non vi rendete conto che un uomo come m e è capace di indovinare?». Giuda disse: «Che diremo al mio signore? Come parlare? Come giust ificarci? Dio stesso ha scoperto la colpa dei tuoi servi! Eccoci schiavi del mio signore noi e colui c he è stato trovato in possesso della coppa». Ma egli rispose: «Lontano da me fare una cosa simil e! L’uomo trovato in possesso della coppa quello sarà mio schiavo: quanto a voi tornate in pace da vostro padre». Allora Giuda gli si fece innanzi e disse: «Perdona mio signore sia permesso al t uo servo di far sentire una parola agli orecchi del mio signore; non si accenda la tua ira contro il tuo servo, perché uno come te è pari al faraone! Il mio signore aveva interrogato i suoi servi: “A vete ancora un padre o un fratello?”. E noi avevamo risposto al mio signore: “Abbiamo un padr e vecchio e un figlio ancora giovane natogli in vecchiaia il fratello che aveva è morto ed egli è ri masto l’unico figlio di quella madre e suo padre lo ama”. Tu avevi detto ai tuoi servi: “Conducet elo qui da me perché possa vederlo con i miei occhi”. Noi avevamo risposto al mio signore: “Il gi ovinetto non può abbandonare suo padre: se lascerà suo padre questi ne morirà”. Ma tu avevi i ngiunto ai tuoi servi: “Se il vostro fratello minore non verrà qui con voi non potrete più venire al la mia presenza”. Fatto ritorno dal tuo servo mio padre gli riferimmo le parole del mio signore.
E nostro padre disse: “Tornate ad acquistare per noi un po’ di viveri”. E noi rispondemmo: “Non possiamo ritornare laggiù: solo se verrà con noi il nostro fratello minore andremo; non saremm o ammessi alla presenza di quell’uomo senza avere con noi il nostro fratello minore”. Allora il tu o servo mio padre ci disse: “Voi sapete che due figli mi aveva procreato mia moglie. Uno partì d a me e dissi: certo è stato sbranato! Da allora non l’ho più visto. Se ora mi porterete via anche q uesto e gli capitasse una disgrazia voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi”. Or a se io arrivassi dal tuo servo mio padre e il giovinetto non fosse con noi poiché la vita dell’uno è legata alla vita dell’altro non appena egli vedesse che il giovinetto non è con noi, morirebbe e i tuoi servi avrebbero fatto scendere con dolore negli inferi la canizie del tuo servo nostro padre
. Ma il tuo servo si è reso garante del giovinetto presso mio padre dicendogli: “Se non te lo rico ndurrò sarò colpevole verso mio padre per tutta la vita”. Ora lascia che il tuo servo rimanga al p osto del giovinetto come schiavo del mio signore e il giovinetto torni lassù con i suoi fratelli! Per
ché come potrei tornare da mio padre senza avere con me il giovinetto? Che io non veda il male che colpirebbe mio padre!». Allora Giuseppe non poté più trattenersi dinanzi a tutti i circostant i e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessun altro presso di lui mentr e Giuseppe si faceva conoscere dai suoi fratelli. E proruppe in un grido di pianto. Gli Egiziani lo s entirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone. Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giusepp e! è ancora vivo mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli perché sconvolti dalla sua presenza. Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro
: «Io sono Giuseppe il vostro fratello quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto. Ma or a non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù perché Dio mi ha mandato qu i prima di voi per conservarvi in vita. Perché già da due anni vi è la carestia nella regione e ancor a per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. Dio mi ha mandato qui prima di voi per as sicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui ma Dio. Egli mi ha stabilito padre per il faraone signore su tut ta la sua casa e governatore di tutto il territorio d’Egitto. Affrettatevi a salire da mio padre e dit egli: “Così dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto. Vieni quaggiù pr esso di me senza tardare. Abiterai nella terra di Gosen e starai vicino a me tu con i tuoi figli e i fi gli dei tuoi figli le tue greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. Là io provvederò al tuo sostenta mento poiché la carestia durerà ancora cinque anni e non cadrai nell’indigenza tu la tua famiglia e quanto possiedi”. Ed ecco i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniami no: è la mia bocca che vi parla! Riferite a mio padre tutta la gloria che io ho in Egitto e quanto a vete visto; affrettatevi a condurre quaggiù mio padre». Allora egli si gettò al collo di suo fratello Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva stretto al suo collo. Poi baciò tutti i fratelli e pia nse. Dopo i suoi fratelli si misero a conversare con lui. Intanto nella casa del faraone si era diffus a la voce: «Sono venuti i fratelli di Giuseppe!» e questo fece piacere al faraone e ai suoi ministri.
Allora il faraone disse a Giuseppe: «Di’ ai tuoi fratelli: “Fate così: caricate le cavalcature partite e andate nella terra di Canaan. Prendete vostro padre e le vostre famiglie e venite da me: io vi d arò il meglio del territorio d’Egitto e mangerete i migliori prodotti della terra”. Quanto a te da’ l oro questo comando: “Fate così: prendete con voi dalla terra d’Egitto carri per i vostri bambini e le vostre donne caricate vostro padre e venite. Non abbiate rincrescimento per i vostri beni per ché il meglio di tutta la terra d’Egitto sarà vostro”». Così fecero i figli d’Israele. Giuseppe diede l oro carri secondo l’ordine del faraone e consegnò loro una provvista per il viaggio. Diede a tutti un cambio di abiti per ciascuno ma a Beniamino diede trecento sicli d’argento e cinque cambi di abiti. Inoltre mandò al padre dieci asini carichi dei migliori prodotti dell’Egitto e dieci asine caric he di frumento pane e viveri per il viaggio del padre. Poi congedò i fratelli e mentre partivano di sse loro: «Non litigate durante il viaggio!». Così essi salirono dall’Egitto e arrivarono nella terra di Canaan dal loro padre Giacobbe e gli riferirono: «Giuseppe è ancora vivo anzi governa lui tutt o il territorio d’Egitto!». Ma il suo cuore rimase freddo perché non poteva credere loro. Quando però gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro ed egli vide i carri che Giusepp
e gli aveva mandato per trasportarlo allora lo spirito del loro padre Giacobbe si rianimò. Israele disse: «Basta! Giuseppe mio figlio è vivo. Voglio andare a vederlo prima di morire!». Israele dun que levò le tende con quanto possedeva e arrivò a Bersabea dove offrì sacrifici al Dio di suo pad re Isacco. Dio disse a Israele in una visione nella notte: «Giacobbe Giacobbe!». Rispose: «Eccomi
!». Riprese: «Io sono Dio il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto perché laggiù io fa rò di te una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti c hiuderà gli occhi con le sue mani». Giacobbe partì da Bersabea e i figli d’Israele fecero salire il lo ro padre Giacobbe i loro bambini e le loro donne sui carri che il faraone aveva mandato per tras portarlo. Presero il loro bestiame e tutti i beni che avevano acquistato nella terra di Canaan e ve nnero in Egitto Giacobbe e con lui tutti i suoi discendenti. Egli condusse con sé in Egitto i suoi fig li e i nipoti le sue figlie e le nipoti tutti i suoi discendenti. Questi sono i nomi dei figli d’Israele ch e entrarono in Egitto: Giacobbe e i suoi figli il primogenito di Giacobbe, Ruben. I figli di Ruben: E
noc Pallu Chesron e Carmì. I figli di Simeone: Iemuèl Iamin Oad Iachin Socar e Saul figlio della Ca nanea. I figli di Levi: Gherson Keat e Merarì. I figli di Giuda: Er Onan Sela Peres e Zerach; ma Er e Onan erano morti nella terra di Canaan. Furono figli di Peres: Chesron e Camul. I figli di ìssacar: Tola Puva Iob e Simron. I figli di Zàbulon: Sered Elon e Iacleèl. Questi sono i figli che Lia partorì a Giacobbe in Paddan-Aram oltre alla figlia Dina; tutti i figli e le figlie di Giacobbe erano trentatré persone. I figli di Gad
: Sifiòn Agghì Sunì Esbon Erì Arodì e Arelì. I figli di Aser: Imna Isva Isvì Berià e la loro sorella Sera ch. I figli di Berià: Cheber e Malchièl. Questi sono i figli di Zilpa che Làbano aveva dato come schi ava alla figlia Lia; ella li partorì a Giacobbe: erano sedici persone. I figli di Rachele moglie di Giac obbe: Giuseppe e Beniamino. A Giuseppe erano nati in Egitto èfraim e Manasse che gli partorì A senat figlia di Potifera sacerdote di Eliòpoli. I figli di Beniamino: Bela Becher e Asbel Ghera Naa màn, Echì Ros Muppìm Uppìm e Ard. Questi sono i figli che Rachele partorì a Giacobbe; in tutto quattordici persone. I figli di Dan: Cusìm. I figli di Nèftali: Iacseèl, Gunì Ieser e Sillem. Questi son o i figli di Bila che Làbano diede come schiava alla figlia Rachele ed ella li partorì a Giacobbe; in t utto sette persone. Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto discendenti da lui se nza contare le mogli dei figli di Giacobbe furono sessantasei. I figli che nacquero a Giuseppe in E
gitto furono due. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe che entrarono in Egitto ammontan o a settanta. Egli aveva mandato Giuda davanti a sé da Giuseppe perché questi desse istruzioni i n Gosen prima del suo arrivo. Arrivarono quindi alla terra di Gosen. Allora Giuseppe fece attacc are il suo carro e salì incontro a Israele suo padre in Gosen. Appena se lo vide davanti gli si gettò al collo e pianse a lungo stretto al suo collo. Israele disse a Giuseppe: «Posso anche morire que sta volta dopo aver visto la tua faccia perché sei ancora vivo». Allora Giuseppe disse ai fratelli e alla famiglia del padre: «Vado a informare il faraone e a dirgli: “I miei fratelli e la famiglia di mio padre che erano nella terra di Canaan sono venuti da me. Questi uomini sono pastori di greggi s i occupano di bestiame e hanno portato le loro greggi i loro armenti e tutti i loro averi”. Quando dunque il faraone vi chiamerà e vi domanderà: “Qual è il vostro mestiere?”, risponderete: “I tu
oi servi sono stati gente dedita al bestiame; lo furono i nostri padri e lo siamo noi dalla nostra fa nciullezza fino ad ora”. Questo perché possiate risiedere nella terra di Gosen». Perché tutti i pas tori di greggi sono un abominio per gli Egiziani. Giuseppe andò a informare il faraone dicendogli
: «Mio padre e i miei fratelli con le loro greggi e i loro armenti e con tutti i loro averi sono venuti dalla terra di Canaan; eccoli nella terra di Gosen». Intanto prese cinque uomini dal gruppo dei s uoi fratelli e li presentò al faraone. Il faraone domandò loro: «Qual è il vostro mestiere?». Essi ri sposero al faraone: «Pastori di greggi sono i tuoi servi lo siamo noi e lo furono i nostri padri». E
dissero al faraone: «Siamo venuti per soggiornare come forestieri nella regione, perché non c’è più pascolo per il gregge dei tuoi servi; infatti è grave la carestia nella terra di Canaan. E ora lasci a che i tuoi servi si stabiliscano nella terra di Gosen!». Allora il faraone disse a Giuseppe: «Tuo p adre e i tuoi fratelli sono dunque venuti da te. Ebbene la terra d’Egitto è a tua disposizione: fa’ r isiedere tuo padre e i tuoi fratelli nella regione migliore. Risiedano pure nella terra di Gosen. Se tu sai che vi sono tra loro uomini capaci costituiscili sopra i miei averi in qualità di sorveglianti s ul bestiame». Quindi Giuseppe introdusse Giacobbe suo padre e lo presentò al faraone e Giaco bbe benedisse il faraone. Il faraone domandò a Giacobbe: «Quanti anni hai?». Giacobbe rispose al faraone: «Centotrenta di vita errabonda pochi e tristi sono stati gli anni della mia vita e non h anno raggiunto il numero degli anni dei miei padri al tempo della loro vita errabonda». E Giacob be benedisse il faraone e si allontanò dal faraone. Giuseppe fece risiedere suo padre e i suoi frat elli e diede loro una proprietà nella terra d’Egitto nella regione migliore nel territorio di Ramses come aveva comandato il faraone. Giuseppe provvide al sostentamento del padre dei fratelli e di tutta la famiglia di suo padre secondo il numero dei bambini. Ora non c’era pane in tutta la te rra perché la carestia era molto grave: la terra d’Egitto e la terra di Canaan languivano per la car estia. Giuseppe raccolse tutto il denaro che si trovava nella terra d’Egitto e nella terra di Canaan in cambio del grano che essi acquistavano; Giuseppe consegnò questo denaro alla casa del fara one. Quando fu esaurito il denaro della terra d’Egitto e della terra di Canaan tutti gli Egiziani ve nnero da Giuseppe a dire: «Dacci del pane! Perché dovremmo morire sotto i tuoi occhi? Infatti non c’è più denaro». Rispose Giuseppe: «Se non c’è più denaro cedetemi il vostro bestiame e io vi darò pane in cambio del vostro bestiame». Condussero così a Giuseppe il loro bestiame e Giu seppe diede loro il pane in cambio dei cavalli e delle pecore dei buoi e degli asini; così in quell’a nno li nutrì di pane in cambio di tutto il loro bestiame. Passato quell’anno vennero da lui l’anno successivo e gli dissero: «Non nascondiamo al mio signore che si è esaurito il denaro e anche il possesso del bestiame è passato al mio signore non rimane più a disposizione del mio signore s e non il nostro corpo e il nostro terreno. Perché dovremmo perire sotto i tuoi occhi noi e la nost ra terra? Acquista noi e la nostra terra in cambio di pane e diventeremo servi del faraone noi co n la nostra terra; ma dacci di che seminare, così che possiamo vivere e non morire e il suolo non diventi un deserto!». Allora Giuseppe acquistò per il faraone tutto il terreno dell’Egitto, perché gli Egiziani vendettero ciascuno il proprio campo tanto infieriva su di loro la carestia. Così la terr a divenne proprietà del faraone. Quanto al popolo egli lo trasferì nelle città da un capo all’altro
dell’Egitto. Soltanto il terreno dei sacerdoti egli non acquistò perché i sacerdoti avevano un’asse gnazione fissa da parte del faraone e si nutrivano dell’assegnazione che il faraone passava loro; per questo non vendettero il loro terreno. Poi Giuseppe disse al popolo: «Vedete io ho acquista to oggi per il faraone voi e il vostro terreno. Eccovi il seme: seminate il terreno. Ma quando vi sa rà il raccolto, voi ne darete un quinto al faraone e quattro parti saranno vostre per la semina dei campi per il nutrimento vostro e di quelli di casa vostra e per il nutrimento dei vostri bambini».
Gli risposero: «Ci hai salvato la vita! Ci sia solo concesso di trovare grazia agli occhi del mio sign ore e saremo servi del faraone!». Così Giuseppe fece di questo una legge in vigore fino ad oggi s ui terreni d’Egitto secondo la quale si deve dare la quinta parte al faraone. Soltanto i terreni dei sacerdoti non divennero proprietà del faraone. Gli Israeliti intanto si stabilirono nella terra d’Egi tto nella regione di Gosen, ebbero proprietà e furono fecondi e divennero molto numerosi. Giac obbe visse nella terra d’Egitto diciassette anni e gli anni della sua vita furono centoquarantasett e. Quando fu vicino il tempo della sua morte Israele chiamò il figlio Giuseppe e gli disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi metti la mano sotto la mia coscia e usa con me bontà e fedeltà: non seppellirmi in Egitto! Quando io mi sarò coricato con i miei padri portami via dall’Egitto e seppel liscimi nel loro sepolcro». Rispose: «Farò come hai detto». Riprese: «Giuramelo!». E glielo giurò.
Allora Israele si prostrò sul capezzale del letto. Dopo queste cose fu riferito a Giuseppe: «Ecco t uo padre è malato!». Allora egli prese con sé i due figli Manasse ed èfraim. Fu riferita la cosa a Giacobbe: «Ecco tuo figlio Giuseppe è venuto da te». Allora Israele raccolse le forze e si mise a s edere sul letto. Giacobbe disse a Giuseppe: «Dio l’Onnipotente mi apparve a Luz nella terra di C
anaan e mi benedisse dicendomi: “Ecco io ti rendo fecondo: ti moltiplicherò e ti farò diventare un insieme di popoli e darò questa terra alla tua discendenza dopo di te in possesso perenne”.
Ora i due figli che ti sono nati nella terra d’Egitto prima del mio arrivo presso di te in Egitto li co nsidero miei: èfraim e Manasse saranno miei come Ruben e Simeone. Invece i figli che tu avrai g enerato dopo di essi apparterranno a te: saranno chiamati con il nome dei loro fratelli nella loro eredità. Quanto a me mentre giungevo da Paddan tua madre Rachele mi morì nella terra di Can aan durante il viaggio quando mancava un tratto di cammino per arrivare a èfrata e l’ho sepolta là lungo la strada di èfrata cioè Betlemme». Israele vide i figli di Giuseppe e disse: «Chi sono qu esti?». Giuseppe disse al padre: «Sono i figli che Dio mi ha dato qui». Riprese: «Portameli perch é io li benedica!». Gli occhi d’Israele erano offuscati dalla vecchiaia: non poteva più distinguere.
Giuseppe li avvicinò a lui che li baciò e li abbracciò. Israele disse a Giuseppe: «Io non pensavo pi ù di vedere il tuo volto; ma ecco Dio mi ha concesso di vedere anche la tua prole!». Allora Giuse ppe li ritirò dalle sue ginocchia e si prostrò con la faccia a terra. Li prese tutti e due èfraim con la sua destra alla sinistra d’Israele, e Manasse con la sua sinistra alla destra d’Israele e li avvicinò a lui. Ma Israele stese la mano destra e la pose sul capo di èfraim che pure era il più giovane e la sua sinistra sul capo di Manasse incrociando le braccia benché Manasse fosse il primogenito. E c osì benedisse Giuseppe: «Il Dio alla cui presenza hanno camminato i miei padri Abramo e Isacco
, il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto fino ad oggi, l’angelo che mi ha liberato da og
ni male, benedica questi ragazzi! Sia ricordato in essi il mio nome e il nome dei miei padri Abra mo e Isacco, e si moltiplichino in gran numero in mezzo alla terra!». Giuseppe notò che il padre aveva posato la destra sul capo di èfraim e ciò gli spiacque. Prese dunque la mano del padre per toglierla dal capo di èfraim e porla sul capo di Manasse. Disse al padre: «Non così padre mio: è questo il primogenito posa la destra sul suo capo!». Ma il padre rifiutò e disse: «Lo so figlio mio lo so: anch’egli diventerà un popolo anch’egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più gra nde di lui e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni». E li benedisse in quel gior no: «Di te si servirà Israele per benedire dicendo: “Dio ti renda come èfraim e come Manasse!”»
. Così pose èfraim prima di Manasse. Quindi Israele disse a Giuseppe: «Ecco io sto per morire m a Dio sarà con voi e vi farà tornare alla terra dei vostri padri. Quanto a me io do a te in più che ai tuoi fratelli un dorso di monte che io ho conquistato dalle mani degli Amorrei con la spada e l’a rco». Quindi Giacobbe chiamò i figli e disse: «Radunatevi perché io vi annunci quello che vi acca drà nei tempi futuri. Radunatevi e ascoltate figli di Giacobbe, ascoltate Israele vostro padre! Ru ben tu sei il mio primogenito, il mio vigore e la primizia della mia virilità, esuberante in fierezza ed esuberante in forza! Bollente come l’acqua tu non avrai preminenza, perché sei salito sul tal amo di tuo padre, hai profanato così il mio giaciglio. Simeone e Levi sono fratelli, strumenti di vi olenza sono i loro coltelli. Nel loro conciliabolo non entri l’anima mia, al loro convegno non si un isca il mio cuore, perché nella loro ira hanno ucciso gli uomini e nella loro passione hanno mutil ato i tori. Maledetta la loro ira perché violenta, e la loro collera perché crudele! Io li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele. Giuda ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervic e dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dall a preda figlio mio sei tornato; si è sdraiato si è accovacciato come un leone e come una leoness a; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi
, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. Egli lega all a vite il suo asinello e a una vite scelta il figlio della sua asina, lava nel vino la sua veste e nel san gue dell’uva il suo manto; scuri ha gli occhi più del vino e bianchi i denti più del latte. Zàbulon gi ace lungo il lido del mare e presso l’approdo delle navi, con il fianco rivolto a Sidone. ìssacar è u n asino robusto, accovacciato tra un doppio recinto. Ha visto che il luogo di riposo era bello, che la terra era amena; ha piegato il dorso a portare la soma ed è stato ridotto ai lavori forzati. Dan giudica il suo popolo come una delle tribù d’Israele. Sia Dan un serpente sulla strada una vipera cornuta sul sentiero, che morde i garretti del cavallo, così che il suo cavaliere cada all’indietro. I o spero nella tua salvezza Signore! Gad predoni lo assaliranno, ma anche lui li assalirà alle calca gna. Aser il suo pane è pingue: egli fornisce delizie da re. Nèftali è una cerva slanciata; egli prop one parole d’incanto. Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; germoglio di ceppo fecondo pre sso una fonte, i cui rami si stendono sul muro. Lo hanno esasperato e colpito, lo hanno persegui tato i tiratori di frecce. Ma fu spezzato il loro arco, furono snervate le loro braccia per le mani d el Potente di Giacobbe, per il nome del Pastore Pietra d’Israele. Per il Dio di tuo padre: egli ti aiu ti, e per il Dio l’Onnipotente: egli ti benedica! Con benedizioni del cielo dall’alto, benedizioni del
l’abisso nel profondo, benedizioni delle mammelle e del grembo. Le benedizioni di tuo padre so no superiori alle benedizioni dei monti antichi, alle attrattive dei colli perenni. Vengano sul capo di Giuseppe e sulla testa del principe tra i suoi fratelli! Beniamino è un lupo che sbrana: al matti no divora la preda e alla sera spartisce il bottino». Tutti questi formano le dodici tribù d’Israele.
Questo è ciò che disse loro il padre nell’atto di benedirli; egli benedisse ciascuno con una bened izione particolare. Poi diede loro quest’ordine: «Io sto per essere riunito ai miei antenati: seppel litemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron l’Ittita, nella caverna che si trov a nel campo di Macpela di fronte a Mamre nella terra di Canaan, quella che Abramo acquistò co n il campo di Efron l’Ittita come proprietà sepolcrale. Là seppellirono Abramo e Sara sua moglie là seppellirono Isacco e Rebecca sua moglie e là seppellii Lia. La proprietà del campo e della cav erna che si trova in esso è stata acquistata dagli Ittiti». Quando Giacobbe ebbe finito di dare qu est’ordine ai figli ritrasse i piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi antenati. Allora Giuseppe si g ettò sul volto di suo padre pianse su di lui e lo baciò. Quindi Giuseppe ordinò ai medici al suo se rvizio di imbalsamare suo padre. I medici imbalsamarono Israele e vi impiegarono quaranta gior ni perché tanti ne occorrono per l’imbalsamazione. Gli Egiziani lo piansero settanta giorni. Passa ti i giorni del lutto Giuseppe parlò alla casa del faraone: «Se ho trovato grazia ai vostri occhi vogl iate riferire agli orecchi del faraone queste parole. Mio padre mi ha fatto fare un giuramento dic endomi: “Ecco io sto per morire: tu devi seppellirmi nel sepolcro che mi sono scavato nella terra di Canaan”. Ora possa io andare a seppellire mio padre e poi tornare». Il faraone rispose: «Va’
e seppellisci tuo padre come egli ti ha fatto giurare». Giuseppe andò a seppellire suo padre e co n lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della sua casa tutti gli anziani della terra d’E
gitto tutta la casa di Giuseppe i suoi fratelli e la casa di suo padre. Lasciarono nella regione di Go sen soltanto i loro bambini le loro greggi e i loro armenti. Andarono con lui anche i carri da guer ra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente. Quando arrivarono all’aia di Atad ch e è al di là del Giordano fecero un lamento molto grande e solenne e Giuseppe celebrò per suo padre un lutto di sette giorni. I Cananei che abitavano la terra videro il lutto all’aia di Atad e diss ero: «è un lutto grave questo per gli Egiziani». Per questo la si chiamò Abel-Misràim; essa si trova al di là del Giordano. I figli di Giacobbe fecero per lui così come aveva loro comandato. I suoi figli lo portarono nella terra di Canaan e lo seppellirono nella caverna del ca mpo di Macpela quel campo che Abramo aveva acquistato come proprietà sepolcrale da Efron l’
Ittita e che si trova di fronte a Mamre. Dopo aver sepolto suo padre Giuseppe tornò in Egitto ins ieme con i suoi fratelli e con quanti erano andati con lui a seppellire suo padre. Ma i fratelli di Gi useppe cominciarono ad aver paura dato che il loro padre era morto e dissero: «Chissà se Giuse ppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?». Allora mandarono a dire a Giuseppe: «Tuo padre prima di morire ha dato quest’ordine: “Direte a Gius eppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato perché ti hanno fatto del male!”. Perdo na dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!». Giuseppe pianse quando gli si parlò così. E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: «Eccoci tuoi schiavi!». Ma Gi
useppe disse loro: «Non temete. Tengo io forse il posto di Dio? Se voi avevate tramato del male contro di me Dio ha pensato di farlo servire a un bene per compiere quello che oggi si avvera: fa r vivere un popolo numeroso. Dunque non temete io provvederò al sostentamento per voi e pe r i vostri bambini». Così li consolò parlando al loro cuore. Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; egli visse centodieci anni. Così Giuseppe vide i figli di èfraim fino alla terza gener azione e anche i figli di Machir figlio di Manasse nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. Poi Giuse ppe disse ai fratelli: «Io sto per morire ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questa te rra verso la terra che egli ha promesso con giuramento ad Abramo a Isacco e a Giacobbe». Gius eppe fece giurare ai figli d’Israele così: «Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qu i le mie ossa». Giuseppe morì all’età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarco fago in Egitto. Questi sono i nomi dei figli d’Israele entrati in Egitto; essi vi giunsero insieme a Gi acobbe ognuno con la sua famiglia: Ruben Simeone Levi e Giuda, ìssacar Zàbulon e Beniamino D
an e Nèftali Gad e Aser. Tutte le persone discendenti da Giacobbe erano settanta. Giuseppe si tr ovava già in Egitto. Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. I figli d’Israele prolificarono e crebbero divennero numerosi e molto forti e il paese ne fu pieno. Allor a sorse sull’Egitto un nuovo re che non aveva conosciuto Giuseppe. Egli disse al suo popolo: «Ec co che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. Cerchiamo di essere avvedut i nei suoi riguardi per impedire che cresca altrimenti in caso di guerra si unirà ai nostri avversari combatterà contro di noi e poi partirà dal paese». Perciò vennero imposti loro dei sovrintenden ti ai lavori forzati per opprimerli con le loro angherie e così costruirono per il faraone le città-
deposito cioè Pitom e Ramses. Ma quanto più opprimevano il popolo tanto più si moltiplicava e cresceva ed essi furono presi da spavento di fronte agli Israeliti. Per questo gli Egiziani fecero lav orare i figli d’Israele trattandoli con durezza. Resero loro amara la vita mediante una dura schia vitù costringendoli a preparare l’argilla e a fabbricare mattoni e ad ogni sorta di lavoro nei camp i; a tutti questi lavori li obbligarono con durezza. Il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua: «Quando assistete le donne ebree durante il parto oss ervate bene tra le due pietre: se è un maschio fatelo morire; se è una femmina potrà vivere». M
a le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono viver e i bambini. Il re d’Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasc iato vivere i bambini?». Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egi ziane: sono piene di vitalità. Prima che giunga da loro la levatrice hanno già partorito!». Dio ben eficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto Dio egli diede loro una discendenza. Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: «
Gettate nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà ma lasciate vivere ogni femmina». Un uomo del la famiglia di Levi andò a prendere in moglie una discendente di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre prese per lui un cestello di papiro lo spalmò di bitume e di pece vi adagiò il bambino e l o depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose a osservare da lontano c
he cosa gli sarebbe accaduto. Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno mentre le s ue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Ella vide il cestello fra i giunchi e mandò la su a schiava a prenderlo. L’aprì e vide il bambino: ecco il piccolo piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «è un bambino degli Ebrei». La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «De vo andare a chiamarti una nutrice tra le donne ebree perché allatti per te il bambino?». «Va’» ri spose la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. La figlia del farao ne le disse: «Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario». La donna pr ese il bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto lo condusse alla figlia del faraone. Eg li fu per lei come un figlio e lo chiamò Mosè dicendo: «Io l’ho tratto dalle acque!». Un giorno M
osè cresciuto in età si recò dai suoi fratelli e notò i loro lavori forzati. Vide un Egiziano che colpiv a un Ebreo uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c’era nessuno colpì a morte l’E
giziano e lo sotterrò nella sabbia. Il giorno dopo uscì di nuovo e vide due Ebrei che litigavano; di sse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo fratello?». Quegli rispose: «Chi ti ha costitui to capo e giudice su di noi? Pensi forse di potermi uccidere come hai ucciso l’Egiziano?». Allora Mosè ebbe paura e pensò: «Certamente la cosa si è risaputa». Il faraone sentì parlare di questo fatto e fece cercare Mosè per metterlo a morte. Allora Mosè fuggì lontano dal faraone e si ferm ò nel territorio di Madian e sedette presso un pozzo. Il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Es se vennero ad attingere acqua e riempirono gli abbeveratoi per far bere il gregge del padre. Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difendere le ragazze e fece bere il loro bestiame. Tornarono dal loro padre Reuèl e questi disse loro: «Come mai oggi avete fatto ritorno così in fretta?». Risposero: «Un uomo un Egiziano ci ha liberato dalle mani dei pastori; l ui stesso ha attinto per noi e ha fatto bere il gregge». Quegli disse alle figlie: «Dov’è? Perché ave te lasciato là quell’uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!». Così Mosè accettò di abitare con quell’uomo che gli diede in moglie la propria figlia Sipporà. Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Ghersom perché diceva: «Vivo come forestiero in terra straniera!». Dopo molto tempo i l re d’Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù alzarono grida di lamento e il loro g rido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento Dio si ricordò della sua alleanza con Abr amo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti Dio se ne diede pensiero. Mentr e Mosè stava pascolando il gregge di Ietro suo suocero sacerdote di Madian, condusse il bestia me oltre il deserto e arrivò al monte di Dio l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamm a di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco ma quel rov eto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui d al roveto: «Mosè Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali d ai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre il Di o di Abramo il Dio di Isacco il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho ud ito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberar
lo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa verso u na terra dove scorrono latte e miele verso il luogo dove si trovano il Cananeo l’Ittita l’Amorreo il Perizzita l’Eveo il Gebuseo. Ecco il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto co me gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio pop olo gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti d all’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando t u avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto servirete Dio su questo monte». Mosè disse a Dio: «Ecco io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qua l è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!».
E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-
Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore Dio dei vos tri padri Dio di Abramo Dio di Isacco Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nom e per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione. Va’! Riunis ci gli anziani d’Israele e di’ loro: “Il Signore Dio dei vostri padri Dio di Abramo di Isacco e di Giaco bbe mi è apparso per dirmi: Sono venuto a visitarvi e vedere ciò che viene fatto a voi in Egitto. E
ho detto: Vi farò salire dalla umiliazione dell’Egitto verso la terra del Cananeo dell’Ittita dell’Am orreo del Perizzita, dell’Eveo e del Gebuseo verso una terra dove scorrono latte e miele”. Essi as colteranno la tua voce e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re d’Egitto e gli direte: “Il Signore D
io degli Ebrei si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammin o per fare un sacrificio al Signore nostro Dio”. Io so che il re d’Egitto non vi permetterà di partire se non con l’intervento di una mano forte. Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso dopo di che egli vi lascerà andare. Farò sì che questo pop olo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete non ve ne andrete a mani vuote. Ogni donna domanderà alla sua vicina e all’inquilina della sua casa oggetti d’argento e oggetti d’oro e vesti; li farete portare ai vostri figli e alle vostre figlie e spoglierete l’Egitto». Mosè replicò dice ndo: «Ecco non mi crederanno non daranno ascolto alla mia voce ma diranno: “Non ti è appars o il Signore!”». Il Signore gli disse: «Che cosa hai in mano?». Rispose: «Un bastone». Riprese: «G
ettalo a terra!». Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente davanti al quale Mosè si mise a fuggire. Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano e prendilo per la coda!». Stese la mano lo pre se e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. «Questo perché credano che ti è apparso il Si gnore Dio dei loro padri, Dio di Abramo Dio di Isacco Dio di Giacobbe». Il Signore gli disse ancor a: «Introduci la mano nel seno!». Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano er a diventata lebbrosa bianca come la neve. Egli disse: «Rimetti la mano nel seno!». Rimise in sen o la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne. «Dunque se non ti credo no e non danno retta alla voce del primo segno crederanno alla voce del secondo! Se non crede ranno neppure a questi due segni e non daranno ascolto alla tua voce prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l’acqua che avrai preso dal Nilo diventerà sangue sulla terra asc iutta». Mosè disse al Signore: «Perdona Signore io non sono un buon parlatore; non lo sono stat
o né ieri né ieri l’altro e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo ma sono im pacciato di bocca e di lingua». Il Signore replicò: «Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo veggente o cieco? Non sono forse io il Signore? Ora va’! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». Mosè disse: «Perdona Signore manda chi vuoi mandare!».
Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: «Non vi è forse tuo fratello Aronn e il levita? Io so che lui sa parlare bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo
. Tu gli parlerai e porrai le parole sulla sua bocca e io sarò con la tua e la sua bocca e vi insegner ò quello che dovrete fare. Parlerà lui al popolo per te: egli sarà la tua bocca e tu farai per lui le v eci di Dio. Terrai in mano questo bastone: con esso tu compirai i segni». Mosè partì tornò da Iet ro suo suocero e gli disse: «Lasciami andare ti prego: voglio tornare dai miei fratelli che sono in Egitto per vedere se sono ancora vivi!». Ietro rispose a Mosè: «Va’ in pace!». Il Signore disse a Mosè in Madian: «Va’ torna in Egitto perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!». Mosè p rese la moglie e i figli li fece salire sull’asino e tornò nella terra d’Egitto. E Mosè prese in mano il bastone di Dio. Il Signore disse a Mosè: «Mentre parti per tornare in Egitto bada a tutti i prodigi che ti ho messi in mano: tu li compirai davanti al faraone ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il popolo. Allora tu dirai al faraone: “Così dice il Signore: Israele è il mio figlio pri mogenito. Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasc iarlo partire: ecco io farò morire il tuo figlio primogenito!”». Mentre era in viaggio nel luogo dov e pernottava il Signore lo affrontò e cercò di farlo morire. Allora Sipporà prese una selce taglien te recise il prepuzio al figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sa ngue». Allora il Signore si ritirò da lui. Ella aveva detto «sposo di sangue» a motivo della circonci sione. Il Signore disse ad Aronne: «Va’ incontro a Mosè nel deserto!». Egli andò e lo incontrò al monte di Dio e lo baciò. Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva invi ato e tutti i segni con i quali l’aveva accreditato. Mosè e Aronne andarono e radunarono tutti gli anziani degli Israeliti. Aronne parlò al popolo riferendo tutte le parole che il Signore aveva dett o a Mosè e compì i segni davanti agli occhi del popolo. Allora il popolo credette. Quando udiron o che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione essi si inginocchiaro no e si prostrarono. In seguito Mosè e Aronne vennero dal faraone e gli annunciarono: «Così dic e il Signore il Dio d’Israele: “Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto!
”». Il faraone rispose: «Chi è il Signore perché io debba ascoltare la sua voce e lasciare partire Is raele? Non conosco il Signore e non lascerò certo partire Israele!». Ripresero: «Il Dio degli Ebrei ci è venuto incontro. Ci sia dunque concesso di partire per un cammino di tre giorni nel deserto e offrire un sacrificio al Signore, nostro Dio perché non ci colpisca di peste o di spada!». Il re d’E
gitto disse loro: «Mosè e Aronne perché distogliete il popolo dai suoi lavori? Tornate ai vostri la vori forzati!». Il faraone disse: «Ecco ora che il popolo è numeroso nel paese voi vorreste far lor o interrompere i lavori forzati?». In quel giorno il faraone diede questi ordini ai sovrintendenti d el popolo e agli scribi: «Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevat e prima. Andranno a cercarsi da sé la paglia. Però voi dovete esigere il numero di mattoni che fa
cevano finora senza ridurlo. Sono fannulloni; per questo protestano: “Vogliamo partire, dobbia mo sacrificare al nostro Dio!”. Pesi dunque la schiavitù su questi uomini e lavorino; non diano re tta a parole false!». I sovrintendenti del popolo e gli scribi uscirono e riferirono al popolo: «Così dice il faraone: “Io non vi fornisco più paglia. Andate voi stessi a procurarvela dove ne troverete ma non diminuisca la vostra produzione”». Il popolo si sparse in tutto il territorio d’Egitto a racc ogliere stoppie da usare come paglia. Ma i sovrintendenti li sollecitavano dicendo: «Portate a te rmine il vostro lavoro: ogni giorno lo stesso quantitativo come quando avevate la paglia». Basto narono gli scribi degli Israeliti quelli che i sovrintendenti del faraone avevano costituito loro capi dicendo: «Perché non avete portato a termine né ieri né oggi il vostro numero di mattoni come prima?». Allora gli scribi degli Israeliti vennero dal faraone a reclamare dicendo: «Perché tratti così noi tuoi servi? Non viene data paglia ai tuoi servi, ma ci viene detto: “Fate i mattoni!”. E ora i tuoi servi sono bastonati e la colpa è del tuo popolo!». Rispose: «Fannulloni siete fannulloni! P
er questo dite: “Vogliamo partire dobbiamo sacrificare al Signore”. Ora andate lavorate! Non vi sarà data paglia ma dovrete consegnare lo stesso numero di mattoni». Gli scribi degli Israeliti si videro in difficoltà sentendosi dire: «Non diminuirete affatto il numero giornaliero dei mattoni»
. Usciti dalla presenza del faraone quando incontrarono Mosè e Aronne che stavano ad aspettar li dissero loro: «Il Signore guardi a voi e giudichi perché ci avete resi odiosi agli occhi del faraone e agli occhi dei suoi ministri mettendo loro in mano la spada per ucciderci!». Allora Mosè si rivo lse al Signore e disse: «Signore perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inv iato? Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome egli ha fatto del male a ques to popolo e tu non hai affatto liberato il tuo popolo!». Il Signore disse a Mosè: «Ora vedrai quell o che sto per fare al faraone: con mano potente li lascerà andare anzi con mano potente li scacc erà dalla sua terra!». Dio parlò a Mosè e gli disse: «Io sono il Signore! Mi sono manifestato ad A bramo a Isacco a Giacobbe come Dio l’Onnipotente ma non ho fatto conoscere loro il mio nome di Signore. Ho anche stabilito la mia alleanza con loro per dar loro la terra di Canaan la terra del le loro migrazioni nella quale furono forestieri. Io stesso ho udito il lamento degli Israeliti che gli Egiziani resero loro schiavi e mi sono ricordato della mia alleanza. Pertanto di’ agli Israeliti: “Io s ono il Signore! Vi sottrarrò ai lavori forzati degli Egiziani vi libererò dalla loro schiavitù e vi riscat terò con braccio teso e con grandi castighi. Vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro D
io. Saprete che io sono il Signore il vostro Dio che vi sottrae ai lavori forzati degli Egiziani. Vi farò entrare nella terra che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo a Isacco e a Giacobbe; ve la darò in possesso: io sono il Signore!”». Mosè parlò così agli Israeliti ma essi non lo ascoltarono p erché erano stremati dalla dura schiavitù. Il Signore disse a Mosè: «Va’ e parla al faraone re d’E
gitto perché lasci partire dalla sua terra gli Israeliti!». Mosè disse alla presenza del Signore: «Ecc o gli Israeliti non mi hanno ascoltato: come vorrà ascoltarmi il faraone mentre io ho le labbra in circoncise?». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e diede loro ordini per gli Israeliti e per il farao ne re d’Egitto allo scopo di far uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto. Questi sono i capi dei loro c asati. Figli di Ruben primogenito d’Israele: Enoc Pallu Chesron e Carmì queste sono le famiglie di
Ruben. Figli di Simeone: Iemuèl Iamin Oad Iachin Socar e Saul figlio della Cananea; queste sono le famiglie di Simeone. Questi sono i nomi dei figli di Levi secondo le loro generazioni: Gherson Keat, Merarì. Gli anni della vita di Levi furono centotrentasette. Figli di Gherson: Libnì e Simei or dinati secondo le loro famiglie. Figli di Keat: Amram Isar Ebron e Uzzièl. Gli anni della vita di Kea t furono centotrentatré. Figli di Merarì: Maclì e Musì queste sono le famiglie di Levi secondo le l oro generazioni. Amram prese in moglie Iochebed sua zia la quale gli partorì Aronne e Mosè. Gli anni della vita di Amram furono centotrentasette. Figli di Isar: Core Nefeg e Zicrì. Figli di Uzzièl: Misaele Elsafàn Sitrì. Aronne prese in moglie Elisabetta figlia di Amminadàb sorella di Nacson da lla quale ebbe i figli Nadab Abiu Eleàzaro e Itamàr. Figli di Core: Assir Elkanà e Abiasàf; queste so no le famiglie dei Coriti. Eleàzaro figlio di Aronne prese in moglie una figlia di Putièl la quale gli p artorì Fineès. Questi sono i capi delle casate dei leviti ordinati secondo le loro famiglie. Sono qu esti quell’Aronne e quel Mosè ai quali il Signore disse: «Fate uscire dalla terra d’Egitto gli Israelit i secondo le loro schiere!». Questi dissero al faraone re d’Egitto di lasciar uscire dall’Egitto gli Isr aeliti: sono Mosè e Aronne. Questo avvenne quando il Signore parlò a Mosè nella terra d’Egitto: il Signore disse a Mosè: «Io sono il Signore! Riferisci al faraone re d’Egitto quanto io ti dico». M
osè disse alla presenza del Signore: «Ecco ho le labbra incirconcise e come vorrà ascoltarmi il far aone?». Il Signore disse a Mosè: «Vedi io ti ho posto a far le veci di Dio di fronte al faraone: Aro nne tuo fratello sarà il tuo profeta. Tu gli dirai quanto io ti ordinerò: Aronne tuo fratello parlerà al faraone perché lasci partire gli Israeliti dalla sua terra. Ma io indurirò il cuore del faraone e m oltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nella terra d’Egitto. Il faraone non vi ascolterà e io leverò la mano contro l’Egitto e farò uscire dalla terra d’Egitto le mie schiere il mio popolo gli Israeliti per mezzo di grandi castighi. Allora gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando stenderò la mano contro l’Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli Israeliti!». Mosè e Aronne eseguirono q uanto il Signore aveva loro comandato; così fecero. Mosè aveva ottant’anni e Aronne ottantatr é quando parlarono al faraone. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Quando il faraone vi chied erà di fare un prodigio a vostro sostegno tu dirai ad Aronne: “Prendi il tuo bastone e gettalo dav anti al faraone e diventerà un serpente!”». Mosè e Aronne si recarono dunque dal faraone ed e seguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il suo bastone davanti al farao ne e ai suoi ministri ed esso divenne un serpente. A sua volta il faraone convocò i sapienti e gli i ncantatori e anche i maghi dell’Egitto con i loro sortilegi, operarono la stessa cosa. Ciascuno get tò il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni.
Però il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto secondo quanto aveva detto il Signor e. Il Signore disse a Mosè: «Il cuore del faraone è irremovibile: si rifiuta di lasciar partire il popol o. Va’ dal faraone al mattino quando uscirà verso le acque. Tu starai ad attenderlo sulla riva del Nilo tenendo in mano il bastone che si è cambiato in serpente. Gli dirai: “Il Signore il Dio degli E
brei mi ha inviato a dirti: Lascia partire il mio popolo perché possa servirmi nel deserto; ma tu fi nora non hai obbedito. Dice il Signore: Da questo fatto saprai che io sono il Signore; ecco con il bastone che ho in mano io batto un colpo sulle acque che sono nel Nilo: esse si muteranno in sa
ngue. I pesci che sono nel Nilo moriranno e il Nilo ne diventerà fetido così che gli Egiziani non p otranno più bere acqua dal Nilo!”». Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Prendi il tuo basto ne e stendi la mano sulle acque degli Egiziani sui loro fiumi canali stagni e su tutte le loro riserve di acqua; diventino sangue e ci sia sangue in tutta la terra d’Egitto perfino nei recipienti di legn o e di pietra!”». Mosè e Aronne eseguirono quanto aveva ordinato il Signore: Aronne alzò il bas tone e percosse le acque che erano nel Nilo sotto gli occhi del faraone e dei suoi ministri. Tutte l e acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue. I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo n e divenne fetido così che gli Egiziani non poterono più berne le acque. Vi fu sangue in tutta la te rra d’Egitto. Ma i maghi dell’Egitto con i loro sortilegi operarono la stessa cosa. Il cuore del farao ne si ostinò e non diede loro ascolto secondo quanto aveva detto il Signore. Il faraone voltò le s palle e rientrò nella sua casa e non tenne conto neppure di questo fatto. Tutti gli Egiziani scavar ono allora nei dintorni del Nilo per attingervi acqua da bere perché non potevano bere le acque del Nilo. Trascorsero sette giorni da quando il Signore aveva colpito il Nilo. Il Signore disse a Mo sè: «Va’ a riferire al faraone: “Dice il Signore: Lascia partire il mio popolo perché mi possa servir e! Se tu rifiuti di lasciarlo partire ecco io colpirò tutto il tuo territorio con le rane: il Nilo bruliche rà di rane; esse usciranno ti entreranno in casa nella camera dove dormi e sul tuo letto nella cas a dei tuoi ministri e tra il tuo popolo nei tuoi forni e nelle tue madie. Contro di te, contro il tuo p opolo e contro tutti i tuoi ministri usciranno le rane”». Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “
Stendi la mano con il tuo bastone sui fiumi sui canali e sugli stagni e fa’ uscire le rane sulla terra d’Egitto!”». Aronne stese la mano sulle acque d’Egitto e le rane uscirono e coprirono la terra d’E
gitto. Ma i maghi con i loro sortilegi operarono la stessa cosa e fecero uscire le rane sulla terra d
’Egitto. Il faraone fece chiamare Mosè e Aronne e disse: «Pregate il Signore che allontani le rane da me e dal mio popolo; io lascerò partire il popolo perché possa sacrificare al Signore!». Mosè disse al faraone: «Fammi l’onore di dirmi per quando io devo pregare in favore tuo e dei tuoi mi nistri e del tuo popolo per liberare dalle rane te e le tue case in modo che ne rimangano soltant o nel Nilo». Rispose: «Per domani». Riprese: «Sia secondo la tua parola! Perché tu sappia che n on esiste nessuno pari al Signore nostro Dio, le rane si ritireranno da te e dalle tue case dai tuoi ministri e dal tuo popolo: ne rimarranno soltanto nel Nilo». Mosè e Aronne si allontanarono dal faraone e Mosè supplicò il Signore riguardo alle rane che aveva mandato contro il faraone. Il Sig nore operò secondo la parola di Mosè e le rane morirono nelle case nei cortili e nei campi. Le ra ccolsero in tanti mucchi e la terra ne fu ammorbata. Ma il faraone vide che c’era un po’ di sollie vo si ostinò e non diede loro ascolto secondo quanto aveva detto il Signore. Quindi il Signore dis se a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Stendi il tuo bastone percuoti la polvere del suolo: essa si muterà i n zanzare in tutta la terra d’Egitto!”». Così fecero: Aronne stese la mano con il suo bastone, colp ì la polvere del suolo e ci furono zanzare sugli uomini e sulle bestie; tutta la polvere del suolo si era mutata in zanzare in tutta la terra d’Egitto. I maghi cercarono di fare la stessa cosa con i loro sortilegi per far uscire le zanzare ma non riuscirono e c’erano zanzare sugli uomini e sulle bestie
. Allora i maghi dissero al faraone: «è il dito di Dio!». Ma il cuore del faraone si ostinò e non die
de ascolto secondo quanto aveva detto il Signore. Il Signore disse a Mosè: «àlzati di buon matti no e presèntati al faraone quando andrà alle acque. Gli dirai: “Così dice il Signore: Lascia partire il mio popolo perché mi possa servire! Se tu non lasci partire il mio popolo ecco, manderò su di te sui tuoi ministri sul tuo popolo e sulle tue case sciami di tafani: le case degli Egiziani saranno piene di tafani e anche il suolo sul quale essi si trovano. Ma in quel giorno io risparmierò la regi one di Gosen dove dimora il mio popolo: là non vi saranno tafani, perché tu sappia che io sono i l Signore in mezzo al paese! Così farò distinzione tra il mio popolo e il tuo popolo. Domani avver rà questo segno”». Così fece il Signore: sciami imponenti di tafani entrarono nella casa del farao ne, nella casa dei suoi ministri e in tutta la terra d’Egitto; la terra era devastata a causa dei tafan i. Il faraone fece chiamare Mosè e Aronne e disse: «Andate a sacrificare al vostro Dio ma nel pa ese!». Mosè rispose: «Non è opportuno far così perché quello che noi sacrifichiamo al Signore n ostro Dio è abominio per gli Egiziani. Se noi facessimo sotto i loro occhi un sacrificio abominevol e per gli Egiziani forse non ci lapiderebbero? Andremo nel deserto a tre giorni di cammino e sac rificheremo al Signore, nostro Dio secondo quanto egli ci ordinerà!». Allora il faraone replicò: «
Vi lascerò partire e potrete sacrificare al Signore nel deserto. Ma non andate troppo lontano e p regate per me». Rispose Mosè: «Ecco mi allontanerò da te e pregherò il Signore; domani i tafani si ritireranno dal faraone dai suoi ministri e dal suo popolo. Però il faraone cessi di burlarsi di n oi impedendo al popolo di partire perché possa sacrificare al Signore!». Mosè si allontanò dal fa raone e pregò il Signore. Il Signore agì secondo la parola di Mosè e allontanò i tafani dal faraone dai suoi ministri e dal suo popolo: non ne restò neppure uno. Ma il faraone si ostinò anche que sta volta e non lasciò partire il popolo. Allora il Signore disse a Mosè: «Va’ a riferire al faraone: “
Così dice il Signore il Dio degli Ebrei: Lascia partire il mio popolo perché mi possa servire! Se tu r ifiuti di lasciarlo partire e lo trattieni ancora ecco la mano del Signore verrà sopra il tuo bestiam e che è nella campagna sopra i cavalli gli asini i cammelli sopra gli armenti e le greggi con una pe ste gravissima! Ma il Signore farà distinzione tra il bestiame d’Israele e quello degli Egiziani così che niente muoia di quanto appartiene agli Israeliti”». Il Signore fissò la data dicendo: «Domani il Signore compirà questa cosa nel paese!». Appunto il giorno dopo, il Signore compì tale cosa: morì tutto il bestiame degli Egiziani ma del bestiame degli Israeliti non morì neppure un capo. Il faraone mandò a vedere ed ecco neppure un capo del bestiame d’Israele era morto. Ma il cuore del faraone rimase ostinato e non lasciò partire il popolo. Il Signore si rivolse a Mosè e ad Aron ne: «Procuratevi una manciata di fuliggine di fornace: Mosè la sparga verso il cielo sotto gli occh i del faraone. Essa diventerà un pulviscolo che diffondendosi su tutta la terra d’Egitto produrrà s ugli uomini e sulle bestie ulcere degeneranti in pustole in tutta la terra d’Egitto». Presero dunqu e fuliggine di fornace e si posero alla presenza del faraone. Mosè la sparse verso il cielo ed essa produsse ulcere pustolose con eruzioni su uomini e bestie. I maghi non poterono stare alla pres enza di Mosè a causa delle ulcere che li avevano colpiti come tutti gli Egiziani. Ma il Signore rese ostinato il cuore del faraone il quale non diede loro ascolto, come il Signore aveva detto a Mos è. Il Signore disse a Mosè: «àlzati di buon mattino presèntati al faraone e annunciagli: “Così dice
il Signore il Dio degli Ebrei: Lascia partire il mio popolo, perché mi possa servire! Perché questa volta io mando tutti i miei flagelli contro il tuo cuore contro i tuoi ministri e contro il tuo popolo perché tu sappia che nessuno è come me su tutta la terra. Se fin da principio io avessi steso la mano per colpire te e il tuo popolo con la peste tu ormai saresti stato cancellato dalla terra; inv ece per questo ti ho lasciato sussistere per dimostrarti la mia potenza e per divulgare il mio no me in tutta la terra. Ancora ti opponi al mio popolo e non lo lasci partire! Ecco io farò cadere do mani a questa stessa ora una grandine violentissima come non ci fu mai in Egitto dal giorno dell a sua fondazione fino ad oggi. Manda dunque fin d’ora a mettere al riparo il tuo bestiame e qua nto hai in campagna. Su tutti gli uomini e su tutti gli animali che si troveranno in campagna e ch e non saranno stati ricondotti in casa si abbatterà la grandine e moriranno”». Chi tra i ministri d el faraone temeva il Signore fece ricoverare nella casa i suoi schiavi e il suo bestiame; chi invece non diede retta alla parola del Signore lasciò schiavi e bestiame in campagna. Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano verso il cielo: vi sia grandine in tutta la terra d’Egitto sugli uomini sulle b estie e su tutta la vegetazione dei campi nella terra d’Egitto!». Mosè stese il bastone verso il ciel o e il Signore mandò tuoni e grandine; sul suolo si abbatté fuoco e il Signore fece cadere grandi ne su tutta la terra d’Egitto. Ci furono grandine e fuoco in mezzo alla grandine: non vi era mai st ata in tutta la terra d’Egitto una grandinata così violenta dal tempo in cui era diventata nazione!
La grandine colpì in tutta la terra d’Egitto quanto era nella campagna dagli uomini alle bestie; la grandine flagellò anche tutta la vegetazione dei campi e schiantò tutti gli alberi della campagna
. Soltanto nella regione di Gosen dove stavano gli Israeliti non vi fu grandine. Allora il faraone m andò a chiamare Mosè e Aronne e disse loro: «Questa volta ho peccato: il Signore è il giusto; io e il mio popolo siamo colpevoli. Pregate il Signore: ci sono stati troppi tuoni violenti e grandine!
Vi lascerò partire e non dovrete più restare qui». Mosè gli rispose: «Non appena sarò uscito dall a città stenderò le mani verso il Signore: i tuoni cesseranno e non grandinerà più, perché tu sap pia che la terra appartiene al Signore. Ma quanto a te e ai tuoi ministri io so che ancora non tem erete il Signore Dio». Ora il lino e l’orzo erano stati colpiti perché l’orzo era in spiga e il lino in fi ore; ma il grano e la spelta non erano stati colpiti perché tardivi. Mosè si allontanò dal faraone e dalla città stese le mani verso il Signore: i tuoni e la grandine cessarono e la pioggia non si roves ciò più sulla terra. Quando il faraone vide che la pioggia la grandine e i tuoni erano cessati conti nuò a peccare e si ostinò insieme con i suoi ministri. Il cuore del faraone si ostinò e non lasciò p artire gli Israeliti come aveva detto il Signore per mezzo di Mosè. Allora il Signore disse a Mosè:
«Va’ dal faraone perché io ho indurito il cuore suo e dei suoi ministri per compiere questi miei s egni in mezzo a loro e perché tu possa raccontare e fissare nella memoria di tuo figlio e del figli o di tuo figlio come mi sono preso gioco degli Egiziani e i segni che ho compiuti in mezzo a loro: così saprete che io sono il Signore!». Mosè e Aronne si recarono dal faraone e gli dissero: «Così dice il Signore il Dio degli Ebrei: “Fino a quando rifiuterai di piegarti davanti a me? Lascia partire il mio popolo perché mi possa servire. Se tu rifiuti di lasciar partire il mio popolo ecco, da doma ni io manderò le cavallette sul tuo territorio. Esse copriranno la superficie della terra così che no
n si possa più vedere il suolo: divoreranno il poco che è stato lasciato per voi dalla grandine e di voreranno ogni albero che rispunta per voi nella campagna. Riempiranno le tue case le case di t utti i tuoi ministri e le case di tutti gli Egiziani, cosa che non videro i tuoi padri né i padri dei tuoi padri da quando furono su questo suolo fino ad oggi!”». Poi voltò le spalle e uscì dalla presenza del faraone. I ministri del faraone gli dissero: «Fino a quando costui resterà tra noi come una tra ppola? Lascia partire questa gente perché serva il Signore suo Dio! Non ti accorgi ancora che l’E
gitto va in rovina?». Mosè e Aronne furono richiamati presso il faraone, che disse loro: «Andate servite il Signore vostro Dio! Ma chi sono quelli che devono partire?». Mosè disse: «Partiremo n oi insieme con i nostri giovani e i nostri vecchi con i figli e le figlie con le nostre greggi e i nostri a rmenti perché per noi è una festa del Signore». Rispose: «Così sia il Signore con voi com’è vero c he io intendo lasciar partire voi e i vostri bambini! Badate però che voi avete cattive intenzioni.
Così non va! Partite voi uomini e rendete culto al Signore se davvero voi cercate questo!». E li c acciarono dalla presenza del faraone. Allora il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sulla terra d’Egitto per far venire le cavallette: assalgano la terra d’Egitto e divorino tutta l’erba della terra tutto quello che la grandine ha risparmiato!». Mosè stese il suo bastone contro la terra d’Egitto e il Signore diresse su quella terra un vento d’oriente per tutto quel giorno e tutta la notte. Qua ndo fu mattina il vento d’oriente aveva portato le cavallette. Le cavallette salirono sopra tutta l a terra d’Egitto e si posarono su tutto quanto il territorio d’Egitto. Fu cosa gravissima: tante non ve n’erano mai state prima né vi furono in seguito. Esse coprirono tutta la superficie della terra così che la terra ne fu oscurata; divorarono ogni erba della terra e ogni frutto d’albero che la gra ndine aveva risparmiato: nulla di verde rimase sugli alberi e fra le erbe dei campi in tutta la terr a d’Egitto. Il faraone allora convocò in fretta Mosè e Aronne e disse: «Ho peccato contro il Signo re vostro Dio e contro di voi. Ma ora perdonate il mio peccato anche questa volta e pregate il Si gnore vostro Dio perché almeno allontani da me questa morte!». Egli si allontanò dal faraone e pregò il Signore. Il Signore cambiò la direzione del vento e lo fece soffiare dal mare con grande f orza: esso portò via le cavallette e le abbatté nel Mar Rosso; non rimase neppure una cavalletta in tutta la terra d’Egitto. Ma il Signore rese ostinato il cuore del faraone il quale non lasciò partir e gli Israeliti. Allora il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano verso il cielo: vengano sulla terra d’
Egitto tenebre tali da potersi palpare!». Mosè stese la mano verso il cielo: vennero dense teneb re su tutta la terra d’Egitto per tre giorni. Non si vedevano più l’un l’altro e per tre giorni nessun o si poté muovere dal suo posto. Ma per tutti gli Israeliti c’era luce là dove abitavano. Allora il fa raone convocò Mosè e disse: «Partite servite il Signore! Solo rimangano le vostre greggi e i vostr i armenti. Anche i vostri bambini potranno partire con voi». Rispose Mosè: «Tu stesso metterai a nostra disposizione sacrifici e olocausti e noi li offriremo al Signore nostro Dio. Anche il nostro bestiame partirà con noi: neppure un’unghia ne resterà qui. Perché da esso noi dobbiamo prele vare le vittime per servire il Signore nostro Dio e noi non sapremo quel che dovremo sacrificare al Signore finché non saremo arrivati in quel luogo». Ma il Signore rese ostinato il cuore del fara one il quale non volle lasciarli partire. Gli rispose dunque il faraone: «Vattene da me! Guàrdati d
al ricomparire davanti a me perché il giorno in cui rivedrai il mio volto, morirai». Mosè disse: «H
ai parlato bene: non vedrò più il tuo volto!». Il Signore disse a Mosè: «Ancora una piaga mander ò contro il faraone e l’Egitto; dopo di che egli vi lascerà partire di qui. Vi lascerà partire senza co ndizioni, anzi vi caccerà via di qui. Di’ dunque al popolo che ciascuno dal suo vicino e ciascuna d alla sua vicina si facciano dare oggetti d’argento e oggetti d’oro». Il Signore fece sì che il popolo trovasse favore agli occhi degli Egiziani. Inoltre Mosè era un uomo assai considerato nella terra d’Egitto agli occhi dei ministri del faraone e del popolo. Mosè annunciò: «Così dice il Signore: Ve rso la metà della notte io uscirò attraverso l’Egitto: morirà ogni primogenito nella terra d’Egitto dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito della schiava che sta dietro l a mola e ogni primogenito del bestiame. Un grande grido si alzerà in tutta la terra d’Egitto quale non vi fu mai e quale non si ripeterà mai più. Ma contro tutti gli Israeliti neppure un cane abbai erà né contro uomini né contro bestie, perché sappiate che il Signore fa distinzione tra l’Egitto e Israele. Tutti questi tuoi ministri scenderanno da me e si prostreranno davanti a me dicendo: “E
sci tu e tutto il popolo che ti segue!”. Dopo io uscirò!». Mosè pieno d’ira si allontanò dal faraon e. Il Signore aveva appunto detto a Mosè: «Il faraone non vi darà ascolto, perché si moltiplichin o i miei prodigi nella terra d’Egitto». Mosè e Aronne avevano fatto tutti quei prodigi davanti al f araone; ma il Signore aveva reso ostinato il cuore del faraone il quale non lasciò partire gli Israel iti dalla sua terra. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per v oi l’inizio dei mesi sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dit e: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia un agnello per casa. Se la f amiglia fosse troppo piccola per un agnello si unirà al vicino il più prossimo alla sua casa, second o il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno pu ò mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto maschio nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assembl ea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue lo porranno s ui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeran no la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Non lo mangerete cr udo né bollito nell’acqua ma solo arrostito al fuoco con la testa le zampe e le viscere. Non ne do vete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco. Ec co in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti i sandali ai piedi il bastone in mano; lo manger ete in fretta. è la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò og ni primogenito nella terra d’Egitto uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. I o sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedr ò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’E
gitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di genera zione in generazione lo celebrerete come un rito perenne. Per sette giorni voi mangerete azzimi
. Fin dal primo giorno farete sparire il lievito dalle vostre case perché chiunque mangerà del liev itato dal giorno primo al giorno settimo quella persona sarà eliminata da Israele. Nel primo gior
no avrete una riunione sacra e nel settimo giorno una riunione sacra: durante questi giorni non si farà alcun lavoro; si potrà preparare da mangiare per ogni persona: questo solo si farà presso di voi. Osservate la festa degli Azzimi perché proprio in questo giorno io ho fatto uscire le vostre schiere dalla terra d’Egitto; osserverete tale giorno di generazione in generazione come rito per enne. Nel primo mese dal giorno quattordici del mese alla sera voi mangerete azzimi fino al gior no ventuno del mese alla sera. Per sette giorni non si trovi lievito nelle vostre case perché chiun que mangerà del lievitato quella persona sia forestiera sia nativa della terra sarà eliminata dalla comunità d’Israele. Non mangerete nulla di lievitato; in tutte le vostre abitazioni mangerete azzi mi”». Mosè convocò tutti gli anziani d’Israele e disse loro: «Andate a procurarvi un capo di besti ame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la Pasqua. Prenderete un fascio di issòpo lo inti ngerete nel sangue che sarà nel catino e spalmerete l’architrave ed entrambi gli stipiti con il san gue del catino. Nessuno di voi esca dalla porta della sua casa fino al mattino. Il Signore passerà per colpire l’Egitto, vedrà il sangue sull’architrave e sugli stipiti; allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire. Voi osserveret e questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. Quando poi sarete en trati nella terra che il Signore vi darà come ha promesso osserverete questo rito. Quando i vostr i figli vi chiederanno: “Che significato ha per voi questo rito?”, voi direte loro: “è il sacrificio dell a Pasqua per il Signore il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto quando colpì l’Egitt o e salvò le nostre case”». Il popolo si inginocchiò e si prostrò. Poi gli Israeliti se ne andarono ed eseguirono ciò che il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne; così fecero. A mezzanotte il Si gnore colpì ogni primogenito nella terra d’Egitto dal primogenito del faraone che siede sul tron o fino al primogenito del prigioniero in carcere e tutti i primogeniti del bestiame. Si alzò il farao ne nella notte e con lui i suoi ministri e tutti gli Egiziani; un grande grido scoppiò in Egitto perch é non c’era casa dove non ci fosse un morto! Il faraone convocò Mosè e Aronne nella notte e di sse: «Alzatevi e abbandonate il mio popolo voi e gli Israeliti! Andate rendete culto al Signore co me avete detto. Prendete anche il vostro bestiame e le vostre greggi come avete detto e partite
! Benedite anche me!». Gli Egiziani fecero pressione sul popolo affrettandosi a mandarli via dal paese perché dicevano: «Stiamo per morire tutti!». Il popolo portò con sé la pasta prima che fo sse lievitata recando sulle spalle le madie avvolte nei mantelli. Gli Israeliti eseguirono l’ordine di Mosè e si fecero dare dagli Egiziani oggetti d’argento e d’oro e vesti. Il Signore fece sì che il pop olo trovasse favore agli occhi degli Egiziani i quali accolsero le loro richieste. Così essi spogliaron o gli Egiziani. Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot in numero di seicentomila uo mini adulti senza contare i bambini. Inoltre una grande massa di gente promiscua partì con loro e greggi e armenti in mandrie molto grandi. Fecero cuocere la pasta che avevano portato dall’E
gitto in forma di focacce azzime perché non era lievitata: infatti erano stati scacciati dall’Egitto e non avevano potuto indugiare; neppure si erano procurati provviste per il viaggio. La permane nza degli Israeliti in Egitto fu di quattrocentotrent’anni. Al termine dei quattrocentotrent’anni p roprio in quel giorno tutte le schiere del Signore uscirono dalla terra d’Egitto. Notte di veglia fu
questa per il Signore per farli uscire dalla terra d’Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti di generazione in generazione. Il Signore disse a Mosè e ad Aron ne: «Questo è il rito della Pasqua: nessuno straniero ne deve mangiare. Quanto a ogni schiavo a cquistato con denaro lo circonciderai e allora ne potrà mangiare. L’ospite e il mercenario non n e mangeranno. In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezz erete alcun osso. Tutta la comunità d’Israele la celebrerà. Se un forestiero soggiorna presso di t e e vuol celebrare la Pasqua del Signore sia circonciso ogni maschio della sua famiglia: allora pot rà accostarsi per celebrarla e sarà come un nativo della terra. Ma non ne mangi nessuno che no n sia circonciso. Vi sarà una sola legge per il nativo e per il forestiero che soggiorna in mezzo a v oi». Tutti gli Israeliti fecero così come il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne in tal modo operarono. Proprio in quel giorno il Signore fece uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto, ordinati s econdo le loro schiere. Il Signore disse a Mosè: «Consacrami ogni essere che esce per primo dal seno materno tra gli Israeliti: ogni primogenito di uomini o di animali appartiene a me». Mosè d isse al popolo: «Ricòrdati di questo giorno nel quale siete usciti dall’Egitto dalla dimora di schiav itù perché con la potenza del suo braccio il Signore vi ha fatto uscire di là: non si mangi nulla di l ievitato. In questo giorno del mese di Abìb voi uscite. Quando il Signore ti avrà fatto entrare nell a terra del Cananeo dell’Ittita dell’Amorreo dell’Eveo e del Gebuseo che ha giurato ai tuoi padri di dare a te terra dove scorrono latte e miele allora tu celebrerai questo rito in questo mese. Pe r sette giorni mangerai azzimi. Nel settimo giorno vi sarà una festa in onore del Signore. Nei sett e giorni si mangeranno azzimi e non compaia presso di te niente di lievitato; non ci sia presso di te lievito entro tutti i tuoi confini. In quel giorno tu spiegherai a tuo figlio: “è a causa di quanto h a fatto il Signore per me quando sono uscito dall’Egitto”. Sarà per te segno sulla tua mano e me moriale fra i tuoi occhi affinché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Infatti il Signore ti ha fatt o uscire dall’Egitto con mano potente. Osserverai questo rito nella sua ricorrenza di anno in ann o. Quando il Signore ti avrà fatto entrare nella terra del Cananeo come ha giurato a te e ai tuoi padri e te l’avrà data in possesso tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del tuo bestiame se di sesso maschile lo consacrerai al Signore. Riscatterai og ni primo parto dell’asino mediante un capo di bestiame minuto e se non lo vorrai riscattare gli s paccherai la nuca. Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi discendenti. Quando tuo figl io un domani ti chiederà: “Che significa ciò?” tu gli risponderai: “Con la potenza del suo braccio i l Signore ci ha fatto uscire dall’Egitto dalla condizione servile. Poiché il faraone si ostinava a non lasciarci partire il Signore ha ucciso ogni primogenito nella terra d’Egitto: i primogeniti degli uo mini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo parto di sesso m aschile e riscatto ogni primogenito dei miei discendenti”. Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un pendaglio fra i tuoi occhi poiché con la potenza del suo braccio il Signore ci ha fatto usci re dall’Egitto». Quando il faraone lasciò partire il popolo Dio non lo condusse per la strada del t erritorio dei Filistei benché fosse più corta perché Dio pensava: «Che il popolo non si penta alla vista della guerra e voglia tornare in Egitto!». Dio fece deviare il popolo per la strada del deserto
verso il Mar Rosso. Gli Israeliti armati uscirono dalla terra d’Egitto. Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe perché questi aveva fatto prestare un solenne giuramento agli Israeliti dicendo: «Dio certo verrà a visitarvi; voi allora vi porterete via le mie ossa». Partirono da Succot e si accampar ono a Etam sul limite del deserto. Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna d i nube per guidarli sulla via da percorrere e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce c osì che potessero viaggiare giorno e notte. Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista del popolo né la colonna di fuoco durante la notte. Il Signore disse a Mosè: «Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achiròt tra Migdol e il mare davanti a Baal-
Sefòn; di fronte a quel luogo vi accamperete presso il mare. Il faraone penserà degli Israeliti: “V
anno errando nella regione; il deserto li ha bloccati!”. Io renderò ostinato il cuore del faraone e d egli li inseguirà io dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito così gli Egizia ni sapranno che io sono il Signore!». Ed essi fecero così. Quando fu riferito al re d’Egitto che il p opolo era fuggito il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: «Che cosa abbiamo fatto lasciando che Israele si sottraesse al nostro servizio?». Attaccò allora il cocc hio e prese con sé i suoi soldati. Prese seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto con i combatten ti sopra ciascuno di essi. Il Signore rese ostinato il cuore del faraone re d’Egitto il quale inseguì g li Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero m entre essi stavano accampati presso il mare; tutti i cavalli e i carri del faraone i suoi cavalieri e il suo esercito erano presso Pi-Achiròt davanti a Baal-Sefòn. Quando il faraone fu vicino gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco gli Egiziani marciavano diet ro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: «è fo rse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egizi ani perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?». Mosè rispose: «Non abbi ate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore il quale oggi agirà per voi; perché gli Egizi ani che voi oggi vedete non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi e voi starete tran quilli». Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il ca mmino. Tu intanto alza il bastone stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone i suoi carri e i suoi cavalieri». L’angelo di Dio che precedeva l’accampamento d’Israele cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’a ccampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni mentre per gli a ltri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allor a Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un fort e vento d’oriente rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’a
sciutto mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono e tutti i cavalli del faraone i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare.
Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul cam po degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spi ngerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele perché il Signore combatte per l oro contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare sul far del m attino tornò al suo livello consueto mentre gli Egiziani fuggendo gli si dirigevano contro. Il Signo re li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tut to l’esercito del faraone che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure un o. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare mentre le acque erano p er loro un muro a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egizi ani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè su o servo. Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: «Voglio cantare al Signore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. è il mio Dio: lo voglio lodare, il Dio di mio pa dre: lo voglio esaltare! Il Signore è un guerriero, Signore è il suo nome. I carri del faraone e il su o esercito li ha scagliati nel mare; i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mar Rosso. Gli a bissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra. La tua destra Signore, è gloriosa per la potenza, la tua destra Signore, annienta il nemico; con sublime maestà abbatti i tuoi avversari, scateni il t uo furore, che li divora come paglia. Al soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono l e onde come un argine, si rappresero gli abissi nel fondo del mare. Il nemico aveva detto: “Inseg uirò raggiungerò, spartirò il bottino, se ne sazierà la mia brama; sfodererò la spada, li conquiste rà la mia mano!”. Soffiasti con il tuo alito: li ricoprì il mare, sprofondarono come piombo in acqu e profonde. Chi è come te fra gli dèi Signore? Chi è come te maestoso in santità, terribile nelle i mprese, autore di prodigi? Stendesti la destra: li inghiottì la terra. Guidasti con il tuo amore que sto popolo che hai riscattato, lo conducesti con la tua potenza alla tua santa dimora. Udirono i p opoli: sono atterriti. L’angoscia afferrò gli abitanti della Filistea. Allora si sono spaventati i capi d i Edom, il pànico prende i potenti di Moab; hanno tremato tutti gli abitanti di Canaan. Piómbino su di loro paura e terrore; per la potenza del tuo braccio restino muti come pietra, finché sia pa ssato il tuo popolo Signore, finché sia passato questo tuo popolo, che ti sei acquistato. Tu lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua dimora, Signore hai preparato, santuario che le tue mani, Signore hanno fondato. Il Signore regni in eterno e per sempre!». Qu ando i cavalli del faraone i suoi carri e i suoi cavalieri furono entrati nel mare il Signore fece torn are sopra di essi le acque del mare mentre gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare. Allora Maria la profetessa sorella di Aronne prese in mano un tamburello: dietro a lei u scirono le donne con i tamburelli e con danze. Maria intonò per loro il ritornello: «Cantate al Sig
nore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare!». Mosè fece pa rtire Israele dal Mar Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni n el deserto senza trovare acqua. Arrivarono a Mara ma non potevano bere le acque di Mara perc hé erano amare. Per questo furono chiamate Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè: «Ch e cosa berremo?». Egli invocò il Signore il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: «Se tu darai ascolto alla voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi io non t’infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli Egiziani perché io sono il Signore colui che ti guarisce
!». Poi arrivarono a Elìm dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparo no presso l’acqua. Levarono le tende da Elìm e tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin che si trova tra Elìm e il Sinai il quindici del secondo mese dopo la loro uscita dalla terra d’
Egitto. Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli I sraeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto quando eravamo seduti presso la pentola della carne mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in qu esto deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «E
cco io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la raz ione di un giorno perché io lo metta alla prova per vedere se cammina o no secondo la mia legg e. Ma il sesto giorno quando prepareranno quello che dovranno portare a casa sarà il doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno». Mosè e Aronne dissero a tutti gli Israeliti: «Questa s era saprete che il Signore vi ha fatto uscire dalla terra d’Egitto e domani mattina vedrete la glori a del Signore, poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui. Noi infatti che cosa sia mo perché mormoriate contro di noi?». Mosè disse: «Quando il Signore vi darà alla sera la carn e da mangiare e alla mattina il pane a sazietà sarà perché il Signore ha inteso le mormorazioni c on le quali mormorate contro di lui. Noi infatti che cosa siamo? Non contro di noi vanno le vostr e mormorazioni ma contro il Signore». Mosè disse ad Aronne: «Da’ questo comando a tutta la c omunità degli Israeliti: “Avvicinatevi alla presenza del Signore perché egli ha inteso le vostre mo rmorazioni!”». Ora mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti essi si voltarono ver so il deserto: ed ecco la gloria del Signore si manifestò attraverso la nube. Il Signore disse a Mos è: «Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: “Al tramonto mangerete carne e al la mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore vostro Dio”». La sera le quaglie sali rono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampam ento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e gr anulosa minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos
’è?» perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «è il pane che il Signore vi ha dato in cibo. Ecco che cosa comanda il Signore: “Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne un om er a testa secondo il numero delle persone che sono con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda”». Così fecero gli Israeliti. Ne raccolsero chi molto chi poco. Si misurò con l’

omer: colui che ne aveva preso di più non ne aveva di troppo; colui che ne aveva preso di meno non ne mancava. Avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne. Mosè disse lor o: «Nessuno ne faccia avanzare fino al mattino». Essi non obbedirono a Mosè e alcuni ne conser varono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputridì. Mosè si irritò contro di loro. Essi dunque ne raccoglievano ogni mattina secondo quanto ciascuno mangiava; quando il sole comi nciava a scaldare si scioglieva. Quando venne il sesto giorno essi raccolsero il doppio di quel pan e due omer a testa. Allora tutti i capi della comunità vennero a informare Mosè. Egli disse loro:
«è appunto ciò che ha detto il Signore: “Domani è sabato riposo assoluto consacrato al Signore.
Ciò che avete da cuocere cuocetelo; ciò che avete da bollire bollitelo; quanto avanza tenetelo in serbo fino a domani mattina”». Essi lo misero in serbo fino al mattino come aveva ordinato Mo sè e non imputridì né vi si trovarono vermi. Disse Mosè: «Mangiatelo oggi perché è sabato in on ore del Signore: oggi non ne troverete nella campagna. Sei giorni lo raccoglierete ma il settimo giorno è sabato: non ve ne sarà». Nel settimo giorno alcuni del popolo uscirono per raccogliern e ma non ne trovarono. Disse allora il Signore a Mosè: «Fino a quando rifiuterete di osservare i miei ordini e le mie leggi? Vedete che il Signore vi ha dato il sabato! Per questo egli vi dà al sest o giorno il pane per due giorni. Restate ciascuno al proprio posto! Nel settimo giorno nessuno e sca dal luogo dove si trova». Il popolo dunque riposò nel settimo giorno. La casa d’Israele lo chia mò manna. Era simile al seme del coriandolo e bianco; aveva il sapore di una focaccia con miele
. Mosè disse: «Questo ha ordinato il Signore: “Riempitene un omer e conservatelo per i vostri di scendenti perché vedano il pane che vi ho dato da mangiare nel deserto, quando vi ho fatto usci re dalla terra d’Egitto”». Mosè disse quindi ad Aronne: «Prendi un’urna e mettici un omer comp leto di manna; deponila davanti al Signore e conservala per i vostri discendenti». Secondo quant o il Signore aveva ordinato a Mosè Aronne la depose per conservarla davanti alla Testimonianza
. Gli Israeliti mangiarono la manna per quarant’anni fino al loro arrivo in una terra abitata: mang iarono la manna finché non furono arrivati ai confini della terra di Canaan. L’ omer è la decima p arte dell’ efa. Tutta la comunità degli Israeliti levò le tende dal deserto di Sin camminando di tap pa in tappa secondo l’ordine del Signore e si accampò a Refidìm. Ma non c’era acqua da bere pe r il popolo. Il popolo protestò contro Mosè: «Dateci acqua da bere!». Mosè disse loro: «Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?». In quel luogo il popolo soffriva la set e per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dal l’Egitto per far morire di sete noi i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signor e dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo e va’! Ecco io starò davanti a te là sulla roccia sull’Oreb; tu b atterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così sotto gli occhi degli anzia ni d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?». Amalèk venne a com battere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in b
attaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio».
Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk mentre Mosè Ar onne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani Israele prevaleva; ma qua ndo le lasciava cadere prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani presero una pietr a la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette mentre Aronne e Cur uno da una parte e l’altro dall’altra sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Gi osuè sconfisse Amalèk e il suo popolo passandoli poi a fil di spada. Allora il Signore disse a Mosè
: «Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalèk sotto il cielo!». Allora Mosè costruì un altare lo chiamò “Il Signore è il mio v essillo” e disse: «Una mano contro il trono del Signore! Vi sarà guerra per il Signore contro Amal èk, di generazione in generazione!». Ietro sacerdote di Madian suocero di Mosè venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele suo popolo cioè come il Signore aveva fatto us cire Israele dall’Egitto. Allora Ietro prese con sé Sipporà moglie di Mosè che prima egli aveva ri mandata con i due figli di lei uno dei quali si chiamava Ghersom, perché egli aveva detto: «Sono un emigrato in terra straniera» e l’altro si chiamava Elièzer perché: «Il Dio di mio padre è venut o in mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del faraone». Ietro dunque suocero di Mosè con i figli e la moglie di lui venne da Mosè nel deserto dove era accampato presso la montagna di Dio. Eg li fece dire a Mosè: «Sono io Ietro tuo suocero che vengo da te con tua moglie e i suoi due figli!
». Mosè andò incontro al suocero si prostrò davanti a lui e lo baciò poi si informarono l’uno dell a salute dell’altro ed entrarono sotto la tenda. Mosè raccontò al suocero quanto il Signore avev a fatto al faraone e agli Egiziani a motivo di Israele tutte le difficoltà incontrate durante il viaggi o dalle quali il Signore li aveva liberati. Ietro si rallegrò di tutto il bene che il Signore aveva fatto a Israele quando lo aveva liberato dalla mano degli Egiziani. Disse Ietro: «Benedetto il Signore c he vi ha liberato dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone: egli ha liberato questo popo lo dalla mano dell’Egitto! Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi: ha rivolto contro di loro quello che tramavano». Ietro suocero di Mosè offrì un olocausto e sacrifici a Dio. Vennero Aronne e tutti gli anziani d’Israele per partecipare al banchetto con il suocero di Mosè davanti a Dio. Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mo sè dalla mattina fino alla sera. Allora il suocero di Mosè visto quanto faceva per il popolo gli diss e: «Che cos’è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?». Mosè rispose al suocero: «Perché il popolo viene da me per consultar e Dio. Quando hanno qualche questione vengono da me e io giudico le vertenze tra l’uno e l’altr o e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi». Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene q uello che fai! Finirai per soccombere tu e il popolo che è con te perché il compito è troppo pesa nte per te; non puoi attendervi tu da solo. Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia co n te! Tu sta’ davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. A loro spiegherai i d ecreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono co mpiere. Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini validi che temono Dio uomini retti che odian
o la venalità per costituirli sopra di loro come capi di migliaia capi di centinaia capi di cinquantin e e capi di decine. Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una ques tione importante la sottoporranno a te mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti all eggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. Se tu fai questa cosa e Dio te lo ordina potrai resis tere e anche tutto questo popolo arriverà in pace alla meta». Mosè diede ascolto alla proposta del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. Mosè dunque scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia capi di centinaia capi di cinquantine e capi di decine. Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottop onevano a Mosè ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori. Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò alla sua terra. Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dalla terra d’Egitto nello stess o giorno essi arrivarono al deserto del Sinai. Levate le tende da Refidìm giunsero al deserto del Sinai dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte. Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “V
oi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fa tto venire fino a me. Ora se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti». Mosè andò convo cò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole come gli aveva ordinato il Signore. Tutt o il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto noi lo faremo!». Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: «Ecco io sto per venire verso di te i n una densa nube perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano per sempre anche a te». Mosè riferì al Signore le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: «Va’ dal popolo e sant ificalo oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai alla vista di tutto il popolo. Fisserai per il popolo un li mite tutto attorno dicendo: “Guardatevi dal salire sul monte e dal toccarne le falde. Chiunque t occherà il monte sarà messo a morte. Nessuna mano però dovrà toccare costui: dovrà essere la pidato o colpito con tiro di arco. Animale o uomo non dovrà sopravvivere”. Solo quando suoner à il corno essi potranno salire sul monte». Mosè scese dal monte verso il popolo; egli fece santif icare il popolo ed essi lavarono le loro vesti. Poi disse al popolo: «Siate pronti per il terzo giorno: non unitevi a donna». Il terzo giorno sul far del mattino vi furono tuoni e lampi una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante perché su di esso era sceso il Signor e nel fuoco e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suo no del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce. Il S
ignore scese dunque sul monte Sinai sulla vetta del monte e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì. Il Signore disse a Mosè: «Scendi scongiura il popolo di non irrompere vers o il Signore per vedere altrimenti ne cadrà una moltitudine! Anche i sacerdoti che si avvicinano
al Signore si santifichino altrimenti il Signore si avventerà contro di loro!». Mosè disse al Signore
: «Il popolo non può salire al monte Sinai perché tu stesso ci hai avvertito dicendo: “Delimita il monte e dichiaralo sacro”». Il Signore gli disse: «Va’ scendi poi salirai tu e Aronne con te. Ma i s acerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore altrimenti egli si avventerà contr o di loro!». Mosè scese verso il popolo e parlò loro. Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore tuo Dio che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto dalla condizione servile: Non avrai alt ri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di qua nto è quaggiù sulla terra né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a lor o e non li servirai. Perché io il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per coloro che mi odiano ma che dimostra la su a bontà fino a mille generazioni per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore tuo Dio perché il Signore non lascia impunito chi pronu ncia il suo nome invano. Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e far ai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun l avoro né tu né tuo figlio né tua figlia né il tuo schiavo né la tua schiava né il tuo bestiame né il f orestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il ma re e quanto è in essi ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno d el sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre perché si prolunghino i tuoi giorni ne l paese che il Signore tuo Dio ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossim o. Non desidererai la moglie del tuo prossimo né il suo schiavo né la sua schiava né il suo bue né il suo asino né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo». Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide fu preso da tremore e si tenne lont ano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio altrimenti mor iremo!». Mosè disse al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e per ché il suo timore sia sempre su di voi e non pecchiate». Il popolo si tenne dunque lontano ment re Mosè avanzò verso la nube oscura dove era Dio. Il Signore disse a Mosè: «Così dirai agli Israel iti: “Voi stessi avete visto che vi ho parlato dal cielo! Non farete dèi d’argento e dèi d’oro accant o a me: non ne farete per voi! Farai per me un altare di terra e sopra di esso offrirai i tuoi oloca usti e i tuoi sacrifici di comunione le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò far rico rdare il mio nome verrò a te e ti benedirò. Se tu farai per me un altare di pietra non lo costruirai con pietra tagliata perché usando la tua lama su di essa tu la renderesti profana. Non salirai sul mio altare per mezzo di gradini, perché là non si scopra la tua nudità”. Queste sono le norme ch e tu esporrai loro. Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo egli ti servirà per sei anni e nel settimo potrà andarsene libero senza riscatto. Se è venuto solo solo se ne andrà se era coniugat o sua moglie se ne andrà con lui. Se il suo padrone gli ha dato moglie e questa gli ha partorito fi gli o figlie la donna e i suoi figli saranno proprietà del padrone ed egli se ne andrà solo. Ma se lo schiavo dice: “Io sono affezionato al mio padrone a mia moglie ai miei figli non voglio andarmen
e libero” allora il suo padrone lo condurrà davanti a Dio lo farà accostare al battente o allo stipit e della porta e gli forerà l’orecchio con la lesina e quello resterà suo schiavo per sempre. Quand o un uomo venderà la figlia come schiava ella non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi. Se l ei non piace al padrone che perciò non la destina a sé in moglie la farà riscattare. In ogni caso e gli non può venderla a gente straniera agendo con frode verso di lei. Se egli la vuol destinare in moglie al proprio figlio si comporterà nei suoi riguardi secondo il diritto delle figlie. Se egli pren de in moglie un’altra non diminuirà alla prima il nutrimento il vestiario la coabitazione. Se egli n on le fornisce queste tre cose lei potrà andarsene senza che sia pagato il prezzo del riscatto. Col ui che colpisce un uomo causandone la morte sarà messo a morte. Se però non ha teso insidia ma Dio glielo ha fatto incontrare io ti fisserò un luogo dove potrà rifugiarsi. Ma se un uomo ave va premeditato di uccidere il suo prossimo con inganno allora lo strapperai anche dal mio altare perché sia messo a morte. Colui che percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte. Colui che rapisce un uomo sia che lo venda sia che lo si trovi ancora in mano sua, sarà messo a morte
. Colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte. Quando alcuni uomini litigano e uno colpisce il suo prossimo con una pietra o con il pugno e questi non muore ma deve mette rsi a letto se poi si alza ed esce con il bastone chi lo ha colpito sarà ritenuto innocente ma dovrà pagare il riposo forzato e assicurargli le cure. Quando un uomo colpisce con il bastone il suo sch iavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani si deve fare vendetta. Ma se sopravvive un gi orno o due non sarà vendicato, perché è suo denaro. Quando alcuni uomini litigano e urtano un a donna incinta, così da farla abortire se non vi è altra disgrazia si esigerà un’ammenda secondo quanto imporrà il marito della donna e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato. Ma se segu e una disgrazia allora pagherai vita per vita: occhio per occhio dente per dente mano per mano piede per piede bruciatura per bruciatura ferita per ferita livido per livido. Quando un uomo col pisce l’occhio del suo schiavo o della sua schiava e lo acceca, darà loro la libertà in compenso de ll’occhio. Se fa cadere il dente del suo schiavo o della sua schiava darà loro la libertà in compens o del dente. Quando un bue cozza con le corna contro un uomo o una donna e ne segue la mort e il bue sarà lapidato e non se ne mangerà la carne. Però il proprietario del bue è innocente. Ma se il bue era solito cozzare con le corna già prima e il padrone era stato avvisato e non lo aveva custodito se ha causato la morte di un uomo o di una donna il bue sarà lapidato e anche il suo p adrone dev’essere messo a morte. Se invece gli viene imposto un risarcimento, egli pagherà il ri scatto della propria vita secondo quanto gli verrà imposto. Se cozza con le corna contro un figlio o se cozza contro una figlia si procederà nella stessa maniera. Se il bue colpisce con le corna un o schiavo o una schiava si darà al suo padrone del denaro trenta sicli e il bue sarà lapidato. Qua ndo un uomo lascia una cisterna aperta oppure quando un uomo scava una cisterna e non la co pre se vi cade un bue o un asino il proprietario della cisterna deve dare l’indennizzo: verserà il d enaro al padrone della bestia e l’animale morto gli apparterrà. Quando il bue di un tale cozza co ntro il bue del suo prossimo e ne causa la morte essi venderanno il bue vivo e se ne divideranno il prezzo; si divideranno anche la bestia morta. Ma se è notorio che il bue era solito cozzare già
prima e il suo padrone non lo ha custodito egli dovrà dare come indennizzo bue per bue e la bes tia morta gli apparterrà. Quando un uomo ruba un bue o un montone e poi lo sgozza o lo vende darà come indennizzo cinque capi di grosso bestiame per il bue e quattro capi di bestiame min uto per il montone. Se un ladro viene sorpreso mentre sta facendo una breccia in un muro e vie ne colpito e muore, non vi è per lui vendetta di sangue. Ma se il sole si era già alzato su di lui, vi è per lui vendetta di sangue. Il ladro dovrà dare l’indennizzo: se non avrà di che pagare sarà ven duto in compenso dell’oggetto rubato. Se si trova ancora in vita e ciò che è stato rubato è in suo possesso si tratti di bue di asino o di montone restituirà il doppio. Quando un uomo usa come p ascolo un campo o una vigna e lascia che il suo bestiame vada a pascolare in un campo altrui de ve dare l’indennizzo con il meglio del suo campo e con il meglio della sua vigna. Quando un fuoc o si propaga e si attacca ai cespugli spinosi se viene bruciato un mucchio di covoni o il grano in s piga o il grano in erba colui che ha provocato l’incendio darà l’indennizzo. Quando un uomo dà i n custodia al suo prossimo denaro od oggetti e poi nella casa di costui viene commesso un furto se si trova il ladro quest’ultimo restituirà il doppio. Se il ladro non si trova il padrone della casa si avvicinerà a Dio per giurare che non ha allungato la mano sulla proprietà del suo prossimo. Q
ualunque sia l’oggetto di una frode si tratti di un bue di un asino di un montone, di una veste di qualunque oggetto perduto di cui uno dice: “è questo!” la causa delle due parti andrà fino a Dio
: colui che Dio dichiarerà colpevole restituirà il doppio al suo prossimo. Quando un uomo dà in c ustodia al suo prossimo un asino o un bue o un capo di bestiame minuto o qualsiasi animale se l a bestia muore o si è prodotta una frattura o è stata rapita senza testimone interverrà tra le du e parti un giuramento per il Signore per dichiarare che il depositario non ha allungato la mano s ulla proprietà del suo prossimo. Il padrone della bestia accetterà e l’altro non dovrà risarcire. M
a se la bestia è stata rubata quando si trovava presso di lui pagherà l’indennizzo al padrone di es sa. Se invece è stata sbranata ne porterà la prova in testimonianza e non dovrà dare l’indennizz o per la bestia sbranata. Quando un uomo prende in prestito dal suo prossimo una bestia e que sta si è prodotta una frattura o è morta in assenza del padrone dovrà pagare l’indennizzo. Ma s e il padrone si trova presente non deve restituire; se si tratta di una bestia presa a nolo la sua p erdita è compensata dal prezzo del noleggio. Quando un uomo seduce una vergine non ancora f idanzata e si corica con lei ne pagherà il prezzo nuziale e lei diverrà sua moglie. Se il padre di lei si rifiuta di dargliela egli dovrà versare una somma di denaro pari al prezzo nuziale delle vergini.
Non lascerai vivere colei che pratica la magia. Chiunque giaccia con una bestia sia messo a mort e. Colui che offre un sacrificio agli dèi anziché al solo Signore sarà votato allo sterminio. Non mo lesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltr atterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti quando invocherà da me l’aiuto io darò ascolto al suo grido la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vo stri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo all’indigente che sta con te non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il m antello del tuo prossimo glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola copert
a è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti quando griderà v erso di me io l’ascolterò, perché io sono pietoso. Non bestemmierai Dio e non maledirai il capo del tuo popolo. Non ritarderai l’offerta di ciò che riempie il tuo granaio e di ciò che stilla dal tuo frantoio. Il primogenito dei tuoi figli lo darai a me. Così farai per il tuo bue e per il tuo bestiame minuto: sette giorni resterà con sua madre l’ottavo giorno lo darai a me. Voi sarete per me uom ini santi: non mangerete la carne di una bestia sbranata nella campagna, ma la getterete ai cani.
Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per far da testimone in favore di u n’ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo così da star e con la maggioranza per ledere il diritto. Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo. Q
uando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi glieli dovrai ricondurre. Quando v edrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico. Non ledere il diritto del tuo povero nel suo processo. Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l’innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole
. Non accetterai doni perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti. Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero perché siete stati f orestieri in terra d’Egitto. Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà consumato dalle bestie selvatiche. Così farai per la tua vigna e per il tuo oliveto. Per sei giorni farai i tuoi lavori ma nel settimo giorno farai riposo perché possano goder e quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero. Farete attenzione a quanto vi ho detto: non pronunciate il nome di altri dèi; non si senta sulla tua boc ca! Tre volte all’anno farai festa in mio onore. Osserverai la festa degli Azzimi: per sette giorni m angerai azzimi come ti ho ordinato, nella ricorrenza del mese di Abìb perché in esso sei uscito d all’Egitto. Non si dovrà comparire davanti a me a mani vuote. Osserverai la festa della mietitura cioè dei primi frutti dei tuoi lavori di semina nei campi e poi al termine dell’anno la festa del rac colto quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi. Tre volte all’anno ogni tuo maschio c omparirà alla presenza del Signore Dio. Non offrirai con pane lievitato il sangue del sacrificio in mio onore e il grasso della vittima per la mia festa non dovrà restare fino al mattino. Il meglio d elle primizie del tuo suolo lo porterai alla casa del Signore tuo Dio. Non farai cuocere un caprett o nel latte di sua madre. Ecco io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza da’ ascolto alla sua vo ce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione perché il mio nome è in lui. Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò io sarò il nemico dei tuoi nemici e l’av versario dei tuoi avversari. Quando il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare press o l’Amorreo l’Ittita il Perizzita il Cananeo l’Eveo e il Gebuseo e io li distruggerò, tu non ti prostre rai davanti ai loro dèi e non li servirai; tu non ti comporterai secondo le loro opere ma dovrai de molire e frantumare le loro stele. Voi servirete il Signore vostro Dio. Egli benedirà il tuo pane e l a tua acqua. Terrò lontana da te la malattia. Non vi sarà nella tua terra donna che abortisca o ch
e sia sterile. Ti farò giungere al numero completo dei tuoi giorni. Manderò il mio terrore davanti a te e metterò in rotta ogni popolo in mezzo al quale entrerai; farò voltare le spalle a tutti i tuoi nemici davanti a te. Manderò i calabroni davanti a te ed essi scacceranno dalla tua presenza l’E
veo, il Cananeo e l’Ittita. Non li scaccerò dalla tua presenza in un solo anno, perché non resti de serta la terra e le bestie selvatiche si moltiplichino contro di te. Li scaccerò dalla tua presenza a poco a poco finché non avrai tanti discendenti da occupare la terra. Stabilirò il tuo confine dal Mar Rosso fino al mare dei Filistei e dal deserto fino al Fiume perché ti consegnerò in mano gli a bitanti della terra e li scaccerò dalla tua presenza. Ma tu non farai alleanza con loro e con i loro dèi; essi non abiteranno più nella tua terra altrimenti ti farebbero peccare contro di me perché t u serviresti i loro dèi e ciò diventerebbe una trappola per te». Il Signore disse a Mosè: «Sali vers o il Signore tu e Aronne Nadab e Abiu e settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano solo Mosè si avvicinerà al Signore: gli altri non si avvicinino e il popolo non salga con lui». Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a u na sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato noi li eseguiremo!». Mosè s crisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire oloca usti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’allean za e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore lo eseguiremo e vi pr esteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo dicendo: «Ecco il sangue dell’all eanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!». Mosè salì con Aron ne Nadab Abiu e i settanta anziani d’Israele. Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era c ome un pavimento in lastre di zaffìro limpido come il cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e bevvero. Il Signore disse a Mosè: «Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli». Mosè si mosse con Giosuè suo aiutante e Mosè salì sul monte di Dio. Agli a nziani aveva detto: «Restate qui ad aspettarci fin quando torneremo da voi; ecco avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro». Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte. La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì p er sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti. Il Sig nore parlò a Mosè dicendo: «Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un contributo. Lo racco glierete da chiunque sia generoso di cuore. Ed ecco che cosa raccoglierete da loro come contrib uto: oro argento e bronzo tessuti di porpora viola e rossa di scarlatto di bisso e di pelo di capra pelle di montone tinta di rosso, pelle di tasso e legno di acacia olio per l’illuminazione balsami p er l’olio dell’unzione e per l’incenso aromatico pietre di ònice e pietre da incastonare nell’ efod e nel pettorale. Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa s
econdo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi. Fa ranno dunque un’arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezz o di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro puro: dentro e fuori la rivestirai e l e farai intorno un bordo d’oro. Fonderai per essa quattro anelli d’oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell’arca per trasportare con esse l’arca. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell’arca: non verranno tolte di lì. Nell’arca collocherai l a Testimonianza che io ti darò. Farai il propiziatorio d’oro puro; avrà due cubiti e mezzo di lungh ezza e un cubito e mezzo di larghezza. Farai due cherubini d’oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del propiziatorio. Fa’ un cherubino a una estremità e un cherubino all’altra estre mità. Farete i cherubini alle due estremità del propiziatorio. I cherubini avranno le due ali spieg ate verso l’alto proteggendo con le ali il propiziatorio; saranno rivolti l’uno verso l’altro e le facc e dei cherubini saranno rivolte verso il propiziatorio. Porrai il propiziatorio sulla parte superiore dell’arca e collocherai nell’arca la Testimonianza che io ti darò. Io ti darò convegno in quel luogo
: parlerò con te da sopra il propiziatorio in mezzo ai due cherubini che saranno sull’arca della Te stimonianza dandoti i miei ordini riguardo agli Israeliti. Farai una tavola di legno di acacia: avrà due cubiti di lunghezza un cubito di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro pu ro e le farai attorno un bordo d’oro. Le farai attorno una cornice di un palmo e farai un bordo d’
oro per la cornice. Le farai quattro anelli d’oro e li fisserai ai quattro angoli che costituiranno i s uoi quattro piedi. Gli anelli saranno contigui alla cornice e serviranno a inserire le stanghe desti nate a trasportare la tavola. Farai le stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro; con esse si tr asporterà la tavola. Farai anche i suoi piatti coppe anfore e tazze per le libagioni: li farai d’oro p uro. Sulla tavola collocherai i pani dell’offerta: saranno sempre alla mia presenza. Farai anche u n candelabro d’oro puro. Il candelabro sarà lavorato a martello il suo fusto e i suoi bracci; i suoi calici i suoi bulbi e le sue corolle saranno tutti di un pezzo. Sei bracci usciranno dai suoi lati: tre bracci del candelabro da un lato e tre bracci del candelabro dall’altro lato. Vi saranno su di un br accio tre calici in forma di fiore di mandorlo con bulbo e corolla e così anche sull’altro braccio tr e calici in forma di fiore di mandorlo con bulbo e corolla. Così sarà per i sei bracci che usciranno dal candelabro. Il fusto del candelabro avrà quattro calici in forma di fiore di mandorlo con i lor o bulbi e le loro corolle: un bulbo sotto i due bracci che si dipartono da esso e un bulbo sotto i d ue bracci seguenti e un bulbo sotto gli ultimi due bracci che si dipartono da esso; così per tutti i sei bracci che escono dal candelabro. I bulbi e i relativi bracci saranno tutti di un pezzo: il tutto s arà formato da una sola massa d’oro puro lavorata a martello. Farai le sue sette lampade: vi si c ollocheranno sopra in modo da illuminare lo spazio davanti ad esso. I suoi smoccolatoi e i suoi p ortacenere saranno d’oro puro. Lo si farà con un talento di oro puro esso con tutti i suoi accesso ri. Guarda ed esegui secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte. Quanto alla Dimora l a farai con dieci teli di bisso ritorto di porpora viola di porpora rossa e di scarlatto. Vi farai figure di cherubini lavoro d’artista. La lunghezza di un telo sarà di ventotto cubiti; la larghezza di quatt
ro cubiti per un telo; la stessa dimensione per tutti i teli. Cinque teli saranno uniti l’uno all’altro e anche gli altri cinque saranno uniti l’uno all’altro. Farai cordoni di porpora viola sull’orlo del pr imo telo all’estremità della sutura; così farai sull’orlo del telo estremo nella seconda sutura. Far ai cinquanta cordoni al primo telo e farai cinquanta cordoni all’estremità della seconda sutura: i cordoni corrisponderanno l’uno all’altro. Farai cinquanta fibbie d’oro e unirai i teli l’uno all’altr o mediante le fibbie così la Dimora formerà un tutto unico. Farai poi teli di pelo di capra per la t enda sopra la Dimora. Ne farai undici teli. La lunghezza di un telo sarà di trenta cubiti; la larghez za di quattro cubiti per un telo; la stessa dimensione per gli undici teli. Unirai insieme cinque teli da una parte e sei teli dall’altra. Piegherai in due il sesto telo sulla parte anteriore della tenda. F
arai cinquanta cordoni sull’orlo del primo telo che è all’estremità della sutura e cinquanta cordo ni sull’orlo del telo della seconda sutura. Farai cinquanta fibbie di bronzo introdurrai le fibbie ne i cordoni e unirai insieme la tenda; così essa formerà un tutto unico. La parte che pende in ecce denza nei teli della tenda la metà cioè di un telo che sopravanza penderà sulla parte posteriore della Dimora. Il cubito in eccedenza da una parte come il cubito in eccedenza dall’altra parte nel senso della lunghezza dei teli della tenda ricadranno sui due lati della Dimora per coprirla da un a parte e dall’altra. Farai per la tenda una copertura di pelli di montone tinte di rosso e al di sop ra una copertura di pelli di tasso. Poi farai per la Dimora le assi di legno di acacia da porsi vertica li. La lunghezza di un’asse sarà dieci cubiti e un cubito e mezzo la larghezza. Ogni asse avrà due s ostegni congiunti l’uno all’altro da un rinforzo. Così farai per tutte le assi della Dimora. Farai dun que le assi per la Dimora: venti assi verso il mezzogiorno a sud. Farai anche quaranta basi d’arge nto sotto le venti assi due basi sotto un’asse per i suoi due sostegni e due basi sotto l’altra asse per i suoi due sostegni. Per il secondo lato della Dimora verso il settentrione venti assi, come an che le loro quaranta basi d’argento due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Per la pa rte posteriore della Dimora verso occidente farai sei assi. Farai inoltre due assi per gli angoli dell a Dimora sulla parte posteriore. Esse saranno formate ciascuna da due pezzi uguali abbinati e p erfettamente congiunti dal basso fino alla cima all’altezza del primo anello. Così sarà per ambed ue: esse formeranno i due angoli. Vi saranno dunque otto assi con le loro basi d’argento: sedici basi due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Farai inoltre traverse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato della Dimora e cinque traverse per le assi dell’altro lato della Dimor a e cinque traverse per le assi della parte posteriore verso occidente. La traversa mediana a me zza altezza delle assi le attraverserà da una estremità all’altra. Rivestirai d’oro le assi farai in oro i loro anelli, che serviranno per inserire le traverse e rivestirai d’oro anche le traverse. Costruirai la Dimora secondo la disposizione che ti è stata mostrata sul monte. Farai il velo di porpora viol a di porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto. Lo si farà con figure di cherubini lavoro d’artista
. Lo appenderai a quattro colonne di acacia rivestite d’oro munite di uncini d’oro e poggiate su quattro basi d’argento. Collocherai il velo sotto le fibbie e là nell’interno oltre il velo, introdurrai l’arca della Testimonianza. Il velo costituirà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei Sant i. Porrai il propiziatorio sull’arca della Testimonianza nel Santo dei Santi. Collocherai la tavola fu
ori del velo e il candelabro di fronte alla tavola sul lato meridionale della Dimora; collocherai la t avola sul lato settentrionale. Farai una cortina all’ingresso della tenda di porpora viola e di porp ora rossa di scarlatto e di bisso ritorto lavoro di ricamatore. Farai per la cortina cinque colonne di acacia e le rivestirai d’oro. I loro uncini saranno d’oro e fonderai per esse cinque basi di bronz o. Farai l’altare di legno di acacia: avrà cinque cubiti di lunghezza e cinque cubiti di larghezza. L’
altare sarà quadrato e avrà l’altezza di tre cubiti. Farai ai suoi quattro angoli quattro corni e cost ituiranno un sol pezzo con esso. Lo rivestirai di bronzo. Farai i suoi recipienti per raccogliere le c eneri le sue palette i suoi vasi per l’aspersione le sue forcelle e i suoi bracieri. Farai di bronzo tut ti questi accessori. Farai per esso una graticola di bronzo lavorato in forma di rete e farai sulla re te quattro anelli di bronzo alle sue quattro estremità. La porrai sotto la cornice dell’altare in bas so: la rete arriverà a metà dell’altezza dell’altare. Farai anche stanghe per l’altare: saranno stan ghe di legno di acacia e le rivestirai di bronzo. Si introdurranno queste stanghe negli anelli e le s tanghe saranno sui due lati dell’altare quando lo si trasporta. Lo farai di tavole vuoto nell’intern o: lo faranno come ti fu mostrato sul monte. Farai poi il recinto della Dimora. Sul lato meridiona le verso sud il recinto avrà tendaggi di bisso ritorto per la lunghezza di cento cubiti sullo stesso l ato. Vi saranno venti colonne con venti basi di bronzo. Gli uncini delle colonne e le loro aste tras versali saranno d’argento. Allo stesso modo sul lato rivolto a settentrione: tendaggi per cento c ubiti di lunghezza le relative venti colonne con le venti basi di bronzo gli uncini delle colonne e l e aste trasversali d’argento. La larghezza del recinto verso occidente avrà cinquanta cubiti di ten daggi con le relative dieci colonne e le dieci basi. La larghezza del recinto sul lato orientale verso levante sarà di cinquanta cubiti: quindici cubiti di tendaggi con le relative tre colonne e le tre b asi alla prima ala; all’altra ala quindici cubiti di tendaggi con le tre colonne e le tre basi. Alla port a del recinto vi sarà una cortina di venti cubiti lavoro di ricamatore di porpora viola porpora ross a scarlatto e bisso ritorto con le relative quattro colonne e le quattro basi. Tutte le colonne intor no al recinto saranno fornite di aste trasversali d’argento: i loro uncini saranno d’argento e le lo ro basi di bronzo. La lunghezza del recinto sarà di cento cubiti la larghezza di cinquanta, l’altezza di cinque cubiti: di bisso ritorto con le basi di bronzo. Tutti gli arredi della Dimora per tutti i suoi servizi e tutti i picchetti come anche i picchetti del recinto saranno di bronzo. Tu ordinerai agli I sraeliti che ti procurino olio puro di olive schiacciate per l’illuminazione per tener sempre acces a una lampada. Nella tenda del convegno al di fuori del velo che sta davanti alla Testimonianza Aronne e i suoi figli la prepareranno perché dalla sera alla mattina essa sia davanti al Signore: rit o perenne presso gli Israeliti di generazione in generazione. Fa’ avvicinare a te in mezzo agli Isra eliti Aronne tuo fratello e i suoi figli con lui perché siano miei sacerdoti: Aronne Nadab e Abiu El eàzaro e Itamàr figli di Aronne. Farai per Aronne tuo fratello abiti sacri per gloria e decoro. Parle rai a tutti gli artigiani più esperti che io ho riempito di uno spirito di saggezza ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione e per l’esercizio del sacerdozio in mio onore. E questi s ono gli abiti che faranno: il pettorale e l’ efod il manto la tunica ricamata il turbante e la cintura.
Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in m
io onore. Useranno oro porpora viola e porpora rossa scarlatto e bisso. Faranno l’ efod con oro porpora viola e porpora rossa scarlatto e bisso ritorto, artisticamente lavorati. Avrà due spalline attaccate alle due estremità e in tal modo formerà un pezzo ben unito. La cintura per fissarlo c he sta sopra di esso, sarà della stessa fattura e sarà d’un sol pezzo: sarà intessuta d’oro di porpo ra viola e porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Prenderai due pietre di ònice e inciderai su di e sse i nomi dei figli d’Israele: sei dei loro nomi sulla prima pietra e gli altri sei nomi sulla seconda pietra in ordine di nascita. Inciderai le due pietre con i nomi dei figli d’Israele seguendo l’arte de ll’intagliatore di pietre per l’incisione di un sigillo; le inserirai in castoni d’oro. Fisserai le due piet re sulle spalline dell’ efod come memoriale per i figli d’Israele; così Aronne porterà i loro nomi s ulle sue spalle davanti al Signore come un memoriale. Farai anche i castoni d’oro e due catene d
’oro puro in forma di cordoni con un lavoro d’intreccio; poi fisserai le catene a intreccio sui cast oni. Farai il pettorale del giudizio artisticamente lavorato di fattura uguale a quella dell’ efod: co n oro porpora viola porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Sarà quadrato doppio; avrà una span na di lunghezza e una spanna di larghezza. Lo coprirai con un’incastonatura di pietre preziose di sposte in quattro file. Prima fila: una cornalina un topazio e uno smeraldo; seconda fila: una tur chese uno zaffìro e un berillo; terza fila: un giacinto un’àgata e un’ametista; quarta fila: un crisòl ito un’ònice e un diaspro. Esse saranno inserite nell’oro mediante i loro castoni. Le pietre corris ponderanno ai nomi dei figli d’Israele: dodici secondo i loro nomi e saranno incise come sigilli ci ascuna con il nome corrispondente secondo le dodici tribù. Sul pettorale farai catene in forma d i cordoni lavoro d’intreccio d’oro puro. Sul pettorale farai anche due anelli d’oro e metterai i du e anelli alle estremità del pettorale. Metterai le due catene d’oro sui due anelli alle estremità de l pettorale. Quanto alle altre due estremità delle catene le fisserai sui due castoni e le farai pass are sulle due spalline dell’ efod nella parte anteriore. Farai due anelli d’oro e li metterai sulle du e estremità del pettorale sul suo bordo che è dall’altra parte dell’ efod verso l’interno. Farai due altri anelli d’oro e li metterai sulle due spalline dell’ efod in basso sul suo lato anteriore in vicina nza del punto di attacco al di sopra della cintura dell’ efod. Si legherà il pettorale con i suoi anell i agli anelli dell’ efod mediante un cordone di porpora viola perché stia al di sopra della cintura dell’ efod e perché il pettorale non si distacchi dall’ efod. Così Aronne porterà i nomi dei figli d’Is raele sul pettorale del giudizio sopra il suo cuore quando entrerà nel Santo come memoriale da vanti al Signore per sempre. Unirai al pettorale del giudizio gli urìm e i tummìm. Saranno così so pra il cuore di Aronne quando entrerà alla presenza del Signore: Aronne porterà il giudizio degli Israeliti sopra il suo cuore alla presenza del Signore per sempre. Farai il manto dell’ efod tutto di porpora viola con in mezzo la scollatura per la testa; il bordo attorno alla scollatura sarà un lavo ro di tessitore come la scollatura di una corazza che non si lacera. Farai sul suo lembo melagran e di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto intorno al suo lembo e in mezzo disporrai sona gli d’oro: un sonaglio d’oro e una melagrana un sonaglio d’oro e una melagrana intorno all’orlo i nferiore del manto. Aronne l’indosserà nelle funzioni sacerdotali e se ne sentirà il suono quando egli entrerà nel Santo alla presenza del Signore e quando ne uscirà. Così non morirà. Farai una l
amina d’oro puro e vi inciderai come su di un sigillo “Sacro al Signore”. L’attaccherai con un cor done di porpora viola al turbante sulla parte anteriore. Starà sulla fronte di Aronne; Aronne por terà il carico delle colpe che potranno commettere gli Israeliti in occasione delle offerte sacre d a loro presentate. Aronne la porterà sempre sulla sua fronte per attirare su di loro il favore del S
ignore. Tesserai la tunica di bisso. Farai un turbante di bisso e una cintura lavoro di ricamo. Per i figli di Aronne farai tuniche e cinture. Per loro farai anche berretti per gloria e decoro. Farai ind ossare queste vesti ad Aronne tuo fratello e ai suoi figli. Poi li ungerai darai loro l’investitura e li consacrerai perché esercitino il sacerdozio in mio onore. Farai loro inoltre calzoni di lino per cop rire la loro nudità dovranno arrivare dai fianchi fino alle cosce. Aronne e i suoi figli li indosseran no quando entreranno nella tenda del convegno o quando si avvicineranno all’altare per officiar e nel santuario perché non incorrano in una colpa che li farebbe morire. è una prescrizione pere nne per lui e per i suoi discendenti. Osserverai questo rito per consacrarli al mio sacerdozio. Pre ndi un giovenco e due arieti senza difetto; poi pani azzimi focacce azzime impastate con olio e s chiacciate azzime cosparse di olio: le preparerai con fior di farina di frumento. Le disporrai in un solo canestro e le offrirai nel canestro insieme con il giovenco e i due arieti. Farai avvicinare Ar onne e i suoi figli all’ingresso della tenda del convegno e li laverai con acqua. Prenderai le vesti e rivestirai Aronne della tunica del manto dell’ efod dell’ efod e del pettorale; lo cingerai con la cintura dell’ efod; gli porrai sul capo il turbante e fisserai il diadema sacro sopra il turbante. Poi prenderai l’olio dell’unzione lo verserai sul suo capo e lo ungerai. Quanto ai suoi figli li farai avvi cinare li rivestirai di tuniche; li cingerai con la cintura e legherai loro i berretti. Il sacerdozio appa rterrà loro per decreto perenne. Così darai l’investitura ad Aronne e ai suoi figli. Farai poi avvici nare il giovenco davanti alla tenda del convegno. Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla su a testa. Immolerai il giovenco davanti al Signore, all’ingresso della tenda del convegno. Prender ai parte del suo sangue e con il dito lo spalmerai sui corni dell’altare. Il resto del sangue lo verse rai alla base dell’altare. Prenderai tutto il grasso che avvolge le viscere il lobo del fegato i reni co n il grasso che vi è sopra e li farai ardere in sacrificio sull’altare. Ma la carne del giovenco la sua pelle e i suoi escrementi li brucerai fuori dell’accampamento perché si tratta di un sacrificio per il peccato. Prenderai poi uno degli arieti; Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa. I mmolerai l’ariete ne raccoglierai il sangue e lo spargerai intorno all’altare. Dividerai in pezzi l’ari ete ne laverai le viscere e le zampe e le disporrai sui quarti e sulla testa. Allora farai bruciare sull
’altare tutto l’ariete. è un olocausto in onore del Signore un profumo gradito un’offerta consum ata dal fuoco in onore del Signore. Prenderai il secondo ariete; Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa. Lo immolerai prenderai parte del suo sangue e ne porrai sul lobo dell’orec chio destro di Aronne sul lobo dell’orecchio destro dei suoi figli sul pollice della loro mano destr a e sull’alluce del loro piede destro; poi spargerai il sangue intorno all’altare. Prenderai di quest o sangue dall’altare e insieme un po’ d’olio dell’unzione e ne spruzzerai su Aronne e le sue vesti sui figli di Aronne e le loro vesti: così sarà consacrato lui con le sue vesti e insieme con lui i suoi f igli con le loro vesti. Prenderai il grasso dell’ariete: la coda il grasso che copre le viscere il lobo d
el fegato i due reni con il grasso che vi è sopra e la coscia destra perché è l’ariete dell’investitura
. Prenderai anche un pane rotondo una focaccia all’olio e una schiacciata dal canestro di azzimi deposto davanti al Signore. Metterai il tutto sulle palme di Aronne e sulle palme dei suoi figli e f arai compiere il rito di elevazione davanti al Signore. Riprenderai ogni cosa dalle loro mani e la f arai bruciare sull’altare insieme all’olocausto come profumo gradito davanti al Signore: è un’off erta consumata dal fuoco in onore del Signore. Prenderai il petto dell’ariete dell’investitura di A ronne e lo presenterai con rito di elevazione davanti al Signore: diventerà la tua porzione. Cons acrerai il petto con il rito di elevazione e la coscia con il rito di innalzamento prelevandoli dall’ari ete dell’investitura: saranno di Aronne e dei suoi figli. Dovranno appartenere ad Aronne e ai suo i figli come porzione loro riservata dagli Israeliti in forza di legge perenne. Perché è un prelevam ento un prelevamento cioè che gli Israeliti dovranno operare in tutti i loro sacrifici di comunione un prelevamento dovuto al Signore. Le vesti sacre di Aronne passeranno dopo di lui ai suoi figli che se ne rivestiranno per ricevere l’unzione e l’investitura. Quello dei figli di Aronne che gli suc cederà nel sacerdozio ed entrerà nella tenda del convegno per officiare nel santuario, porterà q ueste vesti per sette giorni. Poi prenderai l’ariete dell’investitura e ne cuocerai le carni in luogo santo. Aronne e i suoi figli mangeranno la carne dell’ariete e il pane contenuto nel canestro all’i ngresso della tenda del convegno. Mangeranno così ciò che sarà servito per compiere il rito espi atorio nel corso della loro investitura e consacrazione. Nessun estraneo ne deve mangiare perc hé sono cose sante. Nel caso che al mattino ancora restasse carne del sacrificio d’investitura e d el pane brucerai questo avanzo nel fuoco. Non lo si mangerà: è cosa santa. Farai dunque ad Aro nne e ai suoi figli quanto ti ho comandato. Per sette giorni compirai il rito dell’investitura. In cias cun giorno offrirai un giovenco in sacrificio per il peccato in espiazione; toglierai il peccato dall’a ltare compiendo per esso il rito espiatorio e in seguito lo ungerai per consacrarlo. Per sette gior ni compirai il rito espiatorio per l’altare e lo consacrerai. Diverrà allora una cosa santissima e qu anto toccherà l’altare sarà santo. Ecco ciò che tu offrirai sull’altare: due agnelli di un anno ogni giorno per sempre. Offrirai uno di questi agnelli al mattino il secondo al tramonto. Con il primo agnello offrirai un decimo di efa di fior di farina, impastata con un quarto di hin di olio puro e un a libagione di un quarto di hin di vino. Offrirai il secondo agnello al tramonto con un’oblazione e una libagione come quelle del mattino: profumo gradito offerta consumata dal fuoco in onore del Signore. Questo è l’olocausto perenne di generazione in generazione all’ingresso della tenda del convegno, alla presenza del Signore dove io vi darò convegno per parlarti. Darò convegno a gli Israeliti in questo luogo che sarà consacrato dalla mia gloria. Consacrerò la tenda del conveg no e l’altare. Consacrerò anche Aronne e i suoi figli perché esercitino il sacerdozio per me. Abite rò in mezzo agli Israeliti e sarò il loro Dio. Sapranno che io sono il Signore loro Dio che li ho fatti uscire dalla terra d’Egitto per abitare in mezzo a loro io il Signore loro Dio. Farai un altare sul qu ale bruciare l’incenso: lo farai di legno di acacia. Avrà un cubito di lunghezza e un cubito di largh ezza: sarà quadrato; avrà due cubiti di altezza e i suoi corni costituiranno un solo pezzo con esso
. Rivestirai d’oro puro il suo piano i suoi lati i suoi corni e gli farai intorno un bordo d’oro. Farai a
nche due anelli d’oro al di sotto del bordo sui due fianchi ponendoli cioè sui due lati opposti: ser viranno per inserire le stanghe destinate a trasportarlo. Farai le stanghe di legno di acacia e le ri vestirai d’oro. Porrai l’altare davanti al velo che nasconde l’arca della Testimonianza di fronte al propiziatorio che è sopra la Testimonianza dove io ti darò convegno. Aronne brucerà su di esso l
’incenso aromatico: lo brucerà ogni mattina quando riordinerà le lampade, e lo brucerà anche a l tramonto quando Aronne riempirà le lampade: incenso perenne davanti al Signore di generazi one in generazione. Non vi offrirete sopra incenso illegittimo né olocausto né oblazione né vi ve rserete libagione. Una volta all’anno Aronne compirà il rito espiatorio sui corni di esso: con il sa ngue del sacrificio espiatorio per il peccato compirà sopra di esso una volta all’anno il rito espiat orio di generazione in generazione. è cosa santissima per il Signore». Il Signore parlò a Mosè e g li disse: «Quando per il censimento conterai uno per uno gli Israeliti all’atto del censimento cias cuno di essi pagherà al Signore il riscatto della sua vita perché non li colpisca un flagello in occas ione del loro censimento. Chiunque verrà sottoposto al censimento pagherà un mezzo siclo con forme al siclo del santuario il siclo di venti ghera. Questo mezzo siclo sarà un’offerta prelevata i n onore del Signore. Ogni persona sottoposta al censimento dai venti anni in su, corrisponderà l
’offerta prelevata per il Signore. Il ricco non darà di più e il povero non darà di meno di mezzo si clo per soddisfare all’offerta prelevata per il Signore a riscatto delle vostre vite. Prenderai il den aro espiatorio ricevuto dagli Israeliti e lo impiegherai per il servizio della tenda del convegno. Es so sarà per gli Israeliti come un memoriale davanti al Signore per il riscatto delle vostre vite». Il Signore parlò a Mosè: «Farai per le abluzioni un bacino di bronzo con il piedistallo di bronzo; lo collocherai tra la tenda del convegno e l’altare e vi metterai acqua. Aronne e i suoi figli vi atting eranno per lavarsi le mani e i piedi. Quando entreranno nella tenda del convegno faranno un’ab luzione con l’acqua, perché non muoiano; così quando si avvicineranno all’altare per officiare p er bruciare un’offerta da consumare con il fuoco in onore del Signore si laveranno le mani e i pi edi e non moriranno. è una prescrizione rituale perenne per Aronne e per i suoi discendenti in t utte le loro generazioni». Il Signore parlò a Mosè: «Procù rati balsami pregiati: mirra vergine per il peso di cinquecento sicli; cinnamòmo profumato la metà cioè duecentocinquanta sicli; canna aromatica, duecentocinquanta; cassia cinquecento sicli conformi al siclo del santuario; e un hin d’olio d’oliva. Ne farai l’olio per l’unzione sacra un unguento composto secondo l’arte del profu miere: sarà l’olio per l’unzione sacra. Con esso ungerai la tenda del convegno l’arca della Testim onianza, la tavola e tutti i suoi accessori il candelabro con i suoi accessori l’altare dell’incenso l’a ltare degli olocausti e tutti i suoi accessori il bacino con il suo piedistallo. Consacrerai queste cos e che diventeranno santissime: tutto quello che verrà a contatto con esse sarà santo. Ungerai a nche Aronne e i suoi figli e li consacrerai perché esercitino il mio sacerdozio. Agli Israeliti dirai: “
Questo sarà per me l’olio dell’unzione sacra di generazione in generazione. Non si dovrà versare sul corpo di nessun uomo e di simile a questo non ne dovrete fare: è una cosa santa e santa la dovrete ritenere. Chi ne farà di simile a questo o ne porrà sopra un uomo estraneo sia eliminato dal suo popolo”». Il Signore disse a Mosè: «Procù rati balsami: storace ònice, gàlbano e incenso
puro: il tutto in parti uguali. Farai con essi un profumo da bruciare una composizione aromatica secondo l’arte del profumiere salata pura e santa. Ne pesterai un poco riducendola in polvere minuta e ne metterai davanti alla Testimonianza, nella tenda del convegno dove io ti darò conv egno. Cosa santissima sarà da voi ritenuta. Non farete per vostro uso alcun profumo di composi zione simile a quello che devi fare: lo riterrai una cosa santa in onore del Signore. Chi ne farà di simile per sentirne il profumo sia eliminato dal suo popolo». Il Signore parlò a Mosè e gli disse:
«Vedi ho chiamato per nome Besalèl figlio di Urì figlio di Cur della tribù di Giuda. L’ho riempito dello spirito di Dio perché abbia saggezza intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro per idea re progetti da realizzare in oro argento e bronzo, per intagliare le pietre da incastonare per scol pire il legno ed eseguire ogni sorta di lavoro. Ed ecco gli ho dato per compagno Ooliàb figlio di A chisamàc della tribù di Dan. Inoltre nel cuore di ogni artista ho infuso saggezza perché possano eseguire quanto ti ho comandato: la tenda del convegno l’arca della Testimonianza il propiziato rio sopra di essa e tutti gli accessori della tenda; la tavola con i suoi accessori il candelabro puro con i suoi accessori l’altare dell’incenso e l’altare degli olocausti con tutti i suoi accessori il bacin o con il suo piedistallo; le vesti ornamentali le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suo i figli per esercitare il sacerdozio; l’olio dell’unzione e l’incenso aromatico per il santuario. Essi e seguiranno quanto ti ho ordinato». Il Signore disse a Mosè: «Tu ora parla agli Israeliti e riferisci l oro: “Osserverete attentamente i miei sabati perché il sabato è un segno tra me e voi di genera zione in generazione perché si sappia che io sono il Signore che vi santifica. Osserverete dunque il sabato perché per voi è santo. Chi lo profanerà sia messo a morte; chiunque in quel giorno fa rà qualche lavoro sia eliminato dal suo popolo. Per sei giorni si lavori ma il settimo giorno vi sarà riposo assoluto sacro al Signore. Chiunque farà un lavoro in giorno di sabato sia messo a morte.
Gli Israeliti osserveranno il sabato festeggiando il sabato nelle loro generazioni come un’alleanz a perenne. Esso è un segno perenne fra me e gli Israeliti: infatti il Signore in sei giorni ha fatto il cielo e la terra ma nel settimo ha cessato e ha preso respiro”». Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai gli diede le due tavole della Testimonianza tavole di pietra scri tte dal dito di Dio. Il popolo vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte fece ressa intorno ad Aronne e gli disse: «Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa perché a Mosè, quell’uo mo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto». Aronne rispo se loro: «Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli i vostri figli e le vostre f iglie e portateli a me». Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio o Israele colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Eg itto!». Ciò vedendo Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto offrirono olocausti e presentarono sacrific i di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere poi si alzò per darsi al divertimento. Allor a il Signore disse a Mosè: «Va’ scendi perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitt o si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono
fatti un vitello di metallo fuso poi gli si sono prostrati dinanzi gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio Israele colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse in oltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che l a mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore suo Dio e disse: «Perché, Signore si accenderà la tua ira contro il tuo popolo c he hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo.
Ricòrdati di Abramo di Isacco di Israele tuoi servi ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “R
enderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutta questa terra di cui ho parlat o la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che av eva minacciato di fare al suo popolo. Mosè si voltò e scese dal monte con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati da una parte e dall’altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio scolpita sulle tavole. Giosuè sentì il rumore del popolo che u rlava e disse a Mosè: «C’è rumore di battaglia nell’accampamento». Ma rispose Mosè: «Non è il grido di chi canta: “Vittoria!”. Non è il grido di chi canta: “Disfatta!”. Il grido di chi canta a due c ori io sento». Quando si fu avvicinato all’accampamento vide il vitello e le danze. Allora l’ira di Mosè si accese: egli scagliò dalle mani le tavole spezzandole ai piedi della montagna. Poi afferrò il vitello che avevano fatto lo bruciò nel fuoco lo frantumò fino a ridurlo in polvere ne sparse la polvere nell’acqua e la fece bere agli Israeliti. Mosè disse ad Aronne: «Che cosa ti ha fatto quest o popolo perché tu l’abbia gravato di un peccato così grande?». Aronne rispose: «Non si accend a l’ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è incline al male. Mi dissero: “Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa perché a Mosè quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto”. Allora io dissi: “Chi ha dell’oro? Toglietevelo!”. E
ssi me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello». Mosè vide che il po polo non aveva più freno perché Aronne gli aveva tolto ogni freno così da farne oggetto di derisi one per i loro avversari. Mosè si pose alla porta dell’accampamento e disse: «Chi sta con il Signo re venga da me!». Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. Disse loro: «Dice il Signore il Dio d’I sraele: “Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una porta all’altra: uccida ognuno il proprio fratello ognuno il proprio amico ognuno il proprio vicino
”». I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uom ini del popolo. Allora Mosè disse: «Ricevete oggi l’investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi egli vi accordasse benedizione». Il giorno do po Mosè disse al popolo: «Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: f orse otterrò il perdono della vostra colpa». Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ma ora se tu perdonassi il loro peccat o… Altrimenti cancellami dal tuo libro che hai scritto!». Il Signore disse a Mosè: «Io cancellerò d al mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. E

cco il mio angelo ti precederà nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato». Il Signore colpì il popolo perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne. Il Signore parlò a Mosè: «Su sal i di qui tu e il popolo che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto verso la terra che ho promesso con giuramento ad Abramo a Isacco e a Giacobbe dicendo: “La darò alla tua discendenza”. Manderò davanti a te un angelo e scaccerò il Cananeo l’Amorreo l’Ittita il Perizzita l’Eveo e il Gebuseo. Va
’ pure verso la terra dove scorrono latte e miele. Ma io non verrò in mezzo a te per non doverti sterminare lungo il cammino perché tu sei un popolo di dura cervice». Il popolo udì questa trist e notizia e tutti fecero lutto: nessuno più indossò i suoi ornamenti. Il Signore disse a Mosè: «Rif erisci agli Israeliti: “Voi siete un popolo di dura cervice; se per un momento io venissi in mezzo a te io ti sterminerei. Ora togliti i tuoi ornamenti, così saprò che cosa dovrò farti”». Gli Israeliti si spogliarono dei loro ornamenti dal monte Oreb in poi. Mosè prendeva la tenda e la piantava fu ori dell’accampamento a una certa distanza dall’accampamento e l’aveva chiamata tenda del co nvegno; appunto a questa tenda del convegno posta fuori dell’accampamento si recava chiunq ue volesse consultare il Signore. Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda tutto il popolo si alz ava in piedi stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: seguivano con lo sguardo Mosè finché non fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda e parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube c he stava all’ingresso della tenda e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della pr opria tenda. Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico. Po i questi tornava nell’accampamento mentre il suo inserviente il giovane Giosuè figlio di Nun non si allontanava dall’interno della tenda. Mosè disse al Signore: «Vedi tu mi ordini: “Fa’ salire que sto popolo” ma non mi hai indicato chi manderai con me; eppure hai detto: “Ti ho conosciuto p er nome, anzi hai trovato grazia ai miei occhi”. Ora se davvero ho trovato grazia ai tuoi occhi ind icami la tua via così che io ti conosca e trovi grazia ai tuoi occhi; considera che questa nazione è il tuo popolo». Rispose: «Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo». Riprese: «Se il tuo vol to non camminerà con noi, non farci salire di qui. Come si saprà dunque che ho trovato grazia ai tuoi occhi io e il tuo popolo se non nel fatto che tu cammini con noi? Così saremo distinti io e il tuo popolo da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra». Disse il Signore a Mosè: «Anche qu anto hai detto io farò perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome». Gli di sse: «Mostrami la tua gloria!». Rispose: «Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclam erò il mio nome Signore davanti a te. A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver miseric ordia avrò misericordia». Soggiunse: «Ma tu non potrai vedere il mio volto perché nessun uomo può vedermi e restare vivo». Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia gloria io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finc hé non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle ma il mio volto non si può veder e». Il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tav ole le parole che erano sulle tavole di prima che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina
: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga
con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattin o e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato con le due tavole di pietra in mano
. Allora il Signore scese nella nube si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Sig nore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore il Signore Dio misericordioso e pietoso lento a ll’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni che perdona l a colpa la trasgressione e il peccato ma non lascia senza punizione che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi Signore che il Signore cammini in m ezzo a noi. Sì è un popolo di dura cervice ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ d i noi la tua eredità». Il Signore disse: «Ecco io stabilisco un’alleanza: in presenza di tutto il tuo p opolo io farò meraviglie quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: t utto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore perché terribile è quanto io sto per fare con te. Osserva dunque ciò che io oggi ti comando. Ecco io scaccerò davanti a te l’Amo rreo il Cananeo l’Ittita il Perizzita l’Eveo e il Gebuseo. Guàrdati bene dal far alleanza con gli abita nti della terra nella quale stai per entrare perché ciò non diventi una trappola in mezzo a te. Anz i distruggerete i loro altari farete a pezzi le loro stele e taglierete i loro pali sacri. Tu non devi pr ostrarti ad altro dio perché il Signore si chiama Geloso: egli è un Dio geloso. Non fare alleanza c on gli abitanti di quella terra altrimenti quando si prostituiranno ai loro dèi e faranno sacrifici ai loro dèi inviteranno anche te: tu allora mangeresti del loro sacrificio. Non prendere per mogli d ei tuoi figli le loro figlie altrimenti quando esse si prostituiranno ai loro dèi indurrebbero anche i tuoi figli a prostituirsi ai loro dèi. Non ti farai un dio di metallo fuso. Osserverai la festa degli Azz imi. Per sette giorni mangerai pane azzimo come ti ho comandato nel tempo stabilito del mese di Abìb: perché nel mese di Abìb sei uscito dall’Egitto. Ogni essere che nasce per primo dal seno materno è mio: ogni tuo capo di bestiame maschio primo parto del bestiame grosso e minuto. R
iscatterai il primo parto dell’asino mediante un capo di bestiame minuto e se non lo vorrai risca ttare gli spaccherai la nuca. Ogni primogenito dei tuoi figli lo dovrai riscattare. Nessuno venga d avanti a me a mani vuote. Per sei giorni lavorerai ma nel settimo riposerai; dovrai riposare anch e nel tempo dell’aratura e della mietitura. Celebrerai anche la festa delle Settimane la festa cioè delle primizie della mietitura del frumento e la festa del raccolto al volgere dell’anno. Tre volte all’anno ogni tuo maschio compaia alla presenza del Signore Dio Dio d’Israele. Perché io scaccerò le nazioni davanti a te e allargherò i tuoi confini; così quando tu tre volte all’anno salirai per c omparire alla presenza del Signore tuo Dio nessuno potrà desiderare di invadere la tua terra. Non sacrificherai con pane lievitato il sangue della mia vittima sacrificale; la vittima sacrificale del la festa di Pasqua non dovrà restare fino al mattino. Porterai alla casa del Signore tuo Dio il meg lio delle primizie della tua terra. Non cuocerai un capretto nel latte di sua madre». Il Signore dis se a Mosè: «Scrivi queste parole perché sulla base di queste parole io ho stabilito un’alleanza co n te e con Israele». Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza le dieci parole. Quando Mosè scese dal monte Sinai –
le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal mo nte –
non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante poiché aveva conversato con lui. M
a Aronne e tutti gli Israeliti vedendo che la pelle del suo viso era raggiante ebbero timore di avvi cinarsi a lui. Mosè allora li chiamò e Aronne con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè p arlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai. Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro si pose un velo sul vi so. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui Mosè si toglieva il velo fin quando non fosse uscito. Una volta uscito riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato. Gli Israeliti guar dando in faccia Mosè vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il vel o sul viso fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore. Mosè radunò tutta la c omunità degli Israeliti e disse loro: «Queste sono le cose che il Signore ha comandato di fare: Pe r sei giorni si lavorerà ma il settimo sarà per voi un giorno santo un giorno di riposo assoluto sac ro al Signore. Chiunque in quel giorno farà qualche lavoro sarà messo a morte. In giorno di saba to non accenderete il fuoco in nessuna delle vostre dimore». Mosè disse a tutta la comunità de gli Israeliti: «Il Signore ha comandato: “Prelevate su quanto possedete un contributo per il Signo re”. Quanti hanno cuore generoso portino questo contributo per il Signore: oro argento e bronz o tessuti di porpora viola e rossa di scarlatto di bisso e di pelo di capra pelli di montone tinte di r osso, pelli di tasso e legno di acacia olio per l’illuminazione balsami per l’olio dell’unzione e per l
’incenso aromatico pietre di ònice e pietre da incastonare nell’ efod e nel pettorale. Tutti gli arti sti che sono tra voi vengano ed eseguano quanto il Signore ha comandato: la Dimora la sua ten da la sua copertura le sue fibbie le sue assi le sue traverse le sue colonne e le sue basi, l’arca e l e sue stanghe il propiziatorio e il velo che lo nasconde, la tavola con le sue stanghe e tutti i suoi accessori e i pani dell’offerta, il candelabro per illuminare con i suoi accessori le sue lampade e l
’olio per l’illuminazione l’altare dell’incenso con le sue stanghe l’olio dell’unzione e l’incenso aro matico la cortina d’ingresso alla porta della Dimora, l’altare degli olocausti con la sua graticola d i bronzo le sue sbarre e tutti i suoi accessori il bacino con il suo piedistallo i tendaggi del recinto le sue colonne e le sue basi e la cortina alla porta del recinto i picchetti della Dimora i picchetti del recinto e le loro corde le vesti ornamentali per officiare nel santuario le vesti sacre per il sac erdote Aronne e le vesti dei suoi figli per esercitare il sacerdozio». Allora tutta la comunità degli Israeliti si ritirò dalla presenza di Mosè. Quanti erano di cuore generoso ed erano mossi dal loro spirito vennero a portare il contributo per il Signore per la costruzione della tenda del convegno per tutti i suoi oggetti di culto e per le vesti sacre. Vennero uomini e donne quanti erano di cuo re generoso e portarono fermagli pendenti anelli collane ogni sorta di gioielli d’oro: quanti vole vano presentare un’offerta d’oro al Signore la portarono. Quanti si trovavano in possesso di tes suti di porpora viola e rossa di scarlatto di bisso di pelo di capra di pelli di montone tinte di ross
o e di pelli di tasso ne portarono. Quanti potevano offrire un contributo in argento o bronzo, lo portarono al Signore. Coloro che si trovavano in possesso di legno di acacia per qualche opera d ella costruzione ne portarono. Inoltre tutte le donne esperte filarono con le mani e portarono fil ati di porpora viola e rossa di scarlatto e di bisso. Tutte le donne che erano di cuore generoso se condo la loro abilità filarono il pelo di capra. I capi portarono le pietre di ònice e le pietre prezio se da incastonare nell’ efod e nel pettorale balsami e olio per l’illuminazione per l’olio dell’unzio ne e per l’incenso aromatico. Così tutti uomini e donne che erano di cuore disposto a portare q ualche cosa per la costruzione che il Signore per mezzo di Mosè aveva comandato di fare la port arono: gli Israeliti portarono la loro offerta spontanea al Signore. Mosè disse agli Israeliti: «Vede te il Signore ha chiamato per nome Besalèl figlio di Urì figlio di Cur della tribù di Giuda. L’ha rie mpito dello spirito di Dio perché egli abbia saggezza intelligenza e scienza in ogni genere di lavo ro per ideare progetti da realizzare in oro argento bronzo per intagliare le pietre da incastonare per scolpire il legno ed eseguire ogni sorta di lavoro artistico. Gli ha anche messo nel cuore il do no di insegnare e così anche ha fatto con Ooliàb figlio di Achisamàc della tribù di Dan. Li ha riem piti di saggezza per compiere ogni genere di lavoro d’intagliatore di disegnatore di ricamatore in porpora viola, in porpora rossa in scarlatto e in bisso e di tessitore: capaci di realizzare ogni sort a di lavoro e di ideare progetti». Besalèl Ooliàb e tutti gli artisti che il Signore aveva dotati di sag gezza e d’intelligenza per eseguire i lavori della costruzione del santuario fecero ogni cosa secon do ciò che il Signore aveva ordinato. Mosè chiamò Besalèl Ooliàb e tutti gli artisti nel cuore dei quali il Signore aveva messo saggezza quanti erano portati a prestarsi per l’esecuzione dei lavori
. Essi ricevettero da Mosè ogni contributo portato dagli Israeliti per il lavoro della costruzione d el santuario. Ma gli Israeliti continuavano a portare ogni mattina offerte spontanee. Allora tutti gli artisti che eseguivano i lavori per il santuario lasciarono il lavoro che ciascuno stava facendo e dissero a Mosè: «Il popolo porta più di quanto è necessario per il lavoro che il Signore ha ordi nato». Mosè allora ordinò di diffondere nell’accampamento questa voce: «Nessuno uomo o do nna offra più alcuna cosa come contributo per il santuario». Così si impedì al popolo di portare altre offerte; perché il materiale era sufficiente anzi sovrabbondante per l’esecuzione di tutti i l avori. Tutti gli artisti addetti ai lavori fecero la Dimora. Besalèl la fece con dieci teli di bisso ritort o di porpora viola di porpora rossa e di scarlatto. La fece con figure di cherubini artisticamente l avorati. La lunghezza di ciascun telo era ventotto cubiti; la larghezza quattro cubiti per ciascun t elo; la stessa dimensione per tutti i teli. Unì cinque teli l’uno all’altro e anche i cinque altri teli u nì l’uno all’altro. Fece cordoni di porpora viola sull’orlo del primo telo all’estremità della sutura e fece la stessa cosa sull’orlo del telo estremo nella seconda sutura. Fece cinquanta cordoni al p rimo telo e fece anche cinquanta cordoni all’estremità del telo della seconda sutura: i cordoni c orrispondevano l’uno all’altro. Fece cinquanta fibbie d’oro e unì i teli l’uno all’altro mediante le fibbie; così la Dimora formò un tutto unico. Fece poi teli di peli di capra per la tenda sopra la Di mora. Fece undici teli. La lunghezza di un telo era trenta cubiti; la larghezza quattro cubiti per u n telo; la stessa dimensione per gli undici teli. Unì insieme cinque teli a parte e sei teli a parte. F

ece cinquanta cordoni sull’orlo del telo della seconda sutura. Fece cinquanta fibbie di bronzo pe r unire insieme la tenda così da formare un tutto unico. Fece poi per la tenda una copertura di p elli di montone tinte di rosso e al di sopra una copertura di pelli di tasso. Fece per la Dimora assi di legno di acacia verticali. Dieci cubiti la lunghezza di un’asse e un cubito e mezzo la larghezza.
Ogni asse aveva due sostegni, congiunti l’uno all’altro da un rinforzo. Così fece per tutte le assi della Dimora. Fece dunque le assi per la Dimora: venti assi sul lato verso il mezzogiorno a sud. F
ece anche quaranta basi d’argento sotto le venti assi due basi sotto un’asse, per i suoi due soste gni e due basi sotto l’altra asse per i suoi due sostegni. Per il secondo lato della Dimora verso il s ettentrione fece venti assi e le loro quaranta basi d’argento due basi sotto un’asse e due basi so tto l’altra asse. Per la parte posteriore della Dimora verso occidente fece sei assi. Fece inoltre d ue assi per gli angoli della Dimora nella parte posteriore. Esse erano formate ciascuna da due pe zzi uguali, abbinati e perfettamente congiunti dal basso fino alla cima all’altezza del primo anell o. Così fece per ambedue: esse vennero a formare i due angoli. C’erano dunque otto assi con le loro basi d’argento: sedici basi due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Fece inoltre tr averse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato della Dimora, cinque traverse per le assi d ell’altro lato della Dimora e cinque traverse per le assi della parte posteriore verso occidente. Fe ce la traversa mediana che a mezza altezza delle assi le attraversava da un’estremità all’altra. Ri vestì d’oro le assi fece in oro i loro anelli per inserire le traverse e rivestì d’oro anche le traverse.
Fece il velo di porpora viola e di porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto. Lo fece con figure d i cherubini lavoro d’artista. Fece per esso quattro colonne di acacia le rivestì d’oro; anche i loro uncini erano d’oro e fuse per esse quattro basi d’argento. Fecero poi una cortina per l’ingresso della tenda di porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto lavoro di ricamator e e le sue cinque colonne con i loro uncini. Rivestì d’oro i loro capitelli e le loro aste trasversali e fece le loro cinque basi di bronzo. Besalèl fece l’arca di legno di acacia: aveva due cubiti e mezz o di lunghezza un cubito e mezzo di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestì d’oro puro, dentro e fuori. Le fece intorno un bordo d’oro. Fuse per essa quattro anelli d’oro e li fissò ai suo i quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. Fece stanghe di legno di acacia e le rivestì d’oro. Introdusse le stanghe negli anelli sui due lati dell’arca per trasportare l’arca. Fece il propiziatorio d’oro puro: aveva due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezz a. Fece due cherubini d’oro; li fece lavorati a martello sulle due estremità del propiziatorio: un c herubino a una estremità e un cherubino all’altra estremità. Fece i cherubini tutti d’un pezzo co n il propiziatorio posti alle sue due estremità. I cherubini avevano le due ali spiegate verso l’alto proteggendo con le ali il propiziatorio; erano rivolti l’uno verso l’altro e le facce dei cherubini er ano rivolte verso il propiziatorio. Fece la tavola di legno di acacia: aveva due cubiti di lunghezza un cubito di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestì d’oro puro e le fece attorno un bor do d’oro. Le fece attorno una cornice di un palmo e un bordo d’oro per la cornice. Fuse per essa quattro anelli d’oro e li fissò ai quattro angoli che costituivano i suoi quattro piedi. Gli anelli era no fissati alla cornice e servivano per inserire le stanghe destinate a trasportare la tavola. Fece l
e stanghe di legno di acacia per trasportare la tavola e le rivestì d’oro. Fece anche gli accessori d ella tavola: piatti coppe anfore e tazze per le libagioni; li fece di oro puro. Fece il candelabro d’o ro puro; lo fece lavorato a martello il suo fusto e i suoi bracci; i suoi calici i suoi bulbi e le sue cor olle facevano corpo con esso. Sei bracci uscivano dai suoi lati: tre bracci del candelabro da un la to e tre bracci del candelabro dall’altro. Vi erano su un braccio tre calici in forma di fiore di man dorlo con bulbo e corolla; anche sull’altro braccio tre calici in forma di fiore di mandorlo con bul bo e corolla. Così era per i sei bracci che uscivano dal candelabro. Il fusto del candelabro aveva quattro calici in forma di fiore di mandorlo con i loro bulbi e le loro corolle: un bulbo sotto due bracci che si dipartivano da esso e un bulbo sotto i due bracci seguenti che si dipartivano da ess o e un bulbo sotto gli ultimi due bracci che si dipartivano da esso; così per tutti i sei bracci che u scivano dal candelabro. I bulbi e i relativi bracci facevano corpo con esso: il tutto era formato da una sola massa d’oro puro lavorata a martello. Fece le sue sette lampade i suoi smoccolatoi e i suoi portacenere d’oro puro. Impiegò un talento d’oro puro per il candelabro e per tutti i suoi a ccessori. Fece l’altare per bruciare l’incenso di legno di acacia; aveva un cubito di lunghezza e u n cubito di larghezza: era quadrato con due cubiti di altezza e i suoi corni costituivano un sol pez zo con esso. Rivestì d’oro puro il suo piano i suoi lati i suoi corni e gli fece intorno un orlo d’oro.
Fece anche due anelli d’oro sotto l’orlo sui due fianchi cioè sui due lati opposti per inserirvi le st anghe destinate a trasportarlo. Fece le stanghe di legno di acacia e le rivestì d’oro. Preparò l’oli o dell’unzione sacra e l’incenso aromatico puro opera di profumiere. Fece l’altare per gli olocau sti di legno di acacia: aveva cinque cubiti di lunghezza e cinque cubiti di larghezza: era quadrato con tre cubiti di altezza. Fece i corni ai suoi quattro angoli: i corni costituivano un sol pezzo con esso. Lo rivestì di bronzo. Fece anche tutti gli accessori dell’altare: i recipienti le palette i vasi pe r l’aspersione le forcelle e i bracieri; fece di bronzo tutti i suoi accessori. Fece per l’altare una gr aticola di bronzo lavorata a forma di rete e la pose sotto la cornice dell’altare in basso: la rete ar rivava a metà altezza dell’altare. Fuse quattro anelli e li pose alle quattro estremità della gratico la di bronzo per inserirvi le stanghe. Fece anche le stanghe di legno di acacia e le rivestì di bronz o. Introdusse le stanghe negli anelli sui lati dell’altare: servivano a trasportarlo. Fece l’altare di t avole vuoto all’interno. Fece il bacino di bronzo con il suo piedistallo di bronzo impiegandovi gli specchi delle donne che venivano a prestare servizio all’ingresso della tenda del convegno. Fece il recinto: sul lato meridionale verso sud il recinto aveva tendaggi di bisso ritorto, per la lunghez za di cento cubiti. C’erano le loro venti colonne con le venti basi di bronzo. Gli uncini delle colon ne e le loro aste trasversali erano d’argento. Anche sul lato rivolto a settentrione vi erano tenda ggi per cento cubiti di lunghezza le relative venti colonne con le venti basi di bronzo gli uncini delle colonne e le aste trasversali d’argento. Sul lato verso occidente c’erano cinquanta cubiti di tendaggi con le relative dieci colonne e le dieci basi, gli uncini delle colonne e le loro aste trasversali d’argento. Sul lato orientale, verso levante vi erano cinquanta cubiti: quindici cubiti di tendaggi con le relative tre colonne e le tre basi alla prima ala; quindici cubiti di tendaggi con le tre colonne e le tre basi all’altra ala. Le basi delle colonne erano di bronzo gli uncini delle colonne e le aste trasversali erano d’argent o; il rivestimento dei loro capitelli era d’argento e tutte le colonne del recinto erano collegate d a aste trasversali d’argento. Alla porta del recinto c’era una cortina lavoro di ricamatore di porp ora viola porpora rossa scarlatto e bisso ritorto; la sua lunghezza era di venti cubiti la sua altezz a nel senso della larghezza era di cinque cubiti come i tendaggi del recinto. Le colonne relative e rano quattro con le quattro basi di bronzo i loro uncini d’argento il rivestimento dei loro capitell i e le loro aste trasversali d’argento. Tutti i picchetti della Dimora e del recinto circostante erano di bronzo. Questo è il computo dei metalli impiegati per la Dimora la Dimora della Testimonian
za redatto su ordine di Mosè a opera dei leviti sotto la direzione di Itamàr figlio del sacerdote Ar onne. Besalèl figlio di Urì figlio di Cur della tribù di Giuda eseguì quanto il Signore aveva ordinat o a Mosè insieme con lui Ooliàb figlio di Achisamàc della tribù di Dan intagliatore decoratore e r icamatore di porpora viola porpora rossa scarlatto e bisso. Il totale dell’oro impiegato nella lavo razione cioè per tutto il lavoro del santuario – era l’oro presentato in offerta –
fu di ventinove talenti e settecentotrenta sicli, in sicli del santuario. L’argento raccolto in occasi one del censimento della comunità pesava cento talenti e millesettecentosettantacinque sicli in
sicli del santuario, cioè un beka a testa vale a dire mezzo siclo secondo il siclo del santuario, per ciascuno dei sottoposti al censimento dai vent’anni in su. Erano seicentotremilacinquecentocinquanta. Cento talenti d’argento servirono a fondere le basi del santuario e le basi del velo: cent o basi per cento talenti cioè un talento per ogni base. Con i millesettecentosettantacinque sicli f ece gli uncini delle colonne rivestì i loro capitelli e le riunì con le aste trasversali. Il bronzo prese ntato in offerta assommava a settanta talenti e duemilaquattrocento sicli. Con esso fece le basi per l’ingresso della tenda del convegno l’altare di bronzo con la sua graticola di bronzo e tutti gli accessori dell’altare, le basi del recinto le basi della porta del recinto tutti i picchetti della Dimo ra e tutti i picchetti del recinto. Con porpora viola e porpora rossa e con scarlatto fecero le vesti liturgiche per officiare nel santuario. Fecero le vesti sacre di Aronne come il Signore aveva ordin ato a Mosè. Fecero l’ efod con oro porpora viola e porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Fecer o placche d’oro battuto e le tagliarono in strisce sottili per intrecciarle con la porpora viola la po rpora rossa lo scarlatto e il bisso lavoro d’artista. Fecero all’ efod due spalline che vennero attac cate alle sue due estremità in modo da formare un tutt’uno. La cintura che lo teneva legato e ch e stava sopra di esso era della stessa fattura ed era di un sol pezzo intessuta d’oro di porpora vi ola e porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto come il Signore aveva ordinato a Mosè. Lavorar ono le pietre di ònice, inserite in castoni d’oro incise con i nomi dei figli d’Israele secondo l’arte d’incidere i sigilli. Fissarono le due pietre sulle spalline dell’ efod, come memoriale per i figli d’Is raele come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero il pettorale lavoro d’artista come l’ efod: c on oro porpora viola, porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Era quadrato e lo fecero doppio; av eva una spanna di lunghezza e una spanna di larghezza. Lo coprirono con quattro file di pietre.
Prima fila: una cornalina un topazio e uno smeraldo; seconda fila: una turchese uno zaffìro e un berillo; terza fila: un giacinto un’àgata e un’ametista; quarta fila: un crisòlito un’ònice e un diasp Generated by https://countwordsfree[dot]com
ro. Esse erano inserite nell’oro mediante i loro castoni. Le pietre corrispondevano ai nomi dei fi gli d’Israele: dodici secondo i loro nomi; incise come i sigilli ciascuna con il nome corrispondente per le dodici tribù. Fecero sul pettorale catene in forma di cordoni lavoro d’intreccio d’oro puro
. Fecero due castoni d’oro e due anelli d’oro e misero i due anelli alle due estremità del pettoral e. Misero le due catene d’oro sui due anelli alle due estremità del pettorale. Quanto alle altre d ue estremità delle catene le fissarono sui due castoni e le fecero passare sulle spalline dell’ efod nella parte anteriore. Fecero due altri anelli d’oro e li collocarono alle due estremità del pettor ale sull’orlo che era dall’altra parte dell’ efod verso l’interno. Fecero due altri anelli d’oro e li po sero sulle due spalline dell’ efod in basso sul suo lato anteriore in vicinanza del punto di attacco al di sopra della cintura dell’ efod. Poi legarono il pettorale con i suoi anelli agli anelli dell’ efod mediante un cordone di porpora viola perché stesse al di sopra della cintura dell’ efod e il petto rale non si distaccasse dall’ efod come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero il manto dell’ ef od lavoro di tessitore tutto di porpora viola; la scollatura del manto in mezzo era come la scollat ura di una corazza: intorno aveva un bordo perché non si lacerasse. Fecero sul lembo del manto
melagrane di porpora viola, di porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto. Fecero sonagli d’oro puro e collocarono i sonagli in mezzo alle melagrane intorno all’orlo inferiore del manto: un son aglio e una melagrana un sonaglio e una melagrana lungo tutto il giro del lembo del manto per
officiare, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero le tuniche di bisso lavoro di tessitore p er Aronne e per i suoi figli; il turbante di bisso gli ornamenti dei berretti di bisso e i calzoni di lin o di bisso ritorto; la cintura di bisso ritorto di porpora viola di porpora rossa e di scarlatto, lavor o di ricamatore come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero la lamina il diadema sacro d’oro
puro e vi scrissero sopra a caratteri incisi, come un sigillo «Sacro al Signore». Vi fissarono un cor done di porpora viola, per porre il diadema sopra il turbante come il Signore aveva ordinato a M
osè. Così fu finito tutto il lavoro della Dimora della tenda del convegno. Gli Israeliti eseguirono o gni cosa come il Signore aveva ordinato a Mosè: così fecero. Portarono dunque a Mosè la Dimor
a la tenda e tutti i suoi accessori: le sue fibbie, le sue assi le sue traverse le sue colonne e le sue basi la copertura di pelli di montone tinte di rosso la copertura di pelli di tasso e il velo per far d a cortina; l’arca della Testimonianza con le sue stanghe e il propiziatorio; la tavola con tutti i suo i accessori e i pani dell’offerta; il candelabro d’oro puro con le sue lampade le lampade cioè che dovevano essere collocate sopra di esso con tutti i suoi accessori e l’olio per l’illuminazione; l’alt are d’oro l’olio dell’unzione, l’incenso aromatico e la cortina per l’ingresso della tenda; l’altare d i bronzo con la sua graticola di bronzo le sue stanghe e tutti i suoi accessori il bacino con il suo p iedistallo, i tendaggi del recinto le sue colonne le sue basi e la cortina per la porta del recinto le sue corde i suoi picchetti e tutti gli arredi del servizio della Dimora per la tenda del convegno; le vesti liturgiche per officiare nel santuario le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suoi f igli per l’esercizio del sacerdozio. Gli Israeliti avevano eseguito ogni lavoro come il Signore aveva ordinato a Mosè. Mosè vide tutta l’opera e riscontrò che l’avevano eseguita come il Signore av
eva ordinato. Allora Mosè li benedisse. Il Signore parlò a Mosè e gli disse: «Il primo giorno del p Generated by https://countwordsfree[dot]com
rimo mese erigerai la Dimora la tenda del convegno. Dentro vi collocherai l’arca della Testimoni anza davanti all’arca tenderai il velo. Vi introdurrai la tavola e disporrai su di essa ciò che vi deve essere disposto; introdurrai anche il candelabro e vi preparerai sopra le sue lampade. Metterai
l’altare d’oro per l’incenso davanti all’arca della Testimonianza e porrai infine la cortina all’ingre sso della tenda. Poi metterai l’altare degli olocausti di fronte all’ingresso della Dimora della tend a del convegno. Metterai il bacino fra la tenda del convegno e l’altare e vi porrai l’acqua. Dispor rai il recinto tutt’attorno e metterai la cortina alla porta del recinto. Poi prenderai l’olio dell’unzi one e ungerai con esso la Dimora e quanto vi sarà dentro e la consacrerai con tutti i suoi access ori; così diventerà cosa santa. Ungerai anche l’altare degli olocausti e tutti i suoi accessori; cons acrerai l’altare e l’altare diventerà cosa santissima. Ungerai anche il bacino con il suo piedistallo e lo consacrerai. Poi farai avvicinare Aronne e i suoi figli all’ingresso della tenda del convegno e l i farai lavare con acqua. Farai indossare ad Aronne le vesti sacre lo ungerai lo consacrerai e così egli eserciterà il mio sacerdozio. Farai avvicinare anche i suoi figli e farai loro indossare le tunich e. Li ungerai come avrai unto il loro padre e così eserciteranno il mio sacerdozio; in tal modo la l oro unzione conferirà loro un sacerdozio perenne per le loro generazioni». Mosè eseguì ogni co
sa come il Signore gli aveva ordinato: così fece. Nel secondo anno nel primo giorno del primo m
ese fu eretta la Dimora. Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi dispose le assi vi fissò le travers e e rizzò le colonne; poi stese la tenda sopra la Dimora e dispose al di sopra la copertura della te nda come il Signore gli aveva ordinato. Prese la Testimonianza la pose dentro l’arca mise le stan ghe all’arca e pose il propiziatorio sull’arca; poi introdusse l’arca nella Dimora collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza come il Signore aveva ordin ato a Mosè. Nella tenda del convegno collocò la tavola sul lato settentrionale della Dimora al di fuori del velo. Dispose su di essa il pane in focacce sovrapposte alla presenza del Signore come i l Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò inoltre il candelabro nella tenda del convegno di front e alla tavola sul lato meridionale della Dimora e vi preparò sopra le lampade davanti al Signore come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò poi l’altare d’oro nella tenda del convegno dava
nti al velo, e bruciò su di esso l’incenso aromatico come il Signore aveva ordinato a Mosè. Mise i nfine la cortina all’ingresso della Dimora. Poi collocò l’altare degli olocausti all’ingresso della Di mora della tenda del convegno e offrì su di esso l’olocausto e l’offerta come il Signore aveva ord inato a Mosè. Collocò il bacino fra la tenda del convegno e l’altare e vi mise dentro l’acqua per l e abluzioni. Mosè Aronne e i suoi figli si lavavano con essa le mani e i piedi: quando entravano n ella tenda del convegno e quando si accostavano all’altare essi si lavavano come il Signore avev a ordinato a Mosè. Infine eresse il recinto intorno alla Dimora e all’altare e mise la cortina alla p orta del recinto. Così Mosè terminò l’opera. Allora la nube coprì la tenda del convegno e la glori a del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno perché la nube
sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora. Per tutto il tempo del loro viaggio quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. Se la nube non si innalzava essi non partivano, finché non si fosse innalzata.

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In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’a bisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia l a luce!». E la luce fu. Dio vide che l a luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chia mò le tenebre notte. E fu ser a e fu mattina: giorno primo. Dio disse: «Sia un firmamento in mez zo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque ch e sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò i l firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. Di o disse: «Le acque che sono sotto i l cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la mas sa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «La te rra produca germogli erbe che producono seme e alberi da frutto che fanno sulla terra frutto c on il seme ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. E la terra produsse germogli erb e che producono seme ciascuna secondo la propria specie e albe ri che fanno ciascuno frutto con il seme secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona.
E fu sera e fu mattina: terzo giorno. Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo pe r separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste per i giorni e per gli anni e siano fonti di l uce nel firmamento del cielo p er illuminare la terra». E così avvenne. E Dio fece le due fonti di l uce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per gove r nare la notte e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per govern are il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio v ide che era cosa buona. E fu se ra e fu mattina: quarto giorno. Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino s opra la terra, davanti al firmame nto del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri v iventi che guizzano e brulicano nelle acque secondo la loro specie e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e ri empite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra»
. E fu sera e fu mattina: quinto giorno. Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame rettili e animali selvatici secondo la loro speci e». E così avvenne. Dio fece gli a nimali selvatici secondo la loro specie il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del su olo secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra i mmagine secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo sul bestiame su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uo mo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e fem mina li creò. Dio li benedisse e Di o disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cie lo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecc o io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che pro d uce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli
esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita io do in cibo ogni erba verde». E così avv enne. Dio vide quanto aveva fatto ed ecco era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto gi orno. Così furono portati a c ompimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio nel settimo giorno portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo la v oro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. Queste sono le origi ni del cielo e della terra quand o vennero creati. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campest re era sulla terra nessuna erba ca mpestre era spuntata perché il Signore Dio non aveva fatto pi overe sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo ma una polla d’acqua sgorgava dalla te rra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nel le sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. P
oi il Signore Dio piantò un giardino in Eden a oriente e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il S
ignore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi gra diti alla vista e buoni da mangiare e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Un fiu me usciva da Eden per irrigar e il giardino poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fi ume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla dove si trova l’oro e l’oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d’ònice. Il secondo fiume si chi ama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d’Etiopia.
Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo co ltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino ma dell’
albero della conoscenza del b ene e del male non devi mangiare perché nel giorno in cui tu ne mangerai certamente dovrai morire». E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: v oglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di ani mali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiam ati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi quello doveva esser e il suo nome. Così l’uomo im
pose nomi a tutto il bestiame a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici ma per l’uo mo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull
’uomo che si addormentò gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Di o formò con la costola che ave va tolta all’uomo una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uom o disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perc h é dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua mo glie, e i due saranno un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi l’

uomo e sua moglie e non provavano vergogna. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali sel vatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «è vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino n oi possiamo mangiare ma del fr utto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donn a:
«Non morirete affatto! Anzi Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri oc chi e sareste come Dio conoscendo il bene e il male». Allora l a donna vide che l’albero era buo no da mangiare gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò poi ne diede anch e al marito che era con lei e anch’egli ne mangiò. Allora si apriro no gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero c inture. Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza d el giorno e l’uomo con sua moglie si nascose dalla presenza d el Signore Dio in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avut o paura perché sono nudo e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fa tto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non m angiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?»
. Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il best iame e fra tutti gli animali selv atici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inim icizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidie rai il calcagno». Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore par t orirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà». All’uomo disse: «Poiché ha i ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne” maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore del tuo volto m angerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e i n polvere ritornerai!». L’uomo chiamò sua moglie Eva perché ella fu la madre di tutti i viventi. Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li ves tì. Poi il Signore Dio disse: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli n on stenda la mano e non prend
a anche dell’albero della vita ne mangi e viva per sempre!». Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacci ò l’uomo e pose a oriente del gia rdino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante per custodire la via all’albero della vi ta. Adamo conobbe Eva sua m oglie che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uom
o grazie al Signore». Poi partorì ancora Abele suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi men t re Caino era lavoratore del suolo. Trascorso del tempo Caino presentò frutti del suolo come off erta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti de l suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritat o e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abba ttuto il tuo volto? Se agisci bene non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene il peccat o è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto e tu lo dominerai». Caino parlò al frat ello Abele. Mentre erano in campagna Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele tuo fratello?». Egli rispo se: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Ri prese: «Che hai fatto? La voce del sa ngue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lontano dal suolo che ha aperto la b occa per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo esso non ti d arà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Tropp o gr ande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nasco ndermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi uccid erà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». I l Signore impose a Caino un
segno perché nessuno incontrandolo lo colpisse. Caino si allontanò dal Signore e abitò nella regi one di Nod a oriente di Eden. Ora Caino conobbe sua moglie ch e concepì e partorì Enoc; poi divenne costruttore di una città che chiamò Enoc dal nome del figli o. A Enoc nacque Irad; Irad generò Mecuiaèl e Mecuiaèl generò Metusaèl e Metusaèl generò Lamec. Lamec si prese due mogli: una chiamata Ada e l’altra chiam ata Silla. Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano so tto le tende presso il bestiame. Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto. Silla a s ua volta partorì Tubal-Kain il fabbro padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro. La sorella di Tubal-Kain fu Naamà. Lamec disse alle mogli: «Ada e Silla ascoltate la mia voce; mogli di Lamec porget e l’orecchio al mio dire. Ho ucciso un uomo per una mia scalf ittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette»
. Adamo di nuovo conobbe sua moglie che partorì un figlio e lo chiamò Set. «Perché – disse –
Dio mi ha concesso un’altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l’ha ucciso». Anche a S
et nacque un figlio che chiamò Enos. A quel tempo si cominci
ò a invocare il nome del Signore. Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l’uomo lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femm ina li creò li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo avev a centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine seco ndo la sua somiglianza e lo chi amò Set. Dopo aver generato Set Adamo visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie. L’int era vita di Adamo fu di novecent otrenta anni; poi morì. Set aveva centocinque anni quando ge nerò Enos; dopo aver generato Enos Set visse ancora ottocentosette anni e generò figli e figlie.
L’in tera vita di Set fu di novecentododici anni; poi morì. Enos aveva novanta anni quando gener ò Kenan; Enos dopo aver generato Kenan visse ancora ottocentoqui ndici anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Enos fu di novecentocinque anni; poi morì. Kenan aveva settanta anni quando generò Maalalèl; Kenan, dopo av er generato Maalalèl visse ancora ottocentoquaranta anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Kenan fu di novecentodieci anni; p oi morì. Maalalèl aveva sessa ntacinque anni quando generò Iered; Maalalèl dopo aver generat o Iered visse ancora ottocentotrenta anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Maalalèl fu di ott ocentonovantacinque anni; poi morì. Iered aveva centosessantadue anni quando generò Enoc; I ered dopo aver generato Enoc visse ancora ottocento anni e gener ò figli e figlie. L’intera vita di Iered fu di novecentosessantadue anni; poi morì. Enoc aveva sessa ntacinque anni quando generò Matusalemme. Enoc camminò c
on Dio; dopo aver generato Matusalemme visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie.
L’intera vita di Enoc fu di trecentosessantacinque anni. Enoc ca mminò con Dio poi scomparve p erché Dio l’aveva preso. Matusalemme aveva centoottantasette anni quando generò Lamec; M
atusalemme dopo aver generato
Lamec visse ancora settecentoottantadue anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Matusalem me fu di novecentosessantanove anni; poi morì. Lamec aveva cen toottantadue anni quando generò un figlio e lo chiamò Noè dicendo: «Costui ci consolerà del no stro lavoro e della fatica delle nostre mani a causa del suolo che il Signore ha maledetto». Lame c dopo aver generato Noè visse ancora cinquecentonovantacinque anni e generò figli e figlie. L’i ntera vita di Lamec fu di settece ntosettantasette anni; poi morì. Noè aveva cinquecento anni q uando generò Sem Cam e Iafet. Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nac qu
ero loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mo gli a loro scelta. Allora il Signore disse: «Il mio spirito non res terà sempre nell’uomo perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». C’erano sulla terra i giganti a quei tempi –
e anche dopo –

quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono qu esti gli eroi dell’antichità uomini famosi. Il Signore vide che l a malvagità degli uomini era grand e sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo s ulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Canceller ò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli u cc elli del cielo perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. Que sta è la discendenza di Noè. Noè era uomo giusto e integro tr a i suoi contemporanei e cammina va con Dio. Noè generò tre figli: Sem Cam e Iafet. Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. Dio guardò la ter ra ed ecco essa era corrotta perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra. Allora Dio disse a Noè: «è venuta per me la fine di ogni uomo, perché l a terra per causa loro è piena di violenza; ecco io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un’arc a di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la sp almerai di bitume dentro e fuori.
Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la port a dell’arca. La farai a piani: inferiore medio e superiore. Ecco io sto per mandare il diluvio cioè le acque sulla terra per distruggere sotto il cielo ogni carne in cui c’è soffio di vita; quanto è sulla t erra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell
’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive di ogni carne intro durrai nell’arca due di ogni specie per conservarli in vita con te
: siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la loro specie del bestiame secondo la propria specie e di tutti i rettili del suolo secondo la loro specie due di o gnuna verranno con te per esse re conservati in vita. Quanto a te prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e fanne provvista: sarà di nutrimento per te e per loro». Noè eseguì ogni cosa come Dio gli aveva comandato: così fece.
Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dina nzi a me in questa generazione. Di ogni animale puro prendine con te sette paia il maschio e la s ua femmina; degli animali che non sono puri un paio il maschio e la sua femmina. Anche degli u ccelli del cielo sette paia maschio e femmina per conservarne in vita la razza su tutta la terra. Pe rché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; cancellerò dall a terra ogni essere che ho fatto». Noè fece quanto il Signore gli aveva comandato. Noè aveva se icento anni quando venne il diluvio cioè le acque sulla terra. Noè entrò nell’arca e con lui i suoi f igli sua moglie e le mogli dei suoi figli per sottrarsi alle acque del diluvio. Degli animali puri e di q uelli impuri degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo un maschio e una femmina e ntrarono a due a due nell’arca come Dio aveva comandato a Noè. Dopo sette giorni le acque del diluvio furono sopra la terra; nell’anno seicentesimo della vita di Noè nel secondo mese il dicias sette del mese in quello stesso giorno eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratt e del cielo si aprirono. Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti. In quell o stesso giorno entrarono nell’arca Noè con i figli Sem Cam e Iafet la moglie di Noè, le tre mogli
dei suoi tre figli; essi e tutti i viventi secondo la loro specie e tutto il bestiame secondo la propri a specie e tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo la loro specie tutti i volatili secondo la l oro specie tutti gli uccelli tutti gli esseri alati. Vennero dunque a Noè nell’arca a due a due di og ni carne in cui c’è il soffio di vita. Quelli che venivano maschio e femmina d’ogni carne entraron o come gli aveva comandato Dio. Il Signore chiuse la porta dietro di lui. Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l’arca che s’innalzò sulla terra. Le acque furon o travolgenti e crebbero molto sopra la terra e l’arca galleggiava sulle acque. Le acque furono se mpre più travolgenti sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo.
Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto. Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra uccelli bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici cioè quanto era sulla terra asciu tta morì. Così fu cancellato ogni essere che era sulla terra: dagli uomini agli animali domestici ai rettili e agli uccelli del cielo; essi furono cancellati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con l ui nell’arca. Le acque furono travolgenti sopra la terra centocinquanta giorni. Dio si ricordò di N
oè di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano con lui nell’arca. Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si abbassarono. Le fonti dell’abisso e le cateratte del cielo furono ch iuse e fu trattenuta la pioggia dal cielo; le acque andarono via via ritirandosi dalla terra e calaro no dopo centocinquanta giorni. Nel settimo mese il diciassette del mese l’arca si posò sui monti dell’Araràt. Le acque andarono via via diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese il pri mo giorno del mese apparvero le cime dei monti. Trascorsi quaranta giorni Noè aprì la finestra c he aveva fatto nell’arca e fece uscire un corvo. Esso uscì andando e tornando finché si prosciuga rono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba per vedere se le acque si fossero ritir ate dal suolo; ma la colomba non trovando dove posare la pianta del piede tornò a lui nell’arca perché c’era ancora l’acqua su tutta la terra. Egli stese la mano la prese e la fece rientrare press o di sé nell’arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco essa aveva nel becco una tenera foglia di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui. L’anno seicentouno della vita di Noè il primo mese il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell’arca ed ecco la super ficie del suolo era asciutta. Nel secondo mese il ventisette del mese tutta la terra si era prosciug ata. Dio ordinò a Noè: «Esci dall’arca tu e tua moglie i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te. Tut ti gli animali d’ogni carne che hai con te uccelli bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra falli uscire con te, perché possano diffondersi sulla terra siano fecondi e si moltiplichino su di es sa». Noè uscì con i figli la moglie e le mogli dei figli. Tutti i viventi e tutto il bestiame e tutti gli uc celli e tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo le loro specie uscirono dall’arca. Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali puri e di uccelli puri e offrì olocausti sull’
altare. Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: «Non maledirò più il suolo a ca usa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né co
lpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e cald o, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno». Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli anim ali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita cioè con il suo sangue. Del sa ngue vostro ossia della vostra vita io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vive nte e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello. Chi sparge il san gue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio è stato fatto l’uo mo. E voi siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela». Dio disse a No è e ai suoi figli con lui: «Quanto a me ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri disc endenti dopo di voi con ogni essere vivente che è con voi uccelli bestiame e animali selvatici co n tutti gli animali che sono usciti dall’arca con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alle anza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio né il diluvio devasterà p iù la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere v ivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il se gno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci s aranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne. L’arco sarà sulle nubi, e io lo guard erò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra».
Disse Dio a Noè: «Questo è il segno dell’alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è su lla terra». I figli di Noè che uscirono dall’arca furono Sem Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan.
Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra. Ora Noè coltivatore della terr a cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino si ubriacò e si denudò all’interno della su a tenda. Cam padre di Canaan vide la nudità di suo padre e raccontò la cosa ai due fratelli che st avano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello se lo misero tutti e due sulle spalle e cammin ando a ritroso coprirono la nudità del loro padre; avendo tenuto la faccia rivolta indietro non vi dero la nudità del loro padre. Quando Noè si fu risvegliato dall’ebbrezza seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: «Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fra telli!». E aggiunse: «Benedetto il Signore Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Iafet ed e gli dimori nelle tende di Sem, Canaan sia suo schiavo!». Noè visse dopo il diluvio trecentocinqua nta anni. L’intera vita di Noè fu di novecentocinquanta anni; poi morì. Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem Cam e Iafet ai quali nacquero figli dopo il diluvio. I figli di Iafet: Gomer Mag òg Madai Iavan Tubal Mesec e Tiras. I figli di Gomer: Aschenàz Rifat e Togarmà. I figli di Iavan: El isa Tarsis i Chittìm e i Dodanìm. Da costoro derivarono le genti disperse per le isole nei loro terri tori ciascuna secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie nelle rispettive nazioni. I figli d i Cam: Etiopia Egitto Put e Canaan. I figli di Etiopia: Seba, Avìla Sabta Raamà e Sabtecà. I figli di R
aamà: Saba e Dedan. Etiopia generò Nimrod: costui cominciò a essere potente sulla terra. Egli e
ra valente nella caccia davanti al Signore perciò si dice: «Come Nimrod, valente cacciatore dava nti al Signore». L’inizio del suo regno fu Babele Uruc, Accad e Calne nella regione di Sinar. Da qu ella terra si portò ad Assur e costruì Ninive Recobòt-Ir e Calach e Resen tra Ninive e Calach; quella è la grande città. Egitto generò quelli di Lud Anam Laab Naftuch, Patros Casluch e Caftor da dove uscirono i Filistei. Canaan generò Sidone suo pri mogenito e Chet e il Gebuseo l’Amorreo il Gergeseo, l’Eveo l’Archeo e il Sineo l’Arvadeo il Sema reo e il Camateo. In seguito si dispersero le famiglie dei Cananei. Il confine dei Cananei andava d a Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza poi in direzione di Sòdoma Gomorra Adma e Seboìm fi no a Lesa. Questi furono i figli di Cam secondo le loro famiglie e le loro lingue nei loro territori e nelle rispettive nazioni. Anche a Sem fratello maggiore di Iafet e capostipite di tutti i figli di Eber nacque una discendenza. I figli di Sem: Elam Assur Arpacsàd Lud e Aram. I figli di Aram: Us Ul G
heter e Mas. Arpacsàd generò Selach e Selach generò Eber. A Eber nacquero due figli: uno si chi amò Peleg perché ai suoi tempi fu divisa la terra e il fratello si chiamò Ioktan. Ioktan generò Alm odàd Selef Asarmàvet Ierach Adoràm Uzal Dikla, Obal Abimaèl Saba Ofir Avìla e Iobab. Tutti que sti furono i figli di Ioktan; la loro sede era sulle montagne dell’oriente da Mesa in direzione di Se far. Questi furono i figli di Sem secondo le loro famiglie e le loro lingue, nei loro territori second o le rispettive nazioni. Queste furono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro genealogie nelle rispettive nazioni. Da costoro si dispersero le nazioni sulla terra dopo il diluvio. Tutta la terra av eva un’unica lingua e uniche parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianur a nella regione di Sinar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: «Venite facciamoci mattoni e cu ociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite cost ruiamoci una città e una torre la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome per non disperder ci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavan o costruendo. Il Signore disse: «Ecco essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; qu esto è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile
. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per q uesto la si chiamò Babele perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. Questa è la discendenza di Sem: Sem aveva cento anni quando gener ò Arpacsàd due anni dopo il diluvio; Sem dopo aver generato Arpacsàd visse cinquecento anni e generò figli e figlie. Arpacsàd aveva trentacinque anni quando generò Selach; Arpacsàd dopo av er generato Selach visse quattrocentotré anni e generò figli e figlie. Selach aveva trent’anni qua ndo generò Eber; Selach dopo aver generato Eber visse quattrocentotré anni e generò figli e figl ie. Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg; Eber dopo aver generato Peleg visse qu attrocentotrenta anni e generò figli e figlie. Peleg aveva trent’anni quando generò Reu; Peleg d opo aver generato Reu visse duecentonove anni e generò figli e figlie. Reu aveva trentadue anni quando generò Serug; Reu dopo aver generato Serug visse duecentosette anni e generò figli e f iglie. Serug aveva trent’anni quando generò Nacor; Serug dopo aver generato Nacor visse duece
nto anni e generò figli e figlie. Nacor aveva ventinove anni quando generò Terach; Nacor dopo a ver generato Terach visse centodiciannove anni e generò figli e figlie. Terach aveva settant’anni quando generò Abram Nacor e Aran. Questa è la discendenza di Terach: Terach generò Abram Nacor e Aran; Aran generò Lot. Aran poi morì alla presenza di suo padre Terach nella sua terra n atale in Ur dei Caldei. Abram e Nacor presero moglie; la moglie di Abram si chiamava Sarài e la moglie di Nacor Milca che era figlia di Aran padre di Milca e padre di Isca. Sarài era sterile e non aveva figli. Poi Terach prese Abram suo figlio e Lot figlio di Aran figlio cioè di suo figlio, e Sarài s ua nuora moglie di Abram suo figlio e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nella terra di Ca naan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono. La vita di Terach fu di duecentocinque anni; Te rach morì a Carran. Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dall a casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedir ò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benedi ranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della t erra». Allora Abram partì come gli aveva ordinato il Signore e con lui partì Lot. Abram aveva sett antacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot figlio di suo fratello e t utti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si inca mminarono verso la terra di Canaan. Arrivarono nella terra di Canaan e Abram la attraversò fino alla località di Sichem presso la Quercia di Morè. Nella terra si trovavano allora i Cananei. Il Sign ore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò questa terra». Allora Abram cos truì in quel luogo un altare al Signore che gli era apparso. Di là passò sulle montagne a oriente d i Betel e piantò la tenda avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signor e e invocò il nome del Signore. Poi Abram levò la tenda per andare ad accamparsi nel Negheb. V
enne una carestia nella terra e Abram scese in Egitto per soggiornarvi perché la carestia gravava su quella terra. Quando fu sul punto di entrare in Egitto disse alla moglie Sarài: «Vedi io so che tu sei donna di aspetto avvenente. Quando gli Egiziani ti vedranno penseranno: “Costei è sua m oglie” e mi uccideranno mentre lasceranno te in vita. Di’ dunque che tu sei mia sorella perché io sia trattato bene per causa tua e io viva grazie a te». Quando Abram arrivò in Egitto gli Egiziani videro che la donna era molto avvenente. La osservarono gli ufficiali del faraone e ne fecero le l odi al faraone; così la donna fu presa e condotta nella casa del faraone. A causa di lei egli trattò bene Abram, che ricevette greggi e armenti e asini schiavi e schiave asine e cammelli. Ma il Sign ore colpì il faraone e la sua casa con grandi calamità per il fatto di Sarài moglie di Abram. Allora il faraone convocò Abram e gli disse: «Che mi hai fatto? Perché non mi hai dichiarato che era tu a moglie? Perché hai detto: “è mia sorella” così che io me la sono presa in moglie? E ora eccoti t ua moglie: prendila e vattene!». Poi il faraone diede disposizioni su di lui ad alcuni uomini che lo allontanarono insieme con la moglie e tutti i suoi averi. Dall’Egitto Abram risalì nel Negheb con la moglie e tutti i suoi averi; Lot era con lui. Abram era molto ricco in bestiame argento e oro. A bram si spostò a tappe dal Negheb fino a Betel fino al luogo dov’era già prima la sua tenda tra B
etel e Ai il luogo dove prima aveva costruito l’altare: lì Abram invocò il nome del Signore. Ma an
che Lot che accompagnava Abram aveva greggi e armenti e tende e il territorio non consentiva che abitassero insieme perché avevano beni troppo grandi e non potevano abitare insieme. Per questo sorse una lite tra i mandriani di Abram e i mandriani di Lot. I Cananei e i Perizziti abitava no allora nella terra. Abram disse a Lot: «Non vi sia discordia tra me e te tra i miei mandriani e i tuoi perché noi siamo fratelli. Non sta forse davanti a te tutto il territorio? Sepàrati da me. Se tu vai a sinistra io andrò a destra; se tu vai a destra io andrò a sinistra». Allora Lot alzò gli occhi e v ide che tutta la valle del Giordano era un luogo irrigato da ogni parte –
prima che il Signore distruggesse Sòdoma e Gomorra –
come il giardino del Signore come la terra d’Egitto fino a Soar. Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano e trasportò le tende verso oriente. Così si separarono l’uno dall’altro: Abram si stabilì nella terra di Canaan e Lot si stabilì nelle città della valle e piantò le tende vicino a Sòdoma. Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore. Allora il Signore disse ad Abram dopo che Lot si era separato da lui: «Alza gli occhi e dal luogo dove tu stai spingi lo sg uardo verso il settentrione e il mezzogiorno verso l’oriente e l’occidente. Tutta la terra che tu ve di io la darò a te e alla tua discendenza per sempre. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra potrà contare anche i tuoi discendenti. àlz ati, percorri la terra in lungo e in largo perché io la darò a te». Poi Abram si spostò con le sue te nde e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre che sono ad Ebron e vi costruì un altare al Signore.
Al tempo di Amrafèl re di Sinar di Ariòc re di Ellasàr di Chedorlaòmer re dell’Elam e di Tidal re di Goìm costoro mossero guerra contro Bera re di Sòdoma Birsa re di Gomorra Sinab re di Adma S
emeber re di Seboìm e contro il re di Bela cioè Soar. Tutti questi si concentrarono nella valle di S
iddìm, cioè del Mar Morto. Per dodici anni essi erano stati sottomessi a Chedorlaòmer, ma il tre dicesimo anno si erano ribellati. Nell’anno quattordicesimo arrivarono Chedorlaòmer e i re che erano con lui e sconfissero i Refaìm ad Astarot-Karnàim gli Zuzìm ad Am gli Emìm a Save-Kiriatàim e gli Urriti sulle montagne di Seir fino a El-
Paran che è presso il deserto. Poi mutarono direzione e vennero a En-Mispàt cioè Kades e devastarono tutto il territorio degli Amaleciti e anche degli Amorrei che abi tavano a Casesòn-Tamar. Allora il re di Sòdoma il re di Gomorra il re di Adma il re di Seboìm e il re di Bela cioè Soa r uscirono e si schierarono a battaglia nella valle di Siddìm contro di essi cioè contro Chedorlaò mer re dell’Elam, Tidal re di Goìm Amrafèl re di Sinar e Ariòc re di Ellasàr: quattro re contro cinq ue. La valle di Siddìm era piena di pozzi di bitume; messi in fuga il re di Sòdoma e il re di Gomorr a vi caddero dentro mentre gli altri fuggirono sulla montagna. Gli invasori presero tutti i beni di Sòdoma e Gomorra e tutti i loro viveri e se ne andarono. Prima di andarsene catturarono anche Lot figlio del fratello di Abram e i suoi beni: egli risiedeva appunto a Sòdoma. Ma un fuggiasco v enne ad avvertire Abram l’Ebreo che si trovava alle Querce di Mamre l’Amorreo fratello di Escol e fratello di Aner i quali erano alleati di Abram. Quando Abram seppe che suo fratello era stato preso prigioniero organizzò i suoi uomini esperti nelle armi, schiavi nati nella sua casa in numer
o di trecentodiciotto e si diede all’inseguimento fino a Dan. Fece delle squadre lui e i suoi servi c ontro di loro li sconfisse di notte e li inseguì fino a Coba a settentrione di Damasco. Recuperò co sì tutti i beni e anche Lot suo fratello i suoi beni con le donne e il popolo. Quando Abram fu di ri torno dopo la sconfitta di Chedorlaòmer e dei re che erano con lui il re di Sòdoma gli uscì incont ro nella valle di Save cioè la valle del Re. Intanto Melchìsedek re di Salem offrì pane e vino: era s acerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in man o i tuoi nemici». Ed egli diede a lui la decima di tutto. Il re di Sòdoma disse ad Abram: «Dammi l e persone; i beni prendili per te». Ma Abram disse al re di Sòdoma: «Alzo la mano davanti al Sig nore il Dio altissimo creatore del cielo e della terra: né un filo né un legaccio di sandalo niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abram. Per me niente se non quello che i servi hanno mangiato; quanto a ciò che spetta agli uomini che sono venuti con me Aner Es col e Mamre essi stessi si prendano la loro parte». Dopo tali fatti fu rivolta ad Abram in visione questa parola del Signore: «Non temere Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà mo lto grande». Rispose Abram: «Signore Dio che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà c ostui il tuo erede ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli cr edette al Signore che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore che ti ho fatt o uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio come potrò s apere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni una capra di tre a nni un ariete di tre anni una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali li divis e in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calaro no su quei cadaveri ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare un torpore cadde s u Abram ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Allora il Signore disse ad Abram: «Sapp i che i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno o ppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito la giudicherò io: dopo ess i usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto do po una vecchiaia felice. Alla quarta generazione torneranno qui perché l’iniquità degli Amorrei n on ha ancora raggiunto il colmo». Quando tramontato il sole si era fatto buio fitto ecco un braci ere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume il fiume Eufrate; la terra dove abitano i Keniti i Kenizziti i Kadmoniti gli Ittiti i Per izziti i Refaìm gli Amorrei i Cananei i Gergesei e i Gebusei». Sarài moglie di Abram non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava egiziana chiamata Agar Sarài disse ad Abram: «Ecco il Signor e mi ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli». Abram as coltò l’invito di Sarài. Così al termine di dieci anni da quando Abram abitava nella terra di Canaa
n Sarài moglie di Abram prese Agar l’Egiziana sua schiava e la diede in moglie ad Abram suo mar ito. Egli si unì ad Agar che restò incinta. Ma quando essa si accorse di essere incinta la sua padro na non contò più nulla per lei. Allora Sarài disse ad Abram: «L’offesa a me fatta ricada su di te! I o ti ho messo in grembo la mia schiava ma da quando si è accorta d’essere incinta io non conto più niente per lei. Il Signore sia giudice tra me e te!». Abram disse a Sarài: «Ecco la tua schiava è in mano tua: trattala come ti piace». Sarài allora la maltrattò tanto che quella fuggì dalla sua pr esenza. La trovò l’angelo del Signore presso una sorgente d’acqua nel deserto la sorgente sulla s trada di Sur, e le disse: «Agar schiava di Sarài da dove vieni e dove vai?». Rispose: «Fuggo dalla presenza della mia padrona Sarài». Le disse l’angelo del Signore: «Ritorna dalla tua padrona e re stale sottomessa». Le disse ancora l’angelo del Signore: «Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla tanto sarà numerosa». Soggiunse poi l’angelo del Signore: «Ecco sei incinta: p artorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele, perché il Signore ha udito il tuo lamento. Egli sarà com e un asino selvatico; la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui, e abiterà di fro nte a tutti i suoi fratelli». Agar al Signore che le aveva parlato diede questo nome: «Tu sei il Dio della visione» perché diceva: «Non ho forse visto qui colui che mi vede?». Per questo il pozzo si chiamò pozzo di Lacai-Roì è appunto quello che si trova tra Kades e Bered. Agar partorì ad Abram un figlio e Abram chi amò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito. Abram aveva ottantasei anni quando Agar gli p artorì Ismaele. Quando Abram ebbe novantanove anni il Signore gli apparve e gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti ren derò molto molto numeroso». Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Q
uanto a me ecco la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti ren derò. E ti renderò molto molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabili rò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione com e alleanza perenne per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei for estiero tutta la terra di Canaan la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza tu e la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione. Questa è la mia alleanza che dovete osservare alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra voi ogni masch io. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni sarà circonciso tra voi ogni maschio di generazione in generazione sia quello nato in casa sia quello comprato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in casa e chi viene comprato con denaro; così la mi a alleanza sussisterà nella vostra carne come alleanza perenne. Il maschio non circonciso di cui c ioè non sarà stata circoncisa la carne del prepuzio sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza». Dio aggiunse ad Abramo: «Quanto a Sarài tua moglie non la chiamerai più Sarài ma S
ara. Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni e re di popoli
nasceranno da lei». Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: «A uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all’età di novant’anni potrà partorire?». Abramo disse a Dio:
«Se almeno Ismaele potesse vivere davanti a te!». E Dio disse: «No Sara tua moglie ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne per ess ere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui. Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ec co io lo benedico e lo renderò fecondo e molto molto numeroso: dodici prìncipi egli genererà e di lui farò una grande nazione. Ma stabilirò la mia alleanza con Isacco che Sara ti partorirà a que sta data l’anno venturo». Dio terminò così di parlare con lui e lasciò Abramo levandosi in alto. Al lora Abramo prese Ismaele suo figlio e tutti i nati nella sua casa e tutti quelli comprati con il suo denaro tutti i maschi appartenenti al personale della casa di Abramo e circoncise la carne del lor o prepuzio in quello stesso giorno come Dio gli aveva detto. Abramo aveva novantanove anni q uando si fece circoncidere la carne del prepuzio. Ismaele suo figlio aveva tredici anni quando gli fu circoncisa la carne del prepuzio. In quello stesso giorno furono circoncisi Abramo e Ismaele s uo figlio. E tutti gli uomini della sua casa quelli nati in casa e quelli comprati con denaro dagli str anieri furono circoncisi con lui. Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre mentre egli sed eva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si pro strò fino a terra dicendo: «Mio signore se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senz a fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sott o l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai dett o». Allora Abramo andò in fretta nella tenda da Sara e disse: «Presto tre sea di fior di farina imp astala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello che aveva preparato e li porse loro. Così mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero quell i mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara tua moglie?». Rispose: «è là nella tenda». Riprese: «T
ornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara tua moglie avrà un figlio». Intanto Sara stav a ad ascoltare all’ingresso della tenda dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi avanti negli anni
; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e diss e: «Avvizzita come sono dovrei provare il piacere mentre il mio signore è vecchio!». Ma il Signor e disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: “Potrò davvero partorire mentre sono vecchia
”? C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un ann o e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò: «Non ho riso!» perché aveva paura; ma egli disse: «Sì hai proprio riso». Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto mentre Abramo li accompagnava per congedarli. Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto perché egli obblighi i suoi fig li e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto perc
hé il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». Disse allora il Signore: «Il grido di Sò doma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se p roprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». Quegli uomi ni partirono di là e andarono verso Sòdoma mentre Abramo stava ancora alla presenza del Sign ore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per rigua rdo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio così ch e il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non pratiche rà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della citt à per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisc o parlare al mio Signore io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò se ve ne tro verò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno qu aranta». Rispose: «Non lo farò per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signo re se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò se ve ne troverò tre nta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Risp ose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore se parl o ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per rigua rdo a quei dieci». Come ebbe finito di parlare con Abramo il Signore se ne andò e Abramo ritorn ò alla sua abitazione. I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera mentre Lot stava sedut o alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti Lot si alzò andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. E disse: «Miei signori venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte vi laver ete i piedi e poi domattina per tempo ve ne andrete per la vostra strada». Quelli risposero: «No passeremo la notte sulla piazza». Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto fece cuocere pani azzimi e così mangiarono. Non si erano ancora coricati quand’ecco gli uomini della città cioè gli abitanti di Sòdoma si affollarono attorno alla casa giovani e vecchi tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Do ve sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi perché possiamo abusarne!». Lot uscì verso di loro sulla soglia e dopo aver chiuso la porta dietro di sé disse: «No fratelli miei non fate del male! Sentite io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; l asciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace purché non facciate nulla a questi uomi ni, perché sono entrati all’ombra del mio tetto». Ma quelli risposero: «Tìrati via! Quest’individu o è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E sping endosi violentemente contro quell’uomo cioè contro Lot si fecero avanti per sfondare la porta.
Allora dall’interno quegli uomini sporsero le mani si trassero in casa Lot e chiusero la porta; colp irono di cecità gli uomini che erano all’ingresso della casa dal più piccolo al più grande così che non riuscirono a trovare la porta. Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il gene ro i tuoi figli le tue figlie e quanti hai in città falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo per d
istruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli». Lot uscì a parlare ai suoi generi che dovevano sposare le sue figlie e disse: «Alzatevi uscite da questo luogo perché il Signore sta per distruggere la città!». Ai suoi generi sembrò che egli volesse scherzare. Quando apparve l’alba gli angeli fecero premura a Lot dicendo: «Su prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui per non essere travolto nel castig o della città». Lot indugiava ma quegli uomini presero per mano lui sua moglie e le sue due figli e per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuo ri della città. Dopo averli condotti fuori uno di loro disse: «Fuggi per la tua vita. Non guardare in dietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne per non essere travolto!». Ma Lot gli disse: «No mio signore! Vedi il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato grande bo ntà verso di me salvandomi la vita ma io non riuscirò a fuggire sul monte senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. Ecco quella città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù – non è una piccola cosa? –
e così la mia vita sarà salva». Gli rispose: «Ecco ti ho favorito anche in questo di non distrugger e la città di cui hai parlato. Presto fuggi là perché io non posso far nulla finché tu non vi sia arriv ato». Perciò quella città si chiamò Soar. Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar qua nd’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenien ti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazio ne del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; contemplò dall’alto Sòdom a e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra come il fumo di u na fornace. Così quando distrusse le città della valle Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato. Poi Lot partì da Soar e a ndò ad abitare sulla montagna con le sue due figlie, perché temeva di restare a Soar e si stabilì i n una caverna con le sue due figlie. Ora la maggiore disse alla più piccola: «Nostro padre è vecc hio e non c’è nessuno in questo territorio per unirsi a noi come avviene dappertutto. Vieni facci amo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui così daremo vita a una discendenza da nostro padre». Quella notte fecero bere del vino al loro padre e la maggiore andò a coricarsi con il padre; ma egli non se ne accorse né quando lei si coricò né quando lei si alzò. All’indoman i la maggiore disse alla più piccola: «Ecco ieri io mi sono coricata con nostro padre: facciamogli bere del vino anche questa notte e va’ tu a coricarti con lui; così daremo vita a una discendenza da nostro padre». Anche quella notte fecero bere del vino al loro padre e la più piccola andò a c oricarsi con lui; ma egli non se ne accorse né quando lei si coricò né quando lei si alzò. Così le du e figlie di Lot rimasero incinte del loro padre. La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Co stui è il padre dei Moabiti che esistono ancora oggi. Anche la più piccola partorì un figlio e lo chi amò «Figlio del mio popolo». Costui è il padre degli Ammoniti che esistono ancora oggi. Abramo levò le tende dirigendosi nella regione del Negheb e si stabilì tra Kades e Sur; poi soggiornò co me straniero a Gerar. Siccome Abramo aveva detto della moglie Sara: «è mia sorella» Abimèlec
re di Gerar mandò a prendere Sara. Ma Dio venne da Abimèlec di notte in sogno e gli disse: «Ec co stai per morire a causa della donna che tu hai preso; lei appartiene a suo marito». Abimèlec che non si era ancora accostato a lei disse: «Mio Signore vuoi far morire una nazione anche se g iusta? Non è stato forse lui a dirmi: “è mia sorella”? E anche lei ha detto: “è mio fratello”. Con c uore retto e mani innocenti mi sono comportato in questo modo». Gli rispose Dio nel sogno: «S
o bene che hai agito così con cuore retto e ti ho anche impedito di peccare contro di me: perciò non ho permesso che tu la toccassi. Ora restituisci la donna di quest’uomo perché è un profeta: pregherà per te e tu vivrai. Ma se tu non la restituisci sappi che meriterai la morte con tutti i tuo i». Allora Abimèlec si alzò di mattina presto e chiamò tutti i suoi servi ai quali riferì tutte queste cose e quegli uomini si impaurirono molto. Poi Abimèlec chiamò Abramo e gli disse: «Che cosa c i hai fatto? E che colpa ho commesso contro di te perché tu abbia esposto me e il mio regno a u n peccato tanto grande? Tu hai fatto a mio riguardo azioni che non si fanno». Poi Abimèlec diss e ad Abramo: «A che cosa miravi agendo in tal modo?». Rispose Abramo: «Io mi sono detto: cer to non vi sarà timor di Dio in questo luogo e mi uccideranno a causa di mia moglie. Inoltre ella è veramente mia sorella figlia di mio padre ma non figlia di mia madre ed è divenuta mia moglie.
Quando Dio mi ha fatto andare errando lungi dalla casa di mio padre io le dissi: “Questo è il fav ore che tu mi farai: in ogni luogo dove noi arriveremo dirai di me: è mio fratello”». Allora Abimè lec prese greggi e armenti schiavi e schiave li diede ad Abramo e gli restituì la moglie Sara. Inoltr e Abimèlec disse: «Ecco davanti a te il mio territorio: va’ ad abitare dove ti piace!». A Sara disse:
«Ecco ho dato mille pezzi d’argento a tuo fratello: sarà per te come un risarcimento di fronte a quanti sono con te. Così tu sei in tutto riabilitata». Abramo pregò Dio e Dio guarì Abimèlec sua moglie e le sue serve sì che poterono ancora aver figli. Il Signore infatti aveva reso sterili tutte le donne della casa di Abimèlec per il fatto di Sara moglie di Abramo. Il Signore visitò Sara come a veva detto e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato che Sa ra gli aveva partorito. Abramo circoncise suo figlio Isacco quando questi ebbe otto giorni come Dio gli aveva comandato. Abramo aveva cento anni quando gli nacque il figlio Isacco. Allora Sara disse: «Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà riderà lietamente di me!». Poi diss e: «Chi avrebbe mai detto ad Abramo che Sara avrebbe allattato figli? Eppure gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia!». Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchett o quando Isacco fu svezzato. Ma Sara vide che il figlio di Agar l’Egiziana quello che lei aveva part orito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: «Scaccia questa schiava e suo figlio perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco». La cos a sembrò un gran male agli occhi di Abramo a motivo di suo figlio. Ma Dio disse ad Abramo: «N
on sembri male ai tuoi occhi questo riguardo al fanciullo e alla tua schiava: ascolta la voce di Sar a in tutto quello che ti dice perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. Ma io farò diventare una nazione anche il figlio della schiava perché è tua discendenza». Abramo si alzò di buon mattino prese il pane e un otre d’acqua e li diede ad Agar caricandoli sulle sue spalle; le co
nsegnò il fanciullo e la mandò via. Ella se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l’a cqua dell’otre era venuta a mancare. Allora depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sede rsi di fronte, alla distanza di un tiro d’arco perché diceva: «Non voglio veder morire il fanciullo!»
. Sedutasi di fronte alzò la voce e pianse. Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: «Che hai Agar? Non temere perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. àlzati prendi il fanciullo e tienilo per mano perché io ne farò una grande nazione».
Dio le aprì gli occhi ed ella vide un pozzo d’acqua. Allora andò a riempire l’otre e diede da bere al fanciullo. E Dio fu con il fanciullo che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d’arco.
Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie della terra d’Egitto. In quel tem po Abimèlec con Picol capo del suo esercito disse ad Abramo: «Dio è con te in quello che fai. Eb bene giurami qui per Dio che tu non ingannerai né me né la mia prole né i miei discendenti: co me io ho agito lealmente con te così tu agirai con me e con la terra nella quale sei ospitato». Ris pose Abramo: «Io lo giuro». Ma Abramo rimproverò Abimèlec a causa di un pozzo d’acqua, che i servi di Abimèlec avevano usurpato. Abimèlec disse: «Io non so chi abbia fatto questa cosa: né tu me ne hai informato né io ne ho sentito parlare prima d’oggi». Allora Abramo prese alcuni ca pi del gregge e dell’armento e li diede ad Abimèlec: tra loro due conclusero un’alleanza. Poi Abr amo mise in disparte sette agnelle del gregge. Abimèlec disse ad Abramo: «Che significano quell e sette agnelle che hai messo in disparte?». Rispose: «Tu accetterai queste sette agnelle dalla m ia mano perché ciò mi valga di testimonianza che ho scavato io questo pozzo». Per questo quel l uogo si chiamò Bersabea perché là fecero giuramento tutti e due. E dopo che ebbero concluso l’
alleanza a Bersabea, Abimèlec si alzò con Picol capo del suo esercito e ritornarono nel territorio dei Filistei. Abramo piantò un tamerisco a Bersabea e lì invocò il nome del Signore, Dio dell’eter nità. E visse come forestiero nel territorio dei Filistei per molto tempo. Dopo queste cose Dio mi se alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio il tu o unigenito che ami Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che i o ti indicherò». Abramo si alzò di buon mattino sellò l’asino prese con sé due servi e il figlio Isac co spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi serv i: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco prese in mano il fuoco e il coltello poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Pad re mio!». Rispose: «Eccomi figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto figlio mio
!». Proseguirono tutti e due insieme. Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abr amo costruì l’altare collocò la legna legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare sopra la legna. P
oi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo ch iamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stende re la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo
figlio il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in u n cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chi amò quel luogo «Il Signore vede» perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere». L’angel o del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso oracol o del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio il tuo unigenito io ti col merò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza come le stelle del cielo e co me la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra perché tu hai obbedito alla mia voce». Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abram o abitò a Bersabea. Dopo queste cose fu annunciato ad Abramo che anche Milca aveva partorit o figli a Nacor suo fratello: Us il primogenito e suo fratello Buz e Kemuèl il padre di Aram, e Ches ed Azo Pildas Idlaf e Betuèl. Betuèl generò Rebecca. Milca partorì questi otto figli a Nacor fratell o di Abramo. Anche la sua concubina chiamata Reumà partorì figli: Tebach Gacam Tacas e Maac à. Gli anni della vita di Sara furono centoventisette: questi furono gli anni della vita di Sara. Sara morì a Kiriat-Arbà cioè Ebron nella terra di Canaan e Abramo venne a fare il lamento per Sara e a piangerla. P
oi Abramo si staccò dalla salma e parlò agli Ittiti: «Io sono forestiero e di passaggio in mezzo a v oi. Datemi la proprietà di un sepolcro in mezzo a voi perché io possa portar via il morto e seppel lirlo». Allora gli Ittiti risposero ad Abramo dicendogli: «Ascolta noi, piuttosto signore. Tu sei un p rincipe di Dio in mezzo a noi: seppellisci il tuo morto nel migliore dei nostri sepolcri. Nessuno di noi ti proibirà di seppellire il tuo morto nel suo sepolcro». Abramo si alzò si prostrò davanti al p opolo della regione davanti agli Ittiti, e parlò loro: «Se è secondo il vostro desiderio che io porti via il mio morto e lo seppellisca ascoltatemi e insistete per me presso Efron figlio di Socar, perch é mi dia la sua caverna di Macpela che è all’estremità del suo campo. Me la ceda per il suo prezz o intero come proprietà sepolcrale in mezzo a voi». Ora Efron stava seduto in mezzo agli Ittiti. E
fron l’Ittita rispose ad Abramo mentre lo ascoltavano gli Ittiti quanti erano convenuti alla porta della sua città e disse: «Ascolta me piuttosto mio signore: ti cedo il campo con la caverna che vi si trova, in presenza dei figli del mio popolo te la cedo: seppellisci il tuo morto». Allora Abramo si prostrò a lui alla presenza del popolo della regione. Parlò a Efron, mentre lo ascoltava il popol o della regione e disse: «Se solo mi volessi ascoltare: io ti do il prezzo del campo. Accettalo da m e così là seppellirò il mio morto». Efron rispose ad Abramo: «Ascolta me piuttosto mio signore: un terreno del valore di quattrocento sicli d’argento che cosa è mai tra me e te? Seppellisci dun que il tuo morto». Abramo accettò le richieste di Efron e Abramo pesò a Efron il prezzo che que sti aveva detto mentre lo ascoltavano gli Ittiti cioè quattrocento sicli d’argento secondo la misur a in corso sul mercato. Così il campo di Efron che era a Macpela di fronte a Mamre il campo e la caverna che vi si trovava e tutti gli alberi che erano dentro il campo e intorno al suo limite passa rono in proprietà ad Abramo alla presenza degli Ittiti di quanti erano convenuti alla porta della c ittà. Poi Abramo seppellì Sara sua moglie nella caverna del campo di Macpela di fronte a Mamre
cioè Ebron nella terra di Canaan. Il campo e la caverna che vi si trovava passarono dagli Ittiti ad Abramo in proprietà sepolcrale. Abramo era ormai vecchio avanti negli anni e il Signore lo avev a benedetto in tutto. Allora Abramo disse al suo servo il più anziano della sua casa che aveva po tere su tutti i suoi beni: «Metti la mano sotto la mia coscia e ti farò giurare per il Signore Dio del cielo e Dio della terra che non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in m ezzo ai quali abito ma che andrai nella mia terra tra la mia parentela a scegliere una moglie per mio figlio Isacco». Gli disse il servo: «Se la donna non mi vuol seguire in questa terra dovrò forse ricondurre tuo figlio alla terra da cui tu sei uscito?». Gli rispose Abramo: «Guàrdati dal ricondur re là mio figlio! Il Signore Dio del cielo e Dio della terra che mi ha preso dalla casa di mio padre e dalla mia terra natia che mi ha parlato e mi ha giurato: “Alla tua discendenza darò questa terra
”, egli stesso manderà il suo angelo davanti a te perché tu possa prendere di là una moglie per mio figlio. Se la donna non vorrà seguirti allora sarai libero dal giuramento a me fatto; ma non d evi ricondurre là mio figlio». Il servo mise la mano sotto la coscia di Abramo suo padrone e gli pr estò così il giuramento richiesto. Il servo prese dieci cammelli del suo padrone e portando ogni sorta di cose preziose del suo padrone si mise in viaggio e andò in Aram Naharàim alla città di N
acor. Fece inginocchiare i cammelli fuori della città presso il pozzo d’acqua, nell’ora della sera q uando le donne escono ad attingere. E disse: «Signore Dio del mio padrone Abramo concedimi un felice incontro quest’oggi e usa bontà verso il mio padrone Abramo! Ecco io sto presso la fon te dell’acqua mentre le figlie degli abitanti della città escono per attingere acqua. Ebbene la rag azza alla quale dirò: “Abbassa l’anfora e lasciami bere” e che risponderà: “Bevi anche ai tuoi ca mmelli darò da bere” sia quella che tu hai destinato al tuo servo Isacco; da questo riconoscerò c he tu hai usato bontà verso il mio padrone». Non aveva ancora finito di parlare quand’ecco Reb ecca che era figlia di Betuèl figlio di Milca moglie di Nacor fratello di Abramo usciva con l’anfora sulla spalla. La giovinetta era molto bella d’aspetto era vergine nessun uomo si era unito a lei. El la scese alla sorgente riempì l’anfora e risalì. Il servo allora le corse incontro e disse: «Fammi ber e un po’ d’acqua dalla tua anfora». Rispose: «Bevi mio signore». In fretta calò l’anfora sul bracci o e lo fece bere. Come ebbe finito di dargli da bere disse: «Anche per i tuoi cammelli ne attinger ò finché non avranno finito di bere». In fretta vuotò l’anfora nell’abbeveratoio corse di nuovo a d attingere al pozzo e attinse per tutti i cammelli di lui. Intanto quell’uomo la contemplava in sil enzio in attesa di sapere se il Signore avesse o no concesso buon esito al suo viaggio. Quando i c ammelli ebbero finito di bere quell’uomo prese un pendente d’oro del peso di mezzo siclo e glie lo mise alle narici e alle sue braccia mise due braccialetti del peso di dieci sicli d’oro. E disse: «Di chi sei figlia? Dimmelo. C’è posto per noi in casa di tuo padre per passarvi la notte?». Gli rispos e: «Io sono figlia di Betuèl il figlio che Milca partorì a Nacor». E soggiunse: «C’è paglia e foraggio in quantità da noi e anche posto per passare la notte». Quell’uomo si inginocchiò e si prostrò al Signore e disse: «Sia benedetto il Signore Dio del mio padrone Abramo che non ha cessato di u sare bontà e fedeltà verso il mio padrone. Quanto a me il Signore mi ha guidato sulla via fino all a casa dei fratelli del mio padrone». La giovinetta corse ad annunciare alla casa di sua madre tut
te queste cose. Ora Rebecca aveva un fratello chiamato Làbano e Làbano corse fuori da quell’uo mo al pozzo. Egli infatti visti il pendente e i braccialetti alle braccia della sorella e udite queste p arole di Rebecca sua sorella: «Così mi ha parlato quell’uomo» andò da lui che stava ancora pres so i cammelli vicino al pozzo. Gli disse: «Vieni benedetto dal Signore! Perché te ne stai fuori me ntre io ho preparato la casa e un posto per i cammelli?». Allora l’uomo entrò in casa e Làbano t olse il basto ai cammelli fornì paglia e foraggio ai cammelli e acqua per lavare i piedi a lui e ai su oi uomini. Quindi gli fu posto davanti da mangiare ma egli disse: «Non mangerò finché non avrò detto quello che devo dire». Gli risposero: «Di’ pure». E disse: «Io sono un servo di Abramo. Il S
ignore ha benedetto molto il mio padrone che è diventato potente: gli ha concesso greggi e arm enti argento e oro schiavi e schiave cammelli e asini. Sara la moglie del mio padrone quando or mai era vecchia gli ha partorito un figlio al quale egli ha dato tutti i suoi beni. E il mio padrone m i ha fatto giurare: “Non devi prendere per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei in mezzo ai quali abito, ma andrai alla casa di mio padre alla mia famiglia a prendere una moglie per mio figlio”. Io dissi al mio padrone: “Forse la donna non vorrà seguirmi”. Mi rispose: “Il Signore alla c ui presenza io cammino manderà con te il suo angelo e darà felice esito al tuo viaggio così che t u possa prendere una moglie per mio figlio dalla mia famiglia e dalla casa di mio padre. Solo qua ndo sarai andato dalla mia famiglia sarai esente dalla mia maledizione; se loro non volessero ce dertela tu sarai esente dalla mia maledizione”. Così oggi sono arrivato alla fonte e ho detto: “Sig nore Dio del mio padrone Abramo se tu vorrai dare buon esito al viaggio che sto compiendo ecc o io sto presso la fonte d’acqua; ebbene la giovane che uscirà ad attingere alla quale io dirò: Fa mmi bere un po’ d’acqua dalla tua anfora e mi risponderà: Bevi tu e ne attingerò anche per i tuo i cammelli quella sarà la moglie che il Signore ha destinato al figlio del mio padrone”. Io non ave vo ancora finito di pensare a queste cose quand’ecco Rebecca uscì con l’anfora sulla spalla sces e alla fonte e attinse acqua; io allora le dissi: “Fammi bere”. Subito lei calò l’anfora e disse: “Bev i; anche ai tuoi cammelli darò da bere”. Così io bevvi ed ella diede da bere anche ai cammelli. E i o la interrogai: “Di chi sei figlia?”. Rispose: “Sono figlia di Betuèl il figlio che Milca ha partorito a Nacor”. Allora le posi il pendente alle narici e i braccialetti alle braccia. Poi mi inginocchiai e mi prostrai al Signore e benedissi il Signore Dio del mio padrone Abramo il quale mi aveva guidato per la via giusta a prendere per suo figlio la figlia del fratello del mio padrone. Ora se intendete usare bontà e fedeltà verso il mio padrone fatemelo sapere; se no fatemelo sapere ugualmente perché io mi rivolga altrove». Allora Làbano e Betuèl risposero: «La cosa procede dal Signore no n possiamo replicarti nulla né in bene né in male. Ecco Rebecca davanti a te: prendila va’ e sia la moglie del figlio del tuo padrone come ha parlato il Signore». Quando il servo di Abramo udì le l oro parole si prostrò a terra davanti al Signore. Poi il servo estrasse oggetti d’argento oggetti d’
oro e vesti e li diede a Rebecca; doni preziosi diede anche al fratello e alla madre di lei. Poi man giarono e bevvero lui e i suoi uomini e passarono la notte. Quando si alzarono alla mattina egli disse: «Lasciatemi andare dal mio padrone». Ma il fratello e la madre di lei dissero: «Rimanga la giovinetta con noi qualche tempo una decina di giorni; dopo te ne andrai». Rispose loro: «Non t
rattenetemi mentre il Signore ha concesso buon esito al mio viaggio. Lasciatemi partire per and are dal mio padrone!». Dissero allora: «Chiamiamo la giovinetta e domandiamo a lei stessa». Ch iamarono dunque Rebecca e le dissero: «Vuoi partire con quest’uomo?». Ella rispose: «Sì». Allor a essi lasciarono partire la loro sorella Rebecca con la nutrice insieme con il servo di Abramo e i suoi uomini. Benedissero Rebecca e le dissero: «Tu sorella nostra, diventa migliaia di miriadi e la tua stirpe conquisti le città dei suoi nemici!». Così Rebecca e le sue ancelle si alzarono salirono sui cammelli e seguirono quell’uomo. Il servo prese con sé Rebecca e partì. Intanto Isacco rientr ava dal pozzo di Lacai-Roì abitava infatti nella regione del Negheb. Isacco uscì sul far della sera per svagarsi in campag na e alzando gli occhi vide venire i cammelli. Alzò gli occhi anche Rebecca vide Isacco e scese su bito dal cammello. E disse al servo: «Chi è quell’uomo che viene attraverso la campagna incontr o a noi?». Il servo rispose: «è il mio padrone». Allora ella prese il velo e si coprì. Il servo raccont ò a Isacco tutte le cose che aveva fatto. Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era stata di s ua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l’amò. Isacco trovò conforto dopo la morte della m adre. Abramo prese un’altra moglie che aveva nome Keturà. Ella gli partorì Zimran Ioksan Meda n Madian Isbak e Suach. Ioksan generò Saba e Dedan e i figli di Dedan furono gli Assurìm i Letusì m e i Leummìm. I figli di Madian furono Efa Efer Enoc Abidà ed Eldaà. Tutti questi sono i figli di K
eturà. Abramo diede tutti i suoi beni a Isacco. Invece ai figli delle concubine, che aveva avuto Ab ramo fece doni e mentre era ancora in vita li licenziò mandandoli lontano da Isacco suo figlio ve rso il levante nella regione orientale. L’intera durata della vita di Abramo fu di centosettantacin que anni. Poi Abramo spirò e morì in felice canizie vecchio e sazio di giorni e si riunì ai suoi ante nati. Lo seppellirono i suoi figli Isacco e Ismaele nella caverna di Macpela nel campo di Efron figli o di Socar l’Ittita di fronte a Mamre. è appunto il campo che Abramo aveva comprato dagli Ittiti: ivi furono sepolti Abramo e sua moglie Sara. Dopo la morte di Abramo Dio benedisse il figlio di l ui Isacco e Isacco abitò presso il pozzo di Lacai-Roì. Questa è la discendenza di Ismaele figlio di Abramo che gli aveva partorito Agar l’Egiziana s chiava di Sara. Questi sono i nomi dei figli d’Ismaele con il loro elenco in ordine di generazione: i l primogenito di Ismaele è Nebaiòt poi Kedar Adbeèl, Mibsam Misma Duma Massa Adad Tema I etur Nafis e Kedma. Questi sono i figli di Ismaele e questi sono i loro nomi secondo i loro recinti e accampamenti. Sono i dodici prìncipi delle rispettive tribù. La durata della vita di Ismaele fu di centotrentasette anni; poi spirò e si riunì ai suoi antenati. Egli abitò da Avìla fino a Sur che è lun go il confine dell’Egitto in direzione di Assur. Egli si era stabilito di fronte a tutti i suoi fratelli. Qu esta è la discendenza di Isacco figlio di Abramo. Abramo aveva generato Isacco. Isacco aveva qu arant’anni quando si prese in moglie Rebecca figlia di Betuèl l’Arameo da Paddan-Aram e sorella di Làbano l’Arameo. Isacco supplicò il Signore per sua moglie perché ella era steri le e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca divenne incinta. Ora i figli si urtavano nel s uo seno ed ella esclamò: «Se è così che cosa mi sta accadendo?». Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose: «Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno;
un popolo sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il più piccolo». Quando poi si compì per l ei il tempo di partorire ecco due gemelli erano nel suo grembo. Uscì il primo rossiccio e tutto co me un mantello di pelo e fu chiamato Esaù. Subito dopo uscì il fratello e teneva in mano il calca gno di Esaù fu chiamato Giacobbe. Isacco aveva sessant’anni quando essi nacquero. I fanciulli cr ebbero ed Esaù divenne abile nella caccia un uomo della steppa mentre Giacobbe era un uomo tranquillo che dimorava sotto le tende. Isacco prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto mentre Rebecca prediligeva Giacobbe. Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esa ù arrivò dalla campagna ed era sfinito. Disse a Giacobbe: «Lasciami mangiare un po’ di questa m inestra rossa, perché io sono sfinito». Per questo fu chiamato Edom. Giacobbe disse: «Vendimi subito la tua primogenitura». Rispose Esaù: «Ecco sto morendo: a che mi serve allora la primog enitura?». Giacobbe allora disse: «Giuramelo subito». Quegli lo giurò e vendette la primogenitu ra a Giacobbe. Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura. Venne una caresti a nella terra dopo quella che c’era stata ai tempi di Abramo e Isacco andò a Gerar presso Abimè lec re dei Filistei. Gli apparve il Signore e gli disse: «Non scendere in Egitto abita nella terra che i o ti indicherò rimani come forestiero in questa terra e io sarò con te e ti benedirò: a te e alla tua discendenza io concederò tutti questi territori e manterrò il giuramento che ho fatto ad Abram o tuo padre. Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e concederò alla tua discendenza tutti questi territori: tutte le nazioni della terra si diranno benedette nella tua disce ndenza; perché Abramo ha obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comandamenti le mie istituzioni e le mie leggi». Così Isacco dimorò a Gerar. Gli uomini de l luogo gli fecero domande sulla moglie ma egli disse: «è mia sorella» infatti aveva timore di dire
: «è mia moglie» pensando che gli uomini del luogo lo avrebbero potuto uccidere a causa di Reb ecca che era di bell’aspetto. Era là da molto tempo quando Abimèlec re dei Filistei si affacciò all a finestra e vide Isacco scherzare con la propria moglie Rebecca. Abimèlec chiamò Isacco e disse
: «Sicuramente ella è tua moglie. E perché tu hai detto: “è mia sorella”?». Gli rispose Isacco: «Pe rché mi son detto: che io non abbia a morire per causa di lei!». Riprese Abimèlec: «Perché ti sei comportato così con noi? Poco ci mancava che qualcuno del popolo si unisse a tua moglie e tu a ttirassi su di noi una colpa». Abimèlec diede quest’ordine a tutto il popolo: «Chi tocca quest’uo mo o sua moglie sarà messo a morte!». Isacco fece una semina in quella terra e raccolse quell’a nno il centuplo. Il Signore infatti lo aveva benedetto. E l’uomo divenne ricco e crebbe tanto in ri cchezze fino a divenire ricchissimo: possedeva greggi e armenti e numerosi schiavi e i Filistei co minciarono a invidiarlo. Tutti i pozzi che avevano scavato i servi di suo padre ai tempi di Abramo suo padre i Filistei li avevano chiusi riempiendoli di terra. Abimèlec disse a Isacco: «Vattene via da noi perché tu sei molto più potente di noi». Isacco andò via di là si accampò lungo il torrente di Gerar e vi si stabilì. Isacco riattivò i pozzi d’acqua che avevano scavato i servi di suo padre Abr amo e che i Filistei avevano chiuso dopo la morte di Abramo e li chiamò come li aveva chiamati suo padre. I servi di Isacco scavarono poi nella valle e vi trovarono un pozzo di acqua viva. Ma i
pastori di Gerar litigarono con i pastori di Isacco dicendo: «L’acqua è nostra!». Allora egli chiam ò il pozzo Esek perché quelli avevano litigato con lui. Scavarono un altro pozzo ma quelli litigaro no anche per questo ed egli lo chiamò Sitna. Si mosse di là e scavò un altro pozzo per il quale no n litigarono; allora egli lo chiamò Recobòt e disse: «Ora il Signore ci ha dato spazio libero perché noi prosperiamo nella terra». Di là salì a Bersabea. E in quella notte gli apparve il Signore e diss e: «Io sono il Dio di Abramo tuo padre; non temere perché io sono con te: ti benedirò e moltipli cherò la tua discendenza a causa di Abramo mio servo». Allora egli costruì in quel luogo un altar e e invocò il nome del Signore. Lì piantò la tenda e i servi di Isacco scavarono un pozzo. Intanto Abimèlec da Gerar era andato da lui insieme con Acuzzàt suo consigliere e Picol capo del suo es ercito. Isacco disse loro: «Perché siete venuti da me mentre voi mi odiate e mi avete scacciato d a voi?». Gli risposero: «Abbiamo visto che il Signore è con te e abbiamo detto: vi sia tra noi un gi uramento tra noi e te, e concludiamo un’alleanza con te: tu non ci farai alcun male come noi no n ti abbiamo toccato e non ti abbiamo fatto se non del bene e ti abbiamo lasciato andare in pac e. Tu sei ora un uomo benedetto dal Signore». Allora imbandì loro un convito e mangiarono e b evvero. Alzatisi di buon mattino si prestarono giuramento l’un l’altro poi Isacco li congedò e par tirono da lui in pace. Proprio in quel giorno arrivarono i servi di Isacco e lo informarono a propo sito del pozzo che avevano scavato e gli dissero: «Abbiamo trovato l’acqua». Allora egli lo chiam ò Siba: per questo la città si chiama Bersabea ancora oggi. Quando Esaù ebbe quarant’anni pres e in moglie Giuditta figlia di Beerì l’Ittita e Basmat figlia di Elon l’Ittita. Esse furono causa d’intim a amarezza per Isacco e per Rebecca. Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti ch e non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore Esaù e gli disse: «Figlio mio». Gli rispose: «Eccomi
». Riprese: «Vedi io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte. Ebbene prendi le tue armi l a tua farètra e il tuo arco va’ in campagna e caccia per me della selvaggina. Poi preparami un pia tto di mio gusto e portamelo; io lo mangerò affinché possa benedirti prima di morire». Ora Reb ecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di s elvaggina da portare a casa. Rebecca disse al figlio Giacobbe: «Ecco ho sentito tuo padre dire a t uo fratello Esaù: “Portami della selvaggina e preparami un piatto lo mangerò e poi ti benedirò al la presenza del Signore prima di morire”. Ora figlio mio, da’ retta a quel che ti ordino. Va’ subito al gregge e prendimi di là due bei capretti; io preparerò un piatto per tuo padre secondo il suo gusto. Così tu lo porterai a tuo padre che ne mangerà perché ti benedica prima di morire». Risp ose Giacobbe a Rebecca sua madre: «Sai bene che mio fratello Esaù è peloso mentre io ho la pe lle liscia. Forse mio padre mi toccherà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una benedizione». Ma sua madre gli disse: «Ricada pure su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu dammi retta e va’ a prendermi i capretti». Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre. R
ebecca prese i vestiti più belli del figlio maggiore Esaù che erano in casa presso di lei e li fece ind ossare al figlio minore Giacobbe; con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. Poi mise in mano a suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato. Così egli ve
nne dal padre e disse: «Padre mio». Rispose: «Eccomi; chi sei tu figlio mio?». Giacobbe rispose a l padre: «Io sono Esaù il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai ordinato. àlzati dunque siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica». Isacco disse al figlio: «Come hai fatto prest o a trovarla figlio mio!». Rispose: «Il Signore tuo Dio me l’ha fatta capitare davanti». Ma Isacco g li disse: «Avvicìnati e lascia che ti tocchi figlio mio per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no». Giacobbe si avvicinò a Isacco suo padre il quale lo toccò e disse: «La voce è la voce di Giac obbe ma le braccia sono le braccia di Esaù ». Così non lo riconobbe perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù e lo benedisse. Gli disse ancora: «Tu sei proprio il mi o figlio Esaù?». Rispose: «Lo sono». Allora disse: «Servimi perché possa mangiare della selvaggi na di mio figlio e ti benedica». Gliene servì ed egli mangiò gli portò il vino ed egli bevve. Poi suo padre Isacco gli disse: «Avvicìnati e baciami figlio mio!». Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l’
odore degli abiti di lui e lo benedisse: «Ecco l’odore del mio figlio come l’odore di un campo che il Signore ha benedetto. Dio ti conceda rugiada dal cielo, terre grasse frumento e mosto in abb ondanza. Popoli ti servano e genti si prostrino davanti a te. Sii il signore dei tuoi fratelli e si pros trino davanti a te i figli di tua madre. Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedett o!». Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era allontanato dal padre Isa cco quando tornò dalla caccia Esaù suo fratello. Anch’egli preparò un piatto lo portò al padre e gli disse: «Si alzi mio padre e mangi la selvaggina di suo figlio per potermi benedire». Gli disse su o padre Isacco: «Chi sei tu?». Rispose: «Io sono il tuo figlio primogenito Esaù ». Allora Isacco fu colto da un fortissimo tremito e disse: «Chi era dunque colui che ha preso la selvaggina e me l’h a portata? Io ho mangiato tutto prima che tu giungessi poi l’ho benedetto e benedetto resterà»
. Quando Esaù sentì le parole di suo padre scoppiò in alte amarissime grida. Disse a suo padre: «
Benedici anche me padre mio!». Rispose: «è venuto tuo fratello con inganno e ha carpito la ben edizione che spettava a te». Riprese: «Forse perché si chiama Giacobbe mi ha soppiantato già d ue volte? Già ha carpito la mia primogenitura ed ecco ora ha carpito la mia benedizione!». E sog giunse: «Non hai forse in serbo qualche benedizione per me?». Isacco rispose e disse a Esaù: «E
cco io l’ho costituito tuo signore e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli; l’ho provveduto di fr umento e di mosto; ora per te che cosa mai potrei fare figlio mio?». Esaù disse al padre: «Hai un a sola benedizione, padre mio? Benedici anche me padre mio!». Esaù alzò la voce e pianse. Allo ra suo padre Isacco prese la parola e gli disse: «Ecco la tua abitazione sarà lontano dalle terre gr asse, lontano dalla rugiada del cielo dall’alto. Vivrai della tua spada e servirai tuo fratello; ma ve rrà il giorno che ti riscuoterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo». Esaù perseguitò Giacobbe pe r la benedizione che suo padre gli aveva dato. Pensò Esaù: «Si avvicinano i giorni del lutto per m io padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe». Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù suo figlio maggiore ed ella mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: «Esaù tuo frat ello vuole vendicarsi di te e ucciderti. Ebbene figlio mio dammi retta: su fuggi a Carran da mio fr atello Làbano. Rimarrai con lui qualche tempo finché l’ira di tuo fratello si sarà placata. Quando la collera di tuo fratello contro di te si sarà placata e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatt
o allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un solo giorno?».
E Rebecca disse a Isacco: «Ho disgusto della mia vita a causa delle donne ittite: se Giacobbe pre nde moglie tra le Ittite come queste tra le ragazze della regione a che mi giova la vita?». Allora I sacco chiamò Giacobbe lo benedisse e gli diede questo comando: «Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan. Su va’ in Paddan-Aram nella casa di Betuèl padre di tua madre e prenditi là una moglie tra le figlie di Làbano frate llo di tua madre. Ti benedica Dio l’Onnipotente ti renda fecondo e ti moltiplichi sì che tu diveng a un insieme di popoli. Conceda la benedizione di Abramo a te e alla tua discendenza con te per ché tu possieda la terra che Dio ha dato ad Abramo dove tu sei stato forestiero». Così Isacco fec e partire Giacobbe che andò in Paddan-Aram presso Làbano figlio di Betuèl l’Arameo fratello di Rebecca madre di Giacobbe e di Esaù. E
saù vide che Isacco aveva benedetto Giacobbe e l’aveva mandato in Paddan-Aram per prendersi una moglie originaria di là e che mentre lo benediceva gli aveva dato quest o comando: «Non devi prender moglie tra le Cananee». Giacobbe obbedendo al padre e alla ma dre era partito per Paddan-Aram. Esaù comprese che le figlie di Canaan non erano gradite a suo padre Isacco. Allora si recò da Ismaele e oltre le mogli che aveva si prese in moglie Macalàt figlia di Ismaele figlio di Abram o sorella di Nebaiòt. Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luog o dove passò la notte perché il sole era tramontato; prese là una pietra se la pose come guancia le e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra mentre la sua cima rag giungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli sta va davanti e disse: «Io sono il Signore il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come l a polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente a settentrione e a mezzogiorn o. E si diranno benedette in te e nella tua discendenza tutte le famiglie della terra. Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti ab bandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto». Giacobbe si svegliò dal sonno e disse:
«Certo il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio questa è la porta del cielo». La mattina Giacobbe si alzò prese la pietra che si era posta come guanciale la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel mentre prima di allora la città si chiamava Luz. Giacob be fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e m i darà pane da mangiare e vesti per coprirmi se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre il Si gnore sarà il mio Dio. Questa pietra che io ho eretto come stele sarà una casa di Dio; di quanto mi darai, io ti offrirò la decima». Giacobbe si mise in cammino e andò nel territorio degli orienta li. Vide nella campagna un pozzo e tre greggi di piccolo bestiame distese vicino perché a quel po zzo si abbeveravano le greggi. Sulla bocca del pozzo c’era una grande pietra: solo quando tutte l e greggi si erano radunate là i pastori facevano rotolare la pietra dalla bocca del pozzo e abbeve
ravano il bestiame; poi rimettevano la pietra al suo posto sulla bocca del pozzo. Giacobbe disse loro: «Fratelli miei di dove siete?». Risposero: «Siamo di Carran». Disse loro: «Conoscete Làban o figlio di Nacor?». Risposero: «Lo conosciamo». Poi domandò: «Sta bene?». Risposero: «Sì ecc o sua figlia Rachele che viene con il gregge». Riprese: «Eccoci ancora in pieno giorno: non è tem po di radunare il bestiame. Date da bere al bestiame e andate a pascolare!». Ed essi risposero:
«Non possiamo finché non si siano radunate tutte le greggi e si rotoli la pietra dalla bocca del p ozzo; allora faremo bere il gregge». Egli stava ancora parlando con loro quando arrivò Rachele c on il bestiame del padre; era infatti una pastorella. Quando Giacobbe vide Rachele figlia di Làba no fratello di sua madre insieme con il bestiame di Làbano fratello di sua madre Giacobbe fattos i avanti fece rotolare la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano fratello di s ua madre. Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce. Giacobbe rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei perché figlio di Rebecca. Allora ella corse a riferirlo al padre. Quand o Làbano seppe che era Giacobbe il figlio di sua sorella, gli corse incontro lo abbracciò lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano tutte queste vicende. Allora Làbano gli dis se: «Davvero tu sei mio osso e mia carne!». Così restò presso di lui per un mese. Poi Làbano diss e a Giacobbe: «Poiché sei mio parente dovrai forse prestarmi servizio gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario». Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la pi ù piccola si chiamava Rachele. Lia aveva gli occhi smorti mentre Rachele era bella di forme e avv enente di aspetto, perciò Giacobbe s’innamorò di Rachele. Disse dunque: «Io ti servirò sette an ni per Rachele tua figlia minore». Rispose Làbano: «Preferisco darla a te piuttosto che a un estra neo. Rimani con me». Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni ta nto era il suo amore per lei. Poi Giacobbe disse a Làbano: «Dammi la mia sposa perché i giorni s ono terminati e voglio unirmi a lei». Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un b anchetto. Ma quando fu sera egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei. Làban o diede come schiava alla figlia Lia la sua schiava Zilpa. Quando fu mattina… ecco era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: «Che cosa mi hai fatto? Non sono stato al tuo servizio per Rachele? Pe rché mi hai ingannato?». Rispose Làbano: «Non si usa far così dalle nostre parti non si dà in spo sa la figlia più piccola prima della primogenita. Finisci questa settimana nuziale poi ti darò anche l’altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni». E così fece Giacobbe: ter minò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia Rachele. Làbano diede com e schiava alla figlia Rachele la sua schiava Bila. Giacobbe si unì anche a Rachele e amò Rachele p iù di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni. Ora il Signore vedendo che Lia veniva tra scurata la rese feconda mentre Rachele rimaneva sterile. Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: «Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo ora mio marito mi am erà». Concepì ancora e partorì un figlio e disse: «Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi h a dato anche questo». E lo chiamò Simeone. Concepì ancora e partorì un figlio e disse: «Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli». Per questo lo chiamò Levi. C
oncepì ancora e partorì un figlio e disse: «Questa volta loderò il Signore». Per questo lo chiamò
Giuda. E cessò di avere figli. Rachele vedendo che non le era concesso di dare figli a Giacobbe di venne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli se no io muoio!». Giacobbe s’irri tò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio il quale ti ha negato il frutto del gremb o?». Allora ella rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, partorisca sulle mie ginocchia cosic ché per mezzo di lei abbia anch’io una mia prole». Così ella gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei. Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio. Rachele disse: «Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce dandomi un figlio». Per questo ella lo chiamò Da n. Bila la schiava di Rachele concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio. Rachele disse
: «Ho sostenuto contro mia sorella lotte tremende e ho vinto!». E lo chiamò Nèftali. Allora Lia v edendo che aveva cessato di aver figli prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie a Giaco bbe. Zilpa la schiava di Lia partorì a Giacobbe un figlio. Lia esclamò: «Per fortuna!» e lo chiamò Gad. Zilpa la schiava di Lia partorì un secondo figlio a Giacobbe. Lia disse: «Per mia felicità! Cert amente le donne mi chiameranno beata». E lo chiamò Aser. Al tempo della mietitura del grano Ruben uscì e trovò delle mandragore che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: «Dammi un p o’ delle mandragore di tuo figlio». Ma Lia rispose: «Ti sembra poco avermi portato via il marito perché ora tu voglia portare via anche le mandragore di mio figlio?». Riprese Rachele: «Ebbene Giacobbe si corichi pure con te questa notte ma dammi in cambio le mandragore di tuo figlio».
La sera quando Giacobbe arrivò dalla campagna Lia gli uscì incontro e gli disse: «Da me devi ven ire perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio». Così egli si coricò con lei quella notte. Il Signore esaudì Lia la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. Lia d isse: «Dio mi ha dato il mio salario perché ho dato la mia schiava a mio marito». E lo chiamò ìssa car. Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe. Lia disse: «Dio mi ha fatto un bel reg alo: questa volta mio marito mi preferirà perché gli ho partorito sei figli». E lo chiamò Zàbulon. I n seguito partorì una figlia e la chiamò Dina. Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la re se feconda. Ella concepì e partorì un figlio e disse: «Dio ha tolto il mio disonore». E lo chiamò Gi useppe dicendo: «Il Signore mi aggiunga un altro figlio!». Dopo che Rachele ebbe partorito Gius eppe Giacobbe disse a Làbano: «Lasciami andare e tornare a casa mia nella mia terra. Dammi le mogli per le quali ti ho servito e i miei bambini perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato». Gli disse Làbano: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi… Per divinazione ho saputo c he il Signore mi ha benedetto per causa tua». E aggiunse: «Fissami il tuo salario e te lo darò». Gl i rispose: «Tu stesso sai come ti ho servito e quanto sono cresciuti i tuoi averi per opera mia. Pe rché il poco che avevi prima della mia venuta è aumentato oltre misura e il Signore ti ha benede tto sui miei passi. Ma ora quando lavorerò anch’io per la mia casa?». Riprese Làbano: «Che cosa ti devo dare?». Giacobbe rispose: «Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritorner ò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo. Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; tu metti da part e ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario. In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio s alario ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore
se si troverà presso di me sarà come rubato». Làbano disse: «Bene sia come tu hai detto!». In q uel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate ogni ca po che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli e stabilì u na distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe mentre Giacobbe pascolava l’altro bestia me di Làbano. Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo di mandorlo e di platano ne intagliò la corteccia a strisce bianche mettendo a nudo il bianco dei rami. Mise i rami così scortecciati nei c analetti agli abbeveratoi dell’acqua dove veniva a bere il bestiame bene in vista per le bestie ch e andavano in calore quando venivano a bere. Così le bestie andarono in calore di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati punteggiati e chiazzati. Quanto alle pecore Giacobbe le sepa rò e fece sì che le bestie avessero davanti a loro gli animali striati e tutti quelli di colore scuro de l gregge di Làbano. E i branchi che si era così formato per sé non li mise insieme al gregge di Làb ano. Ogni qualvolta andavano in calore bestie robuste Giacobbe metteva i rami nei canaletti in vista delle bestie per farle concepire davanti ai rami. Quando invece le bestie erano deboli non l i metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe. Egli si a rricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi cammelli e asini. Gi acobbe venne a sapere che i figli di Làbano dicevano: «Giacobbe si è preso tutto quello che avev a nostro padre e con quanto era di nostro padre si è fatto questa grande fortuna». Giacobbe os servò anche la faccia di Làbano e si accorse che verso di lui non era più come prima. Il Signore di sse a Giacobbe: «Torna alla terra dei tuoi padri nella tua famiglia e io sarò con te». Allora Giaco bbe mandò a chiamare Rachele e Lia in campagna presso il suo gregge e disse loro: «Io mi accor go dal volto di vostro padre che egli verso di me non è più come prima; ma il Dio di mio padre è stato con me. Sapete voi stesse che ho servito vostro padre con tutte le mie forze mentre vostr o padre si è beffato di me e ha cambiato dieci volte il mio salario; ma Dio non gli ha permesso di farmi del male. Se egli diceva: “Le bestie punteggiate saranno il tuo salario” tutto il gregge figlia va bestie punteggiate; se diceva: “Le bestie striate saranno il tuo salario” allora tutto il gregge fi gliava bestie striate. Così Dio ha sottratto il bestiame a vostro padre e l’ha dato a me. Una volta nel tempo in cui il piccolo bestiame va in calore io in sogno alzai gli occhi e vidi che i capri in pro cinto di montare le bestie erano striati punteggiati e chiazzati. L’angelo di Dio mi disse in sogno:
“Giacobbe!”. Risposi: “Eccomi”. Riprese: “Alza gli occhi e guarda: tutti i capri che montano le be stie sono striati punteggiati e chiazzati perché ho visto come ti tratta Làbano. Io sono il Dio di Be tel dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto. Ora àlzati parti da questa terra e torn a nella terra della tua famiglia!”». Rachele e Lia gli risposero: «Abbiamo forse ancora una parte o una eredità nella casa di nostro padre? Non siamo forse tenute in conto di straniere da parte sua dal momento che ci ha vendute e si è anche mangiato il nostro denaro? Tutta la ricchezza c he Dio ha sottratto a nostro padre è nostra e dei nostri figli. Ora fa’ pure quello che Dio ti ha det to». Allora Giacobbe si alzò caricò i figli e le mogli sui cammelli e condusse via tutto il bestiame e tutti gli averi che si era acquistato il bestiame che si era acquistato in Paddan-Aram per ritornare da Isacco suo padre nella terra di Canaan. Làbano era andato a tosare il greg
ge e Rachele rubò gli idoli che appartenevano al padre. Giacobbe eluse l’attenzione di Làbano l’
Arameo non lasciando trapelare che stava per fuggire; così poté andarsene con tutti i suoi averi.
Si mosse dunque passò il Fiume e si diresse verso le montagne di Gàlaad. Il terzo giorno fu riferi to a Làbano che Giacobbe era fuggito. Allora egli prese con sé i suoi parenti lo inseguì per sette giorni di cammino e lo raggiunse sulle montagne di Gàlaad. Ma Dio venne da Làbano, l’Arameo i n un sogno notturno e gli disse: «Bada di non dir niente a Giacobbe né in bene né in male!». Làb ano andò dunque a raggiungere Giacobbe. Ora Giacobbe aveva piantato la tenda sulle montagn e e Làbano si era accampato con i parenti sulle montagne di Gàlaad. Disse allora Làbano a Giaco bbe: «Che cosa hai fatto? Hai eluso la mia attenzione e hai condotto via le mie figlie come prigio niere di guerra! Perché sei fuggito di nascosto mi hai ingannato e non mi hai avvertito? Io ti avre i congedato con festa e con canti a suon di tamburelli e di cetre! E non mi hai permesso di bacia re i miei figli e le mie figlie! Certo hai agito in modo insensato. Sarebbe in mio potere farti del m ale ma il Dio di tuo padre mi ha parlato la notte scorsa: “Bada di non dir niente a Giacobbe né in bene né in male!”. Certo sei partito perché soffrivi di nostalgia per la casa di tuo padre; ma perc hé hai rubato i miei dèi?». Giacobbe rispose a Làbano e disse: «Perché avevo paura e pensavo c he mi avresti tolto con la forza le tue figlie. Ma quanto a colui presso il quale tu troverai i tuoi d èi non resterà in vita! Alla presenza dei nostri parenti verifica quanto vi può essere di tuo presso di me e riprendilo». Giacobbe non sapeva che li aveva rubati Rachele. Allora Làbano entrò nella tenda di Giacobbe e poi nella tenda di Lia e nella tenda delle due schiave ma non trovò nulla. P
oi uscì dalla tenda di Lia ed entrò nella tenda di Rachele. Rachele aveva preso gli idoli e li aveva messi nella sella del cammello poi vi si era seduta sopra così Làbano frugò in tutta la tenda ma n on li trovò. Ella parlò al padre: «Non si offenda il mio signore se io non posso alzarmi davanti a t e perché ho quello che avviene di regola alle donne». Làbano cercò ma non trovò gli idoli. Giaco bbe allora si adirò e apostrofò Làbano al quale disse: «Qual è il mio delitto qual è il mio peccato perché ti accanisca contro di me? Ora che hai frugato tra tutti i miei oggetti che cosa hai trovato di tutte le cose di casa tua? Mettilo qui davanti ai miei e tuoi parenti e siano essi giudici tra noi due. Vent’anni ho passato con te: le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e non ho mai mangiato i montoni del tuo gregge. Nessuna bestia sbranata ti ho portato a mio discarico: io ste sso ne compensavo il danno e tu reclamavi da me il risarcimento sia di quanto veniva rubato di giorno sia di quanto veniva rubato di notte. Di giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo e il so nno fuggiva dai miei occhi. Vent’anni sono stato in casa tua: ho servito quattordici anni per le tu e due figlie e sei anni per il tuo gregge e tu hai cambiato il mio salario dieci volte. Se il Dio di mio padre il Dio di Abramo e il Terrore di Isacco non fosse stato con me tu ora mi avresti licenziato a mani vuote; ma Dio ha visto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e la scorsa notte egli ha fatto da arbitro». Làbano allora rispose e disse a Giacobbe: «Queste figlie sono le mie figlie e q uesti figli sono i miei figli; questo bestiame è il mio bestiame e quanto tu vedi è mio. E che cosa potrei fare oggi a queste mie figlie o ai figli che hanno messo al mondo? Ebbene vieni, concludia mo un’alleanza io e te e ci sia un testimone tra me e te». Giacobbe prese una pietra e la eresse
come stele. Poi disse ai suoi parenti: «Raccogliete pietre» e quelli presero pietre e ne fecero un mucchio; e su quel mucchio mangiarono. Làbano lo chiamò Iegar-Saadutà mentre Giacobbe lo chiamò Gal-
Ed. Làbano disse: «Questo mucchio è oggi un testimone tra me e te» per questo lo chiamò Gal-Ed e anche Mispa perché disse: «Il Signore starà di vedetta tra me e te quando noi non ci vedre mo più l’un l’altro. Se tu maltratterai le mie figlie e se prenderai altre mogli oltre le mie figlie sa ppi che non un uomo è con noi ma Dio è testimone tra me e te». Soggiunse Làbano a Giacobbe:
«Ecco questo mucchio ed ecco questa stele che io ho eretto tra me e te. Questo mucchio è testi mone e questa stele è testimone che io giuro di non oltrepassare questo mucchio dalla tua part e e che tu giuri di non oltrepassare questo mucchio e questa stele dalla mia parte per fare il mal e. Il Dio di Abramo e il Dio di Nacor siano giudici tra di noi». Giacobbe giurò per il Terrore di Isac co suo padre. Poi offrì un sacrificio sulle montagne e invitò i suoi parenti a prender cibo. Essi ma ngiarono e passarono la notte sulle montagne. Làbano si alzò di buon mattino baciò i figli e le fi glie e li benedisse. Poi partì e ritornò a casa. Mentre Giacobbe andava per la sua strada gli si fec ero incontro gli angeli di Dio. Giacobbe al vederli disse: «Questo è l’accampamento di Dio» e chi amò quel luogo Macanàim. Poi Giacobbe mandò avanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaù n ella regione di Seir la campagna di Edom. Diede loro questo comando: «Direte al mio signore Es aù: “Dice il tuo servo Giacobbe: Sono restato come forestiero presso Làbano e vi sono rimasto fi no ad ora. Sono venuto in possesso di buoi asini e greggi di schiavi e schiave. Ho mandato a info rmarne il mio signore per trovare grazia ai suoi occhi”». I messaggeri tornarono da Giacobbe dic endo: «Siamo stati da tuo fratello Esaù ora egli stesso sta venendoti incontro e ha con sé quattr ocento uomini». Giacobbe si spaventò molto e si sentì angustiato; allora divise in due accampa menti la gente che era con lui il gregge gli armenti e i cammelli. Pensava infatti: «Se Esaù raggiu nge un accampamento e lo sconfigge l’altro si salverà». Giacobbe disse: «Dio del mio padre Abr amo e Dio del mio padre Isacco Signore che mi hai detto: “Ritorna nella tua terra e tra la tua par entela e io ti farò del bene” io sono indegno di tutta la bontà e di tutta la fedeltà che hai usato v erso il tuo servo. Con il mio solo bastone avevo passato questo Giordano e ora sono arrivato al punto di formare due accampamenti. Salvami dalla mano di mio fratello, dalla mano di Esaù per ché io ho paura di lui: che egli non arrivi e colpisca me e senza riguardi, madri e bambini! Eppur e tu hai detto: “Ti farò del bene e renderò la tua discendenza tanto numerosa come la sabbia de l mare che non si può contare”». Giacobbe rimase in quel luogo a passare la notte. Poi prese da ciò che gli capitava tra mano un dono per il fratello Esaù: duecento capre e venti capri duecento pecore e venti montoni trenta cammelle che allattavano con i loro piccoli quaranta giovenche e dieci torelli venti asine e dieci asinelli. Egli affidò ai suoi servi i singoli branchi separatamente e disse loro: «Passate davanti a me e lasciate una certa distanza tra un branco e l’altro». Diede qu est’ordine al primo: «Quando ti incontrerà Esaù mio fratello e ti domanderà: “A chi appartieni?
Dove vai? Di chi sono questi animali che ti camminano davanti?” tu risponderai: “Di tuo fratello Giacobbe; è un dono inviato al mio signore Esaù ecco egli stesso ci segue”». Lo stesso ordine die
de anche al secondo e anche al terzo e a quanti seguivano i branchi: «Queste parole voi rivolger ete ad Esaù quando lo incontrerete; gli direte: “Anche il tuo servo Giacobbe ci segue”». Pensava infatti: «Lo placherò con il dono che mi precede e in seguito mi presenterò a lui; forse mi accogl ierà con benevolenza». Così il dono passò prima di lui mentre egli trascorse quella notte nell’acc ampamento. Durante quella notte egli si alzò prese le due mogli le due schiave i suoi undici ba mbini e passò il guado dello Iabbok. Li prese fece loro passare il torrente e portò di là anche tutt i i suoi averi. Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. Veden do che non riusciva a vincerlo lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò mentre continuava a lottare con lui. Quello disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò se non mi avrai benedetto!». Gli domand ò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». Giacobbe allora gli chiese: «Svela mi il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse. Allora Giacobbe ch iamò quel luogo Penuèl: «Davvero – disse –
ho visto Dio faccia a faccia eppure la mia vita è rimasta salva». Spuntava il sole quando Giacobb e passò Penuèl e zoppicava all’anca. Per questo gli Israeliti fino ad oggi non mangiano il nervo sc iatico che è sopra l’articolazione del femore perché quell’uomo aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico. Giacobbe alzò gli occhi e vide arrivare Esaù che aveva co n sé quattrocento uomini. Allora distribuì i bambini tra Lia Rachele e le due schiave; alla testa m ise le schiave con i loro bambini più indietro Lia con i suoi bambini e più indietro Rachele e Gius eppe. Egli passò davanti a loro e si prostrò sette volte fino a terra mentre andava avvicinandosi al fratello. Ma Esaù gli corse incontro lo abbracciò gli si gettò al collo lo baciò e piansero. Alzàti g li occhi vide le donne e i bambini e domandò: «Chi sono questi con te?». Giacobbe rispose: «So no i bambini che Dio si è compiaciuto di dare al tuo servo». Allora si fecero avanti le schiave con i loro bambini e si prostrarono. Si fecero avanti anche Lia e i suoi bambini e si prostrarono e infi ne si fecero avanti Giuseppe e Rachele e si prostrarono. Domandò ancora: «Che cosa vuoi fare d i tutta questa carovana che ho incontrato?». Rispose: «è per trovar grazia agli occhi del mio sign ore». Esaù disse: «Ho beni in abbondanza fratello mio resti per te quello che è tuo!». Ma Giacob be disse: «No ti prego se ho trovato grazia ai tuoi occhi accetta dalla mia mano il mio dono perc hé io sto alla tua presenza come davanti a Dio e tu mi hai gradito. Accetta il dono augurale che t i è stato presentato perché Dio mi ha favorito e sono provvisto di tutto!». Così egli insistette e q uegli accettò. Esaù disse: «Partiamo e mettiamoci in viaggio: io camminerò davanti a te». Gli ris pose: «Il mio signore sa che i bambini sono delicati e che devo aver cura delle greggi e degli arm enti che allattano: se si affaticassero anche un giorno solo tutte le bestie morirebbero. Il mio sig nore passi prima del suo servo mentre io mi sposterò con mio agio tenendo il passo di questo b estiame che mi precede e dei bambini finché arriverò presso il mio signore in Seir». Disse allora Esaù: «Almeno possa lasciare con te una parte della gente che ho con me!». Rispose: «Ma perc hé? Basta solo che io trovi grazia agli occhi del mio signore!». Così quel giorno stesso Esaù ritorn
ò per conto proprio in Seir. Giacobbe invece partì per Succot dove costruì una casa per sé e fece capanne per il gregge. Per questo chiamò quel luogo Succot. Giacobbe arrivò sano e salvo alla c ittà di Sichem che è nella terra di Canaan al ritorno da Paddan-Aram e si accampò di fronte alla città. Acquistò dai figli di Camor padre di Sichem per cento pez zi d’argento quella porzione di campagna dove aveva piantato la tenda. Qui eresse un altare e l o chiamò «El Dio d’Israele». Dina la figlia che Lia aveva partorito a Giacobbe uscì a vedere le rag azze del posto. Ma la notò Sichem figlio di Camor l’Eveo principe di quel territorio la rapì e si cor icò con lei facendole violenza. Ma poi egli rimase legato a Dina, figlia di Giacobbe; s’innamorò d ella giovane e le rivolse parole di conforto. Quindi disse a Camor suo padre: «Prendimi in moglie questa ragazza». Intanto Giacobbe aveva saputo che quello aveva disonorato sua figlia Dina ma i suoi figli erano in campagna con il suo bestiame e Giacobbe tacque fino al loro arrivo. Venne d unque Camor padre di Sichem da Giacobbe per parlare con lui. Quando i figli di Giacobbe tornar ono dalla campagna sentito l’accaduto ne furono addolorati e s’indignarono molto perché quegl i coricandosi con la figlia di Giacobbe aveva commesso un’infamia in Israele: così non si doveva f are! Camor disse loro: «Sichem mio figlio è innamorato della vostra figlia; vi prego dategliela in moglie! Anzi imparentatevi con noi: voi darete a noi le vostre figlie e vi prenderete per voi le no stre figlie. Abiterete con noi e la terra sarà a vostra disposizione; potrete risiedervi percorrerla i n lungo e in largo e acquistare proprietà». Sichem disse al padre e ai fratelli di lei: «Possa io trov are grazia agli occhi vostri; vi darò quel che mi direte. Alzate pure molto a mio carico il prezzo n uziale e il valore del dono; vi darò quanto mi chiederete ma concedetemi la giovane in moglie!»
. Allora i figli di Giacobbe risposero a Sichem e a suo padre Camor e parlarono con inganno, poic hé quegli aveva disonorato la loro sorella Dina. Dissero loro: «Non possiamo fare questo dare la nostra sorella a un uomo non circonciso perché ciò sarebbe un disonore per noi. Acconsentire mo alla vostra richiesta solo a questa condizione: diventare come noi, circoncidendo ogni vostro maschio. In tal caso noi vi daremo le nostre figlie e ci prenderemo le vostre abiteremo con voi e diventeremo un solo popolo. Ma se voi non ci ascoltate a proposito della nostra circoncisione p renderemo la nostra ragazza e ce ne andremo». Le loro parole piacquero a Camor e a Sichem fig lio di Camor. Il giovane non indugiò a eseguire la cosa perché amava la figlia di Giacobbe; d’altra parte era il più onorato di tutto il casato di suo padre. Vennero dunque Camor e il figlio Sichem alla porta della loro città e parlarono agli uomini della città: «Questi uomini sono gente pacifica con noi: abitino pure con noi nel territorio e lo percorrano in lungo e in largo; esso è molto ampi o per loro in ogni direzione. Noi potremo prendere in moglie le loro figlie e potremo dare loro le nostre. Ma questi uomini a una condizione acconsentiranno ad abitare con noi per diventare u n unico popolo: se noi circoncidiamo ogni nostro maschio come loro stessi sono circoncisi. I loro armenti la loro ricchezza e tutto il loro bestiame non diverranno forse nostri? Accontentiamoli dunque e possano abitare con noi!». Quanti si radunavano alla porta della sua città ascoltarono Camor e il figlio Sichem: tutti i maschi quanti si radunavano alla porta della città si fecero circon cidere. Ma il terzo giorno quand’essi erano sofferenti i due figli di Giacobbe Simeone e Levi i frat
elli di Dina presero ciascuno la propria spada entrarono indisturbati nella città e uccisero tutti i maschi. Passarono così a fil di spada Camor e suo figlio Sichem portarono via Dina dalla casa di S
ichem e si allontanarono. I figli di Giacobbe si buttarono sui cadaveri e saccheggiarono la città p erché quelli avevano disonorato la loro sorella. Presero le loro greggi e i loro armenti i loro asini e quanto era nella città e nella campagna. Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze tut ti i loro bambini e le loro donne e saccheggiarono quanto era nelle case. Allora Giacobbe disse a Simeone e a Levi: «Voi mi avete rovinato rendendomi odioso agli abitanti della regione ai Cana nei e ai Perizziti. Io ho solo pochi uomini; se essi si raduneranno contro di me mi vinceranno e io sarò annientato con la mia casa». Risposero: «Si tratta forse la nostra sorella come una prostitu ta?». Dio disse a Giacobbe: «àlzati sali a Betel e abita là costruisci in quel luogo un altare al Dio c he ti è apparso quando fuggivi lontano da Esaù tuo fratello». Allora Giacobbe disse alla sua fami glia e a quanti erano con lui: «Eliminate gli dèi degli stranieri che avete con voi purificatevi e ca mbiate gli abiti. Poi alziamoci e saliamo a Betel dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esau dito al tempo della mia angoscia ed è stato con me nel cammino che ho percorso». Essi consegn arono a Giacobbe tutti gli dèi degli stranieri che possedevano e i pendenti che avevano agli orec chi e Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem. Poi partirono e un grande terrore assa lì le città all’intorno così che non inseguirono i figli di Giacobbe. Giacobbe e tutta la gente che er a con lui arrivarono a Luz cioè Betel che è nella terra di Canaan. Qui egli costruì un altare e chia mò quel luogo El-Betel perché là Dio gli si era rivelato quando fuggiva lontano da suo fratello. Allora morì Dèbora la nutrice di Rebecca e fu sepolta al di sotto di Betel ai piedi della quercia. Così essa prese il nom e di Quercia del Pianto. Dio apparve un’altra volta a Giacobbe durante il ritorno da Paddan-Aram e lo benedisse. Dio gli disse: «Il tuo nome è Giacobbe. Ma non ti chiamerai più Giacobbe: I sraele sarà il tuo nome». Così lo si chiamò Israele. Dio gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente. Sii f econdo e diventa numeroso; deriveranno da te una nazione e un insieme di nazioni, e re usciran no dai tuoi fianchi. Darò a te la terra che ho concesso ad Abramo e a Isacco e dopo di te, la darò alla tua stirpe». Dio disparve da lui dal luogo dove gli aveva parlato. Allora Giacobbe eresse una stele dove gli aveva parlato una stele di pietra e su di essa fece una libagione e versò olio. Giac obbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato. Quindi partirono da Betel. Mancava anco ra un tratto di cammino per arrivare a èfrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile.
Mentre penava a partorire la levatrice le disse: «Non temere: anche questa volta avrai un figlio
!». Ormai moribonda quando stava per esalare l’ultimo respiro lei lo chiamò Ben-Onì ma suo padre lo chiamò Beniamino. Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso èfr ata cioè Betlemme. Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. è la stele della tomba di Rachele che esiste ancora oggi. Poi Israele partì e piantò la tenda al di là di Migdal-Eder. Mentre Israele abitava in quel territorio Ruben andò a unirsi con Bila concubina del padre e Israele lo venne a sapere. I figli di Giacobbe furono dodici. Figli di Lia: Ruben il primogenito di Giacobbe poi Simeone Levi Giuda ìssacar e Zàbulon; figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino; figli
di Bila schiava di Rachele: Dan e Nèftali; figli di Zilpa schiava di Lia: Gad e Aser. Questi sono i figli di Giacobbe che gli nacquero in Paddan-Aram. Giacobbe venne da suo padre Isacco a Mamre a Kiriat-Arbà cioè Ebron dove Abramo e Isacco avevano soggiornato come forestieri. Isacco raggiunse l’
età di centoottant’anni. Poi Isacco spirò morì e si riunì ai suoi antenati vecchio e sazio di giorni.
Lo seppellirono i suoi figli Esaù e Giacobbe. Questa è la discendenza di Esaù cioè Edom. Esaù pre se le sue mogli tra le figlie dei Cananei: Ada figlia di Elon l’Ittita; Oolibamà figlia di Anà figlio di Si beon l’Urrita; Basmat figlia di Ismaele sorella di Nebaiòt. Ada partorì a Esaù Elifaz Basmat partor ì Reuèl Oolibamà partorì Ieus Ialam e Core. Questi sono i figli di Esaù che gli nacquero nella terr a di Canaan. Poi Esaù prese con sé le mogli i figli e le figlie e tutte le persone della sua casa il suo gregge e tutto il suo bestiame e tutti i suoi beni che aveva acquistati nella terra di Canaan e and ò in una regione lontano dal fratello Giacobbe. Infatti i loro possedimenti erano troppo grandi p erché essi potessero abitare insieme e il territorio dove soggiornavano come forestieri non bast ava a sostenerli a causa del loro bestiame. Così Esaù si stabilì sulle montagne di Seir. Esaù è Edo m. Questa è la discendenza di Esaù padre degli Edomiti nelle montagne di Seir. Questi sono i no mi dei figli di Esaù: Elifaz figlio di Ada moglie di Esaù Reuèl figlio di Basmat moglie di Esaù. I figli di Elifaz furono: Teman Omar, Sefò Gatam Kenaz. Timna era concubina di Elifaz figlio di Esaù e gl i generò Amalèk. Questi sono i figli di Ada moglie di Esaù. Questi sono i figli di Reuèl: Nacat e Ze rach Sammà e Mizzà. Questi furono i figli di Basmat moglie di Esaù. Questi furono i figli di Oolib amà moglie di Esaù figlia di Anà figlio di Sibeon; ella partorì a Esaù Ieus Ialam e Core. Questi son o i capi dei figli di Esaù: i figli di Elifaz primogenito di Esaù: il capo di Teman il capo di Omar il ca po di Sefò il capo di Kenaz il capo di Core il capo di Gatam il capo di Amalèk. Questi sono i capi d i Elifaz nel territorio di Edom: questi sono i figli di Ada. Questi sono i figli di Reuèl figlio di Esaù: il capo di Nacat il capo di Zerach il capo di Sammà il capo di Mizzà. Questi sono i capi di Reuèl nel territorio di Edom; questi sono i figli di Basmat moglie di Esaù. Questi sono i figli di Oolibamà m oglie di Esaù: il capo di Ieus il capo di Ialam il capo di Core. Questi sono i capi di Oolibamà figlia di Anà moglie di Esaù. Questi sono i figli di Esaù e questi i loro capi. Questo è il popolo degli Edo miti. Questi sono i figli di Seir l’Urrita che abitano la regione: Lotan Sobal Sibeon, Anà Dison Eser e Disan. Questi sono i capi degli Urriti figli di Seir nel territorio di Edom. I figli di Lotan furono Or ì e Emam e la sorella di Lotan era Timna. I figli di Sobal sono Alvan Manàcat Ebal Sefò e Onam. I figli di Sibeon sono Aià e Anà fu proprio Anà che trovò le sorgenti calde nel deserto mentre pasc olava gli asini del padre Sibeon. I figli di Anà sono Dison e Oolibamà. I figli di Dison sono Chemda n Esban Itran e Cheran. I figli di Eser sono Bilan Zaavan e Akan. I figli di Disan sono Us e Aran. Qu esti sono i capi degli Urriti: il capo di Lotan il capo di Sobal il capo di Sibeon il capo di Anà il capo di Dison il capo di Eser il capo di Disan. Questi sono i capi degli Urriti secondo le loro tribù nella regione di Seir. Questi sono i re che regnarono nel territorio di Edom prima che regnasse un re s ugli Israeliti. Regnò dunque in Edom Bela figlio di Beor e la sua città si chiamava Dinaba. Bela m orì e al suo posto regnò Iobab figlio di Zerach da Bosra. Iobab morì e al suo posto regnò Cusam
del territorio dei Temaniti. Cusam morì e al suo posto regnò Adad figlio di Bedad colui che vinse i Madianiti nelle steppe di Moab; la sua città si chiamava Avìt. Adad morì e al suo posto regnò S
amla da Masrekà. Samla morì e al suo posto regnò Saul da Recobòt-Naar. Saul morì e al suo posto regnò Baal-Canan figlio di Acbor. Baal-Canan figlio di Acbor morì e al suo posto regnò Adar: la sua città si chiama Pau e la moglie si chi amava Meetabèl figlia di Matred, figlia di Me-Zaab. Questi sono i nomi dei capi di Esaù secondo le loro famiglie le loro località con i loro nomi: il capo di Timna il capo di Alva il capo di Ietet il capo di Oolibamà il capo di Ela il capo di Pinon il capo di Kenaz il capo di Teman il capo di Mibsar il capo di Magdièl il capo di Iram. Questi sono i capi di Edom secondo le loro sedi nel territorio di loro proprietà. è questi Esaù il padre degli Edo miti. Giacobbe si stabilì nella terra dove suo padre era stato forestiero nella terra di Canaan. Qu esta è la discendenza di Giacobbe. Giuseppe all’età di diciassette anni pascolava il gregge con i s uoi fratelli. Essendo ancora giovane stava con i figli di Bila e i figli di Zilpa mogli di suo padre. Or a Giuseppe riferì al padre di chiacchiere maligne su di loro. Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe. I suoi fratelli vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli lo odiavano e non riusciva no a parlargli amichevolmente. Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli che lo odiar ono ancora di più. Disse dunque loro: «Ascoltate il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando cov oni in mezzo alla campagna quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni si po sero attorno e si prostrarono davanti al mio». Gli dissero i suoi fratelli: «Vuoi forse regnare su di noi o ci vuoi dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. Eg li fece ancora un altro sogno e lo narrò ai fratelli e disse: «Ho fatto ancora un sogno sentite: il so le la luna e undici stelle si prostravano davanti a me». Lo narrò dunque al padre e ai fratelli. Ma il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io tu a madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?». I suoi fratelli perciò divennero inv idiosi di lui mentre il padre tenne per sé la cosa. I suoi fratelli erano andati a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. Israele disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Siche m? Vieni ti voglio mandare da loro». Gli rispose: «Eccomi!». Gli disse: «Va’ a vedere come stann o i tuoi fratelli e come sta il bestiame poi torna a darmi notizie». Lo fece dunque partire dalla va lle di Ebron ed egli arrivò a Sichem. Mentre egli si aggirava per la campagna lo trovò un uomo c he gli domandò: «Che cosa cerchi?». Rispose: «Sono in cerca dei miei fratelli. Indicami dove si tr ovano a pascolare». Quell’uomo disse: «Hanno tolto le tende di qui; li ho sentiti dire: “Andiamo a Dotan!”». Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. Essi lo videro da lo ntano e prima che giungesse vicino a loro complottarono contro di lui per farlo morire. Si disser o l’un l’altro: «Eccolo! è arrivato il signore dei sogni! Orsù uccidiamolo e gettiamolo in una cister na! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». M
a Ruben sentì e volendo salvarlo dalle loro mani disse: «Non togliamogli la vita». Poi disse loro:
«Non spargete il sangue gettatelo in questa cisterna che è nel deserto ma non colpitelo con la v
ostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota s enz’acqua. Poi sedettero per prendere cibo. Quand’ecco alzando gli occhi videro arrivare una ca rovana di Ismaeliti provenienti da Gàlaad con i cammelli carichi di resina balsamo e làudano, ch e andavano a portare in Egitto. Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nos tro fratello e a coprire il suo sangue? Su vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contr o di lui perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto. Passarono alcu ni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’ar gento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto. Quando Ruben to rnò alla cisterna ecco Giuseppe non c’era più. Allora si stracciò le vesti tornò dai suoi fratelli e di sse: «Il ragazzo non c’è più e io dove andrò?». Allora presero la tunica di Giuseppe sgozzarono u n capro e intinsero la tunica nel sangue. Poi mandarono al padre la tunica con le maniche lungh e e gliela fecero pervenire con queste parole: «Abbiamo trovato questa; per favore verifica se è la tunica di tuo figlio o no». Egli la riconobbe e disse: «è la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l’ha divorato. Giuseppe è stato sbranato». Giacobbe si stracciò le vesti si pose una tela di sacco attorno ai fianchi e fece lutto sul suo figlio per molti giorni. Tutti i figli e le figlie vennero a conso larlo ma egli non volle essere consolato dicendo: «No io scenderò in lutto da mio figlio negli infe ri». E il padre suo lo pianse. Intanto i Madianiti lo vendettero in Egitto a Potifàr eunuco del fara one e comandante delle guardie. In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì press o un uomo di Adullàm di nome Chira. Qui Giuda notò la figlia di un Cananeo chiamato Sua la pre se in moglie e si unì a lei. Ella concepì e partorì un figlio e lo chiamò Er. Concepì ancora e partorì un figlio e lo chiamò Onan. Ancora un’altra volta partorì un figlio e lo chiamò Sela. Egli si trovav a a Chezìb quando lei lo partorì. Giuda scelse per il suo primogenito Er una moglie che si chiama va Tamar. Ma Er primogenito di Giuda si rese odioso agli occhi del Signore e il Signore lo fece m orire. Allora Giuda disse a Onan: «Va’ con la moglie di tuo fratello compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così una posterità a tuo fratello». Ma Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello disperdeva il seme pe r terra per non dare un discendente al fratello. Ciò che egli faceva era male agli occhi del Signor e il quale fece morire anche lui. Allora Giuda disse alla nuora Tamar: «Ritorna a casa da tuo padr e come vedova fin quando il mio figlio Sela sarà cresciuto». Perché pensava: «Che non muoia an che questo come i suoi fratelli!». Così Tamar se ne andò e ritornò alla casa di suo padre. Trascor sero molti giorni e morì la figlia di Sua moglie di Giuda. Quando Giuda ebbe finito il lutto si recò a Timna da quelli che tosavano il suo gregge e con lui c’era Chira il suo amico di Adullàm. La noti zia fu data a Tamar: «Ecco tuo suocero va a Timna per la tosatura del suo gregge». Allora Tamar si tolse gli abiti vedovili si coprì con il velo e se lo avvolse intorno poi si pose a sedere all’ingress o di Enàim che è sulla strada per Timna. Aveva visto infatti che Sela era ormai cresciuto ma lei n on gli era stata data in moglie. Quando Giuda la vide la prese per una prostituta perché essa si e
ra coperta la faccia. Egli si diresse su quella strada verso di lei e disse: «Lascia che io venga con t e!». Non sapeva infatti che era sua nuora. Ella disse: «Che cosa mi darai per venire con me?». Ri spose: «Io ti manderò un capretto del gregge». Ella riprese: «Mi lasci qualcosa in pegno fin quan do non me lo avrai mandato?». Egli domandò: «Qual è il pegno che devo dare?». Rispose: «Il tu o sigillo il tuo cordone e il bastone che hai in mano». Allora Giuda glieli diede e si unì a lei. Ella ri mase incinta. Poi si alzò e se ne andò si tolse il velo e riprese gli abiti vedovili. Giuda mandò il ca pretto per mezzo del suo amico di Adullàm per riprendere il pegno dalle mani di quella donna ma quello non la trovò. Domandò agli uomini di quel luogo: «Dov’è quella prostituta che stava a Enàim sulla strada?». Ma risposero: «Qui non c’è stata alcuna prostituta». Così tornò da Giuda e disse: «Non l’ho trovata; anche gli uomini di quel luogo dicevano: “Qui non c’è stata alcuna pr ostituta”». Allora Giuda disse: «Si tenga quello che ha! Altrimenti ci esponiamo agli scherni. Ecc o: le ho mandato questo capretto ma tu non l’hai trovata». Circa tre mesi dopo fu portata a Giu da questa notizia: «Tamar tua nuora si è prostituita e anzi è incinta a causa delle sue prostituzio ni». Giuda disse: «Conducetela fuori e sia bruciata!». Mentre veniva condotta fuori ella mandò a dire al suocero: «Io sono incinta dell’uomo a cui appartengono questi oggetti». E aggiunse: «P
er favore, verifica di chi siano questo sigillo questi cordoni e questo bastone». Giuda li riconobb e e disse: «Lei è più giusta di me: infatti io non l’ho data a mio figlio Sela». E non ebbe più rappo rti con lei. Quando giunse per lei il momento di partorire ecco aveva nel grembo due gemelli. D
urante il parto uno di loro mise fuori una mano e la levatrice prese un filo scarlatto e lo legò att orno a quella mano dicendo: «Questi è uscito per primo». Ma poi questi ritirò la mano ed ecco v enne alla luce suo fratello. Allora ella esclamò: «Come ti sei aperto una breccia?» e fu chiamato Peres. Poi uscì suo fratello che aveva il filo scarlatto alla mano e fu chiamato Zerach. Giuseppe e ra stato portato in Egitto e Potifàr eunuco del faraone e comandante delle guardie un Egiziano l o acquistò da quegli Ismaeliti che l’avevano condotto laggiù. Il Signore fu con Giuseppe: a lui tut to riusciva bene e rimase nella casa dell’Egiziano, suo padrone. Il suo padrone si accorse che il Si gnore era con lui e che il Signore faceva riuscire per mano sua quanto egli intraprendeva. Così G
iuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi quello lo nominò su o maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi. Da quando egli lo aveva fatto suo maggior domo e incaricato di tutti i suoi averi il Signore benedisse la casa dell’Egiziano grazie a Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva sia in casa sia nella campagna. Così egli lasciò t utti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non si occupava più di nulla se non del cibo che mangia va. Ora Giuseppe era bello di forma e attraente di aspetto. Dopo questi fatti la moglie del padro ne mise gli occhi su Giuseppe e gli disse: «Còricati con me!». Ma egli rifiutò e disse alla moglie d el suo padrone: «Vedi il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha d ato in mano tutti i suoi averi. Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito n ient’altro se non te perché sei sua moglie. Come dunque potrei fare questo grande male e pecc are contro Dio?». E benché giorno dopo giorno ella parlasse a Giuseppe in tal senso, egli non ac cettò di coricarsi insieme per unirsi a lei. Un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro ment
re non c’era alcuno dei domestici. Ella lo afferrò per la veste dicendo: «Còricati con me!». Ma eg li le lasciò tra le mani la veste fuggì e se ne andò fuori. Allora lei vedendo che egli le aveva lascia to tra le mani la veste ed era fuggito fuori, chiamò i suoi domestici e disse loro: «Guardate ci ha condotto in casa un Ebreo per divertirsi con noi! Mi si è accostato per coricarsi con me ma io ho gridato a gran voce. Egli appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo ha lasciato la veste ac canto a me, è fuggito e se ne è andato fuori». Ed ella pose accanto a sé la veste di lui finché il pa drone venne a casa. Allora gli disse le stesse cose: «Quel servo ebreo che tu ci hai condotto in c asa mi si è accostato per divertirsi con me. Ma appena io ho gridato e ho chiamato ha abbando nato la veste presso di me ed è fuggito fuori». Il padrone, all’udire le parole che sua moglie gli ri peteva: «Proprio così mi ha fatto il tuo servo!» si accese d’ira. Il padrone prese Giuseppe e lo mi se nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re. Così egli rimase là in prigione. Ma il Sign ore fu con Giuseppe gli accordò benevolenza e gli fece trovare grazia agli occhi del comandante della prigione. Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nel la prigione e quanto c’era da fare là dentro lo faceva lui. Il comandante della prigione non si pre ndeva più cura di nulla di quanto era affidato a Giuseppe perché il Signore era con lui e il Signor e dava successo a tutto quanto egli faceva. Dopo questi fatti il coppiere del re d’Egitto e il panet tiere offesero il loro padrone, il re d’Egitto. Il faraone si adirò contro i suoi due eunuchi il capo d ei coppieri e il capo dei panettieri e li fece mettere in custodia nella casa del comandante delle g uardie nella prigione dove Giuseppe era detenuto. Il comandante delle guardie assegnò loro Giu seppe perché li accudisse. Così essi restarono nel carcere per un certo tempo. Ora in una medes ima notte il coppiere e il panettiere del re d’Egitto detenuti nella prigione ebbero tutti e due un sogno ciascuno il suo sogno con un proprio significato. Alla mattina Giuseppe venne da loro e li vide abbattuti. Allora interrogò gli eunuchi del faraone che erano con lui in carcere nella casa de l suo padrone e disse: «Perché oggi avete la faccia così triste?». Gli risposero: «Abbiamo fatto u n sogno e non c’è chi lo interpreti». Giuseppe replicò loro: «Non è forse Dio che ha in suo poter e le interpretazioni? Raccontatemi dunque». Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a G
iuseppe e gli disse: «Nel mio sogno ecco mi stava davanti una vite sulla quale vi erano tre tralci; non appena cominciò a germogliare apparvero i fiori e i suoi grappoli maturarono gli acini. Io te nevo in mano il calice del faraone; presi gli acini li spremetti nella coppa del faraone poi diedi la coppa in mano al faraone». Giuseppe gli disse: «Eccone l’interpretazione: i tre tralci rappresent ano tre giorni. Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti reintegrerà nella tua carica e tu porgerai il calice al faraone secondo la consuetudine di prima quando eri il suo coppiere. Se poi nella tua fortuna volessi ricordarti che sono stato con te trattami ti prego con bontà: ricordami al faraone per farmi uscire da questa casa. Perché io sono stato portato via ingiustamente dalla terra degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla perché mi mettessero in questo sotterraneo». Al lora il capo dei panettieri vedendo che l’interpretazione era favorevole disse a Giuseppe: «Quan to a me nel mio sogno tenevo sul capo tre canestri di pane bianco e nel canestro che stava di so pra c’era ogni sorta di cibi per il faraone quali si preparano dai panettieri. Ma gli uccelli li mangi
avano dal canestro che avevo sulla testa». Giuseppe rispose e disse: «Questa è l’interpretazione
: i tre canestri rappresentano tre giorni. Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti impicc herà a un palo e gli uccelli ti mangeranno la carne addosso». Appunto al terzo giorno che era il g iorno natalizio del faraone questi fece un banchetto per tutti i suoi ministri e allora sollevò la tes ta del capo dei coppieri e la testa del capo dei panettieri in mezzo ai suoi ministri. Reintegrò il c apo dei coppieri nel suo ufficio di coppiere perché porgesse la coppa al faraone; invece impiccò il capo dei panettieri secondo l’interpretazione che Giuseppe aveva loro data. Ma il capo dei co ppieri non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò. Due anni dopo il faraone sognò di trovarsi pres so il Nilo. Ed ecco, salirono dal Nilo sette vacche belle di aspetto e grasse e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed ecco dopo quelle salirono dal Nilo altre sette vacche brutte di aspetto e magre e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. Le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò. Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco sette spighe spuntavano da un unico stelo grosse e belle. Ma do po quelle ecco spuntare altre sette spighe vuote e arse dal vento d’oriente. Le spighe vuote ing hiottirono le sette spighe grosse e piene. Il faraone si svegliò: era stato un sogno. Alla mattina il suo spirito ne era turbato perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell’Egitto. Il faraone rac contò loro il sogno ma nessuno sapeva interpretarlo al faraone. Allora il capo dei coppieri parlò al faraone: «Io devo ricordare oggi le mie colpe. Il faraone si era adirato contro i suoi servi e li av eva messi in carcere nella casa del capo delle guardie sia me sia il capo dei panettieri. Noi facem mo un sogno nella stessa notte io e lui; ma avemmo ciascuno un sogno con un proprio significat o. C’era là con noi un giovane ebreo schiavo del capo delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò dando a ciascuno l’interpretazione del suo sogno. E come egli ci av eva interpretato così avvenne: io fui reintegrato nella mia carica e l’altro fu impiccato». Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo; egli si rase si cambiò gli ab iti e si presentò al faraone. Il faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e nessuno sa interpr etarlo; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito». Gius eppe rispose al faraone: «Non io ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!». Allora il far aone raccontò a Giuseppe: «Nel mio sogno io mi trovavo sulla riva del Nilo. Ed ecco salirono dal Nilo sette vacche grasse e belle di forma e si misero a pascolare tra i giunchi. E dopo quelle ecco salire altre sette vacche deboli molto brutte di forma e magre; non ne vidi mai di così brutte in tutta la terra d’Egitto. Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche quelle grasse.
Queste entrarono nel loro ventre ma non ci si accorgeva che vi fossero entrate perché il loro as petto era brutto come prima. E mi svegliai. Poi vidi nel sogno spuntare da un unico stelo sette s pighe piene e belle. Ma ecco dopo quelle spuntavano sette spighe secche vuote e arse dal vent o d’oriente. Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe belle. Ho riferito il sogno agli indovini ma nessuno sa darmene la spiegazione». Allora Giuseppe disse al faraone: «Il sogno del faraone è uno solo: Dio ha indicato al faraone quello che sta per fare. Le sette vacche belle rappresenta no sette anni e le sette spighe belle rappresentano sette anni: si tratta di un unico sogno. Le set
te vacche magre e brutte che salgono dopo quelle rappresentano sette anni e le sette spighe vu ote arse dal vento d’oriente rappresentano sette anni: verranno sette anni di carestia. è appunt o quel che ho detto al faraone: Dio ha manifestato al faraone quanto sta per fare. Ecco stanno p er venire sette anni in cui ci sarà grande abbondanza in tutta la terra d’Egitto. A questi succeder anno sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quell’abbondanza nella terra d’Egitto e la care stia consumerà la terra. Non vi sarà più alcuna traccia dell’abbondanza che vi era stata nella terr a a causa della carestia successiva perché sarà molto dura. Quanto al fatto che il sogno del fara one si è ripetuto due volte significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si affretta a eseguirla. Il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo della terra d’Egitto. Il fa raone inoltre proceda a istituire commissari sul territorio per prelevare un quinto sui prodotti d ella terra d’Egitto durante i sette anni di abbondanza. Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire ammasseranno il grano sotto l’autorità del faraone e lo ter ranno in deposito nelle città. Questi viveri serviranno di riserva al paese per i sette anni di cares tia che verranno nella terra d’Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia». La proposta piacque al faraone e a tutti i suoi ministri. Il faraone disse ai ministri: «Potremo trovare un uom o come questo in cui sia lo spirito di Dio?». E il faraone disse a Giuseppe: «Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo non c’è nessuno intelligente e saggio come te. Tu stesso sarai il mio governatore e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più gra nde di te». Il faraone disse a Giuseppe: «Ecco io ti metto a capo di tutta la terra d’Egitto». Il fara one si tolse di mano l’anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d’oro. Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava:
«Abrech». E così lo si stabilì su tutta la terra d’Egitto. Poi il faraone disse a Giuseppe: «Io sono il faraone ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d’Egit to». E il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Panèach e gli diede in moglie Asenat figlia di Potifera sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe partì per vi sitare l’Egitto. Giuseppe aveva trent’anni quando entrò al servizio del faraone re d’Egitto. Quind i Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutta la terra d’Egitto. Durante i sette anni di abb ondanza la terra produsse a profusione. Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni di abbondanza c he vennero nella terra d’Egitto e ripose i viveri nelle città: in ogni città i viveri della campagna cir costante. Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare in grandissima quantità così che non se ne fece più il computo perché era incalcolabile. Intanto prima che venisse l’anno della ca restia nacquero a Giuseppe due figli, partoriti a lui da Asenat figlia di Potifera sacerdote di Eliòp oli. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse «perché – disse –
Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre». E il secondo lo chiamò è fraim, «perché – disse –
Dio mi ha reso fecondo nella terra della mia afflizione». Finirono i sette anni di abbondanza nell a terra d’Egitto e cominciarono i sette anni di carestia come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in ogni paese ma in tutta la terra d’Egitto c’era il pane. Poi anche tutta la terra d’Egitto cominci
ò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Il faraone disse a tutti gli Egizia ni: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà». La carestia imperversava su tutta la terra. Allo ra Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e lo vendette agli Egiziani. La carestia si aggra vava in Egitto ma da ogni paese venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe perché la c arestia infieriva su tutta la terra. Giacobbe venne a sapere che in Egitto c’era grano; perciò disse ai figli: «Perché state a guardarvi l’un l’altro?». E continuò: «Ecco ho sentito dire che vi è grano in Egitto. Andate laggiù a comprarne per noi, perché viviamo e non moriamo». Allora i dieci frat elli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento dall’Egitto. Quanto a Beniamino fratello di Gi useppe Giacobbe non lo lasciò partire con i fratelli perché diceva: «Che non gli debba succedere qualche disgrazia!». Arrivarono dunque i figli d’Israele per acquistare il grano in mezzo ad altri c he pure erano venuti perché nella terra di Canaan c’era la carestia. Giuseppe aveva autorità su quella terra e vendeva il grano a tutta la sua popolazione. Perciò i fratelli di Giuseppe vennero d a lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra. Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe ma fece l’estraneo verso di loro, parlò duramente e disse: «Da dove venite?». Risposero: «Dalla terra di Canaan per comprare viveri». Giuseppe riconobbe dunque i fratelli mentre essi non lo ri conobbero. Allora Giuseppe si ricordò dei sogni che aveva avuto a loro riguardo e disse loro: «V
oi siete spie! Voi siete venuti per vedere i punti indifesi del territorio!». Gli risposero: «No mio si gnore; i tuoi servi sono venuti per acquistare viveri. Noi siamo tutti figli di un solo uomo. Noi sia mo sinceri. I tuoi servi non sono spie!». Ma egli insistette: «No voi siete venuti per vedere i punt i indifesi del territorio!». Allora essi dissero: «Dodici sono i tuoi servi; siamo fratelli, figli di un sol o uomo che abita nella terra di Canaan; ora il più giovane è presso nostro padre e uno non c’è pi ù ». Giuseppe disse loro: «Le cose stanno come vi ho detto: voi siete spie! In questo modo saret e messi alla prova: per la vita del faraone, voi non uscirete di qui se non quando vi avrà raggiunt o il vostro fratello più giovane. Mandate uno di voi a prendere il vostro fratello; voi rimarrete pr igionieri. Saranno così messe alla prova le vostre parole per sapere se la verità è dalla vostra par te. Se no, per la vita del faraone voi siete spie!». E li tenne in carcere per tre giorni. Il terzo giorn o Giuseppe disse loro: «Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio! Se voi siete sinceri uno di voi fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame delle v ostre case. Poi mi condurrete qui il vostro fratello più giovane. Così le vostre parole si dimostrer anno vere e non morirete». Essi annuirono. Si dissero allora l’un l’altro: «Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di nostro fratello perché abbiamo visto con quale angoscia ci supplicava e no n lo abbiamo ascoltato. Per questo ci ha colpiti quest’angoscia». Ruben prese a dir loro: «Non vi avevo detto io: “Non peccate contro il ragazzo”? Ma non mi avete dato ascolto. Ecco, ora ci vie ne domandato conto del suo sangue». Non si accorgevano che Giuseppe li capiva dato che tra l ui e loro vi era l’interprete. Allora egli andò in disparte e pianse. Poi tornò e parlò con loro. Scels e tra loro Simeone e lo fece incatenare sotto i loro occhi. Quindi Giuseppe diede ordine di riemp ire di frumento i loro sacchi e di rimettere il denaro di ciascuno nel suo sacco e di dare loro prov viste per il viaggio. E così venne loro fatto. Essi caricarono il grano sugli asini e partirono di là. Or
a in un luogo dove passavano la notte uno di loro aprì il sacco per dare il foraggio all’asino e vid e il proprio denaro alla bocca del sacco. Disse ai fratelli: «Mi è stato restituito il denaro: eccolo q ui nel mio sacco!». Allora si sentirono mancare il cuore e tremanti si dissero l’un l’altro: «Che è mai questo che Dio ci ha fatto?». Arrivati da Giacobbe loro padre nella terra di Canaan gli riferir ono tutte le cose che erano loro capitate: «Quell’uomo che è il signore di quella terra ci ha parla to duramente e ci ha trattato come spie del territorio. Gli abbiamo detto: “Noi siamo sinceri; no n siamo spie! Noi siamo dodici fratelli figli dello stesso padre: uno non c’è più e il più giovane è ora presso nostro padre nella terra di Canaan”. Ma l’uomo signore di quella terra ci ha risposto:
“Mi accerterò se voi siete sinceri in questo modo: lasciate qui con me uno dei vostri fratelli pren dete il grano necessario alle vostre case e andate. Poi conducetemi il vostro fratello più giovane
; così mi renderò conto che non siete spie ma che siete sinceri; io vi renderò vostro fratello e voi potrete circolare nel territorio”». Mentre svuotavano i sacchi ciascuno si accorse di avere la sua borsa di denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro padre videro le borse di denaro furono presi da timore. E il loro padre Giacobbe disse: «Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c’è più, Simeone non c’è più e Beniamino me lo volete prendere. Tutto ricade su di me!». Allora Ru ben disse al padre: «Farai morire i miei due figli se non te lo ricondurrò. Affidalo alle mie mani e io te lo restituirò». Ma egli rispose: «Il mio figlio non andrà laggiù con voi perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che voi volete fare f areste scendere con dolore la mia canizie negli inferi». La carestia continuava a gravare sulla ter ra. Quand’ebbero finito di consumare il grano che avevano portato dall’Egitto il padre disse loro
: «Tornate là e acquistate per noi un po’ di viveri». Ma Giuda gli disse: «Quell’uomo ci ha avverti to severamente: “Non verrete alla mia presenza se non avrete con voi il vostro fratello!”. Se tu s ei disposto a lasciar partire con noi nostro fratello andremo laggiù e ti compreremo dei viveri.
Ma se tu non lo lasci partire non ci andremo, perché quell’uomo ci ha detto: “Non verrete alla mia presenza se non avrete con voi il vostro fratello!”». Israele disse: «Perché mi avete fatto qu esto male: far sapere a quell’uomo che avevate ancora un fratello?». Risposero: «Quell’uomo ci ha interrogati con insistenza intorno a noi e alla nostra parentela: “è ancora vivo vostro padre?
Avete qualche altro fratello?”. E noi abbiamo risposto secondo queste domande. Come avremm o potuto sapere che egli avrebbe detto: “Conducete qui vostro fratello”?». Giuda disse a Israele suo padre: «Lascia venire il giovane con me; prepariamoci a partire per sopravvivere e non mori re noi tu e i nostri bambini. Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. Se non te lo ricondurrò se non te lo riporterò io sarò colpevole contro di te per tutta la vita. Se non avessimo indugiato ora saremmo già di ritorno per la seconda volta». Israele loro padre rispose: «Se è co sì fate pure: mettete nei vostri bagagli i prodotti più scelti della terra e portateli in dono a quell’
uomo: un po’ di balsamo un po’ di miele resina e làudano pistacchi e mandorle. Prendete con v oi il doppio del denaro così porterete indietro il denaro che è stato rimesso nella bocca dei vostr i sacchi: forse si tratta di un errore. Prendete anche vostro fratello partite e tornate da quell’uo mo. Dio l’Onnipotente vi faccia trovare misericordia presso quell’uomo così che vi rilasci sia l’alt
ro fratello sia Beniamino. Quanto a me una volta che non avrò più i miei figli non li avrò più!». G
li uomini presero dunque questo dono e il doppio del denaro e anche Beniamino si avviarono sc esero in Egitto e si presentarono a Giuseppe. Quando Giuseppe vide Beniamino con loro disse al suo maggiordomo: «Conduci questi uomini in casa macella quello che occorre e apparecchia pe rché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno». Quell’uomo fece come Giuseppe avev a ordinato e introdusse quegli uomini nella casa di Giuseppe. Ma essi si spaventarono perché ve nivano condotti in casa di Giuseppe e si dissero: «A causa del denaro rimesso l’altra volta nei no stri sacchi ci conducono là: per assalirci, piombarci addosso e prenderci come schiavi con i nostr i asini». Allora si avvicinarono al maggiordomo della casa di Giuseppe e parlarono con lui all’ingr esso della casa; dissero: «Perdona mio signore noi siamo venuti già un’altra volta per comprare viveri. Quando fummo arrivati a un luogo per passarvi la notte aprimmo i sacchi ed ecco il denar o di ciascuno si trovava alla bocca del suo sacco: proprio il nostro denaro con il suo peso esatto.
Noi ora l’abbiamo portato indietro e per acquistare i viveri abbiamo portato con noi altro denar o. Non sappiamo chi abbia messo nei sacchi il nostro denaro!». Ma quegli disse: «State in pace non temete! Il vostro Dio e il Dio dei vostri padri vi ha messo un tesoro nei sacchi; il vostro dena ro lo avevo ricevuto io». E condusse loro Simeone. Quell’uomo fece entrare gli uomini nella cas a di Giuseppe diede loro dell’acqua, perché si lavassero i piedi e diede il foraggio ai loro asini. Es si prepararono il dono nell’attesa che Giuseppe arrivasse a mezzogiorno perché avevano saputo che avrebbero preso cibo in quel luogo. Quando Giuseppe arrivò a casa gli presentarono il don o che avevano con sé e si prostrarono davanti a lui con la faccia a terra. Egli domandò loro com e stavano e disse: «Sta bene il vostro vecchio padre di cui mi avete parlato? Vive ancora?». Risp osero: «Il tuo servo nostro padre sta bene è ancora vivo» e si inginocchiarono prostrandosi. Egli alzò gli occhi e guardò Beniamino il suo fratello figlio della stessa madre e disse: «è questo il vos tro fratello più giovane di cui mi avete parlato?» e aggiunse: «Dio ti conceda grazia figlio mio!».
Giuseppe si affrettò a uscire perché si era commosso nell’intimo alla presenza di suo fratello e s entiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse. Poi si lavò la faccia uscì e facendo si forza ordinò: «Servite il pasto». Fu servito per lui a parte per loro a parte e per i commensali e giziani a parte perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò sarebbe per loro u n abominio. Presero posto davanti a lui dal primogenito al più giovane ciascuno in ordine di età e si guardavano con meraviglia l’un l’altro. Egli fece portare loro porzioni prese dalla propria me nsa ma la porzione di Beniamino era cinque volte più abbondante di quella di tutti gli altri. E con lui bevvero fino all’allegria. Diede poi quest’ordine al suo maggiordomo: «Riempi i sacchi di que gli uomini di tanti viveri quanti ne possono contenere e rimetti il denaro di ciascuno alla bocca d el suo sacco. Metterai la mia coppa la coppa d’argento alla bocca del sacco del più giovane, insi eme con il denaro del suo grano». Quello fece secondo l’ordine di Giuseppe. Alle prime luci del mattino quegli uomini furono fatti partire con i loro asini. Erano appena usciti dalla città e ancor a non si erano allontanati quando Giuseppe disse al suo maggiordomo: «Su insegui quegli uomi ni raggiungili e di’ loro: “Perché avete reso male per bene? Non è forse questa la coppa in cui be
ve il mio signore e per mezzo della quale egli suole trarre i presagi? Avete fatto male a fare così”
». Egli li raggiunse e ripeté loro queste parole. Quelli gli risposero: «Perché il mio signore dice q uesto? Lontano dai tuoi servi il fare una cosa simile! Ecco se ti abbiamo riportato dalla terra di C
anaan il denaro che abbiamo trovato alla bocca dei nostri sacchi come avremmo potuto rubare argento o oro dalla casa del tuo padrone? Quello dei tuoi servi presso il quale si troverà sia mes so a morte e anche noi diventeremo schiavi del mio signore». Rispose: «Ebbene come avete det to così sarà: colui, presso il quale si troverà la coppa diventerà mio schiavo e voi sarete innocent i». Ciascuno si affrettò a scaricare a terra il suo sacco e lo aprì. Quegli li frugò cominciando dal maggiore e finendo con il più piccolo e la coppa fu trovata nel sacco di Beniamino. Allora essi si stracciarono le vesti ricaricarono ciascuno il proprio asino e tornarono in città. Giuda e i suoi fra telli vennero nella casa di Giuseppe che si trovava ancora là e si gettarono a terra davanti a lui.
Giuseppe disse loro: «Che azione avete commesso? Non vi rendete conto che un uomo come m e è capace di indovinare?». Giuda disse: «Che diremo al mio signore? Come parlare? Come giust ificarci? Dio stesso ha scoperto la colpa dei tuoi servi! Eccoci schiavi del mio signore noi e colui c he è stato trovato in possesso della coppa». Ma egli rispose: «Lontano da me fare una cosa simil e! L’uomo trovato in possesso della coppa quello sarà mio schiavo: quanto a voi tornate in pace da vostro padre». Allora Giuda gli si fece innanzi e disse: «Perdona mio signore sia permesso al t uo servo di far sentire una parola agli orecchi del mio signore; non si accenda la tua ira contro il tuo servo, perché uno come te è pari al faraone! Il mio signore aveva interrogato i suoi servi: “A vete ancora un padre o un fratello?”. E noi avevamo risposto al mio signore: “Abbiamo un padr e vecchio e un figlio ancora giovane natogli in vecchiaia il fratello che aveva è morto ed egli è ri masto l’unico figlio di quella madre e suo padre lo ama”. Tu avevi detto ai tuoi servi: “Conducet elo qui da me perché possa vederlo con i miei occhi”. Noi avevamo risposto al mio signore: “Il gi ovinetto non può abbandonare suo padre: se lascerà suo padre questi ne morirà”. Ma tu avevi i ngiunto ai tuoi servi: “Se il vostro fratello minore non verrà qui con voi non potrete più venire al la mia presenza”. Fatto ritorno dal tuo servo mio padre gli riferimmo le parole del mio signore.
E nostro padre disse: “Tornate ad acquistare per noi un po’ di viveri”. E noi rispondemmo: “Non possiamo ritornare laggiù: solo se verrà con noi il nostro fratello minore andremo; non saremm o ammessi alla presenza di quell’uomo senza avere con noi il nostro fratello minore”. Allora il tu o servo mio padre ci disse: “Voi sapete che due figli mi aveva procreato mia moglie. Uno partì d a me e dissi: certo è stato sbranato! Da allora non l’ho più visto. Se ora mi porterete via anche q uesto e gli capitasse una disgrazia voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi”. Or a se io arrivassi dal tuo servo mio padre e il giovinetto non fosse con noi poiché la vita dell’uno è legata alla vita dell’altro non appena egli vedesse che il giovinetto non è con noi, morirebbe e i tuoi servi avrebbero fatto scendere con dolore negli inferi la canizie del tuo servo nostro padre
. Ma il tuo servo si è reso garante del giovinetto presso mio padre dicendogli: “Se non te lo rico ndurrò sarò colpevole verso mio padre per tutta la vita”. Ora lascia che il tuo servo rimanga al p osto del giovinetto come schiavo del mio signore e il giovinetto torni lassù con i suoi fratelli! Per
ché come potrei tornare da mio padre senza avere con me il giovinetto? Che io non veda il male che colpirebbe mio padre!». Allora Giuseppe non poté più trattenersi dinanzi a tutti i circostant i e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessun altro presso di lui mentr e Giuseppe si faceva conoscere dai suoi fratelli. E proruppe in un grido di pianto. Gli Egiziani lo s entirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone. Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giusepp e! è ancora vivo mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli perché sconvolti dalla sua presenza. Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro
: «Io sono Giuseppe il vostro fratello quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto. Ma or a non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù perché Dio mi ha mandato qu i prima di voi per conservarvi in vita. Perché già da due anni vi è la carestia nella regione e ancor a per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. Dio mi ha mandato qui prima di voi per as sicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui ma Dio. Egli mi ha stabilito padre per il faraone signore su tut ta la sua casa e governatore di tutto il territorio d’Egitto. Affrettatevi a salire da mio padre e dit egli: “Così dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto. Vieni quaggiù pr esso di me senza tardare. Abiterai nella terra di Gosen e starai vicino a me tu con i tuoi figli e i fi gli dei tuoi figli le tue greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. Là io provvederò al tuo sostenta mento poiché la carestia durerà ancora cinque anni e non cadrai nell’indigenza tu la tua famiglia e quanto possiedi”. Ed ecco i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniami no: è la mia bocca che vi parla! Riferite a mio padre tutta la gloria che io ho in Egitto e quanto a vete visto; affrettatevi a condurre quaggiù mio padre». Allora egli si gettò al collo di suo fratello Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva stretto al suo collo. Poi baciò tutti i fratelli e pia nse. Dopo i suoi fratelli si misero a conversare con lui. Intanto nella casa del faraone si era diffus a la voce: «Sono venuti i fratelli di Giuseppe!» e questo fece piacere al faraone e ai suoi ministri.
Allora il faraone disse a Giuseppe: «Di’ ai tuoi fratelli: “Fate così: caricate le cavalcature partite e andate nella terra di Canaan. Prendete vostro padre e le vostre famiglie e venite da me: io vi d arò il meglio del territorio d’Egitto e mangerete i migliori prodotti della terra”. Quanto a te da’ l oro questo comando: “Fate così: prendete con voi dalla terra d’Egitto carri per i vostri bambini e le vostre donne caricate vostro padre e venite. Non abbiate rincrescimento per i vostri beni per ché il meglio di tutta la terra d’Egitto sarà vostro”». Così fecero i figli d’Israele. Giuseppe diede l oro carri secondo l’ordine del faraone e consegnò loro una provvista per il viaggio. Diede a tutti un cambio di abiti per ciascuno ma a Beniamino diede trecento sicli d’argento e cinque cambi di abiti. Inoltre mandò al padre dieci asini carichi dei migliori prodotti dell’Egitto e dieci asine caric he di frumento pane e viveri per il viaggio del padre. Poi congedò i fratelli e mentre partivano di sse loro: «Non litigate durante il viaggio!». Così essi salirono dall’Egitto e arrivarono nella terra di Canaan dal loro padre Giacobbe e gli riferirono: «Giuseppe è ancora vivo anzi governa lui tutt o il territorio d’Egitto!». Ma il suo cuore rimase freddo perché non poteva credere loro. Quando però gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro ed egli vide i carri che Giusepp
e gli aveva mandato per trasportarlo allora lo spirito del loro padre Giacobbe si rianimò. Israele disse: «Basta! Giuseppe mio figlio è vivo. Voglio andare a vederlo prima di morire!». Israele dun que levò le tende con quanto possedeva e arrivò a Bersabea dove offrì sacrifici al Dio di suo pad re Isacco. Dio disse a Israele in una visione nella notte: «Giacobbe Giacobbe!». Rispose: «Eccomi
!». Riprese: «Io sono Dio il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto perché laggiù io fa rò di te una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti c hiuderà gli occhi con le sue mani». Giacobbe partì da Bersabea e i figli d’Israele fecero salire il lo ro padre Giacobbe i loro bambini e le loro donne sui carri che il faraone aveva mandato per tras portarlo. Presero il loro bestiame e tutti i beni che avevano acquistato nella terra di Canaan e ve nnero in Egitto Giacobbe e con lui tutti i suoi discendenti. Egli condusse con sé in Egitto i suoi fig li e i nipoti le sue figlie e le nipoti tutti i suoi discendenti. Questi sono i nomi dei figli d’Israele ch e entrarono in Egitto: Giacobbe e i suoi figli il primogenito di Giacobbe, Ruben. I figli di Ruben: E
noc Pallu Chesron e Carmì. I figli di Simeone: Iemuèl Iamin Oad Iachin Socar e Saul figlio della Ca nanea. I figli di Levi: Gherson Keat e Merarì. I figli di Giuda: Er Onan Sela Peres e Zerach; ma Er e Onan erano morti nella terra di Canaan. Furono figli di Peres: Chesron e Camul. I figli di ìssacar: Tola Puva Iob e Simron. I figli di Zàbulon: Sered Elon e Iacleèl. Questi sono i figli che Lia partorì a Giacobbe in Paddan-Aram oltre alla figlia Dina; tutti i figli e le figlie di Giacobbe erano trentatré persone. I figli di Gad
: Sifiòn Agghì Sunì Esbon Erì Arodì e Arelì. I figli di Aser: Imna Isva Isvì Berià e la loro sorella Sera ch. I figli di Berià: Cheber e Malchièl. Questi sono i figli di Zilpa che Làbano aveva dato come schi ava alla figlia Lia; ella li partorì a Giacobbe: erano sedici persone. I figli di Rachele moglie di Giac obbe: Giuseppe e Beniamino. A Giuseppe erano nati in Egitto èfraim e Manasse che gli partorì A senat figlia di Potifera sacerdote di Eliòpoli. I figli di Beniamino: Bela Becher e Asbel Ghera Naa màn, Echì Ros Muppìm Uppìm e Ard. Questi sono i figli che Rachele partorì a Giacobbe; in tutto quattordici persone. I figli di Dan: Cusìm. I figli di Nèftali: Iacseèl, Gunì Ieser e Sillem. Questi son o i figli di Bila che Làbano diede come schiava alla figlia Rachele ed ella li partorì a Giacobbe; in t utto sette persone. Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto discendenti da lui se nza contare le mogli dei figli di Giacobbe furono sessantasei. I figli che nacquero a Giuseppe in E
gitto furono due. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe che entrarono in Egitto ammontan o a settanta. Egli aveva mandato Giuda davanti a sé da Giuseppe perché questi desse istruzioni i n Gosen prima del suo arrivo. Arrivarono quindi alla terra di Gosen. Allora Giuseppe fece attacc are il suo carro e salì incontro a Israele suo padre in Gosen. Appena se lo vide davanti gli si gettò al collo e pianse a lungo stretto al suo collo. Israele disse a Giuseppe: «Posso anche morire que sta volta dopo aver visto la tua faccia perché sei ancora vivo». Allora Giuseppe disse ai fratelli e alla famiglia del padre: «Vado a informare il faraone e a dirgli: “I miei fratelli e la famiglia di mio padre che erano nella terra di Canaan sono venuti da me. Questi uomini sono pastori di greggi s i occupano di bestiame e hanno portato le loro greggi i loro armenti e tutti i loro averi”. Quando dunque il faraone vi chiamerà e vi domanderà: “Qual è il vostro mestiere?”, risponderete: “I tu
oi servi sono stati gente dedita al bestiame; lo furono i nostri padri e lo siamo noi dalla nostra fa nciullezza fino ad ora”. Questo perché possiate risiedere nella terra di Gosen». Perché tutti i pas tori di greggi sono un abominio per gli Egiziani. Giuseppe andò a informare il faraone dicendogli
: «Mio padre e i miei fratelli con le loro greggi e i loro armenti e con tutti i loro averi sono venuti dalla terra di Canaan; eccoli nella terra di Gosen». Intanto prese cinque uomini dal gruppo dei s uoi fratelli e li presentò al faraone. Il faraone domandò loro: «Qual è il vostro mestiere?». Essi ri sposero al faraone: «Pastori di greggi sono i tuoi servi lo siamo noi e lo furono i nostri padri». E
dissero al faraone: «Siamo venuti per soggiornare come forestieri nella regione, perché non c’è più pascolo per il gregge dei tuoi servi; infatti è grave la carestia nella terra di Canaan. E ora lasci a che i tuoi servi si stabiliscano nella terra di Gosen!». Allora il faraone disse a Giuseppe: «Tuo p adre e i tuoi fratelli sono dunque venuti da te. Ebbene la terra d’Egitto è a tua disposizione: fa’ r isiedere tuo padre e i tuoi fratelli nella regione migliore. Risiedano pure nella terra di Gosen. Se tu sai che vi sono tra loro uomini capaci costituiscili sopra i miei averi in qualità di sorveglianti s ul bestiame». Quindi Giuseppe introdusse Giacobbe suo padre e lo presentò al faraone e Giaco bbe benedisse il faraone. Il faraone domandò a Giacobbe: «Quanti anni hai?». Giacobbe rispose al faraone: «Centotrenta di vita errabonda pochi e tristi sono stati gli anni della mia vita e non h anno raggiunto il numero degli anni dei miei padri al tempo della loro vita errabonda». E Giacob be benedisse il faraone e si allontanò dal faraone. Giuseppe fece risiedere suo padre e i suoi frat elli e diede loro una proprietà nella terra d’Egitto nella regione migliore nel territorio di Ramses come aveva comandato il faraone. Giuseppe provvide al sostentamento del padre dei fratelli e di tutta la famiglia di suo padre secondo il numero dei bambini. Ora non c’era pane in tutta la te rra perché la carestia era molto grave: la terra d’Egitto e la terra di Canaan languivano per la car estia. Giuseppe raccolse tutto il denaro che si trovava nella terra d’Egitto e nella terra di Canaan in cambio del grano che essi acquistavano; Giuseppe consegnò questo denaro alla casa del fara one. Quando fu esaurito il denaro della terra d’Egitto e della terra di Canaan tutti gli Egiziani ve nnero da Giuseppe a dire: «Dacci del pane! Perché dovremmo morire sotto i tuoi occhi? Infatti non c’è più denaro». Rispose Giuseppe: «Se non c’è più denaro cedetemi il vostro bestiame e io vi darò pane in cambio del vostro bestiame». Condussero così a Giuseppe il loro bestiame e Giu seppe diede loro il pane in cambio dei cavalli e delle pecore dei buoi e degli asini; così in quell’a nno li nutrì di pane in cambio di tutto il loro bestiame. Passato quell’anno vennero da lui l’anno successivo e gli dissero: «Non nascondiamo al mio signore che si è esaurito il denaro e anche il possesso del bestiame è passato al mio signore non rimane più a disposizione del mio signore s e non il nostro corpo e il nostro terreno. Perché dovremmo perire sotto i tuoi occhi noi e la nost ra terra? Acquista noi e la nostra terra in cambio di pane e diventeremo servi del faraone noi co n la nostra terra; ma dacci di che seminare, così che possiamo vivere e non morire e il suolo non diventi un deserto!». Allora Giuseppe acquistò per il faraone tutto il terreno dell’Egitto, perché gli Egiziani vendettero ciascuno il proprio campo tanto infieriva su di loro la carestia. Così la terr a divenne proprietà del faraone. Quanto al popolo egli lo trasferì nelle città da un capo all’altro
dell’Egitto. Soltanto il terreno dei sacerdoti egli non acquistò perché i sacerdoti avevano un’asse gnazione fissa da parte del faraone e si nutrivano dell’assegnazione che il faraone passava loro; per questo non vendettero il loro terreno. Poi Giuseppe disse al popolo: «Vedete io ho acquista to oggi per il faraone voi e il vostro terreno. Eccovi il seme: seminate il terreno. Ma quando vi sa rà il raccolto, voi ne darete un quinto al faraone e quattro parti saranno vostre per la semina dei campi per il nutrimento vostro e di quelli di casa vostra e per il nutrimento dei vostri bambini».
Gli risposero: «Ci hai salvato la vita! Ci sia solo concesso di trovare grazia agli occhi del mio sign ore e saremo servi del faraone!». Così Giuseppe fece di questo una legge in vigore fino ad oggi s ui terreni d’Egitto secondo la quale si deve dare la quinta parte al faraone. Soltanto i terreni dei sacerdoti non divennero proprietà del faraone. Gli Israeliti intanto si stabilirono nella terra d’Egi tto nella regione di Gosen, ebbero proprietà e furono fecondi e divennero molto numerosi. Giac obbe visse nella terra d’Egitto diciassette anni e gli anni della sua vita furono centoquarantasett e. Quando fu vicino il tempo della sua morte Israele chiamò il figlio Giuseppe e gli disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi metti la mano sotto la mia coscia e usa con me bontà e fedeltà: non seppellirmi in Egitto! Quando io mi sarò coricato con i miei padri portami via dall’Egitto e seppel liscimi nel loro sepolcro». Rispose: «Farò come hai detto». Riprese: «Giuramelo!». E glielo giurò.
Allora Israele si prostrò sul capezzale del letto. Dopo queste cose fu riferito a Giuseppe: «Ecco t uo padre è malato!». Allora egli prese con sé i due figli Manasse ed èfraim. Fu riferita la cosa a Giacobbe: «Ecco tuo figlio Giuseppe è venuto da te». Allora Israele raccolse le forze e si mise a s edere sul letto. Giacobbe disse a Giuseppe: «Dio l’Onnipotente mi apparve a Luz nella terra di C
anaan e mi benedisse dicendomi: “Ecco io ti rendo fecondo: ti moltiplicherò e ti farò diventare un insieme di popoli e darò questa terra alla tua discendenza dopo di te in possesso perenne”.
Ora i due figli che ti sono nati nella terra d’Egitto prima del mio arrivo presso di te in Egitto li co nsidero miei: èfraim e Manasse saranno miei come Ruben e Simeone. Invece i figli che tu avrai g enerato dopo di essi apparterranno a te: saranno chiamati con il nome dei loro fratelli nella loro eredità. Quanto a me mentre giungevo da Paddan tua madre Rachele mi morì nella terra di Can aan durante il viaggio quando mancava un tratto di cammino per arrivare a èfrata e l’ho sepolta là lungo la strada di èfrata cioè Betlemme». Israele vide i figli di Giuseppe e disse: «Chi sono qu esti?». Giuseppe disse al padre: «Sono i figli che Dio mi ha dato qui». Riprese: «Portameli perch é io li benedica!». Gli occhi d’Israele erano offuscati dalla vecchiaia: non poteva più distinguere.
Giuseppe li avvicinò a lui che li baciò e li abbracciò. Israele disse a Giuseppe: «Io non pensavo pi ù di vedere il tuo volto; ma ecco Dio mi ha concesso di vedere anche la tua prole!». Allora Giuse ppe li ritirò dalle sue ginocchia e si prostrò con la faccia a terra. Li prese tutti e due èfraim con la sua destra alla sinistra d’Israele, e Manasse con la sua sinistra alla destra d’Israele e li avvicinò a lui. Ma Israele stese la mano destra e la pose sul capo di èfraim che pure era il più giovane e la sua sinistra sul capo di Manasse incrociando le braccia benché Manasse fosse il primogenito. E c osì benedisse Giuseppe: «Il Dio alla cui presenza hanno camminato i miei padri Abramo e Isacco
, il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto fino ad oggi, l’angelo che mi ha liberato da og
ni male, benedica questi ragazzi! Sia ricordato in essi il mio nome e il nome dei miei padri Abra mo e Isacco, e si moltiplichino in gran numero in mezzo alla terra!». Giuseppe notò che il padre aveva posato la destra sul capo di èfraim e ciò gli spiacque. Prese dunque la mano del padre per toglierla dal capo di èfraim e porla sul capo di Manasse. Disse al padre: «Non così padre mio: è questo il primogenito posa la destra sul suo capo!». Ma il padre rifiutò e disse: «Lo so figlio mio lo so: anch’egli diventerà un popolo anch’egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più gra nde di lui e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni». E li benedisse in quel gior no: «Di te si servirà Israele per benedire dicendo: “Dio ti renda come èfraim e come Manasse!”»
. Così pose èfraim prima di Manasse. Quindi Israele disse a Giuseppe: «Ecco io sto per morire m a Dio sarà con voi e vi farà tornare alla terra dei vostri padri. Quanto a me io do a te in più che ai tuoi fratelli un dorso di monte che io ho conquistato dalle mani degli Amorrei con la spada e l’a rco». Quindi Giacobbe chiamò i figli e disse: «Radunatevi perché io vi annunci quello che vi acca drà nei tempi futuri. Radunatevi e ascoltate figli di Giacobbe, ascoltate Israele vostro padre! Ru ben tu sei il mio primogenito, il mio vigore e la primizia della mia virilità, esuberante in fierezza ed esuberante in forza! Bollente come l’acqua tu non avrai preminenza, perché sei salito sul tal amo di tuo padre, hai profanato così il mio giaciglio. Simeone e Levi sono fratelli, strumenti di vi olenza sono i loro coltelli. Nel loro conciliabolo non entri l’anima mia, al loro convegno non si un isca il mio cuore, perché nella loro ira hanno ucciso gli uomini e nella loro passione hanno mutil ato i tori. Maledetta la loro ira perché violenta, e la loro collera perché crudele! Io li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele. Giuda ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervic e dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dall a preda figlio mio sei tornato; si è sdraiato si è accovacciato come un leone e come una leoness a; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi
, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. Egli lega all a vite il suo asinello e a una vite scelta il figlio della sua asina, lava nel vino la sua veste e nel san gue dell’uva il suo manto; scuri ha gli occhi più del vino e bianchi i denti più del latte. Zàbulon gi ace lungo il lido del mare e presso l’approdo delle navi, con il fianco rivolto a Sidone. ìssacar è u n asino robusto, accovacciato tra un doppio recinto. Ha visto che il luogo di riposo era bello, che la terra era amena; ha piegato il dorso a portare la soma ed è stato ridotto ai lavori forzati. Dan giudica il suo popolo come una delle tribù d’Israele. Sia Dan un serpente sulla strada una vipera cornuta sul sentiero, che morde i garretti del cavallo, così che il suo cavaliere cada all’indietro. I o spero nella tua salvezza Signore! Gad predoni lo assaliranno, ma anche lui li assalirà alle calca gna. Aser il suo pane è pingue: egli fornisce delizie da re. Nèftali è una cerva slanciata; egli prop one parole d’incanto. Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; germoglio di ceppo fecondo pre sso una fonte, i cui rami si stendono sul muro. Lo hanno esasperato e colpito, lo hanno persegui tato i tiratori di frecce. Ma fu spezzato il loro arco, furono snervate le loro braccia per le mani d el Potente di Giacobbe, per il nome del Pastore Pietra d’Israele. Per il Dio di tuo padre: egli ti aiu ti, e per il Dio l’Onnipotente: egli ti benedica! Con benedizioni del cielo dall’alto, benedizioni del
l’abisso nel profondo, benedizioni delle mammelle e del grembo. Le benedizioni di tuo padre so no superiori alle benedizioni dei monti antichi, alle attrattive dei colli perenni. Vengano sul capo di Giuseppe e sulla testa del principe tra i suoi fratelli! Beniamino è un lupo che sbrana: al matti no divora la preda e alla sera spartisce il bottino». Tutti questi formano le dodici tribù d’Israele.
Questo è ciò che disse loro il padre nell’atto di benedirli; egli benedisse ciascuno con una bened izione particolare. Poi diede loro quest’ordine: «Io sto per essere riunito ai miei antenati: seppel litemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron l’Ittita, nella caverna che si trov a nel campo di Macpela di fronte a Mamre nella terra di Canaan, quella che Abramo acquistò co n il campo di Efron l’Ittita come proprietà sepolcrale. Là seppellirono Abramo e Sara sua moglie là seppellirono Isacco e Rebecca sua moglie e là seppellii Lia. La proprietà del campo e della cav erna che si trova in esso è stata acquistata dagli Ittiti». Quando Giacobbe ebbe finito di dare qu est’ordine ai figli ritrasse i piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi antenati. Allora Giuseppe si g ettò sul volto di suo padre pianse su di lui e lo baciò. Quindi Giuseppe ordinò ai medici al suo se rvizio di imbalsamare suo padre. I medici imbalsamarono Israele e vi impiegarono quaranta gior ni perché tanti ne occorrono per l’imbalsamazione. Gli Egiziani lo piansero settanta giorni. Passa ti i giorni del lutto Giuseppe parlò alla casa del faraone: «Se ho trovato grazia ai vostri occhi vogl iate riferire agli orecchi del faraone queste parole. Mio padre mi ha fatto fare un giuramento dic endomi: “Ecco io sto per morire: tu devi seppellirmi nel sepolcro che mi sono scavato nella terra di Canaan”. Ora possa io andare a seppellire mio padre e poi tornare». Il faraone rispose: «Va’
e seppellisci tuo padre come egli ti ha fatto giurare». Giuseppe andò a seppellire suo padre e co n lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della sua casa tutti gli anziani della terra d’E
gitto tutta la casa di Giuseppe i suoi fratelli e la casa di suo padre. Lasciarono nella regione di Go sen soltanto i loro bambini le loro greggi e i loro armenti. Andarono con lui anche i carri da guer ra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente. Quando arrivarono all’aia di Atad ch e è al di là del Giordano fecero un lamento molto grande e solenne e Giuseppe celebrò per suo padre un lutto di sette giorni. I Cananei che abitavano la terra videro il lutto all’aia di Atad e diss ero: «è un lutto grave questo per gli Egiziani». Per questo la si chiamò Abel-Misràim; essa si trova al di là del Giordano. I figli di Giacobbe fecero per lui così come aveva loro comandato. I suoi figli lo portarono nella terra di Canaan e lo seppellirono nella caverna del ca mpo di Macpela quel campo che Abramo aveva acquistato come proprietà sepolcrale da Efron l’
Ittita e che si trova di fronte a Mamre. Dopo aver sepolto suo padre Giuseppe tornò in Egitto ins ieme con i suoi fratelli e con quanti erano andati con lui a seppellire suo padre. Ma i fratelli di Gi useppe cominciarono ad aver paura dato che il loro padre era morto e dissero: «Chissà se Giuse ppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?». Allora mandarono a dire a Giuseppe: «Tuo padre prima di morire ha dato quest’ordine: “Direte a Gius eppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato perché ti hanno fatto del male!”. Perdo na dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!». Giuseppe pianse quando gli si parlò così. E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: «Eccoci tuoi schiavi!». Ma Gi
useppe disse loro: «Non temete. Tengo io forse il posto di Dio? Se voi avevate tramato del male contro di me Dio ha pensato di farlo servire a un bene per compiere quello che oggi si avvera: fa r vivere un popolo numeroso. Dunque non temete io provvederò al sostentamento per voi e pe r i vostri bambini». Così li consolò parlando al loro cuore. Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; egli visse centodieci anni. Così Giuseppe vide i figli di èfraim fino alla terza gener azione e anche i figli di Machir figlio di Manasse nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. Poi Giuse ppe disse ai fratelli: «Io sto per morire ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questa te rra verso la terra che egli ha promesso con giuramento ad Abramo a Isacco e a Giacobbe». Gius eppe fece giurare ai figli d’Israele così: «Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qu i le mie ossa». Giuseppe morì all’età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarco fago in Egitto. Questi sono i nomi dei figli d’Israele entrati in Egitto; essi vi giunsero insieme a Gi acobbe ognuno con la sua famiglia: Ruben Simeone Levi e Giuda, ìssacar Zàbulon e Beniamino D
an e Nèftali Gad e Aser. Tutte le persone discendenti da Giacobbe erano settanta. Giuseppe si tr ovava già in Egitto. Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. I figli d’Israele prolificarono e crebbero divennero numerosi e molto forti e il paese ne fu pieno. Allor a sorse sull’Egitto un nuovo re che non aveva conosciuto Giuseppe. Egli disse al suo popolo: «Ec co che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. Cerchiamo di essere avvedut i nei suoi riguardi per impedire che cresca altrimenti in caso di guerra si unirà ai nostri avversari combatterà contro di noi e poi partirà dal paese». Perciò vennero imposti loro dei sovrintenden ti ai lavori forzati per opprimerli con le loro angherie e così costruirono per il faraone le città-
deposito cioè Pitom e Ramses. Ma quanto più opprimevano il popolo tanto più si moltiplicava e cresceva ed essi furono presi da spavento di fronte agli Israeliti. Per questo gli Egiziani fecero lav orare i figli d’Israele trattandoli con durezza. Resero loro amara la vita mediante una dura schia vitù costringendoli a preparare l’argilla e a fabbricare mattoni e ad ogni sorta di lavoro nei camp i; a tutti questi lavori li obbligarono con durezza. Il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua: «Quando assistete le donne ebree durante il parto oss ervate bene tra le due pietre: se è un maschio fatelo morire; se è una femmina potrà vivere». M
a le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono viver e i bambini. Il re d’Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasc iato vivere i bambini?». Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egi ziane: sono piene di vitalità. Prima che giunga da loro la levatrice hanno già partorito!». Dio ben eficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto Dio egli diede loro una discendenza. Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: «
Gettate nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà ma lasciate vivere ogni femmina». Un uomo del la famiglia di Levi andò a prendere in moglie una discendente di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre prese per lui un cestello di papiro lo spalmò di bitume e di pece vi adagiò il bambino e l o depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose a osservare da lontano c
he cosa gli sarebbe accaduto. Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno mentre le s ue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Ella vide il cestello fra i giunchi e mandò la su a schiava a prenderlo. L’aprì e vide il bambino: ecco il piccolo piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «è un bambino degli Ebrei». La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «De vo andare a chiamarti una nutrice tra le donne ebree perché allatti per te il bambino?». «Va’» ri spose la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. La figlia del farao ne le disse: «Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario». La donna pr ese il bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto lo condusse alla figlia del faraone. Eg li fu per lei come un figlio e lo chiamò Mosè dicendo: «Io l’ho tratto dalle acque!». Un giorno M
osè cresciuto in età si recò dai suoi fratelli e notò i loro lavori forzati. Vide un Egiziano che colpiv a un Ebreo uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c’era nessuno colpì a morte l’E
giziano e lo sotterrò nella sabbia. Il giorno dopo uscì di nuovo e vide due Ebrei che litigavano; di sse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo fratello?». Quegli rispose: «Chi ti ha costitui to capo e giudice su di noi? Pensi forse di potermi uccidere come hai ucciso l’Egiziano?». Allora Mosè ebbe paura e pensò: «Certamente la cosa si è risaputa». Il faraone sentì parlare di questo fatto e fece cercare Mosè per metterlo a morte. Allora Mosè fuggì lontano dal faraone e si ferm ò nel territorio di Madian e sedette presso un pozzo. Il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Es se vennero ad attingere acqua e riempirono gli abbeveratoi per far bere il gregge del padre. Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difendere le ragazze e fece bere il loro bestiame. Tornarono dal loro padre Reuèl e questi disse loro: «Come mai oggi avete fatto ritorno così in fretta?». Risposero: «Un uomo un Egiziano ci ha liberato dalle mani dei pastori; l ui stesso ha attinto per noi e ha fatto bere il gregge». Quegli disse alle figlie: «Dov’è? Perché ave te lasciato là quell’uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!». Così Mosè accettò di abitare con quell’uomo che gli diede in moglie la propria figlia Sipporà. Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Ghersom perché diceva: «Vivo come forestiero in terra straniera!». Dopo molto tempo i l re d’Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù alzarono grida di lamento e il loro g rido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento Dio si ricordò della sua alleanza con Abr amo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti Dio se ne diede pensiero. Mentr e Mosè stava pascolando il gregge di Ietro suo suocero sacerdote di Madian, condusse il bestia me oltre il deserto e arrivò al monte di Dio l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamm a di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco ma quel rov eto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui d al roveto: «Mosè Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali d ai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre il Di o di Abramo il Dio di Isacco il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho ud ito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberar
lo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa verso u na terra dove scorrono latte e miele verso il luogo dove si trovano il Cananeo l’Ittita l’Amorreo il Perizzita l’Eveo il Gebuseo. Ecco il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto co me gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio pop olo gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti d all’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando t u avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto servirete Dio su questo monte». Mosè disse a Dio: «Ecco io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qua l è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!».
E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-
Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore Dio dei vos tri padri Dio di Abramo Dio di Isacco Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nom e per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione. Va’! Riunis ci gli anziani d’Israele e di’ loro: “Il Signore Dio dei vostri padri Dio di Abramo di Isacco e di Giaco bbe mi è apparso per dirmi: Sono venuto a visitarvi e vedere ciò che viene fatto a voi in Egitto. E
ho detto: Vi farò salire dalla umiliazione dell’Egitto verso la terra del Cananeo dell’Ittita dell’Am orreo del Perizzita, dell’Eveo e del Gebuseo verso una terra dove scorrono latte e miele”. Essi as colteranno la tua voce e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re d’Egitto e gli direte: “Il Signore D
io degli Ebrei si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammin o per fare un sacrificio al Signore nostro Dio”. Io so che il re d’Egitto non vi permetterà di partire se non con l’intervento di una mano forte. Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso dopo di che egli vi lascerà andare. Farò sì che questo pop olo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete non ve ne andrete a mani vuote. Ogni donna domanderà alla sua vicina e all’inquilina della sua casa oggetti d’argento e oggetti d’oro e vesti; li farete portare ai vostri figli e alle vostre figlie e spoglierete l’Egitto». Mosè replicò dice ndo: «Ecco non mi crederanno non daranno ascolto alla mia voce ma diranno: “Non ti è appars o il Signore!”». Il Signore gli disse: «Che cosa hai in mano?». Rispose: «Un bastone». Riprese: «G
ettalo a terra!». Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente davanti al quale Mosè si mise a fuggire. Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano e prendilo per la coda!». Stese la mano lo pre se e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. «Questo perché credano che ti è apparso il Si gnore Dio dei loro padri, Dio di Abramo Dio di Isacco Dio di Giacobbe». Il Signore gli disse ancor a: «Introduci la mano nel seno!». Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano er a diventata lebbrosa bianca come la neve. Egli disse: «Rimetti la mano nel seno!». Rimise in sen o la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne. «Dunque se non ti credo no e non danno retta alla voce del primo segno crederanno alla voce del secondo! Se non crede ranno neppure a questi due segni e non daranno ascolto alla tua voce prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l’acqua che avrai preso dal Nilo diventerà sangue sulla terra asc iutta». Mosè disse al Signore: «Perdona Signore io non sono un buon parlatore; non lo sono stat
o né ieri né ieri l’altro e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo ma sono im pacciato di bocca e di lingua». Il Signore replicò: «Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo veggente o cieco? Non sono forse io il Signore? Ora va’! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». Mosè disse: «Perdona Signore manda chi vuoi mandare!».
Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: «Non vi è forse tuo fratello Aronn e il levita? Io so che lui sa parlare bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo
. Tu gli parlerai e porrai le parole sulla sua bocca e io sarò con la tua e la sua bocca e vi insegner ò quello che dovrete fare. Parlerà lui al popolo per te: egli sarà la tua bocca e tu farai per lui le v eci di Dio. Terrai in mano questo bastone: con esso tu compirai i segni». Mosè partì tornò da Iet ro suo suocero e gli disse: «Lasciami andare ti prego: voglio tornare dai miei fratelli che sono in Egitto per vedere se sono ancora vivi!». Ietro rispose a Mosè: «Va’ in pace!». Il Signore disse a Mosè in Madian: «Va’ torna in Egitto perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!». Mosè p rese la moglie e i figli li fece salire sull’asino e tornò nella terra d’Egitto. E Mosè prese in mano il bastone di Dio. Il Signore disse a Mosè: «Mentre parti per tornare in Egitto bada a tutti i prodigi che ti ho messi in mano: tu li compirai davanti al faraone ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il popolo. Allora tu dirai al faraone: “Così dice il Signore: Israele è il mio figlio pri mogenito. Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasc iarlo partire: ecco io farò morire il tuo figlio primogenito!”». Mentre era in viaggio nel luogo dov e pernottava il Signore lo affrontò e cercò di farlo morire. Allora Sipporà prese una selce taglien te recise il prepuzio al figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sa ngue». Allora il Signore si ritirò da lui. Ella aveva detto «sposo di sangue» a motivo della circonci sione. Il Signore disse ad Aronne: «Va’ incontro a Mosè nel deserto!». Egli andò e lo incontrò al monte di Dio e lo baciò. Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva invi ato e tutti i segni con i quali l’aveva accreditato. Mosè e Aronne andarono e radunarono tutti gli anziani degli Israeliti. Aronne parlò al popolo riferendo tutte le parole che il Signore aveva dett o a Mosè e compì i segni davanti agli occhi del popolo. Allora il popolo credette. Quando udiron o che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione essi si inginocchiaro no e si prostrarono. In seguito Mosè e Aronne vennero dal faraone e gli annunciarono: «Così dic e il Signore il Dio d’Israele: “Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto!
”». Il faraone rispose: «Chi è il Signore perché io debba ascoltare la sua voce e lasciare partire Is raele? Non conosco il Signore e non lascerò certo partire Israele!». Ripresero: «Il Dio degli Ebrei ci è venuto incontro. Ci sia dunque concesso di partire per un cammino di tre giorni nel deserto e offrire un sacrificio al Signore, nostro Dio perché non ci colpisca di peste o di spada!». Il re d’E
gitto disse loro: «Mosè e Aronne perché distogliete il popolo dai suoi lavori? Tornate ai vostri la vori forzati!». Il faraone disse: «Ecco ora che il popolo è numeroso nel paese voi vorreste far lor o interrompere i lavori forzati?». In quel giorno il faraone diede questi ordini ai sovrintendenti d el popolo e agli scribi: «Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevat e prima. Andranno a cercarsi da sé la paglia. Però voi dovete esigere il numero di mattoni che fa
cevano finora senza ridurlo. Sono fannulloni; per questo protestano: “Vogliamo partire, dobbia mo sacrificare al nostro Dio!”. Pesi dunque la schiavitù su questi uomini e lavorino; non diano re tta a parole false!». I sovrintendenti del popolo e gli scribi uscirono e riferirono al popolo: «Così dice il faraone: “Io non vi fornisco più paglia. Andate voi stessi a procurarvela dove ne troverete ma non diminuisca la vostra produzione”». Il popolo si sparse in tutto il territorio d’Egitto a racc ogliere stoppie da usare come paglia. Ma i sovrintendenti li sollecitavano dicendo: «Portate a te rmine il vostro lavoro: ogni giorno lo stesso quantitativo come quando avevate la paglia». Basto narono gli scribi degli Israeliti quelli che i sovrintendenti del faraone avevano costituito loro capi dicendo: «Perché non avete portato a termine né ieri né oggi il vostro numero di mattoni come prima?». Allora gli scribi degli Israeliti vennero dal faraone a reclamare dicendo: «Perché tratti così noi tuoi servi? Non viene data paglia ai tuoi servi, ma ci viene detto: “Fate i mattoni!”. E ora i tuoi servi sono bastonati e la colpa è del tuo popolo!». Rispose: «Fannulloni siete fannulloni! P
er questo dite: “Vogliamo partire dobbiamo sacrificare al Signore”. Ora andate lavorate! Non vi sarà data paglia ma dovrete consegnare lo stesso numero di mattoni». Gli scribi degli Israeliti si videro in difficoltà sentendosi dire: «Non diminuirete affatto il numero giornaliero dei mattoni»
. Usciti dalla presenza del faraone quando incontrarono Mosè e Aronne che stavano ad aspettar li dissero loro: «Il Signore guardi a voi e giudichi perché ci avete resi odiosi agli occhi del faraone e agli occhi dei suoi ministri mettendo loro in mano la spada per ucciderci!». Allora Mosè si rivo lse al Signore e disse: «Signore perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inv iato? Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome egli ha fatto del male a ques to popolo e tu non hai affatto liberato il tuo popolo!». Il Signore disse a Mosè: «Ora vedrai quell o che sto per fare al faraone: con mano potente li lascerà andare anzi con mano potente li scacc erà dalla sua terra!». Dio parlò a Mosè e gli disse: «Io sono il Signore! Mi sono manifestato ad A bramo a Isacco a Giacobbe come Dio l’Onnipotente ma non ho fatto conoscere loro il mio nome di Signore. Ho anche stabilito la mia alleanza con loro per dar loro la terra di Canaan la terra del le loro migrazioni nella quale furono forestieri. Io stesso ho udito il lamento degli Israeliti che gli Egiziani resero loro schiavi e mi sono ricordato della mia alleanza. Pertanto di’ agli Israeliti: “Io s ono il Signore! Vi sottrarrò ai lavori forzati degli Egiziani vi libererò dalla loro schiavitù e vi riscat terò con braccio teso e con grandi castighi. Vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro D
io. Saprete che io sono il Signore il vostro Dio che vi sottrae ai lavori forzati degli Egiziani. Vi farò entrare nella terra che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo a Isacco e a Giacobbe; ve la darò in possesso: io sono il Signore!”». Mosè parlò così agli Israeliti ma essi non lo ascoltarono p erché erano stremati dalla dura schiavitù. Il Signore disse a Mosè: «Va’ e parla al faraone re d’E
gitto perché lasci partire dalla sua terra gli Israeliti!». Mosè disse alla presenza del Signore: «Ecc o gli Israeliti non mi hanno ascoltato: come vorrà ascoltarmi il faraone mentre io ho le labbra in circoncise?». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e diede loro ordini per gli Israeliti e per il farao ne re d’Egitto allo scopo di far uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto. Questi sono i capi dei loro c asati. Figli di Ruben primogenito d’Israele: Enoc Pallu Chesron e Carmì queste sono le famiglie di
Ruben. Figli di Simeone: Iemuèl Iamin Oad Iachin Socar e Saul figlio della Cananea; queste sono le famiglie di Simeone. Questi sono i nomi dei figli di Levi secondo le loro generazioni: Gherson Keat, Merarì. Gli anni della vita di Levi furono centotrentasette. Figli di Gherson: Libnì e Simei or dinati secondo le loro famiglie. Figli di Keat: Amram Isar Ebron e Uzzièl. Gli anni della vita di Kea t furono centotrentatré. Figli di Merarì: Maclì e Musì queste sono le famiglie di Levi secondo le l oro generazioni. Amram prese in moglie Iochebed sua zia la quale gli partorì Aronne e Mosè. Gli anni della vita di Amram furono centotrentasette. Figli di Isar: Core Nefeg e Zicrì. Figli di Uzzièl: Misaele Elsafàn Sitrì. Aronne prese in moglie Elisabetta figlia di Amminadàb sorella di Nacson da lla quale ebbe i figli Nadab Abiu Eleàzaro e Itamàr. Figli di Core: Assir Elkanà e Abiasàf; queste so no le famiglie dei Coriti. Eleàzaro figlio di Aronne prese in moglie una figlia di Putièl la quale gli p artorì Fineès. Questi sono i capi delle casate dei leviti ordinati secondo le loro famiglie. Sono qu esti quell’Aronne e quel Mosè ai quali il Signore disse: «Fate uscire dalla terra d’Egitto gli Israelit i secondo le loro schiere!». Questi dissero al faraone re d’Egitto di lasciar uscire dall’Egitto gli Isr aeliti: sono Mosè e Aronne. Questo avvenne quando il Signore parlò a Mosè nella terra d’Egitto: il Signore disse a Mosè: «Io sono il Signore! Riferisci al faraone re d’Egitto quanto io ti dico». M
osè disse alla presenza del Signore: «Ecco ho le labbra incirconcise e come vorrà ascoltarmi il far aone?». Il Signore disse a Mosè: «Vedi io ti ho posto a far le veci di Dio di fronte al faraone: Aro nne tuo fratello sarà il tuo profeta. Tu gli dirai quanto io ti ordinerò: Aronne tuo fratello parlerà al faraone perché lasci partire gli Israeliti dalla sua terra. Ma io indurirò il cuore del faraone e m oltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nella terra d’Egitto. Il faraone non vi ascolterà e io leverò la mano contro l’Egitto e farò uscire dalla terra d’Egitto le mie schiere il mio popolo gli Israeliti per mezzo di grandi castighi. Allora gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando stenderò la mano contro l’Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli Israeliti!». Mosè e Aronne eseguirono q uanto il Signore aveva loro comandato; così fecero. Mosè aveva ottant’anni e Aronne ottantatr é quando parlarono al faraone. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Quando il faraone vi chied erà di fare un prodigio a vostro sostegno tu dirai ad Aronne: “Prendi il tuo bastone e gettalo dav anti al faraone e diventerà un serpente!”». Mosè e Aronne si recarono dunque dal faraone ed e seguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il suo bastone davanti al farao ne e ai suoi ministri ed esso divenne un serpente. A sua volta il faraone convocò i sapienti e gli i ncantatori e anche i maghi dell’Egitto con i loro sortilegi, operarono la stessa cosa. Ciascuno get tò il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni.
Però il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto secondo quanto aveva detto il Signor e. Il Signore disse a Mosè: «Il cuore del faraone è irremovibile: si rifiuta di lasciar partire il popol o. Va’ dal faraone al mattino quando uscirà verso le acque. Tu starai ad attenderlo sulla riva del Nilo tenendo in mano il bastone che si è cambiato in serpente. Gli dirai: “Il Signore il Dio degli E
brei mi ha inviato a dirti: Lascia partire il mio popolo perché possa servirmi nel deserto; ma tu fi nora non hai obbedito. Dice il Signore: Da questo fatto saprai che io sono il Signore; ecco con il bastone che ho in mano io batto un colpo sulle acque che sono nel Nilo: esse si muteranno in sa
ngue. I pesci che sono nel Nilo moriranno e il Nilo ne diventerà fetido così che gli Egiziani non p otranno più bere acqua dal Nilo!”». Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Prendi il tuo basto ne e stendi la mano sulle acque degli Egiziani sui loro fiumi canali stagni e su tutte le loro riserve di acqua; diventino sangue e ci sia sangue in tutta la terra d’Egitto perfino nei recipienti di legn o e di pietra!”». Mosè e Aronne eseguirono quanto aveva ordinato il Signore: Aronne alzò il bas tone e percosse le acque che erano nel Nilo sotto gli occhi del faraone e dei suoi ministri. Tutte l e acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue. I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo n e divenne fetido così che gli Egiziani non poterono più berne le acque. Vi fu sangue in tutta la te rra d’Egitto. Ma i maghi dell’Egitto con i loro sortilegi operarono la stessa cosa. Il cuore del farao ne si ostinò e non diede loro ascolto secondo quanto aveva detto il Signore. Il faraone voltò le s palle e rientrò nella sua casa e non tenne conto neppure di questo fatto. Tutti gli Egiziani scavar ono allora nei dintorni del Nilo per attingervi acqua da bere perché non potevano bere le acque del Nilo. Trascorsero sette giorni da quando il Signore aveva colpito il Nilo. Il Signore disse a Mo sè: «Va’ a riferire al faraone: “Dice il Signore: Lascia partire il mio popolo perché mi possa servir e! Se tu rifiuti di lasciarlo partire ecco io colpirò tutto il tuo territorio con le rane: il Nilo bruliche rà di rane; esse usciranno ti entreranno in casa nella camera dove dormi e sul tuo letto nella cas a dei tuoi ministri e tra il tuo popolo nei tuoi forni e nelle tue madie. Contro di te, contro il tuo p opolo e contro tutti i tuoi ministri usciranno le rane”». Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “
Stendi la mano con il tuo bastone sui fiumi sui canali e sugli stagni e fa’ uscire le rane sulla terra d’Egitto!”». Aronne stese la mano sulle acque d’Egitto e le rane uscirono e coprirono la terra d’E
gitto. Ma i maghi con i loro sortilegi operarono la stessa cosa e fecero uscire le rane sulla terra d
’Egitto. Il faraone fece chiamare Mosè e Aronne e disse: «Pregate il Signore che allontani le rane da me e dal mio popolo; io lascerò partire il popolo perché possa sacrificare al Signore!». Mosè disse al faraone: «Fammi l’onore di dirmi per quando io devo pregare in favore tuo e dei tuoi mi nistri e del tuo popolo per liberare dalle rane te e le tue case in modo che ne rimangano soltant o nel Nilo». Rispose: «Per domani». Riprese: «Sia secondo la tua parola! Perché tu sappia che n on esiste nessuno pari al Signore nostro Dio, le rane si ritireranno da te e dalle tue case dai tuoi ministri e dal tuo popolo: ne rimarranno soltanto nel Nilo». Mosè e Aronne si allontanarono dal faraone e Mosè supplicò il Signore riguardo alle rane che aveva mandato contro il faraone. Il Sig nore operò secondo la parola di Mosè e le rane morirono nelle case nei cortili e nei campi. Le ra ccolsero in tanti mucchi e la terra ne fu ammorbata. Ma il faraone vide che c’era un po’ di sollie vo si ostinò e non diede loro ascolto secondo quanto aveva detto il Signore. Quindi il Signore dis se a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Stendi il tuo bastone percuoti la polvere del suolo: essa si muterà i n zanzare in tutta la terra d’Egitto!”». Così fecero: Aronne stese la mano con il suo bastone, colp ì la polvere del suolo e ci furono zanzare sugli uomini e sulle bestie; tutta la polvere del suolo si era mutata in zanzare in tutta la terra d’Egitto. I maghi cercarono di fare la stessa cosa con i loro sortilegi per far uscire le zanzare ma non riuscirono e c’erano zanzare sugli uomini e sulle bestie
. Allora i maghi dissero al faraone: «è il dito di Dio!». Ma il cuore del faraone si ostinò e non die
de ascolto secondo quanto aveva detto il Signore. Il Signore disse a Mosè: «àlzati di buon matti no e presèntati al faraone quando andrà alle acque. Gli dirai: “Così dice il Signore: Lascia partire il mio popolo perché mi possa servire! Se tu non lasci partire il mio popolo ecco, manderò su di te sui tuoi ministri sul tuo popolo e sulle tue case sciami di tafani: le case degli Egiziani saranno piene di tafani e anche il suolo sul quale essi si trovano. Ma in quel giorno io risparmierò la regi one di Gosen dove dimora il mio popolo: là non vi saranno tafani, perché tu sappia che io sono i l Signore in mezzo al paese! Così farò distinzione tra il mio popolo e il tuo popolo. Domani avver rà questo segno”». Così fece il Signore: sciami imponenti di tafani entrarono nella casa del farao ne, nella casa dei suoi ministri e in tutta la terra d’Egitto; la terra era devastata a causa dei tafan i. Il faraone fece chiamare Mosè e Aronne e disse: «Andate a sacrificare al vostro Dio ma nel pa ese!». Mosè rispose: «Non è opportuno far così perché quello che noi sacrifichiamo al Signore n ostro Dio è abominio per gli Egiziani. Se noi facessimo sotto i loro occhi un sacrificio abominevol e per gli Egiziani forse non ci lapiderebbero? Andremo nel deserto a tre giorni di cammino e sac rificheremo al Signore, nostro Dio secondo quanto egli ci ordinerà!». Allora il faraone replicò: «
Vi lascerò partire e potrete sacrificare al Signore nel deserto. Ma non andate troppo lontano e p regate per me». Rispose Mosè: «Ecco mi allontanerò da te e pregherò il Signore; domani i tafani si ritireranno dal faraone dai suoi ministri e dal suo popolo. Però il faraone cessi di burlarsi di n oi impedendo al popolo di partire perché possa sacrificare al Signore!». Mosè si allontanò dal fa raone e pregò il Signore. Il Signore agì secondo la parola di Mosè e allontanò i tafani dal faraone dai suoi ministri e dal suo popolo: non ne restò neppure uno. Ma il faraone si ostinò anche que sta volta e non lasciò partire il popolo. Allora il Signore disse a Mosè: «Va’ a riferire al faraone: “
Così dice il Signore il Dio degli Ebrei: Lascia partire il mio popolo perché mi possa servire! Se tu r ifiuti di lasciarlo partire e lo trattieni ancora ecco la mano del Signore verrà sopra il tuo bestiam e che è nella campagna sopra i cavalli gli asini i cammelli sopra gli armenti e le greggi con una pe ste gravissima! Ma il Signore farà distinzione tra il bestiame d’Israele e quello degli Egiziani così che niente muoia di quanto appartiene agli Israeliti”». Il Signore fissò la data dicendo: «Domani il Signore compirà questa cosa nel paese!». Appunto il giorno dopo, il Signore compì tale cosa: morì tutto il bestiame degli Egiziani ma del bestiame degli Israeliti non morì neppure un capo. Il faraone mandò a vedere ed ecco neppure un capo del bestiame d’Israele era morto. Ma il cuore del faraone rimase ostinato e non lasciò partire il popolo. Il Signore si rivolse a Mosè e ad Aron ne: «Procuratevi una manciata di fuliggine di fornace: Mosè la sparga verso il cielo sotto gli occh i del faraone. Essa diventerà un pulviscolo che diffondendosi su tutta la terra d’Egitto produrrà s ugli uomini e sulle bestie ulcere degeneranti in pustole in tutta la terra d’Egitto». Presero dunqu e fuliggine di fornace e si posero alla presenza del faraone. Mosè la sparse verso il cielo ed essa produsse ulcere pustolose con eruzioni su uomini e bestie. I maghi non poterono stare alla pres enza di Mosè a causa delle ulcere che li avevano colpiti come tutti gli Egiziani. Ma il Signore rese ostinato il cuore del faraone il quale non diede loro ascolto, come il Signore aveva detto a Mos è. Il Signore disse a Mosè: «àlzati di buon mattino presèntati al faraone e annunciagli: “Così dice
il Signore il Dio degli Ebrei: Lascia partire il mio popolo, perché mi possa servire! Perché questa volta io mando tutti i miei flagelli contro il tuo cuore contro i tuoi ministri e contro il tuo popolo perché tu sappia che nessuno è come me su tutta la terra. Se fin da principio io avessi steso la mano per colpire te e il tuo popolo con la peste tu ormai saresti stato cancellato dalla terra; inv ece per questo ti ho lasciato sussistere per dimostrarti la mia potenza e per divulgare il mio no me in tutta la terra. Ancora ti opponi al mio popolo e non lo lasci partire! Ecco io farò cadere do mani a questa stessa ora una grandine violentissima come non ci fu mai in Egitto dal giorno dell a sua fondazione fino ad oggi. Manda dunque fin d’ora a mettere al riparo il tuo bestiame e qua nto hai in campagna. Su tutti gli uomini e su tutti gli animali che si troveranno in campagna e ch e non saranno stati ricondotti in casa si abbatterà la grandine e moriranno”». Chi tra i ministri d el faraone temeva il Signore fece ricoverare nella casa i suoi schiavi e il suo bestiame; chi invece non diede retta alla parola del Signore lasciò schiavi e bestiame in campagna. Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano verso il cielo: vi sia grandine in tutta la terra d’Egitto sugli uomini sulle b estie e su tutta la vegetazione dei campi nella terra d’Egitto!». Mosè stese il bastone verso il ciel o e il Signore mandò tuoni e grandine; sul suolo si abbatté fuoco e il Signore fece cadere grandi ne su tutta la terra d’Egitto. Ci furono grandine e fuoco in mezzo alla grandine: non vi era mai st ata in tutta la terra d’Egitto una grandinata così violenta dal tempo in cui era diventata nazione!
La grandine colpì in tutta la terra d’Egitto quanto era nella campagna dagli uomini alle bestie; la grandine flagellò anche tutta la vegetazione dei campi e schiantò tutti gli alberi della campagna
. Soltanto nella regione di Gosen dove stavano gli Israeliti non vi fu grandine. Allora il faraone m andò a chiamare Mosè e Aronne e disse loro: «Questa volta ho peccato: il Signore è il giusto; io e il mio popolo siamo colpevoli. Pregate il Signore: ci sono stati troppi tuoni violenti e grandine!
Vi lascerò partire e non dovrete più restare qui». Mosè gli rispose: «Non appena sarò uscito dall a città stenderò le mani verso il Signore: i tuoni cesseranno e non grandinerà più, perché tu sap pia che la terra appartiene al Signore. Ma quanto a te e ai tuoi ministri io so che ancora non tem erete il Signore Dio». Ora il lino e l’orzo erano stati colpiti perché l’orzo era in spiga e il lino in fi ore; ma il grano e la spelta non erano stati colpiti perché tardivi. Mosè si allontanò dal faraone e dalla città stese le mani verso il Signore: i tuoni e la grandine cessarono e la pioggia non si roves ciò più sulla terra. Quando il faraone vide che la pioggia la grandine e i tuoni erano cessati conti nuò a peccare e si ostinò insieme con i suoi ministri. Il cuore del faraone si ostinò e non lasciò p artire gli Israeliti come aveva detto il Signore per mezzo di Mosè. Allora il Signore disse a Mosè:
«Va’ dal faraone perché io ho indurito il cuore suo e dei suoi ministri per compiere questi miei s egni in mezzo a loro e perché tu possa raccontare e fissare nella memoria di tuo figlio e del figli o di tuo figlio come mi sono preso gioco degli Egiziani e i segni che ho compiuti in mezzo a loro: così saprete che io sono il Signore!». Mosè e Aronne si recarono dal faraone e gli dissero: «Così dice il Signore il Dio degli Ebrei: “Fino a quando rifiuterai di piegarti davanti a me? Lascia partire il mio popolo perché mi possa servire. Se tu rifiuti di lasciar partire il mio popolo ecco, da doma ni io manderò le cavallette sul tuo territorio. Esse copriranno la superficie della terra così che no
n si possa più vedere il suolo: divoreranno il poco che è stato lasciato per voi dalla grandine e di voreranno ogni albero che rispunta per voi nella campagna. Riempiranno le tue case le case di t utti i tuoi ministri e le case di tutti gli Egiziani, cosa che non videro i tuoi padri né i padri dei tuoi padri da quando furono su questo suolo fino ad oggi!”». Poi voltò le spalle e uscì dalla presenza del faraone. I ministri del faraone gli dissero: «Fino a quando costui resterà tra noi come una tra ppola? Lascia partire questa gente perché serva il Signore suo Dio! Non ti accorgi ancora che l’E
gitto va in rovina?». Mosè e Aronne furono richiamati presso il faraone, che disse loro: «Andate servite il Signore vostro Dio! Ma chi sono quelli che devono partire?». Mosè disse: «Partiremo n oi insieme con i nostri giovani e i nostri vecchi con i figli e le figlie con le nostre greggi e i nostri a rmenti perché per noi è una festa del Signore». Rispose: «Così sia il Signore con voi com’è vero c he io intendo lasciar partire voi e i vostri bambini! Badate però che voi avete cattive intenzioni.
Così non va! Partite voi uomini e rendete culto al Signore se davvero voi cercate questo!». E li c acciarono dalla presenza del faraone. Allora il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sulla terra d’Egitto per far venire le cavallette: assalgano la terra d’Egitto e divorino tutta l’erba della terra tutto quello che la grandine ha risparmiato!». Mosè stese il suo bastone contro la terra d’Egitto e il Signore diresse su quella terra un vento d’oriente per tutto quel giorno e tutta la notte. Qua ndo fu mattina il vento d’oriente aveva portato le cavallette. Le cavallette salirono sopra tutta l a terra d’Egitto e si posarono su tutto quanto il territorio d’Egitto. Fu cosa gravissima: tante non ve n’erano mai state prima né vi furono in seguito. Esse coprirono tutta la superficie della terra così che la terra ne fu oscurata; divorarono ogni erba della terra e ogni frutto d’albero che la gra ndine aveva risparmiato: nulla di verde rimase sugli alberi e fra le erbe dei campi in tutta la terr a d’Egitto. Il faraone allora convocò in fretta Mosè e Aronne e disse: «Ho peccato contro il Signo re vostro Dio e contro di voi. Ma ora perdonate il mio peccato anche questa volta e pregate il Si gnore vostro Dio perché almeno allontani da me questa morte!». Egli si allontanò dal faraone e pregò il Signore. Il Signore cambiò la direzione del vento e lo fece soffiare dal mare con grande f orza: esso portò via le cavallette e le abbatté nel Mar Rosso; non rimase neppure una cavalletta in tutta la terra d’Egitto. Ma il Signore rese ostinato il cuore del faraone il quale non lasciò partir e gli Israeliti. Allora il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano verso il cielo: vengano sulla terra d’
Egitto tenebre tali da potersi palpare!». Mosè stese la mano verso il cielo: vennero dense teneb re su tutta la terra d’Egitto per tre giorni. Non si vedevano più l’un l’altro e per tre giorni nessun o si poté muovere dal suo posto. Ma per tutti gli Israeliti c’era luce là dove abitavano. Allora il fa raone convocò Mosè e disse: «Partite servite il Signore! Solo rimangano le vostre greggi e i vostr i armenti. Anche i vostri bambini potranno partire con voi». Rispose Mosè: «Tu stesso metterai a nostra disposizione sacrifici e olocausti e noi li offriremo al Signore nostro Dio. Anche il nostro bestiame partirà con noi: neppure un’unghia ne resterà qui. Perché da esso noi dobbiamo prele vare le vittime per servire il Signore nostro Dio e noi non sapremo quel che dovremo sacrificare al Signore finché non saremo arrivati in quel luogo». Ma il Signore rese ostinato il cuore del fara one il quale non volle lasciarli partire. Gli rispose dunque il faraone: «Vattene da me! Guàrdati d
al ricomparire davanti a me perché il giorno in cui rivedrai il mio volto, morirai». Mosè disse: «H
ai parlato bene: non vedrò più il tuo volto!». Il Signore disse a Mosè: «Ancora una piaga mander ò contro il faraone e l’Egitto; dopo di che egli vi lascerà partire di qui. Vi lascerà partire senza co ndizioni, anzi vi caccerà via di qui. Di’ dunque al popolo che ciascuno dal suo vicino e ciascuna d alla sua vicina si facciano dare oggetti d’argento e oggetti d’oro». Il Signore fece sì che il popolo trovasse favore agli occhi degli Egiziani. Inoltre Mosè era un uomo assai considerato nella terra d’Egitto agli occhi dei ministri del faraone e del popolo. Mosè annunciò: «Così dice il Signore: Ve rso la metà della notte io uscirò attraverso l’Egitto: morirà ogni primogenito nella terra d’Egitto dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito della schiava che sta dietro l a mola e ogni primogenito del bestiame. Un grande grido si alzerà in tutta la terra d’Egitto quale non vi fu mai e quale non si ripeterà mai più. Ma contro tutti gli Israeliti neppure un cane abbai erà né contro uomini né contro bestie, perché sappiate che il Signore fa distinzione tra l’Egitto e Israele. Tutti questi tuoi ministri scenderanno da me e si prostreranno davanti a me dicendo: “E
sci tu e tutto il popolo che ti segue!”. Dopo io uscirò!». Mosè pieno d’ira si allontanò dal faraon e. Il Signore aveva appunto detto a Mosè: «Il faraone non vi darà ascolto, perché si moltiplichin o i miei prodigi nella terra d’Egitto». Mosè e Aronne avevano fatto tutti quei prodigi davanti al f araone; ma il Signore aveva reso ostinato il cuore del faraone il quale non lasciò partire gli Israel iti dalla sua terra. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per v oi l’inizio dei mesi sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dit e: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia un agnello per casa. Se la f amiglia fosse troppo piccola per un agnello si unirà al vicino il più prossimo alla sua casa, second o il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno pu ò mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto maschio nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assembl ea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue lo porranno s ui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeran no la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Non lo mangerete cr udo né bollito nell’acqua ma solo arrostito al fuoco con la testa le zampe e le viscere. Non ne do vete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco. Ec co in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti i sandali ai piedi il bastone in mano; lo manger ete in fretta. è la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò og ni primogenito nella terra d’Egitto uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. I o sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedr ò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’E
gitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di genera zione in generazione lo celebrerete come un rito perenne. Per sette giorni voi mangerete azzimi
. Fin dal primo giorno farete sparire il lievito dalle vostre case perché chiunque mangerà del liev itato dal giorno primo al giorno settimo quella persona sarà eliminata da Israele. Nel primo gior
no avrete una riunione sacra e nel settimo giorno una riunione sacra: durante questi giorni non si farà alcun lavoro; si potrà preparare da mangiare per ogni persona: questo solo si farà presso di voi. Osservate la festa degli Azzimi perché proprio in questo giorno io ho fatto uscire le vostre schiere dalla terra d’Egitto; osserverete tale giorno di generazione in generazione come rito per enne. Nel primo mese dal giorno quattordici del mese alla sera voi mangerete azzimi fino al gior no ventuno del mese alla sera. Per sette giorni non si trovi lievito nelle vostre case perché chiun que mangerà del lievitato quella persona sia forestiera sia nativa della terra sarà eliminata dalla comunità d’Israele. Non mangerete nulla di lievitato; in tutte le vostre abitazioni mangerete azzi mi”». Mosè convocò tutti gli anziani d’Israele e disse loro: «Andate a procurarvi un capo di besti ame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la Pasqua. Prenderete un fascio di issòpo lo inti ngerete nel sangue che sarà nel catino e spalmerete l’architrave ed entrambi gli stipiti con il san gue del catino. Nessuno di voi esca dalla porta della sua casa fino al mattino. Il Signore passerà per colpire l’Egitto, vedrà il sangue sull’architrave e sugli stipiti; allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire. Voi osserveret e questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. Quando poi sarete en trati nella terra che il Signore vi darà come ha promesso osserverete questo rito. Quando i vostr i figli vi chiederanno: “Che significato ha per voi questo rito?”, voi direte loro: “è il sacrificio dell a Pasqua per il Signore il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto quando colpì l’Egitt o e salvò le nostre case”». Il popolo si inginocchiò e si prostrò. Poi gli Israeliti se ne andarono ed eseguirono ciò che il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne; così fecero. A mezzanotte il Si gnore colpì ogni primogenito nella terra d’Egitto dal primogenito del faraone che siede sul tron o fino al primogenito del prigioniero in carcere e tutti i primogeniti del bestiame. Si alzò il farao ne nella notte e con lui i suoi ministri e tutti gli Egiziani; un grande grido scoppiò in Egitto perch é non c’era casa dove non ci fosse un morto! Il faraone convocò Mosè e Aronne nella notte e di sse: «Alzatevi e abbandonate il mio popolo voi e gli Israeliti! Andate rendete culto al Signore co me avete detto. Prendete anche il vostro bestiame e le vostre greggi come avete detto e partite
! Benedite anche me!». Gli Egiziani fecero pressione sul popolo affrettandosi a mandarli via dal paese perché dicevano: «Stiamo per morire tutti!». Il popolo portò con sé la pasta prima che fo sse lievitata recando sulle spalle le madie avvolte nei mantelli. Gli Israeliti eseguirono l’ordine di Mosè e si fecero dare dagli Egiziani oggetti d’argento e d’oro e vesti. Il Signore fece sì che il pop olo trovasse favore agli occhi degli Egiziani i quali accolsero le loro richieste. Così essi spogliaron o gli Egiziani. Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot in numero di seicentomila uo mini adulti senza contare i bambini. Inoltre una grande massa di gente promiscua partì con loro e greggi e armenti in mandrie molto grandi. Fecero cuocere la pasta che avevano portato dall’E
gitto in forma di focacce azzime perché non era lievitata: infatti erano stati scacciati dall’Egitto e non avevano potuto indugiare; neppure si erano procurati provviste per il viaggio. La permane nza degli Israeliti in Egitto fu di quattrocentotrent’anni. Al termine dei quattrocentotrent’anni p roprio in quel giorno tutte le schiere del Signore uscirono dalla terra d’Egitto. Notte di veglia fu
questa per il Signore per farli uscire dalla terra d’Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti di generazione in generazione. Il Signore disse a Mosè e ad Aron ne: «Questo è il rito della Pasqua: nessuno straniero ne deve mangiare. Quanto a ogni schiavo a cquistato con denaro lo circonciderai e allora ne potrà mangiare. L’ospite e il mercenario non n e mangeranno. In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezz erete alcun osso. Tutta la comunità d’Israele la celebrerà. Se un forestiero soggiorna presso di t e e vuol celebrare la Pasqua del Signore sia circonciso ogni maschio della sua famiglia: allora pot rà accostarsi per celebrarla e sarà come un nativo della terra. Ma non ne mangi nessuno che no n sia circonciso. Vi sarà una sola legge per il nativo e per il forestiero che soggiorna in mezzo a v oi». Tutti gli Israeliti fecero così come il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne in tal modo operarono. Proprio in quel giorno il Signore fece uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto, ordinati s econdo le loro schiere. Il Signore disse a Mosè: «Consacrami ogni essere che esce per primo dal seno materno tra gli Israeliti: ogni primogenito di uomini o di animali appartiene a me». Mosè d isse al popolo: «Ricòrdati di questo giorno nel quale siete usciti dall’Egitto dalla dimora di schiav itù perché con la potenza del suo braccio il Signore vi ha fatto uscire di là: non si mangi nulla di l ievitato. In questo giorno del mese di Abìb voi uscite. Quando il Signore ti avrà fatto entrare nell a terra del Cananeo dell’Ittita dell’Amorreo dell’Eveo e del Gebuseo che ha giurato ai tuoi padri di dare a te terra dove scorrono latte e miele allora tu celebrerai questo rito in questo mese. Pe r sette giorni mangerai azzimi. Nel settimo giorno vi sarà una festa in onore del Signore. Nei sett e giorni si mangeranno azzimi e non compaia presso di te niente di lievitato; non ci sia presso di te lievito entro tutti i tuoi confini. In quel giorno tu spiegherai a tuo figlio: “è a causa di quanto h a fatto il Signore per me quando sono uscito dall’Egitto”. Sarà per te segno sulla tua mano e me moriale fra i tuoi occhi affinché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Infatti il Signore ti ha fatt o uscire dall’Egitto con mano potente. Osserverai questo rito nella sua ricorrenza di anno in ann o. Quando il Signore ti avrà fatto entrare nella terra del Cananeo come ha giurato a te e ai tuoi padri e te l’avrà data in possesso tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del tuo bestiame se di sesso maschile lo consacrerai al Signore. Riscatterai og ni primo parto dell’asino mediante un capo di bestiame minuto e se non lo vorrai riscattare gli s paccherai la nuca. Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi discendenti. Quando tuo figl io un domani ti chiederà: “Che significa ciò?” tu gli risponderai: “Con la potenza del suo braccio i l Signore ci ha fatto uscire dall’Egitto dalla condizione servile. Poiché il faraone si ostinava a non lasciarci partire il Signore ha ucciso ogni primogenito nella terra d’Egitto: i primogeniti degli uo mini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo parto di sesso m aschile e riscatto ogni primogenito dei miei discendenti”. Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un pendaglio fra i tuoi occhi poiché con la potenza del suo braccio il Signore ci ha fatto usci re dall’Egitto». Quando il faraone lasciò partire il popolo Dio non lo condusse per la strada del t erritorio dei Filistei benché fosse più corta perché Dio pensava: «Che il popolo non si penta alla vista della guerra e voglia tornare in Egitto!». Dio fece deviare il popolo per la strada del deserto
verso il Mar Rosso. Gli Israeliti armati uscirono dalla terra d’Egitto. Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe perché questi aveva fatto prestare un solenne giuramento agli Israeliti dicendo: «Dio certo verrà a visitarvi; voi allora vi porterete via le mie ossa». Partirono da Succot e si accampar ono a Etam sul limite del deserto. Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna d i nube per guidarli sulla via da percorrere e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce c osì che potessero viaggiare giorno e notte. Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista del popolo né la colonna di fuoco durante la notte. Il Signore disse a Mosè: «Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achiròt tra Migdol e il mare davanti a Baal-
Sefòn; di fronte a quel luogo vi accamperete presso il mare. Il faraone penserà degli Israeliti: “V
anno errando nella regione; il deserto li ha bloccati!”. Io renderò ostinato il cuore del faraone e d egli li inseguirà io dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito così gli Egizia ni sapranno che io sono il Signore!». Ed essi fecero così. Quando fu riferito al re d’Egitto che il p opolo era fuggito il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: «Che cosa abbiamo fatto lasciando che Israele si sottraesse al nostro servizio?». Attaccò allora il cocc hio e prese con sé i suoi soldati. Prese seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto con i combatten ti sopra ciascuno di essi. Il Signore rese ostinato il cuore del faraone re d’Egitto il quale inseguì g li Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero m entre essi stavano accampati presso il mare; tutti i cavalli e i carri del faraone i suoi cavalieri e il suo esercito erano presso Pi-Achiròt davanti a Baal-Sefòn. Quando il faraone fu vicino gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco gli Egiziani marciavano diet ro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: «è fo rse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egizi ani perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?». Mosè rispose: «Non abbi ate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore il quale oggi agirà per voi; perché gli Egizi ani che voi oggi vedete non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi e voi starete tran quilli». Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il ca mmino. Tu intanto alza il bastone stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone i suoi carri e i suoi cavalieri». L’angelo di Dio che precedeva l’accampamento d’Israele cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’a ccampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni mentre per gli a ltri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allor a Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un fort e vento d’oriente rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’a
sciutto mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono e tutti i cavalli del faraone i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare.
Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul cam po degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spi ngerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele perché il Signore combatte per l oro contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare sul far del m attino tornò al suo livello consueto mentre gli Egiziani fuggendo gli si dirigevano contro. Il Signo re li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tut to l’esercito del faraone che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure un o. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare mentre le acque erano p er loro un muro a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egizi ani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè su o servo. Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: «Voglio cantare al Signore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. è il mio Dio: lo voglio lodare, il Dio di mio pa dre: lo voglio esaltare! Il Signore è un guerriero, Signore è il suo nome. I carri del faraone e il su o esercito li ha scagliati nel mare; i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mar Rosso. Gli a bissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra. La tua destra Signore, è gloriosa per la potenza, la tua destra Signore, annienta il nemico; con sublime maestà abbatti i tuoi avversari, scateni il t uo furore, che li divora come paglia. Al soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono l e onde come un argine, si rappresero gli abissi nel fondo del mare. Il nemico aveva detto: “Inseg uirò raggiungerò, spartirò il bottino, se ne sazierà la mia brama; sfodererò la spada, li conquiste rà la mia mano!”. Soffiasti con il tuo alito: li ricoprì il mare, sprofondarono come piombo in acqu e profonde. Chi è come te fra gli dèi Signore? Chi è come te maestoso in santità, terribile nelle i mprese, autore di prodigi? Stendesti la destra: li inghiottì la terra. Guidasti con il tuo amore que sto popolo che hai riscattato, lo conducesti con la tua potenza alla tua santa dimora. Udirono i p opoli: sono atterriti. L’angoscia afferrò gli abitanti della Filistea. Allora si sono spaventati i capi d i Edom, il pànico prende i potenti di Moab; hanno tremato tutti gli abitanti di Canaan. Piómbino su di loro paura e terrore; per la potenza del tuo braccio restino muti come pietra, finché sia pa ssato il tuo popolo Signore, finché sia passato questo tuo popolo, che ti sei acquistato. Tu lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua dimora, Signore hai preparato, santuario che le tue mani, Signore hanno fondato. Il Signore regni in eterno e per sempre!». Qu ando i cavalli del faraone i suoi carri e i suoi cavalieri furono entrati nel mare il Signore fece torn are sopra di essi le acque del mare mentre gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare. Allora Maria la profetessa sorella di Aronne prese in mano un tamburello: dietro a lei u scirono le donne con i tamburelli e con danze. Maria intonò per loro il ritornello: «Cantate al Sig
nore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare!». Mosè fece pa rtire Israele dal Mar Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni n el deserto senza trovare acqua. Arrivarono a Mara ma non potevano bere le acque di Mara perc hé erano amare. Per questo furono chiamate Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè: «Ch e cosa berremo?». Egli invocò il Signore il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: «Se tu darai ascolto alla voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi io non t’infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli Egiziani perché io sono il Signore colui che ti guarisce
!». Poi arrivarono a Elìm dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparo no presso l’acqua. Levarono le tende da Elìm e tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin che si trova tra Elìm e il Sinai il quindici del secondo mese dopo la loro uscita dalla terra d’
Egitto. Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli I sraeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto quando eravamo seduti presso la pentola della carne mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in qu esto deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «E
cco io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la raz ione di un giorno perché io lo metta alla prova per vedere se cammina o no secondo la mia legg e. Ma il sesto giorno quando prepareranno quello che dovranno portare a casa sarà il doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno». Mosè e Aronne dissero a tutti gli Israeliti: «Questa s era saprete che il Signore vi ha fatto uscire dalla terra d’Egitto e domani mattina vedrete la glori a del Signore, poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui. Noi infatti che cosa sia mo perché mormoriate contro di noi?». Mosè disse: «Quando il Signore vi darà alla sera la carn e da mangiare e alla mattina il pane a sazietà sarà perché il Signore ha inteso le mormorazioni c on le quali mormorate contro di lui. Noi infatti che cosa siamo? Non contro di noi vanno le vostr e mormorazioni ma contro il Signore». Mosè disse ad Aronne: «Da’ questo comando a tutta la c omunità degli Israeliti: “Avvicinatevi alla presenza del Signore perché egli ha inteso le vostre mo rmorazioni!”». Ora mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti essi si voltarono ver so il deserto: ed ecco la gloria del Signore si manifestò attraverso la nube. Il Signore disse a Mos è: «Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: “Al tramonto mangerete carne e al la mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore vostro Dio”». La sera le quaglie sali rono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampam ento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e gr anulosa minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos
’è?» perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «è il pane che il Signore vi ha dato in cibo. Ecco che cosa comanda il Signore: “Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne un om er a testa secondo il numero delle persone che sono con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda”». Così fecero gli Israeliti. Ne raccolsero chi molto chi poco. Si misurò con l’

omer: colui che ne aveva preso di più non ne aveva di troppo; colui che ne aveva preso di meno non ne mancava. Avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne. Mosè disse lor o: «Nessuno ne faccia avanzare fino al mattino». Essi non obbedirono a Mosè e alcuni ne conser varono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputridì. Mosè si irritò contro di loro. Essi dunque ne raccoglievano ogni mattina secondo quanto ciascuno mangiava; quando il sole comi nciava a scaldare si scioglieva. Quando venne il sesto giorno essi raccolsero il doppio di quel pan e due omer a testa. Allora tutti i capi della comunità vennero a informare Mosè. Egli disse loro:
«è appunto ciò che ha detto il Signore: “Domani è sabato riposo assoluto consacrato al Signore.
Ciò che avete da cuocere cuocetelo; ciò che avete da bollire bollitelo; quanto avanza tenetelo in serbo fino a domani mattina”». Essi lo misero in serbo fino al mattino come aveva ordinato Mo sè e non imputridì né vi si trovarono vermi. Disse Mosè: «Mangiatelo oggi perché è sabato in on ore del Signore: oggi non ne troverete nella campagna. Sei giorni lo raccoglierete ma il settimo giorno è sabato: non ve ne sarà». Nel settimo giorno alcuni del popolo uscirono per raccogliern e ma non ne trovarono. Disse allora il Signore a Mosè: «Fino a quando rifiuterete di osservare i miei ordini e le mie leggi? Vedete che il Signore vi ha dato il sabato! Per questo egli vi dà al sest o giorno il pane per due giorni. Restate ciascuno al proprio posto! Nel settimo giorno nessuno e sca dal luogo dove si trova». Il popolo dunque riposò nel settimo giorno. La casa d’Israele lo chia mò manna. Era simile al seme del coriandolo e bianco; aveva il sapore di una focaccia con miele
. Mosè disse: «Questo ha ordinato il Signore: “Riempitene un omer e conservatelo per i vostri di scendenti perché vedano il pane che vi ho dato da mangiare nel deserto, quando vi ho fatto usci re dalla terra d’Egitto”». Mosè disse quindi ad Aronne: «Prendi un’urna e mettici un omer comp leto di manna; deponila davanti al Signore e conservala per i vostri discendenti». Secondo quant o il Signore aveva ordinato a Mosè Aronne la depose per conservarla davanti alla Testimonianza
. Gli Israeliti mangiarono la manna per quarant’anni fino al loro arrivo in una terra abitata: mang iarono la manna finché non furono arrivati ai confini della terra di Canaan. L’ omer è la decima p arte dell’ efa. Tutta la comunità degli Israeliti levò le tende dal deserto di Sin camminando di tap pa in tappa secondo l’ordine del Signore e si accampò a Refidìm. Ma non c’era acqua da bere pe r il popolo. Il popolo protestò contro Mosè: «Dateci acqua da bere!». Mosè disse loro: «Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?». In quel luogo il popolo soffriva la set e per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dal l’Egitto per far morire di sete noi i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signor e dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo e va’! Ecco io starò davanti a te là sulla roccia sull’Oreb; tu b atterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così sotto gli occhi degli anzia ni d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?». Amalèk venne a com battere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in b
attaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio».
Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk mentre Mosè Ar onne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani Israele prevaleva; ma qua ndo le lasciava cadere prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani presero una pietr a la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette mentre Aronne e Cur uno da una parte e l’altro dall’altra sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Gi osuè sconfisse Amalèk e il suo popolo passandoli poi a fil di spada. Allora il Signore disse a Mosè
: «Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalèk sotto il cielo!». Allora Mosè costruì un altare lo chiamò “Il Signore è il mio v essillo” e disse: «Una mano contro il trono del Signore! Vi sarà guerra per il Signore contro Amal èk, di generazione in generazione!». Ietro sacerdote di Madian suocero di Mosè venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele suo popolo cioè come il Signore aveva fatto us cire Israele dall’Egitto. Allora Ietro prese con sé Sipporà moglie di Mosè che prima egli aveva ri mandata con i due figli di lei uno dei quali si chiamava Ghersom, perché egli aveva detto: «Sono un emigrato in terra straniera» e l’altro si chiamava Elièzer perché: «Il Dio di mio padre è venut o in mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del faraone». Ietro dunque suocero di Mosè con i figli e la moglie di lui venne da Mosè nel deserto dove era accampato presso la montagna di Dio. Eg li fece dire a Mosè: «Sono io Ietro tuo suocero che vengo da te con tua moglie e i suoi due figli!
». Mosè andò incontro al suocero si prostrò davanti a lui e lo baciò poi si informarono l’uno dell a salute dell’altro ed entrarono sotto la tenda. Mosè raccontò al suocero quanto il Signore avev a fatto al faraone e agli Egiziani a motivo di Israele tutte le difficoltà incontrate durante il viaggi o dalle quali il Signore li aveva liberati. Ietro si rallegrò di tutto il bene che il Signore aveva fatto a Israele quando lo aveva liberato dalla mano degli Egiziani. Disse Ietro: «Benedetto il Signore c he vi ha liberato dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone: egli ha liberato questo popo lo dalla mano dell’Egitto! Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi: ha rivolto contro di loro quello che tramavano». Ietro suocero di Mosè offrì un olocausto e sacrifici a Dio. Vennero Aronne e tutti gli anziani d’Israele per partecipare al banchetto con il suocero di Mosè davanti a Dio. Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mo sè dalla mattina fino alla sera. Allora il suocero di Mosè visto quanto faceva per il popolo gli diss e: «Che cos’è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?». Mosè rispose al suocero: «Perché il popolo viene da me per consultar e Dio. Quando hanno qualche questione vengono da me e io giudico le vertenze tra l’uno e l’altr o e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi». Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene q uello che fai! Finirai per soccombere tu e il popolo che è con te perché il compito è troppo pesa nte per te; non puoi attendervi tu da solo. Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia co n te! Tu sta’ davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. A loro spiegherai i d ecreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono co mpiere. Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini validi che temono Dio uomini retti che odian
o la venalità per costituirli sopra di loro come capi di migliaia capi di centinaia capi di cinquantin e e capi di decine. Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una ques tione importante la sottoporranno a te mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti all eggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. Se tu fai questa cosa e Dio te lo ordina potrai resis tere e anche tutto questo popolo arriverà in pace alla meta». Mosè diede ascolto alla proposta del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. Mosè dunque scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia capi di centinaia capi di cinquantine e capi di decine. Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottop onevano a Mosè ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori. Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò alla sua terra. Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dalla terra d’Egitto nello stess o giorno essi arrivarono al deserto del Sinai. Levate le tende da Refidìm giunsero al deserto del Sinai dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte. Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “V
oi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fa tto venire fino a me. Ora se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti». Mosè andò convo cò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole come gli aveva ordinato il Signore. Tutt o il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto noi lo faremo!». Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: «Ecco io sto per venire verso di te i n una densa nube perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano per sempre anche a te». Mosè riferì al Signore le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: «Va’ dal popolo e sant ificalo oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai alla vista di tutto il popolo. Fisserai per il popolo un li mite tutto attorno dicendo: “Guardatevi dal salire sul monte e dal toccarne le falde. Chiunque t occherà il monte sarà messo a morte. Nessuna mano però dovrà toccare costui: dovrà essere la pidato o colpito con tiro di arco. Animale o uomo non dovrà sopravvivere”. Solo quando suoner à il corno essi potranno salire sul monte». Mosè scese dal monte verso il popolo; egli fece santif icare il popolo ed essi lavarono le loro vesti. Poi disse al popolo: «Siate pronti per il terzo giorno: non unitevi a donna». Il terzo giorno sul far del mattino vi furono tuoni e lampi una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante perché su di esso era sceso il Signor e nel fuoco e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suo no del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce. Il S
ignore scese dunque sul monte Sinai sulla vetta del monte e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì. Il Signore disse a Mosè: «Scendi scongiura il popolo di non irrompere vers o il Signore per vedere altrimenti ne cadrà una moltitudine! Anche i sacerdoti che si avvicinano
al Signore si santifichino altrimenti il Signore si avventerà contro di loro!». Mosè disse al Signore
: «Il popolo non può salire al monte Sinai perché tu stesso ci hai avvertito dicendo: “Delimita il monte e dichiaralo sacro”». Il Signore gli disse: «Va’ scendi poi salirai tu e Aronne con te. Ma i s acerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore altrimenti egli si avventerà contr o di loro!». Mosè scese verso il popolo e parlò loro. Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore tuo Dio che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto dalla condizione servile: Non avrai alt ri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di qua nto è quaggiù sulla terra né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a lor o e non li servirai. Perché io il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per coloro che mi odiano ma che dimostra la su a bontà fino a mille generazioni per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore tuo Dio perché il Signore non lascia impunito chi pronu ncia il suo nome invano. Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e far ai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun l avoro né tu né tuo figlio né tua figlia né il tuo schiavo né la tua schiava né il tuo bestiame né il f orestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il ma re e quanto è in essi ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno d el sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre perché si prolunghino i tuoi giorni ne l paese che il Signore tuo Dio ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossim o. Non desidererai la moglie del tuo prossimo né il suo schiavo né la sua schiava né il suo bue né il suo asino né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo». Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide fu preso da tremore e si tenne lont ano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio altrimenti mor iremo!». Mosè disse al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e per ché il suo timore sia sempre su di voi e non pecchiate». Il popolo si tenne dunque lontano ment re Mosè avanzò verso la nube oscura dove era Dio. Il Signore disse a Mosè: «Così dirai agli Israel iti: “Voi stessi avete visto che vi ho parlato dal cielo! Non farete dèi d’argento e dèi d’oro accant o a me: non ne farete per voi! Farai per me un altare di terra e sopra di esso offrirai i tuoi oloca usti e i tuoi sacrifici di comunione le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò far rico rdare il mio nome verrò a te e ti benedirò. Se tu farai per me un altare di pietra non lo costruirai con pietra tagliata perché usando la tua lama su di essa tu la renderesti profana. Non salirai sul mio altare per mezzo di gradini, perché là non si scopra la tua nudità”. Queste sono le norme ch e tu esporrai loro. Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo egli ti servirà per sei anni e nel settimo potrà andarsene libero senza riscatto. Se è venuto solo solo se ne andrà se era coniugat o sua moglie se ne andrà con lui. Se il suo padrone gli ha dato moglie e questa gli ha partorito fi gli o figlie la donna e i suoi figli saranno proprietà del padrone ed egli se ne andrà solo. Ma se lo schiavo dice: “Io sono affezionato al mio padrone a mia moglie ai miei figli non voglio andarmen
e libero” allora il suo padrone lo condurrà davanti a Dio lo farà accostare al battente o allo stipit e della porta e gli forerà l’orecchio con la lesina e quello resterà suo schiavo per sempre. Quand o un uomo venderà la figlia come schiava ella non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi. Se l ei non piace al padrone che perciò non la destina a sé in moglie la farà riscattare. In ogni caso e gli non può venderla a gente straniera agendo con frode verso di lei. Se egli la vuol destinare in moglie al proprio figlio si comporterà nei suoi riguardi secondo il diritto delle figlie. Se egli pren de in moglie un’altra non diminuirà alla prima il nutrimento il vestiario la coabitazione. Se egli n on le fornisce queste tre cose lei potrà andarsene senza che sia pagato il prezzo del riscatto. Col ui che colpisce un uomo causandone la morte sarà messo a morte. Se però non ha teso insidia ma Dio glielo ha fatto incontrare io ti fisserò un luogo dove potrà rifugiarsi. Ma se un uomo ave va premeditato di uccidere il suo prossimo con inganno allora lo strapperai anche dal mio altare perché sia messo a morte. Colui che percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte. Colui che rapisce un uomo sia che lo venda sia che lo si trovi ancora in mano sua, sarà messo a morte
. Colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte. Quando alcuni uomini litigano e uno colpisce il suo prossimo con una pietra o con il pugno e questi non muore ma deve mette rsi a letto se poi si alza ed esce con il bastone chi lo ha colpito sarà ritenuto innocente ma dovrà pagare il riposo forzato e assicurargli le cure. Quando un uomo colpisce con il bastone il suo sch iavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani si deve fare vendetta. Ma se sopravvive un gi orno o due non sarà vendicato, perché è suo denaro. Quando alcuni uomini litigano e urtano un a donna incinta, così da farla abortire se non vi è altra disgrazia si esigerà un’ammenda secondo quanto imporrà il marito della donna e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato. Ma se segu e una disgrazia allora pagherai vita per vita: occhio per occhio dente per dente mano per mano piede per piede bruciatura per bruciatura ferita per ferita livido per livido. Quando un uomo col pisce l’occhio del suo schiavo o della sua schiava e lo acceca, darà loro la libertà in compenso de ll’occhio. Se fa cadere il dente del suo schiavo o della sua schiava darà loro la libertà in compens o del dente. Quando un bue cozza con le corna contro un uomo o una donna e ne segue la mort e il bue sarà lapidato e non se ne mangerà la carne. Però il proprietario del bue è innocente. Ma se il bue era solito cozzare con le corna già prima e il padrone era stato avvisato e non lo aveva custodito se ha causato la morte di un uomo o di una donna il bue sarà lapidato e anche il suo p adrone dev’essere messo a morte. Se invece gli viene imposto un risarcimento, egli pagherà il ri scatto della propria vita secondo quanto gli verrà imposto. Se cozza con le corna contro un figlio o se cozza contro una figlia si procederà nella stessa maniera. Se il bue colpisce con le corna un o schiavo o una schiava si darà al suo padrone del denaro trenta sicli e il bue sarà lapidato. Qua ndo un uomo lascia una cisterna aperta oppure quando un uomo scava una cisterna e non la co pre se vi cade un bue o un asino il proprietario della cisterna deve dare l’indennizzo: verserà il d enaro al padrone della bestia e l’animale morto gli apparterrà. Quando il bue di un tale cozza co ntro il bue del suo prossimo e ne causa la morte essi venderanno il bue vivo e se ne divideranno il prezzo; si divideranno anche la bestia morta. Ma se è notorio che il bue era solito cozzare già
prima e il suo padrone non lo ha custodito egli dovrà dare come indennizzo bue per bue e la bes tia morta gli apparterrà. Quando un uomo ruba un bue o un montone e poi lo sgozza o lo vende darà come indennizzo cinque capi di grosso bestiame per il bue e quattro capi di bestiame min uto per il montone. Se un ladro viene sorpreso mentre sta facendo una breccia in un muro e vie ne colpito e muore, non vi è per lui vendetta di sangue. Ma se il sole si era già alzato su di lui, vi è per lui vendetta di sangue. Il ladro dovrà dare l’indennizzo: se non avrà di che pagare sarà ven duto in compenso dell’oggetto rubato. Se si trova ancora in vita e ciò che è stato rubato è in suo possesso si tratti di bue di asino o di montone restituirà il doppio. Quando un uomo usa come p ascolo un campo o una vigna e lascia che il suo bestiame vada a pascolare in un campo altrui de ve dare l’indennizzo con il meglio del suo campo e con il meglio della sua vigna. Quando un fuoc o si propaga e si attacca ai cespugli spinosi se viene bruciato un mucchio di covoni o il grano in s piga o il grano in erba colui che ha provocato l’incendio darà l’indennizzo. Quando un uomo dà i n custodia al suo prossimo denaro od oggetti e poi nella casa di costui viene commesso un furto se si trova il ladro quest’ultimo restituirà il doppio. Se il ladro non si trova il padrone della casa si avvicinerà a Dio per giurare che non ha allungato la mano sulla proprietà del suo prossimo. Q
ualunque sia l’oggetto di una frode si tratti di un bue di un asino di un montone, di una veste di qualunque oggetto perduto di cui uno dice: “è questo!” la causa delle due parti andrà fino a Dio
: colui che Dio dichiarerà colpevole restituirà il doppio al suo prossimo. Quando un uomo dà in c ustodia al suo prossimo un asino o un bue o un capo di bestiame minuto o qualsiasi animale se l a bestia muore o si è prodotta una frattura o è stata rapita senza testimone interverrà tra le du e parti un giuramento per il Signore per dichiarare che il depositario non ha allungato la mano s ulla proprietà del suo prossimo. Il padrone della bestia accetterà e l’altro non dovrà risarcire. M
a se la bestia è stata rubata quando si trovava presso di lui pagherà l’indennizzo al padrone di es sa. Se invece è stata sbranata ne porterà la prova in testimonianza e non dovrà dare l’indennizz o per la bestia sbranata. Quando un uomo prende in prestito dal suo prossimo una bestia e que sta si è prodotta una frattura o è morta in assenza del padrone dovrà pagare l’indennizzo. Ma s e il padrone si trova presente non deve restituire; se si tratta di una bestia presa a nolo la sua p erdita è compensata dal prezzo del noleggio. Quando un uomo seduce una vergine non ancora f idanzata e si corica con lei ne pagherà il prezzo nuziale e lei diverrà sua moglie. Se il padre di lei si rifiuta di dargliela egli dovrà versare una somma di denaro pari al prezzo nuziale delle vergini.
Non lascerai vivere colei che pratica la magia. Chiunque giaccia con una bestia sia messo a mort e. Colui che offre un sacrificio agli dèi anziché al solo Signore sarà votato allo sterminio. Non mo lesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltr atterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti quando invocherà da me l’aiuto io darò ascolto al suo grido la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vo stri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo all’indigente che sta con te non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il m antello del tuo prossimo glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola copert
a è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti quando griderà v erso di me io l’ascolterò, perché io sono pietoso. Non bestemmierai Dio e non maledirai il capo del tuo popolo. Non ritarderai l’offerta di ciò che riempie il tuo granaio e di ciò che stilla dal tuo frantoio. Il primogenito dei tuoi figli lo darai a me. Così farai per il tuo bue e per il tuo bestiame minuto: sette giorni resterà con sua madre l’ottavo giorno lo darai a me. Voi sarete per me uom ini santi: non mangerete la carne di una bestia sbranata nella campagna, ma la getterete ai cani.
Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per far da testimone in favore di u n’ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo così da star e con la maggioranza per ledere il diritto. Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo. Q
uando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi glieli dovrai ricondurre. Quando v edrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico. Non ledere il diritto del tuo povero nel suo processo. Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l’innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole
. Non accetterai doni perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti. Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero perché siete stati f orestieri in terra d’Egitto. Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà consumato dalle bestie selvatiche. Così farai per la tua vigna e per il tuo oliveto. Per sei giorni farai i tuoi lavori ma nel settimo giorno farai riposo perché possano goder e quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero. Farete attenzione a quanto vi ho detto: non pronunciate il nome di altri dèi; non si senta sulla tua boc ca! Tre volte all’anno farai festa in mio onore. Osserverai la festa degli Azzimi: per sette giorni m angerai azzimi come ti ho ordinato, nella ricorrenza del mese di Abìb perché in esso sei uscito d all’Egitto. Non si dovrà comparire davanti a me a mani vuote. Osserverai la festa della mietitura cioè dei primi frutti dei tuoi lavori di semina nei campi e poi al termine dell’anno la festa del rac colto quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi. Tre volte all’anno ogni tuo maschio c omparirà alla presenza del Signore Dio. Non offrirai con pane lievitato il sangue del sacrificio in mio onore e il grasso della vittima per la mia festa non dovrà restare fino al mattino. Il meglio d elle primizie del tuo suolo lo porterai alla casa del Signore tuo Dio. Non farai cuocere un caprett o nel latte di sua madre. Ecco io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza da’ ascolto alla sua vo ce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione perché il mio nome è in lui. Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò io sarò il nemico dei tuoi nemici e l’av versario dei tuoi avversari. Quando il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare press o l’Amorreo l’Ittita il Perizzita il Cananeo l’Eveo e il Gebuseo e io li distruggerò, tu non ti prostre rai davanti ai loro dèi e non li servirai; tu non ti comporterai secondo le loro opere ma dovrai de molire e frantumare le loro stele. Voi servirete il Signore vostro Dio. Egli benedirà il tuo pane e l a tua acqua. Terrò lontana da te la malattia. Non vi sarà nella tua terra donna che abortisca o ch
e sia sterile. Ti farò giungere al numero completo dei tuoi giorni. Manderò il mio terrore davanti a te e metterò in rotta ogni popolo in mezzo al quale entrerai; farò voltare le spalle a tutti i tuoi nemici davanti a te. Manderò i calabroni davanti a te ed essi scacceranno dalla tua presenza l’E
veo, il Cananeo e l’Ittita. Non li scaccerò dalla tua presenza in un solo anno, perché non resti de serta la terra e le bestie selvatiche si moltiplichino contro di te. Li scaccerò dalla tua presenza a poco a poco finché non avrai tanti discendenti da occupare la terra. Stabilirò il tuo confine dal Mar Rosso fino al mare dei Filistei e dal deserto fino al Fiume perché ti consegnerò in mano gli a bitanti della terra e li scaccerò dalla tua presenza. Ma tu non farai alleanza con loro e con i loro dèi; essi non abiteranno più nella tua terra altrimenti ti farebbero peccare contro di me perché t u serviresti i loro dèi e ciò diventerebbe una trappola per te». Il Signore disse a Mosè: «Sali vers o il Signore tu e Aronne Nadab e Abiu e settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano solo Mosè si avvicinerà al Signore: gli altri non si avvicinino e il popolo non salga con lui». Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a u na sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato noi li eseguiremo!». Mosè s crisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire oloca usti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’allean za e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore lo eseguiremo e vi pr esteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo dicendo: «Ecco il sangue dell’all eanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!». Mosè salì con Aron ne Nadab Abiu e i settanta anziani d’Israele. Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era c ome un pavimento in lastre di zaffìro limpido come il cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e bevvero. Il Signore disse a Mosè: «Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli». Mosè si mosse con Giosuè suo aiutante e Mosè salì sul monte di Dio. Agli a nziani aveva detto: «Restate qui ad aspettarci fin quando torneremo da voi; ecco avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro». Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte. La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì p er sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti. Il Sig nore parlò a Mosè dicendo: «Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un contributo. Lo racco glierete da chiunque sia generoso di cuore. Ed ecco che cosa raccoglierete da loro come contrib uto: oro argento e bronzo tessuti di porpora viola e rossa di scarlatto di bisso e di pelo di capra pelle di montone tinta di rosso, pelle di tasso e legno di acacia olio per l’illuminazione balsami p er l’olio dell’unzione e per l’incenso aromatico pietre di ònice e pietre da incastonare nell’ efod e nel pettorale. Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa s
econdo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi. Fa ranno dunque un’arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezz o di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro puro: dentro e fuori la rivestirai e l e farai intorno un bordo d’oro. Fonderai per essa quattro anelli d’oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell’arca per trasportare con esse l’arca. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell’arca: non verranno tolte di lì. Nell’arca collocherai l a Testimonianza che io ti darò. Farai il propiziatorio d’oro puro; avrà due cubiti e mezzo di lungh ezza e un cubito e mezzo di larghezza. Farai due cherubini d’oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del propiziatorio. Fa’ un cherubino a una estremità e un cherubino all’altra estre mità. Farete i cherubini alle due estremità del propiziatorio. I cherubini avranno le due ali spieg ate verso l’alto proteggendo con le ali il propiziatorio; saranno rivolti l’uno verso l’altro e le facc e dei cherubini saranno rivolte verso il propiziatorio. Porrai il propiziatorio sulla parte superiore dell’arca e collocherai nell’arca la Testimonianza che io ti darò. Io ti darò convegno in quel luogo
: parlerò con te da sopra il propiziatorio in mezzo ai due cherubini che saranno sull’arca della Te stimonianza dandoti i miei ordini riguardo agli Israeliti. Farai una tavola di legno di acacia: avrà due cubiti di lunghezza un cubito di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro pu ro e le farai attorno un bordo d’oro. Le farai attorno una cornice di un palmo e farai un bordo d’
oro per la cornice. Le farai quattro anelli d’oro e li fisserai ai quattro angoli che costituiranno i s uoi quattro piedi. Gli anelli saranno contigui alla cornice e serviranno a inserire le stanghe desti nate a trasportare la tavola. Farai le stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro; con esse si tr asporterà la tavola. Farai anche i suoi piatti coppe anfore e tazze per le libagioni: li farai d’oro p uro. Sulla tavola collocherai i pani dell’offerta: saranno sempre alla mia presenza. Farai anche u n candelabro d’oro puro. Il candelabro sarà lavorato a martello il suo fusto e i suoi bracci; i suoi calici i suoi bulbi e le sue corolle saranno tutti di un pezzo. Sei bracci usciranno dai suoi lati: tre bracci del candelabro da un lato e tre bracci del candelabro dall’altro lato. Vi saranno su di un br accio tre calici in forma di fiore di mandorlo con bulbo e corolla e così anche sull’altro braccio tr e calici in forma di fiore di mandorlo con bulbo e corolla. Così sarà per i sei bracci che usciranno dal candelabro. Il fusto del candelabro avrà quattro calici in forma di fiore di mandorlo con i lor o bulbi e le loro corolle: un bulbo sotto i due bracci che si dipartono da esso e un bulbo sotto i d ue bracci seguenti e un bulbo sotto gli ultimi due bracci che si dipartono da esso; così per tutti i sei bracci che escono dal candelabro. I bulbi e i relativi bracci saranno tutti di un pezzo: il tutto s arà formato da una sola massa d’oro puro lavorata a martello. Farai le sue sette lampade: vi si c ollocheranno sopra in modo da illuminare lo spazio davanti ad esso. I suoi smoccolatoi e i suoi p ortacenere saranno d’oro puro. Lo si farà con un talento di oro puro esso con tutti i suoi accesso ri. Guarda ed esegui secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte. Quanto alla Dimora l a farai con dieci teli di bisso ritorto di porpora viola di porpora rossa e di scarlatto. Vi farai figure di cherubini lavoro d’artista. La lunghezza di un telo sarà di ventotto cubiti; la larghezza di quatt
ro cubiti per un telo; la stessa dimensione per tutti i teli. Cinque teli saranno uniti l’uno all’altro e anche gli altri cinque saranno uniti l’uno all’altro. Farai cordoni di porpora viola sull’orlo del pr imo telo all’estremità della sutura; così farai sull’orlo del telo estremo nella seconda sutura. Far ai cinquanta cordoni al primo telo e farai cinquanta cordoni all’estremità della seconda sutura: i cordoni corrisponderanno l’uno all’altro. Farai cinquanta fibbie d’oro e unirai i teli l’uno all’altr o mediante le fibbie così la Dimora formerà un tutto unico. Farai poi teli di pelo di capra per la t enda sopra la Dimora. Ne farai undici teli. La lunghezza di un telo sarà di trenta cubiti; la larghez za di quattro cubiti per un telo; la stessa dimensione per gli undici teli. Unirai insieme cinque teli da una parte e sei teli dall’altra. Piegherai in due il sesto telo sulla parte anteriore della tenda. F
arai cinquanta cordoni sull’orlo del primo telo che è all’estremità della sutura e cinquanta cordo ni sull’orlo del telo della seconda sutura. Farai cinquanta fibbie di bronzo introdurrai le fibbie ne i cordoni e unirai insieme la tenda; così essa formerà un tutto unico. La parte che pende in ecce denza nei teli della tenda la metà cioè di un telo che sopravanza penderà sulla parte posteriore della Dimora. Il cubito in eccedenza da una parte come il cubito in eccedenza dall’altra parte nel senso della lunghezza dei teli della tenda ricadranno sui due lati della Dimora per coprirla da un a parte e dall’altra. Farai per la tenda una copertura di pelli di montone tinte di rosso e al di sop ra una copertura di pelli di tasso. Poi farai per la Dimora le assi di legno di acacia da porsi vertica li. La lunghezza di un’asse sarà dieci cubiti e un cubito e mezzo la larghezza. Ogni asse avrà due s ostegni congiunti l’uno all’altro da un rinforzo. Così farai per tutte le assi della Dimora. Farai dun que le assi per la Dimora: venti assi verso il mezzogiorno a sud. Farai anche quaranta basi d’arge nto sotto le venti assi due basi sotto un’asse per i suoi due sostegni e due basi sotto l’altra asse per i suoi due sostegni. Per il secondo lato della Dimora verso il settentrione venti assi, come an che le loro quaranta basi d’argento due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Per la pa rte posteriore della Dimora verso occidente farai sei assi. Farai inoltre due assi per gli angoli dell a Dimora sulla parte posteriore. Esse saranno formate ciascuna da due pezzi uguali abbinati e p erfettamente congiunti dal basso fino alla cima all’altezza del primo anello. Così sarà per ambed ue: esse formeranno i due angoli. Vi saranno dunque otto assi con le loro basi d’argento: sedici basi due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Farai inoltre traverse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato della Dimora e cinque traverse per le assi dell’altro lato della Dimor a e cinque traverse per le assi della parte posteriore verso occidente. La traversa mediana a me zza altezza delle assi le attraverserà da una estremità all’altra. Rivestirai d’oro le assi farai in oro i loro anelli, che serviranno per inserire le traverse e rivestirai d’oro anche le traverse. Costruirai la Dimora secondo la disposizione che ti è stata mostrata sul monte. Farai il velo di porpora viol a di porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto. Lo si farà con figure di cherubini lavoro d’artista
. Lo appenderai a quattro colonne di acacia rivestite d’oro munite di uncini d’oro e poggiate su quattro basi d’argento. Collocherai il velo sotto le fibbie e là nell’interno oltre il velo, introdurrai l’arca della Testimonianza. Il velo costituirà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei Sant i. Porrai il propiziatorio sull’arca della Testimonianza nel Santo dei Santi. Collocherai la tavola fu
ori del velo e il candelabro di fronte alla tavola sul lato meridionale della Dimora; collocherai la t avola sul lato settentrionale. Farai una cortina all’ingresso della tenda di porpora viola e di porp ora rossa di scarlatto e di bisso ritorto lavoro di ricamatore. Farai per la cortina cinque colonne di acacia e le rivestirai d’oro. I loro uncini saranno d’oro e fonderai per esse cinque basi di bronz o. Farai l’altare di legno di acacia: avrà cinque cubiti di lunghezza e cinque cubiti di larghezza. L’
altare sarà quadrato e avrà l’altezza di tre cubiti. Farai ai suoi quattro angoli quattro corni e cost ituiranno un sol pezzo con esso. Lo rivestirai di bronzo. Farai i suoi recipienti per raccogliere le c eneri le sue palette i suoi vasi per l’aspersione le sue forcelle e i suoi bracieri. Farai di bronzo tut ti questi accessori. Farai per esso una graticola di bronzo lavorato in forma di rete e farai sulla re te quattro anelli di bronzo alle sue quattro estremità. La porrai sotto la cornice dell’altare in bas so: la rete arriverà a metà dell’altezza dell’altare. Farai anche stanghe per l’altare: saranno stan ghe di legno di acacia e le rivestirai di bronzo. Si introdurranno queste stanghe negli anelli e le s tanghe saranno sui due lati dell’altare quando lo si trasporta. Lo farai di tavole vuoto nell’intern o: lo faranno come ti fu mostrato sul monte. Farai poi il recinto della Dimora. Sul lato meridiona le verso sud il recinto avrà tendaggi di bisso ritorto per la lunghezza di cento cubiti sullo stesso l ato. Vi saranno venti colonne con venti basi di bronzo. Gli uncini delle colonne e le loro aste tras versali saranno d’argento. Allo stesso modo sul lato rivolto a settentrione: tendaggi per cento c ubiti di lunghezza le relative venti colonne con le venti basi di bronzo gli uncini delle colonne e l e aste trasversali d’argento. La larghezza del recinto verso occidente avrà cinquanta cubiti di ten daggi con le relative dieci colonne e le dieci basi. La larghezza del recinto sul lato orientale verso levante sarà di cinquanta cubiti: quindici cubiti di tendaggi con le relative tre colonne e le tre b asi alla prima ala; all’altra ala quindici cubiti di tendaggi con le tre colonne e le tre basi. Alla port a del recinto vi sarà una cortina di venti cubiti lavoro di ricamatore di porpora viola porpora ross a scarlatto e bisso ritorto con le relative quattro colonne e le quattro basi. Tutte le colonne intor no al recinto saranno fornite di aste trasversali d’argento: i loro uncini saranno d’argento e le lo ro basi di bronzo. La lunghezza del recinto sarà di cento cubiti la larghezza di cinquanta, l’altezza di cinque cubiti: di bisso ritorto con le basi di bronzo. Tutti gli arredi della Dimora per tutti i suoi servizi e tutti i picchetti come anche i picchetti del recinto saranno di bronzo. Tu ordinerai agli I sraeliti che ti procurino olio puro di olive schiacciate per l’illuminazione per tener sempre acces a una lampada. Nella tenda del convegno al di fuori del velo che sta davanti alla Testimonianza Aronne e i suoi figli la prepareranno perché dalla sera alla mattina essa sia davanti al Signore: rit o perenne presso gli Israeliti di generazione in generazione. Fa’ avvicinare a te in mezzo agli Isra eliti Aronne tuo fratello e i suoi figli con lui perché siano miei sacerdoti: Aronne Nadab e Abiu El eàzaro e Itamàr figli di Aronne. Farai per Aronne tuo fratello abiti sacri per gloria e decoro. Parle rai a tutti gli artigiani più esperti che io ho riempito di uno spirito di saggezza ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione e per l’esercizio del sacerdozio in mio onore. E questi s ono gli abiti che faranno: il pettorale e l’ efod il manto la tunica ricamata il turbante e la cintura.
Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in m
io onore. Useranno oro porpora viola e porpora rossa scarlatto e bisso. Faranno l’ efod con oro porpora viola e porpora rossa scarlatto e bisso ritorto, artisticamente lavorati. Avrà due spalline attaccate alle due estremità e in tal modo formerà un pezzo ben unito. La cintura per fissarlo c he sta sopra di esso, sarà della stessa fattura e sarà d’un sol pezzo: sarà intessuta d’oro di porpo ra viola e porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Prenderai due pietre di ònice e inciderai su di e sse i nomi dei figli d’Israele: sei dei loro nomi sulla prima pietra e gli altri sei nomi sulla seconda pietra in ordine di nascita. Inciderai le due pietre con i nomi dei figli d’Israele seguendo l’arte de ll’intagliatore di pietre per l’incisione di un sigillo; le inserirai in castoni d’oro. Fisserai le due piet re sulle spalline dell’ efod come memoriale per i figli d’Israele; così Aronne porterà i loro nomi s ulle sue spalle davanti al Signore come un memoriale. Farai anche i castoni d’oro e due catene d
’oro puro in forma di cordoni con un lavoro d’intreccio; poi fisserai le catene a intreccio sui cast oni. Farai il pettorale del giudizio artisticamente lavorato di fattura uguale a quella dell’ efod: co n oro porpora viola porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Sarà quadrato doppio; avrà una span na di lunghezza e una spanna di larghezza. Lo coprirai con un’incastonatura di pietre preziose di sposte in quattro file. Prima fila: una cornalina un topazio e uno smeraldo; seconda fila: una tur chese uno zaffìro e un berillo; terza fila: un giacinto un’àgata e un’ametista; quarta fila: un crisòl ito un’ònice e un diaspro. Esse saranno inserite nell’oro mediante i loro castoni. Le pietre corris ponderanno ai nomi dei figli d’Israele: dodici secondo i loro nomi e saranno incise come sigilli ci ascuna con il nome corrispondente secondo le dodici tribù. Sul pettorale farai catene in forma d i cordoni lavoro d’intreccio d’oro puro. Sul pettorale farai anche due anelli d’oro e metterai i du e anelli alle estremità del pettorale. Metterai le due catene d’oro sui due anelli alle estremità de l pettorale. Quanto alle altre due estremità delle catene le fisserai sui due castoni e le farai pass are sulle due spalline dell’ efod nella parte anteriore. Farai due anelli d’oro e li metterai sulle du e estremità del pettorale sul suo bordo che è dall’altra parte dell’ efod verso l’interno. Farai due altri anelli d’oro e li metterai sulle due spalline dell’ efod in basso sul suo lato anteriore in vicina nza del punto di attacco al di sopra della cintura dell’ efod. Si legherà il pettorale con i suoi anell i agli anelli dell’ efod mediante un cordone di porpora viola perché stia al di sopra della cintura dell’ efod e perché il pettorale non si distacchi dall’ efod. Così Aronne porterà i nomi dei figli d’Is raele sul pettorale del giudizio sopra il suo cuore quando entrerà nel Santo come memoriale da vanti al Signore per sempre. Unirai al pettorale del giudizio gli urìm e i tummìm. Saranno così so pra il cuore di Aronne quando entrerà alla presenza del Signore: Aronne porterà il giudizio degli Israeliti sopra il suo cuore alla presenza del Signore per sempre. Farai il manto dell’ efod tutto di porpora viola con in mezzo la scollatura per la testa; il bordo attorno alla scollatura sarà un lavo ro di tessitore come la scollatura di una corazza che non si lacera. Farai sul suo lembo melagran e di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto intorno al suo lembo e in mezzo disporrai sona gli d’oro: un sonaglio d’oro e una melagrana un sonaglio d’oro e una melagrana intorno all’orlo i nferiore del manto. Aronne l’indosserà nelle funzioni sacerdotali e se ne sentirà il suono quando egli entrerà nel Santo alla presenza del Signore e quando ne uscirà. Così non morirà. Farai una l
amina d’oro puro e vi inciderai come su di un sigillo “Sacro al Signore”. L’attaccherai con un cor done di porpora viola al turbante sulla parte anteriore. Starà sulla fronte di Aronne; Aronne por terà il carico delle colpe che potranno commettere gli Israeliti in occasione delle offerte sacre d a loro presentate. Aronne la porterà sempre sulla sua fronte per attirare su di loro il favore del S
ignore. Tesserai la tunica di bisso. Farai un turbante di bisso e una cintura lavoro di ricamo. Per i figli di Aronne farai tuniche e cinture. Per loro farai anche berretti per gloria e decoro. Farai ind ossare queste vesti ad Aronne tuo fratello e ai suoi figli. Poi li ungerai darai loro l’investitura e li consacrerai perché esercitino il sacerdozio in mio onore. Farai loro inoltre calzoni di lino per cop rire la loro nudità dovranno arrivare dai fianchi fino alle cosce. Aronne e i suoi figli li indosseran no quando entreranno nella tenda del convegno o quando si avvicineranno all’altare per officiar e nel santuario perché non incorrano in una colpa che li farebbe morire. è una prescrizione pere nne per lui e per i suoi discendenti. Osserverai questo rito per consacrarli al mio sacerdozio. Pre ndi un giovenco e due arieti senza difetto; poi pani azzimi focacce azzime impastate con olio e s chiacciate azzime cosparse di olio: le preparerai con fior di farina di frumento. Le disporrai in un solo canestro e le offrirai nel canestro insieme con il giovenco e i due arieti. Farai avvicinare Ar onne e i suoi figli all’ingresso della tenda del convegno e li laverai con acqua. Prenderai le vesti e rivestirai Aronne della tunica del manto dell’ efod dell’ efod e del pettorale; lo cingerai con la cintura dell’ efod; gli porrai sul capo il turbante e fisserai il diadema sacro sopra il turbante. Poi prenderai l’olio dell’unzione lo verserai sul suo capo e lo ungerai. Quanto ai suoi figli li farai avvi cinare li rivestirai di tuniche; li cingerai con la cintura e legherai loro i berretti. Il sacerdozio appa rterrà loro per decreto perenne. Così darai l’investitura ad Aronne e ai suoi figli. Farai poi avvici nare il giovenco davanti alla tenda del convegno. Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla su a testa. Immolerai il giovenco davanti al Signore, all’ingresso della tenda del convegno. Prender ai parte del suo sangue e con il dito lo spalmerai sui corni dell’altare. Il resto del sangue lo verse rai alla base dell’altare. Prenderai tutto il grasso che avvolge le viscere il lobo del fegato i reni co n il grasso che vi è sopra e li farai ardere in sacrificio sull’altare. Ma la carne del giovenco la sua pelle e i suoi escrementi li brucerai fuori dell’accampamento perché si tratta di un sacrificio per il peccato. Prenderai poi uno degli arieti; Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa. I mmolerai l’ariete ne raccoglierai il sangue e lo spargerai intorno all’altare. Dividerai in pezzi l’ari ete ne laverai le viscere e le zampe e le disporrai sui quarti e sulla testa. Allora farai bruciare sull
’altare tutto l’ariete. è un olocausto in onore del Signore un profumo gradito un’offerta consum ata dal fuoco in onore del Signore. Prenderai il secondo ariete; Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa. Lo immolerai prenderai parte del suo sangue e ne porrai sul lobo dell’orec chio destro di Aronne sul lobo dell’orecchio destro dei suoi figli sul pollice della loro mano destr a e sull’alluce del loro piede destro; poi spargerai il sangue intorno all’altare. Prenderai di quest o sangue dall’altare e insieme un po’ d’olio dell’unzione e ne spruzzerai su Aronne e le sue vesti sui figli di Aronne e le loro vesti: così sarà consacrato lui con le sue vesti e insieme con lui i suoi f igli con le loro vesti. Prenderai il grasso dell’ariete: la coda il grasso che copre le viscere il lobo d
el fegato i due reni con il grasso che vi è sopra e la coscia destra perché è l’ariete dell’investitura
. Prenderai anche un pane rotondo una focaccia all’olio e una schiacciata dal canestro di azzimi deposto davanti al Signore. Metterai il tutto sulle palme di Aronne e sulle palme dei suoi figli e f arai compiere il rito di elevazione davanti al Signore. Riprenderai ogni cosa dalle loro mani e la f arai bruciare sull’altare insieme all’olocausto come profumo gradito davanti al Signore: è un’off erta consumata dal fuoco in onore del Signore. Prenderai il petto dell’ariete dell’investitura di A ronne e lo presenterai con rito di elevazione davanti al Signore: diventerà la tua porzione. Cons acrerai il petto con il rito di elevazione e la coscia con il rito di innalzamento prelevandoli dall’ari ete dell’investitura: saranno di Aronne e dei suoi figli. Dovranno appartenere ad Aronne e ai suo i figli come porzione loro riservata dagli Israeliti in forza di legge perenne. Perché è un prelevam ento un prelevamento cioè che gli Israeliti dovranno operare in tutti i loro sacrifici di comunione un prelevamento dovuto al Signore. Le vesti sacre di Aronne passeranno dopo di lui ai suoi figli che se ne rivestiranno per ricevere l’unzione e l’investitura. Quello dei figli di Aronne che gli suc cederà nel sacerdozio ed entrerà nella tenda del convegno per officiare nel santuario, porterà q ueste vesti per sette giorni. Poi prenderai l’ariete dell’investitura e ne cuocerai le carni in luogo santo. Aronne e i suoi figli mangeranno la carne dell’ariete e il pane contenuto nel canestro all’i ngresso della tenda del convegno. Mangeranno così ciò che sarà servito per compiere il rito espi atorio nel corso della loro investitura e consacrazione. Nessun estraneo ne deve mangiare perc hé sono cose sante. Nel caso che al mattino ancora restasse carne del sacrificio d’investitura e d el pane brucerai questo avanzo nel fuoco. Non lo si mangerà: è cosa santa. Farai dunque ad Aro nne e ai suoi figli quanto ti ho comandato. Per sette giorni compirai il rito dell’investitura. In cias cun giorno offrirai un giovenco in sacrificio per il peccato in espiazione; toglierai il peccato dall’a ltare compiendo per esso il rito espiatorio e in seguito lo ungerai per consacrarlo. Per sette gior ni compirai il rito espiatorio per l’altare e lo consacrerai. Diverrà allora una cosa santissima e qu anto toccherà l’altare sarà santo. Ecco ciò che tu offrirai sull’altare: due agnelli di un anno ogni giorno per sempre. Offrirai uno di questi agnelli al mattino il secondo al tramonto. Con il primo agnello offrirai un decimo di efa di fior di farina, impastata con un quarto di hin di olio puro e un a libagione di un quarto di hin di vino. Offrirai il secondo agnello al tramonto con un’oblazione e una libagione come quelle del mattino: profumo gradito offerta consumata dal fuoco in onore del Signore. Questo è l’olocausto perenne di generazione in generazione all’ingresso della tenda del convegno, alla presenza del Signore dove io vi darò convegno per parlarti. Darò convegno a gli Israeliti in questo luogo che sarà consacrato dalla mia gloria. Consacrerò la tenda del conveg no e l’altare. Consacrerò anche Aronne e i suoi figli perché esercitino il sacerdozio per me. Abite rò in mezzo agli Israeliti e sarò il loro Dio. Sapranno che io sono il Signore loro Dio che li ho fatti uscire dalla terra d’Egitto per abitare in mezzo a loro io il Signore loro Dio. Farai un altare sul qu ale bruciare l’incenso: lo farai di legno di acacia. Avrà un cubito di lunghezza e un cubito di largh ezza: sarà quadrato; avrà due cubiti di altezza e i suoi corni costituiranno un solo pezzo con esso
. Rivestirai d’oro puro il suo piano i suoi lati i suoi corni e gli farai intorno un bordo d’oro. Farai a
nche due anelli d’oro al di sotto del bordo sui due fianchi ponendoli cioè sui due lati opposti: ser viranno per inserire le stanghe destinate a trasportarlo. Farai le stanghe di legno di acacia e le ri vestirai d’oro. Porrai l’altare davanti al velo che nasconde l’arca della Testimonianza di fronte al propiziatorio che è sopra la Testimonianza dove io ti darò convegno. Aronne brucerà su di esso l
’incenso aromatico: lo brucerà ogni mattina quando riordinerà le lampade, e lo brucerà anche a l tramonto quando Aronne riempirà le lampade: incenso perenne davanti al Signore di generazi one in generazione. Non vi offrirete sopra incenso illegittimo né olocausto né oblazione né vi ve rserete libagione. Una volta all’anno Aronne compirà il rito espiatorio sui corni di esso: con il sa ngue del sacrificio espiatorio per il peccato compirà sopra di esso una volta all’anno il rito espiat orio di generazione in generazione. è cosa santissima per il Signore». Il Signore parlò a Mosè e g li disse: «Quando per il censimento conterai uno per uno gli Israeliti all’atto del censimento cias cuno di essi pagherà al Signore il riscatto della sua vita perché non li colpisca un flagello in occas ione del loro censimento. Chiunque verrà sottoposto al censimento pagherà un mezzo siclo con forme al siclo del santuario il siclo di venti ghera. Questo mezzo siclo sarà un’offerta prelevata i n onore del Signore. Ogni persona sottoposta al censimento dai venti anni in su, corrisponderà l
’offerta prelevata per il Signore. Il ricco non darà di più e il povero non darà di meno di mezzo si clo per soddisfare all’offerta prelevata per il Signore a riscatto delle vostre vite. Prenderai il den aro espiatorio ricevuto dagli Israeliti e lo impiegherai per il servizio della tenda del convegno. Es so sarà per gli Israeliti come un memoriale davanti al Signore per il riscatto delle vostre vite». Il Signore parlò a Mosè: «Farai per le abluzioni un bacino di bronzo con il piedistallo di bronzo; lo collocherai tra la tenda del convegno e l’altare e vi metterai acqua. Aronne e i suoi figli vi atting eranno per lavarsi le mani e i piedi. Quando entreranno nella tenda del convegno faranno un’ab luzione con l’acqua, perché non muoiano; così quando si avvicineranno all’altare per officiare p er bruciare un’offerta da consumare con il fuoco in onore del Signore si laveranno le mani e i pi edi e non moriranno. è una prescrizione rituale perenne per Aronne e per i suoi discendenti in t utte le loro generazioni». Il Signore parlò a Mosè: «Procù rati balsami pregiati: mirra vergine per il peso di cinquecento sicli; cinnamòmo profumato la metà cioè duecentocinquanta sicli; canna aromatica, duecentocinquanta; cassia cinquecento sicli conformi al siclo del santuario; e un hin d’olio d’oliva. Ne farai l’olio per l’unzione sacra un unguento composto secondo l’arte del profu miere: sarà l’olio per l’unzione sacra. Con esso ungerai la tenda del convegno l’arca della Testim onianza, la tavola e tutti i suoi accessori il candelabro con i suoi accessori l’altare dell’incenso l’a ltare degli olocausti e tutti i suoi accessori il bacino con il suo piedistallo. Consacrerai queste cos e che diventeranno santissime: tutto quello che verrà a contatto con esse sarà santo. Ungerai a nche Aronne e i suoi figli e li consacrerai perché esercitino il mio sacerdozio. Agli Israeliti dirai: “
Questo sarà per me l’olio dell’unzione sacra di generazione in generazione. Non si dovrà versare sul corpo di nessun uomo e di simile a questo non ne dovrete fare: è una cosa santa e santa la dovrete ritenere. Chi ne farà di simile a questo o ne porrà sopra un uomo estraneo sia eliminato dal suo popolo”». Il Signore disse a Mosè: «Procù rati balsami: storace ònice, gàlbano e incenso
puro: il tutto in parti uguali. Farai con essi un profumo da bruciare una composizione aromatica secondo l’arte del profumiere salata pura e santa. Ne pesterai un poco riducendola in polvere minuta e ne metterai davanti alla Testimonianza, nella tenda del convegno dove io ti darò conv egno. Cosa santissima sarà da voi ritenuta. Non farete per vostro uso alcun profumo di composi zione simile a quello che devi fare: lo riterrai una cosa santa in onore del Signore. Chi ne farà di simile per sentirne il profumo sia eliminato dal suo popolo». Il Signore parlò a Mosè e gli disse:
«Vedi ho chiamato per nome Besalèl figlio di Urì figlio di Cur della tribù di Giuda. L’ho riempito dello spirito di Dio perché abbia saggezza intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro per idea re progetti da realizzare in oro argento e bronzo, per intagliare le pietre da incastonare per scol pire il legno ed eseguire ogni sorta di lavoro. Ed ecco gli ho dato per compagno Ooliàb figlio di A chisamàc della tribù di Dan. Inoltre nel cuore di ogni artista ho infuso saggezza perché possano eseguire quanto ti ho comandato: la tenda del convegno l’arca della Testimonianza il propiziato rio sopra di essa e tutti gli accessori della tenda; la tavola con i suoi accessori il candelabro puro con i suoi accessori l’altare dell’incenso e l’altare degli olocausti con tutti i suoi accessori il bacin o con il suo piedistallo; le vesti ornamentali le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suo i figli per esercitare il sacerdozio; l’olio dell’unzione e l’incenso aromatico per il santuario. Essi e seguiranno quanto ti ho ordinato». Il Signore disse a Mosè: «Tu ora parla agli Israeliti e riferisci l oro: “Osserverete attentamente i miei sabati perché il sabato è un segno tra me e voi di genera zione in generazione perché si sappia che io sono il Signore che vi santifica. Osserverete dunque il sabato perché per voi è santo. Chi lo profanerà sia messo a morte; chiunque in quel giorno fa rà qualche lavoro sia eliminato dal suo popolo. Per sei giorni si lavori ma il settimo giorno vi sarà riposo assoluto sacro al Signore. Chiunque farà un lavoro in giorno di sabato sia messo a morte.
Gli Israeliti osserveranno il sabato festeggiando il sabato nelle loro generazioni come un’alleanz a perenne. Esso è un segno perenne fra me e gli Israeliti: infatti il Signore in sei giorni ha fatto il cielo e la terra ma nel settimo ha cessato e ha preso respiro”». Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai gli diede le due tavole della Testimonianza tavole di pietra scri tte dal dito di Dio. Il popolo vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte fece ressa intorno ad Aronne e gli disse: «Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa perché a Mosè, quell’uo mo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto». Aronne rispo se loro: «Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli i vostri figli e le vostre f iglie e portateli a me». Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio o Israele colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Eg itto!». Ciò vedendo Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto offrirono olocausti e presentarono sacrific i di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere poi si alzò per darsi al divertimento. Allor a il Signore disse a Mosè: «Va’ scendi perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitt o si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono
fatti un vitello di metallo fuso poi gli si sono prostrati dinanzi gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio Israele colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse in oltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che l a mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore suo Dio e disse: «Perché, Signore si accenderà la tua ira contro il tuo popolo c he hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo.
Ricòrdati di Abramo di Isacco di Israele tuoi servi ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “R
enderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutta questa terra di cui ho parlat o la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che av eva minacciato di fare al suo popolo. Mosè si voltò e scese dal monte con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati da una parte e dall’altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio scolpita sulle tavole. Giosuè sentì il rumore del popolo che u rlava e disse a Mosè: «C’è rumore di battaglia nell’accampamento». Ma rispose Mosè: «Non è il grido di chi canta: “Vittoria!”. Non è il grido di chi canta: “Disfatta!”. Il grido di chi canta a due c ori io sento». Quando si fu avvicinato all’accampamento vide il vitello e le danze. Allora l’ira di Mosè si accese: egli scagliò dalle mani le tavole spezzandole ai piedi della montagna. Poi afferrò il vitello che avevano fatto lo bruciò nel fuoco lo frantumò fino a ridurlo in polvere ne sparse la polvere nell’acqua e la fece bere agli Israeliti. Mosè disse ad Aronne: «Che cosa ti ha fatto quest o popolo perché tu l’abbia gravato di un peccato così grande?». Aronne rispose: «Non si accend a l’ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è incline al male. Mi dissero: “Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa perché a Mosè quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto”. Allora io dissi: “Chi ha dell’oro? Toglietevelo!”. E
ssi me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello». Mosè vide che il po polo non aveva più freno perché Aronne gli aveva tolto ogni freno così da farne oggetto di derisi one per i loro avversari. Mosè si pose alla porta dell’accampamento e disse: «Chi sta con il Signo re venga da me!». Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. Disse loro: «Dice il Signore il Dio d’I sraele: “Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una porta all’altra: uccida ognuno il proprio fratello ognuno il proprio amico ognuno il proprio vicino
”». I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uom ini del popolo. Allora Mosè disse: «Ricevete oggi l’investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi egli vi accordasse benedizione». Il giorno do po Mosè disse al popolo: «Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: f orse otterrò il perdono della vostra colpa». Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ma ora se tu perdonassi il loro peccat o… Altrimenti cancellami dal tuo libro che hai scritto!». Il Signore disse a Mosè: «Io cancellerò d al mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. E

cco il mio angelo ti precederà nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato». Il Signore colpì il popolo perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne. Il Signore parlò a Mosè: «Su sal i di qui tu e il popolo che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto verso la terra che ho promesso con giuramento ad Abramo a Isacco e a Giacobbe dicendo: “La darò alla tua discendenza”. Manderò davanti a te un angelo e scaccerò il Cananeo l’Amorreo l’Ittita il Perizzita l’Eveo e il Gebuseo. Va
’ pure verso la terra dove scorrono latte e miele. Ma io non verrò in mezzo a te per non doverti sterminare lungo il cammino perché tu sei un popolo di dura cervice». Il popolo udì questa trist e notizia e tutti fecero lutto: nessuno più indossò i suoi ornamenti. Il Signore disse a Mosè: «Rif erisci agli Israeliti: “Voi siete un popolo di dura cervice; se per un momento io venissi in mezzo a te io ti sterminerei. Ora togliti i tuoi ornamenti, così saprò che cosa dovrò farti”». Gli Israeliti si spogliarono dei loro ornamenti dal monte Oreb in poi. Mosè prendeva la tenda e la piantava fu ori dell’accampamento a una certa distanza dall’accampamento e l’aveva chiamata tenda del co nvegno; appunto a questa tenda del convegno posta fuori dell’accampamento si recava chiunq ue volesse consultare il Signore. Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda tutto il popolo si alz ava in piedi stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: seguivano con lo sguardo Mosè finché non fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda e parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube c he stava all’ingresso della tenda e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della pr opria tenda. Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico. Po i questi tornava nell’accampamento mentre il suo inserviente il giovane Giosuè figlio di Nun non si allontanava dall’interno della tenda. Mosè disse al Signore: «Vedi tu mi ordini: “Fa’ salire que sto popolo” ma non mi hai indicato chi manderai con me; eppure hai detto: “Ti ho conosciuto p er nome, anzi hai trovato grazia ai miei occhi”. Ora se davvero ho trovato grazia ai tuoi occhi ind icami la tua via così che io ti conosca e trovi grazia ai tuoi occhi; considera che questa nazione è il tuo popolo». Rispose: «Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo». Riprese: «Se il tuo vol to non camminerà con noi, non farci salire di qui. Come si saprà dunque che ho trovato grazia ai tuoi occhi io e il tuo popolo se non nel fatto che tu cammini con noi? Così saremo distinti io e il tuo popolo da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra». Disse il Signore a Mosè: «Anche qu anto hai detto io farò perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome». Gli di sse: «Mostrami la tua gloria!». Rispose: «Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclam erò il mio nome Signore davanti a te. A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver miseric ordia avrò misericordia». Soggiunse: «Ma tu non potrai vedere il mio volto perché nessun uomo può vedermi e restare vivo». Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia gloria io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finc hé non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle ma il mio volto non si può veder e». Il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tav ole le parole che erano sulle tavole di prima che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina
: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga
con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattin o e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato con le due tavole di pietra in mano
. Allora il Signore scese nella nube si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Sig nore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore il Signore Dio misericordioso e pietoso lento a ll’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni che perdona l a colpa la trasgressione e il peccato ma non lascia senza punizione che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi Signore che il Signore cammini in m ezzo a noi. Sì è un popolo di dura cervice ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ d i noi la tua eredità». Il Signore disse: «Ecco io stabilisco un’alleanza: in presenza di tutto il tuo p opolo io farò meraviglie quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: t utto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore perché terribile è quanto io sto per fare con te. Osserva dunque ciò che io oggi ti comando. Ecco io scaccerò davanti a te l’Amo rreo il Cananeo l’Ittita il Perizzita l’Eveo e il Gebuseo. Guàrdati bene dal far alleanza con gli abita nti della terra nella quale stai per entrare perché ciò non diventi una trappola in mezzo a te. Anz i distruggerete i loro altari farete a pezzi le loro stele e taglierete i loro pali sacri. Tu non devi pr ostrarti ad altro dio perché il Signore si chiama Geloso: egli è un Dio geloso. Non fare alleanza c on gli abitanti di quella terra altrimenti quando si prostituiranno ai loro dèi e faranno sacrifici ai loro dèi inviteranno anche te: tu allora mangeresti del loro sacrificio. Non prendere per mogli d ei tuoi figli le loro figlie altrimenti quando esse si prostituiranno ai loro dèi indurrebbero anche i tuoi figli a prostituirsi ai loro dèi. Non ti farai un dio di metallo fuso. Osserverai la festa degli Azz imi. Per sette giorni mangerai pane azzimo come ti ho comandato nel tempo stabilito del mese di Abìb: perché nel mese di Abìb sei uscito dall’Egitto. Ogni essere che nasce per primo dal seno materno è mio: ogni tuo capo di bestiame maschio primo parto del bestiame grosso e minuto. R
iscatterai il primo parto dell’asino mediante un capo di bestiame minuto e se non lo vorrai risca ttare gli spaccherai la nuca. Ogni primogenito dei tuoi figli lo dovrai riscattare. Nessuno venga d avanti a me a mani vuote. Per sei giorni lavorerai ma nel settimo riposerai; dovrai riposare anch e nel tempo dell’aratura e della mietitura. Celebrerai anche la festa delle Settimane la festa cioè delle primizie della mietitura del frumento e la festa del raccolto al volgere dell’anno. Tre volte all’anno ogni tuo maschio compaia alla presenza del Signore Dio Dio d’Israele. Perché io scaccer ò le nazioni davanti a te e allargherò i tuoi confini; così quando tu tre volte all’anno salirai per c omparire alla presenza del Signore tuo Dio nessuno potrà desiderare di invadere la tua terra. N
on sacrificherai con pane lievitato il sangue della mia vittima sacrificale; la vittima sacrificale del la festa di Pasqua non dovrà restare fino al mattino. Porterai alla casa del Signore tuo Dio il meg lio delle primizie della tua terra. Non cuocerai un capretto nel latte di sua madre». Il Signore dis se a Mosè: «Scrivi queste parole perché sulla base di queste parole io ho stabilito un’alleanza co n te e con Israele». Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiar p
ane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza le dieci parole. Quando M
osè scese dal monte Sinai –
le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal mo nte –
non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante poiché aveva conversato con lui. M
a Aronne e tutti gli Israeliti vedendo che la pelle del suo viso era raggiante ebbero timore di avvi cinarsi a lui. Mosè allora li chiamò e Aronne con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè p arlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai. Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro si pose un velo sul vi so. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui Mosè si toglieva il velo fin quando non fosse uscito. Una volta uscito riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato. Gli Israeliti guar dando in faccia Mosè vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il vel o sul viso fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore. Mosè radunò tutta la c omunità degli Israeliti e disse loro: «Queste sono le cose che il Signore ha comandato di fare: Pe r sei giorni si lavorerà ma il settimo sarà per voi un giorno santo un giorno di riposo assoluto sac ro al Signore. Chiunque in quel giorno farà qualche lavoro sarà messo a morte. In giorno di saba to non accenderete il fuoco in nessuna delle vostre dimore». Mosè disse a tutta la comunità de gli Israeliti: «Il Signore ha comandato: “Prelevate su quanto possedete un contributo per il Signo re”. Quanti hanno cuore generoso portino questo contributo per il Signore: oro argento e bronz o tessuti di porpora viola e rossa di scarlatto di bisso e di pelo di capra pelli di montone tinte di r osso, pelli di tasso e legno di acacia olio per l’illuminazione balsami per l’olio dell’unzione e per l
’incenso aromatico pietre di ònice e pietre da incastonare nell’ efod e nel pettorale. Tutti gli arti sti che sono tra voi vengano ed eseguano quanto il Signore ha comandato: la Dimora la sua ten da la sua copertura le sue fibbie le sue assi le sue traverse le sue colonne e le sue basi, l’arca e l e sue stanghe il propiziatorio e il velo che lo nasconde, la tavola con le sue stanghe e tutti i suoi accessori e i pani dell’offerta, il candelabro per illuminare con i suoi accessori le sue lampade e l
’olio per l’illuminazione l’altare dell’incenso con le sue stanghe l’olio dell’unzione e l’incenso aro matico la cortina d’ingresso alla porta della Dimora, l’altare degli olocausti con la sua graticola d i bronzo le sue sbarre e tutti i suoi accessori il bacino con il suo piedistallo i tendaggi del recinto le sue colonne e le sue basi e la cortina alla porta del recinto i picchetti della Dimora i picchetti del recinto e le loro corde le vesti ornamentali per officiare nel santuario le vesti sacre per il sac erdote Aronne e le vesti dei suoi figli per esercitare il sacerdozio». Allora tutta la comunità degli Israeliti si ritirò dalla presenza di Mosè. Quanti erano di cuore generoso ed erano mossi dal loro spirito vennero a portare il contributo per il Signore per la costruzione della tenda del convegno per tutti i suoi oggetti di culto e per le vesti sacre. Vennero uomini e donne quanti erano di cuo re generoso e portarono fermagli pendenti anelli collane ogni sorta di gioielli d’oro: quanti vole vano presentare un’offerta d’oro al Signore la portarono. Quanti si trovavano in possesso di tes suti di porpora viola e rossa di scarlatto di bisso di pelo di capra di pelli di montone tinte di ross
o e di pelli di tasso ne portarono. Quanti potevano offrire un contributo in argento o bronzo, lo portarono al Signore. Coloro che si trovavano in possesso di legno di acacia per qualche opera d ella costruzione ne portarono. Inoltre tutte le donne esperte filarono con le mani e portarono fil ati di porpora viola e rossa di scarlatto e di bisso. Tutte le donne che erano di cuore generoso se condo la loro abilità filarono il pelo di capra. I capi portarono le pietre di ònice e le pietre prezio se da incastonare nell’ efod e nel pettorale balsami e olio per l’illuminazione per l’olio dell’unzio ne e per l’incenso aromatico. Così tutti uomini e donne che erano di cuore disposto a portare q ualche cosa per la costruzione che il Signore per mezzo di Mosè aveva comandato di fare la port arono: gli Israeliti portarono la loro offerta spontanea al Signore. Mosè disse agli Israeliti: «Vede te il Signore ha chiamato per nome Besalèl figlio di Urì figlio di Cur della tribù di Giuda. L’ha rie mpito dello spirito di Dio perché egli abbia saggezza intelligenza e scienza in ogni genere di lavo ro per ideare progetti da realizzare in oro argento bronzo per intagliare le pietre da incastonare per scolpire il legno ed eseguire ogni sorta di lavoro artistico. Gli ha anche messo nel cuore il do no di insegnare e così anche ha fatto con Ooliàb figlio di Achisamàc della tribù di Dan. Li ha riem piti di saggezza per compiere ogni genere di lavoro d’intagliatore di disegnatore di ricamatore in porpora viola, in porpora rossa in scarlatto e in bisso e di tessitore: capaci di realizzare ogni sort a di lavoro e di ideare progetti». Besalèl Ooliàb e tutti gli artisti che il Signore aveva dotati di sag gezza e d’intelligenza per eseguire i lavori della costruzione del santuario fecero ogni cosa secon do ciò che il Signore aveva ordinato. Mosè chiamò Besalèl Ooliàb e tutti gli artisti nel cuore dei quali il Signore aveva messo saggezza quanti erano portati a prestarsi per l’esecuzione dei lavori
. Essi ricevettero da Mosè ogni contributo portato dagli Israeliti per il lavoro della costruzione d el santuario. Ma gli Israeliti continuavano a portare ogni mattina offerte spontanee. Allora tutti gli artisti che eseguivano i lavori per il santuario lasciarono il lavoro che ciascuno stava facendo e dissero a Mosè: «Il popolo porta più di quanto è necessario per il lavoro che il Signore ha ordi nato». Mosè allora ordinò di diffondere nell’accampamento questa voce: «Nessuno uomo o do nna offra più alcuna cosa come contributo per il santuario». Così si impedì al popolo di portare altre offerte; perché il materiale era sufficiente anzi sovrabbondante per l’esecuzione di tutti i l avori. Tutti gli artisti addetti ai lavori fecero la Dimora. Besalèl la fece con dieci teli di bisso ritort o di porpora viola di porpora rossa e di scarlatto. La fece con figure di cherubini artisticamente l avorati. La lunghezza di ciascun telo era ventotto cubiti; la larghezza quattro cubiti per ciascun t elo; la stessa dimensione per tutti i teli. Unì cinque teli l’uno all’altro e anche i cinque altri teli u nì l’uno all’altro. Fece cordoni di porpora viola sull’orlo del primo telo all’estremità della sutura e fece la stessa cosa sull’orlo del telo estremo nella seconda sutura. Fece cinquanta cordoni al p rimo telo e fece anche cinquanta cordoni all’estremità del telo della seconda sutura: i cordoni c orrispondevano l’uno all’altro. Fece cinquanta fibbie d’oro e unì i teli l’uno all’altro mediante le fibbie; così la Dimora formò un tutto unico. Fece poi teli di peli di capra per la tenda sopra la Di mora. Fece undici teli. La lunghezza di un telo era trenta cubiti; la larghezza quattro cubiti per u n telo; la stessa dimensione per gli undici teli. Unì insieme cinque teli a parte e sei teli a parte. F

ece cinquanta cordoni sull’orlo del telo della seconda sutura. Fece cinquanta fibbie di bronzo pe r unire insieme la tenda così da formare un tutto unico. Fece poi per la tenda una copertura di p elli di montone tinte di rosso e al di sopra una copertura di pelli di tasso. Fece per la Dimora assi di legno di acacia verticali. Dieci cubiti la lunghezza di un’asse e un cubito e mezzo la larghezza.
Ogni asse aveva due sostegni, congiunti l’uno all’altro da un rinforzo. Così fece per tutte le assi della Dimora. Fece dunque le assi per la Dimora: venti assi sul lato verso il mezzogiorno a sud. F
ece anche quaranta basi d’argento sotto le venti assi due basi sotto un’asse, per i suoi due soste gni e due basi sotto l’altra asse per i suoi due sostegni. Per il secondo lato della Dimora verso il s ettentrione fece venti assi e le loro quaranta basi d’argento due basi sotto un’asse e due basi so tto l’altra asse. Per la parte posteriore della Dimora verso occidente fece sei assi. Fece inoltre d ue assi per gli angoli della Dimora nella parte posteriore. Esse erano formate ciascuna da due pe zzi uguali, abbinati e perfettamente congiunti dal basso fino alla cima all’altezza del primo anell o. Così fece per ambedue: esse vennero a formare i due angoli. C’erano dunque otto assi con le loro basi d’argento: sedici basi due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Fece inoltre tr averse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato della Dimora, cinque traverse per le assi d ell’altro lato della Dimora e cinque traverse per le assi della parte posteriore verso occidente. Fe ce la traversa mediana che a mezza altezza delle assi le attraversava da un’estremità all’altra. Ri vestì d’oro le assi fece in oro i loro anelli per inserire le traverse e rivestì d’oro anche le traverse.
Fece il velo di porpora viola e di porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto. Lo fece con figure d i cherubini lavoro d’artista. Fece per esso quattro colonne di acacia le rivestì d’oro; anche i loro uncini erano d’oro e fuse per esse quattro basi d’argento. Fecero poi una cortina per l’ingresso della tenda di porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto lavoro di ricamator e e le sue cinque colonne con i loro uncini. Rivestì d’oro i loro capitelli e le loro aste trasversali e fece le loro cinque basi di bronzo. Besalèl fece l’arca di legno di acacia: aveva due cubiti e mezz o di lunghezza un cubito e mezzo di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestì d’oro puro, dentro e fuori. Le fece intorno un bordo d’oro. Fuse per essa quattro anelli d’oro e li fissò ai suo i quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. Fece stanghe di legno di acacia e le rivestì d’oro. Introdusse le stanghe negli anelli sui due lati dell’arca per trasportare l’arca. Fece il propiziatorio d’oro puro: aveva due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezz a. Fece due cherubini d’oro; li fece lavorati a martello sulle due estremità del propiziatorio: un c herubino a una estremità e un cherubino all’altra estremità. Fece i cherubini tutti d’un pezzo co n il propiziatorio posti alle sue due estremità. I cherubini avevano le due ali spiegate verso l’alto proteggendo con le ali il propiziatorio; erano rivolti l’uno verso l’altro e le facce dei cherubini er ano rivolte verso il propiziatorio. Fece la tavola di legno di acacia: aveva due cubiti di lunghezza un cubito di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestì d’oro puro e le fece attorno un bor do d’oro. Le fece attorno una cornice di un palmo e un bordo d’oro per la cornice. Fuse per essa quattro anelli d’oro e li fissò ai quattro angoli che costituivano i suoi quattro piedi. Gli anelli era no fissati alla cornice e servivano per inserire le stanghe destinate a trasportare la tavola. Fece l
e stanghe di legno di acacia per trasportare la tavola e le rivestì d’oro. Fece anche gli accessori d ella tavola: piatti coppe anfore e tazze per le libagioni; li fece di oro puro. Fece il candelabro d’o ro puro; lo fece lavorato a martello il suo fusto e i suoi bracci; i suoi calici i suoi bulbi e le sue cor olle facevano corpo con esso. Sei bracci uscivano dai suoi lati: tre bracci del candelabro da un la to e tre bracci del candelabro dall’altro. Vi erano su un braccio tre calici in forma di fiore di man dorlo con bulbo e corolla; anche sull’altro braccio tre calici in forma di fiore di mandorlo con bul bo e corolla. Così era per i sei bracci che uscivano dal candelabro. Il fusto del candelabro aveva quattro calici in forma di fiore di mandorlo con i loro bulbi e le loro corolle: un bulbo sotto due bracci che si dipartivano da esso e un bulbo sotto i due bracci seguenti che si dipartivano da ess o e un bulbo sotto gli ultimi due bracci che si dipartivano da esso; così per tutti i sei bracci che u scivano dal candelabro. I bulbi e i relativi bracci facevano corpo con esso: il tutto era formato da una sola massa d’oro puro lavorata a martello. Fece le sue sette lampade i suoi smoccolatoi e i suoi portacenere d’oro puro. Impiegò un talento d’oro puro per il candelabro e per tutti i suoi a ccessori. Fece l’altare per bruciare l’incenso di legno di acacia; aveva un cubito di lunghezza e u n cubito di larghezza: era quadrato con due cubiti di altezza e i suoi corni costituivano un sol pez zo con esso. Rivestì d’oro puro il suo piano i suoi lati i suoi corni e gli fece intorno un orlo d’oro.
Fece anche due anelli d’oro sotto l’orlo sui due fianchi cioè sui due lati opposti per inserirvi le st anghe destinate a trasportarlo. Fece le stanghe di legno di acacia e le rivestì d’oro. Preparò l’oli o dell’unzione sacra e l’incenso aromatico puro opera di profumiere. Fece l’altare per gli olocau sti di legno di acacia: aveva cinque cubiti di lunghezza e cinque cubiti di larghezza: era quadrato con tre cubiti di altezza. Fece i corni ai suoi quattro angoli: i corni costituivano un sol pezzo con esso. Lo rivestì di bronzo. Fece anche tutti gli accessori dell’altare: i recipienti le palette i vasi pe r l’aspersione le forcelle e i bracieri; fece di bronzo tutti i suoi accessori. Fece per l’altare una gr aticola di bronzo lavorata a forma di rete e la pose sotto la cornice dell’altare in basso: la rete ar rivava a metà altezza dell’altare. Fuse quattro anelli e li pose alle quattro estremità della gratico la di bronzo per inserirvi le stanghe. Fece anche le stanghe di legno di acacia e le rivestì di bronz o. Introdusse le stanghe negli anelli sui lati dell’altare: servivano a trasportarlo. Fece l’altare di t avole vuoto all’interno. Fece il bacino di bronzo con il suo piedistallo di bronzo impiegandovi gli specchi delle donne che venivano a prestare servizio all’ingresso della tenda del convegno. Fece il recinto: sul lato meridionale verso sud il recinto aveva tendaggi di bisso ritorto, per la lunghez za di cento cubiti. C’erano le loro venti colonne con le venti basi di bronzo. Gli uncini delle colon ne e le loro aste trasversali erano d’argento. Anche sul lato rivolto a settentrione vi erano tenda ggi per cento cubiti di lunghezza le relative venti colonne con le venti basi di bronzo gli uncini de lle colonne e le aste trasversali d’argento. Sul lato verso occidente c’erano cinquanta cubiti di te ndaggi con le relative dieci colonne e le dieci basi, gli uncini delle colonne e le loro aste trasvers ali d’argento. Sul lato orientale, verso levante vi erano cinquanta cubiti: quindici cubiti di tendag gi con le relative tre colonne e le tre basi alla prima ala; quindici cubiti di tendaggi con le tre col onne e le tre basi all’altra ala. Tutti i tendaggi che delimitavano il recinto erano di bisso ritorto. L

e basi delle colonne erano di bronzo gli uncini delle colonne e le aste trasversali erano d’argent o; il rivestimento dei loro capitelli era d’argento e tutte le colonne del recinto erano collegate d a aste trasversali d’argento. Alla porta del recinto c’era una cortina lavoro di ricamatore di porp ora viola porpora rossa scarlatto e bisso ritorto; la sua lunghezza era di venti cubiti la sua altezz a nel senso della larghezza era di cinque cubiti come i tendaggi del recinto. Le colonne relative e rano quattro con le quattro basi di bronzo i loro uncini d’argento il rivestimento dei loro capitell i e le loro aste trasversali d’argento. Tutti i picchetti della Dimora e del recinto circostante erano di bronzo. Questo è il computo dei metalli impiegati per la Dimora la Dimora della Testimonian za redatto su ordine di Mosè a opera dei leviti sotto la direzione di Itamàr figlio del sacerdote Ar onne. Besalèl figlio di Urì figlio di Cur della tribù di Giuda eseguì quanto il Signore aveva ordinat o a Mosè insieme con lui Ooliàb figlio di Achisamàc della tribù di Dan intagliatore decoratore e r icamatore di porpora viola porpora rossa scarlatto e bisso. Il totale dell’oro impiegato nella lavo razione cioè per tutto il lavoro del santuario – era l’oro presentato in offerta –
fu di ventinove talenti e settecentotrenta sicli, in sicli del santuario. L’argento raccolto in occasi one del censimento della comunità pesava cento talenti e millesettecentosettantacinque sicli in sicli del santuario, cioè un beka a testa vale a dire mezzo siclo secondo il siclo del santuario, per ciascuno dei sottoposti al censimento dai vent’anni in su. Erano seicentotremilacinquecentocin quanta. Cento talenti d’argento servirono a fondere le basi del santuario e le basi del velo: cent o basi per cento talenti cioè un talento per ogni base. Con i millesettecentosettantacinque sicli f ece gli uncini delle colonne rivestì i loro capitelli e le riunì con le aste trasversali. Il bronzo prese ntato in offerta assommava a settanta talenti e duemilaquattrocento sicli. Con esso fece le basi per l’ingresso della tenda del convegno l’altare di bronzo con la sua graticola di bronzo e tutti gli accessori dell’altare, le basi del recinto le basi della porta del recinto tutti i picchetti della Dimo ra e tutti i picchetti del recinto. Con porpora viola e porpora rossa e con scarlatto fecero le vesti liturgiche per officiare nel santuario. Fecero le vesti sacre di Aronne come il Signore aveva ordin ato a Mosè. Fecero l’ efod con oro porpora viola e porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Fecer o placche d’oro battuto e le tagliarono in strisce sottili per intrecciarle con la porpora viola la po rpora rossa lo scarlatto e il bisso lavoro d’artista. Fecero all’ efod due spalline che vennero attac cate alle sue due estremità in modo da formare un tutt’uno. La cintura che lo teneva legato e ch e stava sopra di esso era della stessa fattura ed era di un sol pezzo intessuta d’oro di porpora vi ola e porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto come il Signore aveva ordinato a Mosè. Lavorar ono le pietre di ònice, inserite in castoni d’oro incise con i nomi dei figli d’Israele secondo l’arte d’incidere i sigilli. Fissarono le due pietre sulle spalline dell’ efod, come memoriale per i figli d’Is raele come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero il pettorale lavoro d’artista come l’ efod: c on oro porpora viola, porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Era quadrato e lo fecero doppio; av eva una spanna di lunghezza e una spanna di larghezza. Lo coprirono con quattro file di pietre.
Prima fila: una cornalina un topazio e uno smeraldo; seconda fila: una turchese uno zaffìro e un berillo; terza fila: un giacinto un’àgata e un’ametista; quarta fila: un crisòlito un’ònice e un diasp
ro. Esse erano inserite nell’oro mediante i loro castoni. Le pietre corrispondevano ai nomi dei fi gli d’Israele: dodici secondo i loro nomi; incise come i sigilli ciascuna con il nome corrispondente per le dodici tribù. Fecero sul pettorale catene in forma di cordoni lavoro d’intreccio d’oro puro
. Fecero due castoni d’oro e due anelli d’oro e misero i due anelli alle due estremità del pettoral e. Misero le due catene d’oro sui due anelli alle due estremità del pettorale. Quanto alle altre d ue estremità delle catene le fissarono sui due castoni e le fecero passare sulle spalline dell’ efod nella parte anteriore. Fecero due altri anelli d’oro e li collocarono alle due estremità del pettor ale sull’orlo che era dall’altra parte dell’ efod verso l’interno. Fecero due altri anelli d’oro e li po sero sulle due spalline dell’ efod in basso sul suo lato anteriore in vicinanza del punto di attacco al di sopra della cintura dell’ efod. Poi legarono il pettorale con i suoi anelli agli anelli dell’ efod mediante un cordone di porpora viola perché stesse al di sopra della cintura dell’ efod e il petto rale non si distaccasse dall’ efod come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero il manto dell’ ef od lavoro di tessitore tutto di porpora viola; la scollatura del manto in mezzo era come la scollat ura di una corazza: intorno aveva un bordo perché non si lacerasse. Fecero sul lembo del manto melagrane di porpora viola, di porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto. Fecero sonagli d’oro puro e collocarono i sonagli in mezzo alle melagrane intorno all’orlo inferiore del manto: un son aglio e una melagrana un sonaglio e una melagrana lungo tutto il giro del lembo del manto per officiare, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero le tuniche di bisso lavoro di tessitore p er Aronne e per i suoi figli; il turbante di bisso gli ornamenti dei berretti di bisso e i calzoni di lin o di bisso ritorto; la cintura di bisso ritorto di porpora viola di porpora rossa e di scarlatto, lavor o di ricamatore come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero la lamina il diadema sacro d’oro puro e vi scrissero sopra a caratteri incisi, come un sigillo «Sacro al Signore». Vi fissarono un cor done di porpora viola, per porre il diadema sopra il turbante come il Signore aveva ordinato a M
osè. Così fu finito tutto il lavoro della Dimora della tenda del convegno. Gli Israeliti eseguirono o gni cosa come il Signore aveva ordinato a Mosè: così fecero. Portarono dunque a Mosè la Dimor a la tenda e tutti i suoi accessori: le sue fibbie, le sue assi le sue traverse le sue colonne e le sue basi la copertura di pelli di montone tinte di rosso la copertura di pelli di tasso e il velo per far d a cortina; l’arca della Testimonianza con le sue stanghe e il propiziatorio; la tavola con tutti i suo i accessori e i pani dell’offerta; il candelabro d’oro puro con le sue lampade le lampade cioè che dovevano essere collocate sopra di esso con tutti i suoi accessori e l’olio per l’illuminazione; l’alt are d’oro l’olio dell’unzione, l’incenso aromatico e la cortina per l’ingresso della tenda; l’altare d i bronzo con la sua graticola di bronzo le sue stanghe e tutti i suoi accessori il bacino con il suo p iedistallo, i tendaggi del recinto le sue colonne le sue basi e la cortina per la porta del recinto le sue corde i suoi picchetti e tutti gli arredi del servizio della Dimora per la tenda del convegno; le vesti liturgiche per officiare nel santuario le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suoi f igli per l’esercizio del sacerdozio. Gli Israeliti avevano eseguito ogni lavoro come il Signore aveva ordinato a Mosè. Mosè vide tutta l’opera e riscontrò che l’avevano eseguita come il Signore av eva ordinato. Allora Mosè li benedisse. Il Signore parlò a Mosè e gli disse: «Il primo giorno del p
rimo mese erigerai la Dimora la tenda del convegno. Dentro vi collocherai l’arca della Testimoni anza davanti all’arca tenderai il velo. Vi introdurrai la tavola e disporrai su di essa ciò che vi deve essere disposto; introdurrai anche il candelabro e vi preparerai sopra le sue lampade. Metterai l’altare d’oro per l’incenso davanti all’arca della Testimonianza e porrai infine la cortina all’ingre sso della tenda. Poi metterai l’altare degli olocausti di fronte all’ingresso della Dimora della tend a del convegno. Metterai il bacino fra la tenda del convegno e l’altare e vi porrai l’acqua. Dispor rai il recinto tutt’attorno e metterai la cortina alla porta del recinto. Poi prenderai l’olio dell’unzi one e ungerai con esso la Dimora e quanto vi sarà dentro e la consacrerai con tutti i suoi access ori; così diventerà cosa santa. Ungerai anche l’altare degli olocausti e tutti i suoi accessori; cons acrerai l’altare e l’altare diventerà cosa santissima. Ungerai anche il bacino con il suo piedistallo e lo consacrerai. Poi farai avvicinare Aronne e i suoi figli all’ingresso della tenda del convegno e l i farai lavare con acqua. Farai indossare ad Aronne le vesti sacre lo ungerai lo consacrerai e così egli eserciterà il mio sacerdozio. Farai avvicinare anche i suoi figli e farai loro indossare le tunich e. Li ungerai come avrai unto il loro padre e così eserciteranno il mio sacerdozio; in tal modo la l oro unzione conferirà loro un sacerdozio perenne per le loro generazioni». Mosè eseguì ogni co sa come il Signore gli aveva ordinato: così fece. Nel secondo anno nel primo giorno del primo m ese fu eretta la Dimora. Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi dispose le assi vi fissò le travers e e rizzò le colonne; poi stese la tenda sopra la Dimora e dispose al di sopra la copertura della te nda come il Signore gli aveva ordinato. Prese la Testimonianza la pose dentro l’arca mise le stan ghe all’arca e pose il propiziatorio sull’arca; poi introdusse l’arca nella Dimora collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza come il Signore aveva ordin ato a Mosè. Nella tenda del convegno collocò la tavola sul lato settentrionale della Dimora al di fuori del velo. Dispose su di essa il pane in focacce sovrapposte alla presenza del Signore come i l Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò inoltre il candelabro nella tenda del convegno di front e alla tavola sul lato meridionale della Dimora e vi preparò sopra le lampade davanti al Signore come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò poi l’altare d’oro nella tenda del convegno dava nti al velo, e bruciò su di esso l’incenso aromatico come il Signore aveva ordinato a Mosè. Mise i nfine la cortina all’ingresso della Dimora. Poi collocò l’altare degli olocausti all’ingresso della Di mora della tenda del convegno e offrì su di esso l’olocausto e l’offerta come il Signore aveva ord inato a Mosè. Collocò il bacino fra la tenda del convegno e l’altare e vi mise dentro l’acqua per l e abluzioni. Mosè Aronne e i suoi figli si lavavano con essa le mani e i piedi: quando entravano n ella tenda del convegno e quando si accostavano all’altare essi si lavavano come il Signore avev a ordinato a Mosè. Infine eresse il recinto intorno alla Dimora e all’altare e mise la cortina alla p orta del recinto. Così Mosè terminò l’opera. Allora la nube coprì la tenda del convegno e la glori a del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora. Per tutto il tempo del loro viaggio quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. Se la nube non si innalzava essi non partivano, finché non si fosse innalzata. Perché la nube del Signore durante il
giorno, rimaneva sulla Dimora e durante la notte vi era in essa un fuoco visibile a tutta la casa d’
Israele per tutto il tempo del loro viaggio. Il Signore chiamò Mosè gli parlò dalla tenda del conve gno e disse: «Parla agli Israeliti dicendo: “Quando uno di voi vorrà presentare come offerta in o nore del Signore un animale scelto fra il bestiame domestico offrirete un capo di bestiame gross o o minuto. Se la sua offerta è un olocausto di bestiame grosso egli offrirà un maschio senza dif etto; l’offrirà all’ingresso della tenda del convegno perché sia accetto al Signore in suo favore. P
oserà la mano sulla testa della vittima che sarà accettata in suo favore per compiere il rito espia torio per lui. Poi scannerà il giovenco davanti al Signore e i figli di Aronne i sacerdoti offriranno i l sangue e lo spargeranno intorno all’altare che è all’ingresso della tenda del convegno. Scortich erà la vittima e la taglierà a pezzi. I figli del sacerdote Aronne porranno il fuoco sull’altare e met teranno la legna sul fuoco; poi i figli di Aronne i sacerdoti disporranno i pezzi la testa e il grasso sulla legna e sul fuoco che è sull’altare. Laverà con acqua le viscere e le zampe; poi il sacerdote brucerà il tutto sull’altare come olocausto sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito in on ore del Signore. Se la sua offerta per l’olocausto è presa dal bestiame minuto tra le pecore o tra le capre egli offrirà un maschio senza difetto. Lo scannerà al lato settentrionale dell’altare dava nti al Signore. I figli di Aronne i sacerdoti spargeranno il sangue attorno all’altare. Lo taglierà a p ezzi con la testa e il grasso e il sacerdote li disporrà sulla legna collocata sul fuoco dell’altare. La verà con acqua le viscere e le zampe; poi il sacerdote offrirà il tutto e lo brucerà sull’altare: è un olocausto sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Se la sua offerta in onore del Signore è un olocausto di uccelli presenterà tortore o colombi. Il sacerdote present erà l’animale all’altare ne staccherà la testa la farà bruciare sull’altare e il sangue sarà spruzzato sulla parete dell’altare. Poi toglierà il gozzo con il suo sudiciume e lo getterà al lato orientale de ll’altare dov’è il luogo delle ceneri. Dividerà l’uccello in due metà prendendolo per le ali ma senz a staccarle e il sacerdote lo brucerà sull’altare sulla legna che è sul fuoco. è un olocausto sacrific io consumato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Se qualcuno presenterà come off erta un’oblazione in onore del Signore la sua offerta sarà di fior di farina sulla quale verserà olio e porrà incenso. La porterà ai figli di Aronne i sacerdoti; prenderà da essa una manciata di fior d i farina e d’olio con tutto l’incenso e il sacerdote la farà bruciare sull’altare come suo memoriale
: è un sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Il resto dell’oblazion e spetta ad Aronne e ai suoi figli; è parte santissima porzione del Signore. Quando presenterai c ome offerta un’oblazione cotta nel forno essa consisterà in focacce azzime di fior di farina impa state con olio e anche in schiacciate azzime spalmate di olio. Se la tua offerta sarà un’oblazione cotta sulla teglia sarà di fior di farina azzima e impastata con olio; la dividerai in pezzi e sopra vi verserai olio: è un’oblazione. Se la tua offerta sarà un’oblazione cotta nella pentola, sarà fatta c on fior di farina e olio; porterai al Signore l’oblazione così preparata poi sarà presentata al sacer dote che la porterà sull’altare. Il sacerdote preleverà dall’oblazione il suo memoriale e lo brucer à sull’altare: sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Il resto dell’o blazione spetta ad Aronne e ai suoi figli; è parte santissima porzione del Signore. Nessuna delle
oblazioni che offrirete al Signore sarà lievitata: non farete bruciare né pasta lievitata né miele c ome sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore; potrete offrire queste cose al Signore come offerta di primizie ma non saliranno sull’altare come profumo gradito. Dovrai salare ogni t ua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta porrai del sale. Se offrirai al Signore un’oblazione di primizie offrirai com e oblazione delle tue primizie spighe di grano abbrustolite al fuoco e chicchi frantumati di grano novello. Verserai olio sopra di essa vi metterai incenso: è un’oblazione. Il sacerdote farà bruciar e come suo memoriale una parte dei chicchi e dell’olio insieme con tutto l’incenso: è un sacrifici o consumato dal fuoco in onore del Signore. Nel caso che la sua offerta sia un sacrificio di comu nione se offre un capo di bestiame grosso maschio o femmina lo presenterà senza difetto davan ti al Signore, poserà la sua mano sulla testa della vittima e la scannerà all’ingresso della tenda d el convegno e i figli di Aronne i sacerdoti spargeranno il sangue attorno all’altare. Di questo sacr ificio di comunione offrirà come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore sia il grasso che avvolge le viscere sia tutto quello che vi è sopra i due reni con il loro grasso e il grasso attor no ai lombi e al lobo del fegato che distaccherà insieme ai reni. I figli di Aronne faranno bruciare tutto questo sull’altare in aggiunta all’olocausto posto sulla legna che è sul fuoco: è un sacrifici o consumato dal fuoco, profumo gradito in onore del Signore. Se la sua offerta per il sacrificio di comunione in onore del Signore è presa dal bestiame minuto maschio o femmina la presenterà senza difetto. Se presenta una pecora in offerta la offrirà davanti al Signore; poserà la mano sul la testa della vittima e la scannerà davanti alla tenda del convegno e i figli di Aronne ne sparger anno il sangue attorno all’altare. Di questo sacrificio di comunione offrirà quale sacrificio consu mato dal fuoco per il Signore il grasso e cioè l’intera coda presso l’estremità della spina dorsale i l grasso che avvolge le viscere e tutto il grasso che vi è sopra, i due reni con il loro grasso e il gra sso attorno ai lombi e al lobo del fegato che distaccherà insieme ai reni. Il sacerdote farà bruciar e tutto ciò sull’altare: è un alimento consumato dal fuoco in onore del Signore. Se la sua offerta è una capra la offrirà davanti al Signore; poserà la mano sulla sua testa e la scannerà davanti all a tenda del convegno e i figli di Aronne ne spargeranno il sangue attorno all’altare. Di essa prele verà come offerta consumata dal fuoco in onore del Signore il grasso che avvolge le viscere e tu tto il grasso che vi è sopra i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fe gato che distaccherà insieme ai reni. Il sacerdote li farà bruciare sull’altare: è un alimento consu mato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Ogni parte grassa appartiene al Signore. è una prescrizione rituale perenne di generazione in generazione dovunque abiterete: non dovre te mangiare né grasso né sangue”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo:
“Nel caso che qualcuno trasgredisca inavvertitamente un qualsiasi divieto della legge del Signor e facendo una cosa proibita: Se chi ha peccato è il sacerdote consacrato e così ha reso colpevole il popolo, presenterà in onore del Signore per il peccato da lui commesso un giovenco senza dif etto come sacrificio per il peccato. Condurrà il giovenco davanti al Signore all’ingresso della ten da del convegno; poserà la mano sulla testa del giovenco e lo scannerà davanti al Signore. Il sac
erdote consacrato prenderà un po’ del sangue del giovenco e lo porterà nell’interno della tenda del convegno; intingerà il dito nel sangue e farà sette aspersioni davanti al Signore di fronte al v elo del santuario. Porrà un po’ del sangue sui corni dell’altare dell’incenso aromatico, che è dav anti al Signore nella tenda del convegno e verserà tutto il resto del sangue del giovenco alla bas e dell’altare degli olocausti che si trova all’ingresso della tenda del convegno. Poi dal giovenco d el sacrificio per il peccato toglierà tutto il grasso: il grasso che avvolge le viscere tutto quello che vi è sopra i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato che distacc herà insieme ai reni. Farà come si fa per il giovenco del sacrificio di comunione e farà bruciare il tutto sull’altare degli olocausti. Ma la pelle del giovenco la carne con la testa le viscere le zampe e gli escrementi cioè tutto il resto del giovenco egli lo farà portare fuori dell’accampamento in l uogo puro dove si gettano le ceneri e lo farà bruciare sulla legna: dovrà essere bruciato sul muc chio delle ceneri. Se tutta la comunità d’Israele ha commesso un’inavvertenza senza che l’intera assemblea la conosca violando così un divieto della legge del Signore e rendendosi colpevole q uando il peccato commesso sarà conosciuto l’assemblea presenterà come sacrificio per il pecca to un giovenco e lo condurrà davanti alla tenda del convegno. Gli anziani della comunità posera nno le mani sulla testa del giovenco e lo si scannerà davanti al Signore. Il sacerdote consacrato porterà un po’ del sangue del giovenco nell’interno della tenda del convegno; intingerà il dito n el sangue e farà sette aspersioni davanti al Signore di fronte al velo del santuario. Porrà un po’ d el sangue sui corni dell’altare che è davanti al Signore nella tenda del convegno e verserà tutto i l resto del sangue alla base dell’altare degli olocausti che si trova all’ingresso della tenda del con vegno. Toglierà al giovenco tutte le parti grasse per bruciarle sull’altare. Tratterà il giovenco co me ha trattato quello offerto in sacrificio per il peccato: tutto allo stesso modo. Il sacerdote co mpirà in loro favore il rito espiatorio e sarà loro perdonato. Poi porterà il giovenco fuori dell’acc ampamento e lo brucerà come ha bruciato il primo. Questo è il sacrificio per il peccato dell’asse mblea. Se pecca un capo violando per inavvertenza un divieto del Signore suo Dio quando si ren derà conto di essere in condizione di colpa oppure quando gli verrà fatto conoscere il peccato c he ha commesso porterà come offerta un capro maschio senza difetto. Poserà la mano sulla tes ta del capro e lo scannerà nel luogo dove si scanna la vittima per l’olocausto davanti al Signore: è un sacrificio per il peccato. Il sacerdote prenderà con il dito un po’ del sangue della vittima sac rificata per il peccato e lo porrà sui corni dell’altare degli olocausti e verserà il resto del sangue alla base dell’altare degli olocausti. Poi brucerà sull’altare ogni parte grassa, come il grasso del s acrificio di comunione. Il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio per il suo peccato e gli sarà perdonato. Se pecca per inavvertenza qualcuno del popolo della terra violando un divieto del Si gnore, quando si renderà conto di essere in condizione di colpa oppure quando gli verrà fatto c onoscere il peccato che ha commesso porterà come offerta una capra femmina senza difetto pe r il peccato che ha commesso. Poserà la mano sulla testa della vittima offerta per il peccato e la scannerà nel luogo dove si scanna la vittima per l’olocausto. Il sacerdote prenderà con il dito un po’ del sangue di essa e lo porrà sui corni dell’altare degli olocausti e verserà tutto il resto del sa
ngue alla base dell’altare. Preleverà tutte le parti grasse come si preleva il grasso del sacrificio di comunione e il sacerdote le brucerà sull’altare profumo gradito in onore del Signore. Il sacerdo te compirà per lui il rito espiatorio e gli sarà perdonato. Se porterà una pecora come offerta per il peccato porterà una femmina senza difetto. Poserà la mano sulla testa della vittima offerta p er il peccato e la scannerà in sacrificio per il peccato nel luogo dove si scanna la vittima per l’olo causto. Il sacerdote prenderà con il dito un po’ del sangue della vittima per il peccato e lo porrà sui corni dell’altare degli olocausti e verserà tutto il resto del sangue alla base dell’altare. Prelev erà tutte le parti grasse come si preleva il grasso della pecora del sacrificio di comunione e il sac erdote le brucerà sull’altare in aggiunta alle vittime consumate dal fuoco in onore del Signore. Il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio per il peccato commesso e gli sarà perdonato. Quan do una persona ha udito una formula di scongiuro e ne è testimone perché l’ha visto o l’ha sapu to e pecca perché non dichiara nulla porterà il peso della sua colpa; oppure quando qualcuno se nza avvedersene tocca una cosa impura come il cadavere di una bestia selvatica o il cadavere di un animale domestico o quello di un rettile rimarrà egli stesso impuro e in condizione di colpa; oppure quando senza avvedersene tocca un’impurità propria della persona umana –
una qualunque delle cose per le quali l’uomo diviene impuro –
quando verrà a saperlo sarà in condizione di colpa; oppure quando qualcuno senza avvedersen e parlando con leggerezza avrà giurato con uno di quei giuramenti che gli uomini proferiscono a lla leggera di fare qualche cosa di male o di bene quando se ne rende conto sarà in condizione d i colpa. Quando sarà in condizione di colpa a causa di uno di questi fatti dovrà confessare in che cosa ha peccato; poi porterà al Signore come riparazione del peccato commesso una femmina d el bestiame minuto pecora o capra per il sacrificio espiatorio; il sacerdote compirà in suo favore il rito espiatorio per il peccato. Se non ha mezzi per procurarsi una pecora o una capra porterà al Signore come riparazione per il peccato commesso due tortore o due colombi: uno come sacr ificio per il peccato l’altro come olocausto. Li porterà al sacerdote il quale offrirà prima quello d estinato al sacrificio per il peccato: gli spaccherà la testa all’altezza della nuca ma senza staccarl a; poi spargerà un po’ del sangue della vittima offerta per il peccato sopra la parete dell’altare e farà colare il resto del sangue alla base dell’altare. è un sacrificio per il peccato. Con l’altro ucce llo offrirà un olocausto secondo le norme stabilite. Così il sacerdote compirà per lui il rito espiat orio per il peccato commesso e gli sarà perdonato. Ma se non ha mezzi per procurarsi due torto re o due colombi porterà come offerta per il peccato commesso un decimo di efa di fior di farin a come sacrificio per il peccato; non vi metterà né olio né incenso perché è un sacrificio per il pe ccato. Porterà la farina al sacerdote che ne prenderà una manciata come suo memoriale facend ola bruciare sull’altare in aggiunta alle vittime consumate dal fuoco in onore del Signore. è un s acrificio per il peccato. Così il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio per il peccato commess o in uno dei casi suddetti e gli sarà perdonato. Il resto spetta al sacerdote come nell’oblazione”
». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Se qualcuno commetterà un’infedeltà e peccherà per errore riguardo a cose consacrate al Signore, porterà al Signore come sacrificio di riparazione un ariete
senza difetto preso dal gregge, corrispondente al valore stabilito in sicli d’argento conformi al si clo del santuario; risarcirà il danno fatto al santuario aggiungendovi un quinto e lo darà al sacer dote il quale compirà per lui il rito espiatorio con l’ariete offerto come sacrificio di riparazione e gli sarà perdonato. Quando qualcuno peccherà facendo senza saperlo una cosa vietata dal Sign ore sarà comunque in condizione di colpa e ne porterà il peso. Porterà al sacerdote come sacrifi cio di riparazione un ariete senza difetto preso dal bestiame minuto corrispondente al valore st abilito; il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio per l’errore commesso per ignoranza e gli s arà perdonato. è un sacrificio di riparazione; quell’individuo infatti si era messo in condizione di colpa verso il Signore». Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Quando qualcuno peccherà e commet terà un’infedeltà verso il Signore perché inganna il suo prossimo riguardo a depositi a pegni o a oggetti rubati oppure perché ricatta il suo prossimo, o perché trovando una cosa smarrita ment e in proposito e giura il falso riguardo a una cosa in cui uno commette peccato se avrà così pecc ato si troverà in condizione di colpa. Dovrà restituire la cosa rubata o ottenuta con ricatto o il d eposito che gli era stato affidato o l’oggetto smarrito che aveva trovato o qualunque cosa per c ui abbia giurato il falso. Farà la restituzione per intero aggiungendovi un quinto e renderà ciò al proprietario nel giorno in cui farà la riparazione. Come riparazione al Signore, porterà al sacerdo te un ariete senza difetto preso dal gregge corrispondente al valore stabilito per il sacrificio di ri parazione. Il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio davanti al Signore e gli sarà perdonato q ualunque sia la mancanza di cui si è reso colpevole». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Da’ quest’
ordine ad Aronne e ai suoi figli: “Questa è la legge per l’olocausto. L’olocausto rimarrà acceso su l braciere sopra l’altare tutta la notte fino al mattino; il fuoco dell’altare sarà tenuto acceso. Il sa cerdote indossata la tunica di lino e vestiti i calzoni di lino sul suo corpo toglierà la cenere dopo che il fuoco avrà consumato l’olocausto sopra l’altare e la deporrà al fianco dell’altare. Poi, spog liatosi delle vesti e indossatene altre porterà la cenere fuori dell’accampamento in un luogo pur o. Il fuoco sarà tenuto acceso sull’altare e non lo si lascerà spegnere; il sacerdote vi brucerà legn a ogni mattina vi disporrà sopra l’olocausto e vi brucerà sopra il grasso dei sacrifici di comunion e. Il fuoco deve essere sempre tenuto acceso sull’altare senza lasciarlo spegnere. Questa è la le gge dell’oblazione. I figli di Aronne la presenteranno al Signore, dinanzi all’altare. Il sacerdote pr eleverà una manciata di fior di farina con il suo olio e con tutto l’incenso che è sopra l’oblazione e la farà bruciare sull’altare come profumo gradito in suo memoriale in onore del Signore. Aron ne e i suoi figli mangeranno quello che rimarrà dell’oblazione; lo si mangerà senza lievito in luog o santo nel recinto della tenda del convegno. Non si cuocerà con lievito; è la parte che ho loro a ssegnata delle offerte a me bruciate con il fuoco. è cosa santissima come il sacrificio per il pecca to e il sacrificio di riparazione. Ogni maschio tra i figli di Aronne potrà mangiarne. è un diritto pe renne delle vostre generazioni sui sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore. Tutto ciò c he verrà a contatto con queste cose sarà santo”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Questa è l’of ferta che Aronne e i suoi figli presenteranno al Signore il giorno in cui riceveranno l’unzione: un decimo di efa di fior di farina come oblazione perpetua metà la mattina e metà la sera. Essa sar
à preparata con olio nella teglia: la porterai ben stemperata; la presenterai a pezzi come profu mo gradito in onore del Signore. Il sacerdote che tra i figli di Aronne, sarà stato consacrato per s uccedergli farà questa offerta; è una prescrizione perenne: sarà bruciata tutta in onore del Sign ore. Ogni oblazione del sacerdote sarà bruciata tutta; non se ne potrà mangiare». Il Signore parl ò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Questa è la legge del sacrificio per il peccato. Nel luogo dove si scanna l’olocausto sarà scannata davanti al Signore la vittima per il p eccato. è cosa santissima. Il sacerdote che l’avrà offerta come sacrificio per il peccato potrà ma ngiarla; dovrà mangiarla in luogo santo nel recinto della tenda del convegno. Tutto ciò che verrà a contatto con la sua carne sarà santo; se parte del suo sangue schizza sopra una veste laverai il lembo macchiato di sangue in luogo santo. Ma il vaso di terra che sarà servito a cuocerla sarà s pezzato; se è stata cotta in un recipiente di bronzo questo sarà strofinato bene e sciacquato con acqua. Tra i sacerdoti ogni maschio ne potrà mangiare. è cosa santissima. Ma ogni offerta per il peccato il cui sangue verrà portato nella tenda del convegno per il rito espiatorio nel santuario non dovrà essere mangiata; essa sarà bruciata nel fuoco. Questa è la legge del sacrificio di ripar azione. è cosa santissima. Nel luogo dove si scanna l’olocausto si scannerà la vittima di riparazio ne; se ne spargerà il sangue attorno all’altare e se ne offrirà tutto il grasso: la coda il grasso che copre le viscere i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato che d istaccherà insieme ai reni. Il sacerdote farà bruciare tutto questo sull’altare come sacrificio cons umato dal fuoco in onore del Signore. Questo è un sacrificio di riparazione. Ogni maschio tra i sa cerdoti ne potrà mangiare; lo si mangerà in luogo santo. è cosa santissima. Il sacrificio di riparaz ione è come il sacrificio per il peccato: la stessa legge vale per ambedue; la vittima spetterà al s acerdote che avrà compiuto il rito espiatorio. Il sacerdote che avrà offerto l’olocausto per qualc uno avrà per sé la pelle della vittima che ha offerto. Così anche ogni oblazione cotta nel forno o preparata nella pentola o nella teglia spetterà al sacerdote che l’ha offerta. Ogni oblazione impa stata con olio o asciutta spetterà a tutti i figli di Aronne in misura uguale. Questa è la legge del s acrificio di comunione che si offrirà al Signore. Se qualcuno lo offrirà in ringraziamento offrirà c on il sacrificio di comunione focacce senza lievito impastate con olio schiacciate senza lievito un te con olio e fior di farina stemperata in forma di focacce impastate con olio. Insieme alle focacc e di pane lievitato presenterà la sua offerta in aggiunta al suo sacrificio di comunione offerto in ringraziamento. Di ognuna di queste offerte una parte si presenterà come oblazione prelevata i n onore del Signore; essa spetterà al sacerdote che ha sparso il sangue della vittima del sacrifici o di comunione. La carne del sacrificio di comunione offerto in ringraziamento dovrà mangiarsi i l giorno stesso in cui esso viene offerto; non se ne lascerà nulla per il mattino seguente. Ma se il sacrificio che qualcuno offre è votivo o spontaneo la vittima si mangerà il giorno in cui verrà off erta il resto dovrà esser mangiato il giorno dopo; ma quel che sarà rimasto della carne del sacrif icio fino al terzo giorno dovrà essere bruciato nel fuoco. Se qualcuno mangia la carne del sacrific io di comunione il terzo giorno l’offerente non sarà gradito; dell’offerta non gli sarà tenuto cont o: sarà avariata e chi ne avrà mangiato subirà la pena della sua colpa. La carne che sarà stata a c
ontatto con qualche cosa di impuro non si potrà mangiare; sarà bruciata nel fuoco. Chiunque sa rà puro potrà mangiare la carne; se qualcuno mangerà la carne del sacrificio di comunione offer to al Signore e sarà in stato di impurità costui sarà eliminato dal suo popolo. Se qualcuno tocche rà qualsiasi cosa impura – un’impurità umana un animale impuro o qualsiasi cosa obbrobriosa –
e poi mangerà la carne di un sacrificio di comunione offerto in onore del Signore sarà eliminato dal suo popolo”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo: “Non mangerete alcun grasso né di bue né di pecora né di capra. Il grasso di una bestia che è morta naturalment e o il grasso di una bestia sbranata potrà servire per qualunque altro uso ma non ne mangerete affatto perché chiunque mangerà il grasso di animali che si possono offrire in sacrificio consuma to dal fuoco in onore del Signore sarà eliminato dal suo popolo. E non mangerete affatto sangu e né di uccelli né di animali domestici dovunque abitiate. Chiunque mangerà sangue di qualunq ue specie sarà eliminato dal suo popolo”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti di cendo: “Chi offrirà al Signore il sacrificio di comunione porterà un’offerta al Signore prelevandol a dal sacrificio di comunione. Porterà con le proprie mani ciò che deve essere offerto al Signore con il fuoco: porterà il grasso insieme con il petto il petto per presentarlo con il rito di elevazion e davanti al Signore. Il sacerdote brucerà il grasso sopra l’altare; il petto sarà di Aronne e dei su oi figli. Darete anche come contributo al sacerdote la coscia destra dei vostri sacrifici di comuni one. Essa spetterà come sua parte al figlio di Aronne che avrà offerto il sangue e il grasso dei sa crifici di comunione. Poiché dai sacrifici di comunione offerti dagli Israeliti io mi riservo il petto d ella vittima offerta con il rito di elevazione e la coscia della vittima offerta come contributo e li d o al sacerdote Aronne e ai suoi figli per legge perenne che gli Israeliti osserveranno”». Questa è la parte dovuta ad Aronne e ai suoi figli dei sacrifici bruciati in onore del Signore ogni volta che v erranno offerti nell’esercizio della funzione sacerdotale al servizio del Signore. Agli Israeliti il Sig nore ha ordinato di dar loro questo dal giorno della loro consacrazione. è una parte che è loro d ovuta per sempre di generazione in generazione. Questa è la legge per l’olocausto l’oblazione il sacrificio per il peccato il sacrificio di riparazione l’investitura e il sacrificio di comunione: legge c he il Signore ha dato a Mosè sul monte Sinai quando ordinò agli Israeliti di presentare le offerte al Signore nel deserto del Sinai. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Prendi Aronne insieme ai suoi f igli le vesti l’olio dell’unzione il giovenco del sacrificio per il peccato i due arieti e il cesto dei pan i azzimi; convoca tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno». Mosè fece come il Si gnore gli aveva ordinato e la comunità fu convocata all’ingresso della tenda del convegno. Mosè disse alla comunità: «Questo il Signore ha ordinato di fare». Mosè fece accostare Aronne e i su oi figli e li lavò con acqua. Poi rivestì Aronne della tunica lo cinse della cintura gli pose addosso il manto gli mise l’ efod e lo cinse con la cintura dell’ efod con la quale lo fissò. Gli mise anche il p ettorale e nel pettorale pose gli urìm e i tummìm. Poi gli mise in capo il turbante e sul davanti d el turbante pose la lamina d’oro il sacro diadema come il Signore aveva ordinato a Mosè. Poi M
osè prese l’olio dell’unzione unse la Dimora e tutte le cose che vi si trovavano e così le consacrò.
Fece con esso sette volte l’aspersione sull’altare unse l’altare con tutti i suoi accessori il bacino
con il suo piedistallo per consacrarli. Versò l’olio dell’unzione sul capo di Aronne e unse Aronne, per consacrarlo. Poi Mosè fece avvicinare i figli di Aronne li vestì di tuniche li cinse con le cintur e e legò sul loro capo i turbanti come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fece quindi accostare il giovenco del sacrificio per il peccato e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa del giovenc o del sacrificio per il peccato. Mosè lo scannò ne prese del sangue ne spalmò con il dito i corni a ttorno all’altare e purificò l’altare; poi sparse il resto del sangue alla base dell’altare e lo consacr ò per compiere su di esso il rito espiatorio. Prese tutto il grasso aderente alle viscere il lobo del f egato i due reni con il loro grasso e Mosè fece bruciare tutto sull’altare. Ma bruciò nel fuoco fuo ri dell’accampamento il giovenco cioè la sua pelle la sua carne e gli escrementi come il Signore g li aveva ordinato. Fece quindi avvicinare l’ariete dell’olocausto e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell’ariete. Mosè lo scannò e ne sparse il sangue attorno all’altare. Fece a pezzi l’ariete e ne bruciò testa pezzi e grasso. Dopo averne lavato le viscere e le zampe con acqua fec e bruciare tutto l’ariete sull’altare: fu un olocausto di profumo gradito un sacrificio consumato d al fuoco in onore del Signore come il Signore gli aveva ordinato. Poi fece accostare il secondo ari ete l’ariete del rito di investitura e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell’ariete. Mo sè lo scannò ne prese del sangue e lo pose sul lobo dell’orecchio destro di Aronne e sul pollice d ella mano destra e sull’alluce del piede destro. Mosè fece avvicinare i figli di Aronne e pose un p o’ del sangue sul lobo del loro orecchio destro sul pollice della mano destra e sull’alluce del pied e destro; sparse il resto del sangue attorno all’altare. Prese il grasso la coda, tutto il grasso ader ente alle viscere il lobo del fegato i reni con il loro grasso e la coscia destra; dal canestro dei pan i azzimi che stava davanti al Signore prese una focaccia senza lievito, una focaccia di pasta con l’
olio e una schiacciata e le pose sulle parti grasse e sulla coscia destra. Mise tutte queste cose sul le palme di Aronne e dei suoi figli e compì il rito di elevazione davanti al Signore. Mosè quindi le prese dalle loro palme e le fece bruciare sull’altare insieme all’olocausto: sacrificio per l’investit ura di profumo gradito, sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Poi Mosè prese il p etto dell’ariete e lo presentò con il rito di elevazione davanti al Signore; questa fu la parte dell’a riete del rito di investitura toccata a Mosè come il Signore gli aveva ordinato. Mosè prese quindi l’olio dell’unzione e il sangue che era sopra l’altare ne asperse Aronne e le sue vesti i figli di lui e le loro vesti insieme a lui; così consacrò Aronne e le sue vesti e similmente i suoi figli e le loro vesti. Poi Mosè disse ad Aronne e ai suoi figli: «Fate cuocere la carne all’ingresso della tenda del convegno e là mangiatela con il pane che è nel canestro per il rito dell’investitura come ho ordi nato dicendo: La mangeranno Aronne e i suoi figli. Quel che avanza della carne e del pane bruci atelo nel fuoco. Per sette giorni non uscirete dall’ingresso della tenda del convegno finché cioè non siano compiuti i giorni della vostra investitura perché il rito della vostra investitura durerà s ette giorni. Come si è fatto oggi così il Signore ha ordinato che si faccia per il rito espiatorio su di voi. Rimarrete sette giorni all’ingresso della tenda del convegno, giorno e notte osservando il c omandamento del Signore perché non moriate; così infatti mi è stato ordinato». Aronne e i suoi figli fecero quanto era stato ordinato dal Signore per mezzo di Mosè. L’ottavo giorno Mosè con
vocò Aronne i suoi figli e gli anziani d’Israele e disse ad Aronne: «Procù rati un vitello per il sacrif icio per il peccato e un ariete per l’olocausto tutti e due senza difetto e presentali davanti al Sig nore. Agli Israeliti dirai: “Prendete un capro per il sacrificio per il peccato un vitello e un agnello tutti e due di un anno senza difetto per l’olocausto un toro e un ariete per il sacrificio di comuni one da immolare davanti al Signore e infine un’oblazione impastata con olio, perché oggi il Sign ore si manifesterà a voi”». Essi dunque condussero davanti alla tenda del convegno quanto Mos è aveva ordinato; tutta la comunità si avvicinò e restarono in piedi davanti al Signore. Mosè diss e: «Ecco ciò che il Signore vi ha ordinato; fatelo e la gloria del Signore vi apparirà». Mosè disse a d Aronne: «Avvicìnati all’altare: offri il tuo sacrificio per il peccato e il tuo olocausto e compi il ri to espiatorio in favore tuo e in favore del popolo; presenta anche l’offerta del popolo e compi p er esso il rito espiatorio come il Signore ha ordinato». Aronne dunque si avvicinò all’altare e sca nnò il vitello del sacrificio per il proprio peccato. I suoi figli gli porsero il sangue ed egli vi intinse il dito lo spalmò sui corni dell’altare e sparse il resto del sangue alla base dell’altare; ma il grass o i reni e il lobo del fegato della vittima per il peccato li fece bruciare sopra l’altare come il Signo re aveva ordinato a Mosè. La carne e la pelle le bruciò nel fuoco fuori dell’accampamento. Poi s cannò l’olocausto; i figli di Aronne gli porsero il sangue ed egli lo sparse attorno all’altare. Gli po rsero anche la vittima dell’olocausto divisa in pezzi e la testa e le fece bruciare sull’altare. Lavò l e viscere e le zampe e le fece bruciare sull’olocausto sopra l’altare. Poi presentò l’offerta del po polo. Prese il capro destinato al sacrificio per il peccato del popolo lo scannò e lo offrì in sacrifici o per il peccato come il precedente. Quindi presentò l’olocausto e lo offrì secondo le prescrizion i stabilite. Presentò quindi l’oblazione ne prese una manciata piena e la fece bruciare sull’altare oltre all’olocausto della mattina. Scannò il toro e l’ariete in sacrificio di comunione per il popolo.
I figli di Aronne gli porsero il sangue ed egli lo sparse attorno all’altare. Gli porsero le parti grass e del toro e dell’ariete la coda il grasso aderente alle viscere i reni e il lobo del fegato: misero le parti grasse sui petti ed egli li fece bruciare sull’altare. I petti e la coscia destra Aronne li present ò con il rito di elevazione davanti al Signore come Mosè aveva ordinato. Aronne alzate le mani v erso il popolo lo benedisse; poi discese dopo aver compiuto il sacrificio per il peccato l’olocaust o e i sacrifici di comunione. Mosè e Aronne entrarono nella tenda del convegno; poi uscirono e benedissero il popolo e la gloria del Signore si manifestò a tutto il popolo. Un fuoco uscì dalla pr esenza del Signore e consumò sull’altare l’olocausto e le parti grasse; tutto il popolo vide mand arono grida di esultanza e si prostrarono con la faccia a terra. Ora Nadab e Abiu figli di Aronne p resero ciascuno un braciere vi misero dentro il fuoco e vi posero sopra dell’incenso e presentar ono davanti al Signore un fuoco illegittimo che il Signore non aveva loro ordinato. Ma un fuoco uscì dalla presenza del Signore e li divorò e morirono così davanti al Signore. Allora Mosè disse ad Aronne: «Di questo il Signore ha parlato quando ha detto: “In coloro che mi stanno vicino mi mostrerò santo e alla presenza di tutto il popolo sarò glorificato”». Aronne tacque. Mosè chiam ò Misaele ed Elsafàn figli di Uzzièl zio di Aronne e disse loro: «Avvicinatevi portate via questi vos tri fratelli dal santuario fuori dell’accampamento». Essi si avvicinarono e li portarono via con le l
oro tuniche, fuori dell’accampamento come Mosè aveva detto. Ad Aronne a Eleàzaro e a Itamàr suoi figli Mosè disse: «Non vi scarmigliate i capelli del capo e non vi stracciate le vesti perché n on moriate e il Signore non si adiri contro tutta la comunità ma i vostri fratelli tutta la casa d’Isr aele facciano pure lutto per coloro che il Signore ha distrutto con il fuoco. Non vi allontanate da ll’ingresso della tenda del convegno così che non moriate; perché l’olio dell’unzione del Signore è su di voi». Essi fecero come Mosè aveva detto. Il Signore parlò ad Aronne dicendo: «Non beve te vino o bevanda inebriante né tu né i tuoi figli quando dovete entrare nella tenda del convegn o perché non moriate. Sarà una legge perenne di generazione in generazione. Questo perché p ossiate distinguere ciò che è santo da ciò che è profano e ciò che è impuro da ciò che è puro e p ossiate insegnare agli Israeliti tutte le leggi che il Signore ha dato loro per mezzo di Mosè». Poi Mosè disse ad Aronne a Eleàzaro e a Itamàr figli superstiti di Aronne: «Prendete quel che è avan zato dell’oblazione dei sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore e mangiatelo senza liev ito presso l’altare perché è cosa santissima. Dovete mangiarlo in luogo santo perché è la parte c he spetta a te e ai tuoi figli tra i sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore: così mi è stat o ordinato. La coscia della vittima offerta come contributo e il petto della vittima offerta con il ri to di elevazione li mangerete tu i tuoi figli e le tue figlie con te in luogo puro; perché vi sono stat i dati come parte tua e dei tuoi figli tra i sacrifici di comunione degli Israeliti. Essi porteranno insi eme con le parti grasse da bruciare la coscia del contributo e il petto del rito di elevazione, perc hé siano ritualmente elevati davanti al Signore; questo spetterà a te e ai tuoi figli con te, per diri tto perenne come il Signore ha ordinato». Mosè si informò accuratamente circa il capro del sacr ificio per il peccato e seppe che era stato bruciato; allora si sdegnò contro Eleàzaro e contro Ita màr figli superstiti di Aronne dicendo: «Perché non avete mangiato la vittima del sacrificio per il peccato nel luogo santo? Infatti è cosa santissima. Il Signore ve l’ha data, perché tolga la colpa della comunità compiendo per loro il rito espiatorio davanti al Signore. Ecco il sangue della vitti ma non è stato portato dentro il santuario; voi avreste dovuto mangiarla nel santuario come io avevo ordinato». Aronne allora disse a Mosè: «Ecco oggi essi hanno offerto il loro sacrificio per i l peccato e il loro olocausto davanti al Signore; ma dopo le cose che mi sono capitate se oggi av essi mangiato la vittima del sacrificio per il peccato sarebbe stato bene agli occhi del Signore?».
Quando Mosè udì questo parve bene ai suoi occhi. Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse l oro: «Parlate agli Israeliti dicendo: “Questi sono gli animali che potrete mangiare fra tutte le bes tie che sono sulla terra. Potrete mangiare di ogni quadrupede che ha l’unghia bipartita divisa da una fessura e che rumina. Ma fra i ruminanti e gli animali che hanno l’unghia divisa non manger ete i seguenti: il cammello perché rumina ma non ha l’unghia divisa lo considererete impuro; l’ir àce perché rumina ma non ha l’unghia divisa lo considererete impuro; la lepre perché rumina m a non ha l’unghia divisa la considererete impura; il porco perché ha l’unghia bipartita da una fes sura ma non rumina lo considererete impuro. Non mangerete la loro carne e non toccherete i lo ro cadaveri; li considererete impuri. Fra tutti gli animali acquatici ecco quelli che potrete mangia re: potrete mangiare tutti quelli di mare o di fiume che hanno pinne e squame. Ma di tutti gli an
imali che si muovono o vivono nelle acque nei mari e nei fiumi quanti non hanno né pinne né sq uame saranno per voi obbrobriosi. Essi saranno per voi obbrobriosi; non mangerete la loro carn e e riterrete obbrobriosi i loro cadaveri. Tutto ciò che non ha né pinne né squame nelle acque s arà per voi obbrobrioso. Fra i volatili saranno obbrobriosi questi che non dovrete mangiare perc hé obbrobriosi: l’aquila l’avvoltoio e l’aquila di mare il nibbio e ogni specie di falco ogni specie di corvo lo struzzo la civetta il gabbiano e ogni specie di sparviero il gufo l’alcione l’ibis, il cigno il p ellicano la fòlaga la cicogna ogni specie di airone l’ù pupa e il pipistrello. Sarà per voi obbrobrios o anche ogni insetto alato che cammina su quattro piedi. Però fra tutti gli insetti alati che camm inano su quattro piedi potrete mangiare quelli che hanno due zampe sopra i piedi per saltare su lla terra. Perciò potrete mangiare i seguenti: ogni specie di cavalletta ogni specie di locusta ogni specie di acrìdi e ogni specie di grillo. Ogni altro insetto alato che ha quattro piedi sarà obbrobri oso per voi; infatti vi rendono impuri: chiunque toccherà il loro cadavere sarà impuro fino alla s era e chiunque trasporterà i loro cadaveri si dovrà lavare le vesti e sarà impuro fino alla sera. Rit errete impuro ogni animale che ha l’unghia ma non divisa da fessura e non rumina: chiunque li t occherà sarà impuro. Considererete impuri tutti i quadrupedi che camminano sulla pianta dei pi edi; chiunque ne toccherà il cadavere sarà impuro fino alla sera. E chiunque trasporterà i loro ca daveri si dovrà lavare le vesti e sarà impuro fino alla sera. Tali animali riterrete impuri. Fra gli ani mali che strisciano per terra riterrete impuro: la talpa il topo e ogni specie di sauri il toporagno l a lucertola il geco il ramarro il camaleonte. Questi animali fra quanti strisciano saranno impuri p er voi; chiunque li toccherà morti sarà impuro fino alla sera. Ogni oggetto sul quale cadrà morto qualcuno di essi sarà impuro: si tratti di utensile di legno oppure di veste o pelle o sacco o qual unque altro oggetto di cui si faccia uso; si immergerà nell’acqua e sarà impuro fino alla sera poi sarà puro. Se ne cade qualcuno in un vaso di terra quanto vi si troverà dentro sarà impuro e spe zzerete il vaso. Ogni cibo che serve di nutrimento sul quale cada quell’acqua sarà impuro; ogni b evanda potabile qualunque sia il vaso che la contiene sarà impura. Ogni oggetto sul quale cadrà qualche parte del loro cadavere sarà impuro; il forno o il fornello sarà spezzato: sono impuri e li dovete ritenere tali. Però una fonte o una cisterna cioè una raccolta di acqua resterà pura; ma c hi toccherà i loro cadaveri sarà impuro. Se qualcosa dei loro cadaveri cade su qualche seme che deve essere seminato questo sarà puro; ma se è stata versata acqua sul seme e vi cade qualche cosa dei loro cadaveri lo riterrai impuro. Se muore un animale di cui vi potete cibare colui che n e toccherà il cadavere sarà impuro fino alla sera. Colui che mangerà di quel cadavere si laverà le vesti e sarà impuro fino alla sera; anche colui che trasporterà quel cadavere si laverà le vesti e s arà impuro fino alla sera. Ogni essere che striscia sulla terra sarà obbrobrioso; non se ne mange rà. Di tutti gli animali che strisciano sulla terra non ne mangerete alcuno che cammini sul ventre o cammini con quattro piedi o con molti piedi poiché saranno obbrobriosi. Non rendete le vostr e persone contaminate con alcuno di questi animali che strisciano; non rendetevi impuri con es si e non diventate a causa loro impuri. Poiché io sono il Signore vostro Dio. Santificatevi dunque e siate santi perché io sono santo; non rendete impure le vostre persone con alcuno di questi a
nimali che strisciano per terra. Poiché io sono il Signore che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto per essere il vostro Dio; siate dunque santi perché io sono santo. Questa è la legge che riguarda i quadrupedi gli uccelli ogni essere vivente che si muove nelle acque e ogni essere che striscia p er terra per distinguere ciò che è impuro da ciò che è puro l’animale che si può mangiare da que llo che non si deve mangiare”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo: “Se una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio sarà impura per sette giorni; sarà im pura come nel tempo delle sue mestruazioni. L’ottavo giorno si circonciderà il prepuzio del bam bino. Poi ella resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna co sa santa e non entrerà nel santuario finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. M
a se partorisce una femmina sarà impura due settimane come durante le sue mestruazioni; rest erà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue. Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o per una figlia saranno compiuti, porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del conveg no un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio per il peccato.
Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito espiatorio per lei; ella sarà purificata dal flus so del suo sangue. Questa è la legge che riguarda la donna quando partorisce un maschio o una femmina. Se non ha mezzi per offrire un agnello prenderà due tortore o due colombi: uno per l’
olocausto e l’altro per il sacrificio per il peccato. Il sacerdote compirà il rito espiatorio per lei ed ella sarà pura”». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del cor po un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra quel tal e sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti suoi figli. Il sacerdote esamin erà la piaga sulla pelle del corpo: se il pelo della piaga è diventato bianco e la piaga appare com e incavata rispetto alla pelle del corpo è piaga di lebbra; il sacerdote dopo averlo esaminato dic hiarerà quell’uomo impuro. Ma se la macchia sulla pelle del corpo è bianca e non appare incava ta rispetto alla pelle e il suo pelo non è diventato bianco il sacerdote isolerà per sette giorni colu i che ha la piaga. Al settimo giorno il sacerdote l’esaminerà ancora; se gli parrà che la piaga si sia fermata senza allargarsi sulla pelle il sacerdote lo isolerà per altri sette giorni. Il sacerdote il sett imo giorno lo esaminerà di nuovo: se vedrà che la piaga non è più bianca e non si è allargata sull a pelle dichiarerà quell’uomo puro; è una pustola. Quello si laverà le vesti e sarà puro. Ma se la pustola si è allargata sulla pelle dopo che egli si è mostrato al sacerdote per essere dichiarato p uro si farà esaminare di nuovo dal sacerdote: il sacerdote l’esaminerà e se vedrà che la pustola si è allargata sulla pelle il sacerdote lo dichiarerà impuro; è lebbra. Se qualcuno avrà addosso un a piaga di lebbra sarà condotto dal sacerdote, ed egli lo esaminerà: se vedrà che sulla pelle c’è u n tumore bianco che questo tumore ha fatto imbiancare il pelo e che nel tumore si trova carne viva, è lebbra inveterata nella pelle del corpo e il sacerdote lo dichiarerà impuro; non c’è bisogn o che lo tenga ancora isolato perché certo è impuro. Se la lebbra si propaga sulla pelle in modo da coprire tutta la pelle di colui che ha la piaga dal capo ai piedi dovunque il sacerdote guardi q uesti lo esaminerà e se vedrà che la lebbra copre tutto il corpo dichiarerà puro l’individuo affett o dal morbo: essendo tutto bianco è puro. Ma quando apparirà in lui carne viva allora sarà impu
ro. Il sacerdote vista la carne viva lo dichiarerà impuro: la carne viva è impura; è lebbra. Ma se l a carne viva ridiventa bianca egli vada dal sacerdote e il sacerdote lo esaminerà: se vedrà che la piaga è ridiventata bianca il sacerdote dichiarerà puro colui che ha la piaga; è puro. Se qualcuno ha avuto sulla pelle del corpo un’ulcera che sia guarita e poi sul luogo dell’ulcera appaia un tum ore bianco o una macchia bianco-rossastra, quel tale si mostrerà al sacerdote il quale l’esaminerà e se vedrà che la macchia è info ssata rispetto alla pelle e che il pelo è diventato bianco il sacerdote lo dichiarerà impuro: è una piaga di lebbra che è scoppiata nell’ulcera. Ma se il sacerdote esaminandola vede che nella mac chia non ci sono peli bianchi che non appare infossata rispetto alla pelle ma che si è attenuata il sacerdote lo isolerà per sette giorni. Se la macchia si allarga sulla pelle il sacerdote lo dichiarerà impuro: è una piaga di lebbra. Ma se la macchia è rimasta allo stesso punto senza allargarsi è un a cicatrice di ulcera e il sacerdote lo dichiarerà puro. Oppure se qualcuno ha sulla pelle del corp o una scottatura prodotta da fuoco e su questa appaia una macchia lucida bianco-rossastra o soltanto bianca il sacerdote l’esaminerà: se vedrà che il pelo della macchia è diventa to bianco e la macchia appare incavata rispetto alla pelle è lebbra scoppiata nella scottatura. Il s acerdote lo dichiarerà impuro: è una piaga di lebbra. Ma se il sacerdote esaminandola vede che non c’è pelo bianco nella macchia e che essa non è infossata rispetto alla pelle e si è attenuata il sacerdote lo isolerà per sette giorni. Al settimo giorno il sacerdote lo esaminerà e se la macchia si è diffusa sulla pelle il sacerdote lo dichiarerà impuro: è una piaga di lebbra. Ma se la macchia è rimasta ferma nella stessa zona e non si è diffusa sulla pelle ma si è attenuata è un gonfiore d ovuto a bruciatura; il sacerdote dichiarerà quel tale puro perché si tratta di una cicatrice della b ruciatura. Se un uomo o una donna ha una piaga sul capo o sul mento il sacerdote esaminerà la piaga: se riscontra che essa è incavata rispetto alla pelle e che vi è del pelo gialliccio e sottile il s acerdote lo dichiarerà impuro; è tigna lebbra del capo o del mento. Ma se il sacerdote esamina ndo la piaga della tigna riscontra che non è incavata rispetto alla pelle e che non vi è pelo scuro il sacerdote isolerà per sette giorni la persona affetta da tigna. Se il sacerdote esaminando al set timo giorno la piaga vedrà che la tigna non si è allargata e che non vi è pelo gialliccio e che la tig na non appare incavata rispetto alla pelle quella persona si raderà ma non raderà il luogo dove è la tigna; il sacerdote la terrà isolata per altri sette giorni. Al settimo giorno il sacerdote esamin erà la tigna: se riscontra che la tigna non si è allargata sulla pelle e non appare incavata rispetto alla pelle il sacerdote la dichiarerà pura; quella persona si laverà le vesti e sarà pura. Ma se dop o che sarà stata dichiarata pura la tigna si allargherà sulla pelle, il sacerdote l’esaminerà: se not a che la tigna si è allargata sulla pelle non starà a cercare se vi è il pelo giallo; quella persona è i mpura. Ma se vedrà che la tigna si è fermata e vi è cresciuto il pelo scuro la tigna è guarita; quell a persona è pura e il sacerdote la dichiarerà tale. Se un uomo o una donna ha sulla pelle del cor po macchie lucide bianche, il sacerdote le esaminerà: se vedrà che le macchie sulla pelle del lor o corpo sono di un bianco pallido è un’eruzione cutanea; quella persona è pura. Chi perde i cap elli del capo è calvo ma è puro. Se i capelli gli sono caduti dal lato della fronte è calvo davanti m
a è puro. Ma se sulla parte calva del cranio o della fronte appare una piaga bianco-rossastra è lebbra scoppiata sulla calvizie del cranio o della fronte; il sacerdote lo esaminerà: se riscontra che il tumore della piaga nella parte calva del cranio o della fronte è bianco-rossastro simile alla lebbra della pelle del corpo quel tale è un lebbroso; è impuro e lo dovrà dic hiarare impuro: il male lo ha colpito al capo. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappat e e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà im puro finché durerà in lui il male; è impuro se ne starà solo abiterà fuori dell’accampamento. Qu ando apparirà una macchia di lebbra su una veste di lana o di lino, nel tessuto o nel manufatto di lino o di lana su una pelliccia o qualunque altra cosa di cuoio se la macchia sarà verdastra o ro ssastra sulla veste o sulla pelliccia sul tessuto o sul manufatto o su qualunque cosa di cuoio è m acchia di lebbra e sarà mostrata al sacerdote. Il sacerdote esaminerà la macchia e rinchiuderà p er sette giorni l’oggetto che ha la macchia. Al settimo giorno esaminerà la macchia: se la macchi a si sarà allargata sulla veste o sul tessuto o sul manufatto o sulla pelliccia o sull’oggetto di cuoi o per qualunque uso è una macchia di lebbra maligna è cosa impura. Egli brucerà quella veste o il tessuto o il manufatto di lana o di lino o qualunque oggetto fatto di pelle sul quale è la macchi a; poiché è lebbra maligna saranno bruciati nel fuoco. Ma se il sacerdote esaminandola vedrà c he la macchia non si è allargata sulle vesti o sul tessuto o sul manufatto o su qualunque oggetto di cuoio il sacerdote ordinerà che si lavi l’oggetto su cui è la macchia e lo rinchiuderà per altri s ette giorni. Il sacerdote esaminerà la macchia dopo che sarà stata lavata: se vedrà che la macchi a non ha mutato colore benché non si sia allargata è un oggetto impuro; lo brucerai nel fuoco: v i è corrosione sia sul diritto sia sul rovescio dell’oggetto. Se il sacerdote esaminandola vede che la macchia dopo essere stata lavata si è attenuata la strapperà dalla veste o dalla pelle o dal tes suto o dal manufatto. Se appare ancora sulla veste o sul tessuto o sul manufatto o sull’oggetto di cuoio, è un’eruzione in atto; brucerai nel fuoco l’oggetto su cui è la macchia. La veste o il tess uto o il manufatto o qualunque oggetto di cuoio che avrai lavato e dal quale la macchia sarà sco mparsa si laverà una seconda volta e sarà puro. Questa è la legge relativa alla macchia di lebbra sopra una veste di lana o di lino, sul tessuto o sul manufatto o su qualunque oggetto di pelle per dichiararli puri o impuri». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Questa è la legge che si riferisce al le bbroso per il giorno della sua purificazione. Egli sarà condotto al sacerdote. Il sacerdote uscirà d all’accampamento e lo esaminerà: se riscontrerà che la piaga della lebbra è guarita nel lebbroso ordinerà che si prendano per la persona da purificare due uccelli vivi puri legno di cedro panno scarlatto e issòpo. Il sacerdote ordinerà di immolare uno degli uccelli in un vaso di terracotta co n acqua corrente. Poi prenderà l’uccello vivo il legno di cedro il panno scarlatto e l’issòpo e li im mergerà con l’uccello vivo nel sangue dell’uccello sgozzato sopra l’acqua corrente. Ne aspergerà sette volte colui che deve essere purificato dalla lebbra; lo dichiarerà puro e lascerà andare libe ro per i campi l’uccello vivo. Colui che è purificato si laverà le vesti si raderà tutti i peli si laverà n ell’acqua e sarà puro. Dopo questo potrà entrare nell’accampamento ma per sette giorni rester à fuori della sua tenda. Il settimo giorno si raderà tutti i peli il capo la barba le ciglia insomma tu
tti i peli; si laverà le vesti e si bagnerà il corpo nell’acqua e sarà puro. L’ottavo giorno prenderà d ue agnelli senza difetto un’agnella di un anno senza difetto tre decimi di efa di fior di farina imp astata con olio come oblazione e un log di olio; il sacerdote che compie il rito di purificazione pr esenterà l’uomo che si purifica e le cose suddette davanti al Signore all’ingresso della tenda del convegno. Il sacerdote prenderà uno degli agnelli e lo presenterà come sacrificio di riparazione con il log d’olio e li offrirà con il rito di elevazione davanti al Signore. Poi scannerà l’agnello nel l uogo dove si scanna la vittima per il peccato e l’olocausto cioè nel luogo santo. Come il sacrifici o per il peccato anche quello di riparazione spetta al sacerdote: è cosa santissima. Il sacerdote p renderà del sangue della vittima per il sacrificio di riparazione e lo metterà sul lobo dell’orecchi o destro di colui che si purifica sul pollice della mano destra e sull’alluce del piede destro. Poi pr eso un po’ d’olio dal log lo verserà sulla palma della sua mano sinistra; intingerà il dito della des tra nell’olio che ha nella palma sinistra con il dito spruzzerà sette volte quell’olio davanti al Sign ore. Quanto resta dell’olio che tiene nella palma della mano il sacerdote lo metterà sul lobo dell
’orecchio destro di colui che si purifica sul pollice della mano destra e sull’alluce del piede destr o insieme al sangue della vittima del sacrificio di riparazione. Il resto dell’olio che ha nella palma il sacerdote lo verserà sul capo di colui che si purifica; il sacerdote compirà per lui il rito espiato rio davanti al Signore. Poi il sacerdote offrirà il sacrificio per il peccato e compirà il rito espiatori o per colui che si purifica della sua impurità. Quindi scannerà l’olocausto. Offerto l’olocausto e l’
oblazione sull’altare il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio e sarà puro. Se quel tale è pov ero e non ha mezzi sufficienti prenderà un agnello come sacrificio di riparazione da offrire con il rito di elevazione per compiere l’espiazione per lui e un decimo di efa di fior di farina impastata con olio come oblazione e un log di olio. Prenderà anche due tortore o due colombi secondo i s uoi mezzi; uno sarà per il sacrificio per il peccato e l’altro per l’olocausto. L’ottavo giorno porter à per la sua purificazione queste cose al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno, davant i al Signore. Il sacerdote prenderà l’agnello del sacrificio di riparazione e il log d’olio e li present erà con il rito di elevazione davanti al Signore. Poi scannerà l’agnello del sacrificio di riparazione prenderà del sangue della vittima di riparazione e lo metterà sul lobo dell’orecchio destro di col ui che si purifica, sul pollice della mano destra e sull’alluce del piede destro. Il sacerdote si verse rà un po’ dell’olio sulla palma della mano sinistra. Con il dito della sua destra spruzzerà sette vol te l’olio che tiene nella palma sinistra davanti al Signore. Poi porrà un po’ d’olio che tiene nella palma sul lobo dell’orecchio destro di colui che si purifica sul pollice della mano destra e sull’all uce del piede destro sul luogo dove ha messo il sangue della vittima per il sacrificio di riparazion e. Il resto dell’olio che ha nella palma il sacerdote lo verserà sul capo di colui che si purifica per c ompiere il rito espiatorio per lui davanti al Signore. Poi sacrificherà una delle tortore o uno dei d ue colombi che ha potuto procurarsi; delle vittime che ha in mano una l’offrirà come sacrificio p er il peccato e l’altra come olocausto insieme con l’oblazione. Il sacerdote compirà il rito espiato rio davanti al Signore per colui che si deve purificare. Questa è la legge relativa a colui che è affe tto da piaga di lebbra e non ha mezzi per conseguire la sua purificazione». Il Signore parlò a Mo
sè e ad Aronne e disse: «Quando sarete entrati nella terra di Canaan che io sto per darvi in poss esso qualora io mandi un’infezione di lebbra in una casa della terra di vostra proprietà il padron e della casa andrà a dichiararlo al sacerdote dicendo: “Mi pare che in casa mia ci sia come della l ebbra”. Allora il sacerdote ordinerà di sgomberare la casa prima che egli vi entri per esaminare l a macchia sospetta perché quanto è nella casa non diventi impuro. Dopo questo il sacerdote en trerà per esaminare la casa. Esaminerà dunque la macchia: se vedrà che la macchia sui muri dell a casa consiste in cavità verdastre o rossastre che appaiono più profonde della superficie della p arete il sacerdote uscirà sulla porta della casa e farà chiudere la casa per sette giorni. Il settimo giorno il sacerdote vi tornerà e se esaminandola riscontrerà che la macchia si è allargata sulle p areti della casa il sacerdote ordinerà che si rimuovano le pietre intaccate e si gettino in luogo im puro fuori della città. Farà raschiare tutto l’interno della casa e butteranno i calcinacci rimossi fu ori della città in luogo impuro. Poi si prenderanno altre pietre e si metteranno al posto delle pri me e si intonacherà la casa con altra calce. Se la macchia spunta di nuovo nella casa dopo che le pietre ne sono state rimosse e la casa è stata raschiata e di nuovo intonacata il sacerdote entre rà a esaminare la casa: se troverà che la macchia vi si è allargata nella casa vi è lebbra maligna; l a casa è impura. Perciò si demolirà la casa; pietre legname e calcinacci si porteranno fuori della città in luogo impuro. Inoltre chiunque sarà entrato in quella casa mentre era chiusa sarà impur o fino alla sera. Sia chi avrà dormito in quella casa sia chi vi avrà mangiato dovrà lavarsi le vesti.
Se invece il sacerdote che è entrato nella casa e l’ha esaminata riscontra che la macchia non si è allargata nella casa dopo che la casa è stata intonacata dichiarerà la casa pura perché la macchi a è risanata. Poi per purificare la casa, prenderà due uccelli legno di cedro panno scarlatto e issò po; immolerà uno degli uccelli in un vaso di terra con dentro acqua corrente. Prenderà il legno d i cedro l’issòpo il panno scarlatto e l’uccello vivo e li immergerà nel sangue dell’uccello immolat o e nell’acqua corrente e ne aspergerà sette volte la casa. Purificata la casa con il sangue dell’uc cello con l’acqua corrente con l’uccello vivo con il legno di cedro con l’issòpo e con il panno scar latto, lascerà andare libero l’uccello vivo fuori della città nella campagna; così compirà il rito esp iatorio per la casa ed essa sarà pura. Questa è la legge per ogni sorta di infezione di lebbra o di t igna, per la lebbra delle vesti e della casa per i tumori le pustole e le macchie per determinare q uando una cosa è impura e quando è pura. Questa è la legge per la lebbra». Il Signore parlò a M
osè e ad Aronne e disse: «Parlate agli Israeliti dicendo loro: “Se un uomo soffre di gonorrea nell a sua carne la sua gonorrea è impura. Questa è la condizione di impurità per la gonorrea: sia ch e la carne lasci uscire il liquido sia che lo trattenga si tratta di impurità. Ogni giaciglio sul quale si coricherà chi è affetto da gonorrea sarà impuro; ogni oggetto sul quale si siederà sarà impuro.
Chi toccherà il giaciglio di costui dovrà lavarsi le vesti e bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fin o alla sera. Chi si siederà sopra un oggetto qualunque sul quale si sia seduto colui che soffre di g onorrea dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fino alla sera. Chi toccherà il corpo di colui che è affetto da gonorrea si laverà le vesti si bagnerà nell’acqua e resterà impuro fino alla sera. Se colui che ha la gonorrea sputerà sopra uno che è puro questi dovrà lavarsi le ve
sti bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fino alla sera. Ogni sella su cui monterà chi ha la gonorr ea sarà impura. Chiunque toccherà qualsiasi cosa che sia stata sotto quel tale, resterà impuro fi no alla sera. Chi porterà tali oggetti dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fi no alla sera. Chiunque sarà toccato da colui che ha la gonorrea se questi non si era lavato le ma ni dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fino alla sera. Il recipiente di terrac otta toccato da colui che soffre di gonorrea sarà spezzato; ogni vaso di legno sarà lavato nell’ac qua. Quando uno sarà guarito dalla sua gonorrea conterà sette giorni dalla sua guarigione; poi s i laverà le vesti bagnerà il suo corpo nell’acqua corrente e sarà puro. L’ottavo giorno prenderà d ue tortore o due colombi verrà davanti al Signore all’ingresso della tenda del convegno e li cons egnerà al sacerdote, il quale ne offrirà uno come sacrificio per il peccato l’altro come olocausto; il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio davanti al Signore per la sua gonorrea. L’uomo che avrà avuto un’emissione seminale si laverà tutto il corpo nell’acqua e resterà impuro fino alla se ra. Ogni veste o pelle su cui vi sarà un’emissione seminale dovrà essere lavata nell’acqua e reste rà impura fino alla sera. La donna e l’uomo che abbiano avuto un rapporto con emissione semin ale si laveranno nell’acqua e resteranno impuri fino alla sera. Quando una donna abbia flusso di sangue cioè il flusso nel suo corpo per sette giorni resterà nell’impurità mestruale; chiunque la toccherà sarà impuro fino alla sera. Ogni giaciglio sul quale si sarà messa a dormire durante la s ua impurità mestruale sarà impuro; ogni mobile sul quale si sarà seduta sarà impuro. Chiunque toccherà il suo giaciglio dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e sarà impuro fino alla sera. Chi toccherà qualunque mobile sul quale lei si sarà seduta dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e sarà impuro fino alla sera. Se un oggetto si trova sul letto o su qualche cosa su cui lei si è sedu ta chiunque toccherà questo oggetto sarà impuro fino alla sera. Se un uomo ha rapporto intimo con lei l’impurità mestruale viene a contatto con lui: egli resterà impuro per sette giorni e ogni giaciglio sul quale si coricherà resterà impuro. La donna che ha un flusso di sangue per molti gio rni fuori del tempo delle mestruazioni o che lo abbia più del normale sarà impura per tutto il te mpo del flusso come durante le sue mestruazioni. Ogni giaciglio sul quale si coricherà durante t utto il tempo del flusso sarà per lei come il giaciglio sul quale si corica quando ha le mestruazion i; ogni oggetto sul quale siederà sarà impuro come lo è quando lei ha le mestruazioni. Chiunque toccherà quelle cose sarà impuro; dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e sarà impuro fino al la sera. Se sarà guarita dal suo flusso conterà sette giorni e poi sarà pura. L’ottavo giorno prend erà due tortore o due colombi e li porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno. Il s acerdote ne offrirà uno come sacrificio per il peccato e l’altro come olocausto e compirà per lei i l rito espiatorio davanti al Signore per il flusso che la rendeva impura. Avvertite gli Israeliti di ciò che potrebbe renderli impuri perché non muoiano per la loro impurità qualora rendessero imp ura la mia Dimora che è in mezzo a loro. Questa è la legge per colui che ha la gonorrea o ha avu to un’emissione seminale che lo rende impuro e la legge per colei che è indisposta a causa delle mestruazioni, cioè per l’uomo o per la donna che abbiano il flusso e per l’uomo che si corichi co n una donna in stato di impurità”». Il Signore parlò a Mosè dopo che i due figli di Aronne erano
morti mentre si presentavano davanti al Signore. Il Signore disse a Mosè: «Parla ad Aronne tuo f ratello: non entri in qualunque tempo nel santuario oltre il velo davanti al propiziatorio che sta sull’arca affinché non muoia quando io apparirò in mezzo alla nube sul propiziatorio. Aronne en trerà nel santuario in questo modo: con un giovenco per il sacrificio per il peccato e un ariete pe r l’olocausto. Si metterà la tunica sacra di lino, indosserà sul corpo i calzoni di lino si cingerà dell a cintura di lino e si metterà in capo il turbante di lino. Sono queste le vesti sacre che indosserà dopo essersi lavato il corpo con l’acqua. Dalla comunità degli Israeliti prenderà due capri per il s acrificio per il peccato e un ariete per l’olocausto. Aronne offrirà il proprio giovenco del sacrifici o per il peccato e compirà il rito espiatorio per sé e per la sua casa. Poi prenderà i due capri e li f arà stare davanti al Signore all’ingresso della tenda del convegno e getterà le sorti sui due capri: un capro destinato al Signore e l’altro ad Azazèl. Aronne farà quindi avvicinare il capro che è to ccato in sorte al Signore e l’offrirà in sacrificio per il peccato; invece il capro che è toccato in sor te ad Azazèl sarà posto vivo davanti al Signore perché si compia il rito espiatorio su di esso e sia mandato poi ad Azazèl nel deserto. Aronne offrirà il proprio giovenco del sacrificio per il peccat o e compirà il rito espiatorio per sé e per la sua casa e scannerà il proprio giovenco del sacrificio per il peccato. Poi prenderà l’incensiere pieno di brace tolta dall’altare davanti al Signore e due manciate d’incenso aromatico fine; porterà ogni cosa oltre il velo. Metterà l’incenso sul fuoco d avanti al Signore e la nube d’incenso coprirà il propiziatorio che sta sulla Testimonianza affinché non muoia. Poi prenderà un po’ del sangue del giovenco e ne aspergerà con il dito il propiziator io dal lato orientale e farà sette volte l’aspersione del sangue con il dito davanti al propiziatorio.
Poi scannerà il capro del sacrificio per il peccato quello per il popolo e ne porterà il sangue oltre il velo; farà con questo sangue quello che ha fatto con il sangue del giovenco: lo aspergerà sul p ropiziatorio e davanti al propiziatorio. Così purificherà il santuario dalle impurità degli Israeliti e dalle loro ribellioni insieme a tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda del convegno che si trova fra di loro in mezzo alle loro impurità. Nessuno dovrà trovarsi nella tenda del convegno da quando egli entrerà nel santuario per compiere il rito espiatorio fino a quando non sarà uscito e non avrà compiuto il rito espiatorio per sé per la sua casa e per tutta la comunità d’Israele. Us cito dunque verso l’altare che è davanti al Signore lo purificherà, prenderà un po’ del sangue del giovenco e del sangue del capro e lo spalmerà sui corni intorno all’altare. Farà per sette volte l’
aspersione del sangue con il dito sopra l’altare; così lo purificherà e lo santificherà dalle impurit à degli Israeliti. Quando avrà finito di purificare il santuario la tenda del convegno e l’altare, farà accostare il capro vivo. Aronne poserà entrambe le mani sul capo del capro vivo confesserà su di esso tutte le colpe degli Israeliti tutte le loro trasgressioni tutti i loro peccati e li riverserà sull a testa del capro; poi per mano di un uomo incaricato di ciò lo manderà via nel deserto. Così il c apro porterà sopra di sé tutte le loro colpe in una regione remota ed egli invierà il capro nel des erto. Poi Aronne entrerà nella tenda del convegno si toglierà le vesti di lino che aveva indossato per entrare nel santuario e le deporrà in quel luogo. Laverà il suo corpo nell’acqua in luogo sant o indosserà le sue vesti e uscirà ad offrire il suo olocausto e l’olocausto del popolo e compirà il r
ito espiatorio per sé e per il popolo. E farà bruciare sull’altare le parti grasse della vittima del sa crificio per il peccato. Colui che avrà inviato il capro destinato ad Azazèl si laverà le vesti laverà il suo corpo nell’acqua; dopo rientrerà nell’accampamento. Farà portare fuori dall’accampament o il giovenco del sacrificio per il peccato e il capro del sacrificio per il peccato il cui sangue è stat o introdotto nel santuario per compiere il rito espiatorio; se ne bruceranno nel fuoco la pelle la carne e gli escrementi. Colui che li avrà bruciati dovrà lavarsi le vesti e bagnarsi il corpo nell’acq ua; dopo rientrerà nell’accampamento. Questa sarà per voi una legge perenne: nel settimo mes e nel decimo giorno del mese, vi umilierete vi asterrete da qualsiasi lavoro sia colui che è nativo del paese sia il forestiero che soggiorna in mezzo a voi poiché in quel giorno si compirà il rito es piatorio per voi al fine di purificarvi da tutti i vostri peccati. Sarete purificati davanti al Signore. S
arà per voi un sabato di riposo assoluto e voi vi umilierete; è una legge perenne. Compirà il rito espiatorio il sacerdote che ha ricevuto l’unzione e l’investitura per succedere nel sacerdozio al p osto di suo padre; si vestirà delle vesti di lino, delle vesti sacre. Purificherà la parte più santa del santuario, purificherà la tenda del convegno e l’altare; farà l’espiazione per i sacerdoti e per tut to il popolo della comunità. Questa sarà per voi una legge perenne: una volta all’anno si compir à il rito espiatorio in favore degli Israeliti per tutti i loro peccati». E si fece come il Signore aveva ordinato a Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne ai suoi figli e a tutti gli Israeli ti dicendo loro: “Questo il Signore ha ordinato: Ogni Israelita che scanni un giovenco o un agnell o o una capra entro l’accampamento o fuori dell’accampamento e non lo porti all’ingresso della tenda del convegno per presentarlo come offerta al Signore davanti alla Dimora del Signore sar à considerato colpevole di delitto di sangue: ha sparso il sangue e quest’uomo sarà eliminato da l suo popolo. Perciò gli Israeliti invece di immolare come fanno le loro vittime nei campi le prese nteranno in onore del Signore portandole al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno e le immoleranno in onore del Signore come sacrifici di comunione. Il sacerdote ne spanderà il sang ue sull’altare del Signore all’ingresso della tenda del convegno e farà bruciare il grasso come pr ofumo gradito in onore del Signore. Essi non offriranno più i loro sacrifici ai satiri ai quali soglion o prostituirsi. Questa sarà per loro una legge perenne di generazione in generazione”. Dirai loro ancora: “Ogni uomo Israelita o straniero dimorante in mezzo a loro che offra un olocausto o un sacrificio senza portarlo all’ingresso della tenda del convegno per offrirlo in onore del Signore q uest’uomo sarà eliminato dal suo popolo. Ogni uomo Israelita o straniero dimorante in mezzo a loro che mangi di qualsiasi specie di sangue contro di lui che ha mangiato il sangue io volgerò il mio volto e lo eliminerò dal suo popolo. Poiché la vita della carne è nel sangue. Perciò vi ho con cesso di porlo sull’altare in espiazione per le vostre vite; perché il sangue espia in quanto è la vit a. Perciò ho detto agli Israeliti: Nessuno tra voi mangerà il sangue, neppure lo straniero che dim ora fra voi mangerà sangue. Se qualcuno degli Israeliti o degli stranieri che dimorano fra di loro prende alla caccia un animale o un uccello che si può mangiare ne deve spargere il sangue e cop rirlo di terra; perché la vita di ogni essere vivente è il suo sangue in quanto è la sua vita. Perciò h o ordinato agli Israeliti: Non mangerete sangue di alcuna specie di essere vivente, perché il sang
ue è la vita di ogni carne; chiunque ne mangerà sarà eliminato. Ogni persona nativa o straniera che mangi carne di bestia morta naturalmente o sbranata, dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’ac qua e resterà impura fino alla sera; allora sarà pura. Ma se non si lava le vesti e il corpo porterà l a pena della sua colpa”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Io so no il Signore vostro Dio. Non farete come si fa nella terra d’Egitto dove avete abitato né farete c ome si fa nella terra di Canaan dove io vi conduco, né imiterete i loro costumi. Metterete invece in pratica le mie prescrizioni e osserverete le mie leggi seguendole. Io sono il Signore vostro Dio
. Osserverete dunque le mie leggi e le mie prescrizioni mediante le quali chiunque le metterà in pratica vivrà. Io sono il Signore. Nessuno si accosterà a una sua consanguinea per scoprire la sua nudità. Io sono il Signore. Non scoprirai la nudità di tuo padre né la nudità di tua madre: è tua madre; non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità di una moglie di tuo padre; è la nudit à di tuo padre. Non scoprirai la nudità di tua sorella figlia di tuo padre o figlia di tua madre nata in casa o fuori; non scoprirai la loro nudità. Non scoprirai la nudità della figlia di tuo figlio o della figlia di tua figlia, perché è la tua propria nudità. Non scoprirai la nudità della figlia di una mogli e di tuo padre generata da tuo padre: è tua sorella non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità della sorella di tuo padre; è carne di tuo padre. Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre perché è carne di tua madre. Non scoprirai la nudità del fratello di tuo padre avendo rap porti con sua moglie: è tua zia. Non scoprirai la nudità di tua nuora: è la moglie di tuo figlio; non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità di tua cognata: è la nudità di tuo fratello. Non sc oprirai la nudità di una donna e di sua figlia. Non prenderai la figlia di suo figlio né la figlia di sua figlia per scoprirne la nudità: sono parenti carnali. è un’infamia. Non prenderai in sposa la sorell a di tua moglie per non suscitare rivalità scoprendo la sua nudità mentre tua moglie è in vita. N
on ti accosterai a donna per scoprire la sua nudità durante l’impurità mestruale. Non darai il tuo giaciglio alla moglie del tuo prossimo rendendoti impuro con lei. Non consegnerai alcuno dei tu oi figli per farlo passare a Moloc e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non ti coricherai con un uomo come si fa con una donna: è cosa abominevole. Non darai il tuo giacigli o a una bestia per contaminarti con essa; così nessuna donna si metterà con un animale per acc oppiarsi: è una perversione. Non rendetevi impuri con nessuna di tali pratiche poiché con tutte queste cose si sono rese impure le nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. La terra ne è st ata resa impura; per questo ho punito la sua colpa e la terra ha vomitato i suoi abitanti. Voi dun que osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni e non commetterete nessuna di queste pratich e abominevoli: né colui che è nativo della terra né il forestiero che dimora in mezzo a voi. Poich é tutte queste cose abominevoli le ha commesse la gente che vi era prima di voi e la terra è dive nuta impura. Che la terra non vomiti anche voi per averla resa impura come ha vomitato chi l’a bitava prima di voi perché chiunque praticherà qualcuna di queste abominazioni ogni persona c he le commetterà sarà eliminata dal suo popolo. Osserverete dunque i miei ordini e non seguire te alcuno di quei costumi abominevoli che sono stati praticati prima di voi; non vi renderete im puri a causa di essi. Io sono il Signore, vostro Dio”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutt
a la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi perché io il Signore vostro Dio sono santo.
Ognuno di voi rispetti sua madre e suo padre; osservate i miei sabati. Io sono il Signore, vostro Dio. Non rivolgetevi agli idoli e non fatevi divinità di metallo fuso. Io sono il Signore, vostro Dio.
Quando immolerete al Signore una vittima in sacrificio di comunione offritela in modo da esser gli graditi. La si mangerà il giorno stesso che l’avrete immolata o il giorno dopo; ciò che avanzer à ancora al terzo giorno lo brucerete nel fuoco. Se invece si mangiasse il terzo giorno sarebbe av ariata; il sacrificio non sarebbe gradito. Chiunque ne mangiasse porterebbe la pena della sua col pa perché profanerebbe ciò che è sacro al Signore. Quella persona sarebbe eliminata dal suo po polo. Quando mieterete la messe della vostra terra non mieterete fino ai margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare della messe; quanto alla tua vigna, non coglierai i racim oli e non raccoglierai gli acini caduti: li lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore vostro Dio. Non ruberete né userete inganno o menzogna a danno del prossimo. Non giurerete i l falso servendovi del mio nome: profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non oppri merai il tuo prossimo né lo spoglierai di ciò che è suo; non tratterrai il salario del bracciante al t uo servizio fino al mattino dopo. Non maledirai il sordo né metterai inciampo davanti al cieco m a temerai il tuo Dio. Io sono il Signore. Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai co n parzialità il povero né userai preferenze verso il potente: giudicherai il tuo prossimo con giusti zia. Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo pro ssimo. Io sono il Signore. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apert amente il tuo prossimo così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serb erai rancore contro i figli del tuo popolo ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Sig nore. Osserverete le mie leggi. Non accoppierai bestie di specie differenti; non seminerai il tuo c ampo con due specie di seme né porterai veste tessuta di due specie diverse. Se un uomo ha ra pporti con una donna schiava ma promessa ad un altro uomo benché non sia stata ancora né ris cattata né affrancata dovrà pagare un risarcimento; i colpevoli però non saranno messi a morte perché lei non era affrancata. L’uomo condurrà al Signore all’ingresso della tenda del convegno in sacrificio di riparazione un ariete; con questo ariete di riparazione il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio davanti al Signore per il peccato da lui commesso e il peccato commesso gli sar à perdonato. Quando sarete entrati nella terra e vi avrete piantato ogni sorta di alberi da frutto ne considererete i frutti come non circoncisi; per tre anni saranno per voi come non circoncisi: n on se ne dovrà mangiare. Nel quarto anno tutti i loro frutti saranno consacrati al Signore, come dono festivo. Nel quinto anno mangerete il frutto di quegli alberi; così essi continueranno a pro durre per voi. Io sono il Signore vostro Dio. Non mangerete carne con il sangue. Non praticheret e alcuna sorta di divinazione o di magia. Non vi taglierete in tondo il margine dei capelli né detu rperai ai margini la tua barba. Non vi farete incisioni sul corpo per un defunto né vi farete segni di tatuaggio. Io sono il Signore. Non profanare tua figlia prostituendola perché il paese non si di a alla prostituzione e non si riempia di infamie. Osserverete i miei sabati e porterete rispetto al mio santuario. Io sono il Signore. Non vi rivolgete ai negromanti né agli indovini; non li consultat
e per non rendervi impuri per mezzo loro. Io sono il Signore vostro Dio. àlzati davanti a chi ha i c apelli bianchi onora la persona del vecchio e temi il tuo Dio. Io sono il Signore. Quando un forest iero dimorerà presso di voi nella vostra terra non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete sta ti forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio. Non commetterete ingiustizia nei giud izi nelle misure di lunghezza nei pesi o nelle misure di capacità. Avrete bilance giuste pesi giusti efa giusta hin giusto. Io sono il Signore vostro Dio che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto. Osse rverete dunque tutte le mie leggi e tutte le mie prescrizioni e le metterete in pratica. Io sono il S
ignore”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Dirai agli Israeliti: “Chiunque tra gli Israeliti o tra i for estieri che dimorano in Israele darà qualcuno dei suoi figli a Moloc dovrà essere messo a morte; il popolo della terra lo lapiderà. Anch’io volgerò il mio volto contro quell’uomo e lo eliminerò d al suo popolo perché ha dato qualcuno dei suoi figli a Moloc con l’intenzione di rendere impuro il mio santuario e profanare il mio santo nome. Se il popolo della terra chiude gli occhi quando q uell’uomo dà qualcuno dei suoi figli a Moloc e non lo mette a morte io volgerò il mio volto contr o quell’uomo e contro la sua famiglia ed eliminerò dal suo popolo lui con quanti si danno all’idol atria come lui prostituendosi a venerare Moloc. Se un uomo si rivolge ai negromanti e agli indov ini per darsi alle superstizioni dietro a loro io volgerò il mio volto contro quella persona e la elim inerò dal suo popolo. Santificatevi dunque e siate santi perché io sono il Signore vostro Dio. Oss ervate le mie leggi e mettetele in pratica. Io sono il Signore che vi santifica. Chiunque maledice s uo padre o sua madre dovrà essere messo a morte; ha maledetto suo padre o sua madre: il suo sangue ricadrà su di lui. Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo l’adultero e l
’adultera dovranno esser messi a morte. Se uno ha rapporti con una moglie di suo padre egli sc opre la nudità del padre; tutti e due dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno ha rapporti con la nuora tutti e due dovranno essere messi a morte; hanno comme sso una perversione: il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte: il loro sa ngue ricadrà su di loro. Se uno prende in moglie la figlia e la madre è un’infamia; si bruceranno con il fuoco lui e loro perché non ci sia fra voi tale delitto. L’uomo che si accoppia con una besti a dovrà essere messo a morte; dovrete uccidere anche la bestia. Se una donna si accosta a una bestia per accoppiarsi con essa, ucciderai la donna e la bestia; tutte e due dovranno essere mes se a morte: il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno prende la propria sorella figlia di suo padre o figlia di sua madre e vede la nudità di lei e lei vede la nudità di lui è un disonore; tutti e due sar anno eliminati alla presenza dei figli del loro popolo. Quel tale ha scoperto la nudità della propri a sorella: dovrà portare la pena della sua colpa. Se uno ha un rapporto con una donna durante l e sue mestruazioni e ne scopre la nudità, quel tale ha scoperto il flusso di lei e lei ha scoperto il f lusso del proprio sangue; perciò tutti e due saranno eliminati dal loro popolo. Non scoprirai la n udità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa scopre la sua stessa carne: t utti e due porteranno la pena della loro colpa. Se uno ha rapporti con la moglie di suo zio scopr
e la nudità di suo zio; tutti e due porteranno la pena del loro peccato: dovranno morire senza fi gli. Se uno prende la moglie del fratello è un’impurità egli ha scoperto la nudità del fratello: non avranno figli. Osserverete dunque tutte le mie leggi e tutte le mie prescrizioni e le metterete in pratica, perché la terra dove io vi conduco per abitarla non vi vomiti. Non seguirete le usanze de lle nazioni che io sto per scacciare dinanzi a voi; esse hanno fatto tutte quelle cose perciò ho dis gusto di esse e vi ho detto: Voi possederete il loro suolo; ve lo darò in proprietà. è una terra dov e scorrono latte e miele. Io il Signore vostro Dio vi ho separato dagli altri popoli. Farete dunque distinzione tra animali puri e impuri fra uccelli impuri e puri e non vi contaminerete mangiando animali uccelli o esseri che strisciano sulla terra e che io vi ho fatto separare come impuri. Saret e santi per me poiché io il Signore sono santo e vi ho separato dagli altri popoli perché siate mie i. Se uomo o donna in mezzo a voi eserciteranno la negromanzia o la divinazione dovranno esse re messi a morte: saranno lapidati e il loro sangue ricadrà su di loro”». Il Signore disse a Mosè: «
Parla ai sacerdoti figli di Aronne dicendo loro: “Un sacerdote non dovrà rendersi impuro per il c ontatto con un morto della sua parentela, se non per un suo parente stretto cioè per sua madre suo padre suo figlio sua figlia suo fratello e sua sorella ancora vergine che viva con lui e non sia ancora maritata; per questa può esporsi all’impurità. Come marito non si renda impuro per la s ua parentela profanando se stesso. I sacerdoti non si faranno tonsure sul capo né si raderanno ai margini la barba né si faranno incisioni sul corpo. Saranno santi per il loro Dio e non profaner anno il nome del loro Dio perché sono loro che presentano al Signore sacrifici consumati dal fuo co pane del loro Dio; perciò saranno santi. Non prenderanno in moglie una prostituta o una già disonorata né una donna ripudiata dal marito. Infatti il sacerdote è santo per il suo Dio. Tu consi dererai dunque il sacerdote come santo perché egli offre il pane del tuo Dio: sarà per te santo, perché io il Signore che vi santifico sono santo. Se la figlia di un sacerdote si disonora prostituen dosi disonora suo padre; sarà arsa con il fuoco. Il sacerdote quello che è il sommo tra i suoi frat elli sul capo del quale è stato versato l’olio dell’unzione e ha ricevuto l’investitura indossando le vesti sacre non dovrà scarmigliarsi i capelli né stracciarsi le vesti. Non si avvicinerà ad alcun cada vere; non potrà rendersi impuro neppure per suo padre e per sua madre. Non uscirà dal santua rio e non profanerà il santuario del suo Dio, perché la consacrazione è su di lui mediante l’olio d ell’unzione del suo Dio. Io sono il Signore. Sposerà una vergine. Non potrà sposare né una vedo va né una divorziata né una disonorata né una prostituta ma prenderà in moglie una vergine del la sua parentela. Così non disonorerà la sua discendenza tra la sua parentela; poiché io sono il Si gnore che lo santifico”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne dicendo: “Nelle gener azioni future nessun uomo della tua stirpe che abbia qualche deformità potrà accostarsi ad offri re il pane del suo Dio; perché nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi: né un cieco né uno zoppo né uno sfregiato né un deforme né chi abbia una frattura al piede o alla ma no, né un gobbo né un nano né chi abbia una macchia nell’occhio o la scabbia o piaghe purulent e o i testicoli schiacciati. Nessun uomo della stirpe del sacerdote Aronne con qualche deformità si accosterà per presentare i sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore. Ha un difetto: no
n si accosti quindi per offrire il pane del suo Dio. Potrà mangiare il pane del suo Dio le cose sacr osante e le cose sante; ma non potrà avvicinarsi al velo né accostarsi all’altare perché ha una de formità. Non dovrà profanare i miei luoghi santi perché io sono il Signore che li santifico”». Così Mosè parlò ad Aronne ai suoi figli e a tutti gli Israeliti. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli: trattino con rispetto le offerte sante degli Israeliti e non profanino il mio s anto nome, perché sono offerte consacrate a me. Io sono il Signore. Di’ loro: “Nelle generazioni future ogni uomo della vostra discendenza che si accosterà in stato di impurità alle offerte sant e consacrate dagli Israeliti in onore del Signore, sarà eliminato dalla mia presenza. Io sono il Sig nore. Nessun uomo della stirpe di Aronne affetto da lebbra o da gonorrea potrà mangiare le off erte sante finché non sia puro. Così sarà per chi toccherà qualsiasi cosa impura a causa di un ca davere o per chi avrà perdite seminali oppure per chi toccherà un rettile che lo rende impuro o una persona che lo rende impuro qualunque sia la sua impurità. Colui che avrà avuto tali contat ti resterà impuro fino alla sera e non mangerà le offerte sante prima di essersi lavato il corpo ne ll’acqua; dopo il tramonto del sole sarà puro e allora potrà mangiare le offerte sante perché ess e sono il suo cibo. Non mangerà carne di bestia morta naturalmente o sbranata per non renders i impuro. Io sono il Signore. Osserveranno dunque ciò che ho comandato altrimenti porteranno la pena del loro peccato e moriranno per aver commesso profanazioni. Io sono il Signore che li s antifico. Nessun profano mangerà le offerte sante; né l’ospite di un sacerdote né il salariato pot rà mangiare le offerte sante. Ma una persona che il sacerdote avrà comprato con il proprio den aro ne potrà mangiare e così anche lo schiavo che gli è nato in casa: costoro potranno mangiare il suo cibo. Se la figlia di un sacerdote è sposata con un profano non potrà mangiare del contrib uto delle offerte sante. Se invece la figlia del sacerdote è rimasta vedova o è stata ripudiata e n on ha figli ed è tornata ad abitare da suo padre come quando era giovane potrà mangiare il cibo del padre; ma nessun profano potrà mangiarne. Se uno mangia inavvertitamente di un’offerta santa darà al sacerdote il valore dell’offerta santa aggiungendovi un quinto. I sacerdoti non prof aneranno dunque le offerte sante degli Israeliti che essi prelevano per il Signore e non faranno portare loro il peso della colpa di cui si renderebbero colpevoli mangiando le loro offerte sante; poiché io sono il Signore che le santifico”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne ai s uoi figli a tutti gli Israeliti dicendo loro: “Chiunque della casa d’Israele o dei forestieri dimoranti i n Israele presenterà la sua offerta per qualsiasi voto o dono spontaneo da presentare come olo causto in onore del Signore per essere gradito dovrà offrire un maschio senza difetto di bovini d i pecore o di capre. Non offrirete nulla con qualche difetto, perché non sarebbe gradito. Se qual cuno presenterà al Signore in sacrificio di comunione un bovino o un ovino sia per adempiere u n voto sia come offerta spontanea la vittima perché sia gradita dovrà essere perfetta e non aver e alcun difetto. Non presenterete in onore del Signore nessuna vittima cieca o storpia o mutilat a o con ulcere o con la scabbia o con piaghe purulente; non ne farete sull’altare un sacrificio co nsumato dal fuoco in onore del Signore. Un capo di bestiame grosso o minuto che sia deforme o atrofizzato potrai offrirlo come dono spontaneo ma non sarà gradito come sacrificio votivo. N

on offrirete al Signore un animale con i testicoli ammaccati o contusi o strappati o tagliati. Tali c ose non farete nella vostra terra né prenderete dalle mani dello straniero alcuna di queste vitti me per offrirla come cibo in onore del vostro Dio; essendo mutilate difettose non sarebbero gra dite a vostro favore”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Quando nascerà un vitello o un agnello o un capretto starà sette giorni presso la madre; dall’ottavo giorno in poi sarà gradito come vitti ma da consumare con il fuoco per il Signore. Non scannerete mucca o pecora lo stesso giorno c on il suo piccolo. Quando offrirete al Signore un sacrificio di ringraziamento offritelo in modo ch e sia gradito. La vittima sarà mangiata il giorno stesso; non ne farete avanzare nulla fino al matti no. Io sono il Signore. Osserverete dunque i miei comandi e li metterete in pratica. Io sono il Sig nore. Non profanerete il mio santo nome affinché io sia santificato in mezzo agli Israeliti. Io son o il Signore che vi santifico che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto per essere vostro Dio. Io so no il Signore». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Ecco le solennit à del Signore nelle quali convocherete riunioni sacre. Queste sono le mie solennità. Durante sei giorni si attenderà al lavoro; ma il settimo giorno è sabato giorno di assoluto riposo e di riunion e sacra. Non farete in esso lavoro alcuno; è un sabato in onore del Signore in tutti i luoghi dove abiterete. Queste sono le solennità del Signore le riunioni sacre che convocherete nei tempi sta biliti. Il primo mese al quattordicesimo giorno al tramonto del sole sarà la Pasqua del Signore; il quindici dello stesso mese sarà la festa degli Azzimi in onore del Signore; per sette giorni mange rete pane senza lievito. Nel primo giorno avrete una riunione sacra: non farete alcun lavoro serv ile. Per sette giorni offrirete al Signore sacrifici consumati dal fuoco. Il settimo giorno vi sarà una riunione sacra: non farete alcun lavoro servile”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Isra eliti dicendo loro: “Quando sarete entrati nella terra che io vi do e ne mieterete la messe porter ete al sacerdote un covone come primizia del vostro raccolto. Il sacerdote eleverà il covone dav anti al Signore perché sia gradito per il vostro bene; il sacerdote lo eleverà il giorno dopo il saba to. Quando farete il rito di elevazione del covone offrirete un agnello di un anno, senza difetto p er l’olocausto in onore del Signore insieme a un’oblazione di due decimi di efa di fior di farina i mpastata con olio: è un sacrificio consumato dal fuoco, profumo gradito in onore del Signore; la libagione sarà di un quarto di hin di vino. Non mangerete pane né grano abbrustolito né grano novello prima di quel giorno prima di aver portato l’offerta del vostro Dio. Sarà per voi una legg e perenne di generazione in generazione in tutti i luoghi dove abiterete. Dal giorno dopo il saba to cioè dal giorno in cui avrete portato il covone per il rito di elevazione conterete sette settima ne complete. Conterete cinquanta giorni fino all’indomani del settimo sabato e offrirete al Sign ore una nuova oblazione. Porterete dai luoghi dove abiterete due pani per offerta con rito di ele vazione: saranno di due decimi di efa di fior di farina e li farete cuocere lievitati; sono le primizie in onore del Signore. Oltre quei pani offrirete sette agnelli dell’anno senza difetto un giovenco e due arieti: saranno un olocausto per il Signore insieme con la loro oblazione e le loro libagioni; sarà un sacrificio di profumo gradito, consumato dal fuoco in onore del Signore. Offrirete un ca pro in sacrificio per il peccato e due agnelli dell’anno in sacrificio di comunione. Il sacerdote pre
senterà gli agnelli insieme al pane delle primizie con il rito di elevazione davanti al Signore; tant o i pani quanto i due agnelli consacrati al Signore saranno riservati al sacerdote. Proclamerete i n quello stesso giorno una festa e convocherete una riunione sacra. Non farete alcun lavoro ser vile. Sarà per voi una legge perenne di generazione in generazione in tutti i luoghi dove abiteret e. Quando mieterai la messe della vostra terra non mieterai fino al margine del campo e non ra ccoglierai ciò che resta da spigolare del tuo raccolto; lo lascerai per il povero e per il forestiero. I o sono il Signore vostro Dio”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo: “Nel settimo mese il primo giorno del mese sarà per voi riposo assoluto un memoriale celebrato a su on di tromba una riunione sacra. Non farete alcun lavoro servile e offrirete sacrifici consumati d al fuoco in onore del Signore”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Il decimo giorno di questo setti mo mese sarà il giorno dell’espiazione; terrete una riunione sacra vi umilierete e offrirete sacrifi ci consumati dal fuoco in onore del Signore. In quel giorno non farete alcun lavoro poiché è il gi orno dell’espiazione per compiere il rito espiatorio per voi davanti al Signore vostro Dio. Ogni p ersona che non si umilierà in quel giorno sarà eliminata dalla sua parentela. Ogni persona che fa rà in quel giorno un qualunque lavoro io la farò perire in mezzo alla sua parentela. Non farete al cun lavoro. Sarà per voi una legge perenne di generazione in generazione in tutti i luoghi dove a biterete. Sarà per voi un sabato di assoluto riposo e dovrete umiliarvi: il nono giorno del mese d alla sera alla sera seguente farete il vostro riposo del sabato». Il Signore parlò a Mosè e disse: «
Parla agli Israeliti dicendo: “Il giorno quindici di questo settimo mese sarà la festa delle Capanne per sette giorni in onore del Signore. Il primo giorno vi sarà una riunione sacra; non farete alcu n lavoro servile. Per sette giorni offrirete vittime consumate dal fuoco in onore del Signore. L’ot tavo giorno terrete la riunione sacra e offrirete al Signore sacrifici consumati con il fuoco. è gior no di riunione; non farete alcun lavoro servile. Queste sono le solennità del Signore nelle quali c onvocherete riunioni sacre per presentare al Signore sacrifici consumati dal fuoco olocausti e o blazioni vittime e libagioni ogni cosa nel giorno stabilito oltre i sabati del Signore oltre i vostri do ni oltre tutti i vostri voti e tutte le offerte spontanee che presenterete al Signore. Inoltre il giorn o quindici del settimo mese quando avrete raccolto i frutti della terra, celebrerete una festa del Signore per sette giorni; il primo giorno sarà di assoluto riposo e così l’ottavo giorno. Il primo gi orno prenderete frutti degli alberi migliori rami di palma rami con dense foglie e salici di torrent e e gioirete davanti al Signore vostro Dio per sette giorni. Celebrerete questa festa in onore del Signore per sette giorni ogni anno. Sarà per voi una legge perenne di generazione in generazion e. La celebrerete il settimo mese. Dimorerete in capanne per sette giorni; tutti i cittadini d’Israel e dimoreranno in capanne perché le vostre generazioni sappiano che io ho fatto dimorare in ca panne gli Israeliti quando li ho condotti fuori dalla terra d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio”».
E Mosè parlò così agli Israeliti delle solennità del Signore. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ordi na agli Israeliti che ti portino olio puro di olive schiacciate per l’illuminazione per tenere perenn emente accesa la lampada. Aronne la disporrà nella tenda del convegno fuori del velo che sta d avanti alla Testimonianza perché arda dalla sera al mattino davanti al Signore sempre. Sarà per
voi una legge perenne di generazione in generazione. Egli disporrà le lampade sul candelabro d’
oro puro perché ardano sempre davanti al Signore. Prenderai anche fior di farina e ne farai cuoc ere dodici focacce; ogni focaccia sarà di due decimi di efa. Le disporrai su due pile sei per pila su lla tavola d’oro puro davanti al Signore. Porrai incenso puro sopra ogni pila perché serva da me moriale per il pane come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Ogni giorno di sab ato lo si disporrà davanti al Signore perennemente da parte degli Israeliti: è un’alleanza eterna.
Sarà riservato ad Aronne e ai suoi figli: essi lo mangeranno in luogo santo, perché sarà per loro c osa santissima tra i sacrifici da bruciare in onore del Signore. è una legge perenne». Ora il figlio di una donna israelita e di un Egiziano uscì in mezzo agli Israeliti e nell’accampamento scoppiò u na lite fra il figlio della donna e un Israelita. Il figlio della Israelita bestemmiò il Nome imprecand o; perciò fu condotto da Mosè. La madre di quel tale si chiamava Selomìt figlia di Dibrì della trib ù di Dan. Lo misero sotto sorveglianza finché venisse una decisione dalla bocca del Signore. Il Si gnore parlò a Mosè dicendo: «Conduci quel bestemmiatore fuori dell’accampamento; quanti lo hanno udito posino le mani sul suo capo e tutta la comunità lo lapiderà. Parla agli Israeliti dicen do: “Chiunque maledirà il suo Dio porterà il peso del suo peccato. Chi bestemmia il nome del Si gnore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare. Straniero o nativo della terra se ha bestemmiato il Nome sarà messo a morte. Chi percuote a morte qualsiasi uomo dov rà essere messo a morte. Chi percuote a morte un capo di bestiame dovrà risarcirlo: vita per vit a. Se uno farà una lesione al suo prossimo si farà a lui come egli ha fatto all’altro: frattura per fr attura occhio per occhio dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all’altro. C
hi percuote a morte un capo di bestiame dovrà risarcirlo; ma chi percuote a morte un uomo sar à messo a morte. Ci sarà per voi una sola legge per il forestiero e per il cittadino della terra; poic hé io sono il Signore vostro Dio”». Mosè parlò agli Israeliti ed essi condussero quel bestemmiato re fuori dell’accampamento e lo lapidarono. Così gli Israeliti fecero come il Signore aveva ordina to a Mosè. Il Signore parlò a Mosè sul monte Sinai e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Qu ando entrerete nella terra che io vi do la terra farà il riposo del sabato in onore del Signore: per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti; ma il settimo ann o sarà come sabato un riposo assoluto per la terra un sabato in onore del Signore. Non seminer ai il tuo campo non poterai la tua vigna. Non mieterai quello che nascerà spontaneamente dopo la tua mietitura e non vendemmierai l’uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di co mpleto riposo per la terra. Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento a te al tuo schiavo alla tua schiava al tuo bracciante e all’ospite che si troverà presso di te; anch e al tuo bestiame e agli animali che sono nella tua terra servirà di nutrimento quanto essa prod urrà. Conterai sette settimane di anni cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell’espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra. Dichiar erete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abita nti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cin
quantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sa rà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest’anno del giubi leo ciascuno tornerà nella sua proprietà. Quando vendete qualcosa al vostro prossimo o quand o acquistate qualcosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello. Regolerai l’acquisto c he farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l’ultimo giubileo: egli vend erà a te in base agli anni di raccolto. Quanti più anni resteranno tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo tanto più ribasserai il prezzo perché egli ti vende la somma dei rac colti. Nessuno di voi opprima il suo prossimo; temi il tuo Dio poiché io sono il Signore vostro Dio
. Metterete in pratica le mie leggi e osserverete le mie prescrizioni le adempirete e abiterete al sicuro nella terra. La terra produrrà frutti voi ne mangerete a sazietà e vi abiterete al sicuro. Se dite: Che mangeremo il settimo anno se non semineremo e non raccoglieremo i nostri prodotti
? io disporrò in vostro favore la mia benedizione per il sesto anno e la terra vi darà frutti per tre anni. L’ottavo anno seminerete ma consumerete il vecchio raccolto fino al nono anno; mangere te del raccolto vecchio finché venga il nuovo. Le terre non si potranno vendere per sempre perc hé la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti. Perciò in tutta la terra che avr ete in possesso concederete il diritto di riscatto per i terreni. Se il tuo fratello cade in miseria e v ende una parte della sua proprietà colui che ha il diritto di riscatto cioè il suo parente più strett o verrà e riscatterà ciò che il fratello ha venduto. Se uno non ha chi possa fare il riscatto ma giu nge a procurarsi da sé la somma necessaria al riscatto conterà le annate passate dopo la vendit a restituirà al compratore il valore degli anni che ancora rimangono e rientrerà così in possesso del suo patrimonio. Ma se non trova da sé la somma sufficiente a rimborsarlo ciò che ha vendut o rimarrà in possesso del compratore fino all’anno del giubileo; al giubileo il compratore uscirà e l’altro rientrerà in possesso del suo patrimonio. Se uno vende una casa abitabile in una città ci nta di mura ha diritto al riscatto fino allo scadere dell’anno dalla vendita; il suo diritto di riscatto durerà un anno intero. Ma se quella casa posta in una città cinta di mura non è riscattata prima dello scadere di un intero anno rimarrà sempre proprietà del compratore e dei suoi discendenti
; il compratore non sarà tenuto a uscirne al giubileo. Però le case dei villaggi non attorniati da m ura vanno considerate come parte dei fondi campestri; potranno essere riscattate e al giubileo i l compratore dovrà uscirne. Quanto alle città dei leviti e alle case che essi vi possederanno i levi ti avranno il diritto perenne di riscatto. Se chi riscatta è un levita in occasione del giubileo il com pratore uscirà dalla casa comprata nella città levitica perché le case delle città levitiche sono lor o proprietà in mezzo agli Israeliti. Neppure campi situati nei dintorni delle città levitiche si potra nno vendere perché sono loro proprietà perenne. Se il tuo fratello che è presso di te cade in mis eria ed è inadempiente verso di te sostienilo come un forestiero o un ospite perché possa viver e presso di te. Non prendere da lui interessi né utili ma temi il tuo Dio e fa’ vivere il tuo fratello presso di te. Non gli presterai il denaro a interesse né gli darai il vitto a usura. Io sono il Signore vostro Dio che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, per darvi la terra di Canaan per essere il vos
tro Dio. Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te non farlo lavorare com e schiavo; sia presso di te come un bracciante come un ospite. Ti servirà fino all’anno del giubile o; allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella pro prietà dei suoi padri. Essi sono infatti miei servi che io ho fatto uscire dalla terra d’Egitto; non de bbono essere venduti come si vendono gli schiavi. Non lo tratterai con durezza ma temerai il tu o Dio. Quanto allo schiavo e alla schiava che avrai in proprietà potrete prenderli dalle nazioni ch e vi circondano; da queste potrete comprare lo schiavo e la schiava. Potrete anche comprarne t ra i figli degli stranieri stabiliti presso di voi e tra le loro famiglie che sono presso di voi tra i loro figli nati nella vostra terra; saranno vostra proprietà. Li potrete lasciare in eredità ai vostri figli d opo di voi come loro proprietà vi potrete servire sempre di loro come di schiavi. Ma quanto ai v ostri fratelli gli Israeliti nessuno dòmini sull’altro con durezza. Se un forestiero stabilito presso di te diventa ricco e il tuo fratello si grava di debiti con lui e si vende al forestiero stabilito presso di te o a qualcuno della sua famiglia dopo che si è venduto ha il diritto di riscatto: lo potrà riscat tare uno dei suoi fratelli o suo zio o il figlio di suo zio; lo potrà riscattare uno dei consanguinei d ella sua parentela o se ha i mezzi per farlo potrà riscattarsi da sé. Farà il calcolo con il suo compr atore dall’anno che gli si è venduto all’anno del giubileo; il prezzo da pagare sarà in proporzione del numero degli anni valutando le sue giornate come quelle di un bracciante. Se vi sono ancor a molti anni per arrivare al giubileo pagherà il riscatto in ragione di questi anni e in proporzione del prezzo per il quale fu comprato; se rimangono pochi anni per arrivare al giubileo farà il calco lo con il suo compratore e pagherà il prezzo del suo riscatto in ragione di quegli anni. Resterà pr esso di lui come un bracciante preso a servizio anno per anno; il padrone non dovrà trattarlo co n durezza sotto i suoi occhi. Se non è riscattato in alcuno di questi modi se ne andrà libero l’ann o del giubileo: lui con i suoi figli. Poiché gli Israeliti sono miei servi; essi sono servi miei che ho fa tto uscire dalla terra d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio. Non vi farete idoli né vi erigerete im magini scolpite o stele né permetterete che nella vostra terra vi sia pietra ornata di figure per pr ostrarvi davanti ad essa; poiché io sono il Signore vostro Dio. Osserverete i miei sabati e portere te rispetto al mio santuario. Io sono il Signore. Se seguirete le mie leggi se osserverete i miei co mandi e li metterete in pratica, io vi darò le piogge al loro tempo la terra darà prodotti e gli albe ri della campagna daranno frutti. La trebbiatura durerà per voi fino alla vendemmia e la vendem mia durerà fino alla semina; mangerete il vostro pane a sazietà e abiterete al sicuro nella vostra terra. Io stabilirò la pace nella terra e quando vi coricherete nulla vi turberà. Farò sparire dalla t erra le bestie nocive e la spada non passerà sui vostri territori. Voi inseguirete i vostri nemici ed essi cadranno dinanzi a voi colpiti di spada. Cinque di voi ne inseguiranno cento cento di voi ne i nseguiranno diecimila e i vostri nemici cadranno dinanzi a voi colpiti di spada. Io mi volgerò a vo i vi renderò fecondi e vi moltiplicherò e confermerò la mia alleanza con voi. Voi mangerete del v ecchio raccolto serbato a lungo e dovrete disfarvi del raccolto vecchio per far posto al nuovo. St abilirò la mia dimora in mezzo a voi e non vi respingerò. Camminerò in mezzo a voi sarò vostro Dio e voi sarete mio popolo. Io sono il Signore vostro Dio che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitt
o, perché non foste più loro schiavi; ho spezzato il vostro giogo e vi ho fatto camminare a testa alta. Ma se non mi darete ascolto e se non metterete in pratica tutti questi comandi, se disprezz erete le mie leggi e rigetterete le mie prescrizioni non mettendo in pratica tutti i miei comandi e infrangendo la mia alleanza ecco come io vi tratterò: manderò contro di voi il terrore la consun zione e la febbre che vi faranno languire gli occhi e vi consumeranno la vita. Seminerete invano l e vostre sementi: le mangeranno i vostri nemici. Volgerò il mio volto contro di voi e voi sarete s confitti dai nemici; quelli che vi odiano vi opprimeranno e vi darete alla fuga senza che alcuno vi insegua. Se nemmeno a questo punto mi darete ascolto io vi castigherò sette volte di più per i v ostri peccati. Spezzerò la vostra forza superba renderò il vostro cielo come ferro e la vostra terr a come bronzo. Le vostre energie si consumeranno invano poiché la vostra terra non darà prod otti e gli alberi della campagna non daranno frutti. Se vi opporrete a me e non mi vorrete ascolt are io vi colpirò sette volte di più secondo i vostri peccati. Manderò contro di voi le bestie selvat iche che vi rapiranno i figli stermineranno il vostro bestiame vi ridurranno a un piccolo numero e le vostre strade diventeranno deserte. Se nonostante questi castighi non vorrete correggervi per tornare a me ma vi opporrete a me anch’io mi opporrò a voi e vi colpirò sette volte di più pe r i vostri peccati. Manderò contro di voi la spada vindice della mia alleanza; voi vi raccoglierete nelle vostre città ma io manderò in mezzo a voi la peste e sarete dati in mano al nemico. Quand o io avrò tolto il sostegno del pane dieci donne faranno cuocere il vostro pane in uno stesso for no e il pane che esse porteranno sarà razionato: mangerete ma non vi sazierete. Se nonostante tutto questo non vorrete darmi ascolto ma vi opporrete a me, anch’io mi opporrò a voi con furo re e vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati. Mangerete perfino la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie. Devasterò le vostre alture distruggerò i vostri altari per l’incenso butterò i vostri cadaveri sui cadaveri dei vostri idoli e vi detesterò. Ridurrò le vostre ci ttà a deserti devasterò i vostri santuari e non aspirerò più il profumo dei vostri incensi. Devaster ò io stesso la terra e i vostri nemici che vi prenderanno dimora ne saranno stupefatti. Quanto a voi vi disperderò fra le nazioni e sguainerò la spada dietro di voi; la vostra terra sarà desolata e l e vostre città saranno deserte. Allora la terra godrà i suoi sabati per tutto il tempo della desolazi one mentre voi resterete nella terra dei vostri nemici; allora la terra si riposerà e si compenserà dei suoi sabati. Finché rimarrà desolata avrà il riposo che non le fu concesso da voi con i sabati quando l’abitavate. A quelli che tra voi saranno superstiti infonderò nel cuore costernazione nei territori dei loro nemici: il fruscìo di una foglia agitata li metterà in fuga; fuggiranno come si fug ge di fronte alla spada e cadranno senza che alcuno li insegua. Cadranno uno sopra l’altro come di fronte alla spada senza che alcuno li insegua. Non potrete resistere dinanzi ai vostri nemici. P
erirete fra le nazioni: la terra dei vostri nemici vi divorerà. Quelli che tra voi saranno superstiti si consumeranno a causa delle proprie colpe nei territori dei loro nemici; anche a causa delle colp e dei loro padri periranno con loro. Dovranno confessare la loro colpa e la colpa dei loro padri: per essere stati infedeli nei miei riguardi ed essersi opposti a me; perciò anch’io mi sono oppost o a loro e li ho deportati nella terra dei loro nemici. Allora il loro cuore non circonciso si umilierà
e sconteranno la loro colpa. E io mi ricorderò della mia alleanza con Giacobbe dell’alleanza con Isacco e dell’alleanza con Abramo e mi ricorderò della terra. Quando dunque la terra sarà abba ndonata da loro e godrà i suoi sabati mentre rimarrà deserta senza di loro essi sconteranno la lo ro colpa per avere disprezzato le mie prescrizioni ed essersi stancati delle mie leggi. Nonostante tutto questo quando saranno nella terra dei loro nemici io non li rigetterò e non mi stancherò d i loro fino al punto di annientarli del tutto e di rompere la mia alleanza con loro poiché io sono il Signore loro Dio; ma mi ricorderò in loro favore dell’alleanza con i loro antenati che ho fatto us cire dalla terra d’Egitto davanti alle nazioni per essere loro Dio. Io sono il Signore”». Questi sono gli statuti le prescrizioni e le leggi che il Signore stabilì fra sé e gli Israeliti sul monte Sinai per m ezzo di Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Se qualcuno vor rà adempiere un voto in onore del Signore basandosi su valutazioni corrispondenti alle persone eccone i valori: per un uomo dai venti ai sessant’anni il valore è di cinquanta sicli d’argento conf ormi al siclo del santuario; invece per una donna il valore è di trenta sicli. Dai cinque ai venti an ni il valore è di venti sicli per un maschio e di dieci sicli per una femmina. Da un mese a cinque a nni il valore è di cinque sicli d’argento per un maschio e di tre sicli d’argento per una femmina.
Dai sessant’anni in su il valore è di quindici sicli per un maschio e di dieci sicli per una femmina.
Se colui che ha fatto il voto è troppo povero per pagare la somma fissata dovrà presentare al sa cerdote la persona consacrata con voto e il sacerdote ne farà la stima. Il sacerdote farà la stima in proporzione dei mezzi di colui che ha fatto il voto. Se si tratta di animali che possono essere p resentati in offerta al Signore ogni animale donato al Signore sarà cosa santa. Non lo si potrà co mmutare né si potrà sostituire un animale di qualità con uno difettoso né uno difettoso con uno di buona qualità se tuttavia qualcuno sostituisse un animale all’altro entrambi gli animali diverr anno cosa sacra. Se invece si tratta di qualunque animale impuro che non si può presentare co me offerta al Signore l’animale sarà portato davanti al sacerdote; egli valuterà se l’animale è in buono o cattivo stato e si starà al valore stabilito dal sacerdote. Ma se qualcuno lo vorrà riscatta re aggiungerà un quinto al valore fissato. Se qualcuno vorrà consacrare la sua casa come cosa sa cra al Signore il sacerdote ne farà la stima secondo che essa sia in buono o in cattivo stato; si sta rà alla stima stabilita dal sacerdote. Se colui che ha consacrato la sua casa la vorrà riscattare, ag giungerà un quinto al prezzo della stima e sarà sua. Se qualcuno vorrà consacrare al Signore un terreno del suo patrimonio il suo valore sarà stabilito in proporzione alla semente: cinquanta sic li d’argento per un homer di seme d’orzo. Se consacra il suo campo dall’anno del giubileo il prez zo resterà intero secondo la stima; ma se lo consacra dopo il giubileo il sacerdote ne valuterà il prezzo in proporzione agli anni che rimangono fino al giubileo e si farà una detrazione dalla stim a. Se colui che ha consacrato il pezzo di terra lo vorrà riscattare aggiungerà un quinto all’ammo ntare della stima e resterà suo. Se non riscatta il pezzo di terra e lo vende a un altro non lo si po trà più riscattare; ma quel pezzo di terra quando al giubileo il compratore ne uscirà sarà sacro al Signore come un campo votato allo sterminio e diventerà proprietà del sacerdote. Se uno vorrà consacrare al Signore un pezzo di terra comprato che non fa parte del suo patrimonio il sacerd
ote valuterà l’ammontare del prezzo fino all’anno del giubileo; quel tale pagherà il giorno stesso il prezzo fissato come cosa consacrata al Signore. Nell’anno del giubileo la terra tornerà a colui da cui fu comprata e del cui patrimonio faceva parte. Ogni valutazione si farà sulla base del siclo del santuario: il siclo corrisponde a venti ghera. Tuttavia nessuno potrà consacrare un primoge nito del bestiame il quale appartiene già al Signore perché primogenito: sia esso di grosso bestia me o di bestiame minuto appartiene al Signore. Se si tratta di un animale impuro lo si riscatterà al prezzo di stima, aggiungendovi un quinto; se non è riscattato sarà venduto al prezzo di stima.
Nondimeno quanto uno avrà consacrato al Signore con voto di sterminio fra le cose che gli appa rtengono persona animale o pezzo di terra del suo patrimonio non potrà essere né venduto né r iscattato; ogni cosa votata allo sterminio è cosa santissima riservata al Signore. Nessuna person a votata allo sterminio potrà essere riscattata; dovrà essere messa a morte. Ogni decima della t erra cioè delle granaglie del suolo e dei frutti degli alberi, appartiene al Signore: è cosa consacra ta al Signore. Se uno vuole riscattare una parte della sua decima vi aggiungerà un quinto. Ogni d ecima del bestiame grosso o minuto, ossia il decimo capo di quanto passa sotto la verga del pas tore sarà consacrata al Signore. Non si farà cernita fra animale migliore e peggiore né si faranno sostituzioni; qualora però avvenisse una sostituzione entrambi gli animali diverranno cosa sacr a: non si potranno riscattare”». Questi sono i comandi che il Signore diede a Mosè per gli Israeli ti sul monte Sinai. Il Signore parlò a Mosè nel deserto del Sinai nella tenda del convegno il prim o giorno del secondo mese il secondo anno dalla loro uscita dalla terra d’Egitto e disse: «Fate il computo di tutta la comunità degli Israeliti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati patern i contando i nomi di tutti i maschi testa per testa dai vent’anni in su quanti in Israele possono an dare in guerra; tu e Aronne li censirete schiera per schiera. Sarà con voi un uomo per tribù un u omo che sia capo del casato dei suoi padri. Questi sono i nomi degli uomini che vi assisteranno.
Per Ruben: Elisù r figlio di Sedeù r; per Simeone: Selumièl figlio di Surisaddài; per Giuda: Nacson figlio di Amminadàb; per ìssacar: Netanèl figlio di Suar; per Zàbulon: Eliàb figlio di Chelon; per i figli di Giuseppe per èfraim: Elisamà figlio di Ammiù d; per Manasse: Gamlièl figlio di Pedasù r; p er Beniamino: Abidàn figlio di Ghideonì per Dan: Achièzer figlio di Ammisaddài; per Aser: Paghiè l figlio di Ocran; per Gad: Eliasàf, figlio di Deuèl; per Nèftali: Achirà figlio di Enan». Questi furono i designati della comunità i prìncipi delle loro tribù paterne i capi delle migliaia d’Israele. Mosè e Aronne presero questi uomini, che erano stati designati per nome e radunarono tutta la comu nità il primo giorno del secondo mese; furono registrati secondo le famiglie secondo i loro casat i paterni contando il numero delle persone dai vent’anni in su testa per testa. Come il Signore gl i aveva ordinato Mosè ne fece il censimento nel deserto del Sinai. Risultò per i figli di Ruben pri mogenito d’Israele stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati pat erni contando i nomi di tutti i maschi testa per testa dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Ruben quarantaseimilacinquecento. Per i figli di Simeone stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di tutti i maschi testa per testa dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù
di Simeone cinquantanovemilatrecento. Per i figli di Gad stabilite le loro genealogie secondo le l oro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti pot evano andare in guerra: censiti della tribù di Gad quarantacinquemilaseicentocinquanta. Per i fi gli di Giuda stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni con tando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Giuda settantaquattromilaseicento. Per i figli di ìssacar stabilite le loro genealogie secondo le lo ro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti pote vano andare in guerra: censiti della tribù di ìssacar cinquantaquattromilaquattrocento. Per i figli di Zàbulon stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni con tando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Zàbulon cinquantasettemilaquattrocento. Per i figli di Giuseppe: per i figli di èfraim stabilite le l oro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli d ai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di èfraim quarantamilacin quecento; per i figli di Manasse stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i lor o casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: c ensiti della tribù di Manasse trentaduemiladuecento. Per i figli di Beniamino stabilite le loro gen ealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’
anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Beniamino trentacinquemilaq uattrocento. Per i figli di Dan stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: ce nsiti della tribù di Dan sessantaduemilasettecento. Per i figli di Aser stabilite le loro genealogie s econdo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Aser quarantunmilacinquecento. Per i fi gli di Nèftali stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni co ntando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù d i Nèftali cinquantatremilaquattrocento. Questi furono i censiti di cui fecero il censimento Mosè e Aronne e i prìncipi d’Israele dodici uomini: c’era un uomo per ciascun casato paterno. E tutti i censiti degli Israeliti secondo i loro casati paterni dai vent’anni in su cioè quanti potevano andar e in guerra in Israele risultarono registrati in tutto seicentotremilacinquecentocinquanta. Ma i le viti secondo la loro tribù paterna non furono registrati insieme con gli altri. Il Signore parlò a Mo sè dicendo: «Solo la tribù di Levi non censirai né di essa farai il computo tra gli Israeliti; invece af fiderai ai leviti la Dimora della Testimonianza tutti i suoi accessori e quanto le appartiene. Essi tr asporteranno la Dimora e tutti i suoi accessori vi presteranno servizio e staranno accampati atto rno alla Dimora. Quando la Dimora dovrà muoversi i leviti la smonteranno; quando la Dimora d ovrà accamparsi i leviti la erigeranno. Se un estraneo si avvicinerà sarà messo a morte. Gli Israel iti pianteranno le tende ognuno nel suo campo ognuno vicino alla sua insegna secondo le loro s chiere. Ma i leviti pianteranno le tende attorno alla Dimora della Testimonianza; così la mia ira non si abbatterà sulla comunità degli Israeliti. I leviti avranno la cura della Dimora della Testimo
nianza». Gli Israeliti eseguirono ogni cosa come il Signore aveva comandato a Mosè: così fecero.
Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Gli Israeliti si accamperanno ciascuno vicino alla s ua insegna con i simboli dei loro casati paterni; si accamperanno di fronte alla tenda del conveg no tutt’intorno. Si accamperanno a oriente verso levante quelli dell’insegna dell’accampamento di Giuda secondo le loro schiere. Principe per i figli di Giuda è Nacson figlio di Amminadàb, e la sua schiera è di settantaquattromilaseicento censiti. Si accamperanno accanto a lui quelli della t ribù di ìssacar. Principe per i figli di ìssacar è Netanèl figlio di Suar e la sua schiera è di cinquanta quattromilaquattrocento censiti. Poi la tribù di Zàbulon. Principe per i figli di Zàbulon è Eliàb figl io di Chelon e la sua schiera è di cinquantasettemilaquattrocento censiti. Il totale dei censiti per l’accampamento di Giuda è di centoottantaseimilaquattrocento uomini suddivisi secondo le lor o schiere. Leveranno le tende per primi. L’insegna dell’accampamento di Ruben suddiviso secon do le sue schiere starà a mezzogiorno. Principe per i figli di Ruben è Elisù r figlio di Sedeù r e la s ua schiera è di quarantaseimilacinquecento censiti. Si accamperanno accanto a lui quelli della tr ibù di Simeone. Principe per i figli di Simeone è Selumièl figlio di Surisaddài e la sua schiera è di cinquantanovemilatrecento censiti. Poi la tribù di Gad: principe per i figli di Gad è Eliasàf figlio di Deuèl e la sua schiera è di quarantacinquemilaseicentocinquanta censiti. Il totale dei censiti per l’accampamento di Ruben è di centocinquantunmilaquattrocentocinquanta uomini suddivisi se condo le loro schiere. Leveranno le tende per secondi. Poi si leverà la tenda del convegno con l’
accampamento dei leviti in mezzo agli altri accampamenti. Come si erano accampati così si leve ranno ciascuno al suo posto suddivisi secondo le loro insegne. L’insegna dell’accampamento di èfraim suddiviso secondo le sue schiere, starà a occidente. Principe per i figli di èfraim è Elisamà figlio di Ammiù d, la sua schiera è di quarantamilacinquecento censiti. Accanto a lui la tribù di Manasse. Principe per i figli di Manasse è Gamlièl figlio di Pedasù r e la sua schiera è di trentadu emiladuecento censiti. Poi la tribù di Beniamino. Principe per i figli di Beniamino è Abidàn, figlio di Ghideonì e la sua schiera è di trentacinquemilaquattrocento censiti. Il totale dei censiti per l’a ccampamento di èfraim è di centoottomilacento uomini suddivisi secondo le loro schiere. Lever anno le tende per terzi. L’insegna dell’accampamento di Dan suddiviso secondo le sue schiere st arà a settentrione. Principe per i figli di Dan è Achièzer figlio di Ammisaddài, e la sua schiera è di sessantaduemilasettecento censiti. Si accamperanno accanto a lui quelli della tribù di Aser. Prin cipe per i figli di Aser è Paghièl figlio di Ocran e la sua schiera è di quarantunmilacinquecento ce nsiti. Poi la tribù di Nèftali. Principe per i figli di Nèftali è Achirà figlio di Enan e la sua schiera è d i cinquantatremilaquattrocento censiti. Il totale dei censiti per l’accampamento di Dan è dunqu e centocinquantasettemilaseicento. Leveranno le tende per ultimi suddivisi secondo le loro inse gne». Questi sono i censiti degli Israeliti secondo i loro casati paterni tutti i censiti degli accamp amenti suddivisi secondo le loro schiere: seicentotremilacinquecentocinquanta. Ma i leviti non f urono censiti in mezzo agli Israeliti come il Signore aveva comandato a Mosè. Gli Israeliti esegui rono ogni cosa come il Signore aveva comandato a Mosè. Così si accampavano secondo le loro i nsegne e così levavano le tende ciascuno secondo la sua famiglia in base al casato dei suoi padri
. Questi sono i discendenti di Aronne e di Mosè quando il Signore parlò con Mosè sul monte Sin ai. Questi sono i nomi dei figli di Aronne: il primogenito Nadab poi Abiu Eleàzaro e Itamàr. Tali i nomi dei figli di Aronne i sacerdoti consacrati con l’unzione che avevano ricevuto l’investitura p er esercitare il sacerdozio. Nadab e Abiu morirono davanti al Signore quando offrirono fuoco ille gittimo davanti al Signore nel deserto del Sinai. Essi non avevano figli. Eleàzaro e Itamàr esercita rono il sacerdozio alla presenza di Aronne loro padre. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Fa’ avvici nare la tribù dei leviti e presentala al sacerdote Aronne perché sia al suo servizio. Essi assumera nno l’incarico suo e quello di tutta la comunità nei confronti della tenda del convegno prestand o servizio alla Dimora. E custodiranno tutti gli arredi della tenda del convegno e assumeranno l’i ncarico degli Israeliti prestando servizio alla Dimora. Assegnerai i leviti ad Aronne e ai suoi figli: saranno affidati completamente a lui da parte degli Israeliti. Tu incaricherai Aronne e i suoi figli di esercitare il sacerdozio; il profano che vi si accosterà sarà messo a morte». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ecco io ho scelto i leviti tra gli Israeliti al posto di ogni primogenito che nasce per primo dal seno materno tra gli Israeliti; i leviti saranno miei perché ogni primogenito è mio. Qu ando io colpii tutti i primogeniti in terra d’Egitto io consacrai a me in Israele ogni primogenito si a dell’uomo sia del bestiame; essi mi apparterranno. Io sono il Signore». Il Signore parlò a Mosè nel deserto del Sinai e disse: «Censisci i figli di Levi secondo i loro casati paterni secondo le loro famiglie; censirai tutti i maschi da un mese in su». Mosè li censì secondo l’ordine del Signore co me gli era stato ordinato. Questi sono i figli di Levi secondo i loro nomi: Gherson Keat e Merarì.
Questi i nomi dei figli di Gherson secondo le loro famiglie: Libnì e Simei. I figli di Keat secondo le loro famiglie: Amram Isar Ebron e Uzzièl. I figli di Merarì secondo le loro famiglie: Maclì e Musì.
Queste sono le famiglie dei leviti suddivisi secondo i loro casati paterni. A Gherson appartengon o la famiglia dei Libniti e la famiglia dei Simeiti. Queste sono le famiglie dei Ghersoniti. I loro cen siti contando tutti i maschi da un mese in su erano settemilacinquecento. Le famiglie dei Gherso niti avevano l’accampamento dietro la Dimora a occidente. Il principe del casato paterno per i G
hersoniti era Eliasàf, figlio di Laèl. I figli di Gherson nella tenda del convegno avevano l’incarico della Dimora e della tenda della sua copertura e della cortina all’ingresso della tenda del conveg no, dei tendaggi del recinto e della cortina all’ingresso del recinto intorno alla Dimora e all’altar e e delle corde per tutto il suo impianto. A Keat appartengono la famiglia degli Amramiti la fami glia degli Isariti la famiglia degli Ebroniti e la famiglia degli Uzzieliti. Queste sono le famiglie dei Keatiti contando tutti i maschi da un mese in su: ottomilaseicento. Essi avevano la custodia del s antuario. Le famiglie dei figli di Keat avevano l’accampamento al lato meridionale della Dimora.
Il principe del casato paterno per i Keatiti era Elisafàn figlio di Uzzièl. Avevano l’incarico dell’arc a della tavola del candelabro degli altari e degli arredi del santuario con i quali si svolge il servizi o della cortina e di tutto il suo impianto. Il principe dei prìncipi dei leviti era Eleàzaro figlio del sa cerdote Aronne; esercitava la sorveglianza su quelli che avevano l’incarico del santuario. A Mer arì appartengono la famiglia dei Macliti e la famiglia dei Musiti. Queste sono le famiglie di Mera rì. I loro censiti contando tutti i maschi da un mese in su erano seimiladuecento. Il principe del c
asato paterno per le famiglie di Merarì era Surièl figlio di Abicàil. Essi avevano l’accampamento al lato settentrionale della Dimora. I figli di Merarì avevano l’incarico di custodire le assi della Di mora le sue stanghe le sue colonne e le loro basi tutti i suoi arredi e tutto il suo impianto le colo nne del recinto all’intorno le loro basi i loro picchetti e le loro corde. Davanti alla Dimora a orien te avevano l’accampamento Mosè Aronne e i suoi figli; essi avevano la custodia del santuario a nome degli Israeliti. Il profano che vi si fosse avvicinato sarebbe stato messo a morte. Tutti i levi ti di cui Mosè e Aronne fecero il censimento secondo le loro famiglie per ordine del Signore tutt i i maschi da un mese in su erano ventiduemila. Il Signore disse a Mosè: «Censisci tutti i primoge niti maschi tra gli Israeliti, da un mese in su e conta i loro nomi. Prenderai i leviti per me –
io sono il Signore –
invece di tutti i primogeniti degli Israeliti e il bestiame dei leviti invece dei primi parti del bestia me degli Israeliti». Mosè censì come il Signore gli aveva comandato ogni primogenito tra gli Isra eliti secondo l’ordine che il Signore gli aveva dato. Il totale dei primogeniti maschi che furono ce nsiti contando i nomi da un mese in su fu di ventiduemiladuecentosettantatré. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Prendi i leviti al posto di tutti i primogeniti degli Israeliti e il bestiame dei leviti a l posto del loro bestiame; i leviti saranno miei. Io sono il Signore. Come riscatto dei duecentoset tantatré eccedenti rispetto ai leviti tra i primogeniti degli Israeliti prenderai cinque sicli a testa; l i prenderai conformi al siclo del santuario: venti ghera per un siclo. Darai il denaro ad Aronne e ai suoi figli come riscatto di quelli tra loro eccedenti». Mosè prese il denaro del riscatto di quelli che oltrepassavano il numero dei primogeniti riscattati dai leviti. Da questi primogeniti degli Isr aeliti prese in denaro milletrecentosessantacinque sicli, conformi al siclo del santuario. Mosè di ede il denaro del riscatto ad Aronne e ai suoi figli secondo l’ordine del Signore come aveva ordi nato il Signore a Mosè. Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Fate il computo dei figli di Keat tra i figli di Levi secondo le loro famiglie e secondo i loro casati paterni, dai trent’anni fino ai cinquant’anni di quanti fanno parte di una schiera, prestando servizio nella tenda del conveg no. Questo è il servizio dei figli di Keat nella tenda del convegno. è cosa santissima. Quando si le veranno le tende verranno Aronne e i suoi figli caleranno il velo della cortina e copriranno con e sso l’arca della Testimonianza; poi porranno sull’arca una coperta di pelli di tasso vi stenderann o sopra un drappo tutto di porpora viola e metteranno a posto le stanghe. Poi stenderanno un drappo di porpora viola sulla tavola dell’offerta e vi metteranno sopra i piatti le coppe le anfore le tazze per le libagioni; sopra vi sarà il pane perenne. Su queste cose stenderanno un drappo sc arlatto e lo copriranno con una coperta di pelli di tasso e collocheranno le stanghe. Prenderann o un drappo di porpora viola e copriranno il candelabro per l’illuminazione, le sue lampade i suo i smoccolatoi i suoi portacenere e tutti i vasi per l’olio di cui si servono. Metteranno il candelabr o con tutti i suoi accessori in una coperta di pelli di tasso e lo metteranno sopra la portantina. S
opra l’altare d’oro stenderanno un drappo di porpora viola e lo copriranno con una coperta di p elli di tasso e collocheranno le stanghe. Prenderanno tutti gli arredi che si usano per il servizio n el santuario li metteranno in un drappo di porpora viola li avvolgeranno in una coperta di pelli d
i tasso e li metteranno sopra la portantina. Toglieranno il grasso bruciato dall’altare e stenderan no su di esso un drappo scarlatto; vi metteranno sopra tutti gli arredi di cui si servono i bracieri l e forcelle, le palette i vasi per l’aspersione tutti gli accessori dell’altare e vi stenderanno sopra u na coperta di pelli di tasso e collocheranno le stanghe. Quando Aronne e i suoi figli avranno finit o di coprire il santuario e tutti gli arredi del santuario al momento di levare le tende i figli di Kea t verranno per trasportarlo; ma non toccheranno il santuario perché non muoiano. Questo è l’in carico dei figli di Keat nella tenda del convegno. Eleàzaro figlio del sacerdote Aronne avrà la sor veglianza dell’olio per l’illuminazione dell’incenso aromatico dell’offerta perenne e dell’olio dell’
unzione e la sorveglianza di tutta la Dimora e di quanto contiene sia del santuario sia dei suoi ar redi». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Non provocate l’eliminazione della tribù del le famiglie dei Keatiti di mezzo ai leviti; ma fate questo per loro perché vivano e non muoiano n ell’accostarsi al Santo dei Santi: Aronne e i suoi figli vengano e assegnino ciascuno di loro al pro prio servizio e al proprio incarico. Non entrino essi a guardare neanche per un istante il santuari o perché morirebbero». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Si faccia il computo anche dei figli di G
herson secondo i loro casati paterni secondo le loro famiglie. Dai trent’anni fino ai cinquant’ann i li censirai quanti fanno parte di una schiera prestando servizio nella tenda del convegno. Quest o è il servizio delle famiglie dei Ghersoniti quello che dovranno fare e quello che dovranno port are. Essi porteranno i teli della Dimora e la tenda del convegno la sua copertura la copertura di pelli di tasso che vi è sopra e la cortina all’ingresso della tenda del convegno i tendaggi del recin to la cortina all’ingresso del recinto che è attorno alla Dimora e all’altare le loro corde e tutti gli arredi per il loro servizio e tutto quanto è predisposto perché prestino servizio. Tutto il servizio dei Ghersoniti sarà agli ordini di Aronne e dei suoi figli per quanto dovranno portare e per quant o dovranno fare. E affiderete loro in custodia quanto dovranno portare. Tale è il servizio delle fa miglie dei figli dei Ghersoniti nella tenda del convegno; il loro servizio dipenderà da Itamàr figlio del sacerdote Aronne. Censirai i figli di Merarì secondo le loro famiglie secondo i loro casati pat erni; dai trent’anni fino ai cinquant’anni li censirai quanti fanno parte di una schiera prestando s ervizio nella tenda del convegno. Questo è quanto è affidato alla loro custodia e quello che dovr anno trasportare come loro servizio nella tenda del convegno: le assi della Dimora le sue stangh e le sue colonne le sue basi le colonne del recinto tutt’intorno le loro basi i loro picchetti le loro corde tutti i loro arredi e tutto il loro impianto. Elencherete per nome gli oggetti affidati alla lor o custodia e che essi dovranno trasportare. Tale è il servizio delle famiglie dei figli di Merarì sec ondo tutto il loro servizio nella tenda del convegno sotto gli ordini di Itamàr figlio del sacerdote Aronne». Mosè Aronne e i prìncipi della comunità censirono i figli dei Keatiti secondo le loro fa miglie secondo i loro casati paterni dai trent’anni fino ai cinquant’anni quanti facevano parte di una schiera prestando servizio nella tenda del convegno. I loro censiti secondo le loro famiglie f urono duemilasettecentocinquanta. Questi appartengono alle famiglie dei Keatiti di cui si fece il censimento quanti prestavano servizio nella tenda del convegno che Mosè e Aronne censirono secondo l’ordine che il Signore aveva dato per mezzo di Mosè. I censiti dei figli di Gherson seco
ndo le loro famiglie secondo i loro casati paterni, dai trent’anni fino ai cinquant’anni quanti face vano parte di una schiera, prestando servizio nella tenda del convegno quelli di cui si fece il cens imento secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni furono duemilaseicentotrenta. Qu esti appartengono alle famiglie dei figli di Gherson di cui si fece il censimento quanti prestavano servizio nella tenda del convegno che Mosè e Aronne censirono secondo l’ordine del Signore. I censiti delle famiglie dei figli di Merarì secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni dai trent’anni fino ai cinquant’anni quanti facevano parte di una schiera prestando servizio nella te nda del convegno quelli di cui si fece il censimento secondo le loro famiglie furono tremiladuec ento. Questi appartengono alle famiglie dei figli di Merarì che Mosè e Aronne censirono second o l’ordine che il Signore aveva dato per mezzo di Mosè. Tutti i censiti che Mosè Aronne e i prìnci pi d’Israele censirono presso i leviti secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni dai tre nt’anni fino ai cinquant’anni quanti prestavano servizio di lavoro e servizio di trasporto nella ten da del convegno, tutti quelli di cui si fece il censimento furono ottomilacinquecentoottanta. Per ordine del Signore li censirono per mezzo di Mosè uno per uno assegnando a ciascuno il servizio che doveva fare e ciò che doveva trasportare. Il loro censimento fu quello che il Signore aveva ordinato a Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ordina agli Israeliti che espellano dall’accamp amento ogni lebbroso chiunque soffre di gonorrea e ogni impuro a causa di un morto. Allontan erete sia i maschi sia le femmine; li allontanerete dall’accampamento, così non renderanno imp uro il loro accampamento dove io abito tra di loro». Così fecero gli Israeliti: li espulsero fuori del l’accampamento. Come il Signore aveva parlato a Mosè così fecero gli Israeliti. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Di’ agli Israeliti: “Quando un uomo o una donna avrà fatto qualsiasi peccato con tro qualcuno commettendo un’infedeltà contro il Signore questa persona sarà in condizione di c olpa. Dovrà confessare il peccato commesso. Restituirà per intero ciò per cui si è reso colpevole vi aggiungerà un quinto e lo darà a colui verso il quale si è reso colpevole. Ma se non vi è un par ente stretto a cui dare il risarcimento questo è da restituire al Signore cioè al sacerdote oltre l’a riete del rito di espiazione, mediante il quale si compirà l’espiazione per lui. Ogni prelievo su tut te le cose consacrate che gli Israeliti offriranno al sacerdote, apparterrà a lui; le cose sante di og nuno saranno sue ma ciò che uno darà al sacerdote apparterrà a lui”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Se un uomo ha una moglie che si è traviata e ha comm esso un’infedeltà verso di lui e un altro uomo ha avuto rapporti con lei ma la cosa è rimasta nas costa agli occhi del marito ed ella si è resa impura in segreto non vi sono testimoni contro di lei e non è stata colta sul fatto qualora uno spirito di gelosia si impadronisca del marito e questi div enti geloso della moglie che si è resa impura oppure uno spirito di gelosia si impadronisca di lui e questi diventi geloso della moglie che non si è resa impura, il marito condurrà sua moglie al sa cerdote e per lei porterà come offerta un decimo di efa di farina d’orzo; non vi spanderà sopra olio né vi metterà sopra incenso perché è un’oblazione di gelosia un’oblazione commemorativa per ricordare una colpa. Il sacerdote farà avvicinare la donna e la farà stare davanti al Signore. P
oi il sacerdote prenderà acqua santa in un vaso di terra; prenderà anche un po’ della polvere ch
e è sul pavimento della Dimora e la metterà nell’acqua. Il sacerdote farà quindi stare la donna d avanti al Signore le scioglierà la capigliatura e porrà nelle mani di lei l’oblazione commemorativ a che è oblazione di gelosia, mentre il sacerdote avrà in mano l’acqua di amarezza che porta ma ledizione. Il sacerdote la farà giurare e dirà alla donna: Se nessun altro uomo si è coricato con te e se non ti sei traviata rendendoti impura con un altro mentre appartieni a tuo marito sii tu dim ostrata innocente da quest’acqua di amarezza che porta maledizione. Ma se ti sei traviata con u n altro mentre appartieni a tuo marito e ti sei resa impura e un altro uomo ha avuto rapporti co n te all’infuori di tuo marito… a questo punto il sacerdote farà giurare la donna con un’imprecaz ione e il sacerdote dirà alla donna: Il Signore faccia di te un oggetto di maledizione e di imprecaz ione in mezzo al tuo popolo facendoti lui il Signore avvizzire i fianchi e gonfiare il ventre; quest’a cqua che porta maledizione ti entri nelle viscere per farti gonfiare il ventre e avvizzire i fianchi!
E la donna dirà: Amen Amen! E il sacerdote scriverà queste imprecazioni su un documento e le cancellerà con l’acqua di amarezza. Farà bere alla donna quell’acqua di amarezza che porta mal edizione e l’acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrre amarezza. Il sacerdote pren derà dalle mani della donna l’oblazione di gelosia presenterà l’oblazione con il rito di elevazione davanti al Signore e l’accosterà all’altare. Il sacerdote prenderà una manciata di quell’oblazione come suo memoriale e la farà bruciare sull’altare; poi farà bere l’acqua alla donna. Quando le a vrà fatto bere l’acqua se lei si è contaminata e ha commesso un’infedeltà contro suo marito l’ac qua che porta maledizione entrerà in lei per produrre amarezza; il ventre le si gonfierà e i suoi fi anchi avvizziranno e quella donna diventerà un oggetto d’imprecazione all’interno del suo popo lo. Ma se la donna non si è resa impura ed è quindi pura sarà dimostrata innocente e sarà fecon da. Questa è la legge della gelosia nel caso in cui una donna si sia traviata con un altro mentre a ppartiene al marito e si sia resa impura e nel caso in cui uno spirito di gelosia si impadronisca de l marito e questi sia divenuto geloso della moglie; egli farà comparire sua moglie davanti al Sign ore e il sacerdote le applicherà questa legge integralmente. Il marito sarà immune da colpa ma l a donna porterà la propria colpa”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo l oro: “Quando un uomo o una donna farà un voto speciale il voto di nazireato per consacrarsi al Signore si asterrà dal vino e dalle bevande inebrianti non berrà aceto di vino né aceto di bevand a inebriante non berrà liquori tratti dall’uva e non mangerà uva né fresca né secca. Per tutto il t empo del suo nazireato non mangerà alcun prodotto della vite dai chicchi acerbi alle vinacce. Pe r tutto il tempo del suo voto di nazireato il rasoio non passerà sul suo capo; finché non siano co mpiuti i giorni per i quali si è votato al Signore sarà sacro: lascerà crescere liberamente la capigli atura del suo capo. Per tutto il tempo in cui rimane votato al Signore non si avvicinerà a un cada vere; si trattasse anche di suo padre di sua madre di suo fratello e di sua sorella non si renderà i mpuro per loro alla loro morte perché porta sul capo il segno della sua consacrazione a Dio. Per tutto il tempo del suo nazireato egli è sacro al Signore. Se qualcuno gli muore accanto all’impro vviso e rende impuro il suo capo consacrato nel giorno della sua purificazione si raderà il capo: s e lo raderà il settimo giorno; l’ottavo giorno porterà due tortore o due piccoli di colomba al sace
rdote, all’ingresso della tenda del convegno. Il sacerdote ne offrirà uno in sacrificio per il peccat o e l’altro in olocausto e compirà il rito espiatorio per lui per il peccato in cui è incorso a causa d i quel morto. In quel giorno stesso il nazireo consacrerà così il suo capo. Consacrerà di nuovo al Signore i giorni del suo nazireato e offrirà un agnello dell’anno come sacrificio per il peccato; i gi orni precedenti decadranno perché il suo nazireato è stato reso impuro. Questa è la legge per il nazireo: quando i giorni del suo nazireato saranno compiuti, lo si farà venire all’ingresso della te nda del convegno; egli presenterà l’offerta al Signore: un agnello dell’anno senza difetto per l’ol ocausto; una pecora dell’anno senza difetto per il sacrificio per il peccato; un ariete senza difett o come sacrificio di comunione; un canestro di pani azzimi di fior di farina di focacce impastate con olio di schiacciate senza lievito unte d’olio insieme con la loro oblazione e le loro libagioni. Il sacerdote le offrirà davanti al Signore e compirà il suo sacrificio per il peccato e il suo olocausto
; offrirà l’ariete come sacrificio di comunione al Signore oltre al canestro degli azzimi. Il sacerdot e offrirà anche l’oblazione e la sua libagione. Il nazireo raderà all’ingresso della tenda del conve gno il suo capo consacrato prenderà la capigliatura del suo capo consacrato e la metterà sul fuo co che è sotto il sacrificio di comunione. Il sacerdote prenderà la spalla dell’ariete, quando sarà cotta una focaccia non lievitata dal canestro e una schiacciata azzima e le porrà nelle mani del n azireo dopo che questi avrà rasato la capigliatura consacrata. Il sacerdote le presenterà con il rit o di elevazione davanti al Signore; è cosa santa che appartiene al sacerdote insieme con il petto della vittima offerta con il rito di elevazione e la coscia della vittima offerta come tributo. Dopo i l nazireo potrà bere vino. Questa è la legge per il nazireo che ha promesso la sua offerta al Signo re per il suo nazireato oltre quello che è in grado di fare in più secondo il voto che avrà emesso.
Così egli farà quanto alla legge del suo nazireato”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Ar onne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore e ti c ustodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te i l suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò». Nel gior no in cui Mosè ebbe finito di erigere la Dimora e l’ebbe unta e consacrata con tutti i suoi arredi quando ebbe eretto l’altare e tutti i suoi arredi e li ebbe unti e consacrati i prìncipi di Israele cap i dei loro casati paterni quelli che erano i prìncipi delle tribù e che avevano presieduto al censim ento presentarono un’offerta. Portarono la loro offerta davanti al Signore: sei carri coperti e do dici capi di bestiame grosso cioè un carro ogni due prìncipi e un bue ciascuno e li offrirono dava nti alla Dimora. Il Signore disse a Mosè: «Prendili da loro per impiegarli al servizio della tenda de l convegno e assegnali ai leviti; a ciascuno secondo il suo servizio». Mosè prese dunque i carri e i buoi e li diede ai leviti. Diede due carri e quattro buoi ai figli di Gherson secondo il loro servizio; diede quattro carri e otto buoi ai figli di Merarì secondo il loro servizio sotto la sorveglianza di It amàr figlio del sacerdote Aronne. Ma ai figli di Keat non ne diede perché a loro incombeva il ser vizio del santuario e dovevano trasportarlo sulle spalle. I prìncipi presentarono l’offerta per la d edicazione dell’altare il giorno in cui esso fu unto; i prìncipi presentarono la loro offerta di front e all’altare. Il Signore disse a Mosè: «Offriranno la loro offerta per la dedicazione dell’altare un
principe al giorno». Presentò l’offerta il primo giorno Nacson figlio di Amminadàb della tribù di Giuda; la sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio p er l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto, un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione d ue bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Nacson, figlio di Amminadàb. Il secondo giorno Netanèl figlio di Suar principe di ìssacar fece l’offerta. Offrì un pi atto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al sicl o del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’o ro di dieci sicli piena d’incenso un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto, un c apro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinqu e capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Netanèl figlio di Suar. Il terzo giorno fu Eliàb figlio di Chelon principe dei figli di Zàbulon. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di cen totrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pie ni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incens o, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il pec cato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un an no. Tale fu l’offerta di Eliàb figlio di Chelon. Il quarto giorno fu Elisù r figlio di Sedeù r principe de i figli di Ruben. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’ar gento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata c on olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un a gnello di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di com unione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Elisù r figlio di Sedeù r. Il quinto giorno fu Selumièl figlio di Surisaddài principe dei figli di Simeone. La s ua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta si cli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazi one una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso un giovenco un ariete un agnello di un anno p er l’olocausto, un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Selumièl figlio di Surisadd ài. Il sesto giorno fu Eliasàf figlio di Deuèl principe dei figli di Gad. La sua offerta fu un piatto d’ar gento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del san tuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di die ci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri ci nque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Eliasàf figlio di Deuèl. Il settimo giorno fu Elisamà figl io di Ammiù d principe dei figli di èfraim. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centot renta sicli un vassoio d’argento del peso di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e du e pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’in
censo un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto, un capro per il sacrificio per i l peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di u n anno. Tale fu l’offerta di Elisamà figlio di Ammiù d. L’ottavo giorno fu Gamlièl figlio di Pedasù r principe dei figli di Manasse. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli u n vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di fari na impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto, un capro per il sacrificio per il peccato e per il sa crificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’off erta di Gamlièl figlio di Pedasù r. Il nono giorno fu Abidàn figlio di Ghideonì principe dei figli di B
eniamino. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argent o di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con o lio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un agnell o di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunio ne due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Abidàn figli o di Ghideonì. Il decimo giorno fu Achièzer figlio di Ammisaddài principe dei figli di Dan. La sua o fferta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli c onformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’
olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinq ue arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Achièzer figlio di Ammisaddài
. L’undicesimo giorno fu Paghièl figlio di Ocran principe dei figli di Aser. La sua offerta fu un piatt o d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo d el santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto un cap ro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque c apri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Paghièl figlio di Ocran. Il dodicesimo giorno fu Achirà figlio di Enan principe dei figli di Nèftali. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’inc enso, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Achirà figlio di Enan. Questi furono i doni per la dedicazione dell’altare da parte dei capi d’Israele, il giorno in cui esso fu unto: dodici piatti d’argento dodici vassoi d’ar gento dodici coppe d’oro; ogni piatto d’argento era di centotrenta sicli e ogni vassoio di settant a. Totale dell’argento dei vasi: duemilaquattrocento sicli conformi al siclo del santuario; dodici c oppe d’oro piene d’incenso a dieci sicli per coppa conformi al siclo del santuario. Totale dell’oro delle coppe: centoventi sicli. Totale del bestiame per l’olocausto: dodici giovenchi dodici arieti dodici agnelli di un anno con la loro oblazione e dodici capri per il sacrificio per il peccato. Total
e del bestiame per il sacrificio di comunione: ventiquattro giovenchi sessanta arieti sessanta cap ri sessanta agnelli di un anno. Questa fu la dedicazione dell’altare dopo che esso fu unto. Quand o Mosè entrava nella tenda del convegno per parlare con il Signore udiva la voce che gli parlava dall’alto del propiziatorio che è sopra l’arca della Testimonianza fra i due cherubini. Ed egli parla va a lui. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne dicendogli: “Quando collocherai le la mpade le sette lampade dovranno far luce verso la parte anteriore del candelabro”». Aronne fe ce così: collocò le lampade in modo che facessero luce verso la parte anteriore del candelabro c ome il Signore aveva ordinato a Mosè. E questa era la struttura del candelabro: era d’oro lavora to a martello dal suo fusto alle sue corolle era un solo lavoro a martello. Mosè aveva fatto il can delabro secondo la visione che il Signore gli aveva mostrato. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Pr endi i leviti tra gli Israeliti e purificali. Per purificarli farai così: li aspergerai con l’acqua lustrale; f aranno passare il rasoio su tutto il loro corpo laveranno le loro vesti e si purificheranno. Poi pre nderanno un giovenco e la sua oblazione di fior di farina impastata con olio e tu prenderai un se condo giovenco per il sacrificio per il peccato. Farai avvicinare i leviti dinanzi alla tenda del conv egno e convocherai tutta la comunità degli Israeliti. Farai avvicinare i leviti davanti al Signore e g li Israeliti porranno le mani sui leviti; Aronne presenterà i leviti con il rito di elevazione davanti a l Signore da parte degli Israeliti ed essi svolgeranno il servizio del Signore. Poi i leviti porranno le mani sulla testa dei giovenchi e tu ne offrirai uno in sacrificio per il peccato e l’altro in olocaust o al Signore per compiere il rito espiatorio per i leviti. Farai stare i leviti davanti ad Aronne e dav anti ai suoi figli e li presenterai con il rito di elevazione in onore del Signore. Così separerai i levit i dagli Israeliti e i leviti saranno miei. Dopo di che quando li avrai purificati e presentati con il rit o di elevazione i leviti entreranno in servizio nella tenda del convegno. Essi infatti sono doni dati a me tra gli Israeliti io li ho presi per me al posto di quanti nascono per primi dalla madre al pos to di ogni primogenito di tutti gli Israeliti. Poiché mio è ogni primogenito fra gli Israeliti sia degli uomini sia del bestiame: io me li sono consacrati il giorno in cui percossi tutti i primogeniti in ter ra d’Egitto. Ho scelto i leviti al posto di ogni primogenito fra gli Israeliti. Ho dato i leviti in dono a d Aronne e ai suoi figli tra gli Israeliti perché svolgano il servizio degli Israeliti nella tenda del con vegno e perché compiano il rito espiatorio per gli Israeliti e non vi sia flagello per gli Israeliti qua ndo gli Israeliti si accosteranno al santuario». Così fecero Mosè Aronne e tutta la comunità degli Israeliti per i leviti; gli Israeliti fecero per i leviti quanto il Signore aveva ordinato a Mosè a loro r iguardo. I leviti si purificarono e lavarono le loro vesti. Aronne li presentò con il rito di elevazion e davanti al Signore e compì il rito espiatorio per loro per purificarli. Dopo questo i leviti entraro no in servizio nella tenda del convegno alla presenza di Aronne e dei suoi figli. Come il Signore a veva ordinato a Mosè riguardo ai leviti così fecero per loro. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Qu esto riguarda i leviti: da venticinque anni in su il levita entrerà a far parte della schiera al servizi o della tenda del convegno e a cinquant’anni si ritirerà dalla schiera del suo servizio: non preste rà più servizio. Assisterà i suoi fratelli nella tenda del convegno sorvegliando ciò che è affidato al la loro custodia ma non presterà servizio. Così farai per i leviti per quel che riguarda il loro incari
co». Il Signore parlò a Mosè nel deserto del Sinai il secondo anno dalla loro uscita dalla terra d’E
gitto nel primo mese e disse: «Gli Israeliti celebreranno la Pasqua nel tempo stabilito. La celebre rete nel tempo stabilito il giorno quattordici di questo mese tra le due sere; la celebrerete seco ndo tutte le leggi e secondo tutte le prescrizioni». Mosè parlò agli Israeliti perché celebrassero l a Pasqua. Essi celebrarono la Pasqua il giorno quattordici del primo mese tra le due sere nel des erto del Sinai. Secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè così fecero gli Israeliti. Ma vi er ano degli uomini che erano impuri a causa del cadavere di un uomo e non potevano celebrare l a Pasqua in quel giorno. Si presentarono in quello stesso giorno davanti a Mosè e davanti ad Ar onne; quegli uomini gli dissero: «Noi siamo impuri per il cadavere di un uomo: perché ci dev’ess ere impedito di presentare l’offerta del Signore al tempo stabilito in mezzo agli Israeliti?». Mosè rispose loro: «Aspettate e sentirò quello che il Signore ordinerà a vostro riguardo». Il Signore p arlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Chiunque di voi o dei vostri discendenti si a impuro per il contatto con un cadavere o sia lontano in viaggio potrà celebrare la Pasqua in on ore del Signore. La celebreranno nel secondo mese il giorno quattordici tra le due sere; la mang eranno con pane azzimo e con erbe amare. Non ne serberanno alcun resto fino al mattino e no n ne spezzeranno alcun osso. La celebreranno seguendo fedelmente la legge della Pasqua. Però l’uomo che sia puro e non sia in viaggio ma ometta di fare la Pasqua, quella persona sarà elimin ata dal suo popolo perché non ha presentato l’offerta al Signore nel tempo stabilito: quell’uom o porterà il suo peccato. Se uno straniero che dimora tra voi celebrerà la Pasqua per il Signore l o farà secondo la legge della Pasqua e secondo quanto è stabilito per essa. Vi sarà un’unica legg e per voi per lo straniero e per il nativo della terra”». Nel giorno in cui la Dimora fu eretta la nub e coprì la Dimora dalla parte della tenda della Testimonianza; alla sera ci fu sulla Dimora come u n’apparizione di fuoco fino alla mattina. Così avveniva sempre: la nube la copriva e di notte ave va l’aspetto del fuoco. Tutte le volte che la nube si alzava sopra la tenda subito gli Israeliti si met tevano in cammino e nel luogo dove la nube si posava là gli Israeliti si accampavano. Sull’ordine del Signore gli Israeliti si mettevano in cammino e sull’ordine del Signore si accampavano. Tutti i giorni in cui la nube restava sulla Dimora essi rimanevano accampati. Quando la nube rimaneva per molti giorni sulla Dimora gli Israeliti osservavano la prescrizione del Signore e non partivano
. Avveniva che la nube rimanesse pochi giorni sulla Dimora: essi all’ordine del Signore rimaneva no accampati e all’ordine del Signore levavano le tende. E avveniva che se la nube si fermava da lla sera alla mattina e si alzava la mattina subito riprendevano il cammino; o se dopo un giorno e una notte la nube si alzava allora levavano le tende. O se la nube rimaneva ferma sulla Dimora due giorni o un mese o un anno gli Israeliti rimanevano accampati e non partivano; ma quando si alzava levavano le tende. All’ordine del Signore si accampavano e all’ordine del Signore levav ano le tende, e osservavano le prescrizioni del Signore secondo l’ordine dato dal Signore per me zzo di Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Fatti due trombe d’argento; le farai d’argento lav orato a martello e ti serviranno per convocare la comunità e per far muovere gli accampamenti.
Quando si suonerà con esse tutta la comunità si radunerà presso di te all’ingresso della tenda d
el convegno. Al suono di una tromba sola si raduneranno presso di te i prìncipi capi delle migliai a d’Israele. Quando le suonerete a squillo disteso gli accampamenti che sono a levante si mette ranno in cammino. Quando le suonerete a squillo disteso una seconda volta si metteranno in ca mmino gli accampamenti posti a mezzogiorno. A squillo disteso si suonerà per i loro spostamen ti. Per radunare l’assemblea suonerete ma non con squillo disteso. I sacerdoti figli di Aronne su oneranno le trombe; sarà per voi un rito perenne di generazione in generazione. Quando nella v ostra terra entrerete in guerra contro l’avversario che vi attaccherà suonerete le trombe a squill o disteso e sarete ricordati davanti al Signore vostro Dio e sarete salvati dai vostri nemici. Nel vo stro giorno di gioia nelle vostre solennità e al principio dei vostri mesi, suonerete le trombe dur ante i vostri olocausti e i vostri sacrifici di comunione. Esse saranno per voi un richiamo davanti al vostro Dio. Io sono il Signore vostro Dio». Il secondo anno il secondo mese il venti del mese la nube si alzò da sopra la Dimora della Testimonianza. Gli Israeliti si mossero secondo il loro ordi ne di spostamento, dal deserto del Sinai. La nube si fermò nel deserto di Paran. Così si misero in cammino la prima volta secondo l’ordine del Signore dato per mezzo di Mosè. Per prima si mos se l’insegna dell’accampamento dei figli di Giuda suddivisi secondo le loro schiere. Nacson figlio di Amminadàb comandava la schiera di Giuda. Netanèl figlio di Suar comandava la schiera della tribù dei figli di ìssacar. Eliàb figlio di Chelon comandava la schiera della tribù dei figli di Zàbulon
. La Dimora fu smontata e si mossero i figli di Gherson e i figli di Merarì portatori della Dimora. P
oi si mosse l’insegna dell’accampamento di Ruben secondo le sue schiere. Elisù r figlio di Sedeù r comandava la schiera di Ruben. Selumièl, figlio di Surisaddài comandava la schiera della tribù dei figli di Simeone. Eliasàf figlio di Deuèl comandava la schiera della tribù dei figli di Gad. Poi si mossero i Keatiti portatori del santuario; la Dimora veniva eretta al loro arrivo. Poi si mosse l’ins egna dell’accampamento dei figli di èfraim suddivisi secondo le sue schiere. Elisamà figlio di Am miù d comandava la schiera di èfraim. Gamlièl figlio di Pedasù r comandava la schiera della tribù dei figli di Manasse. Abidàn figlio di Ghideonì comandava la schiera della tribù dei figli di Benia mino. Poi si mosse l’insegna dell’accampamento dei figli di Dan retroguardia di tutti gli accampa menti suddivisi secondo le loro schiere. Achièzer figlio di Ammisaddài comandava la schiera di D
an. Paghièl figlio di Ocran comandava la schiera della tribù dei figli di Aser e Achirà figlio di Enan comandava la schiera della tribù dei figli di Nèftali. Questo era l’ordine degli spostamenti degli I sraeliti secondo le loro schiere quando levarono le tende. Mosè disse a Obab figlio di Reuèl il M
adianita suocero di Mosè: «Noi stiamo per partire verso il luogo del quale il Signore ha detto: “L
o darò a voi in possesso”. Vieni con noi e ti faremo del bene perché il Signore ha promesso del b ene a Israele». Ma egli replicò: «Io non verrò anzi tornerò alla mia terra e alla mia parentela».
Mosè rispose: «Non ci abbandonare ti prego poiché tu conosci i luoghi dove accamparci nel des erto e sarai per noi come gli occhi. Se vieni con noi tutto il bene che il Signore farà a noi noi lo fa remo a te». Così partirono dal monte del Signore e fecero tre giornate di cammino; l’arca dell’all eanza del Signore si muoveva davanti a loro durante le tre giornate di cammino per cercare loro un luogo di sosta. La nube del Signore era sopra di loro durante il giorno quando partivano dall’

accampamento. Quando l’arca partiva Mosè diceva: «Sorgi Signore, e siano dispersi i tuoi nemic i e fuggano davanti a te coloro che ti odiano». Quando sostava diceva: «Torna Signore, alle miri adi di migliaia d’Israele». Ora il popolo cominciò a lamentarsi aspramente agli orecchi del Signor e. Li udì il Signore e la sua ira si accese: il fuoco del Signore divampò in mezzo a loro e divorò un’
estremità dell’accampamento. Il popolo gridò a Mosè Mosè pregò il Signore e il fuoco si spense.
Quel luogo fu chiamato Taberà perché il fuoco del Signore era divampato fra loro. La gente racc ogliticcia in mezzo a loro fu presa da grande bramosia e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratu itamente dei cetrioli dei cocomeri dei porri delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce
; non c’è più nulla i nostri occhi non vedono altro che questa manna». La manna era come il se me di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. Il popolo andava attorno a raccoglierla poi la riduceva in farina con la macina o la pestava nel mortaio la faceva cuocere nelle pentole o ne faceva focacce; aveva il sapore di pasta con l’olio. Quando di notte cadeva la rugiada sull’acc ampamento cadeva anche la manna. Mosè udì il popolo che piangeva in tutte le famiglie ognun o all’ingresso della propria tenda; l’ira del Signore si accese e la cosa dispiacque agli occhi di Mo sè. Mosè disse al Signore: «Perché hai fatto del male al tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi al punto di impormi il peso di tutto questo popolo? L’ho forse concepito io tutto qu esto popolo? O l’ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: “Portalo in grembo” come la nu trice porta il lattante fino al suolo che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? Da dove pr enderò la carne da dare a tutto questo popolo? Essi infatti si lamentano dietro a me dicendo: “
Dacci da mangiare carne!”. Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo; è tropp o pesante per me. Se mi devi trattare così fammi morire piuttosto fammi morire se ho trovato g razia ai tuoi occhi; che io non veda più la mia sventura!». Il Signore disse a Mosè: «Radunami se ttanta uomini tra gli anziani d’Israele conosciuti da te come anziani del popolo e come loro scrib i conducili alla tenda del convegno; vi si presentino con te. Io scenderò e lì parlerò con te; toglie rò dello spirito che è su di te e lo porrò su di loro e porteranno insieme a te il carico del popolo e tu non lo porterai più da solo. Dirai al popolo: “Santificatevi per domani e mangerete carne pe rché avete pianto agli orecchi del Signore dicendo: Chi ci darà da mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. Ne mangerete non per un gi orno non per due giorni non per cinque giorni non per dieci giorni non per venti giorni, ma per u n mese intero finché vi esca dalle narici e vi venga a nausea perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui dicendo: Perché siamo usciti dall’Egitto?”». Mosè d isse: «Questo popolo in mezzo al quale mi trovo conta seicentomila adulti e tu dici: “Io darò lor o la carne e ne mangeranno per un mese intero!”. Si sgozzeranno per loro greggi e armenti in m odo che ne abbiano abbastanza? O si raduneranno per loro tutti i pesci del mare in modo che n e abbiano abbastanza?». Il Signore rispose a Mosè: «Il braccio del Signore è forse raccorciato? O
ra vedrai se ti accadrà o no quello che ti ho detto». Mosè dunque uscì e riferì al popolo le parole del Signore; radunò settanta uomini tra gli anziani del popolo e li fece stare intorno alla tenda.

Allora il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose so pra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro quelli profetizzarono ma n on lo fecero più in seguito. Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento uno chiamato Elda d e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti ma non erano usciti per and are alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento. Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento». Giosuè figlio di Nun servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza prese la parola e disse: «Mosè mio signore impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Si gnore porre su di loro il suo spirito!». E Mosè si ritirò nell’accampamento insieme con gli anziani d’Israele. Un vento si alzò per volere del Signore e portò quaglie dal mare e le fece cadere sull’a ccampamento per la lunghezza di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di ca mmino dall’altro intorno all’accampamento e a un’altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. Il popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quagl ie. Chi ne raccolse meno ne ebbe dieci homer; le distesero per loro intorno all’accampamento. L
a carne era ancora fra i loro denti e non era ancora stata masticata quando l’ira del Signore si ac cese contro il popolo e il Signore percosse il popolo con una gravissima piaga. Quel luogo fu chi amato Kibrot-Taavà perché là seppellirono il popolo che si era abbandonato all’ingordigia. Da Kibrot-Taavà il popolo partì per Caseròt e a Caseròt fece sosta. Maria e Aronne parlarono contro Mosè a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti aveva sposato una donna etiope. Dissero: «Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro?
». Il Signore udì. Ora Mosè era un uomo assai umile più di qualunque altro sulla faccia della terr a. Il Signore disse a un tratto a Mosè ad Aronne e a Maria: «Uscite tutti e tre verso la tenda del c onvegno». Uscirono tutti e tre. Il Signore scese in una colonna di nube si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti. Il Signore disse: «Ascoltate le mie parole
! Se ci sarà un vostro profeta, io il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui. N
on così per il mio servo Mosè: egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa. Bocca a bocca parlo c on lui, in visione e non per enigmi, ed egli contempla l’immagine del Signore. Perché non avete temuto di parlare contro il mio servo contro Mosè?». L’ira del Signore si accese contro di loro e d egli se ne andò. La nube si ritirò di sopra alla tenda ed ecco: Maria era lebbrosa bianca come l a neve. Aronne si volse verso Maria ed ecco: era lebbrosa. Aronne disse a Mosè: «Ti prego mio s ignore non addossarci il peccato che abbiamo stoltamente commesso! Ella non sia come il bam bino nato morto la cui carne è già mezza consumata quando esce dal seno della madre». Mosè gridò al Signore dicendo: «Dio ti prego guariscila!». Il Signore disse a Mosè: «Se suo padre le ave sse sputato in viso non ne porterebbe lei vergogna per sette giorni? Stia dunque isolata fuori de ll’accampamento sette giorni; poi vi sarà riammessa». Maria dunque rimase isolata fuori dell’ac campamento sette giorni; il popolo non riprese il cammino finché Maria non fu riammessa. Poi i l popolo partì da Caseròt e si accampò nel deserto di Paran. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ma
nda uomini a esplorare la terra di Canaan che sto per dare agli Israeliti. Manderete un uomo per ogni tribù dei suoi padri: tutti siano prìncipi fra loro». Mosè li mandò dal deserto di Paran secon do il comando del Signore; quegli uomini erano tutti capi degli Israeliti. Questi erano i loro nomi
: per la tribù di Ruben Sammù a figlio di Zaccur; per la tribù di Simeone Safat figlio di Orì per la t ribù di Giuda Caleb figlio di Iefunnè per la tribù di ìssacar, Igal figlio di Giuseppe; per la tribù di è fraim Osea figlio di Nun; per la tribù di Beniamino Paltì figlio di Rafu; per la tribù di Zàbulon Gad dièl figlio di Sodì per la tribù di Giuseppe cioè per la tribù di Manasse Gaddì figlio di Susì per la tr ibù di Dan Ammièl figlio di Ghemallì per la tribù di Aser, Setur figlio di Michele; per la tribù di Nè ftali Nacbì figlio di Vofsì per la tribù di Gad Gheuèl figlio di Machì. Questi sono i nomi degli uomi ni che Mosè mandò a esplorare la terra. Mosè diede a Osea figlio di Nun il nome di Giosuè. Mos è dunque li mandò a esplorare la terra di Canaan e disse loro: «Salite attraverso il Negheb; poi s alirete alla regione montana e osserverete che terra sia che popolo l’abiti se forte o debole se sc arso o numeroso; come sia la regione che esso abita se buona o cattiva e come siano le città do ve abita se siano accampamenti o luoghi fortificati; come sia il terreno se grasso o magro se vi si ano alberi o no. Siate coraggiosi e prendete dei frutti del luogo». Erano i giorni delle primizie del l’uva. Salirono dunque ed esplorarono la terra dal deserto di Sin fino a Recob all’ingresso di Cam at. Salirono attraverso il Negheb e arrivarono fino a Ebron dove erano Achimàn, Sesài e Talmài discendenti di Anak. Ebron era stata edificata sette anni prima di Tanis d’Egitto. Giunsero fino al la valle di Escol e là tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva che portarono in due con una st anga e presero anche melagrane e fichi. Quel luogo fu chiamato valle di Escol a causa del grapp olo d’uva che gli Israeliti vi avevano tagliato. Al termine di quaranta giorni tornarono dall’esplor azione della terra e andarono da Mosè e Aronne e da tutta la comunità degli Israeliti nel desert o di Paran verso Kades; riferirono ogni cosa a loro e a tutta la comunità e mostrarono loro i frutt i della terra. Raccontarono: «Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti. Ma il popolo che abita quella terra è potente le città sono fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Ittiti i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano pr esso il mare e lungo la riva del Giordano». Caleb fece tacere il popolo davanti a Mosè e disse: «
Dobbiamo salire e conquistarla perché certo vi riusciremo». Ma gli uomini che vi erano andati c on lui dissero: «Non riusciremo ad andare contro questo popolo perché è più forte di noi». E dif fusero tra gli Israeliti il discredito sulla terra che avevano esplorato dicendo: «La terra che abbia mo attraversato per esplorarla è una terra che divora i suoi abitanti; tutto il popolo che vi abbia mo visto è gente di alta statura. Vi abbiamo visto i giganti discendenti di Anak della razza dei gig anti di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro». All ora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; quella notte il popolo pianse. Tutti gli Isr aeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: «Fossimo mort i in terra d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci fa entrare in questa t erra per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio
per noi tornare in Egitto?». Si dissero l’un l’altro: «Su diamoci un capo e torniamo in Egitto». All ora Mosè e Aronne si prostrarono con la faccia a terra dinanzi a tutta l’assemblea della comunit à degli Israeliti. Giosuè figlio di Nun e Caleb figlio di Iefunnè che erano stati tra gli esploratori de lla terra si stracciarono le vesti e dissero a tutta la comunità degli Israeliti: «La terra che abbiam o attraversato per esplorarla è una terra molto molto buona. Se il Signore ci sarà favorevole, ci i ntrodurrà in quella terra e ce la darà: è una terra dove scorrono latte e miele. Soltanto non vi ri bellate al Signore e non abbiate paura del popolo della terra, perché ne faremo un boccone; la l oro difesa li ha abbandonati mentre il Signore è con noi. Non ne abbiate paura». Allora tutta la c omunità parlò di lapidarli; ma la gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Is raeliti. Il Signore disse a Mosè: «Fino a quando mi tratterà senza rispetto questo popolo? E fino a quando non crederanno in me dopo tutti i segni che ho compiuto in mezzo a loro? Io lo colpir ò con la peste e lo escluderò dall’eredità ma farò di te una nazione più grande e più potente di l ui». Mosè disse al Signore: «Gli Egiziani hanno saputo che tu hai fatto uscire di là questo popolo con la tua potenza e lo hanno detto agli abitanti di questa terra. Essi hanno udito che tu Signor e sei in mezzo a questo popolo che tu Signore ti mostri loro faccia a faccia, che la tua nube si fer ma sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nube e di notte in una colonna di fuoco. Ora se fai perire questo popolo come un solo uomo le nazioni che hanno udit o la tua fama diranno: “Siccome il Signore non riusciva a condurre questo popolo nella terra che aveva giurato di dargli li ha massacrati nel deserto”. Ora si mostri grande la potenza del mio Sig nore secondo quello che hai detto: “Il Signore è lento all’ira e grande nell’amore perdona la col pa e la ribellione ma non lascia senza punizione; castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione”. Perdona ti prego la colpa di questo popolo secondo la grandezza del tuo amore così come hai perdonato a questo popolo dall’Egitto fin qui». Il Signore disse: «Io pe rdono come tu hai chiesto; ma come è vero che io vivo e che la gloria del Signore riempirà tutta la terra tutti gli uomini che hanno visto la mia gloria e i segni compiuti da me in Egitto e nel dese rto e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno dato ascolto alla mia voce c erto non vedranno la terra che ho giurato di dare ai loro padri e tutti quelli che mi trattano senz a rispetto non la vedranno. Ma il mio servo Caleb che è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito fedelmente io lo introdurrò nella terra dove già è stato; la sua stirpe la possederà. Gli A maleciti e i Cananei abitano nella valle; domani incamminatevi e tornate indietro verso il desert o in direzione del Mar Rosso». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Fino a quando sopp orterò questa comunità malvagia che mormora contro di me? Ho udito le mormorazioni degli Is raeliti contro di me. Riferisci loro: “Come è vero che io vivo oracolo del Signore così come avete parlato alle mie orecchie io farò a voi! I vostri cadaveri cadranno in questo deserto. Nessun cens ito tra voi di quanti siete stati registrati dai venti anni in su e avete mormorato contro di me pot rà entrare nella terra nella quale ho giurato a mano alzata di farvi abitare a eccezione di Caleb fi glio di Iefunnè e di Giosuè figlio di Nun. Proprio i vostri bambini dei quali avete detto che sarebb ero diventati una preda di guerra, quelli ve li farò entrare; essi conosceranno la terra che voi av
ete rifiutato. Quanto a voi i vostri cadaveri cadranno in questo deserto. I vostri figli saranno no madi nel deserto per quarant’anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà finché i vostri cad averi siano tutti quanti nel deserto. Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplor are la terra quaranta giorni per ogni giorno un anno porterete le vostre colpe per quarant’anni e saprete che cosa comporta ribellarsi a me”. Io il Signore ho parlato. Così agirò con tutta quest a comunità malvagia con coloro che si sono coalizzati contro di me: in questo deserto saranno a nnientati e qui moriranno». Gli uomini che Mosè aveva mandato a esplorare la terra e che torn ati avevano fatto mormorare tutta la comunità contro di lui diffondendo il discredito sulla terra, quegli uomini che avevano propagato cattive voci su quella terra morirono per un flagello, dava nti al Signore. Di quegli uomini che erano andati a esplorare la terra sopravvissero Giosuè figlio di Nun e Caleb figlio di Iefunnè. Mosè riferì quelle parole a tutti gli Israeliti e il popolo ne fu molt o afflitto. Si alzarono di buon mattino per salire sulla cima del monte dicendo: «Eccoci pronti a s alire verso il luogo a proposito del quale il Signore ha detto che noi abbiamo peccato». Ma Mos è disse: «Perché trasgredite l’ordine del Signore? La cosa non vi riuscirà. Non salite perché il Sig nore non è in mezzo a voi; altrimenti sarete sconfitti dai vostri nemici! Infatti di fronte a voi stan no gli Amaleciti e i Cananei e voi cadrete di spada perché avete abbandonato il Signore e il Sign ore non sarà con voi». Si ostinarono a salire verso la cima del monte ma l’arca dell’alleanza del S
ignore e Mosè non si mossero dall’accampamento. Allora gli Amaleciti e i Cananei che abitavan o su quel monte discesero e li percossero e li fecero a pezzi fino a Corma. Il Signore parlò a Mos è e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Quando sarete entrati nella terra che dovrete abitar e e che io sto per darvi, e offrirete al Signore un sacrificio consumato dal fuoco olocausto o sacri ficio per soddisfare un voto o per un’offerta spontanea o nelle vostre solennità per offrire un pr ofumo gradito al Signore con il vostro bestiame grosso o minuto colui che presenterà l’offerta al Signore offrirà in oblazione un decimo di efa di fior di farina impastata con un quarto di hin di o lio e vino come libagione un quarto di hin: lo aggiungerai all’olocausto o al sacrificio per ogni ag nello. Se è per un ariete, offrirai in oblazione due decimi di efa di fior di farina impastata con un terzo di hin di olio, e vino in libagione un terzo di hin: l’offrirai come profumo gradito al Signore.
Se offri un giovenco in olocausto o in sacrificio per soddisfare un voto o in sacrificio di comunio ne al Signore oltre al giovenco si offrirà un’oblazione di tre decimi di efa di fior di farina impasta ta in mezzo hin di olio e offrirai vino in libagione un mezzo hin di vino; è un sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito al Signore. Così si farà per ogni giovenco per ogni ariete per ogni agn ello o capretto. Secondo il numero degli animali che immolerete farete così per ciascuna vittima
. Quanti sono nativi della terra faranno così per offrire un sacrificio consumato dal fuoco profu mo gradito al Signore. Se uno straniero che dimora da voi o chiunque abiterà in mezzo a voi di g enerazione in generazione offrirà un sacrificio consumato dal fuoco, profumo gradito al Signore farà come fate voi. Vi sarà una sola legge per l’assemblea sia per voi sia per lo straniero che dim ora in mezzo a voi una legge perenne di generazione in generazione; come siete voi così sarà lo straniero davanti al Signore. Ci sarà una stessa legge e una stessa regola per voi e per lo stranier
o che dimora presso di voi”». Il Signore parlò ancora a Mosè dicendo: «Parla agli Israeliti e di’ lo ro: “Quando entrerete nella terra in cui io vi conduco e mangerete il pane di quella terra ne prel everete un’offerta da presentare al Signore. Dalle primizie della vostra pasta preleverete una fo caccia come contributo: la preleverete come si preleva il contributo per l’aia. Delle primizie dell a vostra pasta darete al Signore un contributo di generazione in generazione. Se avrete mancat o per inavvertenza e non avrete osservato tutti questi comandi che il Signore ha dato a Mosè qu anto il Signore vi ha comandato per mezzo di Mosè dal giorno in cui il Signore vi ha dato coman di e in seguito di generazione in generazione se il peccato è stato commesso per inavvertenza d a parte della comunità senza che la comunità se ne sia accorta tutta la comunità offrirà un giove nco come olocausto di profumo gradito al Signore, con la sua oblazione e la sua libagione secon do la regola e un capro come sacrificio espiatorio. Il sacerdote compirà il rito espiatorio per tutt a la comunità degli Israeliti, e sarà loro perdonato; è un’inavvertenza ed essi hanno portato l’off erta il sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore e il loro sacrificio per il peccato davan ti al Signore per la loro inavvertenza. Sarà perdonato a tutta la comunità degli Israeliti e allo stra niero che dimora in mezzo a loro perché tutto il popolo ha peccato per inavvertenza. Se è una p ersona sola che ha peccato per inavvertenza offra una capra di un anno come sacrificio per il pe ccato. Il sacerdote compirà il rito espiatorio davanti al Signore per la persona che avrà peccato p er inavvertenza; quando avrà fatto l’espiazione per essa le sarà perdonato. Sia per un nativo del la terra tra gli Israeliti sia per uno straniero che dimora in mezzo a loro avrete un’unica legge pe r colui che pecca per inavvertenza. Ma la persona che agisce con deliberazione nativa della terr a o straniera insulta il Signore; essa sarà eliminata dal suo popolo. Poiché ha disprezzato la paro la del Signore e ha violato il suo comando quella persona dovrà essere assolutamente eliminata; la colpa è su di lei”». Mentre gli Israeliti erano nel deserto trovarono un uomo che raccoglieva l egna in giorno di sabato. Quelli che l’avevano trovato a raccogliere legna lo condussero a Mosè, ad Aronne e a tutta la comunità. Lo misero sotto sorveglianza perché non era stato ancora stab ilito che cosa gli si dovesse fare. Il Signore disse a Mosè: «Quell’uomo deve essere messo a mort e; tutta la comunità lo lapiderà fuori dell’accampamento». Tutta la comunità lo condusse fuori dell’accampamento e lo lapidò quello morì secondo il comando che il Signore aveva dato a Mos è. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro che si facciano di generazione in generazione una frangia ai lembi delle loro vesti e che mettano sulla frangia del lembo un co rdone di porpora viola. Avrete tali frange e quando le guarderete vi ricorderete di tutti i comand i del Signore e li eseguirete; non andrete vagando dietro il vostro cuore e i vostri occhi seguend o i quali vi prostituireste. Così vi ricorderete di tutti i miei comandi li metterete in pratica e saret e santi per il vostro Dio. Io sono il Signore vostro Dio che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto pe r essere il vostro Dio. Io sono il Signore vostro Dio». Ora Core figlio di Isar figlio di Keat figlio di L
evi con Datan e Abiràm figli di Eliàb e On figlio di Pelet figli di Ruben presero altra gente e insors ero contro Mosè con duecentocinquanta uomini tra gli Israeliti prìncipi della comunità membri del consiglio uomini stimati; si radunarono contro Mosè e contro Aronne e dissero loro: «Basta
con voi! Tutta la comunità tutti sono santi e il Signore è in mezzo a loro; perché dunque vi innalz ate sopra l’assemblea del Signore?». Quando Mosè ebbe udito questo si prostrò con la faccia a t erra; poi parlò a Core e a tutta la gente che era con lui dicendo: «Domani mattina il Signore farà conoscere chi è suo e chi è santo e se lo farà avvicinare: farà avvicinare a sé colui che egli avrà s celto. Fate questo: prendetevi gli incensieri tu Core e tutta la gente che è con te; domani vi mett erete il fuoco e porrete incenso davanti al Signore; colui che il Signore avrà scelto sarà santo. Ba sta con voi, figli di Levi!». Mosè disse poi a Core: «Ora ascoltate figli di Levi! è forse poco per voi che il Dio d’Israele vi abbia separato dalla comunità d’Israele facendovi avvicinare a sé per pres tare servizio nella Dimora del Signore e stare davanti alla comunità esercitando per essa il vostr o ministero? Egli ha fatto avvicinare a sé te e con te tutti i tuoi fratelli figli di Levi e ora voi prete ndete anche il sacerdozio? Per questo tu e tutta la gente che è con te siete convenuti contro il S
ignore! E chi è Aronne perché vi mettiate a mormorare contro di lui?». Mosè mandò a chiamare Datan e Abiràm figli di Eliàb; ma essi dissero: «Noi non verremo. è troppo poco per te l’averci fa tto salire da una terra dove scorrono latte e miele per farci morire nel deserto perché tu voglia elevarti anche sopra di noi ed erigerti a capo? Non ci hai affatto condotto in una terra dove scor rono latte e miele né ci hai dato in eredità campi e vigne! Credi tu di poter privare degli occhi qu esta gente? Noi non verremo». Allora Mosè si adirò molto e disse al Signore: «Non gradire la lor o oblazione; io non ho preso da costoro neppure un asino e non ho fatto torto ad alcuno di loro
». Mosè disse a Core: «Tu e tutta la tua gente trovatevi domani davanti al Signore: tu e loro con Aronne; ciascuno di voi prenda il suo incensiere vi metta l’incenso e porti ciascuno il suo incensi ere davanti al Signore: duecentocinquanta incensieri. Anche tu e Aronne avrete ciascuno il vostr o». Essi dunque presero ciascuno un incensiere vi misero il fuoco vi posero l’incenso e si fermar ono all’ingresso della tenda del convegno come pure Mosè e Aronne. Core convocò contro di lo ro tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno. E la gloria del Signore apparve a tutta la comunità. Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne dicendo: «Allontanatevi da questa comunità e io li consumerò in un istante». Essi si prostrarono con la faccia a terra e dissero: «Dio Dio degli s piriti di ogni essere vivente! Un uomo solo ha peccato e vorresti adirarti contro tutta la comunit à?». Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Parla alla comunità e órdinale: “Ritiratevi dalle vicinanze della dimora di Core Datan e Abiràm”». Mosè si alzò e andò verso Datan e Abiràm; gli anziani d’I sraele lo seguirono. Egli parlò alla comunità dicendo: «Allontanatevi dalle tende di questi uomin i malvagi e non toccate nulla di quanto loro appartiene, perché non periate a causa di tutti i loro peccati». Così quelli si ritirarono dal luogo dove stavano Core Datan e Abiràm. Datan e Abiràm uscirono e si fermarono all’ingresso delle loro tende con le mogli i figli e i bambini. Mosè disse:
«Da questo saprete che il Signore mi ha mandato per fare tutte queste opere e che io non ho ag ito di mia iniziativa. Se questa gente muore come muoiono tutti gli uomini se la loro sorte è la s orte comune a tutti gli uomini il Signore non mi ha mandato. Ma se il Signore opera un prodigio e se la terra spalanca la bocca e li ingoia con quanto appartiene loro di modo che essi scendano vivi agli inferi allora saprete che questi uomini hanno disprezzato il Signore». Come egli ebbe fin
ito di pronunciare tutte queste parole il suolo si squarciò sotto i loro piedi la terra spalancò la b occa e li inghiottì: essi e le loro famiglie con tutta la gente che apparteneva a Core e tutti i loro b eni. Scesero vivi agli inferi essi e quanto loro apparteneva; la terra li ricoprì ed essi scomparvero dall’assemblea. Tutto Israele che era attorno a loro fuggì alle loro grida perché dicevano: «La te rra non inghiottisca anche noi!». Un fuoco uscì dal Signore e divorò i duecentocinquanta uomini che offrivano l’incenso. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Di’ a Eleàzaro figlio del sacerdote Aron ne di estrarre gli incensieri dall’incendio e di disperdere lontano il fuoco perché essi sono sacri.
Degli incensieri di quegli uomini che hanno peccato a prezzo della loro vita si facciano lamine int recciate come rivestimento per l’altare, poiché sono stati offerti davanti al Signore e quindi son o sacri; saranno un segno per gli Israeliti». Il sacerdote Eleàzaro prese gli incensieri di bronzo ch e gli uomini arsi dal fuoco avevano offerto e furono ridotti in lamine per rivestirne l’altare, mem oriale per gli Israeliti perché nessun profano che non sia della discendenza di Aronne si accosti a bruciare incenso davanti al Signore e subisca così la sorte di Core e di quelli che erano con lui. E
leàzaro fece come il Signore gli aveva ordinato per mezzo di Mosè. L’indomani tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e Aronne dicendo: «Voi avete fatto morire il popolo del Sig nore». Mentre la comunità si radunava contro Mosè e contro Aronne gli Israeliti si volsero verso la tenda del convegno; ed ecco la nube la ricoprì e apparve la gloria del Signore. Mosè e Aronne vennero davanti alla tenda del convegno. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Allontanatevi da que sta comunità e io li consumerò in un istante». Ma essi si prostrarono con la faccia a terra. Mosè disse ad Aronne: «Prendi l’incensiere mettici il fuoco preso dall’altare ponici sopra l’incenso por talo in fretta in mezzo alla comunità e compi il rito espiatorio per loro; poiché l’ira del Signore è divampata il flagello è già cominciato». Aronne prese quel che Mosè aveva detto corse in mezzo all’assemblea; ecco il flagello era già cominciato in mezzo al popolo. Mise l’incenso nel braciere e compì il rito espiatorio per il popolo. Si fermò tra i morti e i vivi e il flagello si arrestò. Quelli c he morirono per il flagello furono quattordicimilasettecento oltre ai morti per il fatto di Core. Ar onne tornò da Mosè all’ingresso della tenda del convegno: il flagello si era arrestato. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti e prendi da loro dei bastoni uno per ogni loro casato pa terno: cioè dodici bastoni da parte di tutti i loro prìncipi secondo i loro casati paterni; scriverai il nome di ognuno sul suo bastone, scriverai il nome di Aronne sul bastone di Levi poiché ci sarà u n bastone per ogni capo dei loro casati paterni. Riporrai quei bastoni nella tenda del convegno d avanti alla Testimonianza dove io vi do convegno. L’uomo che io avrò scelto sarà quello il cui ba stone fiorirà e così farò cessare davanti a me le mormorazioni che gli Israeliti fanno contro di voi
». Mosè parlò agli Israeliti e tutti i loro prìncipi gli diedero un bastone: un bastone per ciascun p rincipe secondo i loro casati paterni cioè dodici bastoni; il bastone di Aronne era in mezzo ai lor o bastoni. Mosè ripose quei bastoni davanti al Signore nella tenda della Testimonianza. L’indom ani Mosè entrò nella tenda della Testimonianza ed ecco il bastone di Aronne per il casato di Levi era fiorito: aveva prodotto germogli aveva fatto sbocciare fiori e maturato mandorle. Allora Mo sè tolse tutti i bastoni dalla presenza del Signore e li portò a tutti gli Israeliti; essi li videro e pres
ero ciascuno il proprio bastone. Il Signore disse a Mosè: «Riporta il bastone di Aronne davanti al la Testimonianza perché sia conservato come un segno per i ribelli e si ponga fine alle loro mor morazioni contro di me ed essi non ne muoiano». Mosè fece come il Signore gli aveva comanda to. Gli Israeliti dissero a Mosè: «Ecco moriamo siamo perduti siamo tutti perduti! Chiunque si ac costa alla Dimora del Signore muore; dovremo morire tutti?». Il Signore disse ad Aronne: «Tu i t uoi figli e la casa di tuo padre con te porterete il peso delle colpe commesse nel santuario; tu e i tuoi figli con te porterete il peso delle colpe commesse nell’esercizio del vostro sacerdozio. Anc he i tuoi fratelli la tribù di Levi la tribù di tuo padre farai accostare a te perché si aggiungano a te e ti assistano quando tu e i tuoi figli con te sarete davanti alla tenda della Testimonianza. Essi st aranno al tuo servizio e al servizio di tutta la tenda; soltanto non si accosteranno agli arredi del santuario né all’altare perché non moriate né loro né voi. Essi si aggiungeranno a te e presteran no servizio alla tenda del convegno per tutto il servizio della tenda e nessun profano si accoster à a voi. Voi sarete addetti alla custodia del santuario e dell’altare e non vi sarà più ira contro gli I sraeliti. Quanto a me, ecco io ho preso i vostri fratelli i leviti tra gli Israeliti; dati al Signore essi s ono resi in dono a voi, per prestare servizio nella tenda del convegno. Tu e i tuoi figli con te eser citerete il vostro sacerdozio per tutto ciò che riguarda l’altare e ciò che è oltre il velo e presteret e il vostro servizio. Io vi do l’esercizio del sacerdozio come un dono. Il profano che si accosterà s arà messo a morte». Il Signore parlò ancora ad Aronne: «Ecco io ti do il diritto su tutto ciò che si preleva per me cioè su tutte le cose consacrate dagli Israeliti; le do a te e ai tuoi figli a motivo d ella tua unzione per legge perenne. Questo ti apparterrà fra le cose santissime fra le loro offerte destinate al fuoco: ogni oblazione ogni sacrificio per il peccato e ogni sacrificio di riparazione ch e mi presenteranno; sono tutte cose santissime che apparterranno a te e ai tuoi figli. Le manger ai in luogo santissimo; ne mangerà ogni maschio. Le tratterai come cose sante. Questo ancora ti apparterrà: i doni che gli Israeliti presenteranno come tributo prelevato e tutte le loro offerte f atte con il rito di elevazione. Io le do a te ai tuoi figli e alle tue figlie con te per legge perenne. C
hiunque sarà puro in casa tua ne potrà mangiare. Ti do anche tutte le primizie che offriranno al Signore: il meglio dell’olio nuovo il meglio del mosto e del grano. Le primizie di quanto produrrà la loro terra che essi porteranno al Signore saranno tue. Chiunque sarà puro in casa tua ne potr à mangiare. Quanto in Israele sarà consacrato per voto di sterminio sarà tuo. Ogni essere che na sce per primo da ogni essere vivente offerto al Signore sia degli uomini sia degli animali sarà tuo
; però farai riscattare il primogenito dell’uomo e farai anche riscattare il primo nato dell’animal e impuro. Il tuo riscatto lo effettuerai dall’età di un mese secondo la stima di cinque sicli d’arge nto conformi al siclo del santuario che è di venti ghera. Ma non farai riscattare il primo nato dell a mucca né il primo nato della pecora né il primo nato della capra: sono cosa sacra. Verserai il lo ro sangue sull’altare e farai bruciare le loro parti grasse come sacrificio consumato dal fuoco pr ofumo gradito al Signore. La loro carne sarà tua; sarà tua come il petto dell’offerta che si fa con il rito di elevazione e come la coscia destra. Io do a te, ai tuoi figli e alle tue figlie con te per legg e perenne tutte le offerte di cose sante che gli Israeliti preleveranno per il Signore. è un’alleanza
inviolabile perenne davanti al Signore per te e per la tua discendenza con te». Il Signore disse a d Aronne: «Tu non avrai alcuna eredità nella loro terra e non ci sarà parte per te in mezzo a loro
. Io sono la tua parte e la tua eredità in mezzo agli Israeliti. Ai figli di Levi io do in possesso tutte le decime in Israele in cambio del servizio che fanno il servizio della tenda del convegno. Gli Isra eliti non si accosteranno più alla tenda del convegno per non caricarsi di un peccato che li fareb be morire. Ma il servizio nella tenda del convegno lo faranno soltanto i leviti; essi porteranno il peso della loro colpa. Sarà una legge perenne di generazione in generazione. Non possederanno eredità tra gli Israeliti, poiché io do in possesso ai leviti le decime che gli Israeliti preleveranno c ome contributo per il Signore; per questo ho detto di loro: “Non avranno possesso ereditario tr a gli Israeliti”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parlerai inoltre ai leviti dicendo loro: “Quando p renderete dagli Israeliti la decima che io ho dato a voi da parte loro come vostra eredità preleve rete un’offerta come contributo al Signore: una decima dalla decima. Il vostro prelevamento vi sarà calcolato come quello del grano che viene dall’aia e come il mosto che esce dal torchio. Co sì anche voi preleverete un’offerta per il Signore da tutte le decime che riceverete dagli Israeliti e darete al sacerdote Aronne l’offerta che avrete prelevato per il Signore. Da tutte le cose che vi saranno concesse preleverete tutte le offerte per il Signore; di tutto ciò che vi sarà di meglio pr eleverete la parte sacra”. Dirai loro: “Quando ne avrete prelevato il meglio quel che rimane sarà calcolato per i leviti come il provento dell’aia e come il provento del torchio. Lo potrete mangia re in qualunque luogo voi e le vostre famiglie perché è il vostro salario in cambio del vostro serv izio nella tenda del convegno. Dal momento che ne avrete prelevato la parte migliore non saret e gravati da alcun peccato; non profanerete le cose sante degli Israeliti e non morirete”». Il Sign ore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Questa è una disposizione della legge che il Signore ha p rescritto. Ordina agli Israeliti che ti portino una giovenca rossa senza macchia senza difetti e che non abbia mai portato il giogo. La darete al sacerdote Eleàzaro che la condurrà fuori dell’accam pamento e la farà immolare in sua presenza. Il sacerdote Eleàzaro prenderà con il dito un po’ de l sangue della giovenca e ne farà sette volte l’aspersione davanti alla tenda del convegno; poi si brucerà la giovenca sotto i suoi occhi: se ne brucerà la pelle la carne e il sangue con gli escreme nti. Il sacerdote prenderà legno di cedro issòpo, tintura scarlatta e getterà tutto nel fuoco che c onsuma la giovenca. Poi il sacerdote laverà le sue vesti e farà un bagno al suo corpo nell’acqua quindi rientrerà nell’accampamento; il sacerdote sarà impuro fino alla sera. Colui che avrà bruci ato la giovenca si laverà le vesti nell’acqua farà un bagno al suo corpo nell’acqua e sarà impuro f ino alla sera. Un uomo puro raccoglierà le ceneri della giovenca e le depositerà fuori dell’accam pamento in luogo puro dove saranno conservate per la comunità degli Israeliti per l’acqua di pu rificazione: è un rito per il peccato. Colui che avrà raccolto le ceneri della giovenca si laverà le ve sti e sarà impuro fino alla sera. Questa sarà una legge perenne per gli Israeliti e per lo straniero che dimorerà presso di loro. Chi avrà toccato il cadavere di qualsiasi persona sarà impuro per se tte giorni. Quando uno si sarà purificato con quell’acqua il terzo e il settimo giorno sarà puro; m a se non si purifica il terzo e il settimo giorno non sarà puro. Chiunque avrà toccato il cadavere
di una persona che è morta e non si sarà purificato avrà contaminato la Dimora del Signore e sa rà eliminato da Israele. Siccome l’acqua di purificazione non è stata spruzzata su di lui egli è imp uro; ha ancora addosso l’impurità. Questa è la legge per quando un uomo muore in una tenda: chiunque entrerà nella tenda e tutto ciò che è nella tenda sarà impuro per sette giorni. Ogni vas o scoperto sul quale non sia un coperchio o una legatura sarà impuro. Chiunque sulla superficie di un campo avrà toccato un uomo ucciso di spada o morto di morte naturale o un osso d’uomo o un sepolcro sarà impuro per sette giorni. Per colui che sarà divenuto impuro si prenderà la ce nere della vittima bruciata per l’espiazione e vi si verserà sopra l’acqua corrente in un vaso; poi un uomo puro prenderà issòpo lo intingerà nell’acqua e ne aspergerà la tenda, tutti gli arredi e t utte le persone che erano là e colui che ha toccato l’osso o l’ucciso o il morto o il sepolcro. L’uo mo puro aspergerà l’impuro il terzo giorno e il settimo giorno e lo purificherà il settimo giorno; poi colui che è stato impuro si laverà le vesti farà un bagno con l’acqua e alla sera diventerà pur o. Ma colui che reso impuro non si purificherà sarà eliminato dall’assemblea perché ha contami nato il santuario del Signore e l’acqua della purificazione non è stata aspersa su di lui: è impuro.
Sarà per loro una legge perenne. Colui che avrà asperso l’acqua di purificazione si laverà le vesti
; chi avrà toccato l’acqua di purificazione sarà impuro fino alla sera. Quanto l’impuro avrà toccat o sarà impuro; chi lo avrà toccato sarà impuro fino alla sera». Ora tutta la comunità degli Israelit i arrivò al deserto di Sin il primo mese e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria.
Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Il pop olo ebbe una lite con Mosè dicendo: «Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli da vanti al Signore! Perché avete condotto l’assemblea del Signore in questo deserto per far morir e noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatto uscire dall’Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare non ci sono fichi non vigne non melograni e non c’è acqua da bere». Allora Mosè e Aronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’in gresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore appar ve loro. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate l a comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per lo ro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». Mosè dunque prese il b astone che era davanti al Signore come il Signore gli aveva ordinato. Mosè e Aronne radunaron o l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate o ribelli: vi faremo noi forse uscir e acqua da questa roccia?». Mosè alzò la mano percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame. Ma il Signore disse a Mosè e a d Aronne: «Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi d egli Israeliti voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do». Queste sono le acqu e di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a lor o. Mosè mandò da Kades messaggeri al re di Edom per dirgli: «Così dice Israele tuo fratello: “Tu conosci tutte le tribolazioni che ci hanno colpito. I nostri padri scesero in Egitto e noi in Egitto di morammo per lungo tempo e gli Egiziani maltrattarono noi e i nostri padri. Noi gridammo al Sig
nore ed egli udì la nostra voce e mandò un angelo e ci fece uscire dall’Egitto; eccoci ora a Kades città al confine del tuo territorio. Permettici di passare per il tuo territorio. Non passeremo per campi né per vigne e non berremo l’acqua dei pozzi; seguiremo la via Regia non devieremo né a destra né a sinistra finché non avremo attraversato il tuo territorio”». Ma Edom gli rispose: «Tu non passerai da me; altrimenti uscirò contro di te con la spada». Gli Israeliti gli dissero: «Passer emo per la strada maestra; se noi e il nostro bestiame berremo la tua acqua te la pagheremo: la sciaci soltanto transitare a piedi». Ma quegli rispose: «Non passerai!». Edom mosse contro Israe le con molta gente e con mano potente. Così Edom rifiutò a Israele il transito nel suo territorio e Israele si tenne lontano da lui. Tutta la comunità degli Israeliti levò l’accampamento da Kades e arrivò al monte Or. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne al monte Or sui confini del territorio di Edom: «Aronne sta per essere riunito ai suoi padri e non entrerà nella terra che ho dato agli Isr aeliti perché siete stati ribelli al mio ordine alle acque di Merìba. Prendi Aronne e suo figlio Eleà zaro e falli salire sul monte Or. Spoglia Aronne delle sue vesti e rivestine suo figlio Eleàzaro. Là A ronne sarà riunito ai suoi padri e morirà». Mosè fece come il Signore aveva ordinato ed essi salir ono sul monte Or sotto gli occhi di tutta la comunità. Mosè spogliò Aronne delle sue vesti e ne r ivestì Eleàzaro suo figlio. Là Aronne morì sulla cima del monte. Poi Mosè ed Eleàzaro scesero dal monte. Tutta la comunità vide che Aronne era spirato e tutta la casa d’Israele lo pianse per tren ta giorni. Il re cananeo di Arad che abitava il Negheb appena seppe che Israele veniva per la via di Atarìm attaccò battaglia contro Israele e fece alcuni prigionieri. Allora Israele fece un voto al Signore e disse: «Se tu mi consegni nelle mani questo popolo le loro città saranno da me votate allo sterminio». Il Signore ascoltò la voce d’Israele e gli consegnò nelle mani i Cananei; Israele v otò allo sterminio i Cananei e le loro città e quel luogo fu chiamato Corma. Gli Israeliti si mosser o dal monte Or per la via del Mar Rosso per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopp ortò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di qu esto cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevan o la gente e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccat o perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da no i questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettil o sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà resterà in vita». Mosè allora fece un s erpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno se questi g uardava il serpente di bronzo restava in vita. Gli Israeliti si mossero e si accamparono a Obot; pa rtiti da Obot si accamparono a Iie-Abarìm nel deserto che sta di fronte a Moab dal lato dove sorge il sole. Di là si mossero e si acca mparono nella valle di Zered. Si mossero di là e si accamparono sull’altra riva dell’Arnon che sco rre nel deserto e proviene dal territorio degli Amorrei; l’Arnon infatti è la frontiera di Moab fra Moab e gli Amorrei. Per questo si dice nel libro delle Guerre del Signore: «Vaèb in Sufa e i torre nti, l’Arnon e il pendio dei torrenti, che declina verso la sede di Ar e si appoggia alla frontiera di
Moab». Di là andarono a Beèr. Questo è il pozzo di cui il Signore disse a Mosè: «Raduna il popol o e io gli darò l’acqua». Allora Israele cantò questo canto: «Sgorga o pozzo: cantàtelo! Pozzo sca vato da prìncipi, perforato da nobili del popolo, con lo scettro con i loro bastoni». Poi dal desert o andarono a Mattanà da Mattanà a Nacalièl da Nacalièl a Bamòt e da Bamòt alla valle che si tr ova nelle steppe di Moab presso la cima del Pisga che è di fronte al deserto. Israele mandò mes saggeri a Sicon re degli Amorrei per dirgli: «Lasciami passare nel tuo territorio; noi non deviere mo per i campi né per le vigne e non berremo l’acqua dei pozzi; seguiremo la via Regia finché av remo oltrepassato il tuo territorio». Ma Sicon non permise a Israele di passare per il suo territor io anzi radunò tutto il suo popolo e uscì incontro a Israele nel deserto; giunse a Iaas e combatté contro Israele. Israele lo sconfisse passandolo a fil di spada e conquistò il suo territorio dall’Arno n fino allo Iabbok estendendosi fino alla regione degli Ammoniti perché la frontiera degli Ammo niti era forte. Israele prese tutte quelle città e abitò in tutte le città degli Amorrei cioè a Chesbo n e in tutte le città del suo territorio; Chesbon infatti era la città di Sicon re degli Amorrei il qual e aveva mosso guerra al precedente re di Moab e gli aveva strappato di mano tutto il suo territo rio fino all’Arnon. Per questo dicono i poeti: «Entrate in Chesbon! Sia ricostruita e rifondata la ci ttà di Sicon! Perché un fuoco uscì da Chesbon, una fiamma dalla cittadella di Sicon: essa divorò Ar-Moab, i Baal delle alture dell’Arnon. Guai a te Moab, sei perduto popolo di Camos! Egli ha reso f uggiaschi i suoi figli, e le sue figlie ha dato in schiavitù a Sicon re degli Amorrei. Ma noi li abbiam o trafitti! è rovinata Chesbon fino a Dibon. Abbiamo devastato fino a Nofach, che è presso Màd aba». Israele si stabilì dunque nella terra degli Amorrei. Poi Mosè mandò a esplorare Iazer e gli I sraeliti presero le città del suo territorio e ne cacciarono gli Amorrei che vi si trovavano. Poi mut arono direzione e salirono lungo la strada verso Basan. Og re di Basan uscì contro di loro con tut ta la sua gente per dar loro battaglia a Edrei. Ma il Signore disse a Mosè: «Non lo temere perché io lo do in tuo potere lui tutta la sua gente e il suo territorio; trattalo come hai trattato Sicon re degli Amorrei che abitava a Chesbon». E sconfissero lui i suoi figli e tutto il suo popolo così che non gli rimase più superstite alcuno e si impadronirono del suo territorio. Poi gli Israeliti partiro no e si accamparono nelle steppe di Moab oltre il Giordano di Gerico. Balak figlio di Sippor vide quanto Israele aveva fatto agli Amorrei e Moab ebbe grande paura di questo popolo che era cos ì numeroso; Moab fu preso da spavento di fronte agli Israeliti. Quindi Moab disse agli anziani di Madian: «Ora questa assemblea divorerà quanto è intorno a noi come il bue divora l’erba dei ca mpi». Balak figlio di Sippor era in quel tempo re di Moab. Egli mandò messaggeri a Balaam, figli o di Beor a Petor che sta sul fiume nel territorio dei figli di Amau per chiamarlo e dirgli: «Ecco u n popolo è uscito dall’Egitto; ha ricoperto la faccia della terra e si è stabilito di fronte a me. Ora dunque vieni e maledici questo popolo per me poiché esso è più potente di me. Forse riuscirò a batterlo per scacciarlo dalla terra; perché io lo so: colui che tu benedici è benedetto e colui che tu maledici è maledetto». Gli anziani di Moab e gli anziani di Madian partirono con in mano il co mpenso per l’oracolo. Arrivarono da Balaam e gli riferirono le parole di Balak. Balaam disse loro:
«Alloggiate qui stanotte e vi darò la risposta secondo quanto mi dirà il Signore». I capi di Moab si fermarono da Balaam. Ora Dio venne da Balaam e gli disse: «Chi sono questi uomini che stan no da te?». Balaam rispose a Dio: «Balak figlio di Sippor re di Moab mi ha mandato a dire: “Ecco il popolo che è uscito dall’Egitto ha ricoperto la superficie della terra. Ora vieni maledicilo per me; forse riuscirò a batterlo e potrò scacciarlo”». Dio disse a Balaam: «Tu non andrai con loro n on maledirai quel popolo perché esso è benedetto». Balaam si alzò la mattina e disse ai prìncipi di Balak: «Andatevene nella vostra terra perché il Signore si è rifiutato di lasciarmi venire con vo i». I prìncipi di Moab si alzarono tornarono da Balak e dissero: «Balaam si è rifiutato di venire co n noi». Allora Balak mandò di nuovo dei prìncipi in maggior numero e più influenti di quelli di pr ima. Vennero da Balaam e gli dissero: «Così dice Balak, figlio di Sippor: “Nulla ti trattenga dal ve nire da me perché io ti colmerò di grandi onori e farò quanto mi dirai; vieni dunque e maledici p er me questo popolo”». Ma Balaam rispose e disse ai ministri di Balak: «Quand’anche Balak mi desse la sua casa piena d’argento e oro non potrei trasgredire l’ordine del Signore mio Dio per f are cosa piccola o grande. Nondimeno trattenetevi qui anche voi stanotte perché io sappia ciò c he il Signore mi dirà ancora». La notte Dio venne da Balaam e gli disse: «Questi uomini non son o venuti a chiamarti? àlzati dunque e va’ con loro; ma farai ciò che io ti dirò». Balaam quindi si a lzò di buon mattino sellò l’asina e se ne andò con i capi di Moab. Ma l’ira di Dio si accese perché egli stava andando; l’angelo del Signore si pose sulla strada per ostacolarlo. Egli cavalcava la su a asina e aveva con sé due servitori. L’asina vide l’angelo del Signore che stava ritto sulla strada con la spada sguainata in mano. E l’asina deviò dalla strada e cominciò ad andare per i campi. B
alaam percosse l’asina per rimetterla sulla strada. Allora l’angelo del Signore si fermò in un senti ero infossato tra le vigne che aveva un muro di qua e un muro di là. L’asina vide l’angelo del Sig nore si serrò al muro e strinse il piede di Balaam contro il muro e Balaam la percosse di nuovo. L
’angelo del Signore passò di nuovo più avanti e si fermò in un luogo stretto tanto stretto che no n vi era modo di deviare né a destra né a sinistra. L’asina vide l’angelo del Signore e si accovacci ò sotto Balaam. L’ira di Balaam si accese ed egli percosse l’asina con il bastone. Allora il Signore aprì la bocca dell’asina ed essa disse a Balaam: «Che cosa ti ho fatto perché tu mi percuota già p er la terza volta?». Balaam rispose all’asina: «Perché ti sei beffata di me! Ah se avessi una spada in mano ti ucciderei all’istante!». L’asina disse a Balaam: «Non sono io la tua asina, sulla quale hai cavalcato da quando hai iniziato fino ad oggi? Sono forse abituata ad agire così?». Ed egli ris pose: «No». Allora il Signore aprì gli occhi di Balaam ed egli vide l’angelo del Signore che stava ri tto sulla strada con in mano la spada sguainata. Balaam si inginocchiò e si prostrò con la faccia a terra. L’angelo del Signore gli disse: «Perché hai percosso la tua asina già tre volte? Ecco io son o uscito a ostacolarti perché il tuo cammino contro di me è rovinoso. L’asina mi ha visto e ha de viato davanti a me per tre volte; se non avesse deviato davanti a me certo ora io avrei già ucciso proprio te e lasciato in vita lei». Allora Balaam disse all’angelo del Signore: «Ho peccato perché non sapevo che tu ti fossi posto contro di me sul cammino; ora se questo è male ai tuoi occhi m e ne tornerò indietro». L’angelo del Signore disse a Balaam: «Va’ pure con questi uomini; ma dir
ai soltanto quello che io ti dirò». Balaam andò con i prìncipi di Balak. Balak udì che Balaam arriv ava e gli uscì incontro a Ir-Moab che è sulla frontiera dell’Arnon all’estremità del territorio. Balak disse a Balaam: «Non av evo forse mandato a chiamarti con insistenza? Perché non sei venuto da me? Non sono forse in grado di trattarti con onore?». Balaam rispose a Balak: «Ecco sono venuto da te; ma ora posso f orse dire qualsiasi cosa? La parola che Dio mi metterà in bocca quella dirò». Balaam andò con B
alak e giunsero a Kiriat-
Cusòt. Balak immolò bestiame grosso e minuto e mandò parte della carne a Balaam e ai prìncipi che erano con lui. La mattina Balak prese Balaam e lo fece salire a BamòtBaal e di là vide un’estremità del popolo accampato. Balaam disse a Balak: «Costruiscimi qui set te altari e preparami qui sette giovenchi e sette arieti». Balak fece come Balaam aveva detto; Ba lak e Balaam offrirono un giovenco e un ariete su ciascun altare. Balaam disse a Balak: «Férmati presso il tuo olocausto e io andrò. Forse il Signore mi verrà incontro; quel che mi mostrerà io te lo riferirò». Andò su di un’altura brulla. Dio andò incontro a Balaam e Balaam gli disse: «Ho prep arato i sette altari e ho offerto un giovenco e un ariete su ciascun altare». Allora il Signore mise una parola in bocca a Balaam e gli disse: «Torna da Balak e parla così». Balaam tornò da Balak c he stava presso il suo olocausto: egli e tutti i prìncipi di Moab. Allora Balaam pronunciò il suo po ema e disse: «Da Aram mi fa venire Balak, il re di Moab dalle montagne d’oriente: “Vieni maledi ci per me Giacobbe; vieni minaccia Israele!”. Come maledirò quel che Dio non ha maledetto? Co me minaccerò quel che il Signore non ha minacciato? Perché dalla vetta delle rupi io lo vedo e d alle alture lo contemplo: ecco un popolo che dimora in disparte e tra le nazioni non si annovera.
Chi può contare la polvere di Giacobbe? O chi può calcolare un solo quarto d’Israele? Possa io morire della morte dei giusti e sia la mia fine come la loro». Allora Balak disse a Balaam: «Che c osa mi hai fatto? Per maledire i miei nemici io ti ho preso ed ecco li hai grandemente benedetti
». Rispose: «Non devo forse aver cura di dire solo quello che il Signore mi mette sulla bocca?».
Balak gli disse: «Vieni con me in altro luogo da dove tu possa vederlo; ne vedrai solo un’estremi tà non lo vedrai tutto intero: di là maledicilo per me». Lo condusse al campo di Sofìm sulla cima del Pisga; costruì sette altari e offrì un giovenco e un ariete su ogni altare. Allora Balaam disse a Balak: «Férmati presso il tuo olocausto e io andrò incontro al Signore». Il Signore andò incontro a Balaam gli mise una parola sulla bocca e gli disse: «Torna da Balak e parla così». Balaam tornò da Balak che stava presso il suo olocausto insieme con i capi di Moab. Balak gli disse: «Che cosa ha detto il Signore?». Allora Balaam pronunciò il suo poema e disse: «Sorgi Balak e ascolta; porg imi orecchio figlio di Sippor! Dio non è un uomo perché egli menta, non è un figlio d’uomo perc hé egli ritratti. Forse egli dice e poi non fa? Parla e non adempie? Ecco di benedire ho ricevuto il comando: egli ha benedetto e non mi metterò contro. Egli non scorge colpa in Giacobbe, non h a veduto torto in Israele. Il Signore suo Dio è con lui e in lui risuona un’acclamazione per il re. Di o che lo ha fatto uscire dall’Egitto, è per lui come le corna del bufalo. Perché non vi è sortilegio contro Giacobbe e non vi è magìa contro Israele: a suo tempo vien detto a Giacobbe e a Israele
che cosa opera Dio. Ecco un popolo che si leva come una leonessa e si erge come un leone; non si accovaccia finché non abbia divorato la preda e bevuto il sangue degli uccisi». Allora Balak dis se a Balaam: «Se proprio non lo maledici almeno non benedirlo!». Rispose Balaam e disse a Bala k: «Non ti ho già detto che quanto il Signore dirà io dovrò eseguirlo?». Balak disse a Balaam: «Vi eni ti condurrò in altro luogo: forse piacerà agli occhi di Dio che tu lo maledica per me di là». Co sì Balak condusse Balaam in cima al Peor che è di fronte al deserto. Balaam disse a Balak: «Costr uiscimi qui sette altari e preparami sette giovenchi e sette arieti». Balak fece come Balaam avev a detto e offrì un giovenco e un ariete su ogni altare. Balaam vide che al Signore piaceva benedi re Israele e non andò come le altre volte alla ricerca di sortilegi ma rivolse la sua faccia verso il d eserto. Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato tribù per tribù. Allora lo spirito di Dio fu s opra di lui. Egli pronunciò il suo poema e disse: «Oracolo di Balaam figlio di Beor, e oracolo dell’
uomo dall’occhio penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio, di chi vede la visione dell’Onni potente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Come sono belle le tue tende Giacobbe, le tue dim ore Israele! Si estendono come vallate, come giardini lungo un fiume, come àloe che il Signore h a piantato, come cedri lungo le acque. Fluiranno acque dalle sue secchie e il suo seme come acq ue copiose. Il suo re sarà più grande di Agag e il suo regno sarà esaltato. Dio che lo ha fatto uscir e dall’Egitto, è per lui come le corna del bufalo. Egli divora le nazioni che lo avversano, addenta l e loro ossa e le loro frecce egli spezza. Si accoscia si accovaccia come un leone e come una leon essa: chi lo farà alzare? Benedetto chi ti benedice e maledetto chi ti maledice». Allora l’ira di Bal ak si accese contro Balaam; Balak batté le mani e disse a Balaam: «Per maledire i miei nemici ti ho chiamato ed ecco li hai grandemente benedetti per tre volte. Ora vattene nella tua terra! Av evo detto che ti avrei colmato di onori ma ecco il Signore ti ha impedito di averli». Balaam disse a Balak: «Non avevo forse detto ai messaggeri che mi avevi mandato: “Quand’anche Balak mi d esse la sua casa piena d’argento e d’oro non potrei trasgredire l’ordine del Signore per fare cosa buona o cattiva di mia iniziativa: ciò che il Signore dirà quello soltanto dirò”? Ora sto per tornar e al mio popolo; ebbene vieni: ti predirò ciò che questo popolo farà al tuo popolo nei giorni a ve nire». Egli pronunciò il suo poema e disse: «Oracolo di Balaam figlio di Beor, oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo, di chi vede la visione dell’Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Io lo vedo ma non ora, i o lo contemplo ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spacca le tempie di Moab e il cranio di tutti i figli di Set; Edom diverrà sua conquista e diverrà su a conquista Seir suo nemico, mentre Israele compirà prodezze. Uno di Giacobbe dominerà e far à perire gli scampati dalla città». Poi vide Amalèk pronunciò il suo poema e disse: «Amalèk è la prima delle nazioni, ma il suo avvenire sarà la rovina». Poi vide i Keniti pronunciò il suo poema e disse: «Sicura è la tua dimora o Caino, e il tuo nido è aggrappato alla roccia. Ma sarà dato all’inc endio, finché Assur non ti deporterà in prigionia». Pronunciò ancora il suo poema e disse: «Ahi mè! Chi vivrà dopo che Dio avrà compiuto queste cose? Verranno navi dalla parte dei Chittìm e piegheranno Assur e piegheranno Eber, ma anch’egli andrà in perdizione». Poi Balaam si alzò e t
ornò nella sua terra mentre Balak se ne andò per la sua strada. Israele si stabilì a Sittìm e il popo lo cominciò a fornicare con le figlie di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifici offerti ai loro d èi; il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dèi. Israele aderì a Baal-Peor e l’ira del Signore si accese contro Israele. Il Signore disse a Mosè: «Prendi tutti i capi del p opolo e fa’ appendere al palo costoro davanti al Signore in faccia al sole e si allontanerà l’ira ard ente del Signore da Israele». Mosè disse ai giudici d’Israele: «Ognuno di voi uccida dei suoi uomi ni coloro che hanno aderito a Baal-Peor». Uno degli Israeliti venne e condusse ai suoi fratelli una donna madianita sotto gli occhi di Mosè e di tutta la comunità degli Israeliti mentre essi stavano piangendo all’ingresso della tend a del convegno. Vedendo ciò Fineès figlio di Eleàzaro figlio del sacerdote Aronne si alzò in mezz o alla comunità prese in mano una lancia, seguì quell’uomo di Israele nell’alcova e li trafisse tutt i e due, l’uomo d’Israele e la donna nel basso ventre. E il flagello si allontanò dagli Israeliti. Quell i che morirono per il flagello furono ventiquattromila. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Fineès, fi glio di Eleàzaro figlio del sacerdote Aronne ha allontanato la mia collera dagli Israeliti mostrand o la mia stessa gelosia in mezzo a loro e io nella mia gelosia non ho sterminato gli Israeliti. Perci ò digli che io stabilisco con lui la mia alleanza di pace; essa sarà per lui e per la sua discendenza dopo di lui un’alleanza di perenne sacerdozio perché egli ha avuto zelo per il suo Dio e ha compi uto il rito espiatorio per gli Israeliti». L’uomo d’Israele ucciso con la Madianita si chiamava Zimrì figlio di Salu principe di un casato paterno dei Simeoniti. La donna uccisa la Madianita si chiama va Cozbì figlia di Sur capo della gente di un casato in Madian. Il Signore parlò a Mosè e disse: «T
rattate i Madianiti da nemici e uccideteli poiché essi sono stati nemici per voi con le astuzie che hanno usato con voi nella vicenda di Peor e di Cozbì figlia di un principe di Madian loro sorella, c he è stata uccisa il giorno del flagello causato per il fatto di Peor». Dopo il flagello il Signore parl ò a Mosè e ad Eleàzaro figlio del sacerdote Aronne e disse: «Fate il computo di tutta la comunit à degli Israeliti dai vent’anni in su suddivisi secondo i loro casati paterni di quanti in Israele poss ono andare in guerra». Mosè e il sacerdote Eleàzaro dissero loro nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gerico: «Si faccia il censimento dai vent’anni in su secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè e agli Israeliti usciti dalla terra d’Egitto». Ruben primogenito d’Israele. Figli di R
uben: da Enoc discende la famiglia degli Enochiti; da Pallu discende la famiglia dei Palluiti; da Ch esron discende la famiglia dei Chesroniti; da Carmì discende la famiglia dei Carmiti. Tali sono le f amiglie dei Rubeniti: quelli che furono registrati erano quarantatremilasettecentotrenta. Figli di Pallu: Eliàb. Figli di Eliàb: Nemuèl Datan e Abiràm. Questi sono quel Datan e quell’Abiràm memb ri del consiglio che si ribellarono contro Mosè e contro Aronne con la gente di Core quando que sta si era ribellata contro il Signore; la terra spalancò la bocca e li inghiottì insieme con Core qua ndo quella gente perì e il fuoco divorò duecentocinquanta uomini che servirono d’esempio. Ma i figli di Core non perirono. Figli di Simeone secondo le loro famiglie: da Nemuèl discende la fam iglia dei Nemueliti; da Iamin la famiglia degli Iaminiti; da Iachin la famiglia degli Iachiniti; da Zera ch la famiglia degli Zerachiti; da Saul la famiglia dei Sauliti. Tali sono le famiglie dei Simeoniti. Ne
furono registrati ventiduemiladuecento. Figli di Gad secondo le loro famiglie: da Sefon discend e la famiglia dei Sefoniti; da Agghì la famiglia degli Agghiti; da Sunì la famiglia dei Suniti; da Oznì la famiglia degli Ozniti; da Erì la famiglia degli Eriti; da Arod la famiglia degli Aroditi; da Arelì la fa miglia degli Areliti. Tali sono le famiglie dei figli di Gad. Ne furono registrati quarantamilacinque cento. Figli di Giuda: Er e Onan; ma Er e Onan morirono nella terra di Canaan. I figli di Giuda sec ondo le loro famiglie furono: da Sela discende la famiglia dei Selaniti; da Peres la famiglia dei Pe resiti; da Zerach la famiglia degli Zerachiti. I figli di Peres furono: da Chesron discende la famiglia dei Chesroniti; da Camul discende la famiglia dei Camuliti. Tali sono le famiglie di Giuda. Ne fur ono registrati settantaseimilacinquecento. Figli di ìssacar secondo le loro famiglie: da Tola disce nde la famiglia dei Tolaiti; da Puva la famiglia dei Puviti; da Iasub la famiglia degli Iasubiti; da Si mron la famiglia dei Simroniti. Tali sono le famiglie di ìssacar. Ne furono registrati sessantaquatt romilatrecento. Figli di Zàbulon secondo le loro famiglie: da Sered discende la famiglia dei Sered iti; da Elon la famiglia degli Eloniti; da Iacleèl la famiglia degli Iacleeliti. Tali sono le famiglie degli Zabuloniti. Ne furono registrati sessantamilacinquecento. Figli di Giuseppe secondo le loro fami glie: Manasse ed èfraim. Figli di Manasse: da Machir discende la famiglia dei Machiriti. Machir g enerò Gàlaad. Da Gàlaad discende la famiglia dei Galaaditi. Questi sono i figli di Gàlaad: da Iezer discende la famiglia degli Iezeriti; da Chelek discende la famiglia dei Cheleciti; da Asrièl discend e la famiglia degli Asrieliti; da Sichem discende la famiglia dei Sichemiti; da Semidà discende la f amiglia dei Semidaiti; da Chefer discende la famiglia dei Cheferiti. Ora Selofcàd figlio di Chefer n on ebbe maschi ma soltanto figlie e le figlie di Selofcàd si chiamarono Macla Noa Cogla Milca e Tirsa. Tali sono le famiglie di Manasse. Ne furono registrati cinquantaduemilasettecento. Questi sono i figli di èfraim secondo le loro famiglie: da Sutèlach discende la famiglia dei Sutalchiti; da Becher la famiglia dei Becheriti; da Tacan la famiglia dei Tacaniti. Questi sono i figli di Sutèlach: da Eran discende la famiglia degli Eraniti. Tali sono le famiglie dei figli di èfraim. Ne furono regist rati trentaduemilacinquecento. Questi sono i figli di Giuseppe secondo le loro famiglie. Figli di B
eniamino secondo le loro famiglie: da Bela discende la famiglia dei Belaiti; da Asbel discende la f amiglia degli Asbeliti; da Achiràm discende la famiglia degli Achiramiti; da Sufam discende la fa miglia dei Sufamiti; da Cufam discende la famiglia dei Cufamiti. I figli di Bela furono Ard e Naam àn; da Ard discende la famiglia degli Arditi; da Naamàn discende la famiglia dei Naamiti. Tali son o i figli di Beniamino secondo le loro famiglie. Ne furono registrati quarantacinquemilaseicento.
Questi sono i figli di Dan secondo le loro famiglie: da Sucam discende la famiglia dei Sucamiti. S
ono queste le famiglie di Dan secondo le loro famiglie. Totale per le famiglie dei Sucamiti: ne fur ono registrati sessantaquattromilaquattrocento. Figli di Aser secondo le loro famiglie: da Imna d iscende la famiglia degli Imniti; da Isvì la famiglia degli Isviti; da Berià la famiglia dei Beriiti. Dai fi gli di Berià discendono: da Cheber discende la famiglia dei Cheberiti; da Malchièl discende la fa miglia dei Malchieliti. La figlia di Aser si chiamava Serach. Tali sono le famiglie dei figli di Aser. N
e furono registrati cinquantatremilaquattrocento. Figli di Nèftali secondo le loro famiglie: da Iac seèl discende la famiglia degli Iacseeliti; da Gunì la famiglia dei Guniti; da Ieser la famiglia degli I
eseriti; da Sillem la famiglia dei Sillemiti. Tali sono le famiglie di Nèftali secondo le loro famiglie.
Ne furono registrati quarantacinquemilaquattrocento. Questi sono gli Israeliti che furono registr ati: seicentounmilasettecentotrenta. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Tra costoro la terra sarà divisa in eredità secondo il numero delle persone. A chi è numeroso darai numerosa eredità e a chi è piccolo darai piccola eredità a ciascuno sarà data la sua eredità secondo il numero dei suoi censiti. La terra sarà divisa per sorteggio; essi riceveranno la rispettiva proprietà secondo i nomi delle loro tribù paterne. La ripartizione delle proprietà sarà gettata a sorte per tutte le tribù gra ndi o piccole». Questi sono i leviti dei quali si fece il censimento secondo le loro famiglie: da Gh erson discende la famiglia dei Ghersoniti; da Keat la famiglia dei Keatiti; da Merarì la famiglia de i Merariti. Queste sono le famiglie di Levi: la famiglia dei Libniti la famiglia degli Ebroniti la famig lia dei Macliti la famiglia dei Musiti la famiglia dei Coriti. Keat generò Amram. La moglie di Amra m si chiamava Iochebed figlia di Levi che nacque a Levi in Egitto; essa partorì ad Amram Aronne Mosè e Maria loro sorella. Ad Aronne nacquero Nadab e Abiu Eleàzaro e Itamàr. Ora Nadab e A biu morirono quando presentarono al Signore un fuoco illegittimo. I censiti furono ventitremila: tutti maschi, dall’età di un mese in su. Essi non furono compresi nel censimento degli Israeliti p erché non fu data loro alcuna proprietà tra gli Israeliti. Questi sono i censiti da Mosè e dal sacer dote Eleàzaro i quali fecero il censimento degli Israeliti nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gerico. Fra questi non vi era alcuno di quegli Israeliti dei quali Mosè e il sacerdote Aronne ave vano fatto il censimento nel deserto del Sinai perché il Signore aveva detto di loro: «Dovranno morire nel deserto!». E non ne rimase neppure uno eccetto Caleb figlio di Iefunnè e Giosuè figli o di Nun. Si fecero avanti le figlie di Selofcàd figlio di Chefer figlio di Gàlaad, figlio di Machir figli o di Manasse delle famiglie di Manasse figlio di Giuseppe che si chiamavano Macla Noa, Cogla Milca e Tirsa. Si presentarono davanti a Mosè davanti al sacerdote Eleàzaro davanti ai prìncipi e a tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno e dissero: «Nostro padre è morto nel d eserto. Egli non era nella compagnia di coloro che si erano coalizzati contro il Signore non era d ella gente di Core ma è morto a causa del suo peccato senza figli maschi. Perché dovrebbe il no me di nostro padre scomparire dalla sua famiglia per il fatto che non ha avuto figli maschi? Dacc i una proprietà in mezzo ai fratelli di nostro padre». Mosè presentò la loro causa davanti al Sign ore. Il Signore disse a Mosè: «Le figlie di Selofcàd dicono bene. Darai loro in eredità una proprie tà tra i fratelli del loro padre e farai passare a esse l’eredità del loro padre. Parlerai inoltre agli Is raeliti e dirai: “Quando un uomo morirà senza lasciare un figlio maschio farete passare la sua er edità alla figlia. Se non ha neppure una figlia darete la sua eredità ai suoi fratelli. Se non ha frate lli darete la sua eredità ai fratelli del padre. Se non ci sono fratelli del padre darete la sua eredit à al parente più stretto nella sua cerchia familiare e quegli la possederà. Questa sarà per gli Isra eliti una norma di diritto secondo quanto il Signore ha ordinato a Mosè”». Il Signore disse a Mos è: «Sali su questo monte degli Abarìm e contempla la terra che io do agli Israeliti. Quando l’avrai vista anche tu sarai riunito ai tuoi padri come fu riunito Aronne tuo fratello perché vi siete ribell ati contro il mio ordine nel deserto di Sin quando la comunità si ribellò e non avete manifestato
la mia santità agli occhi loro a proposito di quelle acque». Sono le acque di Merìba di Kades nel deserto di Sin. Mosè disse al Signore: «Il Signore il Dio della vita di ogni essere vivente metta a c apo di questa comunità un uomo che li preceda nell’uscire e nel tornare li faccia uscire e li facci a tornare perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore». Il Signore disse a M
osè: «Prenditi Giosuè figlio di Nun uomo in cui è lo spirito; porrai la mano su di lui lo farai comp arire davanti al sacerdote Eleàzaro e davanti a tutta la comunità gli darai i tuoi ordini sotto i loro occhi e porrai su di lui una parte della tua autorità, perché tutta la comunità degli Israeliti gli ob bedisca. Egli si presenterà davanti al sacerdote Eleàzaro che consulterà per lui il giudizio degli ur ìm davanti al Signore; egli e tutti gli Israeliti con lui e tutta la comunità usciranno all’ordine di El eàzaro ed entreranno all’ordine suo». Mosè fece come il Signore gli aveva ordinato; prese Giosu è e lo fece comparire davanti al sacerdote Eleàzaro e davanti a tutta la comunità pose su di lui l e mani e gli diede i suoi ordini come il Signore aveva detto per mezzo di Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ordina agli Israeliti e di’ loro: “Avrete cura di presentarmi al tempo stabilito l’off erta l’alimento dei miei sacrifici da consumare con il fuoco profumo a me gradito”. Dirai loro: “
Questo è il sacrificio consumato dal fuoco che offrirete al Signore: agnelli dell’anno senza difetti due al giorno come olocausto perenne. Offrirai il primo agnello la mattina e l’altro agnello lo off rirai al tramonto; come oblazione un decimo di efa di fior di farina impastata con un quarto di hi n di olio puro. Tale è l’olocausto perenne offerto presso il monte Sinai: sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito al Signore. La libagione sarà di un quarto di hin per il primo agnello; la lib agione sarà versata nel santuario bevanda inebriante in onore del Signore. Offrirai il secondo ag nello al tramonto con un’oblazione e una libagione simili a quelle della mattina: è un sacrificio c onsumato dal fuoco profumo gradito al Signore. Nel giorno di sabato offrirete due agnelli dell’a nno senza difetti; come oblazione due decimi di fior di farina impastata con olio con la sua libagi one. è l’olocausto del sabato per ogni sabato oltre l’olocausto perenne e la sua libagione. Al prin cipio dei vostri mesi offrirete come olocausto al Signore due giovenchi un ariete, sette agnelli d ell’anno senza difetti e tre decimi di fior di farina impastata con olio come oblazione per ciascun giovenco; due decimi di fior di farina impastata con olio per il solo ariete, e ciascuna volta un d ecimo di fior di farina impastata con olio come oblazione per ogni agnello. è un olocausto di pro fumo gradito un sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Le libagioni saranno di un mezzo hin di vino per giovenco di un terzo di hin per l’ariete e di un quarto di hin per agnello. è l
’olocausto del mese per tutti i mesi dell’anno. Si offrirà al Signore un capro in sacrificio per il pec cato oltre l’olocausto perenne e la sua libagione. Il primo mese il giorno quattordici del mese sa rà la Pasqua del Signore. Il giorno quindici di quel mese sarà giorno di festa. Per sette giorni si m angerà pane azzimo. Il primo giorno si terrà una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile.
Offrirete in sacrificio consumato dal fuoco un olocausto al Signore: due giovenchi un ariete e set te agnelli dell’anno senza difetti. La loro oblazione sarà fior di farina impastata con olio: ne offrir ete tre decimi per giovenco e due per l’ariete, ne offrirai un decimo per volta per ciascuno dei s ette agnelli e offrirai un capro come sacrificio per il peccato per compiere il rito espiatorio su di
voi. Offrirete questi sacrifici oltre l’olocausto della mattina che è un olocausto perenne. Li offrir ete ogni giorno per sette giorni; è un alimento consumato dal fuoco un sacrificio di profumo gra dito al Signore. Lo si offrirà oltre l’olocausto perenne con la sua libagione. Il settimo giorno terre te una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile. Il giorno delle primizie quando presentere te al Signore un’oblazione nuova alla vostra festa delle Settimane terrete una riunione sacra; no n farete alcun lavoro servile. Offrirete in olocausto di profumo gradito al Signore due giovenchi un ariete e sette agnelli dell’anno. La loro oblazione sarà fior di farina impastata con olio: tre de cimi per ogni giovenco due decimi per il solo ariete e un decimo ogni volta per ciascuno dei sett e agnelli. Offrirete un capro per compiere il rito espiatorio per voi. Offrirete questi sacrifici oltre l’olocausto perenne e la sua oblazione. Sceglierete animali senza difetti e vi aggiungerete le loro libagioni. Il settimo mese il primo del mese terrete una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile. Sarà per voi il giorno dell’acclamazione con le trombe. Offrirete in olocausto di profumo gradito al Signore un giovenco un ariete sette agnelli dell’anno senza difetti. La loro oblazione s arà fior di farina impastata con olio: tre decimi per il giovenco, due decimi per l’ariete un decim o per ciascuno dei sette agnelli. Offrirete inoltre un capro in sacrificio per il peccato per compier e il rito espiatorio per voi oltre l’olocausto del mese con la sua oblazione e l’olocausto perenne c on la sua oblazione e le loro libagioni secondo il loro rito. Sarà un sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito al Signore. Il dieci di questo settimo mese terrete una riunione sacra e vi umili erete; non farete alcun lavoro e offrirete in olocausto di profumo gradito al Signore un giovenco un ariete sette agnelli dell’anno senza difetti. La loro oblazione sarà fior di farina impastata con olio: tre decimi per il giovenco due decimi per il solo ariete un decimo ogni volta per ciascuno d ei sette agnelli. Offrirete inoltre un capro in sacrificio per il peccato oltre il sacrificio per il peccat o del rito espiatorio e oltre l’olocausto perenne con la sua oblazione e le loro libagioni. Il quindic esimo giorno del settimo mese terrete una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile e cele brerete una festa in onore del Signore per sette giorni. Offrirete in olocausto come sacrificio co nsumato dal fuoco profumo gradito al Signore tredici giovenchi due arieti, quattordici agnelli de ll’anno senza difetti. La loro oblazione sarà fior di farina impastata con olio: tre decimi per ciasc uno dei tredici giovenchi due decimi per ciascuno dei due arieti, un decimo ogni volta per ciascu no dei quattordici agnelli. Offrirete inoltre un capro in sacrificio per il peccato oltre l’olocausto p erenne con la sua oblazione e la sua libagione. Il secondo giorno offrirete dodici giovenchi due a rieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro oblazioni e le libagioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il numero e il rito e un capro in sacrificio per il peccato oltre l’oloca usto perenne la sua oblazione e le loro libagioni. Il terzo giorno offrirete undici giovenchi due ari eti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro oblazioni e le loro libagioni per i giovenc hi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito, e un capro in sacrificio per il peccato oltr e l’olocausto perenne la sua oblazione e la sua libagione. Il quarto giorno offrirete dieci giovenc hi due arieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro offerte e le loro libagioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito e un capro in sacrificio per il pecc
ato, oltre l’olocausto perenne la sua oblazione e la sua libagione. Il quinto giorno offrirete nove giovenchi due arieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro oblazioni e le loro libag ioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito, e un capro in sacrificio p er il peccato oltre l’olocausto perenne la sua oblazione e la sua libagione. Il sesto giorno offriret e otto giovenchi due arieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro oblazioni e le lor o libagioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito e un capro in sacri ficio per il peccato oltre l’olocausto perenne la sua oblazione e la sua libagione. Il settimo giorn o offrirete sette giovenchi due arieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti, con le loro oblazi oni e le loro libagioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito e un ca pro in sacrificio per il peccato oltre l’olocausto perenne, la sua oblazione e la sua libagione. L’ott avo giorno terrete una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile; offrirete in olocausto co me sacrificio consumato dal fuoco, profumo gradito al Signore un giovenco un ariete sette agne lli dell’anno senza difetti, con le loro oblazioni e le loro libagioni per il giovenco l’ariete e gli agn elli secondo il loro numero e il rito e un capro in sacrificio per il peccato oltre l’olocausto perenn e la sua oblazione e la sua libagione. Questi sono i sacrifici che offrirete al Signore nelle vostre s olennità oltre i vostri voti e le vostre offerte spontanee si tratti dei vostri olocausti o delle vostr e oblazioni o delle vostre libagioni o dei vostri sacrifici di comunione”». Mosè riferì agli Israeliti quanto il Signore gli aveva ordinato. Mosè disse ai capi delle tribù degli Israeliti: «Questo il Sign ore ha ordinato: “Quando uno avrà fatto un voto al Signore o si sarà impegnato con giuramento a un obbligo non violi la sua parola ma dia esecuzione a quanto ha promesso con la bocca. Qua ndo una donna avrà fatto un voto al Signore e si sarà impegnata a un obbligo, mentre è ancora i n casa del padre durante la sua giovinezza se il padre venuto a conoscenza del voto di lei e dell’
obbligo al quale si è impegnata non dice nulla tutti i voti di lei saranno validi e saranno validi tut ti gli obblighi ai quali si sarà impegnata. Ma se il padre quando ne viene a conoscenza le fa oppo sizione tutti i voti di lei e tutti gli obblighi ai quali si sarà impegnata non saranno validi; il Signore la perdonerà perché il padre le ha fatto opposizione. Se si sposa quando è legata da voti o da u n obbligo assunto alla leggera con le labbra se il marito ne ha conoscenza e quando viene a con oscenza non dice nulla i voti di lei saranno validi e saranno validi gli obblighi da lei assunti. Ma s e il marito, quando ne viene a conoscenza le fa opposizione egli annullerà il voto che ella ha fatt o e l’obbligo che si è assunta alla leggera; il Signore la perdonerà. Ma il voto di una vedova o di una donna ripudiata qualunque sia l’obbligo che si è assunta rimarrà valido. Se una donna nella casa del marito farà voti o si impegnerà con giuramento a un obbligo e il marito ne avrà conosc enza se il marito non dice nulla e non le fa opposizione tutti i voti di lei saranno validi e saranno validi tutti gli obblighi da lei assunti. Ma se il marito quando ne viene a conoscenza li annulla qu anto le sarà uscito dalle labbra voti od obblighi non sarà valido: il marito lo ha annullato; il Signo re la perdonerà. Il marito può ratificare e il marito può annullare qualunque voto e qualunque gi uramento per il quale ella sia impegnata a mortificarsi. Ma se il marito con il passare dei giorni non dice nulla in proposito egli ratifica così tutti i voti di lei e tutti gli obblighi da lei assunti; li rat
ifica perché non ha detto nulla a questo proposito quando ne ha avuto conoscenza. Ma se li ann ulla qualche tempo dopo averne avuto conoscenza porterà il peso della colpa della moglie”». Q
ueste sono le leggi che il Signore prescrisse a Mosè riguardo al marito e alla moglie al padre e all a figlia quando questa è ancora fanciulla in casa del padre. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Co mpi la vendetta degli Israeliti contro i Madianiti quindi sarai riunito ai tuoi padri». Mosè disse al popolo: «Si armino fra voi uomini per l’esercito e marcino contro Madian per eseguire la vendet ta del Signore su Madian. Manderete in guerra mille uomini per tribù per tutte le tribù d’Israele
». Così furono reclutati tra le migliaia d’Israele, mille uomini per tribù cioè dodicimila armati per la guerra. Mosè mandò in guerra quei mille uomini per tribù e con loro Fineès figlio del sacerdo te Eleàzaro il quale portava gli oggetti sacri e aveva in mano le trombe dell’acclamazione. Marci arono dunque contro Madian come il Signore aveva ordinato a Mosè e uccisero tutti i maschi. T
ra i caduti uccisero anche i re di Madian Evì Rekem Sur Cur e Reba, cioè cinque re di Madian; uc cisero di spada anche Balaam figlio di Beor. Gli Israeliti fecero prigioniere le donne di Madian e i loro fanciulli e catturarono come bottino tutto il loro bestiame tutte le loro greggi e ogni loro b ene; appiccarono il fuoco a tutte le città che quelli abitavano e a tutti i loro recinti e presero tutt o il bottino e tutta la preda gente e bestiame. Poi condussero i prigionieri la preda e il bottino a Mosè al sacerdote Eleàzaro e alla comunità degli Israeliti accampati nelle steppe di Moab press o il Giordano di Gerico. Mosè il sacerdote Eleàzaro e tutti i prìncipi della comunità uscirono loro incontro fuori dell’accampamento. Mosè si adirò contro i comandanti dell’esercito capi di miglia ia e capi di centinaia che tornavano da quella spedizione di guerra. Mosè disse loro: «Avete lasci ato in vita tutte le femmine? Proprio loro per suggerimento di Balaam hanno insegnato agli Isra eliti l’infedeltà verso il Signore nella vicenda di Peor per cui venne il flagello nella comunità del S
ignore. Ora uccidete ogni maschio tra i fanciulli e uccidete ogni donna che si è unita con un uom o; ma tutte le fanciulle che non si sono unite con uomini conservatele in vita per voi. Voi poi acc ampatevi per sette giorni fuori del campo; chiunque ha ucciso qualcuno e chiunque ha toccato un caduto si purifichi il terzo e il settimo giorno: questo tanto per voi quanto per i vostri prigioni eri. Purificherete anche ogni veste ogni oggetto di pelle ogni lavoro di pelo di capra e ogni ogget to di legno». Il sacerdote Eleàzaro disse agli uomini dell’esercito che erano andati alla battaglia:
«Questa è la norma della legge che il Signore ha prescritto a Mosè: “L’oro l’argento il bronzo il f erro lo stagno e il piombo, quanto può sopportare il fuoco lo farete passare per il fuoco e sarà r eso puro purché venga purificato anche con l’acqua della purificazione; quanto non può soppor tare il fuoco lo farete passare per l’acqua. Laverete anche le vostre vesti il settimo giorno e sare te puri; poi potrete entrare nell’accampamento”». Il Signore disse a Mosè: «Tu con il sacerdote Eleàzaro e con i capi dei casati della comunità fa’ il computo di tutta la preda che è stata fatta: d ella gente e del bestiame; dividi la preda a metà fra coloro che usciti in guerra hanno sostenuto la battaglia e tutta la comunità. Dalla parte spettante ai soldati che sono usciti in guerra preleve rai un contributo per il Signore: cioè un individuo su cinquecento tanto delle persone quanto de l bestiame grosso degli asini e del bestiame minuto. Lo prenderete sulla metà di loro spettanza
e lo darai al sacerdote Eleàzaro, come offerta da presentare quale contributo in onore del Signo re. Della metà che spetta agli Israeliti prenderai una quota di uno su cinquanta tanto delle perso ne quanto del bestiame grosso, degli asini e del bestiame minuto; la darai ai leviti che hanno la custodia della Dimora del Signore». Mosè e il sacerdote Eleàzaro fecero come il Signore aveva o rdinato a Mosè. Il bottino cioè tutto ciò che rimaneva della preda fatta dagli uomini dell’esercit o consisteva in seicentosettantacinquemila capi di bestiame minuto, settantaduemila capi di be stiame grosso sessantunmila asini e trentaduemila persone ossia donne che non si erano unite c on uomini. La metà cioè la parte di quelli che erano usciti in guerra fu di trecentotrentasettemil acinquecento capi di bestiame minuto dei quali seicentosettantacinque per il tributo al Signore; trentaseimila capi di bestiame grosso dei quali settantadue per il tributo al Signore; trentamilac inquecento asini dei quali sessantuno per il tributo al Signore e sedicimila persone delle quali tr entadue per il tributo al Signore. Mosè diede al sacerdote Eleàzaro il contributo dell’offerta prel evata per il Signore come il Signore gli aveva ordinato. La metà che spettava agli Israeliti dopo c he Mosè ebbe fatto la spartizione per gli uomini dell’esercito la metà spettante alla comunità fu di trecentotrentasettemilacinquecento capi di bestiame minuto, trentaseimila capi di bestiame grosso trentamilacinquecento asini e sedicimila persone. Da questa metà che spettava agli Israe liti, Mosè prese la quota di uno su cinquanta degli uomini e degli animali e li diede ai leviti che h anno la custodia della Dimora del Signore come il Signore aveva ordinato a Mosè. I comandanti delle migliaia dell’esercito capi di migliaia e capi di centinaia si avvicinarono a Mosè e gli dissero
: «I tuoi servi hanno fatto il computo dei soldati che erano sotto i nostri ordini e non ne manca n eppure uno. Per questo portiamo in offerta al Signore ognuno quello che ha trovato di oggetti d
‘oro: bracciali braccialetti anelli pendenti, collane per compiere il rito espiatorio per le nostre pe rsone davanti al Signore». Mosè e il sacerdote Eleàzaro presero da loro quell’oro tutti gli oggetti lavorati. Tutto l’oro del contributo che prelevarono per il Signore da parte dei capi di migliaia e dei capi di centinaia pesava sedicimilasettecentocinquanta sicli. Gli uomini dell’esercito si tenne ro il bottino che ognuno aveva fatto per conto suo. Mosè e il sacerdote Eleàzaro presero l’oro d ei capi di migliaia e di centinaia e lo portarono nella tenda del convegno come memoriale per gli Israeliti davanti al Signore. I figli di Ruben e i figli di Gad avevano bestiame in numero molto gra nde; quando videro che la terra di Iazer e la terra di Gàlaad erano luoghi da bestiame i figli di Ga d e i figli di Ruben vennero a parlare a Mosè al sacerdote Eleàzaro e ai prìncipi della comunità e dissero: «Ataròt Dibon Iazer Nimra Chesbon Elalè, Sebam Nebo e Beon terre che il Signore ha co lpito alla presenza della comunità d’Israele sono terre da bestiame e i tuoi servi hanno appunto il bestiame». Aggiunsero: «Se abbiamo trovato grazia ai tuoi occhi sia concesso ai tuoi servi il po ssesso di questa regione: non farci passare il Giordano». Ma Mosè rispose ai figli di Gad e ai figli di Ruben: «Andrebbero dunque i vostri fratelli in guerra e voi ve ne stareste qui? Perché volete scoraggiare gli Israeliti dal passare nella terra che il Signore ha dato loro? Così fecero i vostri pad ri quando li mandai da Kades-Barnea per esplorare la terra. Salirono fino alla valle di Escol e dopo aver esplorato la terra scor
aggiarono gli Israeliti dall’entrare nella terra che il Signore aveva loro dato. Così l’ira del Signore si accese in quel giorno ed egli giurò: “Gli uomini che sono usciti dall’Egitto dai vent’anni in su n on vedranno mai la terra che ho promesso con giuramento ad Abramo a Isacco e a Giacobbe pe rché non mi hanno seguito pienamente, se non Caleb figlio di Iefunnè il Kenizzita e Giosuè figlio di Nun che hanno seguito il Signore pienamente”. L’ira del Signore si accese dunque contro Isra ele; lo fece errare nel deserto per quarant’anni finché non fosse finita tutta la generazione che a veva agito male agli occhi del Signore. Ed ecco voi sorgete al posto dei vostri padri, razza di uom ini peccatori per aumentare ancora l’ardore dell’ira del Signore contro Israele. Perché se voi vi ri traete dal seguirlo il Signore continuerà a lasciarlo nel deserto e voi avrete causato la perdita di tutto questo popolo». Ma quelli si avvicinarono a lui e gli dissero: «Costruiremo qui recinti per il nostro bestiame e città per i nostri fanciulli; ma quanto a noi ci armeremo in fretta per marciar e davanti agli Israeliti finché li avremo introdotti nel luogo destinato loro. Intanto i nostri fanciul li dimoreranno nelle città fortificate per timore degli abitanti della regione. Non torneremo alle nostre case finché ogni Israelita non abbia ereditato ciascuno la sua eredità non prenderemo nu lla in eredità con loro al di là del Giordano e più oltre perché la nostra eredità ci è toccata da qu esta parte del Giordano a oriente». Allora Mosè disse loro: «Se fate questo se vi armerete dava nti al Signore per andare a combattere se tutti quelli di voi che si armeranno passeranno il Gior dano davanti al Signore finché egli abbia scacciato i suoi nemici dalla sua presenza se non torne rete fin quando la terra sia stata sottomessa davanti al Signore voi sarete innocenti di fronte al Signore e di fronte a Israele e questa terra sarà vostra proprietà alla presenza del Signore. Ma s e non fate così voi peccherete contro il Signore; sappiate che il vostro peccato vi raggiungerà. C
ostruitevi pure città per i vostri fanciulli e recinti per le vostre greggi ma fate quello che la vostr a bocca ha promesso». I figli di Gad e i figli di Ruben dissero a Mosè: «I tuoi servi faranno quello che il mio signore comanda. I nostri fanciulli le nostre donne le nostre greggi e tutto il nostro b estiame rimarranno qui nelle città di Gàlaad; ma i tuoi servi tutti armati per la guerra andranno a combattere davanti al Signore come dice il mio signore». Allora Mosè diede per loro ordini al sacerdote Eleàzaro a Giosuè, figlio di Nun e ai capi delle famiglie delle tribù degli Israeliti. Mosè disse loro: «Se i figli di Gad e i figli di Ruben passeranno con voi il Giordano tutti armati per com battere davanti al Signore e se la terra sarà sottomessa davanti a voi darete loro in possesso la t erra di Gàlaad. Ma se non passeranno armati con voi avranno la loro proprietà in mezzo a voi ne lla terra di Canaan». I figli di Gad e i figli di Ruben risposero: «Faremo come il Signore ha ordinat o ai tuoi servi. Passeremo armati davanti al Signore nella terra di Canaan ma quanto a noi il poss esso della nostra eredità è di qua dal Giordano». Mosè dunque diede ai figli di Gad e ai figli di R
uben e a metà della tribù di Manasse figlio di Giuseppe il regno di Sicon re degli Amorrei e il reg no di Og re di Basan: il territorio con le sue città comprese entro i confini le città del territorio c he si stendeva all’intorno. I figli di Gad ricostruirono Dibon Ataròt Aroèr, Atròt-Sofan Iazer Iogbea Bet-Nimra e Bet-
Aran città fortificate e fecero recinti per le greggi. I figli di Ruben ricostruirono Chesbon, Elalè Ki
riatàim Nebo e Baal-
Meon i cui nomi furono mutati e Sibma e diedero nomi alle città che avevano ricostruito. I figli d i Machir figlio di Manasse, andarono nella terra di Gàlaad la presero e ne cacciarono gli Amorrei che vi abitavano. Mosè allora diede Gàlaad a Machir figlio di Manasse che vi si stabilì. Anche Iai r figlio di Manasse andò e prese i loro villaggi e li chiamò villaggi di Iair. Nobach andò e prese Ke nat con le dipendenze e la chiamò con il proprio nome Nobach. Queste sono le tappe degli Israe liti che uscirono dalla terra d’Egitto ordinati secondo le loro schiere sotto la guida di Mosè e di A ronne. Mosè scrisse i loro punti di partenza tappa per tappa per ordine del Signore; queste sono le loro tappe nell’ordine dei loro punti di partenza. Partirono da Ramses il primo mese il quindic esimo giorno del primo mese. Il giorno dopo la Pasqua gli Israeliti uscirono a mano alzata sotto gli occhi di tutto l’Egitto mentre gli Egiziani seppellivano quelli che il Signore aveva colpito fra lo ro cioè tutti i primogeniti quando il Signore aveva pronunciato il suo giudizio anche sui loro dèi.
Gli Israeliti partirono dunque da Ramses e si accamparono a Succot. Partirono da Succot e si acc amparono a Etam che è sull’estremità del deserto. Partirono da Etam e piegarono verso Pi-Achiròt che è di fronte a Baal-Sefòn e si accamparono davanti a Migdol. Partirono da Pi-Achiròt, passarono in mezzo al mare in direzione del deserto fecero tre giornate di marcia nel d eserto di Etam e si accamparono a Mara. Partirono da Mara e giunsero a Elìm; a Elìm c’erano do dici sorgenti di acqua e settanta palme: qui si accamparono. Partirono da Elìm e si accamparono presso il Mar Rosso. Partirono dal Mar Rosso e si accamparono nel deserto di Sin. Partirono dal deserto di Sin e si accamparono a Dofka. Partirono da Dofka e si accamparono ad Alus. Partiron o da Alus e si accamparono a Refidìm dove non c’era acqua da bere per il popolo. Partirono da R
efidìm e si accamparono nel deserto del Sinai. Partirono dal deserto del Sinai e si accamparono a Kibrot-Taavà. Partirono da Kibrot-Taavà e si accamparono a Caseròt. Partirono da Caseròt e si accamparono a Ritma. Partirono da Ritma e si accamparono a Rimmòn-Peres. Partirono da Rimmòn-Peres e si accamparono a Libna. Partirono da Libna e si accamparono a Rissa. Partirono da Rissa e si accamparono a Keelata. Partirono da Keelata e si accamparono al monte Sefer. Partirono da l monte Sefer e si accamparono a Caradà. Partirono da Caradà e si accamparono a Makelòt. Part irono da Makelòt e si accamparono a Tacat. Partirono da Tacat e si accamparono a Tarach. Parti rono da Tarach e si accamparono a Mitka. Partirono da Mitka e si accamparono a Casmonà. Par tirono da Casmonà e si accamparono a Moseròt. Partirono da Moseròt e si accamparono a Ben e-Iaakàn. Partirono da Bene-Iaakàn e si accamparono a Or-Ghidgad. Partirono da Or-Ghidgad e si accamparono a Iotbata. Partirono da Iotbata e si accamparono ad Abronà. Partiron o da Abronà e si accamparono a Esion-Ghèber. Partirono da Esion-Ghèber e si accamparono nel deserto di Sin cioè a Kades. Poi partirono da Kades e si accamparo no al monte Or all’estremità della terra di Edom. Il sacerdote Aronne salì sul monte Or per ordin e del Signore e in quel luogo morì il quarantesimo anno dopo l’uscita degli Israeliti dalla terra d’
Egitto il quinto mese il primo giorno del mese. Aronne era in età di centoventitré anni quando
morì sul monte Or. Il cananeo re di Arad che abitava nel Negheb nella terra di Canaan venne a s apere che gli Israeliti arrivavano. Partirono dal monte Or e si accamparono a Salmonà. Partirono da Salmonà e si accamparono a Punon. Partirono da Punon e si accamparono a Obot. Partirono da Obot e si accamparono a Iie-Abarìm sui confini di Moab. Partirono da Iie-Abarìm e si accamparono a Dibon-Gad. Partirono da Dibon-Gad e si accamparono ad Almon-Diblatàim. Partirono da Almon-
Diblatàim e si accamparono ai monti Abarìm di fronte al Nebo. Partirono dai monti Abarìm e si a ccamparono nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gerico. Si accamparono presso il Giorda no da Bet-Iesimòt fino ad Abel-Sittìm nelle steppe di Moab. Il Signore parlò a Mosè nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gerico e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Quando avrete attraversato il Giordano verso l a terra di Canaan e avrete cacciato dinanzi a voi tutti gli abitanti della terra distruggerete tutte l e loro immagini distruggerete tutte le loro statue di metallo fuso e devasterete tutte le loro altu re. Prenderete possesso della terra e in essa vi stabilirete poiché io vi ho dato la terra perché la possediate. Dividerete la terra a sorte secondo le vostre famiglie. A chi è numeroso darai numer osa eredità e a chi è piccolo darai piccola eredità. Ognuno avrà quello che gli sarà toccato in sort e; farete la divisione secondo le tribù dei vostri padri. Ma se non caccerete dinanzi a voi gli abita nti della terra, quelli di loro che vi avrete lasciati saranno per voi come spine negli occhi e pungo li nei fianchi e vi tratteranno da nemici nella terra in cui abiterete. Allora io tratterò voi come mi ero proposto di trattare loro”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ordina agli Israeliti e di’ loro: “
Quando entrerete nella terra di Canaan questa sarà la terra che vi toccherà in eredità: la terra di Canaan secondo i suoi confini. Il vostro confine meridionale comincerà al deserto di Sin a lato d i Edom; così la vostra frontiera meridionale partirà dall’estremità del Mar Morto a oriente; ques ta frontiera volgerà al sud della salita di Akrabbìm passerà per Sin e si estenderà a mezzogiorno di Kades-Barnea; poi continuerà verso Casar-Addar e passerà per Asmon. Da Asmon la frontiera girerà fino al torrente d’Egitto e finirà al mar e. La vostra frontiera a occidente sarà il Mare Grande: quella sarà la vostra frontiera occidentale
. Questa sarà la vostra frontiera settentrionale: partendo dal Mare Grande traccerete una linea fino al monte Or; dal monte Or la traccerete fino all’ingresso di Camat e l’estremità della frontie ra sarà a Sedad; la frontiera continuerà fino a Zifron e finirà a Casar-Enàn: questa sarà la vostra frontiera settentrionale. Traccerete la vostra frontiera orientale da C
asar-
Enan a Sefam; la frontiera scenderà da Sefam verso Ribla a oriente di Ain; poi la frontiera scend erà e si estenderà lungo il mare di Chinneret a oriente; poi la frontiera scenderà lungo il Giorda no e finirà al Mar Morto. Questa sarà la vostra terra con le sue frontiere tutt’intorno”». Mosè di ede quest’ordine agli Israeliti dicendo: «Questa è la terra che vi distribuirete a sorte e che il Sign ore ha ordinato di dare a nove tribù e mezza; poiché la tribù dei figli di Ruben secondo i loro cas ati paterni e la tribù dei figli di Gad secondo i loro casati paterni e metà della tribù di Manasse h
anno ricevuto la loro porzione. Queste due tribù e mezza hanno ricevuto la loro porzione oltre il Giordano di Gerico dal lato orientale». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Questi sono i nomi degl i uomini che spartiranno la terra fra voi: il sacerdote Eleàzaro e Giosuè figlio di Nun. Prenderete anche un principe uno per ogni tribù per fare la spartizione della terra. Ecco i nomi di questi uo mini. Per la tribù di Giuda Caleb figlio di Iefunnè. Per la tribù dei figli di Simeone Samuele figlio d i Ammiù d. Per la tribù di Beniamino Elidàd figlio di Chislon. Per la tribù dei figli di Dan il principe Bukkì figlio di Ioglì. Per i figli di Giuseppe per la tribù dei figli di Manasse il principe Cannièl figlio di Efod; per la tribù dei figli di èfraim il principe Kemuèl figlio di Siftan. Per la tribù dei figli di Zà bulon il principe Elisafàn figlio di Parnac. Per la tribù dei figli di ìssacar il principe Paltièl figlio di Azzan. Per la tribù dei figli di Aser il principe Achiù d figlio di Selomì. Per la tribù dei figli di Nèfta li il principe Pedaèl, figlio di Ammiù d». Questi sono coloro ai quali il Signore ordinò di spartire il possesso della terra di Canaan tra gli Israeliti. Il Signore parlò a Mosè nelle steppe di Moab pres so il Giordano di Gerico e disse: «Ordina agli Israeliti che dell’eredità che possederanno riservin o ai leviti città da abitare; darete anche ai leviti il terreno che è intorno alle città. Essi avranno le città per abitarvi e il terreno intorno servirà per il loro bestiame per i loro beni e per tutti i loro animali. Il terreno delle città che darete ai leviti si estenderà per lo spazio di mille cubiti fuori da lle mura della città tutt’intorno. Misurerete dunque all’esterno della città duemila cubiti dal lato orientale duemila cubiti dal lato meridionale duemila cubiti dal lato occidentale e duemila cubit i dal lato settentrionale; la città sarà in mezzo. Tali saranno i terreni di ciascuna delle loro città.
Fra le città che darete ai leviti sei saranno città di asilo che voi designerete perché vi si rifugi l’o micida: a queste aggiungerete altre quarantadue città. Tutte le città che darete ai leviti saranno dunque quarantotto con i relativi terreni. Le città che darete ai leviti verranno prese dalla propri età degli Israeliti: da chi ha molto prenderete molto da chi ha meno prenderete meno; ognuno ai leviti darà delle sue città in proporzione della parte che avrà ereditato». Il Signore parlò a Mo sè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Quando avrete attraversato il Giordano verso la ter ra di Canaan, designerete città che siano per voi città di asilo dove possa rifugiarsi l’omicida che avrà ucciso qualcuno involontariamente. Queste città vi serviranno di asilo contro il vendicatore del sangue perché l’omicida non sia messo a morte prima di comparire in giudizio dinanzi alla c omunità. Delle città che darete sei saranno dunque per voi città di asilo. Darete tre città di qua dal Giordano e darete tre altre città nella terra di Canaan; saranno città di asilo. Queste sei città serviranno di asilo agli Israeliti al forestiero e all’ospite che soggiornerà in mezzo a voi perché vi si rifugi chiunque abbia ucciso qualcuno involontariamente. Ma se uno colpisce un altro con un o strumento di ferro e quello muore quel tale è omicida; l’omicida dovrà essere messo a morte.
Se lo colpisce con una pietra che aveva in mano atta a causare la morte e il colpito muore quel t ale è un omicida; l’omicida dovrà essere messo a morte. O se lo colpisce con uno strumento di l egno che aveva in mano atto a causare la morte e il colpito muore quel tale è un omicida; l’omic ida dovrà essere messo a morte. Sarà il vendicatore del sangue quello che metterà a morte l’om icida; quando lo incontrerà lo ucciderà. Se uno dà a un altro una spinta per odio o gli getta contr
o qualcosa con premeditazione e quello muore o lo colpisce per inimicizia con la mano e quello muore chi ha colpito dovrà essere messo a morte; egli è un omicida e il vendicatore del sangue ucciderà l’omicida quando lo incontrerà. Ma se gli dà una spinta per caso e non per inimicizia o gli getta contro qualcosa senza premeditazione o se senza vederlo gli fa cadere addosso una pie tra che possa causare la morte e quello ne muore senza che l’altro gli fosse nemico o gli volesse fare del male, allora ecco le regole secondo le quali la comunità giudicherà fra colui che ha colpi to e il vendicatore del sangue. La comunità libererà l’omicida dalle mani del vendicatore del san gue e lo farà tornare alla città di asilo dove era fuggito. Lì dovrà abitare fino alla morte del som mo sacerdote che fu unto con l’olio santo. Ma se l’omicida esce dai confini della città di asilo do ve si era rifugiato e se il vendicatore del sangue lo trova fuori dei confini della sua città di asilo e uccide l’omicida il vendicatore del sangue non sarà reo del sangue versato. Perché l’omicida de ve stare nella sua città di asilo fino alla morte del sommo sacerdote; dopo la morte del sommo s acerdote, l’omicida potrà tornare nella terra di sua proprietà. Queste saranno per voi le regole di giudizio di generazione in generazione in tutte le vostre residenze. Se uno uccide un altro l’o micida sarà messo a morte in seguito a deposizione di testimoni ma un unico testimone non bas terà per condannare a morte una persona. Non accetterete prezzo di riscatto per la vita di un o micida reo di morte perché dovrà essere messo a morte. Non accetterete prezzo di riscatto che permetta all’omicida di fuggire dalla sua città di asilo e di tornare ad abitare nella sua terra fino alla morte del sacerdote. Non contaminerete la terra dove sarete perché il sangue contamina la terra e per la terra non vi è espiazione del sangue che vi è stato sparso se non mediante il sang ue di chi l’ha sparso. Non contaminerete dunque la terra che andate ad abitare e in mezzo alla q uale io dimorerò perché io sono il Signore che dimoro in mezzo agli Israeliti”». I capi delle famigl ie dei figli di Gàlaad figlio di Machir figlio di Manasse tra le famiglie dei figli di Giuseppe si fecero avanti a parlare in presenza di Mosè e dei prìncipi capi delle famiglie degli Israeliti e dissero: «Il Signore ha ordinato al mio signore di dare la terra in eredità agli Israeliti in base alla sorte; il mio signore ha anche ricevuto l’ordine dal Signore di dare l’eredità di Selofcàd nostro fratello alle fi glie di lui. Se queste sposano qualche figlio delle altre tribù degli Israeliti la loro eredità sarà detr atta dall’eredità dei nostri padri e aggiunta all’eredità della tribù alla quale apparterranno; così s arà detratta dall’eredità che ci è toccata in sorte. Quando verrà il giubileo per gli Israeliti la loro eredità sarà aggiunta a quella della tribù alla quale apparterranno e l’eredità loro sarà detratta dall’eredità della tribù dei nostri padri». Allora Mosè comandò agli Israeliti su ordine del Signore
: «La tribù dei figli di Giuseppe dice bene. Questo il Signore ha ordinato riguardo alle figlie di Sel ofcàd: sposeranno chi vorranno purché si sposino in una famiglia della tribù dei loro padri. Ness una eredità tra gli Israeliti potrà passare da una tribù all’altra ma ciascuno degli Israeliti si terrà vincolato all’eredità della tribù dei suoi padri. Ogni fanciulla che possiede un’eredità in una tribù degli Israeliti sposerà uno che appartenga a una famiglia della tribù di suo padre perché ognun o degli Israeliti rimanga nel possesso dell’eredità dei suoi padri e nessuna eredità passi da una tr ibù all’altra; ognuna delle tribù degli Israeliti si terrà vincolata alla propria eredità». Le figlie di S

elofcàd fecero secondo l’ordine che il Signore aveva dato a Mosè. Macla Tirsa Cogla Milca e Noa le figlie di Selofcàd sposarono i figli dei loro zii paterni; si sposarono nelle famiglie dei figli di Ma nasse figlio di Giuseppe e la loro eredità rimase nella tribù della famiglia del padre loro. Questi s ono i comandi e le leggi che il Signore impose agli Israeliti per mezzo di Mosè nelle steppe di Mo ab presso il Giordano di Gerico. Queste sono le parole che Mosè rivolse a tutto Israele oltre il Gi ordano nel deserto, nell’Araba di fronte a Suf tra Paran Tofel Laban Caseròt e Di-Zaab. Vi sono undici giornate di cammino dall’Oreb per la via del monte Seir fino a Kades-Barnea. Nel quarantesimo anno l’undicesimo mese il primo giorno del mese Mosè riferì agli Isra eliti quanto il Signore gli aveva ordinato per loro dopo avere sconfitto Sicon re degli Amorrei ch e abitava a Chesbon e Og re di Basan che abitava ad Astaròt a Edrei. Oltre il Giordano nella terra di Moab Mosè cominciò a spiegare questa legge: «Il Signore nostro Dio ci ha parlato sull’Oreb e ci ha detto: “Avete dimorato abbastanza su questa montagna; voltatevi levate l’accampamento e dirigetevi verso le montagne degli Amorrei e verso tutte le regioni vicine: l’Araba le montagn e la Sefela il Negheb la costa del mare – che è la terra dei Cananei e del Libano –
fino al grande fiume il fiume Eufrate. Ecco io ho posto davanti a voi la terra. Entrate e prendete possesso della terra che il Signore aveva giurato ai vostri padri ad Abramo a Isacco e a Giacobbe di dar loro e alla loro stirpe dopo di loro”. In quel tempo io vi ho parlato e vi ho detto: “Io non p osso da solo sostenere il peso di tutti voi. Il Signore vostro Dio vi ha moltiplicati ed eccovi numer osi come le stelle del cielo. Il Signore Dio dei vostri padri vi aumenterà mille volte di più e vi ben edirà come vi ha promesso. Ma come posso io da solo portare il vostro peso il vostro carico e le vostre liti? Sceglietevi nelle vostre tribù uomini saggi, intelligenti e stimati e io li costituirò vostri capi”. Voi mi rispondeste: “Va bene ciò che dici di fare”. Allora presi i capi delle vostre tribù uo mini saggi e stimati e li stabilii sopra di voi come capi: capi di migliaia capi di centinaia, capi di ci nquantine capi di decine e come scribi per le vostre tribù. In quel tempo diedi quest’ordine ai vo stri giudici: “Ascoltate le cause dei vostri fratelli e decidete con giustizia fra un uomo e suo fratel lo o lo straniero che sta presso di lui. Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali darete ascol to al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo poiché il giudizio appartiene a Dio; le ca use troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò”. In quel tempo io vi ordinai tut te le cose che dovevate fare. Poi partimmo dall’Oreb e attraversammo tutto quel deserto grand e e spaventoso che avete visto dirigendoci verso le montagne degli Amorrei come il Signore nos tro Dio ci aveva ordinato e giungemmo a Kades-Barnea. Allora vi dissi: “Siete arrivati presso la montagna degli Amorrei che il Signore nostro Dio sta per darci. Ecco il Signore tuo Dio ti ha posto la terra dinanzi: entra prendine possesso come i l Signore Dio dei tuoi padri ti ha detto; non temere e non ti scoraggiare!”. Voi tutti vi accostaste a me e diceste: “Mandiamo innanzi a noi uomini che esplorino la terra e ci riferiscano sul cammi no per il quale dovremo procedere e sulle città nelle quali dovremo entrare”. La proposta mi pia cque e scelsi dodici uomini tra voi uno per tribù. Quelli si incamminarono salirono verso i monti giunsero alla valle di Escol ed esplorarono il paese. Presero con le loro mani dei frutti della terra
ce li portarono e ci fecero questa relazione dicendo: “Buona è la terra che il Signore nostro Dio sta per darci”. Ma voi non voleste entrarvi e vi ribellaste all’ordine del Signore vostro Dio; morm oraste nelle vostre tende e diceste: “Il Signore ci odia per questo ci ha fatto uscire dalla terra d’
Egitto per darci in mano agli Amorrei e sterminarci. Dove possiamo andare noi? I nostri fratelli c i hanno scoraggiati dicendo: Quella gente è più grande e più alta di noi le città sono grandi e for tificate fino al cielo; abbiamo visto là perfino dei figli degli Anakiti”. Allora vi dissi: “Non spavent atevi e non abbiate paura di loro. Il Signore vostro Dio che vi precede egli stesso combatterà per voi come insieme a voi ha fatto sotto i vostri occhi in Egitto e nel deserto dove hai visto come il Signore, tuo Dio ti ha portato come un uomo porta il proprio figlio per tutto il cammino che ave te fatto finché siete arrivati qui”. Nonostante questo non aveste fiducia nel Signore vostro Dio, c he andava innanzi a voi nel cammino per cercarvi un luogo dove porre l’accampamento: di nott e nel fuoco per mostrarvi la via dove andare e di giorno nella nube. Il Signore udì il suono delle v ostre parole si adirò e giurò: “Nessuno degli uomini di questa generazione malvagia vedrà la bu ona terra che ho giurato di dare ai vostri padri se non Caleb figlio di Iefunnè. Egli la vedrà e a lui e ai suoi figli darò la terra su cui ha camminato perché ha pienamente seguito il Signore”. Anche contro di me si adirò il Signore per causa vostra e disse: “Neanche tu vi entrerai ma vi entrerà G
iosuè figlio di Nun che sta al tuo servizio; incoraggialo perché egli la metterà in possesso d’Israel e. Anche i vostri bambini dei quali avevate detto che sarebbero divenuti oggetto di preda e i vos tri figli che oggi non conoscono né il bene né il male essi vi entreranno; a loro la darò ed essi la possederanno. Ma voi tornate indietro e incamminatevi verso il deserto in direzione del Mar Ro sso”. Allora voi mi rispondeste: “Abbiamo peccato contro il Signore! Saliremo e combatteremo come il Signore nostro Dio ci ha ordinato”. Ognuno di voi cinse le armi e presumeste di salire ve rso la montagna. Il Signore mi disse: “Ordina loro: Non salite e non combattete perché io non so no in mezzo a voi e sarete sconfitti davanti ai vostri nemici”. Io ve lo dissi ma voi non mi ascoltas te; anzi vi ribellaste all’ordine del Signore foste presuntuosi e saliste verso i monti. Allora gli Am orrei che abitano quella montagna uscirono contro di voi vi inseguirono come fanno le api e vi b atterono in Seir fino a Corma. Voi tornaste e piangeste davanti al Signore; ma il Signore non die de ascolto alla vostra voce e non vi porse l’orecchio. Così rimaneste a Kades molti giorni per tutt o il tempo in cui vi siete rimasti. Allora tornammo indietro e ci incamminammo verso il deserto i n direzione del Mar Rosso come il Signore mi aveva detto e per lungo tempo girammo intorno a lla montagna di Seir. Il Signore mi disse: “Avete girato abbastanza intorno a questa montagna; v olgetevi verso settentrione. Da’ quest’ordine al popolo: Voi state per passare i confini dei figli di Esaù vostri fratelli che dimorano in Seir; essi avranno paura di voi ma state molto attenti: non muovete loro guerra perché della loro terra io non vi darò neppure quanto ne può calcare la pia nta di un piede; infatti ho dato la montagna di Seir in proprietà a Esaù. Comprerete da loro con denaro le vettovaglie che mangerete e comprerete da loro con denaro anche l’acqua che berret e perché il Signore tuo Dio ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani ti ha seguito nel tuo via ggio attraverso questo grande deserto. Il Signore tuo Dio è stato con te in questi quarant’anni e
non ti è mancato nulla”. Allora passammo oltre i nostri fratelli i figli di Esaù che abitano in Seir l ungo la via dell’Araba per Elat ed Esion-Ghèber. Poi piegammo e avanzammo in direzione del deserto di Moab. Il Signore mi disse: “Non attaccare Moab e non gli muovere guerra perché io non ti darò nulla da possedere nella sua ter ra; infatti ho dato Ar ai figli di Lot come loro proprietà”. Prima vi abitavano gli Emìm popolo gra nde numeroso alto di statura come gli Anakiti. Erano anch’essi considerati Refaìm come gli Anak iti ma i Moabiti li chiamavano Emìm. Anche in Seir prima abitavano gli Urriti ma i figli di Esaù li s cacciarono li distrussero e si stabilirono al posto loro come ha fatto Israele nella terra che possie de e che il Signore gli ha dato. “Ora alzatevi e attraversate il torrente Zered!”. E attraversammo il torrente Zered. La durata del nostro cammino da Kades-Barnea al passaggio del torrente Zered fu di trentotto anni finché tutta quella generazione di uo mini atti alla guerra scomparve dall’accampamento come il Signore aveva loro giurato. Anche la mano del Signore era stata contro di loro per sterminarli dall’accampamento fino ad annientarl i. Quando da mezzo al popolo scomparvero per morte tutti quegli uomini atti alla guerra, il Sign ore mi disse: “Oggi tu stai per attraversare i confini di Moab ad Ar e ti avvicinerai agli Ammoniti.
Non li attaccare e non muover loro guerra, perché io non ti darò nessun possesso nella terra de gli Ammoniti; infatti l’ho data in proprietà ai figli di Lot”. Anche questa terra era reputata terra dei Refaìm: prima vi abitavano i Refaìm e gli Ammoniti li chiamavano Zamzummìm popolo gran de numeroso alto di statura come gli Anakiti; ma il Signore li aveva distrutti davanti agli Ammon iti che li avevano scacciati e si erano stabiliti al loro posto. Allo stesso modo il Signore aveva fatt o per i figli di Esaù che abitano in Seir quando distrusse gli Urriti davanti a loro; essi li scacciaron o e si stabilirono al loro posto e vi sono rimasti fino ad oggi. Anche gli Avviti che dimoravano in v illaggi fino a Gaza furono distrutti dai Caftoriti usciti da Caftor i quali si stabilirono al loro posto.
“Alzatevi levate l’accampamento e attraversate il torrente Arnon; ecco io metto in tuo potere Si con l’Amorreo re di Chesbon e la sua terra; comincia a prenderne possesso e muovigli guerra. D
a quest’oggi comincerò a incutere paura e terrore di te nei popoli che sono sotto tutti i cieli così che all’udire la tua fama tremeranno e saranno presi da spavento dinanzi a te”. Allora mandai m essaggeri dal deserto di Kedemòt a Sicon re di Chesbon con parole di pace per dirgli: “Lasciami passare nella tua terra; io camminerò per la strada maestra senza volgermi né a destra né a sini stra. Tu mi venderai per denaro le vettovaglie che mangerò e mi darai per denaro l’acqua che b errò permettimi solo il transito, come mi hanno permesso i figli di Esaù che abitano in Seir e i M
oabiti che abitano ad Ar finché io abbia passato il Giordano verso la terra che il Signore nostro D
io sta per darci”. Ma Sicon re di Chesbon non volle lasciarci passare perché il Signore, tuo Dio gli aveva reso inflessibile lo spirito e ostinato il cuore per metterlo nelle tue mani come appunto è oggi. Il Signore mi disse: “Vedi ho cominciato a mettere in tuo potere Sicon e la sua terra; da’ ini zio alla conquista impadronendoti della sua terra”. Allora Sicon uscì contro di noi con tutta la su a gente per darci battaglia a Iaas. Il Signore nostro Dio ce lo consegnò e noi sconfiggemmo lui i s uoi figli e tutta la sua gente. In quel tempo prendemmo tutte le sue città e votammo allo stermi
nio ogni città, uomini donne e bambini; non vi lasciammo alcun superstite. Soltanto prelevamm o per noi come preda il bestiame e le spoglie delle città che avevamo preso. Da Aroèr che è sull a riva del torrente Arnon e dalla città che è nella valle fino a Gàlaad non ci fu città che fosse inac cessibile per noi: il Signore nostro Dio le mise tutte in nostro potere. Ma non ti avvicinasti alla te rra degli Ammoniti a tutta la riva del torrente Iabbok alle città delle montagne a tutti i luoghi ch e il Signore nostro Dio ci aveva proibito. Poi piegammo e salimmo per la via di Basan. Og re di B
asan con tutta la sua gente ci venne incontro per darci battaglia a Edrei. Il Signore mi disse: “No n lo temere perché io lo do in tuo potere lui tutta la sua gente e il suo territorio; trattalo come h ai trattato Sicon re degli Amorrei che abitava a Chesbon”. Così il Signore nostro Dio mise in nost ro potere anche Og re di Basan con tutta la sua gente; noi lo sconfiggemmo così che non gli rim ase più superstite alcuno. Gli prendemmo in quel tempo tutte le sue città non ci fu città che noi non prendessimo loro: sessanta città tutta la regione di Argob il regno di Og in Basan –
tutte queste città erano fortificate con alte mura porte e sbarre –
senza contare le città aperte che erano molto numerose. Noi le votammo allo sterminio come a vevamo fatto con Sicon re di Chesbon: votammo allo sterminio ogni città uomini donne e bambi ni. Ma prelevammo per noi come preda il bestiame e le spoglie delle città. In quel tempo prend emmo ai due re degli Amorrei la terra che è oltre il Giordano dal torrente Arnon al monte Ermo n – quelli di Sidone chiamano Sirion l’Ermon mentre gli Amorrei lo chiamano Senir –
tutte le città della pianura tutto Gàlaad tutto Basan fino a Salca e a Edrei città del regno di Og i n Basan. Perché Og re di Basan era rimasto l’unico superstite dei Refaìm. Ecco, il suo letto un let to di ferro non è forse a Rabbà degli Ammoniti? è lungo nove cubiti e largo quattro secondo il c ubito di un uomo. In quel tempo prendemmo possesso di questa terra da Aroèr sul torrente Arn on fino a metà della montagna di Gàlaad: diedi le sue città ai Rubeniti e ai Gaditi. Alla metà dell a tribù di Manasse diedi il resto di Gàlaad e tutto il regno di Og in Basan tutta la regione di Argo b con tutto Basan che si chiamava terra dei Refaìm. Iair figlio di Manasse prese tutta la regione di Argob sino ai confini dei Ghesuriti e dei Maacatiti e chiamò con il suo nome i villaggi di Basan che anche oggi si chiamano villaggi di Iair. A Machir assegnai Gàlaad. Ai Rubeniti e ai Gaditi diedi da Gàlaad fino al torrente Arnon – fino alla metà del torrente che serve di confine –
e fino al torrente Iabbok frontiera degli Ammoniti inoltre l’Araba e il Giordano; il territorio va d a Chinneret fino al mare dell’Araba cioè il Mar Morto sotto le pendici del Pisga a oriente. In quel tempo io vi diedi quest’ordine: “Il Signore vostro Dio vi ha dato questo paese in proprietà. Voi t utti uomini vigorosi passerete armati alla testa degli Israeliti vostri fratelli. Soltanto le vostre mo gli i vostri fanciulli e il vostro bestiame – so che di bestiame ne avete molto –
rimarranno nelle città che vi ho dato finché il Signore abbia dato una dimora tranquilla ai vostri fratelli come ha fatto per voi e prendano anch’essi possesso della terra che il Signore vostro Dio sta per dare a loro oltre il Giordano. Poi ciascuno tornerà nel territorio che io vi ho assegnato”.
In quel tempo diedi anche a Giosuè quest’ordine: “I tuoi occhi hanno visto quanto il Signore vos tro Dio ha fatto a questi due re; lo stesso farà il Signore a tutti i regni nei quali tu stai per entrar
e. Non li temete perché lo stesso Signore vostro Dio, combatte per voi”. In quel tempo io suppli cai il Signore dicendo: “Signore Dio tu hai cominciato a mostrare al tuo servo la tua grandezza e la tua mano potente; quale altro Dio infatti in cielo o sulla terra può fare opere e prodigi come i tuoi? Permetti che io passi al di là e veda la bella terra che è oltre il Giordano e questi bei monti e il Libano”. Ma il Signore si adirò contro di me per causa vostra e non mi esaudì. Il Signore mi di sse: “Basta non aggiungere più una parola su questo argomento. Sali sulla cima del Pisga volgi lo sguardo a occidente a settentrione a mezzogiorno e a oriente e contempla con gli occhi; perché tu non attraverserai questo Giordano. Trasmetti i tuoi ordini a Giosuè rendilo intrepido e incora ggialo perché lui lo attraverserà alla testa di questo popolo e metterà Israele in possesso della t erra che vedrai”. Così ci fermammo nella valle di fronte a Bet-Peor. Ora Israele ascolta le leggi e le norme che io vi insegno affinché le mettiate in pratica perc hé viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore Dio dei vostri padri sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore vostro Dio che io vi prescrivo. I vostri occhi videro ciò che il Signore fece a Baal-Peor: come il Signore tuo Dio abbia sterminato in mezzo a te quanti avevano seguito Baal-Peor; ma voi che vi manteneste fedeli al Signore vostro Dio siete oggi tutti in vita. Vedete io vi h o insegnato leggi e norme come il Signore mio Dio mi ha ordinato perché le mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. Le osserverete dunque e le metteret e in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli i qu ali udendo parlare di tutte queste leggi diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste com e è tutta questa legislazione che io oggi vi do? Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le c ose che i tuoi occhi hanno visto non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le ins egnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli. Il giorno in cui sei comparso davanti al Signore tu o Dio sull’Oreb il Signore mi disse: “Radunami il popolo e io farò loro udire le mie parole perché imparino a temermi per tutti i giorni della loro vita sulla terra e le insegnino ai loro figli”. Voi vi a vvicinaste e vi fermaste ai piedi del monte; il monte ardeva con il fuoco che si innalzava fino alla sommità del cielo fra tenebre nuvole e oscurità. Il Signore vi parlò dal fuoco; voi udivate il suon o delle parole ma non vedevate alcuna figura: vi era soltanto una voce. Egli vi annunciò la sua al leanza che vi comandò di osservare cioè le dieci parole e le scrisse su due tavole di pietra. In qu ella circostanza il Signore mi ordinò di insegnarvi leggi e norme perché voi le metteste in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. State bene in guardia per la vostra v ita: poiché non vedeste alcuna figura quando il Signore vi parlò sull’Oreb dal fuoco non vi corro mpete dunque e non fatevi l’immagine scolpita di qualche idolo la figura di maschio o di femmi na la figura di qualunque animale che è sopra la terra la figura di un uccello che vola nei cieli la f igura di una bestia che striscia sul suolo la figura di un pesce che vive nelle acque sotto la terra.
Quando alzi gli occhi al cielo e vedi il sole la luna le stelle e tutto l’esercito del cielo tu non lascia
rti indurre a prostrarti davanti a quelle cose e a servirle; cose che il Signore tuo Dio ha dato in so rte a tutti i popoli che sono sotto tutti i cieli. Voi invece il Signore vi ha presi vi ha fatti uscire dal crogiuolo di ferro dall’Egitto perché foste per lui come popolo di sua proprietà quale oggi siete.
Il Signore si adirò contro di me per causa vostra e giurò che io non avrei attraversato il Giordano e non sarei entrato nella buona terra che il Signore tuo Dio sta per darti in eredità. Difatti io mo rirò in questa terra senza attraversare il Giordano; ma voi lo attraverserete e possederete quell a buona terra. Guardatevi dal dimenticare l’alleanza che il Signore vostro Dio ha stabilito con vo i e dal farvi alcuna immagine scolpita di qualunque cosa riguardo alla quale il Signore tuo Dio ti ha dato un comando perché il Signore tuo Dio è fuoco divoratore un Dio geloso. Quando avrete generato figli e nipoti e sarete invecchiati nella terra se vi corromperete, se vi farete un’immagi ne scolpita di qualunque cosa se farete ciò che è male agli occhi del Signore tuo Dio per irritarlo io chiamo oggi a testimone contro di voi il cielo e la terra: voi certo scomparirete presto dalla te rra in cui state per entrare per prenderne possesso attraversando il Giordano. Voi non vi rimarr ete lunghi giorni ma sarete tutti sterminati. Il Signore vi disperderà fra i popoli e non resterete c he un piccolo numero fra le nazioni dove il Signore vi condurrà. Là servirete a dèi fatti da mano d’uomo di legno e di pietra i quali non vedono non mangiano non odorano. Ma di là cercherai il Signore, tuo Dio e lo troverai se lo cercherai con tutto il cuore e con tutta l’anima. Nella tua disp erazione tutte queste cose ti accadranno; negli ultimi giorni però tornerai al Signore tuo Dio e a scolterai la sua voce poiché il Signore tuo Dio è un Dio misericordioso, non ti abbandonerà e no n ti distruggerà non dimenticherà l’alleanza che ha giurato ai tuoi padri. Interroga pure i tempi a ntichi che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità all’a ltra dei cieli vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un po polo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco come l’hai udita tu e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove segni prodig i e battaglie con mano potente e braccio teso e grandi terrori come fece per voi il Signore vostro Dio in Egitto, sotto i tuoi occhi? Tu sei stato fatto spettatore di queste cose perché tu sappia ch e il Signore è Dio e che non ve n’è altri fuori di lui. Dal cielo ti ha fatto udire la sua voce per educ arti; sulla terra ti ha mostrato il suo grande fuoco e tu hai udito le sue parole che venivano dal f uoco. Poiché ha amato i tuoi padri ha scelto la loro discendenza dopo di loro e ti ha fatto uscire dall’Egitto con la sua presenza e con la sua grande potenza, scacciando dinanzi a te nazioni più g randi e più potenti di te facendoti entrare nella loro terra e dandotene il possesso com’è oggi. S
appi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia fe lice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio ti dà per sempre». In quel tempo Mosè scelse tre città oltre il Giordano a oriente, perché servissero di asi lo all’omicida che avesse ucciso il suo prossimo involontariamente senza averlo odiato prima pe rché potesse aver salva la vita rifugiandosi in una di quelle città. Esse furono Beser nel deserto s ull’altopiano per i Rubeniti, Ramot in Gàlaad per i Gaditi e Golan in Basan per i Manassiti. Quest
a è la legge che Mosè espose agli Israeliti. Queste sono le istruzioni le leggi e le norme che Mosè diede agli Israeliti quando furono usciti dall’Egitto oltre il Giordano nella valle di fronte a Bet-Peor nella terra di Sicon, re degli Amorrei che abitava a Chesbon e che Mosè e gli Israeliti sconfi ssero quando furono usciti dall’Egitto. Essi avevano preso possesso della terra di lui e del paese di Og re di Basan – due re Amorrei che stavano oltre il Giordano a oriente –
da Aroèr che è sulla riva del torrente Arnon fino al monte Sirion cioè l’Ermon, con tutta l’Araba oltre il Giordano a oriente fino al mare dell’Araba sotto le pendici del Pisga. Mosè convocò tutto Israele e disse loro: «Ascolta Israele le leggi e le norme che oggi io proclamo ai vostri orecchi: i mparatele e custoditele per metterle in pratica. Il Signore nostro Dio ha stabilito con noi un’alle anza sull’Oreb. Il Signore non ha stabilito quest’alleanza con i nostri padri ma con noi che siamo qui oggi tutti vivi. Il Signore sul monte vi ha parlato dal fuoco faccia a faccia, mentre io stavo tra il Signore e voi per riferirvi la parola del Signore perché voi avevate paura di quel fuoco e non er avate saliti sul monte. Egli disse: “Io sono il Signore tuo Dio che ti ho fatto uscire dalla terra d’Eg itto dalla condizione servile. Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alc una di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra né di quanto è nelle acque sott o la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per col oro che mi odiano ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni per quelli che mi aman o e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore tuo Dio perch é il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Osserva il giorno del sabato p er santificarlo come il Signore tuo Dio ti ha comandato. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavor o; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro né tu né t uo figlio, né tua figlia né il tuo schiavo né la tua schiava né il tuo bue né il tuo asino né il tuo bes tiame né il forestiero che dimora presso di te perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino co me te. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscir e di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno del sabato. Onora tuo padre e tua madre come il Signore tuo Dio ti ha comandato perché si prol unghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà. Non ucciderai. Non com metterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai testimonianza menzognera contro il tuo pros simo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo. Non bramerai la casa del tuo prossimo né il s uo campo né il suo schiavo né la sua schiava né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che ap partenga al tuo prossimo”. Sul monte il Signore disse con voce possente queste parole a tutta la vostra assemblea in mezzo al fuoco alla nube e all’oscurità. Non aggiunse altro. Le scrisse su du e tavole di pietra e me le diede. Quando udiste la voce in mezzo alle tenebre mentre il monte er a tutto in fiamme i vostri capitribù e i vostri anziani si avvicinarono tutti a me e dissero: “Ecco il Signore nostro Dio ci ha mostrato la sua gloria e la sua grandezza e noi abbiamo udito la sua voc e dal fuoco; oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l’uomo e l’uomo restare vivo. Ma ora p erché dovremmo morire? Questo grande fuoco infatti ci consumerà. Se continuiamo a udire anc
ora la voce del Signore nostro Dio moriremo. Chi infatti tra tutti i mortali ha udito come noi la v oce del Dio vivente parlare dal fuoco ed è rimasto vivo? Accòstati tu e ascolta tutto ciò che il Sig nore nostro Dio dirà. Tu ci riferirai tutto ciò che il Signore nostro Dio ti avrà detto: noi lo ascolte remo e lo faremo”. Il Signore udì il suono delle vostre parole mentre mi parlavate e mi disse: “H
o udito le parole che questo popolo ti ha rivolto. Tutto ciò che hanno detto va bene. Oh se aves sero sempre un tal cuore da temermi e da osservare tutti i miei comandi per essere felici loro e i loro figli per sempre! Va’ e di’ loro: Tornate alle vostre tende. Ma tu resta qui con me e io ti de tterò tutti i comandi tutte le leggi e le norme che dovrai insegnare loro perché le mettano in pra tica nella terra che io sto per dare loro in possesso”. Abbiate cura perciò di fare come il Signore vostro Dio vi ha comandato. Non deviate né a destra né a sinistra; camminate in tutto e per tutt o per la via che il Signore vostro Dio vi ha prescritto perché viviate e siate felici e rimaniate a lun go nella terra di cui avrete il possesso. Questi sono i comandi le leggi e le norme che il Signore v ostro Dio ha ordinato di insegnarvi perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrar e per prenderne possesso; perché tu tema il Signore tuo Dio osservando per tutti i giorni della t ua vita tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta o Israele e bada di metterli in pratica perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele come il Signore Dio dei tuoi padri ti ha detto. Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli ne parlerai quando ti troverai in casa tua quando ca mminerai per via quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segn o ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue po rte. Quando il Signore tuo Dio ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti con città grandi e belle che tu non hai edificato, case piene di og ni bene che tu non hai riempito cisterne scavate ma non da te vigne e oliveti che tu non hai pian tato quando avrai mangiato e ti sarai saziato guàrdati dal dimenticare il Signore che ti ha fatto u scire dalla terra d’Egitto dalla condizione servile. Temerai il Signore tuo Dio lo servirai e giurerai per il suo nome. Non seguirete altri dèi divinità dei popoli che vi staranno attorno, perché il Sign ore tuo Dio che sta in mezzo a te è un Dio geloso; altrimenti l’ira del Signore tuo Dio si accender à contro di te e ti farà scomparire dalla faccia della terra. Non tenterete il Signore vostro Dio co me lo tentaste a Massa. Osserverete diligentemente i comandi del Signore vostro Dio le istruzio ni e le leggi che ti ha date. Farai ciò che è giusto e buono agli occhi del Signore perché tu sia felic e ed entri in possesso della buona terra che il Signore giurò ai tuoi padri di darti, dopo che egli a vrà scacciato tutti i tuoi nemici davanti a te come il Signore ha promesso. Quando in avvenire tu o figlio ti domanderà: “Che cosa significano queste istruzioni queste leggi e queste norme che il Signore nostro Dio vi ha dato?” tu risponderai a tuo figlio: “Eravamo schiavi del faraone in Egitt o e il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente. Il Signore operò sotto i nostri occhi seg ni e prodigi grandi e terribili contro l’Egitto contro il faraone e contro tutta la sua casa. Ci fece u
scire di là per condurci nella terra che aveva giurato ai nostri padri di darci. Allora il Signore ci or dinò di mettere in pratica tutte queste leggi temendo il Signore nostro Dio così da essere sempr e felici ed essere conservati in vita come appunto siamo oggi. La giustizia consisterà per noi nel mettere in pratica tutti questi comandi, davanti al Signore nostro Dio come ci ha ordinato”. Qua ndo il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possess o e avrà scacciato davanti a te molte nazioni: gli Ittiti i Gergesei gli Amorrei i Cananei i Perizziti gl i Evei e i Gebusei sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore tuo Dio le avrà m esse in tuo potere e tu le avrai sconfitte tu le voterai allo sterminio. Con esse non stringerai alcu na alleanza e nei loro confronti non avrai pietà. Non costituirai legami di parentela con loro non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli perché allontanerebbero la tua discendenza dal seguire me per farli servire a dèi stranieri e l’ira del Signore si accendere bbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe. Ma con loro vi comporterete in questo modo: demolirete i loro altari spezzerete le loro stele taglierete i loro pali sacri brucerete i loro idoli nel fuoco. Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio: il Signore tuo Dio ti ha scelto per e ssere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra. Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli –
siete infatti il più piccolo di tutti i popoli –
, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile dalla mano del faraone re d’Egitto. Riconosci dunque il Signore tuo Dio: egli è Dio il Dio fedele c he mantiene l’alleanza e la bontà per mille generazioni con coloro che lo amano e osservano i s uoi comandamenti ma ripaga direttamente coloro che lo odiano, facendoli perire; non concede una dilazione a chi lo odia ma lo ripaga direttamente. Osserverai dunque mettendoli in pratica i comandi le leggi e le norme che oggi ti prescrivo. Se avrete dato ascolto a queste norme e se le avrete osservate e messe in pratica, il Signore tuo Dio conserverà per te l’alleanza e la bontà ch e ha giurato ai tuoi padri. Egli ti amerà ti benedirà ti moltiplicherà benedirà il frutto del tuo seno e il frutto del tuo suolo: il tuo frumento il tuo mosto e il tuo olio i parti delle tue vacche e i nati del tuo gregge nel paese che ha giurato ai tuoi padri di darti. Tu sarai benedetto più di tutti i po poli: non sarà sterile né il maschio né la femmina in mezzo a te e neppure in mezzo al tuo bestia me. Il Signore allontanerà da te ogni infermità e non manderà su di te alcuna di quelle funeste malattie d’Egitto che ben conoscesti ma le manderà a quanti ti odiano. Sterminerai dunque tutti i popoli che il Signore tuo Dio sta per consegnarti. Il tuo occhio non ne abbia compassione e no n servire i loro dèi perché ciò è una trappola per te. Forse dirai in cuor tuo: “Queste nazioni son o più numerose di me; come potrò scacciarle?”. Non temerle! Ricòrdati di quello che il Signore t uo Dio fece al faraone e a tutti gli Egiziani: le grandi prove che hai visto con gli occhi i segni i pro digi la mano potente e il braccio teso con cui il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire. Così farà il Sign ore tuo Dio a tutti i popoli dei quali hai timore. Anche i calabroni manderà contro di loro il Signo re tuo Dio finché non siano periti quelli che saranno rimasti illesi o nascosti al tuo sguardo. Non
tremare davanti a loro perché il Signore tuo Dio è in mezzo a te Dio grande e terribile. Il Signore tuo Dio scaccerà a poco a poco queste nazioni dinanzi a te: tu non le potrai distruggere in fretta altrimenti le bestie selvatiche si moltiplicherebbero a tuo danno; ma il Signore tuo Dio le metter à in tuo potere e le getterà in grande spavento finché siano distrutte. Ti metterà nelle mani i lor o re e tu farai perire i loro nomi sotto il cielo; nessuno potrà resisterti finché tu le abbia distrutt e. Darai alle fiamme le sculture dei loro dèi. Non bramerai e non prenderai per te l’argento e l’o ro che le ricopre altrimenti ne resteresti come preso in trappola perché sono un abominio per il Signore tuo Dio. Non introdurrai un abominio in casa tua perché sarai come esso votato allo ste rminio. Lo detesterai e lo avrai in abominio perché è votato allo sterminio. Abbiate cura di mett ere in pratica tutti i comandi che oggi vi do perché viviate, diveniate numerosi ed entriate in pos sesso della terra che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri. Ricòrdati di tutto il cammino ch e il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto per umiliarti e mett erti alla prova per sapere quello che avevi nel cuore se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato ti ha fatto provare la fame poi ti ha nutrito di manna che tu non cono scevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto per farti capire che l’uomo non vive soltant o di pane ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Il tuo mantello non ti si è l ogorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni. Riconosci dunque in cuor tuo che come un uomo corregge il figlio così il Signore tuo Dio corregge te. Osserva i co mandi del Signore tuo Dio camminando nelle sue vie e temendolo, perché il Signore tuo Dio sta per farti entrare in una buona terra: terra di torrenti di fonti e di acque sotterranee che scaturis cono nella pianura e sulla montagna; terra di frumento di orzo di viti di fichi e di melograni; terr a di ulivi di olio e di miele; terra dove non mangerai con scarsità il pane dove non ti mancherà n ulla; terra dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Mangerai sarai sazio e bene dirai il Signore tuo Dio a causa della buona terra che ti avrà dato. Guàrdati bene dal dimenticare il Signore tuo Dio così da non osservare i suoi comandi le sue norme e le sue leggi che oggi io ti prescrivo. Quando avrai mangiato e ti sarai saziato quando avrai costruito belle case e vi avrai a bitato quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi accrescersi il tuo argento e il tuo oro e abbondare ogni tua cosa, il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare i l Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto dalla condizione servile; che ti ha cond otto per questo deserto grande e spaventoso luogo di serpenti velenosi e di scorpioni terra asse tata senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti h a nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri per umiliarti e per provarti per farti felice nel tuo av venire. Guàrdati dunque dal dire nel tuo cuore: “La mia forza e la potenza della mia mano mi ha nno acquistato queste ricchezze”. Ricòrdati invece del Signore tuo Dio perché egli ti dà la forza per acquistare ricchezze al fine di mantenere come fa oggi, l’alleanza che ha giurato ai tuoi padr i. Ma se tu dimenticherai il Signore tuo Dio e seguirai altri dèi e li servirai e ti prostrerai davanti a loro io attesto oggi contro di voi che certo perirete! Perirete come le nazioni che il Signore sta per far perire davanti a voi se non avrete dato ascolto alla voce del Signore vostro Dio. Ascolta I
sraele! Oggi tu stai per attraversare il Giordano per andare a conquistare nazioni più grandi e pi ù potenti di te città grandi e fortificate fino al cielo, un popolo grande e alto di statura i figli degl i Anakiti che tu conosci e dei quali hai sentito dire: “Chi mai può resistere ai figli di Anak?”. Sapp i dunque oggi che il Signore tuo Dio passerà davanti a te come fuoco divoratore li distruggerà e l i abbatterà davanti a te. Tu li scaccerai e li distruggerai rapidamente come il Signore ti ha detto.
Quando il Signore tuo Dio li avrà scacciati davanti a te non pensare: “A causa della mia giustizia i l Signore mi ha fatto entrare in possesso di questa terra”. è invece per la malvagità di queste na zioni che il Signore le scaccia davanti a te. No tu non entri in possesso della loro terra a causa de lla tua giustizia né a causa della rettitudine del tuo cuore; ma il Signore tuo Dio scaccia quelle na zioni davanti a te per la loro malvagità e per mantenere la parola che il Signore ha giurato ai tuo i padri ad Abramo a Isacco e a Giacobbe. Sappi dunque che non a causa della tua giustizia il Sign ore tuo Dio ti dà il possesso di questa buona terra; anzi tu sei un popolo di dura cervice. Ricòrda ti non dimenticare come hai provocato all’ira il Signore tuo Dio nel deserto. Da quando usciste d alla terra d’Egitto fino al vostro arrivo in questo luogo siete stati ribelli al Signore. All’Oreb prov ocaste l’ira del Signore; il Signore si adirò contro di voi fino a volere la vostra distruzione. Quand o io salii sul monte a prendere le tavole di pietra le tavole dell’alleanza che il Signore aveva stabi lito con voi rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare pane né bere acq ua. Il Signore mi diede le due tavole di pietra scritte dal dito di Dio sulle quali stavano tutte le pa role che il Signore vi aveva detto sul monte in mezzo al fuoco il giorno dell’assemblea. Alla fine dei quaranta giorni e delle quaranta notti il Signore mi diede le due tavole di pietra le tavole dell
’alleanza. Poi il Signore mi disse: “àlzati scendi in fretta di qui perché il tuo popolo che hai fatto uscire dall’Egitto si è traviato; si sono presto allontanati dalla via che io avevo loro indicata: si so no fatti un idolo di metallo fuso”. Il Signore mi aggiunse: “Io ho visto questo popolo; ecco è un p opolo di dura cervice. Lasciami fare: io li distruggerò e cancellerò il loro nome sotto i cieli e farò di te una nazione più potente e più grande di loro”. Così io mi volsi e scesi dal monte. Il monte b ruciava nelle fiamme. Le due tavole dell’alleanza erano nelle mie mani. Guardai ed ecco avevate peccato contro il Signore vostro Dio. Avevate fatto per voi un vitello di metallo fuso: avevate be n presto lasciato la via che il Signore vi aveva prescritto. Allora afferrai le due tavole, le gettai co n le mie mani le spezzai sotto i vostri occhi e mi prostrai davanti al Signore. Come avevo fatto la prima volta per quaranta giorni e per quaranta notti non mangiai pane né bevvi acqua a causa d el grande peccato che avevate commesso facendo ciò che è male agli occhi del Signore per prov ocarlo. Io avevo paura di fronte all’ira e al furore di cui il Signore era acceso contro di voi al punt o di volervi distruggere. Ma il Signore mi esaudì anche quella volta. Anche contro Aronne il Sign ore si era fortemente adirato al punto di volerlo far perire. In quell’occasione io pregai anche pe r Aronne. Poi presi l’oggetto del vostro peccato il vitello che avevate fatto lo bruciai nel fuoco lo feci a pezzi frantumandolo finché fosse ridotto in polvere e buttai quella polvere nel torrente c he scende dal monte. Anche a Taberà a Massa e a Kibrot-Taavà voi provocaste il Signore. Quando il Signore volle farvi partire da Kades-
Barnea dicendo: “Entrate e prendete in possesso la terra che vi do” voi vi ribellaste all’ordine de l Signore vostro Dio non aveste fede in lui e non obbediste alla sua voce. Siete stati ribelli al Sign ore da quando vi ho conosciuto. Io stetti prostrato davanti al Signore per quaranta giorni e per quaranta notti, perché il Signore aveva minacciato di distruggervi. Pregai il Signore e dissi: “Sign ore Dio non distruggere il tuo popolo la tua eredità che hai riscattato nella tua grandezza, che h ai fatto uscire dall’Egitto con mano potente. Ricòrdati dei tuoi servi Abramo Isacco e Giacobbe; non guardare alla caparbietà di questo popolo e alla sua malvagità e al suo peccato perché la te rra da dove ci hai fatto uscire non dica: Poiché il Signore non era in grado di introdurli nella terr a che aveva loro promesso e poiché li odiava li ha fatti uscire di qui per farli morire nel deserto.
Al contrario essi sono il tuo popolo la tua eredità che tu hai fatto uscire dall’Egitto con grande p otenza e con il tuo braccio teso”. In quel tempo il Signore mi disse: “Tàgliati due tavole di pietra simili alle prime e sali da me sul monte. Costruisci anche un’arca di legno. Io scriverò su quelle t avole le parole che erano sulle prime che tu hai spezzato e tu le metterai nell’arca”. Io feci dunq ue un’arca di legno d’acacia e tagliai due tavole di pietra simili alle prime; poi salii sul monte con le due tavole in mano. Il Signore scrisse su quelle tavole come era stato scritto la prima volta ci oè le dieci parole che il Signore aveva promulgato per voi sul monte in mezzo al fuoco il giorno dell’assemblea. Il Signore me le consegnò. Allora mi voltai scesi dal monte e collocai le tavole ne ll’arca che avevo fatto. Là restarono come il Signore mi aveva ordinato. Poi gli Israeliti partirono dai pozzi di Bene-Iaakàn per Moserà. Là morì Aronne e là fu sepolto. Al suo posto divenne sacerdote suo figlio Ele àzaro. Di là partirono alla volta di Gudgoda e da Gudgoda alla volta di Iotbata terra ricca di torre nti d’acqua. In quel tempo il Signore prescelse la tribù di Levi per portare l’arca dell’alleanza del Signore per stare davanti al Signore per servirlo e per benedire nel suo nome come avviene fino ad oggi. Perciò Levi non ha parte né eredità con i suoi fratelli: il Signore è la sua eredità come gl i aveva detto il Signore tuo Dio. Io ero rimasto sul monte come la prima volta quaranta giorni e quaranta notti. Il Signore mi esaudì anche questa volta: il Signore non ha voluto distruggerti. Poi il Signore mi disse: “àlzati mettiti in cammino alla testa del tuo popolo: entrino nella terra che g iurai ai loro padri di dare loro e ne prendano possesso”. Ora Israele che cosa ti chiede il Signore tuo Dio se non che tu tema il Signore tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie che tu lo ami c he tu serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima che tu osservi i comandi del S
ignore e le sue leggi che oggi ti do per il tuo bene? Ecco al Signore tuo Dio appartengono i cieli i cieli dei cieli la terra e quanto essa contiene. Ma il Signore predilesse soltanto i tuoi padri li amò e dopo di loro ha scelto fra tutti i popoli la loro discendenza cioè voi come avviene oggi. Circonc idete dunque il vostro cuore ostinato e non indurite più la vostra cervice; perché il Signore vostr o Dio è il Dio degli dèi il Signore dei signori il Dio grande forte e terribile che non usa parzialità e non accetta regali, rende giustizia all’orfano e alla vedova ama il forestiero e gli dà pane e vestit o. Amate dunque il forestiero perché anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto. Temi il Signo re tuo Dio servilo restagli fedele e giura nel suo nome. Egli è la tua lode egli è il tuo Dio che ha fa
tto per te quelle cose grandi e tremende che i tuoi occhi hanno visto. I tuoi padri scesero in Egitt o in numero di settanta persone; ora il Signore tuo Dio ti ha reso numeroso come le stelle del ci elo. Ama dunque il Signore tuo Dio e osserva ogni giorno le sue prescrizioni: le sue leggi le sue n orme e i suoi comandi. Oggi voi –
non parlo ai vostri figli che non hanno conosciuto né hanno visto le lezioni del Signore vostro Di o –
riconoscete la sua grandezza la sua mano potente il suo braccio teso i suoi portenti le opere ch e ha fatto in mezzo all’Egitto contro il faraone re d’Egitto e contro la sua terra; ciò che ha fatto a ll’esercito d’Egitto ai suoi cavalli e ai suoi carri come ha fatto rifluire su di loro le acque del Mar Rosso quando essi vi inseguivano e come il Signore li ha distrutti per sempre; ciò che ha fatto pe r voi nel deserto fino al vostro arrivo in questo luogo; ciò che ha fatto a Datan e ad Abiràm figli di Eliàb figlio di Ruben, quando la terra spalancò la bocca e li inghiottì con le loro famiglie le loro tende e quanto a loro apparteneva in mezzo a tutto Israele. Davvero i vostri occhi hanno visto l e grandi cose che il Signore ha operato. Osserverete dunque tutti i comandi che oggi vi do perch é siate forti e possiate conquistare la terra che state per invadere al fine di possederla e perché restiate a lungo nel paese che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri e alla loro discendenza
: terra dove scorrono latte e miele. Certamente la terra in cui stai per entrare per prenderne po ssesso non è come la terra d’Egitto da cui siete usciti e dove gettavi il tuo seme e poi lo irrigavi c on il tuo piede come fosse un orto di erbaggi; ma la terra che andate a prendere in possesso è u na terra di monti e di valli beve l’acqua della pioggia che viene dal cielo: è una terra della quale i l Signore tuo Dio ha cura e sulla quale si posano sempre gli occhi del Signore tuo Dio dal principi o dell’anno sino alla fine. Ora se obbedirete diligentemente ai comandi che oggi vi do amando il Signore vostro Dio e servendolo con tutto il cuore e con tutta l’anima io darò alla vostra terra la pioggia al suo tempo: la pioggia d’autunno e la pioggia di primavera perché tu possa raccoglier e il tuo frumento il tuo vino e il tuo olio. Darò anche erba al tuo campo per il tuo bestiame. Tu mangerai e ti sazierai. State in guardia perché il vostro cuore non si lasci sedurre e voi vi allonta niate servendo dèi stranieri e prostrandovi davanti a loro. Allora si accenderebbe contro di voi l’
ira del Signore ed egli chiuderebbe il cielo non vi sarebbe più pioggia il suolo non darebbe più i s uoi prodotti e voi perireste ben presto scomparendo dalla buona terra che il Signore sta per dar vi. Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi; le insegnerete ai vostri figli, parlandone qua ndo sarai seduto in casa tua e quando camminerai per via quando ti coricherai e quando ti alzer ai; le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte, perché siano numerosi i vostri giorni e i giorni dei vostri figli come i giorni del cielo sopra la terra nel paese che il Signore ha giurato ai v ostri padri di dare loro. Certamente se osserverete con impegno tutti questi comandi che vi do e li metterete in pratica amando il Signore vostro Dio camminando in tutte le sue vie e tenendo vi uniti a lui, il Signore scaccerà dinanzi a voi tutte quelle nazioni e voi v’impadronirete di nazion i più grandi e più potenti di voi. Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà sarà vostro: i
vostri confini si estenderanno dal deserto al Libano dal fiume il fiume Eufrate al mare occidental e. Nessuno potrà resistere a voi; il Signore vostro Dio come vi ha detto diffonderà la paura e il t errore di voi su tutta la terra che voi calpesterete. Vedete io pongo oggi davanti a voi benedizio ne e maledizione: la benedizione se obbedirete ai comandi del Signore vostro Dio che oggi vi do
; la maledizione se non obbedirete ai comandi del Signore vostro Dio e se vi allontanerete dalla via che oggi vi prescrivo per seguire dèi stranieri che voi non avete conosciuto. Quando il Signor e tuo Dio ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possesso tu porrai la benedizione sul monte Garizìm e la maledizione sul monte Ebal. Questi monti non si trovano fo rse oltre il Giordano oltre la via verso occidente nella terra dei Cananei che abitano l’Araba di fr onte a Gàlgala presso le Querce di Morè? Voi di fatto state per attraversare il Giordano per pre ndere possesso della terra che il Signore vostro Dio vi dà: voi la possederete e l’abiterete. Avret e cura di mettere in pratica tutte le leggi e le norme che oggi io pongo dinanzi a voi. Queste son o le leggi e le norme che avrete cura di mettere in pratica nella terra che il Signore Dio dei tuoi p adri ti dà perché tu la possegga finché vivrete nel paese. Distruggerete completamente tutti i lu oghi dove le nazioni che state per scacciare servono i loro dèi: sugli alti monti sui colli e sotto og ni albero verde. Demolirete i loro altari spezzerete le loro stele taglierete i loro pali sacri brucer ete nel fuoco le statue dei loro dèi e cancellerete il loro nome da quei luoghi. Non farete così co n il Signore vostro Dio ma lo cercherete nella sua dimora nel luogo che il Signore vostro Dio avrà scelto fra tutte le vostre tribù per stabilirvi il suo nome: là andrete. Là presenterete i vostri oloc austi e i vostri sacrifici le vostre decime quello che le vostre mani avranno prelevato le vostre of ferte votive e le vostre offerte spontanee e i primogeniti del vostro bestiame grosso e minuto; mangerete davanti al Signore vostro Dio e gioirete voi e le vostre famiglie per ogni opera riuscit a delle vostre mani e di cui il Signore vostro Dio vi avrà benedetti. Non farete come facciamo og gi qui dove ognuno fa quanto gli sembra bene, perché ancora non siete giunti al luogo del ripos o e nel possesso che il Signore, vostro Dio sta per darvi. Ma quando avrete attraversato il Giord ano e abiterete nella terra che il Signore vostro Dio vi dà in eredità ed egli vi avrà messo al sicur o da tutti i vostri nemici che vi circondano e abiterete tranquilli allora porterete al luogo che il Si gnore vostro Dio avrà scelto per fissarvi la sede del suo nome quanto vi comando: i vostri oloca usti e i vostri sacrifici le vostre decime quello che le vostre mani avranno prelevato e tutte le off erte scelte che avrete promesso come voto al Signore. Gioirete davanti al Signore vostro Dio voi i vostri figli le vostre figlie i vostri schiavi le vostre schiave e il levita che abiterà le vostre città p erché non ha né parte né eredità in mezzo a voi. Guàrdati bene dall’offrire i tuoi olocausti in qu alunque luogo avrai visto. Offrirai invece i tuoi olocausti nel luogo che il Signore avrà scelto in u na delle tue tribù: là farai quanto ti comando. Ogni volta però che ne sentirai desiderio potrai uc cidere animali e mangiarne la carne in tutte le tue città secondo la benedizione che il Signore ti avrà elargito. Ne potranno mangiare sia l’impuro che il puro come si fa della carne di gazzella e di cervo. Non ne mangerete però il sangue: lo spargerai per terra come acqua. Non potrai mang iare entro le tue città le decime del tuo frumento del tuo mosto del tuo olio né i primogeniti del
tuo bestiame grosso e minuto né ciò che avrai consacrato per voto né le tue offerte spontanee né quello che le tue mani avranno prelevato. Davanti al Signore tuo Dio, nel luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto mangerai tali cose tu il tuo figlio la tua figlia il tuo schiavo la tua schiava e il l evita che abiterà le tue città gioirai davanti al Signore tuo Dio di ogni cosa a cui avrai messo man o. Guàrdati bene finché vivrai nel tuo paese dall’abbandonare il levita. Quando il Signore tuo Di o avrà allargato i tuoi confini come ti ha promesso e tu desiderando mangiare la carne dirai: “Vo rrei mangiare la carne” potrai mangiare carne a tuo piacere. Se il luogo che il Signore tuo Dio, av rà scelto per stabilirvi il suo nome sarà lontano da te potrai ammazzare bestiame grosso e minu to che il Signore ti avrà dato come ti ho prescritto. Potrai mangiare entro le tue città a tuo piace re. Soltanto ne mangerete come si mangia la carne di gazzella e di cervo; ne potrà mangiare chi sarà impuro e chi sarà puro. Astieniti tuttavia dal mangiare il sangue perché il sangue è la vita; t u non devi mangiare la vita insieme con la carne. Non lo mangerai. Lo spargerai per terra come l
’acqua. Non lo mangerai perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te: così avrai fatto ciò che è rett o agli occhi del Signore. Ma quanto alle cose che avrai consacrato o promesso in voto le prende rai e andrai al luogo che il Signore avrà scelto e offrirai i tuoi olocausti, la carne e il sangue sull’al tare del Signore tuo Dio. Il sangue delle altre tue vittime dovrà essere sparso sull’altare del Sign ore tuo Dio e tu ne mangerai la carne. Osserva e obbedisci a tutte queste cose che ti comando p erché sia sempre felice tu e i tuoi figli dopo di te, quando avrai fatto ciò che è buono e retto agli occhi del Signore tuo Dio. Quando il Signore tuo Dio avrà distrutto davanti a te le nazioni di cui t u stai per prendere possesso quando le avrai conquistate e ti sarai stanziato nella loro terra, guà rdati bene dal lasciarti ingannare seguendo il loro esempio dopo che saranno state distrutte dav anti a te e dal cercare i loro dèi dicendo: “Come servivano i loro dèi queste nazioni? Voglio fare così anch’io”. Non ti comporterai in tal modo riguardo al Signore tuo Dio; perché esse facevano per i loro dèi ciò che è abominevole per il Signore e ciò che egli detesta: bruciavano nel fuoco p erfino i loro figli e le loro figlie in onore dei loro dèi. Osserverete per metterlo in pratica tutto ci ò che vi comando: non vi aggiungerai nulla e nulla vi toglierai. Qualora sorga in mezzo a te un pr ofeta o un sognatore che ti proponga un segno o un prodigio, e il segno e il prodigio annunciato succeda ed egli ti dica: “Seguiamo dèi stranieri che tu non hai mai conosciuto e serviamoli” tu n on dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore perché il Signore vostro Dio vi mette alla prova per sapere se amate il Signore vostro Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Seguirete il Signore vostro Dio temerete lui osserverete i suoi comandi ascolterete la sua voce l o servirete e gli resterete fedeli. Quanto a quel profeta o a quel sognatore egli dovrà essere mes so a morte perché ha proposto di abbandonare il Signore vostro Dio che vi ha fatto uscire dalla t erra d’Egitto e ti ha riscattato dalla condizione servile per trascinarti fuori della via per la quale il Signore tuo Dio ti ha ordinato di camminare. Così estirperai il male in mezzo a te. Qualora il tuo fratello figlio di tuo padre o figlio di tua madre o il figlio o la figlia o la moglie che riposa sul tuo petto o l’amico che è come te stesso t’istighi in segreto, dicendo: “Andiamo serviamo altri dèi”
dèi che né tu né i tuoi padri avete conosciuto divinità dei popoli che vi circondano vicini a te o d
a te lontani da un’estremità all’altra della terra tu non dargli retta non ascoltarlo. Il tuo occhio n on ne abbia compassione: non risparmiarlo non coprire la sua colpa. Tu anzi devi ucciderlo: la tu a mano sia la prima contro di lui per metterlo a morte; poi sarà la mano di tutto il popolo. Lapid alo e muoia perché ha cercato di trascinarti lontano dal Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal la terra d’Egitto dalla condizione servile. Tutto Israele verrà a saperlo ne avrà timore e non com metterà in mezzo a te una tale azione malvagia. Qualora tu senta dire di una delle tue città che i l Signore tuo Dio ti dà per abitarvi che uomini iniqui sono usciti in mezzo a te e hanno sedotto gl i abitanti della loro città dicendo: “Andiamo serviamo altri dèi” dèi che voi non avete mai conos ciuto tu farai le indagini investigherai interrogherai con cura. Se troverai che la cosa è vera che il fatto sussiste e che un tale abominio è stato realmente commesso in mezzo a te, allora dovrai passare a fil di spada gli abitanti di quella città la dovrai votare allo sterminio con quanto contie ne e dovrai passare a fil di spada anche il suo bestiame. Poi radunerai tutto il bottino in mezzo a lla piazza e brucerai nel fuoco la città e l’intero suo bottino sacrificio per il Signore tuo Dio. Dive nterà una rovina per sempre e non sarà più ricostruita. Nulla di ciò che sarà votato allo stermini o si attaccherà alla tua mano perché il Signore desista dalla sua ira ardente ti conceda misericor dia abbia misericordia di te e ti moltiplichi come ha giurato ai tuoi padri. Così tu ascolterai la voc e del Signore tuo Dio: osservando tutti i suoi comandi che oggi ti do e facendo ciò che è retto ag li occhi del Signore tuo Dio. Voi siete figli per il Signore vostro Dio: non vi farete incisioni e non v i raderete tra gli occhi per un morto. Tu sei infatti un popolo consacrato al Signore tuo Dio e il Si gnore ti ha scelto per essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra. Non mangerai alcuna cosa abominevole. Questi sono gli animali che potrete mangiare: il bue la peco ra e la capra; il cervo la gazzella il capriolo lo stambecco, l’antilope il bufalo e il camoscio. Potret e mangiare di ogni quadrupede che ha l’unghia bipartita divisa in due da una fessura e che rumi na. Ma non mangerete quelli che ruminano soltanto o che hanno soltanto l’unghia bipartita divi sa da una fessura: il cammello la lepre, l’iràce che ruminano ma non hanno l’unghia bipartita. C
onsiderateli impuri. Anche il porco che ha l’unghia bipartita ma non rumina per voi è impuro. N
on mangerete la loro carne e non toccherete i loro cadaveri. Fra tutti gli animali che vivono nell e acque potrete mangiare quelli che hanno pinne e squame; ma non mangerete nessuno di que lli che non hanno pinne e squame. Considerateli impuri. Potrete mangiare qualunque uccello pu ro ma delle seguenti specie non dovete mangiare: l’aquila l’avvoltoio e l’aquila di mare il nibbio e ogni specie di falco ogni specie di corvo lo struzzo la civetta il gabbiano e ogni specie di sparvi ero il gufo l’ibis il cigno il pellicano la fòlaga l’alcione la cicogna ogni specie di airone, l’ù pupa e i l pipistrello. Considererete come impuro ogni insetto alato. Non ne mangiate. Potrete mangiare ogni uccello puro. Non mangerete alcuna bestia che sia morta di morte naturale; la darai al for estiero che risiede nelle tue città perché la mangi o la venderai a qualche straniero perché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio. Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre.
Dovrai prelevare la decima da tutto il frutto della tua semente che il campo produce ogni anno.
Mangerai davanti al Signore tuo Dio nel luogo dove avrà scelto di stabilire il suo nome la decima
del tuo frumento del tuo mosto del tuo olio e i primi parti del tuo bestiame grosso e minuto pe rché tu impari a temere sempre il Signore tuo Dio. Ma se il cammino è troppo lungo per te e tu non puoi trasportare quelle decime perché è troppo lontano da te il luogo dove il Signore tuo Di o avrà scelto di stabilire il suo nome – perché il Signore, tuo Dio ti avrà benedetto –
allora le convertirai in denaro e tenendolo in mano andrai al luogo che il Signore tuo Dio avrà s celto e lo impiegherai per comprarti quanto tu desideri: bestiame grosso o minuto vino bevand e inebrianti o qualunque cosa di tuo gusto e mangerai davanti al Signore tuo Dio e gioirai tu e la tua famiglia. Il levita che abita le tue città non lo abbandonerai perché non ha parte né eredità c on te. Alla fine di ogni triennio metterai da parte tutte le decime del tuo provento in quell’anno e le deporrai entro le tue porte. Il levita che non ha parte né eredità con te, il forestiero l’orfano e la vedova che abiteranno le tue città mangeranno e si sazieranno, perché il Signore tuo Dio ti benedica in ogni lavoro a cui avrai messo mano. Alla fine di ogni sette anni celebrerete la remiss ione. Ecco la norma di questa remissione: ogni creditore che detenga un pegno per un prestito f atto al suo prossimo lascerà cadere il suo diritto: non lo esigerà dal suo prossimo dal suo fratell o poiché è stata proclamata la remissione per il Signore. Potrai esigerlo dallo straniero; ma quan to al tuo diritto nei confronti di tuo fratello lo lascerai cadere. Del resto non vi sarà alcun bisogn oso in mezzo a voi; perché il Signore certo ti benedirà nella terra che il Signore tuo Dio, ti dà in p ossesso ereditario purché tu obbedisca fedelmente alla voce del Signore tuo Dio avendo cura di eseguire tutti questi comandi che oggi ti do. Quando il Signore tuo Dio ti benedirà come ti ha pr omesso tu farai prestiti a molte nazioni ma non prenderai nulla in prestito. Dominerai molte naz ioni mentre esse non ti domineranno. Se vi sarà in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisog noso in una delle tue città nella terra che il Signore tuo Dio ti dà non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso ma gli aprirai la mano e gli presterai quanto occorre alla necessità in cui si trova. Bada bene che non ti entri in cuore questo pensiero iniquo:
“è vicino il settimo anno l’anno della remissione” e il tuo occhio sia cattivo verso il tuo fratello b isognoso e tu non gli dia nulla: egli griderebbe al Signore contro di te e un peccato sarebbe su di te. Dagli generosamente e mentre gli doni il tuo cuore non si rattristi. Proprio per questo infatti il Signore tuo Dio ti benedirà in ogni lavoro e in ogni cosa a cui avrai messo mano. Poiché i biso gnosi non mancheranno mai nella terra allora io ti do questo comando e ti dico: “Apri generosa mente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nella tua terra”. Se un tuo fratello ebreo o un a ebrea si vende a te ti servirà per sei anni ma il settimo lo lascerai andare via da te libero. Quan do lo lascerai andare via da te libero non lo rimanderai a mani vuote. Gli farai doni dal tuo gregg e dalla tua aia e dal tuo torchio. Gli darai ciò di cui il Signore tuo Dio ti avrà benedetto. Ti ricord erai che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha riscattato; perciò io ti do oggi questo comando. Ma se egli ti dice: “Non voglio andarmene da te” perché ama te e la t ua casa e sta bene presso di te allora prenderai la lesina gli forerai l’orecchio contro la porta ed egli ti sarà schiavo per sempre. Anche per la tua schiava farai così. Non ti sia grave lasciarlo and are libero perché ti ha servito sei anni e un mercenario ti sarebbe costato il doppio; così il Signo
re tuo Dio ti benedirà in ogni cosa che farai. Consacrerai al Signore tuo Dio ogni primogenito ma schio che ti nascerà nel tuo bestiame grosso e minuto. Non metterai al lavoro il primo parto del tuo bestiame grosso e non toserai il primo parto del tuo bestiame minuto. Li mangerai ogni ann o con la tua famiglia davanti al Signore, tuo Dio nel luogo che il Signore avrà scelto. Se l’animale ha qualche difetto, se è zoppo o cieco o ha qualunque altro grave difetto non lo sacrificherai al Signore tuo Dio. Lo mangerai entro le tue porte: l’impuro e il puro possono mangiarne senza dis tinzione, come si mangia la gazzella e il cervo. Solo non ne mangerai il sangue. Lo spargerai per t erra come l’acqua. Osserva il mese di Abìb e celebra la Pasqua in onore del Signore tuo Dio, per ché nel mese di Abìb il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire dall’Egitto durante la notte. Immolerai l a Pasqua al Signore tuo Dio: un sacrificio di bestiame grosso e minuto nel luogo che il Signore av rà scelto per stabilirvi il suo nome. Con la vittima non mangerai pane lievitato; con essa per sett e giorni mangerai gli azzimi pane di afflizione perché sei uscito in fretta dalla terra d’Egitto. In q uesto modo ti ricorderai per tutto il tempo della tua vita del giorno in cui sei uscito dalla terra d’
Egitto. Non si veda lievito presso di te entro tutti i tuoi confini per sette giorni né resti nulla fino al mattino della carne che avrai immolato la sera del primo giorno. Non potrai immolare la Pasq ua in una qualsiasi città che il Signore tuo Dio sta per darti ma immolerai la Pasqua soltanto nel l uogo che il Signore tuo Dio avrà scelto per fissarvi il suo nome. La immolerai alla sera al tramont o del sole nell’ora in cui sei uscito dall’Egitto. La farai cuocere e la mangerai nel luogo che il Sign ore tuo Dio avrà scelto. La mattina potrai andartene e tornare alle tue tende. Per sei giorni man gerai azzimi e il settimo giorno vi sarà una solenne assemblea per il Signore tuo Dio. Non farai al cun lavoro. Conterai sette settimane. Quando si metterà la falce nella messe comincerai a conta re sette settimane e celebrerai la festa delle Settimane per il Signore tuo Dio offrendo secondo l a tua generosità e nella misura in cui il Signore tuo Dio ti avrà benedetto. Gioirai davanti al Sign ore tuo Dio tu tuo figlio e tua figlia il tuo schiavo e la tua schiava il levita che abiterà le tue città i l forestiero l’orfano e la vedova che saranno in mezzo a te nel luogo che il Signore tuo Dio avrà s celto per stabilirvi il suo nome. Ricòrdati che sei stato schiavo in Egitto: osserva e metti in pratic a queste leggi. Celebrerai la festa delle Capanne per sette giorni quando raccoglierai il prodotto della tua aia e del tuo torchio. Gioirai in questa tua festa tu tuo figlio e tua figlia il tuo schiavo e l a tua schiava e il levita il forestiero l’orfano e la vedova che abiteranno le tue città. Celebrerai la festa per sette giorni per il Signore tuo Dio nel luogo che avrà scelto il Signore perché il Signore tuo Dio ti benedirà in tutto il tuo raccolto e in tutto il lavoro delle tue mani e tu sarai pienament e felice. Tre volte all’anno ogni tuo maschio si presenterà davanti al Signore tuo Dio, nel luogo c he egli avrà scelto: nella festa degli Azzimi nella festa delle Settimane e nella festa delle Capann e. Nessuno si presenterà davanti al Signore a mani vuote ma il dono di ciascuno sarà in misura d ella benedizione che il Signore tuo Dio ti avrà dato. Ti costituirai giudici e scribi in tutte le città c he il Signore tuo Dio ti dà tribù per tribù essi giudicheranno il popolo con giuste sentenze. Non l ederai il diritto non avrai riguardi personali e non accetterai regali perché il regalo acceca gli occ hi dei saggi e corrompe le parole dei giusti. La giustizia e solo la giustizia seguirai per poter viver
e e possedere la terra che il Signore tuo Dio sta per darti. Non pianterai alcun palo sacro di qual unque specie di legno accanto all’altare del Signore tuo Dio che tu hai costruito. Non erigerai alc una stele che il Signore tuo Dio ha in odio. Non immolerai al Signore tuo Dio un capo di bestiam e grosso o minuto che abbia qualche difetto o qualche deformità perché sarebbe abominio per i l Signore tuo Dio. Qualora si trovi in mezzo a te in una delle città che il Signore tuo Dio sta per d arti un uomo o una donna che faccia ciò che è male agli occhi del Signore tuo Dio trasgredendo l a sua alleanza che vada e serva altri dèi prostrandosi davanti a loro davanti al sole o alla luna o a tutto l’esercito del cielo contro il mio comando quando ciò ti sia riferito o tu ne abbia sentito parlare infórmatene diligentemente. Se la cosa è vera se il fatto sussiste se un tale abominio è s tato commesso in Israele farai condurre alle porte della tua città quell’uomo o quella donna che avrà commesso quell’azione cattiva e lapiderai quell’uomo o quella donna così che muoia. Colu i che dovrà morire sarà messo a morte sulla deposizione di due o di tre testimoni. Non potrà ess ere messo a morte sulla deposizione di un solo testimone. La mano dei testimoni sarà la prima c ontro di lui per farlo morire. Poi sarà la mano di tutto il popolo. Così estirperai il male in mezzo a te. Quando in una causa ti sarà troppo difficile decidere tra assassinio e assassinio tra diritto e diritto tra percossa e percossa in cose su cui si litiga nelle tue città ti alzerai e salirai al luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto. Andrai dai sacerdoti leviti e dal giudice in carica in quei giorni li co nsulterai ed essi ti indicheranno la sentenza da pronunciare. Tu agirai in base a quello che essi ti indicheranno nel luogo che il Signore avrà scelto e avrai cura di fare quanto ti avranno insegnat o. Agirai in base alla legge che essi ti avranno insegnato e alla sentenza che ti avranno indicato s enza deviare da quello che ti avranno esposto né a destra né a sinistra. L’uomo che si comporte rà con presunzione e non obbedirà al sacerdote che sta là per servire il Signore tuo Dio o al giud ice quell’uomo dovrà morire. Così estirperai il male da Israele. Tutto il popolo verrà a saperlo ne avrà timore e non agirà più con presunzione. Quando sarai entrato nella terra che il Signore tuo Dio sta per darti e ne avrai preso possesso e l’abiterai se dirai: “Voglio costituire sopra di me un re come tutte le nazioni che mi stanno intorno” dovrai costituire sopra di te come re colui che il Signore tuo Dio, avrà scelto. Costituirai sopra di te come re uno dei tuoi fratelli; non potrai costi tuire su di te uno straniero che non sia tuo fratello. Ma egli non dovrà procurarsi un gran numer o di cavalli né far tornare il popolo in Egitto per procurarsi un gran numero di cavalli perché il Si gnore vi ha detto: “Non tornerete più indietro per quella via!”. Non dovrà avere un gran numer o di mogli perché il suo cuore non si smarrisca; non abbia grande quantità di argento e di oro. Q
uando si insedierà sul trono regale, scriverà per suo uso in un libro una copia di questa legge sec ondo l’esemplare dei sacerdoti leviti. Essa sarà con lui ed egli la leggerà tutti i giorni della sua vit a per imparare a temere il Signore suo Dio e a osservare tutte le parole di questa legge e di que sti statuti, affinché il suo cuore non si insuperbisca verso i suoi fratelli ed egli non si allontani da questi comandi né a destra né a sinistra e prolunghi così i giorni del suo regno lui e i suoi figli in mezzo a Israele. I sacerdoti leviti tutta la tribù di Levi non avranno parte né eredità insieme con Israele; vivranno dei sacrifici consumati dal fuoco per il Signore e della sua eredità. Non avrà alc
una eredità tra i suoi fratelli: il Signore è la sua eredità come gli ha promesso. Questo sarà il dirit to dei sacerdoti sul popolo, su quelli che offriranno come sacrificio un capo di bestiame grosso o minuto: essi daranno al sacerdote la spalla le due mascelle e lo stomaco. Gli darai le primizie de l tuo frumento del tuo mosto e del tuo olio e le primizie della tosatura del tuo bestiame minuto perché il Signore, tuo Dio l’ha scelto fra tutte le tue tribù affinché attenda al servizio del nome d el Signore lui e i suoi figli per sempre. Se un levita abbandonando qualunque città dove dimora i n Israele verrà seguendo pienamente il suo desiderio al luogo che il Signore avrà scelto e farà il servizio nel nome del Signore tuo Dio come tutti i suoi fratelli leviti che stanno là davanti al Sign ore egli riceverà per il suo mantenimento una parte uguale a quella degli altri senza contare il ri cavo dalla vendita della sua casa paterna. Quando sarai entrato nella terra che il Signore tuo Dio sta per darti non imparerai a commettere gli abomini di quelle nazioni. Non si trovi in mezzo a t e chi fa passare per il fuoco il suo figlio o la sua figlia né chi esercita la divinazione o il sortilegio o il presagio o la magia né chi faccia incantesimi né chi consulti i negromanti o gli indovini, né ch i interroghi i morti perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore. A causa di questi a bomini il Signore tuo Dio sta per scacciare quelle nazioni davanti a te. Tu sarai irreprensibile ver so il Signore tuo Dio perché le nazioni di cui tu vai ad occupare il paese ascoltano gli indovini e g li incantatori ma quanto a te non così ti ha permesso il Signore tuo Dio. Il Signore tuo Dio suscit erà per te, in mezzo a te tra i tuoi fratelli un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così qu anto hai chiesto al Signore tuo Dio sull’Oreb il giorno dell’assemblea dicendo: “Che io non oda p iù la voce del Signore mio Dio e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signor e mi rispose: “Quello che hanno detto va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro frat elli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire o che parlerà in nome di altri dèi quel profeta dovrà morire”. Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come riconosc eremo la parola che il Signore non ha detto?”. Quando il profeta parlerà in nome del Signore e l a cosa non accadrà e non si realizzerà quella parola non l’ha detta il Signore. Il profeta l’ha detta per presunzione. Non devi aver paura di lui. Quando il Signore tuo Dio avrà distrutto le nazioni delle quali egli ti dà la terra e tu prenderai il loro posto e abiterai nelle loro città e nelle loro cas e ti sceglierai tre città nella terra della quale il Signore tuo Dio ti dà il possesso. Preparerai strad e e dividerai in tre parti l’area della terra che il Signore tuo Dio, ti dà in eredità perché ogni omic ida si possa rifugiare in quella città. Ecco in qual caso l’omicida che vi si rifugerà avrà salva la vit a: chiunque avrà ucciso il suo prossimo involontariamente senza che l’abbia odiato prima –
come quando uno va al bosco con il suo compagno a tagliare la legna e mentre la mano afferra la scure per abbattere l’albero il ferro gli sfugge dal manico e colpisce il compagno così che ne muoia –
quello si rifugerà in una di queste città e avrà salva la vita; altrimenti il vendicatore del sangue mentre l’ira gli arde in cuore potrebbe inseguire l’omicida e qualora il cammino sia lungo potreb
be raggiungerlo e colpirlo a morte mentre egli non era reo di morte perché prima non aveva odi ato il compagno. Ti do dunque quest’ordine: “Scegliti tre città”. Se il Signore tuo Dio allargherà i tuoi confini come ha giurato ai tuoi padri e ti darà tutta la terra che ha promesso di dare ai tuoi padri se osserverai tutti questi comandi che oggi ti do amando il Signore tuo Dio e camminando sempre secondo le sue vie allora aggiungerai tre altre città alle prime tre perché non si sparga s angue innocente nella terra che il Signore tuo Dio ti dà in eredità e tu non ti renda colpevole del sangue versato. Ma se un uomo odia il suo prossimo gli tende insidie l’assale lo percuote in mo do da farlo morire e poi si rifugia in una di quelle città gli anziani della sua città lo manderanno a prendere di là e lo consegneranno nelle mani del vendicatore del sangue, perché sia messo a m orte. L’occhio tuo non lo compianga; così estirperai da Israele lo spargimento del sangue innoce nte e sarai felice. Non sposterai i confini del tuo vicino posti dai tuoi antenati nell’eredità che ti sarà toccata nella terra che il Signore tuo Dio ti dà in possesso. Un solo testimone non avrà valo re contro alcuno per qualsiasi colpa e per qualsiasi peccato; qualunque peccato uno abbia com messo il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o di tre testimoni. Qualora un testimone ingiusto si alzi contro qualcuno per accusarlo di ribellione i due uomini fra i quali ha luogo la cau sa compariranno davanti al Signore, davanti ai sacerdoti e ai giudici in carica in quei giorni. I giu dici indagheranno con diligenza e se quel testimone risulta falso perché ha deposto il falso contr o il suo fratello, farete a lui quello che egli aveva pensato di fare al suo fratello. Così estirperai il male in mezzo a te. Gli altri verranno a saperlo e ne avranno paura e non commetteranno più in mezzo a te una tale azione malvagia. Il tuo occhio non avrà compassione: vita per vita occhio p er occhio dente per dente mano per mano piede per piede. Quando andrai in guerra contro i tu oi nemici e vedrai cavalli e carri e forze superiori a te, non temerli perché è con te il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto. Quando sarete vicini alla battaglia il sacerdote si fa rà avanti, parlerà al popolo e gli dirà: “Ascolta Israele! Voi oggi siete prossimi a dar battaglia ai v ostri nemici. Il vostro cuore non venga meno. Non temete non vi smarrite e non vi spaventate di nanzi a loro perché il Signore vostro Dio cammina con voi per combattere per voi contro i vostri nemici e per salvarvi”. Gli scribi diranno al popolo: “C’è qualcuno che abbia costruito una casa n uova e non l’abbia ancora inaugurata? Vada, torni a casa perché non muoia in battaglia e un altr o inauguri la casa. C’è qualcuno che abbia piantato una vigna e non ne abbia ancora goduto il pr imo frutto? Vada torni a casa perché non muoia in battaglia e un altro ne goda il primo frutto. C
’è qualcuno che si sia fidanzato con una donna e non l’abbia ancora sposata? Vada torni a casa perché non muoia in battaglia e un altro la sposi”. Gli scribi aggiungeranno al popolo: “C’è qualc uno che abbia paura e a cui venga meno il coraggio? Vada torni a casa perché il coraggio dei suo i fratelli non venga a mancare come il suo”. Quando gli scribi avranno finito di parlare al popolo costituiranno i comandanti delle schiere alla testa del popolo. Quando ti avvicinerai a una città per attaccarla le offrirai prima la pace. Se accetta la pace e ti apre le sue porte tutto il popolo ch e vi si troverà ti sarà tributario e ti servirà. Ma se non vuol far pace con te e vorrà la guerra allor a l’assedierai. Quando il Signore tuo Dio l’avrà data nelle tue mani ne colpirai a fil di spada tutti i
maschi ma le donne i bambini il bestiame e quanto sarà nella città tutto il suo bottino li prende rai come tua preda. Mangerai il bottino dei tuoi nemici che il Signore tuo Dio ti avrà dato. Così f arai per tutte le città che sono molto lontane da te e che non sono città di popolazioni a te vicin e. Soltanto nelle città di questi popoli che il Signore tuo Dio ti dà in eredità non lascerai in vita al cun vivente ma li voterai allo sterminio: cioè gli Ittiti gli Amorrei i Cananei i Perizziti gli Evei e i G
ebusei come il Signore tuo Dio ti ha comandato di fare perché essi non v’insegnino a commetter e tutti gli abomini che fanno per i loro dèi e voi non pecchiate contro il Signore vostro Dio. Quan do cingerai d’assedio una città per lungo tempo per espugnarla e conquistarla non ne distrugge rai gli alberi colpendoli con la scure; ne mangerai il frutto ma non li taglierai: l’albero della camp agna è forse un uomo per essere coinvolto nell’assedio? Soltanto potrai distruggere e recidere g li alberi che saprai non essere alberi da frutto per costruire opere d’assedio contro la città che è in guerra con te finché non sia caduta. Se nel paese di cui il Signore tuo Dio sta per darti il posse sso si troverà un uomo ucciso disteso nella campagna senza che si sappia chi l’abbia ucciso i tuoi anziani e i tuoi giudici usciranno e misureranno la distanza fra l’ucciso e le città dei dintorni. All ora gli anziani della città più vicina all’ucciso prenderanno una giovenca che non abbia ancora la vorato né portato il giogo. Gli anziani di quella città faranno scendere la giovenca presso un cors o d’acqua corrente in un luogo dove non si lavora e non si semina e là spezzeranno la nuca alla giovenca. Si avvicineranno poi i sacerdoti figli di Levi poiché il Signore tuo Dio li ha scelti per ser virlo e per dare la benedizione nel nome del Signore e la loro parola dovrà decidere ogni contro versia e ogni caso di lesione. Allora tutti gli anziani di quella città che sono i più vicini al cadaver e si laveranno le mani sulla giovenca a cui sarà stata spezzata la nuca nel torrente. Prendendo la parola diranno: “Le nostre mani non hanno sparso questo sangue e i nostri occhi non l’hanno vi sto spargere. Signore libera dalla colpa il tuo popolo Israele che tu hai redento e non imputare a l tuo popolo Israele sangue innocente!”. Quel sangue per quanto li riguarda resterà espiato. Cos ì tu toglierai da te il sangue innocente, perché avrai fatto ciò che è retto agli occhi del Signore. S
e andrai in guerra contro i tuoi nemici e il Signore tuo Dio te li avrà messi nelle mani e tu avrai fa tto prigionieri se vedrai tra i prigionieri una donna bella d’aspetto e ti sentirai legato a lei tanto da volerla prendere in moglie te la condurrai a casa. Ella si raderà il capo si taglierà le unghie si l everà la veste che portava quando fu presa dimorerà in casa tua e piangerà suo padre e sua ma dre per un mese intero; dopo potrai unirti a lei e comportarti da marito verso di lei e sarà tua m oglie. Se in seguito non ti sentissi più di amarla la lascerai andare per suo conto, ma non potrai a ssolutamente venderla per denaro né trattarla come una schiava perché tu l’hai disonorata. Se un uomo avrà due mogli l’una amata e l’altra odiata e tanto l’amata quanto l’odiata gli avranno procreato figli se il primogenito è il figlio dell’odiata quando dividerà tra i suoi figli i beni che pos siede non potrà dare il diritto di primogenito al figlio dell’amata preferendolo al figlio dell’odiat a, che è il primogenito. Riconoscerà invece come primogenito il figlio dell’odiata dandogli il dop pio di quello che possiede poiché costui è la primizia del suo vigore e a lui appartiene il diritto di primogenitura. Se un uomo avrà un figlio testardo e ribelle che non obbedisce alla voce né di s
uo padre né di sua madre e benché l’abbiano castigato non dà loro retta, suo padre e sua madr e lo prenderanno e lo condurranno dagli anziani della città alla porta del luogo dove abita e dira nno agli anziani della città: “Questo nostro figlio è testardo e ribelle; non vuole obbedire alla no stra voce è un ingordo e un ubriacone”. Allora tutti gli uomini della sua città lo lapideranno ed e gli morirà. Così estirperai da te il male e tutto Israele lo saprà e avrà timore. Se un uomo avrà co mmesso un delitto degno di morte e tu l’avrai messo a morte e appeso a un albero il suo cadave re non dovrà rimanere tutta la notte sull’albero ma lo seppellirai lo stesso giorno perché l’appes o è una maledizione di Dio e tu non contaminerai il paese che il Signore tuo Dio ti dà in eredità.
Se vedi smarrito un capo di bestiame grosso o un capo di bestiame minuto di tuo fratello non d evi fingere di non averli scorti ma avrai cura di ricondurli a tuo fratello. Se tuo fratello non abita vicino a te e non lo conosci accoglierai l’animale in casa tua: rimarrà da te finché tuo fratello no n ne faccia ricerca e allora glielo renderai. Lo stesso farai del suo asino lo stesso della sua veste l o stesso di ogni altro oggetto che tuo fratello abbia perduto e che tu trovi. Non fingerai di non a verli scorti. Se vedi l’asino di tuo fratello o il suo bue caduto lungo la strada non fingerai di non a verli scorti ma insieme con lui li farai rialzare. La donna non si metterà un indumento da uomo n é l’uomo indosserà una veste da donna perché chiunque fa tali cose è in abominio al Signore tu o Dio. Quando cammin facendo troverai sopra un albero o per terra un nido d’uccelli con uccelli ni o uova e la madre che sta covando gli uccellini o le uova non prenderai la madre che è con i fi gli. Lascia andar via la madre e prendi per te i figli perché tu sia felice e goda lunga vita. Quando costruirai una casa nuova farai un parapetto intorno alla tua terrazza per non attirare sulla tua c asa la vendetta del sangue qualora uno cada di là. Non seminerai nella tua vigna semi di due sp ecie diverse perché altrimenti tutto il prodotto di ciò che avrai seminato e la rendita della vigna diventerà cosa sacra. Non devi arare con un bue e un asino aggiogati assieme. Non ti vestirai co n un tessuto misto fatto di lana e di lino insieme. Metterai fiocchi alle quattro estremità del ma ntello con cui ti copri. Se un uomo sposa una donna e dopo essersi unito a lei la prende in odio, le attribuisce azioni scandalose e diffonde sul suo conto una fama cattiva dicendo: “Ho preso qu esta donna ma quando mi sono accostato a lei non l’ho trovata in stato di verginità” il padre e la madre della giovane prenderanno i segni della verginità della giovane e li presenteranno agli an ziani della città alla porta. Il padre della giovane dirà agli anziani: “Ho dato mia figlia in moglie a quest’uomo; egli l’ha presa in odio ed ecco le attribuisce azioni scandalose, dicendo: Non ho tro vato tua figlia in stato di verginità ebbene questi sono i segni della verginità di mia figlia” e spieg heranno il panno davanti agli anziani della città. Allora gli anziani di quella città prenderanno il marito lo castigheranno e gli imporranno un’ammenda di cento sicli d’argento che daranno al p adre della giovane per il fatto che ha diffuso una cattiva fama contro una vergine d’Israele. Ella r imarrà sua moglie ed egli non potrà ripudiarla per tutto il tempo della sua vita. Ma se la cosa è v era se la giovane non è stata trovata in stato di verginità allora la faranno uscire all’ingresso dell a casa del padre e la gente della sua città la lapiderà a morte perché ha commesso un’infamia in Israele disonorandosi in casa del padre. Così estirperai il male in mezzo a te. Quando un uomo
verrà trovato a giacere con una donna maritata tutti e due dovranno morire: l’uomo che è giaci uto con la donna e la donna. Così estirperai il male da Israele. Quando una fanciulla vergine è fi danzata e un uomo trovandola in città giace con lei condurrete tutti e due alla porta di quella cit tà e li lapiderete a morte: la fanciulla perché essendo in città non ha gridato e l’uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così estirperai il male in mezzo a te. Ma se l’uomo trova per i campi la fanciulla fidanzata e facendole violenza giace con lei allora dovrà morire soltanto l
’uomo che è giaciuto con lei ma non farai nulla alla fanciulla. Nella fanciulla non c’è colpa degna di morte: come quando un uomo assale il suo prossimo e l’uccide, così è in questo caso perché egli l’ha incontrata per i campi. La giovane fidanzata ha potuto gridare ma non c’era nessuno pe r venirle in aiuto. Se un uomo trova una fanciulla vergine che non sia fidanzata l’afferra e giace c on lei e sono colti in flagrante l’uomo che è giaciuto con lei darà al padre della fanciulla cinquan ta sicli d’argento; ella sarà sua moglie per il fatto che egli l’ha disonorata e non potrà ripudiarla per tutto il tempo della sua vita. Nessuno sposerà una moglie del padre né solleverà il lembo de l mantello paterno. Non entrerà nella comunità del Signore chi ha i testicoli schiacciati o il mem bro mutilato. Il bastardo non entrerà nella comunità del Signore; nessuno dei suoi neppure alla decima generazione entrerà nella comunità del Signore. L’Ammonita e il Moabita non entreran no nella comunità del Signore; nessuno dei loro discendenti neppure alla decima generazione e ntrerà nella comunità del Signore. Non vi entreranno mai perché non vi vennero incontro con il pane e con l’acqua nel vostro cammino quando uscivate dall’Egitto e perché contro di te hanno pagato Balaam figlio di Beor da Petor in Aram Naharàim perché ti maledicesse. Ma il Signore tu o Dio non volle ascoltare Balaam e il Signore tuo Dio mutò per te la maledizione in benedizione, perché il Signore tuo Dio ti ama. Non cercherai né la loro pace né la loro prosperità mai finché vi vrai. Non avrai in abominio l’Edomita, perché è tuo fratello. Non avrai in abominio l’Egiziano per ché sei stato forestiero nella sua terra. I figli che nasceranno da loro alla terza generazione potr anno entrare nella comunità del Signore. Quando uscirai e ti accamperai contro i tuoi nemici, gu àrdati da ogni cosa cattiva. Se si trova qualcuno in mezzo a te che non sia puro a causa di una p olluzione notturna uscirà dall’accampamento e non vi entrerà. Verso sera si laverà con acqua e dopo il tramonto del sole potrà rientrare nell’accampamento. Avrai anche un posto fuori dell’ac campamento e là andrai per i tuoi bisogni. Nel tuo equipaggiamento avrai un piolo con il quale quando ti accovaccerai fuori scaverai una buca e poi ricoprirai i tuoi escrementi. Poiché il Signor e tuo Dio passa in mezzo al tuo accampamento per salvarti e per mettere i nemici in tuo potere l’accampamento deve essere santo. Egli non deve vedere in mezzo a te qualche indecenza altri menti ti abbandonerebbe. Non consegnerai al suo padrone uno schiavo che dopo essergli fuggit o si sarà rifugiato presso di te. Rimarrà da te in mezzo ai tuoi nel luogo che avrà scelto in quella città che gli parrà meglio. Non lo opprimerai. Non vi sarà alcuna donna dedita alla prostituzione sacra tra le figlie d’Israele né vi sarà alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli d’Israel e. Non porterai nel tempio del Signore tuo Dio il dono di una prostituta né il salario di un cane q ualunque voto tu abbia fatto poiché tutti e due sono abominio per il Signore tuo Dio. Non farai
al tuo fratello prestiti a interesse né di denaro né di viveri né di qualunque cosa che si presta a i nteresse. Allo straniero potrai prestare a interesse ma non al tuo fratello perché il Signore tuo D
io ti benedica in tutto ciò a cui metterai mano nella terra in cui stai per entrare per prenderne p ossesso. Quando avrai fatto un voto al Signore tuo Dio non tarderai a soddisfarlo perché il Signo re tuo Dio te ne domanderebbe certo conto e in te vi sarebbe un peccato. Ma se ti astieni dal fa r voti non vi sarà in te peccato. Manterrai la parola uscita dalle tue labbra ed eseguirai il voto ch e avrai fatto spontaneamente al Signore tuo Dio come la tua bocca avrà promesso. Se entri nell a vigna del tuo prossimo potrai mangiare uva secondo il tuo appetito a sazietà ma non potrai m etterne in alcun tuo recipiente. Se passi tra la messe del tuo prossimo potrai coglierne spighe co n la mano ma non potrai mettere la falce nella messe del tuo prossimo. Quando un uomo ha pr eso una donna e ha vissuto con lei da marito se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occh i perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso scriva per lei un libello di ripudio e gliel o consegni in mano e la mandi via dalla casa. Se ella uscita dalla casa di lui va e diventa moglie d i un altro marito e anche questi la prende in odio scrive per lei un libello di ripudio glielo conseg na in mano e la manda via dalla casa o se quest’altro marito, che l’aveva presa per moglie muor e il primo marito che l’aveva rinviata non potrà riprenderla per moglie dopo che lei è stata cont aminata perché sarebbe abominio agli occhi del Signore. Tu non renderai colpevole di peccato l a terra che il Signore tuo Dio sta per darti in eredità. Quando un uomo si sarà sposato da poco n on andrà in guerra e non gli sarà imposto alcun incarico. Sarà libero per un anno di badare alla s ua casa e farà lieta la moglie che ha sposato. Nessuno prenderà in pegno né le due pietre della macina domestica né la pietra superiore della macina perché sarebbe come prendere in pegno l a vita. Quando si troverà un uomo che abbia rapito qualcuno dei suoi fratelli tra gli Israeliti l’abb ia sfruttato come schiavo o l’abbia venduto quel ladro sarà messo a morte. Così estirperai il mal e in mezzo a te. In caso di lebbra bada bene di osservare diligentemente e fare quanto i sacerdo ti leviti vi insegneranno. Avrete cura di fare come io ho loro ordinato. Ricòrdati di quello che il Si gnore tuo Dio fece a Maria durante il viaggio quando uscivate dall’Egitto. Quando presterai qual siasi cosa al tuo prossimo non entrerai in casa sua per prendere il suo pegno. Te ne starai fuori e l’uomo a cui avrai fatto il prestito ti porterà fuori il pegno. Se quell’uomo è povero non andrai a dormire con il suo pegno. Dovrai assolutamente restituirgli il pegno al tramonto del sole perché egli possa dormire con il suo mantello e benedirti. Questo ti sarà contato come un atto di giusti zia agli occhi del Signore tuo Dio. Non defrauderai il salariato povero e bisognoso sia egli uno de i tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nella tua terra nelle tue città. Gli darai il suo salario i l giorno stesso prima che tramonti il sole perché egli è povero e a quello aspira. Così egli non gri derà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato. Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri. Ognuno sarà messo a mo rte per il proprio peccato. Non lederai il diritto dello straniero e dell’orfano e non prenderai in p egno la veste della vedova. Ricòrdati che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Sig nore tuo Dio; perciò ti comando di fare questo. Quando facendo la mietitura nel tuo campo vi a
vrai dimenticato qualche mannello non tornerai indietro a prenderlo. Sarà per il forestiero per l’
orfano e per la vedova perché il Signore tuo Dio ti benedica in ogni lavoro delle tue mani. Quan do bacchierai i tuoi ulivi non tornare a ripassare i rami. Sarà per il forestiero per l’orfano e per la vedova. Quando vendemmierai la tua vigna non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il fores tiero per l’orfano e per la vedova. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto; perciò ti co mando di fare questo. Quando sorgerà una lite fra alcuni uomini e verranno in giudizio i giudici che sentenzieranno assolveranno l’innocente e condanneranno il colpevole. Se il colpevole avrà meritato di essere fustigato il giudice lo farà stendere per terra e fustigare in sua presenza con un numero di colpi proporzionato alla gravità della sua colpa. Gli farà dare non più di quaranta c olpi perché aggiungendo altre battiture a queste la punizione non risulti troppo grave e il tuo fr atello resti infamato ai tuoi occhi. Non metterai la museruola al bue mentre sta trebbiando. Qu ando i fratelli abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli la moglie del defunto n on si sposerà con uno di fuori con un estraneo. Suo cognato si unirà a lei e se la prenderà in mo glie compiendo così verso di lei il dovere di cognato. Il primogenito che ella metterà al mondo a ndrà sotto il nome del fratello morto perché il nome di questi non si estingua in Israele. Ma se q uell’uomo non ha piacere di prendere la cognata ella salirà alla porta degli anziani e dirà: “Mio c ognato rifiuta di assicurare in Israele il nome del fratello; non acconsente a compiere verso di m e il dovere di cognato”. Allora gli anziani della sua città lo chiameranno e gli parleranno. Se egli persiste e dice: “Non ho piacere di prenderla” allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza de gli anziani gli toglierà il sandalo dal piede gli sputerà in faccia e proclamerà: “Così si fa all’uomo che non vuole ricostruire la famiglia del fratello”. La sua sarà chiamata in Israele la famiglia dell o scalzato. Se alcuni verranno a contesa fra di loro e la moglie dell’uno si avvicinerà per liberare il marito dalle mani di chi lo percuote e stenderà la mano per afferrare costui nelle parti vergog nose tu le taglierai la mano. Il tuo occhio non dovrà avere compassione. Non avrai nel tuo sacch etto due pesi diversi uno grande e uno piccolo. Non avrai in casa due tipi di efa una grande e un a piccola. Terrai un peso completo e giusto terrai un’ efa completa e giusta perché tu possa aver e lunga vita nel paese che il Signore tuo Dio ti dà. Poiché chiunque compie tali cose chiunque co mmette ingiustizia è in abominio al Signore tuo Dio. Ricòrdati di ciò che ti ha fatto Amalèk lungo il cammino quando uscivate dall’Egitto: come ti assalì lungo il cammino e aggredì nella tua caro vana tutti i più deboli della retroguardia mentre tu eri stanco e sfinito. Non ebbe alcun timor di Dio. Quando dunque il Signore tuo Dio ti avrà assicurato tranquillità, liberandoti da tutti i tuoi n emici all’intorno nella terra che il Signore tuo Dio sta per darti in eredità cancellerai la memoria di Amalèk sotto il cielo. Non dimenticare! Quando sarai entrato nella terra che il Signore tuo Dio ti dà in eredità e la possederai e là ti sarai stabilito prenderai le primizie di tutti i frutti del suolo da te raccolti nella terra che il Signore tuo Dio ti dà le metterai in una cesta e andrai al luogo ch e il Signore tuo Dio avrà scelto per stabilirvi il suo nome. Ti presenterai al sacerdote in carica in quei giorni e gli dirai: “Io dichiaro oggi al Signore tuo Dio che sono entrato nella terra che il Sign ore ha giurato ai nostri padri di dare a noi”. Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la de
porrà davanti all’altare del Signore tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore tu o Dio: “Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono ci umiliar ono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore al Dio dei nostri padri e il Sign ore ascoltò la nostra voce vide la nostra umiliazione la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso spargendo terrore e oper ando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra dove scorrono latte e miele. Ora ecco io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore mi hai dato”. Le depor rai davanti al Signore tuo Dio e ti prostrerai davanti al Signore tuo Dio. Gioirai con il levita e con il forestiero che sarà in mezzo a te di tutto il bene che il Signore tuo Dio avrà dato a te e alla tua famiglia. Quando avrai finito di prelevare tutte le decime delle tue entrate il terzo anno, l’anno delle decime e le avrai date al levita al forestiero all’orfano e alla vedova, perché ne mangino ne lle tue città e ne siano sazi allora dirai dinanzi al Signore tuo Dio: “Ho tolto dalla mia casa ciò che era consacrato e l’ho dato al levita al forestiero all’orfano e alla vedova secondo quanto mi hai ordinato. Non ho trasgredito né dimenticato alcuno dei tuoi comandi. Non ne ho mangiato dura nte il mio lutto non ne ho tolto nulla quando ero impuro e non ne ho dato a un morto. Ho obbe dito alla voce del Signore mio Dio ho agito secondo quanto mi hai ordinato. Volgi lo sguardo dall a dimora della tua santità dal cielo e benedici il tuo popolo Israele e il paese che ci hai dato com e hai giurato ai nostri padri terra dove scorrono latte e miele!”. Oggi il Signore tuo Dio ti coman da di mettere in pratica queste leggi e queste norme. Osservale e mettile in pratica con tutto il c uore e con tutta l’anima. Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che egli sarà Dio per te ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi i suoi comandi le sue norme e ascoltera i la sua voce. Il Signore ti ha fatto dichiarare oggi che tu sarai il suo popolo particolare come egli ti ha detto ma solo se osserverai tutti i suoi comandi. Egli ti metterà per gloria rinomanza e sple ndore sopra tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore tuo Dio com e egli ha promesso». Mosè e gli anziani d’Israele diedero quest’ordine al popolo: «Osservate tut ti i comandi che oggi vi do. Quando avrete attraversato il Giordano per entrare nella terra che il Signore vostro Dio sta per darvi erigerai grandi pietre e le intonacherai di calce. Scriverai su di e sse tutte le parole di questa legge quando avrai attraversato il Giordano per entrare nella terra che il Signore tuo Dio sta per darti terra dove scorrono latte e miele come il Signore Dio dei tuoi padri ti ha detto. Quando dunque avrete attraversato il Giordano, erigerete sul monte Ebal que ste pietre come oggi vi comando e le intonacherete di calce. Là costruirai anche un altare al Sign ore tuo Dio un altare di pietre non toccate da strumento di ferro. Costruirai l’altare del Signore t uo Dio con pietre intatte e sopra vi offrirai olocausti al Signore tuo Dio. Offrirai sacrifici di comu nione là ne mangerai e ti rallegrerai davanti al Signore tuo Dio. Scriverai su quelle pietre tutte le parole di questa legge con scrittura ben chiara». Mosè e i sacerdoti leviti dissero a tutto Israele:
«Fa’ silenzio e ascolta, Israele! Oggi sei divenuto il popolo del Signore tuo Dio. Obbedirai quindi alla voce del Signore tuo Dio e metterai in pratica i suoi comandi e le sue leggi che oggi ti do». In
quello stesso giorno Mosè diede quest’ordine al popolo: «Ecco quelli che una volta attraversat o il Giordano staranno sul monte Garizìm per benedire il popolo: Simeone Levi Giuda ìssacar Giu seppe e Beniamino; ecco quelli che staranno sul monte Ebal per pronunciare la maledizione: Ru ben Gad Aser Zàbulon Dan e Nèftali. I leviti prenderanno la parola e diranno ad alta voce a tutti gli Israeliti: “Maledetto l’uomo che fa un’immagine scolpita o di metallo fuso abominio per il Sig nore lavoro di mano d’artefice e la pone in luogo occulto!”. Tutto il popolo risponderà e dirà: “A men”. “Maledetto chi maltratta il padre e la madre!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi sposta i confini del suo prossimo!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi fa smarrire il cammino al cieco!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi lede il diritto del forestiero d ell’orfano e della vedova!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi si unisce con la moglie del padre perché solleva il lembo del mantello del padre!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Male detto chi giace con qualsiasi bestia!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi giace con la propria sorella figlia di suo padre o figlia di sua madre!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledet to chi giace con la suocera!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi colpisce il suo prossi mo in segreto!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi accetta un regalo per condannare a morte un innocente!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi non mantiene in vigore le parole di questa legge per metterle in pratica!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. Se tu obbedirai fe delmente alla voce del Signore tuo Dio preoccupandoti di mettere in pratica tutti i suoi comandi che io ti prescrivo il Signore tuo Dio ti metterà al di sopra di tutte le nazioni della terra. Poiché t u avrai ascoltato la voce del Signore tuo Dio verranno su di te e ti raggiungeranno tutte queste benedizioni. Sarai benedetto nella città e benedetto nella campagna. Benedetto sarà il frutto de l tuo grembo il frutto del tuo suolo e il frutto del tuo bestiame sia i parti delle tue vacche sia i na ti delle tue pecore. Benedette saranno la tua cesta e la tua madia. Sarai benedetto quando entri e benedetto quando esci. Il Signore farà soccombere davanti a te i tuoi nemici che insorgerann o contro di te: per una sola via verranno contro di te e per sette vie fuggiranno davanti a te. Il Si gnore ordinerà alla benedizione di essere con te nei tuoi granai e in tutto ciò a cui metterai man o. Ti benedirà nella terra che il Signore tuo Dio sta per darti. Il Signore ti renderà popolo a lui co nsacrato come ti ha giurato se osserverai i comandi del Signore tuo Dio e camminerai nelle sue vie. Tutti i popoli della terra vedranno che il nome del Signore è stato invocato su di te e ti teme ranno. Il Signore tuo Dio, ti concederà abbondanza di beni quanto al frutto del tuo grembo al fr utto del tuo bestiame e al frutto del tuo suolo nel paese che il Signore ha giurato ai tuoi padri di darti. Il Signore aprirà per te il suo benefico tesoro il cielo per dare alla tua terra la pioggia a su o tempo e per benedire tutto il lavoro delle tue mani: presterai a molte nazioni mentre tu non d omanderai prestiti. Il Signore ti metterà in testa e non in coda e sarai sempre in alto e mai in ba sso se obbedirai ai comandi del Signore tuo Dio che oggi io ti prescrivo perché tu li osservi e li m etta in pratica e se non devierai né a destra né a sinistra da alcuna delle cose che oggi vi coman do per seguire altri dèi e servirli. Ma se non obbedirai alla voce del Signore tuo Dio se non cerch erai di eseguire tutti i suoi comandi e tutte le sue leggi che oggi io ti prescrivo verranno su di te
e ti colpiranno tutte queste maledizioni: sarai maledetto nella città e maledetto nella campagna
. Maledette saranno la tua cesta e la tua madia. Maledetto sarà il frutto del tuo grembo e il frutt o del tuo suolo sia i parti delle tue vacche sia i nati delle tue pecore. Maledetto sarai quando en tri e maledetto quando esci. Il Signore lancerà contro di te la maledizione la costernazione e la minaccia in ogni lavoro a cui metterai mano, finché tu sia distrutto e perisca rapidamente a caus a delle tue azioni malvagie per avermi abbandonato. Il Signore ti attaccherà la peste finché essa non ti abbia eliminato dal paese in cui stai per entrare per prenderne possesso. Il Signore ti colp irà con la consunzione con la febbre con l’infiammazione con l’arsura con la siccità con il carbon chio e con la ruggine che ti perseguiteranno finché tu non sia perito. Il cielo sarà di bronzo sopra il tuo capo e la terra sotto di te sarà di ferro. Il Signore darà come pioggia alla tua terra sabbia e polvere che scenderanno dal cielo su di te, finché tu sia distrutto. Il Signore ti farà sconfiggere d ai tuoi nemici: per una sola via andrai contro di loro e per sette vie fuggirai davanti a loro. Diven terai oggetto di orrore per tutti i regni della terra. Il tuo cadavere diventerà pasto di tutti gli ucc elli del cielo e degli animali della terra e nessuno li scaccerà. Il Signore ti colpirà con le ulcere d’E
gitto con bubboni scabbia e pruriti da cui non potrai guarire. Il Signore ti colpirà di delirio di ceci tà e di pazzia così che andrai brancolando in pieno giorno come il cieco brancola nel buio. Non ri uscirai nelle tue imprese sarai ogni giorno oppresso e spogliato e nessuno ti aiuterà. Ti fidanzera i con una donna e un altro la possederà. Costruirai una casa ma non vi abiterai. Pianterai una vig na e non ne potrai cogliere i primi frutti. Il tuo bue sarà ammazzato sotto i tuoi occhi e tu non n e mangerai. Il tuo asino ti sarà portato via in tua presenza e non tornerà più a te. Il tuo gregge s arà dato ai tuoi nemici e nessuno ti aiuterà. I tuoi figli e le tue figlie saranno consegnati a un pop olo straniero mentre i tuoi occhi vedranno e languiranno di pianto per loro ogni giorno ma nient e potrà fare la tua mano. Un popolo che tu non conosci mangerà il frutto del tuo suolo e di tutta la tua fatica. Sarai oppresso e schiacciato ogni giorno. Diventerai pazzo per ciò che i tuoi occhi d ovranno vedere. Il Signore ti colpirà alle ginocchia e alle cosce con un’ulcera maligna dalla quale non potrai guarire. Ti colpirà dalla pianta dei piedi alla sommità del capo. Il Signore deporterà t e e il re che ti sarai costituito in una nazione che né tu né i tuoi padri avete conosciuto. Là servir ai dèi stranieri dèi di legno e di pietra. Diventerai oggetto di stupore di motteggio e di scherno p er tutti i popoli fra i quali il Signore ti avrà condotto. Porterai molta semente al campo e raccogli erai poco perché la locusta la divorerà. Pianterai vigne e le coltiverai ma non berrai vino né cogli erai uva perché il verme le roderà. Avrai oliveti in tutta la tua terra ma non ti ungerai di olio per ché le tue olive cadranno immature. Genererai figli e figlie ma non saranno tuoi perché andrann o in prigionia. Tutti i tuoi alberi e il frutto del tuo suolo saranno preda di un esercito d’insetti. Il f orestiero che sarà in mezzo a te si innalzerà sempre più sopra di te e tu scenderai sempre più in basso. Egli farà un prestito a te e tu non lo farai a lui. Egli sarà in testa e tu in coda. Tutte queste maledizioni verranno su di te ti perseguiteranno e ti raggiungeranno, finché tu sia distrutto per ché non avrai obbedito alla voce del Signore tuo Dio osservando i comandi e le leggi che egli ti h a dato. Esse per te e per la tua discendenza saranno sempre un segno e un prodigio. Poiché non
avrai servito il Signore tuo Dio con gioia e di buon cuore in mezzo all’abbondanza di ogni cosa s ervirai i tuoi nemici che il Signore manderà contro di te in mezzo alla fame alla sete alla nudità e alla mancanza di ogni cosa. Essi ti metteranno un giogo di ferro sul collo finché non ti abbiano d istrutto. Il Signore solleverà contro di te da lontano dalle estremità della terra una nazione che s i slancia a volo come l’aquila: una nazione della quale non capirai la lingua, una nazione dall’asp etto feroce che non avrà riguardo per il vecchio né avrà compassione del fanciullo. Mangerà il fr utto del tuo bestiame e il frutto del tuo suolo finché tu sia distrutto e non ti lascerà alcun residu o di frumento di mosto di olio dei parti delle tue vacche e dei nati delle tue pecore finché ti avrà fatto perire. Ti assedierà in tutte le tue città finché in tutta la tua terra cadano le mura alte e fo rtificate nelle quali avrai riposto la fiducia. Ti assedierà in tutte le tue città in tutta la terra che il Signore tuo Dio ti avrà dato. Durante l’assedio e l’angoscia alla quale ti ridurrà il tuo nemico ma ngerai il frutto delle tue viscere le carni dei tuoi figli e delle tue figlie che il Signore tuo Dio ti avr à dato. L’uomo più raffinato e più delicato tra voi guarderà di malocchio il suo fratello e la donn a del suo seno e il resto dei suoi figli che ancora sopravvivono, per non dare ad alcuno di loro le carni dei suoi figli delle quali si ciberà, perché non gli sarà rimasto più nulla durante l’assedio e l’
angoscia alla quale i nemici ti avranno ridotto entro tutte le tue città. La donna più raffinata e d elicata tra voi che per delicatezza e raffinatezza non avrebbe mai provato a posare in terra la pi anta del piede guarderà di malocchio l’uomo del suo seno il figlio e la figlia e si ciberà di nascost o di quanto esce dai suoi fianchi e dei bambini che partorirà mancando di tutto durante l’assedi o e l’angoscia alla quale i nemici ti avranno ridotto entro tutte le tue città. Se non cercherai di e seguire tutte le parole di questa legge scritte in questo libro avendo timore di questo nome glor ioso e terribile del Signore tuo Dio allora il Signore colpirà te e i tuoi discendenti con flagelli pro digiosi: flagelli grandi e duraturi malattie maligne e ostinate. Farà tornare su di te le infermità d ell’Egitto delle quali tu avevi paura e si attaccheranno a te. Anche ogni altra malattia e ogni altr o flagello che non sta scritto nel libro di questa legge il Signore manderà contro di te finché tu n on sia distrutto. Voi rimarrete in pochi uomini dopo essere stati numerosi come le stelle del ciel o perché non avrai obbedito alla voce del Signore tuo Dio. Come il Signore gioiva a vostro riguar do nel beneficarvi e moltiplicarvi così il Signore gioirà a vostro riguardo nel farvi perire e distrug gervi. Sarete strappati dal paese in cui stai per entrare per prenderne possesso. Il Signore ti disp erderà fra tutti i popoli da un’estremità all’altra della terra. Là servirai altri dèi che né tu né i tuo i padri avete conosciuto dèi di legno e di pietra. Fra quelle nazioni non troverai sollievo e non vi sarà luogo di riposo per la pianta dei tuoi piedi. Là il Signore ti darà un cuore trepidante languor e di occhi e animo sgomento. La tua vita ti starà dinanzi come sospesa a un filo. Proverai spaven to notte e giorno e non sarai sicuro della tua vita. Alla mattina dirai: “Se fosse sera!” e alla sera dirai: “Se fosse mattina!” a causa dello spavento che ti agiterà il cuore e delle cose che i tuoi occ hi vedranno. Il Signore ti farà tornare in Egitto su navi per una via della quale ti ho detto: “Non d ovrete più rivederla!”. E là vi metterete in vendita ai vostri nemici come schiavi e schiave ma ne ssuno vi acquisterà». Queste sono le parole dell’alleanza che il Signore ordinò a Mosè di stabilir
e con gli Israeliti nella terra di Moab oltre l’alleanza che aveva stabilito con loro sull’Oreb. Mosè convocò tutto Israele e disse loro: «Voi avete visto quanto il Signore ha fatto sotto i vostri occhi nella terra d’Egitto al faraone a tutti i suoi ministri e a tutta la sua terra le prove grandiose che i tuoi occhi hanno visto i segni e i grandi prodigi. Ma fino a oggi il Signore non vi ha dato una men te per comprendere né occhi per vedere né orecchi per udire. Io vi ho condotti per quarant’anni nel deserto; i vostri mantelli non si sono logorati addosso a voi e i vostri sandali non si sono log orati ai vostri piedi. Non avete mangiato pane non avete bevuto vino né bevanda inebriante per ché sappiate che io sono il Signore vostro Dio. Quando siete arrivati in questo luogo e Sicon re d i Chesbon e Og re di Basan sono usciti contro di noi per combattere noi li abbiamo sconfitti, abb iamo preso la loro terra e l’abbiamo data in possesso ai Rubeniti ai Gaditi e a metà della tribù di Manasse. Osservate dunque le parole di questa alleanza e mettetele in pratica perché abbiate s uccesso in tutto ciò che farete. Oggi voi state tutti davanti al Signore vostro Dio i vostri capi le v ostre tribù i vostri anziani i vostri scribi tutti gli Israeliti i vostri bambini le vostre mogli il forestie ro che sta in mezzo al tuo accampamento da chi ti spacca la legna a chi ti attinge l’acqua, per en trare nell’alleanza del Signore tuo Dio e nel giuramento imprecatorio che il Signore tuo Dio stabi lisce oggi con te per costituirti oggi suo popolo e per essere egli il tuo Dio come ti ha detto e co me ha giurato ai tuoi padri ad Abramo a Isacco e a Giacobbe. Non soltanto con voi io stabilisco quest’alleanza e questo giuramento imprecatorio, ma con chi oggi sta qui con noi davanti al Sig nore nostro Dio e con chi non è oggi qui con noi. Davvero voi sapete come abbiamo abitato nell a terra d’Egitto come siamo passati in mezzo alle nazioni che avete attraversato. Avete visto i lo ro abomini e gli idoli di legno, di pietra d’argento e d’oro che sono presso di loro. Non vi sia tra v oi uomo o donna o famiglia o tribù che volga oggi il cuore lontano dal Signore nostro Dio per an dare a servire gli dèi di quelle nazioni. Non vi sia tra voi radice alcuna che produca veleno e asse nzio. Se qualcuno udendo le parole di questo giuramento imprecatorio si lusinga in cuor suo dic endo: “Avrò benessere anche se mi regolerò secondo l’ostinazione del mio cuore” pensando ch e il terreno irrigato faccia sparire quello arido il Signore non consentirà a perdonarlo. Anzi in tal caso l’ira del Signore e la sua gelosia si accenderanno contro quell’uomo e ricadrà sopra di lui og ni giuramento imprecatorio scritto in questo libro e il Signore cancellerà il suo nome sotto il ciel o. Il Signore lo segregherà per sua sventura da tutte le tribù d’Israele secondo tutti i giuramenti imprecatori dell’alleanza scritta in questo libro della legge. Allora la generazione futura i vostri fi gli che sorgeranno dopo di voi e lo straniero che verrà da una terra lontana vedranno i flagelli di quella terra e le malattie che il Signore le avrà inflitto. Tutta la sua terra sarà zolfo sale arsura n on sarà seminata e non germoglierà né erba di sorta vi crescerà come dopo lo sconvolgimento d i Sòdoma di Gomorra di Adma e di Seboìm distrutte dalla sua ira e dal suo furore. Diranno dunq ue tutte le nazioni: “Perché il Signore ha trattato così questa terra? Perché l’ardore di questa gr ande collera?”. E si risponderà: “Perché hanno abbandonato l’alleanza del Signore Dio dei loro p adri che egli aveva stabilito con loro quando li ha fatti uscire dalla terra d’Egitto e perché sono a ndati a servire altri dèi prostrandosi dinanzi a loro: dèi che essi non avevano conosciuto e che e
gli non aveva dato loro in sorte. Per questo si è accesa l’ira del Signore contro questa terra man dandovi contro ogni maledizione scritta in questo libro. Il Signore li ha strappati dal loro paese c on ira con furore e con grande sdegno e li ha gettati in un’altra terra come avviene oggi”. Le cos e occulte appartengono al Signore, nostro Dio ma le cose rivelate sono per noi e per i nostri figli per sempre affinché pratichiamo tutte le parole di questa legge. Quando tutte queste cose che io ti ho poste dinanzi la benedizione e la maledizione si saranno realizzate su di te e tu le richia merai alla tua mente in mezzo a tutte le nazioni dove il Signore tuo Dio ti avrà disperso se ti con vertirai al Signore tuo Dio e obbedirai alla sua voce tu e i tuoi figli con tutto il cuore e con tutta l’
anima secondo quanto oggi ti comando, allora il Signore tuo Dio cambierà la tua sorte avrà piet à di te e ti raccoglierà di nuovo da tutti i popoli in mezzo ai quali il Signore tuo Dio ti aveva dispe rso. Quand’anche tu fossi disperso fino all’estremità del cielo di là il Signore tuo Dio ti raccoglier à e di là ti riprenderà. Il Signore tuo Dio ti ricondurrà nella terra che i tuoi padri avevano possed uto e tu ne riprenderai il possesso. Egli ti farà felice e ti moltiplicherà più dei tuoi padri. Il Signor e tuo Dio circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua discendenza, perché tu possa amare il Sig nore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima e viva. Il Signore tuo Dio farà cadere tutti que sti giuramenti imprecatori sui tuoi nemici e su quanti ti odieranno e perseguiteranno. Tu ti conv ertirai ascolterai la voce del Signore e metterai in pratica tutti questi comandi che oggi ti do. Il Si gnore tuo Dio ti farà sovrabbondare di beni in ogni lavoro delle tue mani nel frutto delle tue visc ere nel frutto del tuo bestiame e nel frutto del tuo suolo. Il Signore infatti gioirà di nuovo per te facendoti felice come gioiva per i tuoi padri quando obbedirai alla voce del Signore tuo Dio osse rvando i suoi comandi e i suoi decreti scritti in questo libro della legge e quando ti sarai converti to al Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima. Questo comando che oggi ti ordino n on è troppo alto per te né troppo lontano da te. Non è nel cielo perché tu dica: “Chi salirà per n oi in cielo per prendercelo e farcelo udire affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare p erché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire affinché possiam o eseguirlo?”. Anzi questa parola è molto vicina a te è nella tua bocca e nel tuo cuore perché tu la metta in pratica. Vedi io pongo oggi davanti a te la vita e il bene la morte e il male. Oggi perci ò io ti comando di amare il Signore tuo Dio di camminare per le sue vie, di osservare i suoi coma ndi le sue leggi e le sue norme perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio ti benedica nell a terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli oggi io vi dichiaro ch e certo perirete che non avrete vita lunga nel paese in cui state per entrare per prenderne poss esso attraversando il Giordano. Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho p osto davanti la vita e la morte la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita perché viva tu e la tua discendenza amando il Signore tuo Dio obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a l ui poiché è lui la tua vita e la tua longevità per poter così abitare nel paese che il Signore ha giur ato di dare ai tuoi padri, Abramo Isacco e Giacobbe». Mosè andò e rivolse queste parole a tutto Israele. Disse loro: «Io oggi ho centovent’anni. Non posso più andare e venire. Il Signore inoltre
mi ha detto: “Tu non attraverserai questo Giordano”. Il Signore tuo Dio lo attraverserà davanti a te distruggerà davanti a te quelle nazioni in modo che tu possa prenderne possesso. Quanto a Giosuè egli lo attraverserà davanti a te come il Signore ha detto. Il Signore tratterà quelle nazio ni come ha trattato Sicon e Og re degli Amorrei e come ha trattato la loro terra che egli ha distr utto. Il Signore le metterà in vostro potere e voi le tratterete secondo tutti gli ordini che vi ho d ato. Siate forti fatevi animo, non temete e non vi spaventate di loro perché il Signore tuo Dio ca mmina con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà». Poi Mosè chiamò Giosuè e gli disse alla pre senza di tutto Israele: «Sii forte e fatti animo perché tu condurrai questo popolo nella terra che il Signore giurò ai loro padri di darvi: tu gliene darai il possesso. Il Signore stesso cammina davan ti a te. Egli sarà con te non ti lascerà e non ti abbandonerà. Non temere e non perderti d’animo!
». Mosè scrisse questa legge e la diede ai sacerdoti figli di Levi che portavano l’arca dell’alleanza del Signore e a tutti gli anziani d’Israele. Mosè diede loro quest’ordine: «Alla fine di ogni sette a nni al tempo dell’anno della remissione alla festa delle Capanne quando tutto Israele verrà a pr esentarsi davanti al Signore tuo Dio nel luogo che avrà scelto leggerai questa legge davanti a tut to Israele agli orecchi di tutti. Radunerai il popolo uomini donne bambini e il forestiero che sarà nelle tue città perché ascoltino imparino a temere il Signore vostro Dio e abbiano cura di metter e in pratica tutte le parole di questa legge. I loro figli che ancora non la conoscono la udranno e impareranno a temere il Signore vostro Dio finché vivrete nel paese in cui voi state per entrare per prenderne possesso attraversando il Giordano». Il Signore disse a Mosè: «Ecco i giorni della tua morte sono vicini. Chiama Giosuè e presentatevi nella tenda del convegno perché io gli com unichi i miei ordini». Mosè e Giosuè andarono a presentarsi nella tenda del convegno. Il Signore apparve nella tenda in una colonna di nube e la colonna di nube stette all’ingresso della tenda.
Il Signore disse a Mosè: «Ecco tu stai per addormentarti con i tuoi padri. Questo popolo si alzerà e si leverà per prostituirsi con dèi stranieri nella terra dove sta per entrare. Mi abbandonerà e i nfrangerà l’alleanza che io ho stabilito con lui. In quel giorno la mia ira si accenderà contro di lui
: io li abbandonerò, nasconderò loro il volto e saranno divorati. Lo colpiranno malanni numerosi e angosciosi e in quel giorno dirà: “Questi mali non mi hanno forse colpito per il fatto che il mio Dio non è più in mezzo a me?”. Io in quel giorno nasconderò il mio volto a causa di tutto il male che avranno fatto rivolgendosi ad altri dèi. Ora scrivete per voi questo cantico; insegnalo agli Isr aeliti mettilo nella loro bocca, perché questo cantico mi sia testimone contro gli Israeliti. Quand o lo avrò introdotto nel paese che ho promesso ai suoi padri con giuramento dove scorrono latt e e miele ed egli avrà mangiato si sarà saziato e ingrassato e poi si sarà rivolto ad altri dèi per se rvirli e mi avrà disprezzato e avrà infranto la mia alleanza e quando lo avranno colpito malanni n umerosi e angosciosi allora questo cantico sarà testimone davanti a lui, poiché non sarà dimenti cato dalla sua discendenza. Sì conosco i pensieri da lui concepiti già oggi prima ancora che io lo abbia introdotto nella terra che ho promesso con giuramento». Mosè scrisse quel giorno questo cantico e lo insegnò agli Israeliti. Poi comunicò i suoi ordini a Giosuè figlio di Nun e gli disse: «Sii forte e coraggioso poiché tu introdurrai gli Israeliti nella terra che ho giurato di dar loro e io sar
ò con te». Quando Mosè ebbe finito di scrivere su un libro tutte le parole di questa legge, ordin ò ai leviti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore: «Prendete questo libro della legge e me ttetelo a fianco dell’arca dell’alleanza del Signore vostro Dio. Vi rimanga come testimone contro di te, perché io conosco la tua ribellione e la durezza della tua cervice. Se fino ad oggi, mentre v ivo ancora in mezzo a voi siete stati ribelli contro il Signore quanto più lo sarete dopo la mia mo rte! Radunate presso di me tutti gli anziani delle vostre tribù e i vostri scribi; io farò udire loro q ueste parole e prenderò a testimoni contro di loro il cielo e la terra. So infatti che dopo la mia m orte voi certo vi corromperete e vi allontanerete dalla via che vi ho detto di seguire. La sventura vi colpirà negli ultimi giorni perché avrete fatto ciò che è male agli occhi del Signore provocand olo a sdegno con l’opera delle vostre mani». Poi Mosè pronunciò innanzi a tutta l’assemblea d’I sraele le parole di questo cantico fino all’ultima: «Udite o cieli: io voglio parlare. Ascolti la terra l e parole della mia bocca! Scorra come pioggia la mia dottrina, stilli come rugiada il mio dire; co me pioggia leggera sul verde, come scroscio sull’erba. Voglio proclamare il nome del Signore: m agnificate il nostro Dio! Egli è la Roccia: perfette le sue opere, giustizia tutte le sue vie; è un Dio fedele e senza malizia, egli è giusto e retto. Prevaricano contro di lui: non sono suoi figli per le lo ro macchie, generazione tortuosa e perversa. Così tu ripaghi il Signore, popolo stolto e privo di s aggezza? Non è lui il padre che ti ha creato, che ti ha fatto e ti ha costituito? Ricorda i giorni del tempo antico, medita gli anni lontani. Interroga tuo padre e te lo racconterà, i tuoi vecchi e te lo diranno. Quando l’Altissimo divideva le nazioni, quando separava i figli dell’uomo, egli stabilì i c onfini dei popoli secondo il numero dei figli d’Israele. Perché porzione del Signore è il suo popol o, Giacobbe sua parte di eredità. Egli lo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari
. Lo circondò lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio. Come un’aquila che veglia la su a nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore l ui solo lo ha guidato, non c’era con lui alcun dio straniero. Lo fece salire sulle alture della terra e lo nutrì con i prodotti della campagna; gli fece succhiare miele dalla rupe e olio dalla roccia duri ssima, panna di mucca e latte di pecora insieme con grasso di agnelli, arieti di Basan e capri, fior di farina di frumento e sangue di uva che bevevi spumeggiante. Iesurù n si è ingrassato e ha rec alcitrato, – sì ti sei ingrassato impinguato rimpinzato –
e ha respinto il Dio che lo aveva fatto, ha disprezzato la Roccia sua salvezza. Lo hanno fatto inge losire con dèi stranieri e provocato all’ira con abomini. Hanno sacrificato a dèmoni che non son o Dio, a dèi che non conoscevano, nuovi venuti da poco, che i vostri padri non avevano temuto.
La Roccia che ti ha generato tu hai trascurato; hai dimenticato il Dio che ti ha procreato! Ma il Si gnore ha visto e ha disdegnato con ira i suoi figli e le sue figlie. Ha detto: “Io nasconderò loro il mio volto; vedrò quale sarà la loro fine. Sono una generazione perfida, sono figli infedeli. Mi res ero geloso con ciò che non è Dio, mi irritarono con i loro idoli vani; io li renderò gelosi con uno c he non è popolo, li irriterò con una nazione stolta. Un fuoco si è acceso nella mia collera e bruce rà fino alla profondità degl’inferi; divorerà la terra e il suo prodotto e incendierà le radici dei mo nti. Accumulerò sopra di loro i malanni; le mie frecce esaurirò contro di loro. Saranno estenuati
dalla fame, divorati dalla febbre e da peste dolorosa. Il dente delle belve manderò contro di lor o, con il veleno dei rettili che strisciano nella polvere. Di fuori la spada li priverà dei figli, dentro l e case li ucciderà lo spavento. Periranno insieme il giovane e la vergine, il lattante e l’uomo can uto. Io ho detto: Li voglio disperdere, cancellarne tra gli uomini il ricordo, se non temessi l’arrog anza del nemico. Non si ingannino i loro avversari; non dicano: La nostra mano ha vinto, non è il Signore che ha operato tutto questo! Sono un popolo insensato e in essi non c’è intelligenza: se fossero saggi capirebbero, rifletterebbero sulla loro fine. Come può un uomo solo inseguirne m ille o due soli metterne in fuga diecimila? Non è forse perché la loro Roccia li ha venduti, il Signo re li ha consegnati? Perché la loro roccia non è come la nostra e i nostri nemici ne sono giudici.
La loro vite è dal ceppo di Sòdoma, dalle piantagioni di Gomorra. La loro uva è velenosa, ha gra ppoli amari. Tossico di serpenti è il loro vino, micidiale veleno di vipere. Non è questo nascosto presso di me, sigillato nei miei forzieri? Mia sarà la vendetta e il castigo, quando vacillerà il loro piede! Sì vicino è il giorno della loro rovina e il loro destino si affretta a venire”. Perché il Signor e farà giustizia al suo popolo e dei suoi servi avrà compassione; quando vedrà che ogni forza è s vanita e non è rimasto né schiavo né libero. Allora dirà: “Dove sono i loro dèi, la roccia in cui cer cavano rifugio, quelli che mangiavano il grasso dei loro sacrifici, che bevevano il vino delle loro li bagioni? Sorgano ora e vi soccorrano, siano il riparo per voi! Ora vedete che io io lo sono e ness un altro è dio accanto a me. Sono io che do la morte e faccio vivere; io percuoto e io guarisco, e nessuno può liberare dalla mia mano. Alzo la mano verso il cielo e dico: Per la mia vita per semp re: quando avrò affilato la folgore della mia spada e la mia mano inizierà il giudizio, farò vendett a dei miei avversari, ripagherò i miei nemici. Inebrierò di sangue le mie frecce, si pascerà di carn e la mia spada, del sangue dei cadaveri e dei prigionieri, delle teste dei condottieri nemici!”. Esu ltate o nazioni per il suo popolo, perché egli vendicherà il sangue dei suoi servi; volgerà la vende tta contro i suoi avversari e purificherà la sua terra e il suo popolo». Mosè venne con Giosuè figl io di Nun e pronunciò agli orecchi del popolo tutte le parole di questo cantico. Quando Mosè eb be finito di pronunciare tutte queste parole davanti a tutto Israele, disse loro: «Ponete nella vos tra mente tutte le parole che io oggi uso come testimonianza contro di voi. Le prescriverete ai v ostri figli perché cerchino di eseguire tutte le parole di questa legge. Essa infatti non è una parol a senza valore per voi; anzi è la vostra vita. Per questa parola passerete lunghi giorni nel paese i n cui state per entrare per prenderne possesso, attraversando il Giordano». In quello stesso gio rno il Signore disse a Mosè: «Sali su questo monte degli Abarìm sul monte Nebo che è nella terr a di Moab di fronte a Gerico e contempla la terra di Canaan che io do in possesso agli Israeliti.
Muori sul monte sul quale stai per salire e riunisciti ai tuoi antenati come Aronne tuo fratello è morto sul monte Or ed è stato riunito ai suoi antenati perché siete stati infedeli verso di me in mezzo agli Israeliti alle acque di Merìba di Kades nel deserto di Sin e non avete manifestato la m ia santità in mezzo agli Israeliti. Tu vedrai la terra davanti a te ma là nella terra che io sto per dar e agli Israeliti tu non entrerai!». Ed ecco la benedizione con la quale Mosè uomo di Dio benediss e gli Israeliti prima di morire. Egli disse: «Il Signore è venuto dal Sinai, è spuntato per loro dal Sei
r, è apparso dal monte Paran, è arrivato tra miriadi di consacrati: dalla sua destra per loro il fuoc o della legge. Certo egli ama i popoli; tutti i suoi santi sono nelle tue mani, mentre essi accampa ti ai tuoi piedi, ricevono le tue parole. Una legge ci ha ordinato Mosè, un’eredità per l’assemble a di Giacobbe. Vi fu un re in Iesurù n, quando si radunarono i capi del popolo, tutte insieme le tr ibù d’Israele. Viva Ruben e non muoia, benché siano pochi i suoi uomini». Questo disse per Giud a: «Ascolta Signore la voce di Giuda e riconducilo verso il suo popolo; la sua mano difenderà la s ua causa e tu sarai l’aiuto contro i suoi avversari». Per Levi disse: «Da’ a Levi i tuoi tummìm e i t uoi urìm all’uomo a te fedele, che hai messo alla prova a Massa, per cui hai litigato presso le acq ue di Merìba; a lui che dice del padre e della madre: “Io non li ho visti” che non riconosce i suoi fratelli e ignora i suoi figli. Essi osservano la tua parola e custodiscono la tua alleanza, insegnano i tuoi decreti a Giacobbe e la tua legge a Israele, pongono l’incenso sotto le tue narici e un sacri ficio sul tuo altare. Benedici Signore il suo valore e gradisci il lavoro delle sue mani; colpisci al fia nco i suoi aggressori e i suoi nemici più non si rialzino». Per Beniamino disse: «Prediletto del Sig nore Beniamino, abita tranquillo presso di lui; egli lo protegge sempre e tra le sue spalle dimora
». Per Giuseppe disse: «Benedetta dal Signore la sua terra! Dalla rugiada abbia il meglio dei cieli
, e dall’abisso disteso al di sotto; il meglio dei prodotti del sole e il meglio di ciò che germoglia o gni luna, la primizia dei monti antichi, il meglio dei colli eterni e il meglio della terra e di ciò che contiene. Il favore di colui che abitava nel roveto venga sul capo di Giuseppe, sulla testa del prin cipe tra i suoi fratelli! Come primogenito di toro egli è d’aspetto maestoso e le sue corna sono d i bufalo; con esse cozzerà contro i popoli, tutti insieme sino ai confini della terra. Tali sono le mi riadi di èfraim e tali le migliaia di Manasse». Per Zàbulon disse: «Gioisci Zàbulon ogni volta che p arti, e tu ìssacar nelle tue tende! Chiamano i popoli sulla montagna, dove offrono sacrifici legitti mi, perché succhiano le ricchezze dei mari e i tesori nascosti nella sabbia». Per Gad disse: «Bene detto colui che amplia Gad! Come una leonessa ha la sede, sbranò un braccio e anche un cranio
; poi si scelse le primizie, perché là era la parte riservata a un capo. Venne alla testa del popolo eseguì la giustizia del Signore e i suoi decreti riguardo a Israele». Per Dan disse: «Dan è un giova ne leone che balza da Basan». Per Nèftali disse: «Nèftali è sazio di favori e colmo delle benedizi oni del Signore: il mare e il meridione sono sua proprietà». Per Aser disse: «Benedetto tra i figli è Aser! Sia il favorito tra i suoi fratelli e intinga il suo piede nell’olio. Di ferro e di bronzo siano i t uoi catenacci e quanto i tuoi giorni duri il tuo vigore». «Nessuno è pari al Dio di Iesurù n, che ca valca sui cieli per venirti in aiuto e sulle nubi nella sua maestà. Rifugio è il Dio dei tempi antichi e quaggiù lo sono le sue braccia eterne. Ha scacciato davanti a te il nemico e ha intimato: “Distru ggi!”. Israele abita tranquillo, la fonte di Giacobbe in luogo appartato, in terra di frumento e di mosto, dove il cielo stilla rugiada. Te beato Israele! Chi è come te, popolo salvato dal Signore? E
gli è lo scudo della tua difesa e la spada del tuo trionfo. I tuoi nemici vorranno adularti, ma tu ca lcherai il loro dorso». Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo cima del Pisga che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutta la terra: Gàlaad fino a Dan, tutto Nèftali la terra di èf raim e di Manasse tutta la terra di Giuda fino al mare occidentale e il Negheb il distretto della va
lle di Gerico città delle palme, fino a Soar. Il Signore gli disse: «Questa è la terra per la quale io h o giurato ad Abramo a Isacco e a Giacobbe: “Io la darò alla tua discendenza”. Te l’ho fatta veder e con i tuoi occhi ma tu non vi entrerai!». Mosè servo del Signore morì in quel luogo nella terra di Moab secondo l’ordine del Signore. Fu sepolto nella valle nella terra di Moab di fronte a Bet-Peor. Nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba. Mosè aveva centoventi anni quand o morì. Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno. Gli Israeliti lo pianse ro nelle steppe di Moab per trenta giorni finché furono compiuti i giorni di pianto per il lutto di Mosè. Giosuè figlio di Nun era pieno dello spirito di saggezza perché Mosè aveva imposto le ma ni su di lui. Gli Israeliti gli obbedirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè. N
on è più sorto in Israele un profeta come Mosè che il Signore conosceva faccia a faccia per tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nella terra d’Egitto contro il faraon e contro i suoi ministri e contro tutta la sua terra, e per la mano potente e il terrore grande con cui Mosè aveva operato davanti agli occhi di tutto Israele. Dopo la morte di Mosè servo del Sign ore il Signore disse a Giosuè figlio di Nun aiutante di Mosè: «Mosè mio servo è morto. Ora dunq ue, attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo verso la terra che io do loro agli Israelit i. Ogni luogo su cui si poserà la pianta dei vostri piedi ve l’ho assegnato come ho promesso a Mo sè. Dal deserto e da questo Libano fino al grande fiume, l’Eufrate tutta la terra degli Ittiti fino al Mare Grande dove tramonta il sole: tali saranno i vostri confini. Nessuno potrà resistere a te pe r tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè così sarò con te: non ti lascerò né ti abb andonerò. Sii coraggioso e forte poiché tu dovrai assegnare a questo popolo la terra che ho giur ato ai loro padri di dare loro. Tu dunque sii forte e molto coraggioso per osservare e mettere in pratica tutta la legge che ti ha prescritto Mosè mio servo. Non deviare da essa né a destra né a s inistra e così avrai successo in ogni tua impresa. Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge ma meditalo giorno e notte per osservare e mettere in pratica tutto quanto vi è scritto; c osì porterai a buon fine il tuo cammino e avrai successo. Non ti ho forse comandato: “Sii forte e coraggioso”? Non aver paura e non spaventarti perché il Signore tuo Dio è con te dovunque tu v ada». Allora Giosuè comandò agli scribi del popolo: «Passate in mezzo all’accampamento e com andate al popolo: “Fatevi provviste di viveri poiché fra tre giorni voi attraverserete questo Giord ano per entrare a prendere possesso della terra che il Signore vostro Dio vi dà in proprietà”». A quelli di Ruben e di Gad e alla metà della tribù di Manasse Giosuè disse: «Ricordatevi delle cose che vi ha ordinato Mosè servo del Signore, dicendo: “Il Signore vostro Dio vi concede riposo e vi dà questa terra”. Le vostre mogli i vostri bambini e il vostro bestiame staranno nella terra che Mosè vi ha assegnato al di là del Giordano; ma voi prodi guerrieri attraverserete ben armati dav anti ai vostri fratelli e li aiuterete fino a quando il Signore non concederà riposo ai vostri fratelli come a voi e anch’essi prenderanno possesso della terra che il Signore vostro Dio, assegna loro.
Allora ritornerete per possederla nella terra della vostra eredità che Mosè servo del Signore vi h a dato oltre il Giordano a oriente». Essi risposero a Giosuè: «Faremo quanto ci ordini e andremo dovunque ci mandi. Come abbiamo obbedito in tutto a Mosè così obbediremo a te; purché il Si
gnore tuo Dio sia con te com’è stato con Mosè. Chiunque si ribellerà contro di te e non obbedir à a tutti gli ordini che ci darai sarà messo a morte. Tu dunque sii forte e coraggioso». Giosuè figli o di Nun di nascosto inviò da Sittìm due spie ingiungendo: «Andate osservate il territorio e Geri co». Essi andarono ed entrarono in casa di una prostituta di nome Raab. Lì dormirono. Fu riferit o al re di Gerico: «Guarda che alcuni degli Israeliti sono venuti qui questa notte per esplorare il t erritorio». Allora il re di Gerico mandò a dire a Raab: «Fa’ uscire gli uomini che sono venuti da te e sono entrati in casa tua perché sono venuti a esplorare tutto il territorio». Allora la donna pre se i due uomini e dopo averli nascosti rispose: «Sì sono venuti da me quegli uomini ma non sape vo di dove fossero. All’imbrunire quando stava per chiudersi la porta della città uscirono e non s o dove siano andati. Inseguiteli presto! Li raggiungerete di certo». Ella invece li aveva fatti salire sulla terrazza e li aveva nascosti fra gli steli di lino che teneva lì ammucchiati. Quelli li inseguiron o sulla strada del Giordano fino ai guadi, e si chiuse la porta della città dopo che furono usciti gli inseguitori. Quegli uomini non si erano ancora coricati quando la donna salì da loro sulla terraz za, e disse loro: «So che il Signore vi ha consegnato la terra. Ci è piombato addosso il terrore di voi e davanti a voi tremano tutti gli abitanti della regione poiché udimmo che il Signore ha prosc iugato le acque del Mar Rosso davanti a voi quando usciste dall’Egitto e quanto avete fatto ai d ue re amorrei oltre il Giordano Sicon e Og da voi votati allo sterminio. Quando l’udimmo il nostr o cuore venne meno e nessuno ha più coraggio dinanzi a voi perché il Signore vostro Dio è Dio l assù in cielo e quaggiù sulla terra. Ora giuratemi per il Signore che come io ho usato benevolenz a con voi così anche voi userete benevolenza con la casa di mio padre; datemi dunque un segno sicuro che lascerete in vita mio padre mia madre i miei fratelli le mie sorelle e quanto loro appa rtiene e risparmierete le nostre vite dalla morte». Quegli uomini le dissero: «Siamo disposti a m orire al vostro posto purché voi non riveliate questo nostro accordo; quando poi il Signore ci co nsegnerà la terra ti tratteremo con benevolenza e lealtà». Allora ella li fece scendere con una co rda dalla finestra dal momento che la sua casa era addossata alla parete delle mura e là ella abit ava e disse loro: «Andate verso i monti perché non v’incontrino gli inseguitori. Rimanete nascos ti là tre giorni fino al loro ritorno; poi andrete per la vostra strada». Quegli uomini le risposero:
«Saremo sciolti da questo giuramento che ci hai richiesto se non osservi queste condizioni: qua ndo noi entreremo nella terra legherai questa cordicella di filo scarlatto alla finestra da cui ci hai fatto scendere e radunerai dentro casa presso di te tuo padre tua madre i tuoi fratelli e tutta la famiglia di tuo padre. Chiunque uscirà fuori dalla porta della tua casa, sarà responsabile lui della sua vita non noi; per chiunque invece starà con te in casa saremo responsabili noi se gli si mett eranno le mani addosso. Ma se tu rivelerai questo nostro accordo noi saremo liberi dal giurame nto che ci hai richiesto». Ella rispose: «Sia come dite». Poi li congedò e quelli se ne andarono. Ell a legò la cordicella scarlatta alla finestra. Se ne andarono e raggiunsero i monti. Vi rimasero tre giorni finché non furono tornati gli inseguitori. Gli inseguitori li avevano cercati in ogni direzione senza trovarli. Quei due uomini allora presero la via del ritorno scesero dai monti e attraversar ono il fiume. Vennero da Giosuè figlio di Nun e gli raccontarono tutto quanto era loro accaduto.

Dissero a Giosuè: «Il Signore ha consegnato nelle nostre mani tutta la terra e davanti a noi tre mano già tutti gli abitanti della regione». Giosuè si levò di buon mattino; si mossero da Sittìm e giunsero al Giordano lui e tutti gli Israeliti. Lì pernottarono prima di attraversare. Trascorsi tre gi orni gli scribi percorsero l’accampamento e diedero al popolo quest’ordine: «Quando vedrete l’
arca dell’alleanza del Signore vostro Dio e i sacerdoti leviti che la portano voi vi muoverete dal v ostro posto e la seguirete; vi sia però tra voi ed essa una distanza di circa duemila cubiti: non av vicinatevi. Così potrete conoscere la strada dove andare, perché prima d’oggi non siete passati per questa strada». Giosuè ordinò al popolo: «Santificatevi poiché domani il Signore compirà m eraviglie in mezzo a voi». E ai sacerdoti Giosuè disse: «Sollevate l’arca dell’alleanza e attraversat e il fiume davanti al popolo». Essi sollevarono l’arca dell’alleanza e camminarono davanti al pop olo. Il Signore disse a Giosuè: «Oggi comincerò a renderti grande agli occhi di tutto Israele perch é sappiano che come sono stato con Mosè così sarò con te. Da parte tua ordina ai sacerdoti che portano l’arca dell’alleanza: “Una volta arrivati alla riva delle acque del Giordano vi fermerete”»
. Disse allora Giosuè agli Israeliti: «Venite qui ad ascoltare gli ordini del Signore vostro Dio». Diss e ancora Giosuè: «Da ciò saprete che in mezzo a voi vi è un Dio vivente: proprio lui caccerà via d inanzi a voi il Cananeo l’Ittita l’Eveo il Perizzita, il Gergeseo l’Amorreo e il Gebuseo. Ecco l’arca d ell’alleanza del Signore di tutta la terra sta per attraversare il Giordano dinanzi a voi. Sceglietevi dunque dodici uomini dalle tribù d’Israele un uomo per ciascuna tribù. Quando le piante dei pie di dei sacerdoti che portano l’arca del Signore di tutta la terra si poseranno nelle acque del Gior dano le acque del Giordano si divideranno: l’acqua che scorre da monte si fermerà come un sol o argine». Quando il popolo levò le tende per attraversare il Giordano i sacerdoti portavano l’ar ca dell’alleanza davanti al popolo. Appena i portatori dell’arca furono arrivati al Giordano e i pie di dei sacerdoti che portavano l’arca si immersero al limite delle acque –
il Giordano infatti è colmo fino alle sponde durante tutto il tempo della mietitura –
, le acque che scorrevano da monte si fermarono e si levarono come un solo argine molto lungo a partire da Adam la città che è dalla parte di Sartàn. Le acque che scorrevano verso il mare dell
’Araba il Mar Morto si staccarono completamente. Così il popolo attraversò di fronte a Gerico. I sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore stettero fermi all’asciutto in mezzo al Gi ordano mentre tutto Israele attraversava all’asciutto finché tutta la gente non ebbe finito di attr aversare il Giordano. Quando tutta la gente ebbe finito di attraversare il Giordano il Signore diss e a Giosuè: «Sceglietevi tra il popolo dodici uomini un uomo per ciascuna tribù e comandate lor o di prendere dodici pietre da qui in mezzo al Giordano dal luogo dove stanno immobili i piedi d ei sacerdoti di trasportarle e di deporle dove questa notte pernotterete». Giosuè convocò i dodi ci uomini che aveva designato tra gli Israeliti un uomo per ciascuna tribù e disse loro: «Passate davanti all’arca del Signore vostro Dio in mezzo al Giordano e caricatevi sulle spalle ciascuno un a pietra, secondo il numero delle tribù degli Israeliti perché siano un segno in mezzo a voi. Quan do un domani i vostri figli vi chiederanno che cosa significhino per voi queste pietre, rispondere te loro: “Le acque del Giordano si divisero dinanzi all’arca dell’alleanza del Signore. Quando ess
a attraversò il Giordano le acque del Giordano si divisero. Queste pietre dovranno essere un me moriale per gli Israeliti per sempre”». Gli Israeliti fecero quanto aveva comandato Giosuè preser o dodici pietre in mezzo al Giordano come aveva detto il Signore a Giosuè secondo il numero de lle tribù degli Israeliti le trasportarono verso il luogo di pernottamento e le deposero là. Giosuè poi eresse dodici pietre in mezzo al Giordano nel luogo dove poggiavano i piedi dei sacerdoti ch e portavano l’arca dell’alleanza: esse si trovano là fino ad oggi. I sacerdoti che portavano l’arca r imasero fermi in mezzo al Giordano finché non si fosse compiuto quanto Giosuè aveva comand ato al popolo secondo l’ordine del Signore e secondo tutte le prescrizioni dategli da Mosè. Il po polo dunque si affrettò ad attraversare il fiume. Quando poi tutto il popolo ebbe terminato la tr aversata anche l’arca del Signore attraversò e i sacerdoti si posero dinanzi al popolo. Quelli di R
uben di Gad e metà della tribù di Manasse ben armati attraversarono in testa agli Israeliti secon do il comando di Mosè circa quarantamila militarmente equipaggiati attraversarono davanti al S
ignore pronti a combattere in direzione delle steppe di Gerico. In quel giorno il Signore rese gra nde Giosuè agli occhi di tutto Israele. Essi lo temettero come avevano temuto Mosè tutti i giorni della sua vita. Il Signore disse a Giosuè: «Comanda ai sacerdoti che portano l’arca della Testimo nianza di risalire dal Giordano». Giosuè comandò ai sacerdoti: «Risalite dal Giordano». Quando i sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore risalirono dal Giordano nello stesso mo mento in cui la pianta dei loro piedi toccò l’asciutto le acque del Giordano tornarono al loro pos to e rifluirono come nei giorni precedenti su tutta l’ampiezza delle loro sponde. Il popolo risalì d al Giordano il dieci del primo mese e si accampò a Gàlgala sul confine orientale di Gerico. Giosu è eresse a Gàlgala quelle dodici pietre prese dal Giordano e disse agli Israeliti: «Quando un dom ani i vostri figli chiederanno ai loro padri: “Che cosa sono queste pietre?” darete ai vostri figli qu esta spiegazione: “All’asciutto Israele ha attraversato questo Giordano, poiché il Signore vostro Dio prosciugò le acque del Giordano dinanzi a voi, finché non attraversaste come il Signore vost ro Dio fece con il Mar Rosso che prosciugò davanti a noi finché non attraversammo; perché tutti i popoli della terra sappiano che la mano del Signore è potente e voi temiate tutti i giorni il Sign ore vostro Dio”». Quando tutti i re degli Amorrei a occidente del Giordano e tutti i re dei Canan ei lungo il mare vennero a sapere che il Signore aveva prosciugato le acque del Giordano davant i agli Israeliti al loro passaggio si sentirono venir meno il cuore e rimasero senza coraggio davant i agli Israeliti. In quel tempo il Signore disse a Giosuè: «Fatti coltelli di selce e fa’ una nuova circo ncisione agli Israeliti». Giosuè si fece coltelli di selce e circoncise gli Israeliti al colle dei Prepuzi.
La ragione di questa circoncisione praticata da Giosuè è la seguente: tutto il popolo uscito dall’E
gitto i maschi tutti gli uomini atti alla guerra erano morti nel deserto dopo l’uscita dall’Egitto. Tu tti coloro che erano usciti erano circoncisi mentre tutti coloro che erano nati nel deserto dopo l’
uscita dall’Egitto non erano circoncisi. Quarant’anni infatti avevano camminato gli Israeliti nel d eserto finché non fu estinta tutta la generazione degli uomini idonei alla guerra usciti dall’Egitto
; essi non avevano ascoltato la voce del Signore e il Signore aveva giurato di non far loro vedere quella terra che il Signore aveva giurato ai loro padri di darci terra dove scorrono latte e miele.

Al loro posto suscitò i loro figli e Giosuè circoncise costoro; non erano infatti circoncisi perché n on era stata fatta la circoncisione durante il viaggio. Quando si terminò di circoncidere tutti rim asero a riposo nell’accampamento fino al loro ristabilimento. Allora il Signore disse a Giosuè: «O
ggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Quel luogo si chiama Gàlgala fino ad oggi. Gli Isra eliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese alla sera nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra azzimi e frumento a bbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente come ebbero mangiato i pro dotti della terra la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i fru tti della terra di Canaan. Quando fu presso Gerico Giosuè alzò gli occhi e vide un uomo in piedi davanti a sé che aveva in mano una spada sguainata. Giosuè si diresse verso di lui e gli chiese: «
Tu sei dei nostri o dei nostri nemici?». Rispose: «No io sono il capo dell’esercito del Signore. Giu ngo proprio ora». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra si prostrò e gli disse: «Che ha da dire il mio signore al suo servo?». Rispose il capo dell’esercito del Signore a Giosuè: «Togliti i sandali dai tuoi piedi perché il luogo sul quale tu stai è santo». Giosuè così fece. Ora Gerico era sbarrata e sprangata davanti agli Israeliti; nessuno usciva né entrava. Disse il Signore a Giosuè: «Vedi co nsegno in mano tua Gerico e il suo re pur essendo essi prodi guerrieri. Voi tutti idonei alla guerr a girerete intorno alla città percorrendo una volta il perimetro della città. Farete così per sei gio rni. Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca; il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. Quando si suo nerà il corno d’ariete appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra allora le mura della città crolleranno e il popolo salirà ciascuno diritto davanti a sé». Giosuè figlio di Nun convocò i sacerdoti e disse loro: «Portate l’arca dell’alleanza; sette sacerdoti portino sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca del Signore». E al popolo disse: «Mettetevi in marcia e girate intorno alla città e il gruppo armato passi davanti all’arca de l Signore». Come Giosuè ebbe parlato al popolo i sette sacerdoti che portavano le sette trombe di corno d’ariete davanti al Signore si mossero e suonarono le trombe mentre l’arca dell’alleanz a del Signore li seguiva. Il gruppo armato marciava davanti ai sacerdoti che suonavano le tromb e e la retroguardia seguiva l’arca; si procedeva al suono delle trombe. Giosuè aveva dato quest’
ordine al popolo: «Non lanciate il grido di guerra non alzate la voce e non esca parola dalla vost ra bocca fino al giorno in cui vi dirò di gridare. Allora griderete». L’arca del Signore girò intorno alla città, percorrendone il perimetro una volta. Poi tornarono nell’accampamento e passarono la notte nell’accampamento. Di buon mattino Giosuè si alzò e i sacerdoti portarono l’arca del Si gnore; i sette sacerdoti che portavano le sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca del Sign ore procedevano suonando le trombe. Il gruppo armato marciava davanti a loro e la retroguardi a seguiva l’arca del Signore; si procedeva al suono delle trombe. Il secondo giorno girarono into rno alla città una volta e tornarono poi all’accampamento. Così fecero per sei giorni. Il settimo g iorno si alzarono allo spuntare dell’alba e girarono intorno alla città sette volte secondo questo cerimoniale; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno alla città. Alla settima volta
i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: «Lanciate il grido di guerra perch é il Signore vi consegna la città. Questa città con quanto vi è in essa sarà votata allo sterminio p er il Signore. Rimarrà in vita soltanto la prostituta Raab e chiunque è in casa con lei perché ha n ascosto i messaggeri inviati da noi. Quanto a voi guardatevi da ciò che è votato allo sterminio: mentre operate la distruzione non prendete nulla di ciò che è votato allo sterminio altrimenti re ndereste votato allo sterminio l’accampamento d’Israele e gli arrechereste una disgrazia. Tutto l
’argento e l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro sono consacrati al Signore: devono entrare nel t esoro del Signore». Il popolo lanciò il grido di guerra e suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba e lanciò un grande grido di guerra le mura della città crollarono su se stes se; il popolo salì verso la città ciascuno diritto davanti a sé e si impadronirono della città. Votaro no allo sterminio tutto quanto c’era in città: uomini e donne giovani e vecchi buoi pecore e asini tutto passarono a fil di spada. Giosuè aveva detto ai due uomini che avevano esplorato la terra:
«Entrate nella casa della prostituta conducetela fuori con quanto le appartiene come le avete g iurato». Quei giovani esploratori entrarono e condussero fuori Raab suo padre sua madre i suoi fratelli e quanto le apparteneva. Fecero uscire tutti quelli della sua famiglia e li posero fuori dell’
accampamento d’Israele. Incendiarono poi la città e quanto vi era dentro. Destinarono però l’ar gento l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro al tesoro del tempio del Signore. Giosuè lasciò in vit a la prostituta Raab la casa di suo padre e quanto le apparteneva. Ella è rimasta in mezzo a Israe le fino ad oggi per aver nascosto gli inviati che Giosuè aveva mandato a esplorare Gerico. In que lla circostanza Giosuè fece giurare: «Maledetto davanti al Signore l’uomo che si metterà a ricost ruire questa città di Gerico! Sul suo primogenito ne getterà le fondamenta e sul figlio minore ne erigerà le porte!». Il Signore fu con Giosuè la cui fama si sparse in tutta la regione. Ma gli Israeli ti violarono la legge dello sterminio: Acan figlio di Carmì figlio di Zabdì figlio di Zerach della tribù di Giuda si impadronì di cose votate allo sterminio e allora la collera del Signore si accese contr o gli Israeliti. Giosuè inviò degli uomini da Gerico ad Ai che si trova presso Bet-Aven a oriente di Betel con quest’ordine: «Salite a esplorare la regione». Quegli uomini salirono a esplorare Ai ritornarono da Giosuè e gli dissero: «Non c’è bisogno che vada tutto il popolo: va dano all’assalto due o tremila uomini ed espugneranno Ai; non impegnare tutto il popolo perch é sono in pochi». Vi andarono allora del popolo circa tremila uomini ma dovettero fuggire dava nti a quelli di Ai che ne uccisero circa trentasei li inseguirono dalla porta della città fino a Sebarì m sconfiggendoli sulle pendici. Il cuore del popolo si sciolse come acqua. Giosuè si stracciò le ve sti si prostrò con la faccia a terra davanti all’arca del Signore e lì rimase fino a sera insieme agli a nziani d’Israele e si cosparsero il capo di polvere. Giosuè disse: «Ah! Signore Dio perché hai volu to far passare il Giordano a questo popolo per consegnarci poi nelle mani dell’Amorreo e distru ggerci? Avessimo deciso di stabilirci al di là del Giordano! Perdona Signore mio: che posso dire d al momento che Israele ha dovuto volgere le spalle di fronte ai suoi nemici? Lo udranno i Canan ei e tutti gli abitanti della regione ci accerchieranno e cancelleranno il nostro nome dalla terra. E
tu che farai per il tuo grande nome?». Rispose il Signore a Giosuè: «àlzati perché stai con la facc
ia a terra? Israele ha peccato. Essi hanno trasgredito il patto che avevo loro imposto e hanno pr eso cose votate allo sterminio: hanno rubato hanno dissimulato le hanno messe nei loro sacchi!
Gli Israeliti non potranno resistere ai loro nemici volgeranno loro le spalle perché sono incorsi n ello sterminio. Non sarò più con voi se non estirperete da voi la causa dello sterminio. Su santifi ca il popolo e di’ loro: “Per domani santificatevi, perché così dice il Signore Dio d’Israele: C’è una causa di sterminio in mezzo a te Israele! Tu non potrai resistere ai tuoi nemici finché non elimin erete da voi la causa dello sterminio. Vi accosterete dunque domattina divisi per tribù: la tribù c he il Signore avrà designato con la sorte si accosterà per casati e il casato che il Signore avrà des ignato si accosterà per famiglie; la famiglia che il Signore avrà designato si accosterà per individ ui. Colui che risulterà causa di sterminio sarà bruciato lui e tutte le sue cose per aver trasgredito il patto del Signore e aver commesso un’infamia in Israele”». Giosuè si alzò di buon mattino e f ece accostare Israele per tribù e venne sorteggiata la tribù di Giuda. Fece accostare i casati di Gi uda e venne sorteggiato il casato degli Zerachiti; fece accostare il casato degli Zerachiti per fami glie e venne sorteggiato Zabdì fece accostare la sua famiglia per individui e venne sorteggiato A can figlio di Carmì figlio di Zabdì figlio di Zerach della tribù di Giuda. Disse allora Giosuè ad Acan:
«Figlio mio da’ gloria al Signore Dio d’Israele e rendigli lode. Raccontami dunque che cosa hai fa tto non me lo nascondere». Acan rispose a Giosuè: «è vero io ho peccato contro il Signore Dio d
’Israele e ho fatto quanto vi dirò: avevo visto nel bottino un bel mantello di Sinar duecento sicli d’argento e un lingotto d’oro del peso di cinquanta sicli. Li ho desiderati e me li sono presi ed ec coli nascosti in terra al centro della mia tenda e l’argento è sotto». Giosuè mandò incaricati che corsero alla tenda ed ecco tutto era nascosto nella tenda e l’argento era sotto. Presero il tutto d alla tenda lo portarono a Giosuè e a tutti gli Israeliti e lo deposero davanti al Signore. Giosuè all ora prese Acan figlio di Zerach con l’argento il mantello il lingotto d’oro i suoi figli le sue figlie i s uoi buoi i suoi asini le sue pecore la sua tenda e quanto gli apparteneva. Tutto Israele era con lu i ed egli li condusse alla valle di Acor. Giosuè disse: «Come tu ci hai arrecato disgrazia così oggi il Signore l’arrechi a te!». Tutti gli Israeliti lo lapidarono. Poi li bruciarono tutti e li coprirono di pie tre. Eressero poi sul posto un gran mucchio di pietre che esiste ancora oggi. E il Signore placò l’a rdore della sua ira. Perciò quel luogo si chiama valle di Acor fino ad oggi. Il Signore disse a Giosu è: «Non temere e non abbatterti. Prendi con te tutti i guerrieri. Su va’ contro Ai. Vedi io consegn o nella tua mano il re di Ai il suo popolo la sua città e il suo territorio. Tratta Ai e il suo re come hai trattato Gerico e il suo re; tuttavia prenderete per voi il suo bottino e il suo bestiame. Tendi un agguato contro la città dietro a essa». Giosuè e tutto il suo esercito si accinsero ad assalire Ai
. Egli scelse trentamila guerrieri valenti li inviò di notte con questo comando: «State attenti: voi tenderete agguati dietro la città senza allontanarvi troppo da essa. State tutti all’erta. Io e tutta la gente che è con me ci avvicineremo alla città. Quando usciranno contro di noi come la prima volta noi fuggiremo davanti a loro. Essi usciranno dietro a noi finché li avremo attirati lontano d alla città perché penseranno: “Fuggono davanti a noi come la prima volta!”. Mentre noi fuggire mo davanti a loro, voi balzerete fuori dall’imboscata e occuperete la città e il Signore vostro Dio
la consegnerà in mano vostra. Una volta occupata appiccherete il fuoco alla città. Agite secondo il comando del Signore. Fate attenzione! Questi sono i miei ordini». Giosuè allora li inviò ed essi andarono al luogo dell’imboscata e si posero fra Betel e Ai a occidente di Ai; Giosuè passò quell a notte in mezzo al popolo. Di buon mattino passò in rassegna il popolo e con gli anziani d’Israel e alla testa del popolo salì contro Ai. Anche tutti quelli idonei alla guerra che erano con lui saliro no e avvicinandosi giunsero di fronte alla città. Si accamparono a settentrione di Ai, lasciando la valle tra loro e Ai. Giosuè aveva preso circa cinquemila uomini e li aveva posti in agguato tra Bet el e Ai a occidente della città. Il popolo aveva collocato tutto l’accampamento a settentrione di Ai mentre l’agguato era a occidente della città Giosuè di notte andò in mezzo alla valle. Non app ena il re di Ai si accorse di ciò gli uomini della città si alzarono in fretta e uscirono incontro a Isra ele per il combattimento il re con tutto il popolo verso il pendio di fronte all’Araba. Non sapeva però che era teso un agguato contro di lui dietro la città. Giosuè e tutto Israele si diedero per vi nti dinanzi a loro e fuggirono per la via del deserto. Tutta la gente che era dentro la città gridan do si mise a inseguirli. Inseguirono Giosuè e furono attirati lontano dalla città. In Ai non rimase nessuno che non inseguisse Israele. E così per inseguire Israele lasciarono la città aperta. Il Sign ore disse a Giosuè: «Tendi verso la città il giavellotto che tieni in mano perché io la consegno ne lle tue mani». Giosuè tese verso la città il giavellotto che teneva in mano e non appena stese la mano quelli che erano in agguato balzarono subito dal loro nascondiglio corsero per entrare in c ittà la occuparono e in un attimo vi appiccarono il fuoco. Quelli di Ai si voltarono indietro e vider o che il fumo della città si alzava verso il cielo. Ma ormai non c’era più per loro alcuna possibilità di fuga in nessuna direzione, poiché il popolo che fuggiva verso il deserto si era voltato contro g li inseguitori. Giosuè e tutto Israele videro che quelli dell’agguato avevano conquistato la città e che il fumo della città si era levato; si voltarono dunque indietro e colpirono gli uomini di Ai. An che gli altri uscirono dalla città contro di loro e così i combattenti di Ai si trovarono in mezzo agli Israeliti avendoli da una parte e dall’altra. Gli Israeliti li colpirono finché non rimase nessun sup erstite o fuggiasco. Presero vivo il re di Ai e lo condussero da Giosuè. Quando gli Israeliti ebbero finito di uccidere tutti gli abitanti di Ai che li avevano inseguiti in campo aperto nel deserto e tu tti fino all’ultimo furono passati a fil di spada tutti gli Israeliti rientrarono in Ai e la colpirono a fil di spada. Tutti i caduti in quel giorno uomini e donne furono dodicimila tutta la popolazione di Ai. Giosuè non ritirò la mano che brandiva il giavellotto finché non ebbero votato allo sterminio tutti gli abitanti di Ai. Gli Israeliti trattennero per sé soltanto il bestiame e il bottino della città, s econdo l’ordine che il Signore aveva dato a Giosuè. Giosuè incendiò Ai riducendola a una collina di rovine per sempre una desolazione fino ad oggi. Fece appendere il re di Ai a un albero fino al la sera. Al tramonto Giosuè comandò che il suo cadavere fosse calato giù dall’albero; lo gettaro no all’ingresso della porta della città e vi eressero sopra un gran mucchio di pietre che esiste an cora oggi. In quell’occasione Giosuè costruì un altare al Signore Dio d’Israele sul monte Ebal co me aveva ordinato Mosè servo del Signore agli Israeliti secondo quanto è scritto nel libro della l egge di Mosè un altare di pietre intere non levigate dal ferro; vi bruciarono sopra olocausti in o
nore del Signore e immolarono sacrifici di comunione. In quel luogo Giosuè scrisse sulle pietre u na copia della legge di Mosè che questi aveva scritto alla presenza degli Israeliti. Tutto Israele gli anziani gli scribi i giudici il forestiero come quelli del popolo stavano in piedi da una parte e dall
’altra dell’arca, di fronte ai sacerdoti leviti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore: una m età verso il monte Garizìm e l’altra metà verso il monte Ebal come aveva prescritto Mosè servo del Signore per benedire il popolo d’Israele anzitutto. Giosuè lesse poi tutte le parole della legg e la benedizione e la maledizione secondo quanto sta scritto nel libro della legge. Di tutto quant o Mosè aveva comandato non ci fu parola che Giosuè non leggesse davanti a tutta l’assemblea d’Israele comprese le donne i fanciulli e i forestieri che camminavano con loro. Quando udirono questi fatti tutti i re della parte occidentale del Giordano della zona montuosa della Sefela e di t utto il litorale del Mare Grande verso il Libano –
gli Ittiti gli Amorrei i Cananei i Perizziti gli Evei i Gebusei –
si allearono per far guerra contro Giosuè e Israele sotto un unico comando. Gli abitanti di Gàba on invece quando ebbero sentito ciò che Giosuè aveva fatto a Gerico e ad Ai ricorsero da parte l oro a un’astuzia: andarono a rifornirsi di provviste presero sacchi sdruciti per i loro asini otri di v ino consunti rotti e rappezzati, calzarono sandali strappati e ricuciti e vestirono abiti logori. Tutt o il pane della loro provvigione era secco e sbriciolato. Andarono poi da Giosuè all’accampamen to di Gàlgala e dissero a lui e agli Israeliti: «Veniamo da una terra lontana; stringete con noi un p atto». La gente d’Israele rispose a quegli Evei: «Ma forse voi abitate in mezzo a noi: come potre mmo allora stringere un patto con voi?». Risposero a Giosuè: «Noi siamo tuoi servi!» e Giosuè c hiese loro: «Chi siete e da dove venite?». Gli risposero: «I tuoi servi vengono da una terra molto lontana per la fama del Signore tuo Dio perché ne abbiamo sentito parlare come di quanto ha f atto in Egitto, di quanto ha fatto ai due re degli Amorrei al di là del Giordano a Sicon re di Chesb on e a Og re di Basan ad Astaròt. I nostri anziani e tutti gli abitanti della nostra terra ci hanno de tto: “Rifornitevi di provviste per il cammino andate loro incontro e dite loro: noi siamo vostri ser vi; stringete dunque un patto con noi”. Questo è il nostro pane: caldo noi lo prendemmo come provvista dalle nostre case nel giorno in cui uscimmo per venire da voi e ora eccolo secco e rido tto in briciole. Questi otri di vino che noi riempimmo nuovi eccoli rotti. Questi nostri vestiti e i n ostri sandali sono consumati dal lunghissimo cammino». Allora la gente prese in consegna le lor o provviste senza consultare l’oracolo del Signore. Giosuè fece pace con loro stringendo con lor o il patto di lasciarli in vita. Giurarono a loro favore anche i capi della comunità. Tre giorni dopo che ebbero stretto il patto con loro gli Israeliti vennero a sapere che quelli erano loro vicini e ab itavano in mezzo a loro. Allora gli Israeliti partirono e il terzo giorno entrarono nelle loro città: le loro città erano Gàbaon Chefirà, Beeròt e Kiriat-Iearìm. Gli Israeliti non li attaccarono perché i capi della comunità avevano loro giurato per il Sig nore Dio d’Israele. Ma tutta la comunità mormorò contro i capi. Allora tutti i capi dissero all’inte ra comunità: «Noi stessi abbiamo loro giurato per il Signore Dio d’Israele. E dunque non li possia mo colpire. Ma facciamo loro così: li lasceremo in vita perché non ci piombi addosso un castigo
per il giuramento che abbiamo loro prestato. Vivano pure – aggiunsero i capi –
ma siano tagliatori di legna e portatori d’acqua per tutta la comunità». Dopo che i capi ebbero parlato loro, Giosuè chiamò quelli di Gàbaon e parlò loro dicendo: «Perché ci avete ingannato di cendo di abitare molto lontano mentre abitate in mezzo a noi? Maledetti! Voi non cesserete d’e ssere schiavi: tagliatori di legna e portatori d’acqua per il tempio del mio Dio». Risposero a Gios uè: «Ai tuoi servi era stato riferito più volte quanto il Signore tuo Dio aveva ordinato a Mosè suo servo di dare cioè a voi tutta la terra e di distruggere dinanzi a voi tutti i suoi abitanti. Allora av endo molta paura di voi per le nostre vite ci comportammo così. Ora eccoci nelle tue mani: fa’ d i noi come sembra buono e giusto ai tuoi occhi». Giosuè li trattò in questo modo: li salvò dalla mano degli Israeliti che non li uccisero; ma da quel giorno fino ad oggi Giosuè li rese tagliatori di legna e portatori d’acqua per la comunità e per l’altare del Signore nel luogo che egli avrebbe s celto. Quando Adonì-
Sedek re di Gerusalemme venne a sapere che Giosuè aveva conquistato Ai e l’aveva votata allo sterminio e che come aveva fatto a Gerico e al suo re aveva fatto ad Ai e al suo re e che quelli di Gàbaon avevano fatto pace con gli Israeliti e si trovavano ormai in mezzo a loro ebbe grande pa ura perché Gàbaon era grande come una delle città regali ed era più grande di Ai e tutti i suoi u omini erano valorosi. Allora Adonì-
Sedek re di Gerusalemme mandò questo messaggio a Oam re di Ebron a Piram re di Iarmut a Iaf ìa re di Lachis e a Debir re di Eglon: «Venite ad aiutarmi per attaccare Gàbaon perché ha fatto p ace con Giosuè e con gli Israeliti». Questi cinque re amorrei –
il re di Gerusalemme il re di Ebron il re di Iarmut il re di Lachis e il re di Eglon –
con tutte le loro truppe si radunarono insieme andarono ad accamparsi contro Gàbaon e le mo ssero guerra. Gli uomini di Gàbaon inviarono allora questa richiesta a Giosuè, all’accampamento di Gàlgala: «Da’ una mano ai tuoi servi! Vieni presto da noi a salvarci e aiutaci perché si sono all eati contro di noi tutti i re degli Amorrei che abitano le montagne». Allora Giosuè salì da Gàlgala con tutto l’esercito e i prodi guerrieri e il Signore gli disse: «Non aver paura di loro perché li con segno in mano tua: nessuno di loro resisterà davanti a te». Giosuè piombò su di loro all’improvv iso avendo marciato tutta la notte da Gàlgala. Il Signore li disperse davanti a Israele e inflisse lor o una grande sconfitta a Gàbaon li inseguì sulla via della salita di Bet-Oron e li batté fino ad Azekà e a Makkedà. Mentre essi fuggivano dinanzi a Israele ed erano alla discesa di Bet-Oron il Signore lanciò dal cielo su di loro come grosse pietre fino ad Azekà e molti morirono. Mo rirono per le pietre della grandine più di quanti ne avessero uccisi gli Israeliti con la spada. Quan do il Signore consegnò gli Amorrei in mano agli Israeliti Giosuè parlò al Signore e disse alla prese nza d’Israele: «Férmati sole su Gàbaon, luna sulla valle di àialon». Si fermò il sole e la luna rimas e immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici. Non è forse scritto nel libro del Giusto? St ette fermo il sole nel mezzo del cielo non corse al tramonto un giorno intero. Né prima né poi vi fu giorno come quello in cui il Signore ascoltò la voce d’un uomo perché il Signore combatteva
per Israele. Giosuè e tutto Israele ritornarono verso l’accampamento di Gàlgala. Quei cinque re fuggirono e si nascosero nella grotta a Makkedà. Fu riferito a Giosuè: «Sono stati trovati i cinqu e re nascosti nella grotta a Makkedà». Giosuè disse loro: «Rotolate grosse pietre contro l’entrat a della grotta e appostate alcune sentinelle per sorvegliarli. Voi però non fermatevi: continuate a inseguire i vostri nemici attaccate la loro retroguardia e non lasciateli rientrare nelle loro città, perché il Signore vostro Dio li consegna nelle vostre mani». Quando Giosuè e gli Israeliti ebbero finito di infliggere loro una sconfitta tanto grande da finirli e i superstiti che erano loro sfuggiti ebbero raggiunto le loro fortezze tutto l’esercito ritornò sano e salvo all’accampamento di Mak kedà presso Giosuè. Nessuno osò più muover lingua contro gli Israeliti. Giosuè quindi ordinò: «A prite l’ingresso della grotta e fatemi uscire dalla grotta quei cinque re». Così fecero e gli conduss ero fuori dalla grotta quei cinque re: il re di Gerusalemme il re di Ebron il re di Iarmut il re di Lac his e il re di Eglon. Quando quei re furono fatti uscire dinanzi a Giosuè egli convocò tutti gli Israe liti e disse agli ufficiali che avevano marciato con lui: «Avvicinatevi e ponete i vostri piedi sul coll o di questi re!». Quelli si avvicinarono e posero i piedi sul loro collo. Disse loro Giosuè: «Non te mete e non spaventatevi! Coraggio siate forti perché così farà il Signore a tutti i nemici contro c ui dovrete combattere». Dopo di ciò Giosuè li colpì e li fece morire e li fece appendere a cinque alberi. Vi rimasero appesi fino a sera. All’ora del tramonto per ordine di Giosuè li calarono dagli alberi e li gettarono nella grotta dove si erano nascosti. All’ingresso della grotta posero grosse p ietre che sono lì ancora oggi. Giosuè in quel giorno conquistò Makkedà: passò a fil di spada la cit tà e il suo re li votò allo sterminio con ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun super stite e trattò il re di Makkedà come aveva trattato il re di Gerico. Da Makkedà Giosuè e tutto Isr aele passarono a Libna e l’attaccarono. Il Signore consegnò anche questa città e il suo re nelle m ani d’Israele, che la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa; non vi lasciò alcu n superstite e trattò il suo re come aveva trattato il re di Gerico. Da Libna Giosuè e tutto Israele passarono a Lachis si accamparono contro di essa e l’attaccarono. Il Signore consegnò Lachis nel le mani d’Israele: la conquistò il secondo giorno e la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa come aveva fatto a Libna. Allora Oram re di Ghezer andò in soccorso di Lachis. Gi osuè batté lui e il suo popolo fino a non lasciargli alcun superstite. Da Lachis Giosuè e tutto Israe le passarono a Eglon si accamparono contro di essa e l’attaccarono. La presero quello stesso gio rno e la passarono a fil di spada votando allo sterminio ogni essere vivente che era in essa come avevano fatto a Lachis. Da Eglon Giosuè e tutto Israele salirono a Ebron e l’attaccarono. Presero e passarono a fil di spada la città il suo re tutti i suoi villaggi e ogni essere vivente che era in ess a. Non lasciarono alcun superstite come avevano fatto a Eglon: la votarono allo sterminio con o gni essere vivente che era in essa. Poi Giosuè e con lui tutto Israele si volsero a Debir e l’attacca rono. La presero con il suo re e tutti i suoi villaggi li passarono a fil di spada e votarono allo ster minio ogni essere vivente che era in essa: non lasciarono alcun superstite. Trattarono Debir e il suo re come avevano trattato Ebron e come avevano trattato Libna e il suo re. Così Giosuè conq uistò tutta la regione: le montagne il Negheb la Sefela le pendici con tutti i loro re. Non lasciò al
cun superstite e votò allo sterminio ogni vivente come aveva comandato il Signore Dio d’Israele.
Giosuè li conquistò da Kades-
Barnea fino a Gaza con tutto il territorio di Gosen fino a Gàbaon. Giosuè prese tutti questi re e i loro territori in una sola volta perché il Signore Dio d’Israele combatteva per Israele. Infine Gios uè e tutto Israele ritornarono all’accampamento di Gàlgala. Quando Iabin re di Asor seppe ques te cose ne informò Iobab il re di Madon il re di Simron il re di Acsaf e i re che erano a settentrio ne sulle montagne nell’Araba a meridione di Chinaròt nella Sefela e sulle colline di Dor a occide nte. I Cananei erano a oriente e a occidente gli Amorrei gli Ittiti i Perizziti i Gebusei erano sulle montagne e gli Evei erano ai piedi dell’Ermon nella regione di Mispa. Allora essi uscirono con tut ti i loro eserciti: erano una truppa numerosa come la sabbia sulla riva del mare con numerosissi mi cavalli e carri. Tutti questi re si allearono e vennero ad accamparsi insieme presso le acque di Merom per combattere contro Israele. Allora il Signore disse a Giosuè: «Non temerli, perché do mani a quest’ora io li consegnerò tutti trafitti davanti a Israele. Taglierai i garretti ai loro cavalli e appiccherai il fuoco ai loro carri». Giosuè con tutti i suoi guerrieri andò contro di loro presso le acque di Merom a sorpresa e piombò su di loro. Il Signore li consegnò nelle mani d’Israele che li batté e li inseguì fino a Sidone la Grande fino a Misrefot-Màim e fino alla valle di Mispa a oriente. Li sconfissero fino a non lasciar loro neppure un supers tite. Giosuè fece loro come gli aveva detto il Signore: tagliò i garretti ai loro cavalli e appiccò il fu oco ai loro carri. In quello stesso tempo Giosuè tornò indietro conquistò Asor e passò a fil di spa da il suo re perché prima Asor era stata la capitale di tutti quei regni. Passò a fil di spada ogni es sere vivente che vi era votandolo allo sterminio; non risparmiò nessun vivente e appiccò il fuoc o ad Asor. Giosuè prese tutti quei re e le loro città passandoli a fil di spada; li votò allo sterminio come aveva comandato Mosè servo del Signore. Tuttavia Israele non incendiò nessuna delle cit tà costruite su colline a parte Asor incendiata da Giosuè. Gli Israeliti presero tutto il bottino di q ueste città e il bestiame; passarono però a fil di spada tutti gli uomini fino a distruggerli: non ris parmiarono alcun vivente. Come aveva comandato il Signore a Mosè suo servo così Mosè aveva comandato a Giosuè e così Giosuè fece non trascurando alcuna parola di quanto il Signore avev a comandato a Mosè. Giosuè si impadronì di tutta questa terra: la zona montuosa tutto il Negh eb, tutta la regione di Gosen la Sefela l’Araba le montagne d’Israele e il loro bassopiano. Dal mo nte Calak che sale verso Seir fino a Baal-Gad nella valle del Libano ai piedi del monte Ermon: catturò tutti i loro re li vinse e li uccise. Per molto tempo Giosuè fece guerra a tutti questi re. Non ci fu alcuna città che facesse pace con gli Israeliti eccetto gli Evei che abitavano Gàbaon: le presero tutte con le armi, perché veniva dal Si gnore che il loro cuore si ostinasse a dichiarare guerra a Israele per votarle allo sterminio senza pietà e così distruggerle come il Signore aveva comandato a Mosè. In quel tempo Giosuè andò a eliminare gli Anakiti dalla zona montuosa: da Ebron da Debir da Anab da tutti i monti di Giuda e di Israele. Giosuè li votò allo sterminio con le loro città. Non rimasero Anakiti nella terra degli Is raeliti. Ne rimasero alcuni solo a Gaza a Gat e ad Asdod. Giosuè prese tutto il territorio come il S

ignore aveva ordinato a Mosè. Giosuè lo assegnò in eredità a Israele secondo le loro divisioni in tribù. E la terra visse tranquilla senza guerra. Questi sono i re della regione al di là del Giordano a oriente che gli Israeliti sconfissero e del cui territorio entrarono in possesso dal torrente Arno n al monte Ermon con tutta l’Araba orientale: Sicon re degli Amorrei che risiedeva a Chesbon; e gli dominava partendo da Aroèr, situata sul margine della valle del torrente Arnon il fondovalle del torrente la metà di Gàlaad fino al torrente Iabbok confine degli Ammoniti e l’Araba fino alla riva orientale del mare di Chinaròt e fino alla riva orientale del mare dell’Araba cioè il Mar Mort o in direzione di Bet-Iesimòt e più a meridione fin sotto le pendici del Pisga. Og re di Basan uno degli ultimi figli dei R
efaìm che risiedeva ad Astaròt e a Edrei; egli dominava il monte Ermon e Salca e tutto Basan fin o al confine dei Ghesuriti e dei Maacatiti inoltre metà di Gàlaad sino al confine di Sicon re di Che sbon. Mosè servo del Signore e gli Israeliti li avevano sconfitti e Mosè servo del Signore ne died e il possesso a quelli di Ruben a quelli di Gad e a metà della tribù di Manasse. Questi sono i re d el territorio a occidente del Giordano che Giosuè e gli Israeliti sconfissero da Baal-Gad nella valle del Libano fino al monte Calak che sale verso Seir e le cui terre Giosuè diede in p roprietà alle tribù d’Israele secondo le loro divisioni in tribù nella zona montuosa nella Sefela ne ll’Araba sulle pendici nel deserto e nel Negheb dov’erano gli Ittiti gli Amorrei i Cananei i Perizziti gli Evei e i Gebusei: il re di Gerico uno; il re di Ai che è presso Betel uno; il re di Gerusalemme u no; il re di Ebron uno; il re di Iarmut uno; il re di Lachis uno; il re di Eglon uno; il re di Ghezer uno
; il re di Debir uno; il re di Gheder uno; il re di Corma uno; il re di Arad uno; il re di Libna uno; il r e di Adullàm uno; il re di Makkedà uno; il re di Betel uno; il re di Tappù ach uno; il re di Chefer u no; il re di Afek uno; il re di Saron uno; il re di Madon uno; il re di Azor uno; il re di Simron-Meron uno; il re di Acsaf uno; il re di Taanac uno; il re di Meghiddo uno; il re di Kedes uno; il re di Iokneàm del Carmelo uno; il re di Dor sulla collina di Dor uno; il re delle popolazioni di Gàlgala uno; il re di Tirsa uno. In tutto trentuno re. Giosuè era ormai vecchio e avanti negli anni e il Sign ore gli disse: «Tu sei vecchio e avanti negli anni mentre rimane molto territorio da occupare. Qu este sono le terre rimaste: tutti i distretti dei Filistei e tutto il territorio dei Ghesuriti dal Sicor di fronte all’Egitto fino al territorio di Ekron a settentrione zona considerata cananea; i cinque prin cipati dei Filistei – Gaza Asdod àscalon Gat ed Ekron –
e gli Avviti nel meridione; tutto il territorio dei Cananei da Ara che è di quelli di Sidone fino ad A fek fino al confine degli Amorrei; il territorio di quelli di Biblo e tutto il Libano orientale da Baal-Gad ai piedi del monte Ermon fino all’ingresso di Camat. Io stesso scaccerò davanti agli Israeliti t utti gli abitanti delle montagne dal Libano a Misrefot-Màim e tutti quelli di Sidone. Tu dovrai solo tirare a sorte l’eredità per Israele come ti ho coman dato. Ora dunque distribuisci questa terra in eredità alle nove tribù e a metà della tribù di Mana sse». Insieme con l’altra metà di Manasse i Rubeniti e i Gaditi avevano ricevuto la loro parte di e redità che Mosè aveva assegnato loro al di là del Giordano a oriente come aveva concesso loro Mosè servo del Signore: da Aroèr che è sulla riva del torrente Arnon e dalla città in fondovalle t
utta la pianura di Màdaba fino a Dibon; tutte le città di Sicon re degli Amorrei che regnava a Che sbon fino al confine degli Ammoniti; Gàlaad il territorio dei Ghesuriti e dei Maacatiti tutto il mo nte Ermon e tutto Basan fino a Salca; in Basan tutto il regno di Og che regnava ad Astaròt e a Ed rei uno degli ultimi figli dei Refaìm che Mosè aveva debellato e spodestato. Tuttavia gli Israeliti non avevano scacciato i Ghesuriti e i Maacatiti; infatti le popolazioni di Ghesur e Maacà vivono i n mezzo a Israele ancora oggi. Soltanto alla tribù di Levi non aveva assegnato un’eredità: i sacrifi ci consumati dal fuoco per il Signore Dio d’Israele sono la sua eredità come aveva detto loro. M
osè aveva assegnato alla tribù dei figli di Ruben una parte secondo i loro casati ed essi ebbero il territorio da Aroèr che è sulla riva del torrente Arnon e dalla città in fondovalle tutta la pianura presso Màdaba Chesbon e tutte le sue città che sono nella pianura Dibon Bamòt-Baal Bet-Baal-Meon, Iaas Kedemòt Mefàat Kiriatàim Sibma e Seret-
Hassacàr sulle montagne che dominano la valle Bet-Peor le pendici del Pisga, Bet-Iesimòt tutte le città della pianura tutto il regno di Sicon re degli Amorrei che regnava a Chesbo n e che Mosè aveva sconfitto insieme con i capi dei Madianiti vassalli di Sicon che abitavano nell a regione: Evì Rekem Sur Cur e Reba. Quanto a Balaam, figlio di Beor l’indovino gli Israeliti lo ucc isero di spada insieme a quelli che avevano trafitto. Il territorio dei Rubeniti comprende poi il Gi ordano e il territorio limitrofo. Questa è l’eredità dei Rubeniti secondo i loro casati: le città con i loro villaggi. Mosè poi aveva dato una parte alla tribù di Gad ai figli di Gad secondo i loro casati ed essi ebbero il territorio di Iazer e tutte le città di Gàlaad e metà del territorio degli Ammoniti fino ad Aroèr che è di fronte a Rabbà, e da Chesbon fino a Ramat-Mispe e Betonìm e da Macanàim fino al territorio di Lodebàr; nella valle: Bet-Aram e Bet-Nimra Succot e Safon il resto del regno di Sicon re di Chesbon. Il Giordano ne era il confine sino all’estremità del mare di Chinneret oltre il Giordano a oriente. Questa è l’eredità dei figli di Gad secondo i loro casati: le città con i loro villaggi. Mosè aveva assegnato a metà della tribù dei figli di Manasse secondo i loro casati il seguente territorio che appartenne a loro: da Macanàim tutt o il Basan tutto il regno di Og re di Basan e tutti i villaggi di Iair che sono in Basan: sessanta città.
La metà di Gàlaad Astaròt ed Edrei città del regno di Og in Basan furono date ai figli di Machir fi glio di Manasse cioè alla metà dei figli di Machir, secondo i loro casati. Questo è quanto distribu ì Mosè nelle steppe di Moab oltre il Giordano di Gerico a oriente. Alla tribù di Levi però Mosè n on aveva assegnato alcuna eredità: il Signore Dio d’Israele è la loro eredità come aveva detto lo ro. Questo è invece quanto ebbero in eredità gli Israeliti nella terra di Canaan: lo assegnarono lo ro in eredità il sacerdote Eleàzaro e Giosuè figlio di Nun e i capifamiglia delle tribù degli Israeliti.
L’eredità fu stabilita mediante sorteggio, come aveva comandato il Signore per mezzo di Mosè per le nove tribù e per la mezza tribù infatti Mosè aveva assegnato l’eredità delle due tribù e de lla mezza tribù a oriente del Giordano e ai leviti non aveva dato alcuna eredità in mezzo a loro.
Poiché i figli di Giuseppe formano due tribù Manasse ed èfraim non si diede parte alcuna ai levit i nella terra tranne le città dove abitare e i loro pascoli per le loro greggi e gli armenti. Come ave va comandato il Signore a Mosè così fecero gli Israeliti e si divisero la terra. Vennero allora da Gi
osuè a Gàlgala i figli di Giuda e Caleb figlio di Iefunnè il Kenizzita gli disse: «Tu conosci la parola che ha detto il Signore a Mosè uomo di Dio riguardo a me e a te a Kades-Barnea. Avevo quarant’anni quando Mosè, servo del Signore mi inviò da Kades-Barnea a esplorare la terra e io gli riferii con sincerità di cuore. I compagni che vennero con me scoraggiarono il popolo io invece seguii fedelmente il Signore mio Dio. Mosè in quel giorno giur ò: “La terra che il tuo piede ha calcato sarà in eredità a te e ai tuoi figli per sempre perché hai se guito fedelmente il Signore mio Dio”. Ora ecco il Signore mi ha conservato in vita come aveva d etto: sono cioè quarantacinque anni da quando disse questa parola a Mosè mentre Israele cam minava nel deserto e oggi ecco che ho ottantacinque anni; io sono ancora oggi come quando M
osè mi inviò: come il mio vigore allora così il mio vigore ora sia per la battaglia sia per ogni altro lavoro. Ora concedimi questi monti di cui il Signore ha parlato in quel giorno, poiché tu hai sapu to allora che vi sono gli Anakiti e città grandi e fortificate; spero che il Signore sia con me e io le conquisterò secondo quanto ha detto il Signore!». Giosuè lo benedisse e assegnò Ebron in eredi tà a Caleb figlio di Iefunnè. Per questo Caleb figlio di Iefunnè il Kenizzita ebbe in eredità Ebron fi no ad oggi perché aveva seguito fedelmente il Signore Dio d’Israele. Ebron si chiamava prima Ki riat-Arbà: costui era stato l’uomo più grande tra gli Anakiti. E la terra visse tranquilla senza guerra. Il territorio toccato in sorte alla tribù dei figli di Giuda secondo i loro casati si estendeva fino ai co nfini di Edom dal deserto di Sin verso il Negheb all’estremo meridione. Il loro confine a mezzogi orno cominciava dalla parte estrema del Mar Morto dalla punta rivolta verso mezzogiorno poi p rocedeva a meridione della salita di Akrabbìm passava per Sin e risaliva a meridione di Kades-Barnea; passava poi da Chesron saliva ad Addar e girava verso Karkà passava poi da Asmon e ra ggiungeva il torrente d’Egitto e faceva capo al mare. Questo era il loro confine meridionale. A or iente il confine era costituito dal Mar Morto fino alla foce del Giordano. Dal lato settentrionale i l confine partiva dalla lingua di mare presso la foce del Giordano saliva a Bet-Cogla e passava a settentrione di Bet-
Araba e saliva al sasso di Boan figlio di Ruben. Poi il confine saliva a Debir per la valle di Acor e a settentrione, girava verso Gàlgala che è di fronte alla salita di Adummìm a mezzogiorno del torr ente; passava poi alle acque di En-Semes e faceva capo a En-Roghel. Saliva poi la valle di Ben-Innòm sul versante meridionale dei Gebusei cioè di Gerusalemme; poi il confine saliva sulla vett a della montagna che domina la valle di Innòm a occidente ed è all’estremità della valle dei Refa ìm a settentrione. Poi il confine piegava dalla vetta della montagna verso la fonte delle acque di Neftòach e usciva al monte Efron; piegava poi verso Baalà che è Kiriat-Iearìm. Indi il confine girava da Baalà a occidente verso il monte Seir passava sul pendio settentr ionale del monte Iearìm cioè Chesalòn scendeva a Bet-Semes e passava per Timna. Poi il confine raggiungeva il pendio settentrionale di Ekron, quindi piegava verso Siccaròn passava per il monte Baalà raggiungeva Iabneèl e terminava al mare. Il c onfine occidentale era il Mare Grande. Questo era nel complesso il territorio dei figli di Giuda se
condo i loro casati. A Caleb figlio di Iefunnè fu data una parte in mezzo ai figli di Giuda secondo l
’ordine del Signore a Giosuè: fu data Kiriat-
Arbà padre di Anak cioè Ebron. Caleb scacciò di là i tre figli di Anak: Sesài Achimàn e Talmài nati da Anak. Di là passò ad assalire gli abitanti di Debir che prima si chiamava Kiriat-Sefer. Disse allora Caleb: «A chi colpirà Kiriat-
Sefer e la prenderà io darò in moglie mia figlia Acsa». La prese Otnièl figlio di Kenaz fratello di C
aleb; a lui diede in moglie sua figlia Acsa. Ora mentre andava dal marito ella lo convinse a chied ere a suo padre un campo. Scese dall’asino e Caleb le disse: «Che hai?». Ella rispose: «Concedim i un favore; poiché tu mi hai dato una terra arida dammi anche qualche fonte d’acqua». Egli le d onò la sorgente superiore e la sorgente inferiore. Questa fu l’eredità della tribù dei figli di Giuda secondo i loro casati. Le città poste all’estremità della tribù dei figli di Giuda lungo il confine di Edom nel Negheb erano: Kabseèl Eder Iagur Kina Dimonà, Adadà Kedes Asor-Itnàn Zif Telem Bealòt, Asor-Adattà Keriòt-Chesron cioè Asor Amam Sema, Moladà Casar-Gaddà Chesmon Bet-Pelet Casar-
Sual, Bersabea e le sue dipendenze Baalà Iim Esem Eltolàd, Chesil Corma Siklag Madmannà Sans annà Lebaòt, Silchìm En-Rimmon: in tutto ventinove città e i loro villaggi. Nella Sefela: Estaòl Sorea Asna Zanòach, En-Gannìm Tappù ach Enam Iarmut Adullàm Soco Azekà, Saaràim Aditàim Ghederà e Ghederotàim: quattordici città e i loro villaggi; Senan Adasà Migdal-Gad Dileàn Mispa, Iokteèl Lachis Boskat Eglon Cabbon Lacmas Chitlis, Ghederòt Bet-Dagon Naamà e Makkedà: sedici città e i loro villaggi; Libna Eter Asan Iftach Asna Nesib, Keila Ac zib e Maresà: nove città e i loro villaggi; Ekron, le città del suo distretto e i suoi villaggi; da Ekron fino al mare tutte le città vicine ad Asdod e i loro villaggi; Asdod le città del suo distretto e i suoi villaggi; Gaza le città del suo distretto e i suoi villaggi fino al torrente d’Egitto e al Mare Grande che serve da confine. Sulle montagne: Samir Iattir Soco Danna Kiriat-Sannà, cioè Debir Anab Estemòa Anìm Gosen Colòn e Ghilo: undici città e i loro villaggi. Arab Du ma Esan Ianum, Bet-Tappù ach Afekà Cumta Kiriat-Arbà cioè Ebron e Sior: nove città e i loro villaggi. Maon Carmel Zif Iutta Izreèl, Iokdeàm Zanòac h Kain Gàbaa e Timna: dieci città e i loro villaggi. Calcul Bet-Sur Ghedor Maaràt Bet-Anòt e Eltekòn: sei città e i loro villaggi. Tekòa èfrata cioè Betlemme Peor, Etam Culon Tatam So res Carem Gallìm Beter Manàcat: undici città e i loro villaggi. Kiriat-Baal cioè Kiriat-Iearìm e Rabbà: due città e i loro villaggi. Nel deserto: Bet-Araba Middin Secacà Nibsan la città del sale e Engaddi: sei città e i loro villaggi. Quanto ai Gebus ei che abitavano in Gerusalemme i figli di Giuda non riuscirono a scacciarli; così i Gebusei abitan o a Gerusalemme insieme con i figli di Giuda ancora oggi. Il territorio toccato in sorte ai figli di G
iuseppe si estendeva dal Giordano di Gerico verso le acque di Gerico a oriente seguendo il deser to che per la montagna sale da Gerico a Betel. Il confine continuava poi da Betel a Luz e correva lungo il confine degli Architi ad Ataròt; scendeva a occidente verso il confine degli Iafletiti fino al
confine di Bet-
Oron inferiore e fino a Ghezer e faceva capo al mare. I figli di Giuseppe Manasse ed èfraim ebbe ro così la loro eredità. Questi erano i confini dei figli di èfraim secondo i loro casati. Il confine de lla loro eredità era a oriente Atròt-Addar fino a Bet-Oron superiore; continuava fino al mare dal lato occidentale verso Micmetàt a settentrione gira va a oriente verso Taanat-Silo e le passava davanti a oriente di Ianòach. Poi da Ianòach scendeva ad Ataròt e a Naarà tocc ava Gerico e faceva capo al Giordano. Da Tappù ach il confine andava verso occidente fino al tor rente Kana e terminava al mare. Tale era l’eredità della tribù dei figli di èfraim secondo i loro ca sati incluse le città riservate ai figli di èfraim in mezzo all’eredità dei figli di Manasse tutte le citt à e i loro villaggi. Essi non scacciarono i Cananei che abitavano a Ghezer; i Cananei hanno abitat o in mezzo ad èfraim fino ad oggi ma sono costretti al lavoro coatto da schiavi. Questo è il territ orio toccato in sorte alla tribù di Manasse perché egli era il primogenito di Giuseppe. Quanto a Machir primogenito di Manasse e padre di Gàlaad, poiché era guerriero aveva ottenuto Gàlaad e Basan. Fu dunque assegnata una parte agli altri figli di Manasse secondo i loro casati: ai figli di Abièzer di Chelek di Asrièl di Sichem di Chefer di Semidà. Questi erano i figli maschi di Manasse figlio di Giuseppe secondo i loro casati. Selofcàd figlio di Chefer, figlio di Gàlaad figlio di Machir f iglio di Manasse non ebbe figli maschi ma ebbe figlie delle quali ecco i nomi: Macla Noa Cogla M
ilca e Tirsa. Queste si presentarono al sacerdote Eleàzaro a Giosuè figlio di Nun e ai capi dicendo
: «Il Signore ha comandato a Mosè di darci un’eredità in mezzo ai nostri fratelli». Giosuè diede l oro un’eredità in mezzo ai fratelli del padre loro secondo l’ordine del Signore. Toccarono così di eci parti a Manasse oltre il territorio di Gàlaad e di Basan che è a oriente del Giordano poiché le figlie di Manasse ebbero un’eredità in mezzo ai figli di lui. La terra di Gàlaad fu per gli altri figli di Manasse. Il confine di Manasse cominciava da Aser Micmetàt situata di fronte a Sichem poi il c onfine girava a destra verso Iasib alla fonte di Tappù ach. A Manasse apparteneva il territorio di Tappù ach mentre Tappù ach al confine di Manasse era dei figli di èfraim. Quindi il confine scen deva al torrente Kana. A meridione del torrente vi erano le città di èfraim oltre quelle città che erano in mezzo alle città di Manasse. Il territorio di Manasse era a settentrione del torrente e fa ceva capo al mare. Il territorio a meridione era di èfraim a settentrione era di Manasse e suo co nfine era il mare. Con Aser erano confinanti a settentrione e con ìssacar a oriente. Inoltre in ìssa car e in Aser appartenevano a Manasse: Bet-Sean e i suoi villaggi Ibleàm e i suoi villaggi gli abitanti di Dor e i suoi villaggi gli abitanti di Endor e i suoi villaggi gli abitanti di Taanac e i suoi villaggi gli abitanti di Meghiddo e i suoi villaggi un te rzo della regione collinosa. Non poterono però i figli di Manasse impossessarsi di queste città e i l Cananeo continuò ad abitare in questa regione. Poi quando gli Israeliti divennero forti costrins ero il Cananeo al lavoro coatto ma non lo spodestarono del tutto. I figli di Giuseppe dissero a Gi osuè: «Perché mi hai dato in eredità un solo lotto e una sola parte mentre io sono un popolo nu meroso che il Signore ha così benedetto?». Rispose loro Giosuè: «Se sei un popolo numeroso sa
li alla foresta e disboscala per te nel territorio dei Perizziti e dei Refaìm dato che la zona montuo sa di èfraim è troppo stretta per voi». Replicarono allora i figli di Giuseppe: «La zona montuosa non ci basta; inoltre tutti i Cananei che abitano nel territorio pianeggiante hanno carri di ferro t anto in Bet-Sean e nei suoi villaggi quanto nella pianura di Izreèl». Allora Giosuè disse alla casa di Giuseppe cioè a èfraim e a Manasse: «Tu sei un popolo numeroso e possiedi una grande forza; la tua non sarà una porzione soltanto, perché le montagne saranno tue. è una foresta ma tu la disboscher ai e sarà tua da un estremo all’altro; spodesterai infatti il Cananeo benché abbia carri di ferro e sia forte». Tutta la comunità degli Israeliti si radunò a Silo e qui eresse la tenda del convegno. La terra era stata sottomessa a loro. Rimanevano tra gli Israeliti sette tribù che non avevano avuto la loro parte. Disse allora Giosuè agli Israeliti: «Fino a quando trascurerete di andare a occupare la terra che il Signore Dio dei vostri padri vi ha dato? Sceglietevi tre uomini per tribù e io li invie rò. Essi andranno subito a ispezionare la terra ne tracceranno un piano per la divisione in eredit à e torneranno da me. Essi se la divideranno in sette parti: Giuda rimarrà sul suo territorio nel m eridione e quelli della casa di Giuseppe rimarranno sul loro territorio al settentrione. Voi traccer ete una mappa scritta della terra in sette parti e me la porterete qui e io getterò per voi la sorte qui, dinanzi al Signore Dio nostro. Tuttavia non vi è parte per i leviti in mezzo a voi, perché il sac erdozio del Signore è la loro eredità e Gad Ruben e metà della tribù di Manasse hanno già ricev uto la loro eredità oltre il Giordano a oriente come ha concesso loro Mosè servo del Signore». Q
uegli uomini si misero in cammino; Giosuè comandò a coloro che andarono a tracciare una map pa scritta della terra: «Andate a perlustrare la regione tracciatene una mappa e tornate da me e qui io getterò per voi la sorte davanti al Signore a Silo». Gli uomini andarono ispezionarono la r egione ne tracciarono una mappa scritta secondo le città dividendola in sette parti e ritornaron o da Giosuè all’accampamento a Silo. Allora Giosuè gettò per loro la sorte a Silo dinanzi al Signo re e lì Giosuè spartì la terra tra gli Israeliti secondo le loro ripartizioni. Fu tirata a sorte la parte d ella tribù dei figli di Beniamino secondo i loro casati; il territorio che toccò loro aveva i confini tr a i figli di Giuda e i figli di Giuseppe. Dal lato settentrionale il loro confine partiva dal Giordano s aliva il pendio settentrionale di Gerico saliva per la montagna verso occidente e faceva capo al d eserto di Bet-Aven. Di là passava per Luz sul versante meridionale di Luz cioè Betel e scendeva ad Atròt-Addar presso il monte che è a mezzogiorno di Bet-
Oron inferiore. Poi il confine piegava e al lato occidentale girava a mezzogiorno dal monte posto di fronte a Bet-Oron a mezzogiorno e faceva capo a Kiriat-Baal cioè Kiriat-Iearìm città dei figli di Giuda. Questo era il lato occidentale. Il lato meridionale cominciava all’es tremità di Kiriat-Iearìm. Il confine piegava verso occidente fino alla fonte delle acque di Neftòach, poi scendeva f ino al crinale del monte di fronte alla valle di Ben-Innòm nella valle dei Refaìm a settentrione e scendeva per la valle di Ben-
Innòm sul pendio meridionale dei Gebusei fino a En-Roghel. Si estendeva quindi verso il settentrione e giungeva a En-Semes; di là si dirigeva verso Ghelilòt che è di fronte alla salita di Adummìm e scendeva al sasso di Boan figlio di Ruben poi passava per il pendio settentrionale di fronte all’Araba e scendeva all
’Araba. Il confine passava quindi per il pendio settentrionale di Bet-Cogla e faceva capo al golfo settentrionale del Mar Morto alla foce meridionale del Giordano. Q
uesto era il confine meridionale. Il Giordano serviva di confine dal lato orientale. Questa era l’er edità dei figli di Beniamino secondo i loro casati con i suoi confini da tutti i lati. Le città della trib ù dei figli di Beniamino secondo i loro casati erano: Gerico Bet-Cogla Emek-Kesis Bet-Araba Semaràim Betel, Avvìm Para Ofra Chefar-
Ammonài Ofni e Gheba: dodici città e i loro villaggi; Gàbaon Rama Beeròt, Mispa Chefirà Mosa Rekem Irpeèl Taralà, Sela-Elef la città gebusea cioè Gerusalemme Gàbaa, Kiriat-Iearìm: quattordici città e i loro villaggi. Questa era l’eredità dei figli di Beniamino secondo i loro casati. La seconda parte sorteggiata toccò a Simeone alla tribù dei figli di Simeone secondo i lor o casati. La loro eredità è in mezzo a quella dei figli di Giuda. Ebbero nel loro territorio: Bersabe a Seba Moladà Casar-Sual, Bala Esem Eltolàd Betul Corma Siklag Bet-Marcabòt, Casar-Susa Bet-Lebaòt e Saruchèn: tredici città e i loro villaggi; En Rimmon Eter e Asan: quattro città e i loro vill aggi; tutti i villaggi che stanno intorno a queste città fino a Baalàt-Beer Ramat-Negheb. Questa è l’eredità della tribù dei figli di Simeone secondo i loro casati. L’eredità dei figli di Simeone fu presa dalla parte dei figli di Giuda, perché la parte dei figli di Giuda era troppo gr ande per loro; perciò i figli di Simeone ebbero la loro eredità in mezzo all’eredità di quelli. @@
La terza parte sorteggiata toccò ai figli di Zàbulon secondo i loro casati. Il confine del loro territo rio si estendeva fino a Sarid. Questo confine saliva a occidente verso Maralà e giungeva a Dabbe set e poi toccava il torrente che è di fronte a Iokneàm. Da Sarid girava a oriente dove sorge il sol e sino al confine di Chislot-Tabor; poi continuava verso Daberàt e saliva a Iafìa. Di là passava verso oriente, dove sorge il so le per Gat-Chefer per Et-Kasìn usciva verso Rimmon girando fino a Nea. Poi il confine piegava dal lato di settentrione ver so Cannatòn e faceva capo alla valle d’Iftach-El. Esso includeva inoltre Kattat Naalàl Simron Idalà e Betlemme: dodici città e i loro villaggi. Qu esta fu l’eredità dei figli di Zàbulon secondo i loro casati: queste città e i loro villaggi. La quarta p arte sorteggiata toccò a ìssacar ai figli d’ìssacar, secondo i loro casati. Il loro territorio comprend eva: Izreèl Chesullòt, Sunem Cafaràim Sion Anacaràt Rabbit Kisiòn, Abes Remet En-Gannìm En-Caddà e Bet-Passes. Poi il confine giungeva a Tabor Sacasìm Bet-Semes e faceva capo al Giordano: sedici città e i loro villaggi. Questa fu l’eredità della tribù dei fi gli d’ìssacar secondo i loro casati: queste città e i loro villaggi. La quinta parte sorteggiata toccò ai figli di Aser secondo i loro casati. Il loro territorio comprendeva: Chelkat Calì Beten Acsaf, Ala mmèlec Amad Misal. Il loro confine giungeva verso occidente al Carmelo e a Sicor-
Libnat. Poi piegava dal lato dove sorge il sole verso Bet-Dagon toccava Zàbulon e la valle di Iftach-El a settentrione Bet-Emek e Neièl e si prolungava verso Cabul a sinistra e verso Ebron Recob Cammon e Kana fino a Sidone la Grande. Poi il confine piegava verso Rama fino alla fortezza di Tiro girava verso Cosa e faceva capo al mare incluse Mecallèb Aczib Acco Afek e Recob: ventidue città e i loro villaggi. Q
uesta fu l’eredità della tribù dei figli di Aser secondo i loro casati: queste città e i loro villaggi. La sesta parte sorteggiata toccò ai figli di Nèftali secondo i loro casati. Il loro confine si estendeva d a Chelef e dalla Quercia di Saanannìm ad Adamì-
Nekeb e Iabneèl fino a Lakkum e faceva capo al Giordano; poi il confine piegava a occidente ver so Aznot-Tabor e di là continuava verso Cukok giungeva a Zàbulon dal lato di mezzogiorno ad Aser dal lat o di ponente e a Giuda del Giordano dal lato di levante. Le fortezze erano Siddìm Ser Cammat R
akkat Chinneret Adamà Rama Asor, Kedes Edrei En-Asor Iron Migdal-El Corem Bet-Anat e Bet-Semes: diciannove città e i loro villaggi. Questa fu l’eredità della tribù dei figli di Nèftali secondo i loro casati: queste città e i loro villaggi. La settima parte sorteggiata toccò alla tribù dei figli di Dan secondo i loro casati. Il confine della loro eredità comprendeva Sorea Estaòl Ir-Semes, Saalabbìn àialon Itla Elon Timna Ekron, Eltekè Ghibbetòn Baalàt Ieud Bene-Berak, Gat-Rimmon Me-
Iarkon e Rakkon con il territorio di fronte a Giaffa. Ma il territorio dei figli di Dan si estese più lo ntano perché i figli di Dan andarono a combattere contro Lesem; la presero e la passarono a fil di spada ne presero possesso vi si stabilirono e la chiamarono Dan dal nome di Dan loro caposti pite. Questa fu l’eredità della tribù dei figli di Dan secondo i loro casati: queste città e i loro villa ggi. Quando gli Israeliti ebbero finito di distribuire in eredità la terra secondo i suoi confini diede ro a Giosuè figlio di Nun una proprietà in mezzo a loro. Secondo l’ordine del Signore gli diedero l a città che egli chiese: Timnat-Serach sulle montagne di èfraim. Egli costruì la città e vi stabilì la sua dimora. Tali sono le eredit à che il sacerdote Eleàzaro Giosuè figlio di Nun e i capifamiglia delle tribù degli Israeliti distribuir ono a sorte a Silo davanti al Signore, all’ingresso della tenda del convegno. Così portarono a ter mine la divisione della terra. Il Signore disse a Giosuè: «Di’ agli Israeliti: Sceglietevi le città di asil o come vi avevo ordinato per mezzo di Mosè, perché l’omicida che avrà ucciso qualcuno per err ore o per inavvertenza, vi si possa rifugiare. Vi serviranno di rifugio contro il vendicatore del san gue. Se qualcuno cerca asilo in una di queste città fermatosi all’ingresso della porta della città, e sporrà il suo caso agli anziani di quella città. Se costoro lo accoglieranno presso di sé dentro la ci ttà gli assegneranno una dimora ed egli si stabilirà in mezzo a loro. Se il vendicatore del sangue l o insegue essi non abbandoneranno nelle sue mani l’omicida perché ha ucciso il prossimo per in avvertenza e senza averlo prima odiato. L’omicida abiterà in quella città finché comparirà in giu dizio davanti alla comunità. Alla morte del sommo sacerdote in carica in quel tempo l’omicida p otrà tornarsene e rientrare nella sua città e nella sua casa nella città da dove era fuggito». Allor
a consacrarono Kedes in Galilea sulle montagne di Nèftali Sichem sulle montagne di èfraim e Kir iat-Arbà ossia Ebron sulle montagne di Giuda. Oltre il Giordano a oriente di Gerico stabilirono Beser sull’altopiano desertico nella tribù di Ruben, Ramot in Gàlaad nella tribù di Gad e Golan in Basa n nella tribù di Manasse. Queste furono le città stabilite per tutti gli Israeliti e per lo straniero di morante in mezzo a loro perché chiunque avesse ucciso qualcuno per errore potesse rifugiarvisi e non morisse per mano del vendicatore del sangue prima d’essere comparso davanti alla com unità. I capifamiglia dei leviti si presentarono al sacerdote Eleàzaro a Giosuè figlio di Nun e ai ca pifamiglia delle tribù degli Israeliti e dissero loro a Silo nella terra di Canaan: «Il Signore ha coma ndato per mezzo di Mosè che ci fossero date città da abitare, con i loro pascoli per il nostro best iame». Allora gli Israeliti secondo il comando del Signore diedero ai leviti le seguenti città con i l oro pascoli prendendole dalla loro eredità. Si tirò a sorte per i casati dei Keatiti. Ai leviti figli del sacerdote Aronne, toccarono in sorte tredici città della tribù di Giuda della tribù di Simeone e d ella tribù di Beniamino. Al resto dei Keatiti toccarono in sorte dieci città dei casati della tribù di èfraim della tribù di Dan e di metà della tribù di Manasse. Ai figli di Gherson toccarono in sorte t redici città dei casati della tribù di ìssacar della tribù di Aser della tribù di Nèftali e di metà della tribù di Manasse in Basan. Ai figli di Merarì secondo i loro casati, toccarono dodici città della tri bù di Ruben della tribù di Gad e della tribù di Zàbulon. Gli Israeliti dunque assegnarono per sort eggio ai leviti queste città con i loro pascoli come il Signore aveva comandato per mezzo di Mos è. Della tribù dei figli di Giuda e della tribù dei figli di Simeone assegnarono le città qui nominat e. Esse toccarono ai leviti figli d’Aronne dei casati dei Keatiti perché il primo sorteggio fu per lor o. Furono dunque date loro Kiriat-Arbà padre di Anak ossia Ebron sulle montagne di Giuda con i suoi pascoli tutt’intorno; ma died ero in possesso a Caleb figlio di Iefunnè i campi di questa città e i villaggi circostanti. Diedero du nque ai figli del sacerdote Aronne Ebron città di asilo per l’omicida con i suoi pascoli Libna e i su oi pascoli Iattir e i suoi pascoli Estemòa e i suoi pascoli Colon e i suoi pascoli Debir e i suoi pascol i, Ain e i suoi pascoli Iutta e i suoi pascoli Bet-Semes e i suoi pascoli: nove città di queste tribù. Della tribù di Beniamino Gàbaon e i suoi pasco li Gheba e i suoi pascoli, Anatòt e i suoi pascoli Almon e i suoi pascoli: quattro città. Totale delle città dei sacerdoti figli d’Aronne: tredici città e i loro pascoli. Ai casati dei Keatiti cioè al resto dei leviti figli di Keat toccarono città della tribù di èfraim. Fu loro data come città di asilo per l’omici da Sichem e i suoi pascoli sulle montagne di èfraim; poi Ghezer e i suoi pascoli, Kibsàim e i suoi pascoli Bet-Oron e i suoi pascoli: quattro città. Della tribù di Dan: Eltekè e i suoi pascoli Ghibbetòn e i suoi p ascoli, àialon e i suoi pascoli Gat-Rimmon e i suoi pascoli: quattro città. Di metà della tribù di Manasse: Taanac e i suoi pascoli Ibl eàm e i suoi pascoli: due città. Totale: dieci città con i loro pascoli che toccarono ai casati degli a ltri figli di Keat. Ai figli di Gherson che erano tra i casati dei leviti furono date di metà della tribù
di Manasse come città di asilo per l’omicida Golan in Basan e i suoi pascoli, Astaròt con i suoi pa scoli: due città della tribù d’ìssacar Kisiòn e i suoi pascoli Daberàt e i suoi pascoli, Iarmut e i suoi pascoli En-Gannìm e i suoi pascoli: quattro città della tribù di Aser Misal e i suoi pascoli Abdon e i suoi pasc oli, Chelkat e i suoi pascoli Recob e i suoi pascoli: quattro città della tribù di Nèftali come città di asilo per l’omicida Kedes in Galilea e i suoi pascoli Cammòt-Dor e i suoi pascoli Kartan con i suoi pascoli: tre città. Totale delle città dei Ghersoniti secondo i loro casati: tredici città e i loro pascoli. Ai casati dei figli di Merarì cioè al resto dei leviti furono d ate della tribù di Zàbulon Iokneàm e i suoi pascoli Karta e i suoi pascoli, Dimna e i suoi pascoli N
aalàl e i suoi pascoli: quattro città della tribù di Ruben come città di asilo per l’omicida Beser e i suoi pascoli Iaas e i suoi pascoli Kedemòt e i suoi pascoli Mefàat e i suoi pascoli: quattro città de lla tribù di Gad come città di asilo per l’omicida Ramot in Gàlaad e i suoi pascoli Macanàim e i su oi pascoli, Chesbon e i suoi pascoli Iazer e i suoi pascoli: in tutto quattro città. Totale delle città date in sorte ai figli di Merarì secondo i loro casati, cioè il resto dei casati dei leviti: dodici città.
Totale delle città dei leviti in mezzo ai possessi degli Israeliti: quarantotto città e i loro pascoli. Ci ascuna di queste città comprendeva la città e il suo pascolo intorno: così di tutte queste città. Il Signore assegnò dunque a Israele tutta la terra che aveva giurato ai padri di dar loro e gli Israelit i ne presero possesso e vi si stabilirono. Il Signore diede loro tranquillità all’intorno come aveva giurato ai loro padri; nessuno tra tutti i loro nemici poté resistere loro: il Signore consegnò nelle loro mani tutti quei nemici. Non una parola cadde di tutte le promesse che il Signore aveva fatt o alla casa d’Israele: tutto si è compiuto. In quel tempo Giosuè convocò quelli di Ruben e di Gad e la metà della tribù di Manasse e disse loro: «Voi avete adempiuto quanto Mosè servo del Sign ore vi aveva ordinato e avete ascoltato la mia voce in tutto quello che io vi ho comandato. Non avete abbandonato i vostri fratelli durante questo lungo tempo fino ad oggi e avete osservato s crupolosamente il comandamento del Signore vostro Dio. Ora che il Signore vostro Dio ha dato tranquillità ai vostri fratelli come aveva loro promesso tornate e andatevene alle vostre tende n ella terra di vostra proprietà che Mosè servo del Signore vi ha assegnato a oriente del Giordano.
Tuttavia abbiate gran cura di eseguire il comandamento e la legge che Mosè, servo del Signore vi ha dato: amare il Signore vostro Dio camminare in tutte le sue vie osservare i suoi comandam enti aderire a lui e servirlo con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima». Poi Giosuè li be nedisse e li congedò ed essi tornarono alle loro tende. Mosè aveva dato a metà della tribù di M
anasse un possesso in Basan e Giosuè diede all’altra metà un possesso tra i loro fratelli al di qua del Giordano a occidente. Anche costoro Giosuè rimandò alle loro tende e li benedisse. Disse lo ro: «Tornate alle vostre tende con grandi ricchezze con bestiame molto numeroso con argento oro, bronzo ferro e una grande quantità di vesti; dividete con i vostri fratelli il bottino tolto ai vo stri nemici». I figli di Ruben e di Gad e la metà della tribù di Manasse tornarono. Lasciarono gli Is raeliti a Silo nella terra di Canaan per andare nel territorio di Gàlaad la terra di loro proprietà ch e avevano ricevuto in possesso secondo il comando del Signore per mezzo di Mosè. Giunti a Gh
elilòt del Giordano nella terra di Canaan i Rubeniti e i Gaditi e la metà della tribù di Manasse vi c ostruirono un altare presso il Giordano: un altare grande ben visibile. Gli Israeliti udirono che si diceva: «Ecco Rubeniti Gaditi e metà della tribù di Manasse hanno costruito un altare di fronte alla terra di Canaan a Ghelilòt del Giordano dalla parte degli Israeliti». Quando gli Israeliti venne ro a saperlo, riunirono tutta la loro comunità a Silo per muover loro guerra. Gli Israeliti inviaron o Fineès figlio del sacerdote Eleàzaro nel territorio di Gàlaad ai Rubeniti ai Gaditi e alla metà del la tribù di Manasse e con lui dieci capi un capo per ciascun casato di tutte le tribù d’Israele: tutti erano capi di un casato fra i gruppi di migliaia d’Israele. Quando giunsero da quelli di Ruben di Gad e di metà della tribù di Manasse nel territorio di Gàlaad dissero loro: «Così dice tutta la co munità del Signore: “Che cos’è questa infedeltà che avete commesso contro il Dio d’Israele sme ttendo oggi di seguire il Signore, con la costruzione di un altare per ribellarvi oggi al Signore? No n ci basta forse la colpa di Peor dalla quale non ci siamo ancora purificati oggi e che ha attirato quel flagello sulla comunità del Signore? Voi oggi avete smesso di seguire il Signore! Poiché oggi vi siete ribellati al Signore domani egli si adirerà contro tutta la comunità d’Israele. Se la terra d el vostro possesso è impura ebbene passate pure nella terra che è possesso del Signore dove st a la Dimora del Signore e stabilitevi in mezzo a noi; ma non ribellatevi al Signore e non rendetec i complici di ribellione costruendovi un altare oltre l’altare del Signore nostro Dio. Quando Acan figlio di Zerach commise un’infrazione contro lo sterminio, l’ira del Signore non venne forse su t utta la comunità d’Israele sebbene fosse un individuo solo? Non morì forse per la sua colpa?”».
Allora quelli di Ruben di Gad e la metà della tribù di Manasse risposero così ai capi delle migliaia d’Israele: «Dio degli dèi è il Signore! Dio degli dèi è il Signore! Egli lo sa ma lo sappia anche Israe le. Se abbiamo agito con ribellione o con infedeltà verso il Signore egli non ci salvi oggi stesso! S
e abbiamo costruito un altare per smettere di seguire il Signore per offrirvi olocausti od oblazio ni e per farvi sacrifici di comunione il Signore stesso ce ne chieda conto! Non è così! L’abbiamo f atto perché siamo preoccupati che in avvenire i vostri figli potrebbero dire ai nostri: “Che avete in comune voi con il Signore Dio d’Israele? Il Signore ha posto il Giordano come confine tra noi e voi figli di Ruben e di Gad; voi non avete parte alcuna con il Signore!”. Così i vostri figli farebber o desistere i nostri figli dal temere il Signore. Perciò ci siamo detti: Costruiamo questo altare no n per olocausti o per sacrifici ma perché sia testimonianza fra noi e voi e fra i nostri discendenti dopo di noi che vogliamo compiere il nostro servizio al Signore davanti a lui con i nostri olocaust i con le nostre vittime e con i nostri sacrifici di comunione. Così i vostri figli non potranno un do mani dire ai nostri: “Voi non avete parte con il Signore”. Ci siamo detti: Se in avvenire essi diran no questo a noi o ai nostri discendenti risponderemo: “Guardate la forma dell’altare del Signore che i nostri padri hanno costruito non per olocausti o per sacrifici ma perché fosse testimonian za fra noi e voi”. Lontano da noi l’idea di ribellarci al Signore e di smettere oggi di seguirlo, costr uendo un altare per olocausti offerte e sacrifici oltre l’altare del Signore nostro Dio che è davant i alla sua Dimora!». Quando il sacerdote Fineès i capi della comunità e i comandanti delle migliai a d’Israele che l’accompagnavano udirono le parole degli uomini di Ruben di Gad e di Manasse
esse parvero buone ai loro occhi. Fineès figlio del sacerdote Eleàzaro disse a quelli di Ruben di G
ad e di Manasse: «Oggi sappiamo che il Signore è in mezzo a noi poiché non avete commesso q uesta infedeltà verso il Signore. Avete così liberato gli Israeliti dalla mano del Signore». Fineès fi glio del sacerdote Eleàzaro e i capi lasciarono quelli di Ruben e di Gad e tornarono dal territorio di Gàlaad alla terra di Canaan presso gli Israeliti ai quali riferirono l’accaduto. La cosa parve buo na agli occhi degli Israeliti i quali benedissero Dio e non parlarono più di muover guerra contro quelli di Ruben e di Gad per devastare il territorio che essi abitavano. Quelli di Ruben e di Gad c hiamarono quell’altare Testimonianza, perché dissero: «è una testimonianza fra noi che il Signo re è Dio». Molto tempo dopo che il Signore aveva dato tregua a Israele da tutti i nemici che lo ci rcondavano Giosuè ormai vecchio e molto avanti negli anni convocò tutto Israele gli anziani i ca pi i giudici e gli scribi e disse loro: «Io sono vecchio molto avanti negli anni. Voi avete visto quan to il Signore vostro Dio ha fatto a tutte queste nazioni, scacciandole dinanzi a voi. Il Signore stes so vostro Dio ha combattuto per voi. Guardate: ho ripartito tra voi a sorte come eredità per le v ostre tribù queste nazioni rimanenti – oltre a tutte quelle che ho sterminato –
dal Giordano fino al Mare Grande a occidente. Il Signore vostro Dio le disperderà egli stesso din anzi a voi e le scaccerà dinanzi a voi e voi prenderete possesso dei loro territori come il Signore vostro Dio vi ha promesso. Siate forti nell’osservare e mettere in pratica quanto è scritto nel libr o della legge di Mosè senza deviare da esso né a destra né a sinistra senza mescolarvi con quest e nazioni che rimangono fra voi. Non invocate i loro dèi. Non giurate su di loro. Non serviteli e n on prostratevi davanti a loro. Restate invece fedeli al Signore vostro Dio come avete fatto fino a d oggi. Il Signore ha scacciato dinanzi a voi nazioni grandi e potenti; nessuno ha potuto resistere a voi fino ad oggi. Uno solo di voi ne inseguiva mille, perché il Signore vostro Dio ha combattut o per voi come vi aveva promesso. Abbiate gran cura per la vostra vita di amare il Signore vostr o Dio. Perché se vi volgete indietro e vi unite al resto di queste nazioni che sono rimaste fra voi e vi imparentate con loro e vi mescolate con esse ed esse con voi sappiate bene che il Signore v ostro Dio non scaccerà più queste nazioni dinanzi a voi. Esse diventeranno per voi una rete e un a trappola flagello ai vostri fianchi e spine nei vostri occhi finché non sarete spazzati via da ques to terreno buono che il Signore, vostro Dio vi ha dato. Ecco io oggi me ne vado per la via di ogni abitante della terra; riconoscete con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima che non è caduta neppure una parola di tutte le promesse che il Signore vostro Dio aveva fatto per voi. Tu tte si sono compiute per voi: neppure una parola è caduta. Ma come è giunta a compimento pe r voi ogni promessa che il Signore vostro Dio vi aveva fatto così il Signore porterà a compimento contro di voi tutte le minacce finché vi abbia eliminato da questo terreno buono che il Signore vostro Dio vi ha dato. Se trasgredirete l’alleanza che il Signore vostro Dio vi ha imposto andando a servire altri dèi e prostrandovi davanti a loro l’ira del Signore si accenderà contro di voi e voi s arete spazzati via dalla terra buona che egli vi ha dato». Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele i capi i giudici e gli scribi ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Così dice il Signore Dio d’Israele: “Nei tempi antichi i vostri
padri tra cui Terach padre di Abramo e padre di Nacor abitavano oltre il Fiume. Essi servivano al tri dèi. Io presi Abramo vostro padre da oltre il Fiume e gli feci percorrere tutta la terra di Canaa n. Moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco. A Isacco diedi Giacobbe ed Esaù assegnai a Es aù il possesso della zona montuosa di Seir mentre Giacobbe e i suoi figli scesero in Egitto. In seg uito mandai Mosè e Aronne e colpii l’Egitto con le mie azioni in mezzo a esso e poi vi feci uscire.
Feci uscire dall’Egitto i vostri padri e voi arrivaste al mare. Gli Egiziani inseguirono i vostri padri con carri e cavalieri fino al Mar Rosso ma essi gridarono al Signore che pose fitte tenebre fra voi e gli Egiziani; sospinsi sopra di loro il mare che li sommerse: i vostri occhi hanno visto quanto fe ci in Egitto. Poi dimoraste lungo tempo nel deserto. Vi feci entrare nella terra degli Amorrei che abitavano ad occidente del Giordano. Vi attaccarono ma io li consegnai in mano vostra; voi pren deste possesso della loro terra e io li distrussi dinanzi a voi. In seguito Balak figlio di Sippor re di Moab si levò e attaccò Israele. Mandò a chiamare Balaam figlio di Beor perché vi maledicesse.
Ma io non volli ascoltare Balaam ed egli dovette benedirvi. Così vi liberai dalle sue mani. Attrave rsaste il Giordano e arrivaste a Gerico. Vi attaccarono i signori di Gerico gli Amorrei i Perizziti i C
ananei gli Ittiti i Gergesei gli Evei e i Gebusei ma io li consegnai in mano vostra. Mandai i calabro ni davanti a voi per sgominare i due re amorrei non con la tua spada né con il tuo arco. Vi diedi una terra che non avevate lavorato abitate in città che non avete costruito e mangiate i frutti di vigne e oliveti che non avete piantato”. Ora dunque temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Sign ore. Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i v ostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei nel cui territorio abitate. Qu anto a me e alla mia casa serviremo il Signore». Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore nostro Dio che ha fatto salire noi e i padri nost ri dalla terra d’Egitto dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostr i occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fr a i quali siamo passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che a bitavano la terra. Perciò anche noi serviremo il Signore perché egli è il nostro Dio». Giosuè disse al popolo: «Voi non potete servire il Signore perché è un Dio santo è un Dio geloso; egli non per donerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stra nieri egli vi si volterà contro e dopo avervi fatto tanto bene vi farà del male e vi annienterà». Il p opolo rispose a Giosuè: «No! Noi serviremo il Signore». Giosuè disse allora al popolo: «Voi siete testimoni contro voi stessi che vi siete scelti il Signore per servirlo!». Risposero: «Siamo testimo ni!». «Eliminate allora gli dèi degli stranieri che sono in mezzo a voi e rivolgete il vostro cuore al Signore Dio d’Israele!». Il popolo rispose a Giosuè: «Noi serviremo il Signore nostro Dio e ascolt eremo la sua voce!». Giosuè in quel giorno concluse un’alleanza per il popolo e gli diede uno sta tuto e una legge a Sichem. Scrisse queste parole nel libro della legge di Dio. Prese una grande pi etra e la rizzò là sotto la quercia che era nel santuario del Signore. Infine Giosuè disse a tutto il p opolo: «Ecco: questa pietra sarà una testimonianza per noi perché essa ha udito tutte le parole
che il Signore ci ha detto; essa servirà quindi da testimonianza per voi perché non rinneghiate il vostro Dio». Poi Giosuè congedò il popolo ciascuno alla sua eredità. Dopo questi fatti Giosuè figl io di Nun servo del Signore morì a centodieci anni e lo seppellirono nel territorio della sua eredi tà a Timnat-Serach sulle montagne di èfraim a settentrione del monte Gaas. Israele servì il Signore in tutti i giorni di Giosuè e degli anziani che sopravvissero a Giosuè e che conoscevano tutte le opere che il Signore aveva compiuto per Israele. Gli Israeliti seppellirono le ossa di Giuseppe che avevano portato dall’Egitto a Sichem in una parte della campagna che Giacobbe aveva acquistato dai figli di Camor padre di Sichem per cento pezzi d’argento e che i figli di Giuseppe avevano ricevuto in eredità. Morì anche Eleàzaro figlio di Aronne. Lo seppellirono a Gàbaa che apparteneva a Fineè s suo figlio in quanto era stata assegnata a lui nella zona montuosa di èfraim. Dopo la morte di Giosuè gli Israeliti consultarono il Signore dicendo: «Chi di noi salirà per primo a combattere co ntro i Cananei?». Il Signore rispose: «Salirà Giuda: ecco ho messo la terra nelle sue mani». Allor a Giuda disse a suo fratello Simeone: «Sali con me nel territorio che mi è toccato in sorte e com battiamo contro i Cananei; poi anch’io verrò con te in quello che ti è toccato in sorte». Simeone andò con lui. Giuda dunque salì e il Signore mise nelle loro mani i Cananei e i Perizziti; sconfisser o a Bezek diecimila uomini. A Bezek trovarono Adonì-
Bezek, l’attaccarono e sconfissero i Cananei e i Perizziti. Adonì-
Bezek fuggì ma essi lo inseguirono lo catturarono e gli amputarono i pollici e gli alluci. Adonì-
Bezek disse: «Settanta re con i pollici e gli alluci amputati, raccattavano gli avanzi sotto la mia ta vola. Dio mi ripaga quel che ho fatto». Lo condussero poi a Gerusalemme dove morì. I figli di Gi uda attaccarono Gerusalemme e la presero; la passarono a fil di spada e l’abbandonarono alle fi amme. Poi essi discesero a combattere contro i Cananei che abitavano la montagna il Negheb e la Sefela. Giuda marciò contro i Cananei che abitavano a Ebron che prima si chiamava Kiriat-Arbà e sconfisse Sesài Achimàn e Talmài. Di là andò contro gli abitanti di Debir che prima si chia mava Kiriat-Sefer. Disse allora Caleb: «A chi colpirà Kiriat-Sefer e la prenderà io darò in moglie mia figlia Acsa». La prese Otnièl figlio di Kenaz fratello min ore di Caleb; a lui diede in moglie sua figlia Acsa. Ora mentre andava dal marito ella lo convinse a chiedere a suo padre un campo. Scese dall’asino e Caleb le disse: «Che hai?». Ella rispose: «Co ncedimi un favore; poiché tu mi hai dato una terra arida dammi anche qualche fonte d’acqua».
Caleb le donò la sorgente superiore e la sorgente inferiore. I figli del suocero di Mosè il Kenita s alirono dalla città delle palme con i figli di Giuda nel deserto di Giuda a mezzogiorno di Arad; an darono e abitarono con quel popolo. Poi Giuda marciò con suo fratello Simeone: sconfissero i C
ananei che abitavano a Sefat e votarono allo sterminio la città che fu chiamata Corma. Giuda pr ese anche Gaza con il suo territorio àscalon con il suo territorio ed Ekron con il suo territorio. Il Signore fu con Giuda che scacciò gli abitanti delle montagne ma non poté scacciare gli abitanti d ella pianura perché avevano carri di ferro. Come Mosè aveva ordinato Ebron fu data a Caleb che scacciò da essa i tre figli di Anak. I figli di Beniamino non scacciarono i Gebusei che abitavano G

erusalemme perciò i Gebusei abitano con i figli di Beniamino a Gerusalemme ancora oggi. La ca sa di Giuseppe salì anch’essa ma contro Betel e il Signore fu con loro. La casa di Giuseppe mand ò a esplorare Betel città che prima si chiamava Luz. Gli esploratori videro un uomo che usciva da lla città e gli dissero: «Insegnaci una via di accesso alla città e noi ti faremo grazia». Egli insegnò loro la via di accesso alla città ed essi passarono la città a fil di spada ma risparmiarono quell’uo mo con tutta la sua famiglia. Quell’uomo andò nella terra degli Ittiti e vi edificò una città che chi amò Luz: questo è il suo nome fino ad oggi. Manasse non scacciò gli abitanti di Bet-Sean e delle sue dipendenze né quelli di Taanac e delle sue dipendenze né quelli di Dor e delle s ue dipendenze né quelli d’Ibleàm e delle sue dipendenze né quelli di Meghiddo e delle sue dipe ndenze; i Cananei continuarono ad abitare in quella regione. Quando Israele divenne più forte c ostrinse al lavoro coatto i Cananei ma non li scacciò del tutto. Nemmeno èfraim scacciò i Canan ei che abitavano a Ghezer perciò i Cananei abitarono a Ghezer in mezzo a èfraim. Zàbulon non s cacciò gli abitanti di Kitron né gli abitanti di Naalòl; i Cananei abitarono in mezzo a Zàbulon e fur ono costretti al lavoro coatto. Aser non scacciò gli abitanti di Acco né gli abitanti di Sidone né qu elli di Aclab di Aczib di Chelba di Afik di Recob; i figli di Aser si stabilirono in mezzo ai Cananei ch e abitavano la regione perché non li avevano scacciati. Nèftali non scacciò gli abitanti di Bet-Semes né gli abitanti di Bet-
Anat e si stabilì in mezzo ai Cananei che abitavano la regione; ma gli abitanti di Bet-Semes e di Bet-
Anat furono da loro costretti al lavoro coatto. Gli Amorrei respinsero i figli di Dan sulla montagn a e non li lasciarono scendere nella pianura. Gli Amorrei continuarono ad abitare ad Ar-Cheres àialon e Saalbìm ma la mano della casa di Giuseppe si aggravò su di loro e furono costret ti al lavoro coatto. Il confine degli Amorrei si estendeva dalla salita di Akrabbìm da Sela in su. Or a l’angelo del Signore salì da Gàlgala a Bochìm e disse: «Io vi ho fatto uscire dall’Egitto e vi ho fa tto entrare nella terra che avevo giurato ai vostri padri di darvi. Avevo anche detto: “Non infran gerò mai la mia alleanza con voi e voi non farete alleanza con gli abitanti di questa terra; distrug gerete i loro altari”. Ma voi non avete obbedito alla mia voce. Che cosa avete fatto? Perciò anch
’io dico: non li scaccerò dinanzi a voi; ma essi vi staranno ai fianchi e i loro dèi saranno per voi u na trappola». Appena l’angelo del Signore ebbe detto queste parole a tutti gli Israeliti il popolo alzò la voce e pianse. Chiamarono quel luogo Bochìm e là offrirono sacrifici al Signore. Quando Giosuè ebbe congedato il popolo gli Israeliti se ne andarono ciascuno nella sua eredità a prende re in possesso la terra. Il popolo servì il Signore durante tutta la vita di Giosuè e degli anziani ch e sopravvissero a Giosuè e che avevano visto tutte le grandi opere che il Signore aveva fatto in f avore d’Israele. Poi Giosuè figlio di Nun servo del Signore morì a centodieci anni e fu sepolto nel territorio della sua eredità a Timnat-Cheres sulle montagne di èfraim a settentrione del monte Gaas. Anche tutta quella generazione fu riunita ai suoi padri; dopo di essa ne sorse un’altra che non aveva conosciuto il Signore né l’o pera che aveva compiuto in favore d’Israele. Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Sign
ore e servirono i Baal; abbandonarono il Signore Dio dei loro padri che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto e seguirono altri dèi tra quelli dei popoli circostanti: si prostrarono davanti a loro e provocarono il Signore abbandonarono il Signore e servirono Baal e le Astarti. Allora si accese l’ira del Signore contro Israele e li mise in mano a predatori che li depredarono; li vendette ai ne mici che stavano loro intorno ed essi non potevano più tener testa ai nemici. In tutte le loro spe dizioni la mano del Signore era per il male, contro di loro come il Signore aveva detto come il Sig nore aveva loro giurato: furono ridotti all’estremo. Allora il Signore fece sorgere dei giudici che l i salvavano dalle mani di quelli che li depredavano. Ma neppure ai loro giudici davano ascolto a nzi si prostituivano ad altri dèi e si prostravano davanti a loro. Abbandonarono ben presto la via seguita dai loro padri i quali avevano obbedito ai comandi del Signore: essi non fecero così. Qu ando il Signore suscitava loro dei giudici il Signore era con il giudice e li salvava dalla mano dei lo ro nemici durante tutta la vita del giudice perché il Signore si muoveva a compassione per i loro gemiti davanti a quelli che li opprimevano e li maltrattavano. Ma quando il giudice moriva torna vano a corrompersi più dei loro padri seguendo altri dèi per servirli e prostrarsi davanti a loro: n on desistevano dalle loro pratiche e dalla loro condotta ostinata. Perciò l’ira del Signore si acces e contro Israele e disse: «Poiché questa nazione ha violato l’alleanza che avevo stabilito con i lor o padri e non hanno obbedito alla mia voce anch’io non scaccerò più dinanzi a loro nessuno dei popoli che Giosuè lasciò quando morì. Così per mezzo loro metterò alla prova Israele per veder e se custodiranno o no la via del Signore camminando in essa come la custodirono i loro padri».
Il Signore lasciò sussistere quelle nazioni senza affrettarsi a scacciarle e non le consegnò nelle m ani di Giosuè. Queste sono le nazioni che il Signore lasciò sussistere allo scopo di mettere alla pr ova per mezzo loro Israele cioè quanti non avevano visto tutte le guerre di Canaan. Ciò avvenne soltanto per istruire le nuove generazioni degli Israeliti per insegnare loro la guerra perché pri ma non l’avevano mai conosciuta: i cinque prìncipi dei Filistei tutti i Cananei quelli di Sidone e gl i Evei che abitavano le montagne del Libano, dal monte Baal-Ermon fino all’ingresso di Camat. Queste nazioni servirono a mettere Israele alla prova per vede re se Israele avrebbe obbedito ai comandi che il Signore aveva dato ai loro padri per mezzo di M
osè. Così gli Israeliti abitarono in mezzo ai Cananei agli Ittiti, agli Amorrei ai Perizziti agli Evei e ai Gebusei; ne presero in moglie le figlie fecero sposare le proprie figlie con i loro figli e servirono i loro dèi. Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore; dimenticarono il Signore loro Dio e servirono i Baal e le Asere. L’ira del Signore si accese contro Israele e li consegnò nelle ma ni di Cusan-Risatàim re di Aram Naharàim; gli Israeliti furono servi di Cusan-Risatàim per otto anni. Poi gli Israeliti gridarono al Signore e il Signore fece sorgere per loro un s alvatore Otnièl figlio di Kenaz fratello minore di Caleb e li salvò. Lo spirito del Signore fu su di lui ed egli fu giudice d’Israele. Uscì a combattere e il Signore gli consegnò nelle mani Cusan-Risatàim re di Aram; la sua mano fu potente contro Cusan-
Risatàim. La terra rimase tranquilla per quarant’anni poi Otnièl figlio di Kenaz morì. Gli Israeliti r ipresero a fare ciò che è male agli occhi del Signore; il Signore rese forte Eglon re di Moab contr
o Israele perché facevano ciò che è male agli occhi del Signore. Eglon radunò intorno a sé gli Am moniti e gli Amaleciti fece una spedizione contro Israele lo batté e occuparono la città delle pal me. Gli Israeliti furono servi di Eglon re di Moab per diciotto anni. Poi gridarono al Signore ed eg li fece sorgere per loro un salvatore Eud figlio di Ghera Beniaminita che era mancino. Gli Israeliti mandarono per mezzo di lui un tributo a Eglon re di Moab. Eud si fece una spada a due tagli, lu nga un gomed, e se la cinse sotto la veste al fianco destro. Poi presentò il tributo a Eglon re di M
oab che era un uomo molto grasso. Finita la presentazione del tributo ripartì con la gente che l’
aveva portato. Ma egli dal luogo detto Idoli che è presso Gàlgala tornò indietro e disse: «O re ho una cosa da dirti in segreto». Il re disse: «Silenzio!» e quanti stavano con lui uscirono. Allora Eu d si accostò al re che stava seduto al piano di sopra riservato a lui solo, per la frescura e gli disse
: «Ho una parola di Dio per te». Quegli si alzò dal suo seggio. Allora Eud allungata la mano sinist ra trasse la spada dal suo fianco e gliela piantò nel ventre. Anche l’elsa entrò con la lama; il gras so si richiuse intorno alla lama. Eud senza estrargli la spada dal ventre uscì dalla finestra passò n el portico dopo aver chiuso i battenti del piano di sopra e aver tirato il chiavistello. Quando fu u scito vennero i servi i quali guardarono e videro che i battenti del piano di sopra erano sprangati
; pensarono: «Certo attende ai suoi bisogni nel camerino della stanza fresca». Aspettarono fino a essere inquieti ma quegli non apriva i battenti del piano di sopra. Allora presero la chiave aprir ono ed ecco che il loro signore era steso per terra morto. Mentre essi indugiavano Eud era fuggi to e dopo aver oltrepassato gli Idoli si era messo in salvo nella Seirà. Appena arrivato là suonò il corno sulle montagne di èfraim e gli Israeliti scesero con lui dalle montagne ed egli si mise alla l oro testa. Disse loro: «Seguitemi perché il Signore vi ha consegnato nelle mani i Moabiti, vostri nemici». Quelli scesero dopo di lui occuparono i guadi del Giordano in direzione di Moab e non l asciarono passare nessuno. In quella circostanza sconfissero circa diecimila Moabiti tutti robusti e valorosi; non ne scampò neppure uno. Così in quel giorno Moab fu umiliato sotto la mano d’I sraele e la terra rimase tranquilla per ottant’anni. Dopo di lui ci fu Samgar figlio di Anat. Egli sco nfisse seicento Filistei con un pungolo da buoi; anch’egli salvò Israele. Eud era morto e gli Israeli ti ripresero a fare ciò che è male agli occhi del Signore. Il Signore li consegnò nelle mani di Iabin re di Canaan che regnava ad Asor. Il capo del suo esercito era Sìsara che abitava a Caroset-Goìm. Gli Israeliti gridarono al Signore perché Iabin aveva novecento carri di ferro e da vent’ann i opprimeva duramente gli Israeliti. In quel tempo era giudice d’Israele una donna una profetess a Dèbora moglie di Lappidòt. Ella sedeva sotto la palma di Dèbora tra Rama e Betel sulle monta gne di èfraim e gli Israeliti salivano da lei per ottenere giustizia. Ella mandò a chiamare Barak figl io di Abinòam da Kedes di Nèftali e gli disse: «Sappi che il Signore, Dio d’Israele ti dà quest’ordin e: “Va’ marcia sul monte Tabor e prendi con te diecimila figli di Nèftali e figli di Zàbulon. Io attir erò verso di te, al torrente Kison Sìsara capo dell’esercito di Iabin con i suoi carri e la sua gente c he è numerosa e lo consegnerò nelle tue mani”». Barak le rispose: «Se vieni anche tu con me an drò ma se non vieni non andrò». Rispose: «Bene verrò con te; però non sarà tua la gloria sulla vi a per cui cammini, perché il Signore consegnerà Sìsara nelle mani di una donna». Dèbora si alzò
e andò con Barak a Kedes. Barak convocò Zàbulon e Nèftali a Kedes; diecimila uomini si misero al suo seguito e Dèbora andò con lui. Cheber il Kenita si era separato dai Keniti discendenti di O
bab suocero di Mosè e aveva piantato le tende alla Quercia di Saannàim che è presso Kedes. Fu riferito a Sìsara che Barak figlio di Abinòam era salito sul monte Tabor. Allora Sìsara radunò tutti i suoi carri novecento carri di ferro e tutta la gente che era con lui da Caroset-Goìm fino al torrente Kison. Dèbora disse a Barak: «àlzati perché questo è il giorno in cui il Signo re ha messo Sìsara nelle tue mani. Il Signore non è forse uscito in campo davanti a te?». Allora B
arak scese dal monte Tabor seguito da diecimila uomini. Il Signore sconfisse davanti a Barak Sìsa ra con tutti i suoi carri e con tutto il suo esercito; Sìsara scese dal carro e fuggì a piedi. Barak ins eguì i carri e l’esercito fino a Caroset-Goìm; tutto l’esercito di Sìsara cadde a fil di spada: non ne scampò neppure uno. Intanto Sìsara era fuggito a piedi verso la tenda di Giaele moglie di Cheber il Kenita perché vi era pace fra Iabin re di Asor e la casa di Cheber il Kenita. Giaele uscì incontro a Sìsara e gli disse: «Férmati mio sig nore, férmati da me: non temere». Egli entrò da lei nella sua tenda ed ella lo nascose con una c operta. Egli le disse: «Dammi da bere un po’ d’acqua perché ho sete». Ella aprì l’otre del latte gli diede da bere e poi lo ricoprì. Egli le disse: «Sta’ all’ingresso della tenda; se viene qualcuno a int errogarti dicendo: “C’è qui un uomo?” dirai: “Nessuno”». Allora Giaele moglie di Cheber prese u n picchetto della tenda impugnò il martello, venne pian piano accanto a lui e gli conficcò il picch etto nella tempia fino a farlo penetrare in terra. Egli era profondamente addormentato e sfinito
; così morì. Ed ecco sopraggiungere Barak che inseguiva Sìsara; Giaele gli uscì incontro e gli disse
: «Vieni e ti mostrerò l’uomo che cerchi». Egli entrò da lei ed ecco Sìsara era steso morto, con il picchetto nella tempia. Così Dio umiliò quel giorno Iabin re di Canaan davanti agli Israeliti. La m ano degli Israeliti si fece sempre più pesante su Iabin re di Canaan, finché ebbero stroncato Iabi n re di Canaan. In quel giorno Dèbora con Barak figlio di Abinòam elevò questo canto: «Ci furon o capi in Israele per assumere il comando; ci furono volontari per arruolarsi in massa: benedite i l Signore! Ascoltate o re, porgete l’orecchio o sovrani; io voglio cantare al Signore, voglio cantar e inni al Signore Dio d’Israele! Signore quando uscivi dal Seir, quando avanzavi dalla steppa di E
dom, la terra tremò i cieli stillarono, le nubi stillarono acqua. Sussultarono i monti davanti al Sig nore quello del Sinai, davanti al Signore Dio d’Israele. Ai giorni di Samgar figlio di Anat, ai giorni di Giaele, erano deserte le strade e i viandanti deviavano su sentieri tortuosi. Era cessato ogni p otere @@ era cessato in Israele, finché non sorsi io Dèbora, finché non sorsi come madre in Isra ele. Si preferivano dèi nuovi, e allora la guerra fu alle porte, ma scudo non si vedeva né lancia p er quarantamila in Israele. Il mio cuore si volge ai comandanti d’Israele, ai volontari tra il popolo
: benedite il Signore! Voi che cavalcate asine bianche, seduti su gualdrappe, voi che procedete s ulla via meditate; unitevi al grido degli uomini schierati fra gli abbeveratoi: là essi proclamano le vittorie del Signore, le vittorie del suo potere in Israele, quando scese alle porte il popolo del Si gnore. Déstati déstati o Dèbora, déstati déstati intona un canto! Sorgi Barak e cattura i tuoi prigi onieri, o figlio di Abinòam! Allora scesero i fuggiaschi per unirsi ai prìncipi; il popolo del Signore
scese a sua difesa tra gli eroi. Quelli della stirpe di èfraim scesero nella pianura, ti seguì Beniami no fra le tue truppe. Dalla stirpe di Machir scesero i comandanti e da Zàbulon chi impugna lo sc ettro del comando. I prìncipi di ìssacar mossero con Dèbora, Barak si lanciò sui suoi passi nella p ianura. Nei territori di Ruben grandi erano le esitazioni. Perché sei rimasto seduto tra gli ovili ad ascoltare le zampogne dei pastori? Nei territori di Ruben grandi erano le dispute. Gàlaad sta fer mo oltre il Giordano e Dan perché va peregrinando sulle navi? Aser si è stabilito lungo la riva del mare e presso le sue insenature dimora. Zàbulon invece è un popolo che si è esposto alla mort e, come Nèftali sui poggi della campagna! Vennero i re diedero battaglia, combatterono i re di C
anaan a Taanac presso le acque di Meghiddo, ma non riportarono bottino d’argento. Dal cielo l e stelle diedero battaglia, dalle loro orbite combatterono contro Sìsara. Il torrente Kison li travol se; torrente impetuoso fu il torrente Kison. Anima mia marcia con forza! Allora martellarono gli zoccoli dei cavalli al galoppo al galoppo dei destrieri. Maledite Meroz –
dice l’angelo del Signore –
, maledite maledite i suoi abitanti, perché non vennero in aiuto al Signore, in aiuto al Signore tra gli eroi. Sia benedetta fra le donne Giaele, la moglie di Cheber il Kenita, benedetta fra le donne della tenda! Acqua egli chiese latte ella diede, in una coppa da prìncipi offrì panna. Una mano el la stese al picchetto e la destra a un martello da fabbri, e colpì Sìsara lo percosse alla testa, ne fr acassò ne trapassò la tempia. Ai piedi di lei si contorse cadde giacque; ai piedi di lei si contorse c adde; dove si contorse là cadde finito. Dietro la finestra si affaccia e si lamenta la madre di Sìsar a dietro le grate: “Perché il suo carro tarda ad arrivare? Perché così a rilento procedono i suoi ca rri?”. Le più sagge tra le sue principesse rispondono, e anche lei torna a dire a se stessa: “Certo han trovato bottino stan facendo le parti: una fanciulla due fanciulle per ogni uomo; un bottino di vesti variopinte per Sìsara, un bottino di vesti variopinte a ricamo; una veste variopinta a due ricami è il bottino per il mio collo”. Così periscano tutti i tuoi nemici Signore! Ma coloro che ti a mano siano come il sole, quando sorge con tutto lo splendore». Poi la terra rimase tranquilla pe r quarant’anni. Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e il Signore li consegnò ne lle mani di Madian per sette anni. La mano di Madian si fece pesante contro Israele; per la paur a dei Madianiti gli Israeliti adattarono per sé gli antri dei monti le caverne e le cime scoscese. Og ni volta che Israele aveva seminato i Madianiti con i figli di Amalèk e i figli dell’oriente venivano contro di lui si accampavano sul territorio degli Israeliti distruggevano tutti i prodotti della terra fino alle vicinanze di Gaza e non lasciavano in Israele mezzi di sussistenza: né pecore né buoi né asini. Venivano infatti con i loro armenti e con le loro tende e arrivavano numerosi come le cava llette – essi e i loro cammelli erano senza numero –
e venivano nella terra per devastarla. Israele fu ridotto in grande miseria a causa di Madian e gl i Israeliti gridarono al Signore. Quando gli Israeliti ebbero gridato al Signore a causa di Madian il Signore mandò loro un profeta che disse: «Dice il Signore Dio d’Israele: Io vi ho fatto salire dall’E
gitto e vi ho fatto uscire dalla condizione servile. Vi ho strappato dalla mano degli Egiziani e dall a mano di quanti vi opprimevano; li ho scacciati davanti a voi vi ho dato la loro terra e vi ho dett
o: “Io sono il Signore vostro Dio; non venerate gli dèi degli Amorrei nella terra dei quali abitate”.
Ma voi non avete ascoltato la mia voce». Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebi nto di Ofra che apparteneva a Ioas Abiezerita. Gedeone figlio di Ioas batteva il grano nel frantoi o per sottrarlo ai Madianiti. L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te uom o forte e valoroso!». Gedeone gli rispose: «Perdona mio signore: se il Signore è con noi perché c i è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato dicen do: “Il Signore non ci ha fatto forse salire dall’Egitto?”. Ma ora il Signore ci ha abbandonato e ci ha consegnato nelle mani di Madian». Allora il Signore si volse a lui e gli disse: «Va’ con questa t ua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?». Gli rispose: «Perdona mi o signore: come salverò Israele? Ecco la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre». Il Signore gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo». Gli disse allora: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi dammi un se gno che proprio tu mi parli. Intanto non te ne andare di qui prima che io torni da te e porti la mi a offerta da presentarti». Rispose: «Resterò fino al tuo ritorno». Allora Gedeone entrò in casa, p reparò un capretto e con un’ efa di farina fece focacce azzime; mise la carne in un canestro, il br odo in una pentola gli portò tutto sotto il terebinto e glielo offrì. L’angelo di Dio gli disse: «Pren di la carne e le focacce azzime posale su questa pietra e vèrsavi il brodo». Egli fece così. Allora l’
angelo del Signore stese l’estremità del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; dalla roccia salì un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime e l’angelo del Signor e scomparve dai suoi occhi. Gedeone vide che era l’angelo del Signore e disse: «Signore Dio ho dunque visto l’angelo del Signore faccia a faccia!». Il Signore gli disse: «La pace sia con te non te mere non morirai!». Allora Gedeone costruì in quel luogo un altare al Signore e lo chiamò «Il Sig nore è pace». Esso esiste ancora oggi a Ofra degli Abiezeriti. In quella stessa notte il Signore gli disse: «Prendi il giovenco di tuo padre e un secondo giovenco di sette anni demolisci l’altare di Baal che appartiene a tuo padre e taglia il palo sacro che gli sta accanto. Costruisci un altare al S
ignore tuo Dio sulla cima di questa roccia disponendo ogni cosa con ordine; poi prendi il second o giovenco e offrilo in olocausto sulla legna del palo sacro che avrai tagliato». Allora Gedeone pr ese dieci uomini fra i suoi servitori e fece come il Signore gli aveva ordinato; ma temendo di farl o di giorno per paura dei suoi parenti e della gente della città lo fece di notte. Quando il mattin o dopo la gente della città si alzò ecco che l’altare di Baal era stato demolito il palo sacro accant o era stato tagliato e il secondo giovenco era offerto in olocausto sull’altare che era stato costru ito. Si dissero l’un altro: «Chi ha fatto questo?». Investigarono si informarono e dissero: «Gedeo ne figlio di Ioas ha fatto questo». Allora la gente della città disse a Ioas: «Conduci fuori tuo figlio e sia messo a morte perché ha demolito l’altare di Baal e ha tagliato il palo sacro che gli stava a ccanto». Ioas rispose a quanti insorgevano contro di lui: «Volete difendere voi la causa di Baal e venirgli in aiuto? Chi vorrà difendere la sua causa sarà messo a morte prima di domattina; se è davvero un dio difenda da sé la sua causa per il fatto che hanno demolito il suo altare». Perciò i n quel giorno Gedeone fu chiamato Ierub-
Baal perché si disse: «Baal difenda la sua causa contro di lui perché egli ha demolito il suo altare
». Tutti i Madianiti Amalèk e i figli dell’oriente si radunarono passarono il Giordano e si accampa rono nella valle di Izreèl. Ma lo spirito del Signore rivestì Gedeone; egli suonò il corno e gli Abiez eriti furono convocati al suo seguito. Egli mandò anche messaggeri in tutto Manasse che fu pure chiamato a seguirlo; mandò anche messaggeri nelle tribù di Aser di Zàbulon e di Nèftali le quali vennero a unirsi agli altri. Gedeone disse a Dio: «Se tu stai per salvare Israele per mano mia com e hai detto, ecco io metterò un vello di lana sull’aia: se ci sarà rugiada soltanto sul vello e tutto il terreno resterà asciutto io saprò che tu salverai Israele per mia mano come hai detto». Così avv enne. La mattina dopo Gedeone si alzò per tempo, strizzò il vello e ne spremette la rugiada: una coppa piena d’acqua. Gedeone disse a Dio: «Non adirarti contro di me; io parlerò ancora una v olta. Lasciami fare la prova con il vello una volta ancora: resti asciutto soltanto il vello e ci sia la rugiada su tutto il terreno». Dio fece così quella notte: il vello soltanto restò asciutto e ci fu rugi ada su tutto il terreno. Ierub-Baal dunque cioè Gedeone con tutta la gente che era con lui alzatosi di buon mattino si accamp ò alla fonte di Carod. Il campo di Madian era rispetto a lui a settentrione ai piedi della collina di Morè nella pianura. Il Signore disse a Gedeone: «La gente che è con te è troppo numerosa perc hé io consegni Madian nelle sue mani; Israele potrebbe vantarsi dinanzi a me e dire: “La mia ma no mi ha salvato”. Ora annuncia alla gente: “Chiunque ha paura e trema torni indietro e fugga d al monte di Gàlaad”». Tornarono indietro ventiduemila uomini tra quella gente e ne rimasero di ecimila. Il Signore disse a Gedeone: «La gente è ancora troppo numerosa; falli scendere all’acqu a e te li metterò alla prova. Quello del quale ti dirò: “Costui venga con te” verrà e quello del qua le ti dirò: “Costui non venga con te” non verrà». Gedeone fece dunque scendere la gente all’acq ua e il Signore gli disse: «Quanti lambiranno l’acqua con la lingua come la lambisce il cane li porr ai da una parte; quanti invece per bere si metteranno in ginocchio li porrai dall’altra». Il numero di quelli che lambirono l’acqua portandosela alla bocca con la mano fu di trecento uomini; tutt o il resto della gente si mise in ginocchio per bere l’acqua. Allora il Signore disse a Gedeone: «Co n questi trecento uomini che hanno lambito l’acqua io vi salverò e consegnerò i Madianiti nelle tue mani. Tutto il resto della gente se ne vada ognuno a casa sua». Essi presero dalle mani della gente le provviste e i corni; Gedeone rimandò tutti gli altri Israeliti ciascuno alla sua tenda e ten ne con sé i trecento uomini. L’accampamento di Madian gli stava al di sotto nella pianura. In qu ella stessa notte il Signore disse a Gedeone: «àlzati e piomba sul campo, perché io l’ho consegn ato nelle tue mani. Ma se hai paura di farlo scendi con il tuo servo Pura e ascolterai quello che d icono; dopo prenderai vigore per piombare sul campo». Egli scese con Pura suo servo fino agli a vamposti dell’accampamento. I Madianiti gli Amaleciti e tutti i figli dell’oriente erano sparsi nell a pianura numerosi come le cavallette e i loro cammelli erano senza numero come la sabbia che è sul lido del mare. Quando Gedeone vi giunse un uomo stava raccontando un sogno al suo co mpagno e gli diceva: «Ho fatto un sogno. Mi pareva di vedere una pagnotta d’orzo rotolare nell’
accampamento di Madian: giunse alla tenda la urtò e la rovesciò e la tenda cadde a terra». Il su
o compagno gli rispose: «Questo non è altro che la spada di Gedeone figlio di Ioas uomo d’Israel e; Dio ha consegnato nelle sue mani Madian e tutto l’accampamento». Quando Gedeone ebbe udito il racconto del sogno e la sua interpretazione si prostrò poi tornò al campo d’Israele e diss e: «Alzatevi perché il Signore ha consegnato nelle vostre mani l’accampamento di Madian». Divi se i trecento uomini in tre schiere mise in mano a tutti corni e brocche vuote con dentro fiaccol e e disse loro: «Guardate me e fate come farò io; quando sarò giunto ai limiti dell’accampament o come farò io così farete voi. Quando io con quanti sono con me suonerò il corno anche voi su onerete i corni intorno a tutto l’accampamento e griderete: “Per il Signore e per Gedeone!”». G
edeone e i cento uomini che erano con lui giunsero all’estremità dell’accampamento all’inizio d ella veglia di mezzanotte quando avevano appena cambiato le sentinelle. Suonarono i corni spe zzando la brocca che avevano in mano. Anche le tre schiere suonarono i corni e spezzarono le b rocche tenendo le fiaccole con la sinistra e con la destra i corni per suonare e gridarono: «La spa da per il Signore e per Gedeone!». Ognuno di loro rimase al suo posto attorno all’accampament o: tutto l’accampamento si mise a correre a gridare a fuggire. Mentre quelli suonavano i trecent o corni il Signore fece volgere la spada di ciascuno contro il compagno per tutto l’accampament o. L’esercito fuggì fino a Bet-Sitta, verso Sererà fino alla riva di Abel-Mecolà presso Tabbat. Gli Israeliti si radunarono da Nèftali da Aser e da tutto Manasse e insegui rono i Madianiti. Intanto Gedeone aveva mandato messaggeri per tutte le montagne di èfraim a dire: «Scendete contro i Madianiti e occupate prima di loro le acque fino a Bet-Bara e anche il Giordano». Così tutti gli uomini di èfraim si radunarono e occuparono le acque fi no a Bet-Bara e anche il Giordano. Presero due capi di Madian Oreb e Zeeb; uccisero Oreb alla roccia di Oreb e Zeeb al torchio di Zeeb. Inseguirono i Madianiti e portarono le teste di Oreb e di Zeeb a Gedeone oltre il Giordano. Ma gli uomini di èfraim gli dissero: «Perché ti sei comportato a quest o modo con noi non chiamandoci quando sei andato a combattere contro Madian?». Litigarono con lui violentemente. Egli rispose loro: «Che cosa ho fatto io in confronto a voi? La racimolatur a di èfraim non vale più della vendemmia di Abièzer? Dio ha consegnato in mano vostra i capi di Madian Oreb e Zeeb; che cosa mai ho potuto fare io in confronto a voi?». A tali parole la loro a nimosità contro di lui si calmò. Gedeone arrivò al Giordano e lo attraversò. Ma egli e i suoi trece nto uomini erano esausti per l’inseguimento. Disse a quelli di Succot: «Date per favore focacce di pane alla gente che mi segue perché è esausta e io sto inseguendo Zebach e Salmunnà re di Madian». Ma i capi di Succot risposero: «Tieni forse già nelle tue mani i polsi di Zebach e di Sal munnà perché dobbiamo dare pane al tuo esercito?». Gedeone disse: «Ebbene quando il Signor e mi avrà consegnato nelle mani Zebach e Salmunnà vi strazierò le carni con le spine del deserto e con i cardi». Di là salì a Penuèl e parlò agli uomini di Penuèl nello stesso modo; essi gli rispose ro come avevano fatto quelli di Succot. Egli disse anche agli uomini di Penuèl: «Quando tornerò vittorioso abbatterò questa torre». Zebach e Salmunnà erano a Karkor con il loro accampament o di circa quindicimila uomini quanti erano rimasti dell’intero esercito dei figli dell’oriente: eran
o caduti centoventimila uomini armati di spada. Gedeone salì per la via dei nomadi a oriente di Nobach e di Iogbea e mise in rotta l’esercito quando esso si credeva sicuro. Zebach e Salmunnà si diedero alla fuga ma egli li inseguì prese i due re di Madian Zebach e Salmunnà e sbaragliò tut to l’esercito. Poi Gedeone figlio di Ioas tornò dalla battaglia per la salita di Cheres. Catturò un gi ovane tra gli uomini di Succot e lo interrogò quello gli mise per iscritto i nomi dei capi e degli an ziani di Succot: settantasette uomini. Poi venne dagli uomini di Succot e disse: «Ecco Zebach e S
almunnà a proposito dei quali mi avete insultato dicendo: “Tieni forse già nelle tue mani i polsi di Zebach e di Salmunnà perché dobbiamo dare pane alla tua gente esausta?”». Prese gli anzian i della città e con le spine del deserto e con i cardi castigò gli uomini di Succot. Demolì la torre di Penuèl e uccise gli uomini della città. Poi disse a Zebach e a Salmunnà: «Come erano gli uomini che avete ucciso al Tabor?». Quelli risposero: «Erano come te; ognuno di loro aveva l’aspetto di un figlio di re». Egli riprese: «Erano miei fratelli figli di mia madre; per la vita del Signore se aves te risparmiato loro la vita io non vi ucciderei!». Quindi disse a Ieter suo primogenito: «Su uccidili
!». Ma il giovane non estrasse la spada perché aveva paura essendo ancora giovane. Zebach e S
almunnà dissero: «Suvvia colpisci tu stesso poiché qual è l’uomo tale è la sua forza». Gedeone si alzò e uccise Zebach e Salmunnà e prese le lunette che i loro cammelli portavano al collo. Allor a gli Israeliti dissero a Gedeone: «Governa tu tuo figlio e il figlio di tuo figlio poiché ci hai salvati dalla mano di Madian». Ma Gedeone rispose loro: «Non vi governerò io né vi governerà mio figl io: il Signore vi governerà». Poi Gedeone disse loro: «Una cosa voglio chiedervi: ognuno di voi m i dia un anello del suo bottino». I nemici avevano anelli d’oro perché erano Ismaeliti. Risposero:
«Li daremo volentieri». Egli stese allora il mantello e ognuno vi gettò un anello del suo bottino. I l peso degli anelli d’oro che egli aveva chiesto fu di millesettecento sicli d’oro oltre le lunette le catenelle e le vesti di porpora che i re di Madian avevano addosso e oltre i collari che i loro cam melli avevano al collo. Gedeone ne fece un efod che pose a Ofra sua città tutto Israele vi si prost ituì e ciò divenne una causa di rovina per Gedeone e per la sua casa. Così Madian fu umiliato da vanti agli Israeliti e non alzò più il capo; la terra rimase tranquilla per quarant’anni durante la vit a di Gedeone. Ierub-Baal, figlio di Ioas se ne andò ad abitare a casa sua. Gedeone ebbe settanta figli nati da lui perch é aveva molte mogli. Anche la sua concubina che stava a Sichem gli partorì un figlio che chiamò Abimèlec. Gedeone figlio di Ioas, morì dopo una felice vecchiaia e fu sepolto nella tomba di Ioas suo padre a Ofra degli Abiezeriti. Dopo la morte di Gedeone gli Israeliti tornarono a prostituirsi ai Baal e presero Baal-Berit come loro dio. Gli Israeliti non si ricordarono del Signore loro Dio che li aveva liberati dalle mani di tutti i loro nemici all’intorno e non dimostrarono gratitudine alla casa di Ierub-Baal cioè di Gedeone per tutto il bene che egli aveva fatto a Israele. Ora Abimèlec figlio di Ierub-Baal andò a Sichem dai fratelli di sua madre e disse a loro e a tutta la parentela di sua madre: «
Riferite a tutti i signori di Sichem: “è meglio per voi che vi governino settanta uomini tutti i figli di Ierub-
Baal o che vi governi un solo uomo? Ricordatevi che io sono delle vostre ossa e della vostra carn e”». I fratelli di sua madre riferirono a suo riguardo a tutti i signori di Sichem tutte quelle parole e il loro cuore si piegò a favore di Abimèlec perché dicevano: «è nostro fratello». Gli diedero set tanta sicli d’argento presi dal tempio di Baal-Berit; con essi Abimèlec assoldò uomini sfaccendati e avventurieri che lo seguirono. Venne alla casa di suo padre a Ofra e uccise sopra una stessa pietra i suoi fratelli figli di Ierub-Baal settanta uomini. Ma Iotam figlio minore di Ierub-
Baal scampò perché si era nascosto. Tutti i signori di Sichem e tutta Bet-Millo si radunarono e andarono a proclamare re Abimèlec presso la Quercia della Stele che si tr ova a Sichem. Ma Iotam informato della cosa andò a porsi sulla sommità del monte Garizìm e al zando la voce gridò: «Ascoltatemi signori di Sichem e Dio ascolterà voi! Si misero in cammino gli alberi per ungere un re su di essi. Dissero all’ulivo: “Regna su di noi”. Rispose loro l’ulivo: “Rinu ncerò al mio olio, grazie al quale si onorano dèi e uomini, e andrò a librarmi sugli alberi?”. Disse ro gli alberi al fico: “Vieni tu regna su di noi”. Rispose loro il fico: “Rinuncerò alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, e andrò a librarmi sugli alberi?”. Dissero gli alberi alla vite: “Vieni tu regna su di noi”. Rispose loro la vite: “Rinuncerò al mio mosto, che allieta dèi e uomini, e andrò a libra rmi sugli alberi?”. Dissero tutti gli alberi al rovo: “Vieni tu regna su di noi”. Rispose il rovo agli al beri: “Se davvero mi ungete re su di voi, venite rifugiatevi alla mia ombra; se no esca un fuoco d al rovo e divori i cedri del Libano”. Voi non avete agito con lealtà e onestà proclamando re Abim èlec non avete operato bene verso Ierub-Baal e la sua casa non lo avete trattato secondo il merito delle sue azioni. Mio padre infatti ha c ombattuto per voi ha esposto al pericolo la sua vita e vi ha liberati dalle mani di Madian. Voi inv ece siete insorti oggi contro la casa di mio padre, avete ucciso i suoi figli settanta uomini sopra u na stessa pietra e avete proclamato re dei signori di Sichem Abimèlec figlio di una sua schiava p erché è vostro fratello. Se dunque avete operato oggi con lealtà e onestà verso Ierub-Baal e la sua casa godetevi Abimèlec ed egli si goda voi! Ma se non è così esca da Abimèlec un f uoco che divori i signori di Sichem e Bet-Millo; esca dai signori di Sichem e da Bet-Millo un fuoco che divori Abimèlec!». Iotam corse via si mise in salvo e andò a stabilirsi a Beèr l ontano da Abimèlec suo fratello. Abimèlec dominò su Israele tre anni. Poi Dio mandò un cattivo spirito fra Abimèlec e i signori di Sichem e i signori di Sichem si ribellarono ad Abimèlec. Questo avvenne perché la violenza fatta ai settanta figli di Ierub-Baal ricevesse il castigo e il loro sangue ricadesse su Abimèlec loro fratello che li aveva uccisi e s ui signori di Sichem che gli avevano dato man forte per uccidere i suoi fratelli. I signori di Siche m tesero agguati contro di lui sulla cima dei monti rapinando chiunque passasse vicino alla stra da. Abimèlec fu informato della cosa. Poi Gaal figlio di Ebed e i suoi fratelli vennero e si stabiliro no a Sichem e i signori di Sichem riposero in lui la loro fiducia. Usciti nella campagna vendemmi arono le loro vigne pigiarono l’uva e fecero festa. Poi entrarono nella casa del loro dio mangiaro no bevvero e maledissero Abimèlec. Gaal, figlio di Ebed disse: «Chi è Abimèlec e che cosa è Sich
em perché dobbiamo servirlo? Non dovrebbero piuttosto il figlio di Ierub-Baal e Zebul suo luogotenente servire gli uomini di Camor capostipite di Sichem? Perché dovre mmo servirlo noi? Se avessi in mano questo popolo io scaccerei Abimèlec e direi: “Accresci pure il tuo esercito ed esci in campo”». Ora Zebul governatore della città udite le parole di Gaal figlio di Ebed si accese d’ira e mandò in segreto messaggeri ad Abimèlec per dirgli: «Ecco, Gaal figlio di Ebed e i suoi fratelli sono venuti a Sichem e sollevano la città contro di te. àlzati dunque di no tte con la gente che hai con te e prepara un agguato nella campagna. Domattina non appena sp unterà il sole ti alzerai e piomberai sulla città mentre lui con la sua gente ti uscirà contro: tu gli f arai quel che riterrai opportuno». Abimèlec e tutta la gente che era con lui si alzarono di notte e tesero un agguato contro Sichem divisi in quattro schiere. Gaal figlio di Ebed uscì e si fermò all’i ngresso della porta della città allora Abimèlec uscì dall’agguato con la gente che aveva. Gaal vist a quella gente disse a Zebul: «Ecco gente che scende dalle cime dei monti». Zebul gli rispose: «T
u vedi l’ombra dei monti e la prendi per uomini». Gaal riprese a parlare e disse: «Ecco gente che scende dall’ombelico della terra e una schiera che giunge per la via della Quercia dei Maghi». Al lora Zebul gli disse: «Dov’è ora la spavalderia di quando dicevi: “Chi è Abimèlec perché dobbiam o servirlo?”. Non è questo il popolo che disprezzavi? Ora esci in campo e combatti contro di lui!
». Allora Gaal uscì alla testa dei signori di Sichem e diede battaglia ad Abimèlec. Ma Abimèlec lo inseguì ed egli fuggì dinanzi a lui e molti uomini caddero morti fino all’ingresso della porta. Abi mèlec ritornò ad Arumà e Zebul scacciò Gaal e i suoi fratelli che non poterono più rimanere a Si chem. Il giorno dopo il popolo di Sichem uscì in campagna e Abimèlec ne fu informato. Egli pres e la sua gente la divise in tre schiere e tese un agguato nella campagna: quando vide che il popo lo usciva dalla città si mosse contro di loro e li batté. Abimèlec e la sua schiera fecero irruzione e si fermarono all’ingresso della porta della città mentre le altre due schiere si gettarono su quell i che erano nella campagna e li colpirono. Abimèlec combatté contro la città tutto quel giorno la prese e uccise il popolo che vi si trovava; poi distrusse la città e la cosparse di sale. Tutti i signor i della torre di Sichem all’udir questo entrarono nel sotterraneo del tempio di El-Berit. Fu riferito ad Abimèlec che tutti i signori della torre di Sichem si erano adunati. Allora Abi mèlec salì sul monte Salmon con tutta la gente che aveva con sé prese in mano la scure tagliò u n ramo d’albero lo sollevò e se lo mise in spalla poi disse alla sua gente: «Quello che mi avete vi sto fare fatelo presto anche voi!». Tutti tagliarono un ramo ciascuno e seguirono Abimèlec; pos ero i rami contro il sotterraneo e lo bruciarono con quelli che vi erano dentro. Così perì tutta la gente della torre di Sichem circa mille persone fra uomini e donne. Poi Abimèlec andò a Tebes l a cinse d’assedio e la prese. In mezzo alla città c’era una torre fortificata dove si rifugiarono tutt i gli uomini e le donne con i signori della città vi si rinchiusero dentro e salirono sul terrazzo dell a torre. Abimèlec giunto alla torre l’attaccò e si accostò alla porta della torre per appiccarvi il fu oco. Ma una donna gettò giù il pezzo superiore di una macina sulla testa di Abimèlec e gli spacc ò il cranio. Egli chiamò in fretta il giovane che gli portava le armi e gli disse: «Estrai la spada e uc cidimi, perché non si dica di me: “L’ha ucciso una donna!”». Il giovane lo trafisse ed egli morì. Q

uando gli Israeliti videro che Abimèlec era morto se ne andarono ciascuno a casa sua. Così Dio f ece ricadere sopra Abimèlec il male che egli aveva fatto contro suo padre uccidendo settanta su oi fratelli. Dio fece anche ricadere sul capo della gente di Sichem tutto il male che essa aveva fat to. Così si avverò su di loro la maledizione di Iotam, figlio di Ierub-Baal. Dopo Abimèlec sorse a salvare Israele Tola figlio di Pua figlio di Dodo uomo di ìssacar. Dim orava a Samir sulle montagne di èfraim; fu giudice d’Israele per ventitré anni poi morì e fu sepol to a Samir. Dopo di lui sorse Iair il Galaadita che fu giudice d’Israele per ventidue anni; ebbe tre nta figli che cavalcavano trenta asinelli e avevano trenta città che si chiamano anche oggi villagg i di Iair e sono nella terra di Gàlaad. Poi Iair morì e fu sepolto a Kamon. Gli Israeliti continuarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore e servirono i Baal le Astarti gli dèi di Aram gli dèi di S
idone gli dèi di Moab gli dèi degli Ammoniti e quelli dei Filistei; abbandonarono il Signore e non lo servirono più. L’ira del Signore si accese contro Israele e li consegnò nelle mani dei Filistei e n elle mani degli Ammoniti. Questi afflissero e oppressero per diciotto anni gli Israeliti, tutti i figli d’Israele che erano oltre il Giordano nella terra degli Amorrei in Gàlaad. Poi gli Ammoniti passar ono il Giordano per combattere anche contro Giuda contro Beniamino e contro la casa di èfrai m e Israele fu in grande angoscia. Allora gli Israeliti gridarono al Signore: «Abbiamo peccato con tro di te perché abbiamo abbandonato il nostro Dio e abbiamo servito i Baal». Il Signore disse a gli Israeliti: «Non vi ho forse liberati dagli Egiziani dagli Amorrei dagli Ammoniti e dai Filistei? Qu ando quelli di Sidone gli Amaleciti e i Madianiti vi opprimevano e voi gridavate a me non vi ho f orse salvati dalle loro mani? Eppure mi avete abbandonato e avete servito altri dèi; perciò io no n vi salverò più. Andate a gridare agli dèi che avete scelto: vi salvino loro nel tempo della vostra angoscia!». Gli Israeliti dissero al Signore: «Abbiamo peccato! Fa’ di noi ciò che sembra bene ai t uoi occhi; soltanto liberaci in questo giorno». Eliminarono gli dèi stranieri e servirono il Signore i l quale non tollerò più la tribolazione d’Israele. Gli Ammoniti si radunarono e si accamparono in Gàlaad e anche gli Israeliti si adunarono e si accamparono a Mispa. La gente i prìncipi di Gàlaad si dissero l’un l’altro: «Chi sarà l’uomo che comincerà a combattere contro gli Ammoniti? Egli sa rà il capo di tutti gli abitanti di Gàlaad». Ora Iefte il Galaadita era un guerriero forte figlio di una prostituta; lo aveva generato Gàlaad. La moglie di Gàlaad gli partorì dei figli i figli di questa donn a crebbero e cacciarono Iefte e gli dissero: «Tu non avrai eredità nella casa di nostro padre, perc hé sei figlio di un’altra donna». Iefte fuggì lontano dai suoi fratelli e si stabilì nella terra di Tob. A ttorno a Iefte si raccolsero alcuni sfaccendati e facevano scorrerie con lui. Qualche tempo dopo gli Ammoniti mossero guerra a Israele. Quando gli Ammoniti iniziarono la guerra contro Israele gli anziani di Gàlaad andarono a prendere Iefte nella terra di Tob. Dissero a Iefte: «Vieni sii nostr o condottiero e così potremo combattere contro gli Ammoniti». Ma Iefte rispose agli anziani di Gàlaad: «Non siete forse voi quelli che mi avete odiato e scacciato dalla casa di mio padre? Perc hé venite da me ora che siete nell’angoscia?». Gli anziani di Gàlaad dissero a Iefte: «Proprio per questo ora ci rivolgiamo a te: verrai con noi combatterai contro gli Ammoniti e sarai il capo di n oi tutti abitanti di Gàlaad». Iefte rispose agli anziani di Gàlaad: «Se mi fate ritornare per combat
tere contro gli Ammoniti e il Signore li mette in mio potere io sarò vostro capo». Gli anziani di G
àlaad dissero a Iefte: «Il Signore sia testimone tra noi se non faremo come hai detto». Iefte dun que andò con gli anziani di Gàlaad; il popolo lo costituì suo capo e condottiero e Iefte ripeté tutt e le sue parole davanti al Signore a Mispa. Poi Iefte inviò messaggeri al re degli Ammoniti per di rgli: «Che cosa c’è tra me e te perché tu venga contro di me a muover guerra nella mia terra?».
Il re degli Ammoniti rispose ai messaggeri di Iefte: «Perché Israele quando salì dall’Egitto si imp ossessò del mio territorio dall’Arnon fino allo Iabbok e al Giordano; restituiscilo pacificamente».
Iefte inviò di nuovo messaggeri al re degli Ammoniti per dirgli: «Dice Iefte: Israele non si imposs essò della terra di Moab né di quella degli Ammoniti. Quando salì dall’Egitto Israele attraversò il deserto fino al Mar Rosso e giunse a Kades e mandò messaggeri al re di Edom per dirgli: “Lascia mi passare per la tua terra”. Ma il re di Edom non acconsentì. Ne mandò anche al re di Moab m a anch’egli rifiutò e Israele rimase a Kades. Poi camminò per il deserto fece il giro della terra di E
dom e di quella di Moab, giunse a oriente della terra di Moab e si accampò oltre l’Arnon senza e ntrare nei territori di Moab, perché l’Arnon segna il confine di Moab. Allora Israele mandò mess aggeri a Sicon re degli Amorrei re di Chesbon e gli disse: “Lasciaci passare dalla tua terra per arri vare alla nostra meta”. Ma Sicon non si fidò a lasciar passare Israele per i suoi territori; anzi rad unò tutta la sua gente si accampò a Iaas e combatté contro Israele. Il Signore Dio d’Israele mise Sicon e tutta la sua gente nelle mani d’Israele, che li sconfisse; così Israele conquistò tutta la ter ra degli Amorrei che abitavano quel territorio: conquistò tutti i territori degli Amorrei dall’Arnon allo Iabbok e dal deserto al Giordano. Ora il Signore Dio d’Israele ha scacciato gli Amorrei davan ti a Israele suo popolo e tu vorresti scacciarlo? Non possiedi tu quello che Camos, tuo dio ti ha f atto possedere? Così anche noi possederemo la terra di quelli che il Signore ha scacciato davant i a noi. Sei tu forse più di Balak figlio di Sippor re di Moab? Litigò forse con Israele o gli fece guer ra? Da trecento anni Israele abita a Chesbon e nelle sue dipendenze ad Aroèr e nelle sue dipend enze e in tutte le città lungo l’Arnon; perché non gliele avete tolte durante questo tempo? Io no n ti ho fatto torto e tu agisci male verso di me muovendomi guerra; il Signore che è giudice giud ichi oggi tra gli Israeliti e gli Ammoniti!». Ma il re degli Ammoniti non ascoltò le parole che Iefte gli aveva mandato a dire. Allora lo spirito del Signore venne su Iefte ed egli attraversò Gàlaad e Manasse passò a Mispa di Gàlaad e da Mispa di Gàlaad raggiunse gli Ammoniti. Iefte fece voto a l Signore e disse: «Se tu consegni nelle mie mani gli Ammoniti, chiunque uscirà per primo dalle porte di casa mia per venirmi incontro quando tornerò vittorioso dagli Ammoniti sarà per il Sign ore e io lo offrirò in olocausto». Quindi Iefte raggiunse gli Ammoniti per combatterli e il Signore li consegnò nelle sue mani. Egli li sconfisse da Aroèr fin verso Minnit prendendo loro venti città, e fino ad Abel-Cheramìm. Così gli Ammoniti furono umiliati davanti agli Israeliti. Poi Iefte tornò a Mispa a casa sua; ed ecco uscirgli incontro la figlia con tamburelli e danze. Era l’unica figlia: non aveva altri fig li né altre figlie. Appena la vide si stracciò le vesti e disse: «Figlia mia tu mi hai rovinato! Anche t u sei con quelli che mi hanno reso infelice! Io ho dato la mia parola al Signore e non posso ritirar
mi». Ella gli disse: «Padre mio se hai dato la tua parola al Signore, fa’ di me secondo quanto è us cito dalla tua bocca perché il Signore ti ha concesso vendetta sugli Ammoniti tuoi nemici». Poi d isse al padre: «Mi sia concesso questo: lasciami libera per due mesi perché io vada errando per i monti a piangere la mia verginità con le mie compagne». Egli le rispose: «Va’!» e la lasciò andar e per due mesi. Ella se ne andò con le compagne e pianse sui monti la sua verginità. Alla fine dei due mesi tornò dal padre ed egli compì su di lei il voto che aveva fatto. Ella non aveva conosciu to uomo; di qui venne in Israele questa usanza: le fanciulle d’Israele vanno a piangere la figlia di Iefte il Galaadita per quattro giorni ogni anno. Gli uomini di èfraim si radunarono passarono il Gi ordano verso Safon e dissero a Iefte: «Perché sei andato a combattere contro gli Ammoniti e no n ci hai chiamati con te? Noi bruceremo te e la tua casa». Iefte rispose loro: «Io e il mio popolo abbiamo avuto grandi lotte con gli Ammoniti; quando vi ho chiamati in aiuto non siete venuti a salvarmi dalle loro mani. Vedendo che non venivate voi a salvarmi ho esposto al pericolo la vita ho marciato contro gli Ammoniti e il Signore li ha consegnati nelle mie mani. Perché dunque siet e venuti oggi contro di me a muovermi guerra?». Iefte radunati tutti gli uomini di Gàlaad diede battaglia a èfraim; gli uomini di Gàlaad sconfissero gli Efraimiti perché questi dicevano: «Voi siet e fuggiaschi di èfraim; Gàlaad sta in mezzo a èfraim e in mezzo a Manasse». I Galaaditi occuparo no i guadi del Giordano in direzione di èfraim. Quando uno dei fuggiaschi di èfraim diceva: «Las ciatemi passare» gli uomini di Gàlaad gli chiedevano: «Sei un Efraimita?». Se rispondeva: «No» i Galaaditi gli dicevano: «Ebbene di’ scibbòlet » e se quello diceva: « Sibbòlet » non riuscendo a pronunciare bene allora lo afferravano e lo uccidevano presso i guadi del Giordano. In quell’occ asione perirono quarantaduemila uomini di èfraim. Iefte fu giudice d’Israele per sei anni. Poi Ief te il Galaadita morì e fu sepolto nella sua città in Gàlaad. Dopo di lui fu giudice d’Israele Ibsan di Betlemme. Egli ebbe trenta figli e trenta figlie: fece sposare queste ultime con uomini di fuori e fece venire da fuori trenta fanciulle per i suoi figli. Fu giudice d’Israele per sette anni. Poi Ibsan morì e fu sepolto a Betlemme. Dopo di lui fu giudice d’Israele Elon lo Zabulonita; fu giudice d’Isr aele per dieci anni. Poi Elon lo Zabulonita morì e fu sepolto ad àialon nel territorio di Zàbulon. D
opo di lui fu giudice d’Israele Abdon figlio d’Illel di Piratòn. Ebbe quaranta figli e trenta nipoti i q uali cavalcavano settanta asinelli. Fu giudice d’Israele per otto anni. Poi Abdon figlio d’Illel di Pir atòn, morì e fu sepolto a Piratòn nel territorio di èfraim sul monte dell’Amalecita. Gli Israeliti tor narono a fare quello che è male agli occhi del Signore e il Signore li consegnò nelle mani dei Filis tei per quarant’anni. C’era allora un uomo di Sorea della tribù dei Daniti chiamato Manòach; su a moglie era sterile e non aveva avuto figli. L’angelo del Signore apparve a questa donna e le dis se: «Ecco tu sei sterile e non hai avuto figli ma concepirai e partorirai un figlio. Ora guàrdati dal bere vino o bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro. Poiché ecco tu concepirai e part orirai un figlio sulla cui testa non passerà rasoio perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio fin dal seno materno; egli comincerà a salvare Israele dalle mani dei Filistei». La donna andò a dire al marito: «Un uomo di Dio è venuto da me; aveva l’aspetto di un angelo di Dio un aspetto maesto so. Io non gli ho domandato da dove veniva ed egli non mi ha rivelato il suo nome ma mi ha det
to: “Ecco tu concepirai e partorirai un figlio; ora non bere vino né bevanda inebriante e non ma ngiare nulla d’impuro perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio dal seno materno fino al giorno d ella sua morte”». Allora Manòach pregò il Signore e disse: «Perdona mio Signore, l’uomo di Dio mandato da te venga di nuovo da noi e c’insegni quello che dobbiamo fare per il nascituro». Dio ascoltò la preghiera di Manòach e l’angelo di Dio tornò ancora dalla donna mentre stava nel ca mpo; ma Manòach suo marito non era con lei. La donna corse in fretta a informare il marito e gl i disse: «Ecco mi è apparso quell’uomo che venne da me l’altro giorno». Manòach si alzò, seguì l a moglie e giunto da quell’uomo gli disse: «Sei tu l’uomo che ha parlato a questa donna?». Que gli rispose: «Sono io». Manòach gli disse: «Quando la tua parola si sarà avverata quale sarà la n orma da seguire per il bambino e che cosa dovrà fare?». L’angelo del Signore rispose a Manòac h: «Si astenga la donna da quanto le ho detto: non mangi nessun prodotto della vigna, né beva vino o bevanda inebriante e non mangi nulla d’impuro; osservi quanto le ho comandato». Manò ach disse all’angelo del Signore: «Permettici di trattenerti e di prepararti un capretto!». L’angel o del Signore rispose a Manòach: «Anche se tu mi trattenessi non mangerei il tuo cibo; ma se vu oi fare un olocausto offrilo al Signore». Manòach non sapeva che quello era l’angelo del Signore
. Manòach disse all’angelo del Signore: «Come ti chiami perché ti rendiamo onore quando si sar à avverata la tua parola?». L’angelo del Signore gli rispose: «Perché mi chiedi il mio nome? Esso è misterioso». Manòach prese il capretto e l’offerta e sulla pietra li offrì in olocausto al Signore che opera cose misteriose. Manòach e la moglie stavano guardando: mentre la fiamma saliva d all’altare al cielo l’angelo del Signore salì con la fiamma dell’altare. Manòach e la moglie che sta vano guardando si gettarono allora con la faccia a terra e l’angelo del Signore non apparve più n é a Manòach né alla moglie. Allora Manòach comprese che quello era l’angelo del Signore. Man òach disse alla moglie: «Moriremo certamente perché abbiamo visto Dio». Ma sua moglie gli dis se: «Se il Signore avesse voluto farci morire non avrebbe accettato dalle nostre mani l’olocausto e l’offerta non ci avrebbe mostrato tutte queste cose né ci avrebbe fatto udire proprio ora cose come queste». E la donna partorì un figlio che chiamò Sansone. Il bambino crebbe e il Signore l o benedisse. Lo spirito del Signore cominciò ad agire su di lui quando era nell’Accampamento di Dan fra Sorea ed Estaòl. Sansone scese a Timna e a Timna vide una donna tra le figlie dei Filistei
. Tornato a casa disse al padre e alla madre: «Ho visto a Timna una donna una figlia dei Filistei; prendetemela in moglie». Suo padre e sua madre gli dissero: «Non c’è una donna tra le figlie de i tuoi fratelli e in tutto il nostro popolo perché tu vada a prenderti una moglie tra i Filistei non ci rconcisi?». Ma Sansone rispose al padre: «Prendimi quella, perché mi piace». Suo padre e sua m adre non sapevano che questo veniva dal Signore il quale cercava un motivo di scontro con i Fili stei. In quel tempo i Filistei dominavano Israele. Sansone scese con il padre e con la madre a Ti mna; quando furono giunti alle vigne di Timna, ecco un leoncello venirgli incontro ruggendo. Lo spirito del Signore irruppe su di lui ed egli senza niente in mano squarciò il leone come si squarc ia un capretto. Ma di ciò che aveva fatto non disse nulla al padre e alla madre. Scese dunque pa rlò alla donna e questa gli piacque. Dopo qualche tempo tornò per prenderla e uscì dalla strada
per vedere la carcassa del leone: ecco nel corpo del leone c’era uno sciame d’api e del miele. Eg li ne prese nel cavo delle mani e si mise a mangiarlo camminando. Quand’ebbe raggiunto il padr e e la madre ne diede loro ed essi ne mangiarono; ma non disse loro che aveva preso il miele da l corpo del leone. Suo padre scese dunque da quella donna e Sansone fece là un banchetto, per ché così usavano fare i giovani. Quando lo ebbero visto presero trenta compagni perché stesser o con lui. Sansone disse loro: «Voglio proporvi un enigma. Se voi me lo spiegate entro i sette gio rni del banchetto e se l’indovinate vi darò trenta tuniche e trenta mute di vesti; ma se non saret e capaci di spiegarmelo darete trenta tuniche e trenta mute di vesti a me». Quelli gli risposero:
«Proponi l’enigma e noi lo ascolteremo». Egli disse loro: «Da colui che mangia è uscito quel che si mangia e dal forte è uscito il dolce». Per tre giorni quelli non riuscirono a spiegare l’enigma. Al quarto giorno dissero alla moglie di Sansone: «Induci tuo marito a spiegarti l’enigma; se no dar emo fuoco a te e alla casa di tuo padre. Ci avete invitati qui per spogliarci?». La moglie di Sanso ne si mise a piangergli intorno e a dirgli: «Tu hai per me solo odio e non mi ami; hai proposto un enigma ai figli del mio popolo e non me l’hai spiegato!». Le disse: «Ecco non l’ho spiegato nean che a mio padre e a mia madre e dovrei spiegarlo a te?». Ella continuò a piangergli intorno dura nte i sette giorni del banchetto. Il settimo giorno Sansone glielo spiegò perché lo tormentava e l ei spiegò l’enigma ai figli del suo popolo. Gli uomini della città il settimo giorno prima che tramo ntasse il sole dissero a Sansone: «Che c’è di più dolce del miele? Che c’è di più forte del leone?»
. Rispose loro: «Se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste sciolto il mio enigma». All ora lo spirito del Signore irruppe su di lui ed egli scese ad àscalon; vi uccise trenta uomini prese l e loro spoglie e diede le mute di vesti a quelli che avevano spiegato l’enigma. Poi, acceso d’ira ri salì alla casa di suo padre e la moglie di Sansone fu data al compagno che gli aveva fatto da ami co di nozze. Dopo qualche tempo nei giorni della mietitura del grano Sansone andò a visitare su a moglie le portò un capretto e disse: «Voglio entrare da mia moglie nella camera». Ma il padre di lei non gli permise di entrare e gli disse: «Credevo proprio che tu l’avessi presa in odio e perci ò l’ho data al tuo compagno; la sua sorella minore non è più bella di lei? Prendila dunque al suo posto». Ma Sansone rispose loro: «Questa volta non sarò colpevole verso i Filistei se farò loro d el male». Sansone se ne andò e catturò trecento volpi; prese delle fiaccole legò coda a coda e m ise una fiaccola fra le due code. Poi accese le fiaccole lasciò andare le volpi per i campi di grano dei Filistei e bruciò i covoni ammassati il grano ancora in piedi e perfino le vigne e gli oliveti. I Fil istei chiesero: «Chi ha fatto questo?». La risposta fu: «Sansone il genero dell’uomo di Timna per ché costui gli ha ripreso la moglie e l’ha data al compagno di lui». I Filistei salirono e bruciarono tra le fiamme lei e suo padre. Sansone disse loro: «Poiché agite in questo modo io non la smett erò finché non mi sia vendicato di voi». Li sbatté uno contro l’altro facendone una grande strag e. Poi scese e si ritirò nella caverna della rupe di Etam. Allora i Filistei vennero si accamparono i n Giuda e fecero una scorreria fino a Lechì. Gli uomini di Giuda dissero loro: «Perché siete venut i contro di noi?». Quelli risposero: «Siamo venuti per legare Sansone per fare a lui quello che ha fatto a noi». Tremila uomini di Giuda scesero alla caverna della rupe di Etam e dissero a Sanson
e: «Non sai che i Filistei dominano su di noi? Che cosa ci hai fatto?». Egli rispose loro: «Quello c he hanno fatto a me io l’ho fatto a loro». Gli dissero: «Siamo scesi per legarti e metterti nelle m ani dei Filistei». Sansone replicò loro: «Giuratemi che non mi colpirete». Quelli risposero: «No; t i legheremo soltanto e ti metteremo nelle loro mani ma certo non ti uccideremo». Lo legarono con due funi nuove e lo trassero su dalla rupe. Mentre giungeva a Lechì e i Filistei gli venivano in contro con grida di gioia lo spirito del Signore irruppe su di lui: le funi che aveva alle braccia dive nnero come stoppini bruciacchiati dal fuoco e i legacci gli caddero disfatti dalle mani. Trovò allo ra una mascella d’asino ancora fresca stese la mano l’afferrò e uccise con essa mille uomini. San sone disse: «Con una mascella d’asino, li ho ben macellati! Con una mascella d’asino, ho colpito mille uomini!». Quand’ebbe finito di parlare gettò via la mascella; per questo quel luogo fu chia mato Ramat-Lechì. Poi ebbe gran sete e invocò il Signore dicendo: «Tu hai concesso questa grande vittoria p er mezzo del tuo servo; ora dovrò morire di sete e cadere nelle mani dei non circoncisi?». Allora Dio spaccò la roccia concava che è a Lechì e ne scaturì acqua. Sansone bevve il suo spirito si ria nimò ed egli riprese vita. Perciò quella fonte fu chiamata En-Kore: essa esiste a Lechì ancora oggi. Sansone fu giudice d’Israele al tempo dei Filistei per venti anni. Sansone andò a Gaza vide una prostituta e andò da lei. Fu riferito a quelli di Gaza: «è venu to Sansone». Essi lo circondarono stettero in agguato tutta la notte presso la porta della città e t utta quella notte rimasero quieti dicendo: «Attendiamo lo spuntar del giorno e allora lo uccider emo». Sansone riposò fino a mezzanotte; a mezzanotte si alzò afferrò i battenti della porta dell a città e i due stipiti li divelse insieme con la sbarra se li mise sulle spalle e li portò in cima al mo nte che è di fronte a Ebron. In seguito si innamorò di una donna della valle di Sorek che si chiam ava Dalila. Allora i prìncipi dei Filistei andarono da lei e le dissero: «Seducilo e vedi da dove prov iene la sua forza così grande e come potremmo prevalere su di lui per legarlo e domarlo; ti dare mo ciascuno millecento sicli d’argento». Dalila dunque disse a Sansone: «Spiegami da dove prov iene la tua forza così grande e in che modo ti si potrebbe legare per domarti». Sansone le rispos e: «Se mi si legasse con sette corde d’arco fresche non ancora secche io diventerei debole e sar ei come un uomo qualunque». Allora i capi dei Filistei le portarono sette corde d’arco fresche n on ancora secche con le quali lo legò. L’agguato era teso in una camera interna. Ella gli gridò: «S
ansone i Filistei ti sono addosso!». Ma egli spezzò le corde come si spezza un filo di stoppa quan do sente il fuoco. Così il segreto della sua forza non fu conosciuto. Poi Dalila disse a Sansone: «E
cco ti sei burlato di me e mi hai detto menzogne; ora spiegami come ti si potrebbe legare». Le ri spose: «Se mi si legasse con funi nuove non ancora adoperate io diventerei debole e sarei come un uomo qualunque». Dalila prese dunque funi nuove lo legò e gli gridò: «Sansone i Filistei ti so no addosso!». L’agguato era teso nella camera interna. Egli ruppe come un filo le funi che aveva alle braccia. Poi Dalila disse a Sansone: «Ancora ti sei burlato di me e mi hai detto menzogne; s piegami come ti si potrebbe legare». Le rispose: «Se tu tessessi le sette trecce della mia testa ne ll’ordito e le fissassi con il pettine del telaio io diventerei debole e sarei come un uomo qualunq
ue». Ella dunque lo fece addormentare tessé le sette trecce della sua testa nell’ordito e le fissò con il pettine poi gli gridò: «Sansone i Filistei ti sono addosso!». Ma egli si svegliò dal sonno e str appò il pettine del telaio e l’ordito. Allora ella gli disse: «Come puoi dirmi: “Ti amo” mentre il tu o cuore non è con me? Già tre volte ti sei burlato di me e non mi hai spiegato da dove proviene la tua forza così grande». Ora poiché lei lo importunava ogni giorno con le sue parole e lo torme ntava egli ne fu annoiato da morire e le aprì tutto il cuore e le disse: «Non è mai passato rasoio sulla mia testa perché sono un nazireo di Dio dal seno di mia madre; se fossi rasato la mia forza si ritirerebbe da me diventerei debole e sarei come un uomo qualunque». Allora Dalila vide che egli le aveva aperto tutto il suo cuore, mandò a chiamare i prìncipi dei Filistei e fece dir loro: «V
enite questa volta, perché egli mi ha aperto tutto il suo cuore». Allora i prìncipi dei Filistei venne ro da lei e portarono con sé il denaro. Ella lo addormentò sulle sue ginocchia, chiamò un uomo e gli fece radere le sette trecce del capo; cominciò così a indebolirlo e la sua forza si ritirò da lui.
Allora lei gli gridò: «Sansone i Filistei ti sono addosso!». Egli svegliatosi dal sonno pensò: «Ne us cirò come ogni altra volta e mi svincolerò». Ma non sapeva che il Signore si era ritirato da lui. I F
ilistei lo presero e gli cavarono gli occhi; lo fecero scendere a Gaza e lo legarono con una doppia catena di bronzo. Egli dovette girare la macina nella prigione. Intanto la capigliatura che gli ave vano rasata cominciava a ricrescergli. Ora i prìncipi dei Filistei si radunarono per offrire un gran sacrificio a Dagon loro dio e per far festa. Dicevano: «Il nostro dio ci ha messo nelle mani Sanso ne nostro nemico». Quando la gente lo vide cominciarono a lodare il loro dio e a dire: «Il nostro dio ci ha messo nelle mani il nostro nemico, che devastava la nostra terra e moltiplicava i nostri caduti». Nella gioia del loro cuore dissero: «Chiamate Sansone perché ci faccia divertire!». Fece ro quindi uscire Sansone dalla prigione ed egli si mise a far giochi alla loro presenza. Poi lo fecer o stare fra le colonne. Sansone disse al servo che lo teneva per la mano: «Lasciami toccare le col onne sulle quali posa il tempio perché possa appoggiarmi ad esse». Ora il tempio era pieno di u omini e di donne; vi erano tutti i prìncipi dei Filistei e sul terrazzo circa tremila persone fra uomi ni e donne che stavano a guardare mentre Sansone faceva i giochi. Allora Sansone invocò il Sign ore dicendo: «Signore Dio ricòrdati di me! Dammi forza ancora per questa volta soltanto o Dio e in un colpo solo mi vendicherò dei Filistei per i miei due occhi!». Sansone palpò le due colonne di mezzo sulle quali posava il tempio; si appoggiò ad esse all’una con la destra e all’altra con la s inistra. Sansone disse: «Che io muoia insieme con i Filistei!». Si curvò con tutta la forza e il temp io rovinò addosso ai prìncipi e a tutta la gente che vi era dentro. Furono più i morti che egli caus ò con la sua morte di quanti aveva uccisi in vita. Poi i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre sce sero e lo portarono via; risalirono e lo seppellirono fra Sorea ed Estaòl nel sepolcro di Manòach suo padre. Egli era stato giudice d’Israele per venti anni. C’era un uomo delle montagne di èfrai m che si chiamava Mica. Egli disse alla madre: «Quei millecento sicli d’argento che ti erano stati presi e per i quali hai pronunciato una maledizione e l’hai pronunciata alla mia presenza ecco li ho io; quel denaro l’avevo preso io. Ora te lo restituisco». La madre disse: «Benedetto sia mio fi glio dal Signore!». Egli restituì alla madre i millecento sicli d’argento e la madre disse: «Io consa
cro con la mia mano questo denaro al Signore in favore di mio figlio per farne una statua di met allo fuso». Quando egli ebbe restituito il denaro alla madre questa prese duecento sicli e li died e al fonditore il quale ne fece una statua di metallo fuso che fu collocata nella casa di Mica. Que st’uomo Mica aveva un santuario; fece un efod e i terafìm e diede l’investitura a uno dei figli ch e divenne suo sacerdote. In quel tempo non c’era un re in Israele; ognuno faceva come gli semb rava bene. Ora c’era un giovane di Betlemme di Giuda della tribù di Giuda il quale era un levita e abitava in quel luogo come forestiero. Quest’uomo era partito dalla città di Betlemme di Giud a per cercare una dimora dovunque la trovasse. Cammin facendo era giunto sulle montagne di èfraim alla casa di Mica. Mica gli domandò: «Da dove vieni?». Gli rispose: «Sono un levita di Bet lemme di Giuda e vado a cercare una dimora dove la troverò». Mica gli disse: «Rimani con me e sii per me padre e sacerdote; ti darò dieci sicli d’argento all’anno vestiario e vitto». Il levita entr ò. Il levita dunque acconsentì a stare con quell’uomo che trattò il giovane come un figlio. Mica d iede l’investitura al levita; il giovane divenne suo sacerdote e si stabilì in casa di lui. Mica disse:
«Ora so che il Signore mi farà del bene perché questo levita è divenuto mio sacerdote». Allora n on c’era un re in Israele e in quel tempo la tribù dei Daniti cercava un territorio per stabilirvisi p erché fino a quei giorni non le era toccata nessuna eredità fra le tribù d’Israele. I figli di Dan ma ndarono dunque da Sorea e da Estaòl cinque uomini della loro tribù uomini di valore per visitar e ed esplorare il territorio; dissero loro: «Andate ad esplorare il territorio!». Quelli giunsero sull e montagne di èfraim fino alla casa di Mica e passarono la notte in quel luogo. Mentre erano pr esso la casa di Mica riconobbero la voce del giovane levita; avvicinatisi gli chiesero: «Chi ti ha co ndotto qua? Che cosa fai in questo luogo? Che hai tu qui?». Rispose loro: «Mica mi ha fatto così e così mi dà un salario e io sono divenuto suo sacerdote». Gli dissero: «Consulta Dio perché pos siamo sapere se il viaggio che abbiamo intrapreso avrà buon esito». Il sacerdote rispose loro: «A ndate in pace il viaggio che fate è sotto lo sguardo del Signore». I cinque uomini continuarono il viaggio e arrivarono a Lais e videro che il popolo che vi abitava viveva in sicurezza secondo i cost umi di quelli di Sidone, tranquillo e fiducioso; non c’era nella regione chi usurpando il potere fac esse qualcosa di offensivo; erano lontani da quelli di Sidone e non avevano relazione con nessu no. Poi tornarono dai loro fratelli a Sorea e a Estaòl e i fratelli chiesero loro: «Che notizie portat e?». Quelli risposero: «Alziamoci e andiamo contro quella gente poiché abbiamo visto il territori o ed è ottimo. E voi rimanete inattivi? Non indugiate a partire per andare a prendere in possess o il territorio. Quando arriverete là troverete un popolo che non sospetta di nulla. La terra è vas ta e Dio ve l’ha consegnata nelle mani; è un luogo dove non manca nulla di ciò che è sulla terra»
. Allora seicento uomini della tribù dei Daniti partirono da Sorea e da Estaòl, ben armati. Andaro no e si accamparono a Kiriat-Iearìm in Giuda; perciò il luogo che è a occidente di Kiriat-Iearìm fu chiamato e si chiama fino ad oggi Accampamento di Dan. Di là passarono sulle montag ne di èfraim e giunsero alla casa di Mica. I cinque uomini che erano andati a esplorare la terra di Lais dissero ai loro fratelli: «Sapete che in queste case ci sono un efod, i terafìm e una statua di metallo fuso? Sappiate ora quello che dovete fare». Quelli si diressero da quella parte giunsero
alla casa del giovane levita cioè alla casa di Mica e lo salutarono. Mentre i seicento uomini muni ti delle loro armi stavano davanti alla porta i cinque uomini che erano andati a esplorare il territ orio vennero entrarono in casa presero la statua di metallo fuso, l’ efod e i terafìm. Intanto il sac erdote stava davanti alla porta con i seicento uomini armati. Quando entrati in casa di Mica ebb ero preso la statua di metallo fuso, l’ efod e i terafìm il sacerdote disse loro: «Che cosa fate?». Q
uelli gli risposero: «Taci mettiti la mano sulla bocca vieni con noi e sarai per noi padre e sacerdo te. Che cosa è meglio per te: essere sacerdote della casa di un uomo solo oppure essere sacerd ote di una tribù e di una famiglia in Israele?». Il sacerdote gioì in cuor suo; prese l’ efod i terafìm e la statua e si unì a quella gente. Allora si rimisero in cammino mettendo innanzi a loro i bambi ni il bestiame e le masserizie. Essi erano già lontani dalla casa di Mica quando i suoi vicini si mise ro in armi e raggiunsero i Daniti. Allora gridarono ai Daniti. Questi si voltarono e dissero a Mica:
«Perché ti sei messo in armi?». Egli rispose: «Avete portato via gli dèi che mi ero fatto e il sacer dote e ve ne siete andati. Ora che cosa mi resta? Come potete dunque dirmi: “Che cos’hai?”». I Daniti gli dissero: «Non si senta la tua voce dietro a noi perché uomini irritati potrebbero scaglia rsi su di voi e tu ci perderesti la vita e la vita di quelli della tua casa!». I Daniti continuarono il via ggio; Mica, vedendo che erano più forti di lui si voltò indietro e tornò a casa. Quelli dunque pres i con sé gli oggetti che Mica aveva fatto e il sacerdote che aveva al suo servizio giunsero a Lais a un popolo che se ne stava tranquillo e fiducioso; lo passarono a fil di spada e diedero la città all e fiamme. Nessuno le prestò aiuto perché era lontana da Sidone e i suoi abitanti non avevano r elazioni con altra gente. Essa era nella valle che si estende verso Bet-Recob. Poi i Daniti ricostruirono la città e l’abitarono. La chiamarono Dan dal nome di Dan loro padre che era nato da Israele; ma prima la città si chiamava Lais. E i Daniti eressero per loro uso la statua; Giònata figlio di Ghersom figlio di Mosè e i suoi figli furono sacerdoti della tribù dei D
aniti finché gli abitanti della regione furono deportati. Essi misero in onore per proprio uso la st atua che Mica aveva fatto finché la casa di Dio rimase a Silo. In quel tempo quando non c’era un re in Israele un levita che dimorava all’estremità delle montagne di èfraim si prese per concubi na una donna di Betlemme di Giuda. Ma questa sua concubina provò avversione verso di lui e lo abbandonò per tornare alla casa di suo padre a Betlemme di Giuda e vi rimase per un certo te mpo per quattro mesi. Suo marito si mosse e andò da lei per parlare al suo cuore e farla tornare
. Aveva preso con sé il suo servo e due asini. Ella lo condusse in casa di suo padre; quando il pad re della giovane lo vide gli andò incontro con gioia. Il padre della giovane suo suocero lo tratten ne ed egli rimase con lui tre giorni; mangiarono e bevvero e passarono la notte in quel luogo. Il quarto giorno si alzarono di buon’ora e il levita si disponeva a partire. Il padre della giovane diss e al genero: «Prendi un boccone di pane per ristorarti; poi ve ne andrete». Così sedettero tutti e due insieme mangiarono e bevvero. Poi il padre della giovane disse al marito: «Accetta di passa re qui la notte e il tuo cuore gioisca». Quell’uomo si alzò per andarsene; ma il suocero fece tant a insistenza che accettò di passare la notte in quel luogo. Il quinto giorno egli si alzò di buon’ora per andarsene e il padre della giovane gli disse: «Ristòrati prima». Così indugiarono fino al decli
nare del giorno e mangiarono insieme. Quando quell’uomo si alzò per andarsene con la sua con cubina e con il suo servo il suocero il padre della giovane gli disse: «Ecco il giorno ora volge a ser a: state qui questa notte. Ormai il giorno sta per finire: passa la notte qui e riconfòrtati. Domani vi metterete in viaggio di buon’ora e andrai alla tua tenda». Ma quell’uomo non volle passare la notte in quel luogo; si alzò partì e giunse di fronte a Gebus cioè Gerusalemme con i suoi due asi ni sellati la sua concubina e il servo. Quando furono vicino a Gebus il giorno era molto avanzato e il servo disse al suo padrone: «Vieni deviamo il cammino verso questa città dei Gebusei e pass iamo lì la notte». Il padrone gli rispose: «Non entreremo in una città di stranieri i cui abitanti no n sono Israeliti ma andremo oltre fino a Gàbaa». E disse al suo servo: «Vieni raggiungiamo uno di quei luoghi e passeremo la notte a Gàbaa o a Rama». Così passarono oltre e continuarono il v iaggio; il sole tramontava quando si trovarono nei pressi di Gàbaa che appartiene a Beniamino.
Deviarono in quella direzione per passare la notte a Gàbaa. Il levita entrò e si fermò sulla piazza della città ma nessuno li accolse in casa per la notte. Quand’ecco un vecchio che tornava la sera dal lavoro nei campi –
era un uomo delle montagne di èfraim che abitava come forestiero a Gàbaa, mentre la gente d el luogo era beniaminita –
alzàti gli occhi vide quel viandante sulla piazza della città. Il vecchio gli disse: «Dove vai e da dov e vieni?». Quegli rispose: «Andiamo da Betlemme di Giuda fino all’estremità delle montagne di èfraim. Io sono di là ed ero andato a Betlemme di Giuda; ora mi reco alla casa del Signore ma ne ssuno mi accoglie sotto il suo tetto. Eppure abbiamo paglia e foraggio per i nostri asini e anche pane e vino per me per la tua serva e per il giovane che è con i tuoi servi: non ci manca nulla». Il vecchio gli disse: «La pace sia con te! Prendo a mio carico quanto ti occorre; non devi passare l a notte sulla piazza». Così lo condusse in casa sua e diede foraggio agli asini; i viandanti si lavaro no i piedi poi mangiarono e bevvero. Mentre si stavano riconfortando alcuni uomini della città g ente iniqua circondarono la casa bussando fortemente alla porta e dissero al vecchio padrone di casa: «Fa’ uscire quell’uomo che è entrato in casa tua perché vogliamo abusare di lui». Il padro ne di casa uscì e disse loro: «No fratelli miei non comportatevi male; dal momento che quest’uo mo è venuto in casa mia non dovete commettere quest’infamia! Ecco mia figlia che è vergine e l a sua concubina: io ve le condurrò fuori, violentatele e fate loro quello che vi pare ma non com mettete contro quell’uomo una simile infamia». Ma quegli uomini non vollero ascoltarlo. Allora il levita afferrò la sua concubina e la portò fuori da loro. Essi la presero e la violentarono tutta la notte fino al mattino; la lasciarono andare allo spuntar dell’alba. Quella donna sul far del matti no venne a cadere all’ingresso della casa dell’uomo presso il quale stava il suo padrone e là rest ò finché fu giorno chiaro. Il suo padrone si alzò alla mattina aprì la porta della casa e uscì per co ntinuare il suo viaggio ed ecco che la donna la sua concubina giaceva distesa all’ingresso della c asa con le mani sulla soglia. Le disse: «àlzati dobbiamo partire!». Ma non ebbe risposta. Allora il marito la caricò sull’asino e partì per tornare alla sua abitazione. Come giunse a casa si munì di un coltello afferrò la sua concubina e la tagliò membro per membro in dodici pezzi; poi li spedì
per tutto il territorio d’Israele. Agli uomini che inviava ordinò: «Così direte a ogni uomo d’Israel e: “è forse mai accaduta una cosa simile da quando gli Israeliti sono usciti dalla terra d’Egitto fin o ad oggi? Pensateci consultatevi e decidete!”». Quanti vedevano dicevano: «Non è mai accadu ta e non si è mai vista una cosa simile da quando gli Israeliti sono usciti dalla terra d’Egitto fino a d oggi!». Allora tutti gli Israeliti uscirono da Dan fino a Bersabea e al territorio di Gàlaad, e la co munità si radunò come un sol uomo dinanzi al Signore a Mispa. I capi di tutto il popolo e tutte le tribù d’Israele si presentarono all’assemblea del popolo di Dio in numero di quattrocentomila f anti che maneggiavano la spada. I figli di Beniamino vennero a sapere che gli Israeliti erano ven uti a Mispa. Gli Israeliti dissero: «Parlate! Com’è avvenuta questa scelleratezza?». Allora il levita il marito della donna che era stata uccisa, rispose: «Io ero giunto con la mia concubina a Gàbaa di Beniamino per passarvi la notte. Ma gli abitanti di Gàbaa insorsero contro di me e circondaro no di notte la casa dove stavo. Volevano uccidere me; quanto alla mia concubina le usarono viol enza fino al punto che ne morì. Io presi la mia concubina la feci a pezzi e mandai i pezzi a tutti i t erritori dell’eredità d’Israele perché costoro hanno commesso un delitto e un’infamia in Israele.
Eccovi qui tutti Israeliti: consultatevi e decidete qui». Tutto il popolo si alzò insieme gridando: «
Nessuno di noi tornerà alla tenda nessuno di noi rientrerà a casa. Ora ecco quanto faremo a Gà baa: tireremo a sorte e prenderemo in tutte le tribù d’Israele dieci uomini su cento cento su mill e e mille su diecimila i quali andranno a cercare viveri per il popolo per quelli che andranno a pu nire Gàbaa di Beniamino come merita l’infamia che ha commesso in Israele». Così tutti gli Israeli ti si radunarono contro la città uniti come un solo uomo. Le tribù d’Israele mandarono uomini in tutta la tribù di Beniamino a dire: «Quale delitto è stato commesso in mezzo a voi? Consegnate ci quegli uomini iniqui di Gàbaa perché li uccidiamo e cancelliamo il male da Israele». Ma i figli d i Beniamino non vollero ascoltare la voce dei loro fratelli gli Israeliti. I figli di Beniamino uscirono dalle loro città e si radunarono a Gàbaa per combattere contro gli Israeliti. Si passarono in rasse gna i figli di Beniamino usciti dalle città: formavano un totale di ventiseimila uomini che manegg iavano la spada senza contare gli abitanti di Gàbaa. Fra tutta questa gente c’erano settecento u omini scelti che erano ambidestri. Tutti costoro erano capaci di colpire con la fionda un capello senza mancarlo. Si fece pure la rassegna degli Israeliti non compresi quelli di Beniamino ed eran o quattrocentomila uomini in grado di maneggiare la spada tutti guerrieri. Gli Israeliti si mosser o vennero a Betel e consultarono Dio dicendo: «Chi di noi andrà per primo a combattere contro i figli di Beniamino?». Il Signore rispose: «Giuda andrà per primo». Il mattino dopo gli Israeliti si mossero e si accamparono presso Gàbaa. Gli Israeliti uscirono per combattere contro Beniamin o e si disposero in ordine di battaglia contro di loro presso Gàbaa. Allora i figli di Beniamino usci rono da Gàbaa e in quel giorno sterminarono ventiduemila Israeliti ma l’esercito degli Israeliti si rinfrancò ed essi tornarono a schierarsi in battaglia dove si erano schierati il primo giorno. Gli Isr aeliti salirono a piangere davanti al Signore fino alla sera e consultarono il Signore dicendo: «De vo continuare a combattere contro Beniamino mio fratello?». Il Signore rispose: «Andate contro di loro». Gli Israeliti vennero a battaglia con i figli di Beniamino una seconda volta. I Beniaminiti
una seconda volta uscirono da Gàbaa contro di loro e sterminarono altri diciottomila uomini de gli Israeliti tutti atti a maneggiare la spada. Allora tutti gli Israeliti e tutto il popolo salirono a Bet el piansero e rimasero davanti al Signore e digiunarono quel giorno fino alla sera e offrirono olo causti e sacrifici di comunione davanti al Signore. Gli Israeliti consultarono il Signore –
l’arca dell’alleanza di Dio in quel tempo era là e Fineès figlio di Eleàzaro figlio di Aronne prestav a servizio davanti ad essa in quel tempo –
e dissero: «Devo continuare ancora a uscire in battaglia contro i figli di Beniamino mio fratello o devo cessare?». Il Signore rispose: «Andate perché domani li consegnerò in mano vostra». Isr aele tese quindi un agguato intorno a Gàbaa. Gli Israeliti andarono il terzo giorno contro i figli di Beniamino e si disposero a battaglia presso Gàbaa come le altre volte. I figli di Beniamino fecer o una sortita contro il popolo si lasciarono attirare lontano dalla città e cominciarono a colpire e a uccidere come le altre volte alcuni del popolo d’Israele lungo le strade che portano l’una a Be tel e l’altra a Gàbaon in aperta campagna: ne uccisero circa trenta. Già i figli di Beniamino pensa vano: «Eccoli sconfitti davanti a noi come la prima volta». Ma gli Israeliti dissero: «Fuggiamo e a ttiriamoli dalla città sulle strade!». Tutti gli Israeliti abbandonarono la loro posizione e si dispose ro a battaglia a Baal-Tamar mentre quelli di Israele che erano in agguato sbucavano dal luogo dove si trovavano a oc cidente di Gàbaa. Diecimila uomini scelti in tutto Israele giunsero davanti a Gàbaa. Il combattim ento fu aspro: quelli non si accorgevano del disastro che stava per colpirli. Il Signore sconfisse B
eniamino davanti a Israele; gli Israeliti uccisero in quel giorno venticinquemilacento uomini di B
eniamino tutti atti a maneggiare la spada. I figli di Beniamino si accorsero di essere sconfitti. Gli Israeliti avevano ceduto terreno a Beniamino perché confidavano nell’agguato che avevano tes o presso Gàbaa. Quelli che stavano in agguato infatti si gettarono d’improvviso contro Gàbaa e f attavi irruzione passarono a fil di spada l’intera città. C’era un segnale convenuto fra gli Israeliti e quelli che stavano in agguato: questi dovevano far salire dalla città una colonna di fumo. Gli Is raeliti avevano dunque voltato le spalle nel combattimento e gli uomini di Beniamino avevano c ominciato a colpire e uccidere circa trenta uomini d’Israele. Essi dicevano: «Ormai essi sono sco nfitti davanti a noi come nella prima battaglia!». Ma quando il segnale la colonna di fumo comin ciò ad alzarsi dalla città quelli di Beniamino si voltarono indietro ed ecco tutta la città saliva in fi amme verso il cielo. Allora gli Israeliti tornarono indietro e gli uomini di Beniamino furono presi dal terrore vedendo il disastro piombare loro addosso. Voltarono le spalle davanti agli Israeliti e presero la via del deserto; ma i combattenti li incalzavano e quelli che venivano dalla città piom bavano in mezzo a loro massacrandoli. Circondarono i Beniaminiti li inseguirono senza tregua li i ncalzarono fino di fronte a Gàbaa dal lato orientale. Caddero dei Beniaminiti diciottomila uomin i tutti valorosi. I superstiti voltarono le spalle e fuggirono verso il deserto in direzione della rocci a di Rimmon e gli Israeliti ne rastrellarono per le strade cinquemila li incalzarono fino a Ghìdeo m e ne colpirono altri duemila. Così il numero totale dei Beniaminiti che caddero quel giorno fu di venticinquemila atti a maneggiare la spada tutta gente di valore. Seicento uomini, che avevan
o voltato le spalle ed erano fuggiti verso il deserto raggiunsero la roccia di Rimmon e rimasero a lla roccia di Rimmon quattro mesi. Intanto gli Israeliti tornarono contro i figli di Beniamino, pass arono a fil di spada nella città uomini e bestiame e quanto trovarono e diedero alle fiamme anc he tutte le città che incontrarono. Gli Israeliti avevano giurato a Mispa: «Nessuno di noi darà la propria figlia in moglie a un Beniaminita». Il popolo venne a Betel dove rimase fino alla sera dav anti a Dio alzò la voce prorompendo in pianto e disse: «Signore Dio d’Israele, perché è avvenuto questo in Israele che oggi in Israele sia venuta meno una delle sue tribù?». Il giorno dopo il pop olo si alzò di buon mattino costruì in quel luogo un altare e offrì olocausti e sacrifici di comunion e. Poi gli Israeliti dissero: «Fra tutte le tribù d’Israele qual è quella che non è venuta all’assembl ea davanti al Signore?». Perché contro chi non fosse venuto alla presenza del Signore a Mispa si era pronunciato questo grande giuramento: «Sarà messo a morte». Gli Israeliti si pentivano di quello che avevano fatto a Beniamino loro fratello e dicevano: «Oggi è stata soppressa una trib ù d’Israele. Come faremo per procurare donne ai superstiti dato che abbiamo giurato per il Sign ore di non dar loro in moglie nessuna delle nostre figlie?». Dissero dunque: «Fra le tribù d’Israel e qual è quella che non è venuta davanti al Signore a Mispa?». Risultò che nessuno di Iabes di G
àlaad era venuto all’accampamento dove era l’assemblea; fatta la rassegna del popolo si era tro vato che là non vi era nessuno degli abitanti di Iabes di Gàlaad. Allora la comunità vi mandò dod icimila uomini dei più valorosi e ordinò: «Andate e passate a fil di spada gli abitanti di Iabes di G
àlaad comprese le donne e i bambini. Farete così: voterete allo sterminio ogni maschio e ogni d onna che abbia avuto rapporti con un uomo; invece risparmierete le vergini». Quelli fecero così.
Trovarono fra gli abitanti di Iabes di Gàlaad quattrocento fanciulle vergini che non avevano avu to rapporti con un uomo e le condussero all’accampamento a Silo che è nella terra di Canaan. T
utta la comunità mandò messaggeri per parlare ai figli di Beniamino, che erano alla roccia di Ri mmon e per proporre loro la pace. Allora i Beniaminiti tornarono e furono date loro quelle don ne di Iabes di Gàlaad a cui era stata risparmiata la vita; ma non erano sufficienti per tutti. Il pop olo dunque si era pentito di quello che aveva fatto a Beniamino perché il Signore aveva aperto una breccia fra le tribù d’Israele. Gli anziani della comunità dissero: «Come procureremo donne ai superstiti poiché le donne beniaminite sono state sterminate?». Soggiunsero: «Bisogna conse rvare il possesso di un resto a Beniamino perché non sia soppressa una tribù in Israele. Ma noi n on possiamo dare loro in moglie le nostre figlie perché gli Israeliti hanno giurato: “Maledetto ch i darà una moglie a Beniamino!”». Aggiunsero: «Ecco ogni anno si fa una festa per il Signore a Si lo». Questa città è a settentrione di Betel a oriente della strada che sale da Betel a Sichem e a m ezzogiorno di Lebonà. Diedero quest’ordine ai figli di Beniamino: «Andate appostatevi nelle vign e e state attenti: quando le fanciulle di Silo usciranno per danzare in coro uscite dalle vigne rapit e ciascuno una donna tra le fanciulle di Silo e andatevene nel territorio di Beniamino. Quando i l oro padri o i loro fratelli verranno a discutere con noi diremo loro: “Perdonateli: non le hanno p rese una ciascuno in guerra né voi le avete date loro: solo in tal caso sareste in colpa”». I figli di Beniamino fecero a quel modo: si presero mogli secondo il loro numero fra le danzatrici; le rapir
ono poi partirono e tornarono nel loro territorio riedificarono le città e vi stabilirono la loro dim ora. In quel medesimo tempo gli Israeliti se ne andarono ciascuno nella sua tribù e nella sua fa miglia e da quel luogo ciascuno si diresse verso la sua eredità. In quel tempo non c’era un re in I sraele; ognuno faceva come gli sembrava bene. Al tempo dei giudici ci fu nel paese una carestia e un uomo con la moglie e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab. Que st’uomo si chiamava Elimèlec sua moglie Noemi e i suoi due figli Maclon e Chilion; erano Efratei di Betlemme di Giuda. Giunti nei campi di Moab vi si stabilirono. Poi Elimèlec marito di Noemi morì ed essa rimase con i suoi due figli. Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. Poi morirono anche Maclon e Chilion e la d onna rimase senza i suoi due figli e senza il marito. Allora intraprese il cammino di ritorno dai ca mpi di Moab con le sue nuore perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo dandogli pane. Partì dunque con le due nuore da quel luogo ove risiedeva e si misero in cammino per tornare nel paese di Giuda. Noemi disse alle due nuore: «Andate tor nate ciascuna a casa di vostra madre; il Signore usi bontà con voi come voi avete fatto con quelli che sono morti e con me! Il Signore conceda a ciascuna di voi di trovare tranquillità in casa di u n marito». E le baciò. Ma quelle scoppiarono a piangere e le dissero: «No, torneremo con te al t uo popolo». Noemi insistette: «Tornate indietro figlie mie! Perché dovreste venire con me? Ho f orse ancora in grembo figli che potrebbero diventare vostri mariti? Tornate indietro figlie mie a ndate! Io sono troppo vecchia per risposarmi. Se anche pensassi di avere una speranza prendes si marito questa notte e generassi pure dei figli, vorreste voi aspettare che crescano e rinuncere ste per questo a maritarvi? No figlie mie; io sono molto più amareggiata di voi poiché la mano d el Signore è rivolta contro di me». Di nuovo esse scoppiarono a piangere. Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei. Noemi le disse: «Ecco tua cognata è to rnata dalla sua gente e dal suo dio; torna indietro anche tu come tua cognata». Ma Rut replicò:
«Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te perché dove andrai tu andrò anch’io e dove ti fermerai mi fermerò il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio
. Dove morirai tu morirò anch’io e lì sarò sepolta. Il Signore mi faccia questo male e altro ancora se altra cosa che non sia la morte mi separerà da te». Vedendo che era davvero decisa ad anda re con lei Noemi non insistette più. Esse continuarono il viaggio finché giunsero a Betlemme. Qu ando giunsero a Betlemme, tutta la città fu in subbuglio per loro e le donne dicevano: «Ma ques ta è Noemi!». Ella replicava: «Non chiamatemi Noemi chiamatemi Mara perché l’Onnipotente mi ha tanto amareggiata! Piena me n’ero andata ma il Signore mi fa tornare vuota. Perché allor a chiamarmi Noemi se il Signore si è dichiarato contro di me e l’Onnipotente mi ha resa infelice
?». Così dunque tornò Noemi con Rut la moabita sua nuora venuta dai campi di Moab. Esse arri varono a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo. Noemi aveva un parente da parte de l marito un uomo altolocato della famiglia di Elimèlec che si chiamava Booz. Rut la moabita diss e a Noemi: «Lasciami andare in campagna a spigolare dietro qualcuno nelle cui grazie riuscirò a entrare». Le rispose: «Va’ pure figlia mia». Rut andò e si mise a spigolare nella campagna dietro
ai mietitori. Per caso si trovò nella parte di campagna appartenente a Booz che era della famigli a di Elimèlec. Proprio in quel mentre Booz arrivava da Betlemme. Egli disse ai mietitori: «Il Signo re sia con voi!». Ed essi gli risposero: «Ti benedica il Signore!». Booz disse al sovrintendente dei mietitori: «Di chi è questa giovane?». Il sovrintendente dei mietitori rispose: «è una giovane mo abita quella tornata con Noemi dai campi di Moab. Ha detto di voler spigolare e raccogliere tra i covoni dietro ai mietitori. è venuta ed è rimasta in piedi da stamattina fino ad ora. Solo adesso si è un poco seduta in casa». Allora Booz disse a Rut: «Ascolta figlia mia non andare a spigolare i n un altro campo. Non allontanarti di qui e sta’ insieme alle mie serve. Tieni d’occhio il campo d ove mietono e cammina dietro a loro. Ho lasciato detto ai servi di non molestarti. Quando avrai sete, va’ a bere dagli orci ciò che i servi hanno attinto». Allora Rut si prostrò con la faccia a terra e gli disse: «Io sono una straniera: perché sono entrata nelle tue grazie e tu ti interessi di me?».
Booz le rispose: «Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marit o e come hai abbandonato tuo padre tua madre e la tua patria per venire presso gente che prim a non conoscevi. Il Signore ti ripaghi questa tua buona azione e sia davvero piena per te la ricom pensa da parte del Signore Dio d’Israele sotto le cui ali sei venuta a rifugiarti». Ella soggiunse: «P
ossa rimanere nelle tue grazie mio signore! Poiché tu mi hai consolato e hai parlato al cuore dell a tua serva benché io non sia neppure come una delle tue schiave». Poi al momento del pasto B
ooz le disse: «Avvicìnati mangia un po’ di pane e intingi il boccone nell’aceto». Ella si mise a sed ere accanto ai mietitori. Booz le offrì del grano abbrustolito; lei ne mangiò a sazietà e ne avanzò
. Poi si alzò per tornare a spigolare e Booz diede quest’ordine ai suoi servi: «Lasciatela spigolare anche fra i covoni e non fatele del male. Anzi fate cadere apposta per lei spighe dai mannelli; las ciatele lì perché le raccolga e non sgridatela». Così Rut spigolò in quel campo fino alla sera. Batt é quello che aveva raccolto e ne venne fuori quasi un’ efa di orzo. Se lo caricò addosso e rientrò in città. Sua suocera vide ciò che aveva spigolato. Rut tirò fuori quanto le era rimasto del pasto e glielo diede. La suocera le chiese: «Dove hai spigolato oggi? Dove hai lavorato? Benedetto col ui che si è interessato di te!». Rut raccontò alla suocera con chi aveva lavorato e disse: «L’uomo con cui ho lavorato oggi si chiama Booz». Noemi disse alla nuora: «Sia benedetto dal Signore ch e non ha rinunciato alla sua bontà verso i vivi e verso i morti!». E aggiunse: «Quest’uomo è un n ostro parente stretto uno di quelli che hanno su di noi il diritto di riscatto». Rut la moabita disse
: «Mi ha anche detto di rimanere insieme ai suoi servi finché abbiano finito tutta la mietitura».
Noemi disse a Rut sua nuora: «Figlia mia è bene che tu vada con le sue serve e non ti molestino in un altro campo». Ella rimase dunque con le serve di Booz a spigolare sino alla fine della mietit ura dell’orzo e del frumento e abitava con la suocera. Un giorno Noemi sua suocera le disse: «Fi glia mia non devo forse cercarti una sistemazione perché tu sia felice? Ora tu sei stata con le ser ve di Booz: egli è nostro parente e proprio questa sera deve ventilare l’orzo sull’aia. Làvati profù mati mettiti il mantello e scendi all’aia. Ma non ti far riconoscere da lui prima che egli abbia fini to di mangiare e di bere. Quando si sarà coricato – e tu dovrai sapere dove si è coricato –
va’ scoprigli i piedi e sdraiati lì. Ti dirà lui ciò che dovrai fare». Rut le rispose: «Farò quanto mi di
ci». Scese all’aia e fece quanto la suocera le aveva ordinato. Booz mangiò bevve e con il cuore al legro andò a dormire accanto al mucchio d’orzo. Allora essa venne pian piano gli scoprì i piedi e si sdraiò. Verso mezzanotte quell’uomo ebbe un brivido di freddo si girò e vide una donna sdrai ata ai suoi piedi. Domandò: «Chi sei?». Rispose: «Sono Rut tua serva. Stendi il lembo del tuo ma ntello sulla tua serva perché tu hai il diritto di riscatto». Egli disse: «Sii benedetta dal Signore figl ia mia! Questo tuo secondo atto di bontà è ancora migliore del primo perché non sei andata in c erca di uomini giovani poveri o ricchi che fossero. Ora figlia mia non temere! Farò per te tutto q uanto chiedi, perché tutti i miei concittadini sanno che sei una donna di valore. è vero: io ho il di ritto di riscatto ma c’è un altro che è parente più stretto di me. Passa qui la notte e domani mat tina se lui vorrà assolvere il diritto di riscatto va bene lo faccia; ma se non vorrà riscattarti io ti ri scatterò per la vita del Signore! Rimani coricata fino a domattina». Ella rimase coricata ai suoi pi edi fino alla mattina e si alzò prima che una persona riesca a riconoscere un’altra. Booz infatti p ensava: «Nessuno deve sapere che questa donna è venuta nell’aia!». Le disse: «Apri il mantello che hai addosso e tienilo forte». Lei lo tenne ed egli vi versò dentro sei misure d’orzo. Glielo pos e sulle spalle e Rut rientrò in città. Arrivata dalla suocera questa le chiese: «Com’è andata figlia mia?». Ella le raccontò quanto quell’uomo aveva fatto per lei e aggiunse: «Mi ha anche dato sei misure di orzo dicendomi: “Non devi tornare da tua suocera a mani vuote”». Noemi disse: «Sta’
tranquilla figlia mia finché non sai come andrà a finire la cosa. Di certo quest’uomo non si darà pace finché non avrà concluso oggi stesso questa faccenda». Booz dunque salì alla porta della ci ttà e lì si sedette. Ed ecco passare colui che aveva il diritto di riscatto e del quale Booz aveva par lato. Booz lo chiamò: «Vieni a sederti qui amico mio!». Quello si avvicinò e si sedette. Poi Booz prese dieci degli anziani della città e disse loro: «Sedete qui». Quelli si sedettero. Allora Booz dis se a colui che aveva il diritto di riscatto: «Il campo che apparteneva al nostro fratello Elimèlec lo mette in vendita Noemi tornata dai campi di Moab. Ho pensato bene di informartene e dirti: “C
ompralo davanti alle persone qui presenti e davanti agli anziani del mio popolo”. Se vuoi riscatt arlo riscattalo pure; ma se non lo riscatti fammelo sapere. Infatti, oltre a te nessun altro ha il dir itto di riscatto e io vengo dopo di te». Quegli rispose: «Lo riscatto io». E Booz proseguì: «Quand o acquisterai il campo da Noemi tu dovrai acquistare anche Rut la moabita moglie del defunto p er mantenere il nome del defunto sulla sua eredità». Allora colui che aveva il diritto di riscatto ri spose: «Non posso esercitare il diritto di riscatto altrimenti danneggerei la mia stessa eredità. S
ubentra tu nel mio diritto. Io non posso davvero esercitare questo diritto di riscatto». Anticame nte in Israele vigeva quest’usanza in relazione al diritto di riscatto o alla permuta: per convalidar e un atto, uno si toglieva il sandalo e lo dava all’altro. Questa era la forma di autenticazione in Is raele. Allora colui che aveva il diritto di riscatto rispose a Booz: «Acquìstatelo tu». E si tolse il sa ndalo. Allora Booz disse agli anziani e a tutta la gente: «Voi siete oggi testimoni che io ho acquis tato tutto quanto apparteneva a Elimèlec a Chilion e a Maclon dalle mani di Noemi, e che ho pr eso anche in moglie Rut la moabita già moglie di Maclon per mantenere il nome del defunto sull a sua eredità e perché il nome del defunto non scompaia tra i suoi fratelli e alla porta della sua c
ittà. Voi ne siete oggi testimoni». Tutta la gente che si trovava presso la porta rispose: «Ne siam o testimoni». Gli anziani aggiunsero: «Il Signore renda la donna, che entra in casa tua come Rac hele e Lia, le due donne che edificarono la casa d’Israele. Procù rati ricchezza in èfrata, fatti un n ome in Betlemme! La tua casa sia come la casa di Peres, che Tamar partorì a Giuda, grazie alla p osterità che il Signore ti darà da questa giovane!». Così Booz prese in moglie Rut. Egli si unì a lei e il Signore le accordò di concepire: ella partorì un figlio. E le donne dicevano a Noemi: «Benede tto il Signore il quale oggi non ti ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto. Il suo nome sarà ricordato in Israele! Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia perch é lo ha partorito tua nuora che ti ama e che vale per te più di sette figli». Noemi prese il bambin o se lo pose in grembo e gli fece da nutrice. Le vicine gli cercavano un nome e dicevano: «è nato un figlio a Noemi!». E lo chiamarono Obed. Egli fu il padre di Iesse, padre di Davide. Questa è la discendenza di Peres: Peres generò Chesron, Chesron generò Ram Ram generò Amminadàb, A mminadàb generò Nacson Nacson generò Salmon, Salmon generò Booz Booz generò Obed Obe d generò Iesse e Iesse generò Davide. C’era un uomo di Ramatàim un Sufita delle montagne di è fraim chiamato Elkanà figlio di Ierocàm figlio di Eliu figlio di Tocu figlio di Suf l’Efraimita. Aveva d ue mogli l’una chiamata Anna l’altra Peninnà. Peninnà aveva figli mentre Anna non ne aveva. Q
uest’uomo saliva ogni anno dalla sua città per prostrarsi e sacrificare al Signore degli eserciti a Si lo dove erano i due figli di Eli Ofni e Fineès sacerdoti del Signore. Venne il giorno in cui Elkanà of frì il sacrificio. Ora egli soleva dare alla moglie Peninnà e a tutti i figli e le figlie di lei le loro parti.
Ad Anna invece dava una parte speciale poiché egli amava Anna sebbene il Signore ne avesse r eso sterile il grembo. La sua rivale per giunta l’affliggeva con durezza a causa della sua umiliazio ne, perché il Signore aveva reso sterile il suo grembo. Così avveniva ogni anno: mentre saliva all a casa del Signore quella la mortificava; allora Anna si metteva a piangere e non voleva mangiar e. Elkanà suo marito le diceva: «Anna perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cu ore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?». Anna si alzò dopo aver mangiato e bevuto a Silo; in quel momento il sacerdote Eli stava seduto sul suo seggio davanti a uno stipite del temp io del Signore. Ella aveva l’animo amareggiato e si mise a pregare il Signore piangendo dirottam ente. Poi fece questo voto: «Signore degli eserciti se vorrai considerare la miseria della tua schia va e ricordarti di me se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschi o io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo capo». Me ntre ella prolungava la preghiera davanti al Signore Eli stava osservando la sua bocca. Anna preg ava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra ma la voce non si udiva; perciò Eli la ritenne u briaca. Le disse Eli: «Fino a quando rimarrai ubriaca? Smaltisci il tuo vino!». Anna rispose: «No mio signore; io sono una donna affranta e non ho bevuto né vino né altra bevanda inebriante m a sto solo sfogando il mio cuore davanti al Signore. Non considerare la tua schiava una donna p erversa poiché finora mi ha fatto parlare l’eccesso del mio dolore e della mia angoscia». Allora E
li le rispose: «Va’ in pace e il Dio d’Israele ti conceda quello che gli hai chiesto». Ella replicò: «Po ssa la tua serva trovare grazia ai tuoi occhi». Poi la donna se ne andò per la sua via mangiò e il s
uo volto non fu più come prima. Il mattino dopo si alzarono e dopo essersi prostrati davanti al S
ignore tornarono a casa a Rama. Elkanà si unì a sua moglie e il Signore si ricordò di lei. Così al fin ir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele «perché – diceva –
al Signore l’ho richiesto». Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di o gni anno al Signore e a soddisfare il suo voto Anna non andò perché disse al marito: «Non verrò finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà l à per sempre». Le rispose Elkanà suo marito: «Fa’ pure quanto ti sembra meglio: rimani finché t u l’abbia svezzato. Adempia il Signore la sua parola!». La donna rimase e allattò il figlio finché l’
ebbe svezzato. Dopo averlo svezzato lo portò con sé con un giovenco di tre anni, un’ efa di farin a e un otre di vino e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immola to il giovenco presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona mio signore. Per la tua vita mio signore io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanci ullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch’io lascio che il Sig nore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore. Allora Anna pregò così: «Il mio cuore esulta nel Signore, la mia forza s’innalz a grazie al mio Dio. Si apre la mia bocca contro i miei nemici, perché io gioisco per la tua salvezz a. Non c’è santo come il Signore, perché non c’è altri all’infuori di te e non c’è roccia come il nos tro Dio. Non moltiplicate i discorsi superbi, dalla vostra bocca non esca arroganza, perché il Sign ore è un Dio che sa tutto e da lui sono ponderate le azioni. L’arco dei forti s’è spezzato, ma i deb oli si sono rivestiti di vigore. I sazi si sono venduti per un pane, hanno smesso di farlo gli affamat i. La sterile ha partorito sette volte e la ricca di figli è sfiorita. Il Signore fa morire e fa vivere, sce ndere agli inferi e risalire. Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta. Solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero, per farli sedere con i nobili e assegnare loro u n trono di gloria. Perché al Signore appartengono i cardini della terra e su di essi egli poggia il m ondo. Sui passi dei suoi fedeli egli veglia, ma i malvagi tacciono nelle tenebre. Poiché con la sua forza l’uomo non prevale. Il Signore distruggerà i suoi avversari! Contro di essi tuonerà dal cielo.
Il Signore giudicherà le estremità della terra; darà forza al suo re, innalzerà la potenza del suo c onsacrato». Poi Elkanà tornò a Rama a casa sua e il fanciullo rimase a servire il Signore alla pres enza del sacerdote Eli. Ora i figli di Eli erano uomini perversi; non riconoscevano il Signore né le usanze dei sacerdoti nei confronti del popolo. Quando uno offriva il sacrificio, veniva il servo del sacerdote mentre la carne cuoceva con in mano una forcella a tre denti, e la infilava nella pent ola o nella marmitta o nel tegame o nella caldaia e tutto ciò che la forcella tirava su il sacerdote lo teneva per sé. Così facevano con tutti gli Israeliti che venivano là a Silo. Inoltre prima che foss e bruciato il grasso veniva ancora il servo del sacerdote e diceva a chi offriva il sacrificio: «Dam mi la carne da arrostire per il sacerdote, perché non vuole avere da te carne cotta ma cruda». S
e quegli rispondeva: «Si bruci prima il grasso poi prenderai quanto vorrai!» replicava: «No me la devi dare ora, altrimenti la prenderò con la forza». Il peccato di quei servitori era molto grande davanti al Signore perché disonoravano l’offerta del Signore. Samuele prestava servizio davanti
al Signore come servitore cinto di efod di lino. Sua madre gli preparava una piccola veste e gliel a portava ogni anno quando andava con il marito a offrire il sacrificio annuale. Eli allora benedic eva Elkanà e sua moglie e diceva: «Ti conceda il Signore altra prole da questa donna in cambio d ella richiesta fatta per il Signore». Essi tornarono a casa e il Signore visitò Anna che concepì e pa rtorì ancora tre figli e due figlie. Frattanto il fanciullo Samuele cresceva presso il Signore. Eli era molto vecchio e sentiva quanto i suoi figli facevano a tutto Israele e come essi giacevano con do nne che prestavano servizio all’ingresso della tenda del convegno. Perciò disse loro: «Perché fat e tali cose? Io infatti sento che tutto il popolo parla delle vostre azioni cattive! No figli non è be ne ciò che io odo di voi che cioè sviate il popolo del Signore. Se un uomo pecca contro un altro uomo, Dio potrà intervenire in suo favore ma se l’uomo pecca contro il Signore chi potrà interce dere per lui?». Ma non ascoltarono la voce del padre perché il Signore aveva deciso di farli mori re. Invece il giovane Samuele andava crescendo ed era gradito al Signore e agli uomini. Un giorn o venne un uomo di Dio da Eli e gli disse: «Così dice il Signore: Non mi sono forse rivelato alla ca sa di tuo padre mentre erano in Egitto in casa del faraone? L’ho scelto da tutte le tribù d’Israele come mio sacerdote perché salga all’altare bruci l’incenso e porti l’ efod davanti a me. Alla casa di tuo padre ho anche assegnato tutti i sacrifici consumati dal fuoco offerti dagli Israeliti. Perché dunque avete calpestato i miei sacrifici e le mie offerte che ho ordinato nella mia dimora e tu h ai avuto più riguardo per i tuoi figli che per me e vi siete pasciuti con le primizie di ogni offerta d
’Israele mio popolo? Perciò ecco l’oracolo del Signore Dio d’Israele: Sì avevo detto alla tua casa e alla casa di tuo padre che avrebbero sempre camminato alla mia presenza. Ma ora –
oracolo del Signore –
non sia mai! Perché chi mi onorerà anch’io l’onorerò chi mi disprezzerà sarà oggetto di disprezz o. Ecco verranno giorni in cui io troncherò il tuo braccio e il braccio della casa di tuo padre sì che non vi sia più un anziano nella tua casa. Vedrai un tuo nemico nella mia dimora e anche il bene che egli farà a Israele mentre non ci sarà mai più un anziano nella tua casa. Qualcuno dei tuoi tu ttavia non lo strapperò dal mio altare, perché ti si consumino gli occhi e si strazi il tuo animo ma tutta la prole della tua casa morirà appena adulta. Sarà per te un segno quello che avverrà ai tu oi due figli a Ofni e Fineès: nello stesso giorno moriranno tutti e due. Dopo farò sorgere al mio s ervizio un sacerdote fedele che agirà secondo il mio cuore e il mio animo. Io gli darò una casa st abile e camminerà davanti al mio consacrato per sempre. Chiunque sarà superstite nella tua cas a andrà a prostrarsi davanti a lui per un po’ di denaro e per un pezzo di pane e dirà: “Ammettim i a qualunque ufficio sacerdotale perché possa mangiare un tozzo di pane”». Il giovane Samuele serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni le visioni non e rano frequenti. E quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al suo posto i suoi occhi comincia vano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samu ele dormiva nel tempio del Signore dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samu ele!» ed egli rispose: «Eccomi» poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato eccomi!». Egli rispo se: «Non ti ho chiamato torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di n
uovo: «Samuele!» Samuele si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio torna a dormire!». In realtà Samuele fino ad al lora non aveva ancora conosciuto il Signore né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.
Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse d a Eli dicendo: «Mi hai chiamato eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane
. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e se ti chiamerà dirai: “Parla Signore perché il tuo serv o ti ascolta”». Samuele andò a dormire al suo posto. Venne il Signore stette accanto a lui e lo ch iamò come le altre volte: «Samuele Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla perché il tuo ser vo ti ascolta». Allora il Signore disse a Samuele: «Ecco io sto per fare in Israele una cosa che risu onerà negli orecchi di chiunque l’udrà. In quel giorno compirò contro Eli quanto ho pronunciato riguardo alla sua casa da cima a fondo. Gli ho annunciato che io faccio giustizia della casa di lui p er sempre perché sapeva che i suoi figli disonoravano Dio e non li ha ammoniti. Per questo io gi uro contro la casa di Eli: non sarà mai espiata la colpa della casa di Eli né con i sacrifici né con le offerte!». Samuele dormì fino al mattino poi aprì i battenti della casa del Signore. Samuele però temeva di manifestare la visione a Eli. Eli chiamò Samuele e gli disse: «Samuele figlio mio». Risp ose: «Eccomi». Disse: «Che discorso ti ha fatto? Non tenermi nascosto nulla. Così Dio faccia a te e anche peggio se mi nasconderai una sola parola di quanto ti ha detto». Allora Samuele gli svel ò tutto e non tenne nascosto nulla. E disse: «è il Signore! Faccia ciò che a lui pare bene». Samue le crebbe e il Signore fu con lui né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Perciò tutto I sraele da Dan fino a Bersabea seppe che Samuele era stato costituito profeta del Signore. Il Sign ore continuò ad apparire a Silo perché il Signore si rivelava a Samuele a Silo con la sua parola. La parola di Samuele giunse a tutto Israele. In quei giorni i Filistei si radunarono per combattere c ontro Israele. Allora Israele scese in campo contro i Filistei. Essi si accamparono presso Eben-Ezer mentre i Filistei s’erano accampati ad Afek. I Filistei si schierarono contro Israele e la battag lia divampò ma Israele fu sconfitto di fronte ai Filistei e caddero sul campo delle loro schiere circ a quattromila uomini. Quando il popolo fu rientrato nell’accampamento gli anziani d’Israele si c hiesero: «Perché ci ha sconfitti oggi il Signore di fronte ai Filistei? Andiamo a prenderci l’arca del l’alleanza del Signore a Silo perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici».
Il popolo mandò subito alcuni uomini a Silo a prelevare l’arca dell’alleanza del Signore degli eser citi che siede sui cherubini: c’erano con l’arca dell’alleanza di Dio i due figli di Eli Ofni e Fineès. N
on appena l’arca dell’alleanza del Signore giunse all’accampamento gli Israeliti elevarono un url o così forte che ne tremò la terra. Anche i Filistei udirono l’eco di quell’urlo e dissero: «Che signi fica quest’urlo così forte nell’accampamento degli Ebrei?». Poi vennero a sapere che era arrivat a nel loro campo l’arca del Signore. I Filistei ne ebbero timore e si dicevano: «è venuto Dio nell’a ccampamento!» ed esclamavano: «Guai a noi perché non è stato così né ieri né prima. Guai a n oi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti? Queste divinità hanno colpito con o gni piaga l’Egitto nel deserto. Siate forti e siate uomini o Filistei altrimenti sarete schiavi degli Eb rei come essi sono stati vostri schiavi. Siate uomini dunque e combattete!». Quindi i Filistei atta
ccarono battaglia Israele fu sconfitto e ciascuno fuggì alla sua tenda. La strage fu molto grande: dalla parte d’Israele caddero trentamila fanti. In più l’arca di Dio fu presa e i due figli di Eli Ofni e Fineès morirono. Uno della tribù di Beniamino fuggì dallo schieramento e venne a Silo il giorno stesso con le vesti stracciate e polvere sul capo. Quando giunse Eli stava seduto sul suo seggio p resso la porta e scrutava la strada perché aveva il cuore in ansia per l’arca di Dio. Venne dunque quell’uomo e diede l’annuncio in città e tutta la città alzò lamenti. Eli sentendo il rumore delle g rida si chiese: «Che sarà questo rumore tumultuoso?». Intanto l’uomo avanzò in gran fretta e p ortò l’annuncio a Eli. Eli aveva novantotto anni aveva lo sguardo fisso e non poteva più vedere.
Disse dunque quell’uomo a Eli: «Sono giunto dallo schieramento. Sono fuggito oggi dallo schiera mento». Eli domandò: «Che è dunque accaduto figlio mio?». Rispose il messaggero: «Israele è f uggito davanti ai Filistei e nel popolo v’è stata una grande sconfitta; inoltre i tuoi due figli Ofni e Fineès sono morti e l’arca di Dio è stata presa!». Appena quegli ebbe accennato all’arca di Dio El i cadde all’indietro dal seggio sul lato della porta si ruppe la nuca e morì, perché era vecchio e p esante. Egli era stato giudice d’Israele per quarant’anni. La nuora di lui moglie di Fineès incinta e prossima al parto quando sentì la notizia che era stata presa l’arca di Dio e che erano morti il s uocero e il marito s’accasciò e colta dalle doglie partorì. Mentre era sul punto di morire le dicev ano quelle che le stavano attorno: «Non temere hai partorito un figlio». Ella non rispose e non v i fece attenzione. Ma chiamò il bambino Icabòd dicendo: «Se n’è andata lontano da Israele la gl oria!» riferendosi alla cattura dell’arca di Dio al suocero e al marito. Disse: «Se n’è andata lonta no da Israele la gloria» perché era stata presa l’arca di Dio. I Filistei catturata l’arca di Dio la port arono da Eben-Ezer ad Asdod. I Filistei poi presero l’arca di Dio la introdussero nel tempio di Dagon e la colloca rono a fianco di Dagon. Il giorno dopo i cittadini di Asdod si alzarono ed ecco che Dagon era cad uto con la faccia a terra davanti all’arca del Signore; essi presero Dagon e lo rimisero al suo post o. Si alzarono il giorno dopo di buon mattino ed ecco che Dagon era caduto con la faccia a terra davanti all’arca del Signore mentre la testa di Dagon e le palme delle mani giacevano staccate s ulla soglia; il resto di Dagon era intero. Per questo i sacerdoti di Dagon e quanti entrano nel tem pio di Dagon ad Asdod non calpestano la soglia di Dagon ancora oggi. Allora incominciò a pesar e la mano del Signore sugli abitanti di Asdod li devastò e li colpì con bubboni Asdod e il suo terri torio. I cittadini di Asdod vedendo che le cose si mettevano in tal modo dissero: «Non rimanga c on noi l’arca del Dio d’Israele perché la sua mano è dura contro di noi e contro Dagon nostro di o!». Allora fatti radunare presso di loro tutti i prìncipi dei Filistei dissero: «Che dobbiamo fare d ell’arca del Dio d’Israele?». Risposero: «Si porti a Gat l’arca del Dio d’Israele». E portarono via l’
arca del Dio d’Israele. Ma ecco dopo che l’ebbero portata via la mano del Signore fu sulla città e un terrore molto grande colpì gli abitanti della città dal più piccolo al più grande e scoppiarono loro dei bubboni. Allora mandarono l’arca di Dio a Ekron; ma all’arrivo dell’arca di Dio a Ekron i cittadini protestarono: «Mi hanno portato qui l’arca del Dio d’Israele per far morire me e il mio popolo!». Fatti perciò radunare tutti i prìncipi dei Filistei dissero: «Mandate via l’arca del Dio d’I
sraele! Ritorni alla sua sede e non faccia morire me e il mio popolo». Infatti si era diffuso un terr ore mortale in tutta la città, perché la mano di Dio era molto pesante. Quelli che non morivano erano colpiti da bubboni e il gemito della città saliva al cielo. L’arca del Signore rimase nel territ orio dei Filistei sette mesi. Poi i Filistei convocarono i sacerdoti e gli indovini e dissero: «Che dob biamo fare dell’arca del Signore? Indicateci il modo di rimandarla alla sua sede». Risposero: «Se intendete rimandare l’arca del Dio d’Israele non rimandatela vuota ma pagatele un tributo di ri parazione per la colpa. Allora guarirete e vi sarà noto perché non si è ritirata da voi la sua mano
». Chiesero: «Quale riparazione dobbiamo darle?». Risposero: «Secondo il numero dei prìncipi d ei Filistei cinque bubboni d’oro e cinque topi d’oro, perché unico è stato il flagello per tutti voi e per i vostri prìncipi. Fate dunque figure dei vostri bubboni e figure dei vostri topi che infestano l a terra e date gloria al Dio d’Israele. Forse renderà più leggera la sua mano su di voi sul vostro di o e sul vostro territorio. Perché ostinarvi come si sono ostinati gli Egiziani e il faraone? Non li ha nno forse lasciati andare dopo che egli infierì su di loro? Dunque fate un carro nuovo poi prend ete due mucche che allattano sulle quali non sia mai stato posto il giogo e attaccate queste muc che al carro togliendo loro i vitelli e riconducendoli alla stalla. Quindi prendete l’arca del Signore collocatela sul carro e ponete gli oggetti d’oro che dovete darle in tributo di riparazione in una cesta al suo fianco. Poi fatela partire e lasciate che se ne vada. E state a vedere: se salirà a Bet-Semes per la via che porta al suo territorio è lui che ci ha provocato tutti questi mali così grandi; se no sapremo che non ci ha colpiti la sua mano ma per caso ci è capitato questo». Quegli uomi ni fecero in tal modo. Presero due mucche che allattano le attaccarono al carro e chiusero nella stalla i loro vitelli. Quindi collocarono l’arca del Signore sul carro con la cesta e i topi d’oro e le fi gure delle escrescenze. Le mucche andarono diritte per la strada di Bet-Semes, percorrendo sicure una sola via e muggendo ma non piegarono né a destra né a sinistra.
I prìncipi dei Filistei le seguirono sino al confine con Bet-Semes. Gli abitanti di Bet-Semes stavano facendo la mietitura del grano nella pianura. Alzando gli occhi scorsero l’arca ed esultarono a quella vista. Il carro giunse al campo di Giosuè di Bet-Semes e si fermò là dove era una grossa pietra. Allora fecero a pezzi i legni del carro e offrirono le mucche in olocausto al Signore. I leviti avevano deposto l’arca del Signore e la cesta che vi era appesa nella quale stavano gli oggetti d’oro e l’avevano collocata sulla grossa pietra. In quel gio rno gli uomini di Bet-Semes offrirono olocausti e fecero sacrifici al Signore. I cinque prìncipi dei Filistei stettero ad oss ervare poi tornarono il giorno stesso a Ekron. Sono queste le escrescenze che i Filistei diedero in tributo di riparazione al Signore: una per Asdod una per Gaza una per àscalon una per Gat una per Ekron. Invece i topi d’oro erano pari al numero delle città filistee appartenenti ai cinque prì ncipi dalle fortezze sino ai villaggi di campagna. Ne è testimonianza fino ad oggi nel campo di Gi osuè di Bet-Semes la grossa pietra sulla quale avevano posto l’arca del Signore. Ma il Signore colpì gli uomin i di Bet-
Semes perché avevano guardato nell’arca del Signore; colpì nel popolo settanta persone su cinq uantamila e il popolo fu in lutto, perché il Signore aveva inflitto alla loro gente questo grave col po. Gli uomini di Bet-Semes allora esclamarono: «Chi mai potrà stare al cospetto del Signore questo Dio così santo? L
a manderemo via da noi; ma da chi?». Perciò inviarono messaggeri agli abitanti di Kiriat-Iearìm a dire: «I Filistei hanno restituito l’arca del Signore. Scendete e portatela presso di voi».
Gli abitanti di Kiriat-
Iearìm vennero a portare via l’arca del Signore e la introdussero nella casa di Abinadàb sulla coll ina; consacrarono suo figlio Eleàzaro perché custodisse l’arca del Signore. Era trascorso molto t empo da quando l’arca era rimasta a Kiriat-Iearìm; erano passati venti anni quando tutta la casa d’Israele alzò lamenti al Signore. Allora Sa muele disse a tutta la casa d’Israele: «Se è proprio di tutto cuore che voi tornate al Signore elimi nate da voi tutti gli dèi stranieri e le Astarti; indirizzate il vostro cuore al Signore e servite lui lui solo ed egli vi libererà dalla mano dei Filistei». Subito gli Israeliti eliminarono i Baal e le Astarti e servirono solo il Signore. Disse poi Samuele: «Radunate tutto Israele a Mispa perché voglio preg are il Signore per voi». Si radunarono pertanto a Mispa attinsero acqua la versarono davanti al S
ignore digiunarono in quel giorno e là dissero: «Abbiamo peccato contro il Signore!». A Mispa S
amuele fu giudice degli Israeliti. Anche i Filistei udirono che gli Israeliti si erano radunati a Mispa e i prìncipi filistei si levarono contro Israele. Quando gli Israeliti lo udirono ebbero paura dei Fili stei. Dissero allora gli Israeliti a Samuele: «Non cessare di gridare per noi al Signore nostro Dio p erché ci salvi dalle mani dei Filistei». Samuele prese un agnello da latte e lo offrì tutto intero in olocausto al Signore; Samuele alzò grida al Signore per Israele e il Signore lo esaudì. Mentre Sa muele offriva l’olocausto i Filistei attaccarono battaglia contro Israele; ma in quel giorno il Signo re tuonò con voce potente contro i Filistei li terrorizzò ed essi furono sconfitti davanti a Israele.
Gli Israeliti uscirono da Mispa per inseguire i Filistei e li batterono fin sotto Bet-Car. Samuele prese allora una pietra e la pose tra Mispa e il Dente, e la chiamò Eben-Ezer dicendo: «Fin qui ci ha soccorso il Signore». Così i Filistei furono umiliati e non vennero più nel territorio d’Israele: la mano del Signore fu contro i Filistei per tutto il periodo di Samuele. To rnarono anche in possesso d’Israele le città che i Filistei avevano preso agli Israeliti da Ekron a G
at: Israele liberò il loro territorio dalla mano dei Filistei. E ci fu anche pace tra Israele e l’Amorre o. Samuele fu giudice d’Israele per tutto il tempo della sua vita. Ogni anno egli compiva il giro di Betel Gàlgala e Mispa ed era giudice d’Israele in tutte queste località. Poi ritornava a Rama perc hé là era la sua casa e anche là era giudice d’Israele. In quel luogo costruì anche un altare al Sign ore. Quando Samuele fu vecchio stabilì giudici d’Israele i suoi figli. Il primogenito si chiamava Gi oele il secondogenito Abia; erano giudici a Bersabea. I figli di lui però non camminavano sulle su e orme perché deviavano dietro il guadagno accettavano regali e stravolgevano il diritto. Si radu narono allora tutti gli anziani d’Israele e vennero da Samuele a Rama. Gli dissero: «Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non camminano sulle tue orme. Stabilisci quindi per noi un re che sia nostro
giudice come avviene per tutti i popoli». Agli occhi di Samuele la proposta dispiacque perché av evano detto: «Dacci un re che sia nostro giudice». Perciò Samuele pregò il Signore. Il Signore dis se a Samuele: «Ascolta la voce del popolo qualunque cosa ti dicano perché non hanno rigettato te ma hanno rigettato me perché io non regni più su di loro. Come hanno fatto dal giorno in cui li ho fatti salire dall’Egitto fino ad oggi abbandonando me per seguire altri dèi, così stanno facen do anche a te. Ascolta pure la loro richiesta però ammoniscili chiaramente e annuncia loro il diri tto del re che regnerà su di loro». Samuele riferì tutte le parole del Signore al popolo che gli ave va chiesto un re. Disse: «Questo sarà il diritto del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli li farà correre davanti al suo cocchio li farà capi di migl iaia e capi di cinquantine li costringerà ad arare i suoi campi mietere le sue messi e apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i suoi carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle s ue profumiere e cuoche e fornaie. Prenderà pure i vostri campi le vostre vigne i vostri oliveti più belli e li darà ai suoi ministri. Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne prenderà le decime e le d arà ai suoi cortigiani e ai suoi ministri. Vi prenderà i servi e le serve i vostri armenti migliori e i v ostri asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà la decima sulle vostre greggi e voi stessi divent erete suoi servi. Allora griderete a causa del re che avrete voluto eleggere ma il Signore non vi a scolterà». Il popolo rifiutò di ascoltare la voce di Samuele e disse: «No! Ci sia un re su di noi. Sar emo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice uscirà alla nostra testa e comba tterà le nostre battaglie». Samuele ascoltò tutti i discorsi del popolo e li riferì all’orecchio del Sig nore. Il Signore disse a Samuele: «Ascoltali: lascia regnare un re su di loro». Samuele disse agli Is raeliti: «Ciascuno torni alla sua città!». C’era un uomo della tribù di Beniamino chiamato Kis figli o di Abièl, figlio di Seror figlio di Becoràt figlio di Afìach un Beniaminita uomo di valore. Costui a veva un figlio chiamato Saul prestante e bello: non c’era nessuno più bello di lui tra gli Israeliti; s uperava dalla spalla in su chiunque altro del popolo. Ora le asine di Kis padre di Saul si smarriro no e Kis disse al figlio Saul: «Su prendi con te uno dei domestici e parti subito in cerca delle asin e». Attraversarono le montagne di èfraim passarono al territorio di Salisà ma non le trovarono.
Si recarono allora nel territorio di Saalìm ma non c’erano; poi percorsero il territorio di Beniami no e non le trovarono. Quando arrivarono nel territorio di Suf Saul disse al domestico che era co n lui: «Su, torniamo indietro altrimenti mio padre smetterà di pensare alle asine e comincerà a preoccuparsi di noi». Gli rispose: «Ecco in questa città c’è un uomo di Dio ed è un uomo tenuto i n alta considerazione: tutto quello che dice si avvera certamente. Ebbene andiamoci! Forse ci in dicherà la via che dobbiamo battere». Rispose Saul al domestico: «Sì andiamo! Ma che portere mo a quell’uomo? Il pane nelle nostre sporte è finito e non abbiamo alcun dono da portare all’u omo di Dio: che abbiamo?». Ma il domestico rispondendo a Saul soggiunse: «Guarda: mi ritrovo in mano un quarto di siclo d’argento. Lo darò all’uomo di Dio ed egli ci indicherà la nostra via».
Una volta, in Israele quando uno andava a consultare Dio diceva: «Su andiamo dal veggente» pe rché, quello che oggi si chiama profeta allora si chiamava veggente. Disse dunque Saul al domes tico: «Hai detto bene; su andiamo». E andarono nella città dove era l’uomo di Dio. Mentre essi s
alivano il pendio della città trovarono delle ragazze che uscivano ad attingere acqua e chiesero l oro: «è qui il veggente?». Quelle risposero dicendo: «Sì eccolo davanti a te. Ma fa’ presto: ora in fatti è arrivato in città perché oggi il popolo celebra un sacrificio sull’altura. Entrando in città lo t roverete subito prima che salga all’altura per il banchetto perché il popolo non si mette a mangi are finché egli non sia arrivato; egli infatti deve benedire il sacrificio e dopo gli invitati mangiano
. Ora salite perché lo troverete subito». Salirono dunque alla città. Mentre essi stavano per entr are in città ecco che Samuele stava uscendo in direzione opposta per salire all’altura. Il Signore aveva rivelato all’orecchio di Samuele, un giorno prima che giungesse Saul: «Domani a quest’or a ti manderò un uomo della terra di Beniamino e tu lo ungerai come capo del mio popolo Israel e. Egli salverà il mio popolo dalle mani dei Filistei perché io ho guardato il mio popolo essendo g iunto fino a me il suo grido». Quando Samuele vide Saul il Signore gli confermò: «Ecco l’uomo di cui ti ho parlato: costui reggerà il mio popolo». Saul si accostò a Samuele in mezzo alla porta e gli chiese: «Indicami per favore la casa del veggente». Samuele rispose a Saul: «Sono io il vegge nte. Precedimi su, all’altura. Oggi voi due mangerete con me. Ti congederò domani mattina e ti darò indicazioni su tutto ciò che hai in mente. Riguardo poi alle tue asine smarrite tre giorni fa n on stare in pensiero perché sono state ritrovate. A chi del resto appartiene quel che c’è di prezi oso in Israele se non a te e a tutta la casa di tuo padre?». Rispose Saul: «Non sono io forse un B
eniaminita della più piccola tribù d’Israele? E la mia famiglia non è forse la più piccola fra tutte l e famiglie della tribù di Beniamino? Perché mi hai parlato in questo modo?». Ma Samuele prese Saul e il suo domestico e li fece entrare nella sala e assegnò loro il posto a capo degli invitati ch e erano una trentina. Quindi Samuele disse al cuoco: «Portami la porzione che ti avevo dato dic endoti: “Mettila da parte”». Il cuoco prese la coscia con la parte che le sta sopra la pose davanti a Saul e disse: «Ecco quel che è rimasto ti è posto davanti: mangia, perché è per questa circosta nza che è stato conservato per te quando si è detto: “Ho invitato il popolo”». Così quel giorno S
aul mangiò con Samuele. Scesero poi dall’altura in città e Samuele s’intrattenne con Saul sulla t errazza. Di buon mattino al sorgere dell’aurora Samuele chiamò Saul che era sulla terrazza dice ndo: «àlzati perché devo congedarti». Saul si alzò e ambedue lui e Samuele uscirono. Quando fu rono scesi alla periferia della città, Samuele disse a Saul: «Ordina al domestico che vada avanti».
E il domestico passò oltre. «Tu férmati un momento perché ti possa comunicare la parola di Di o». Samuele prese allora l’ampolla dell’olio e gliela versò sulla testa poi lo baciò dicendo: «Non t i ha forse unto il Signore come capo sulla sua eredità? Oggi quando sarai partito da me troverai due uomini presso la tomba di Rachele sul confine con Beniamino a Selsach. Essi ti diranno: “So no state ritrovate le asine che sei andato a cercare ed ecco che tuo padre non bada più alla facc enda delle asine ma è preoccupato di voi e va dicendo: Che cosa devo fare per mio figlio?”. Pass erai di là e andrai oltre; quando arriverai alla Quercia di Tabor vi troverai tre uomini che salgono a onorare Dio a Betel: uno porterà tre capretti, l’altro porterà tre pani rotondi il terzo porterà u n otre di vino. Ti domanderanno se stai bene e ti daranno due pani che tu prenderai dalle loro mani. Giungerai poi a Gàbaa di Dio dove c’è una guarnigione di Filistei ed entrando in città inco
ntrerai un gruppo di profeti che scenderanno dall’altura preceduti da arpe tamburelli flauti e ce tre, che agiranno da profeti. Lo spirito del Signore irromperà anche su di te e ti metterai a fare il profeta insieme con loro e sarai trasformato in un altro uomo. Quando questi segni che ti rigua rdano saranno accaduti farai quanto vorrai perché Dio sarà con te. Scenderai a Gàlgala precede ndomi ed ecco io ti raggiungerò per offrire olocausti e immolare sacrifici di comunione. Sette gi orni aspetterai finché io verrò da te e ti indicherò quello che dovrai fare». Appena egli ebbe volt ato le spalle per partire da Samuele Dio gli mutò il cuore e tutti questi segni si verificarono il gio rno stesso. Arrivarono là a Gàbaa ed ecco una schiera di profeti di fronte a loro; lo spirito di Dio irruppe su di lui e si mise a fare il profeta in mezzo a loro. Quanti lo avevano conosciuto prima v edendolo d’un tratto fare il profeta con i profeti si dissero l’un l’altro: «Che è accaduto al figlio d i Kis? è dunque anche Saul tra i profeti?». Uno del luogo disse: «E chi è il loro padre?». Per ques to passò in proverbio l’espressione: «è dunque anche Saul tra i profeti?». Quando ebbe termina to di profetare andò sull’altura. Lo zio di Saul chiese poi a lui e al suo domestico: «Dove siete an dati?». Rispose: «A cercare le asine e vedendo che non c’erano ci siamo recati da Samuele». Lo zio di Saul soggiunse: «Raccontami quello che vi ha detto Samuele». Saul rispose allo zio: «Ci ha assicurato che le asine erano state ritrovate». Ma non gli riferì il discorso del regno che gli aveva tenuto Samuele. Samuele convocò il popolo davanti a Dio a Mispa e disse agli Israeliti: «Dice il S
ignore Dio d’Israele: Io ho fatto salire Israele dall’Egitto e l’ho liberato dalla mano degli Egiziani e dalla mano di tutti i regni che vi affliggevano. Ma voi oggi avete ripudiato il vostro Dio il quale solo vi salva da tutti i vostri mali e da tutte le tribolazioni. E gli avete detto: “Costituisci un re so pra di noi!”. Ora mettetevi davanti a Dio distinti per tribù e per casati». Samuele fece accostare ogni tribù d’Israele e fu sorteggiata la tribù di Beniamino. Fece poi accostare la tribù di Beniami no distinta per casati e fu sorteggiato il casato di Matrì e fu sorteggiato Saul figlio di Kis. Si miser o a cercarlo ma non lo si trovò. Allora consultarono di nuovo il Signore: «è venuto qui quell’uom o?». Disse il Signore: «Eccolo nascosto in mezzo ai bagagli». Corsero a prenderlo di là ed egli si c ollocò in mezzo al popolo: sopravanzava dalla spalla in su tutto il popolo. Samuele disse a tutto i l popolo: «Vedete dunque chi il Signore ha eletto perché non c’è nessuno in tutto il popolo com e lui». Tutto il popolo proruppe in un grido: «Viva il re!». Samuele espose a tutto il popolo il diri tto del regno e lo scrisse in un libro che depositò davanti al Signore. Poi Samuele congedò tutto il popolo perché ognuno tornasse a casa sua. Anche Saul tornò a casa a Gàbaa e lo seguirono uo mini valorosi ai quali Dio aveva toccato il cuore. Ma degli uomini perversi dissero: «Potrà forse s alvarci costui?». Così lo disprezzarono e non vollero portargli alcun dono. Ma egli rimase in silen zio. Nacas l’Ammonita si mosse e pose il campo contro Iabes di Gàlaad. Tutti i cittadini di Iabes di Gàlaad dissero allora a Nacas: «Fa’ un patto con noi e ti saremo sudditi». Rispose loro Nacas l’
Ammonita: «A queste condizioni farò un patto con voi: possa io cavare a tutti voi l’occhio destro e porre tale gesto a oltraggio di tutto Israele». Di nuovo chiesero gli anziani di Iabes: «Lasciaci s ette giorni per inviare messaggeri in tutto il territorio d’Israele. Se nessuno verrà a salvarci uscir emo incontro a te». I messaggeri arrivarono a Gàbaa di Saul e riferirono quelle parole davanti al
popolo e tutto il popolo levò la voce e pianse. Ma ecco che Saul veniva dalla campagna dietro l’
armento. Chiese dunque Saul: «Che ha il popolo da piangere?». Riferirono a lui le parole degli u omini di Iabes. Lo spirito di Dio irruppe allora su Saul ed egli appena udite quelle parole si irritò molto. Prese un paio di buoi li fece a pezzi e li inviò in tutto il territorio d’Israele per mezzo di m essaggeri con questo proclama: «A chi non uscirà dietro Saul e dietro Samuele così sarà fatto de i suoi buoi». Cadde il terrore del Signore sul popolo e si mossero come un sol uomo. Saul li pass ò in rassegna a Bezek e risultarono trecentomila Israeliti e trentamila di Giuda. Dissero allora ai messaggeri che erano giunti: «Direte ai cittadini di Iabes di Gàlaad: “Domani quando il sole comi ncerà a scaldare sarete salvi”». I messaggeri partirono e riferirono agli uomini di Iabes che ne eb bero grande gioia. Allora gli uomini di Iabes dissero a Nacas: «Domani usciremo incontro a voi e ci farete quanto sembrerà bene ai vostri occhi». Il giorno dopo Saul divise il popolo in tre schier e e irruppe in mezzo al campo sul far del mattino; batterono gli Ammoniti finché il giorno si fece caldo. Quelli che scamparono furono dispersi: non ne rimasero due insieme. Il popolo allora dis se a Samuele: «Chi ha detto: “Dovrà forse regnare Saul su di noi?”. Consegnaci costoro e li fare mo morire». Ma Saul disse: «Oggi non si deve far morire nessuno perché in questo giorno il Sign ore ha operato la salvezza in Israele». Samuele ordinò al popolo: «Su andiamo a Gàlgala: là inau gureremo il regno». Tutto il popolo andò a Gàlgala e là davanti al Signore a Gàlgala riconobbero Saul come re; qui offrirono anche sacrifici di comunione davanti al Signore con grande gioia Saul e tutti gli Israeliti. Allora Samuele disse a tutto Israele: «Ecco ho ascoltato la vostra voce in tutt o quello che mi avete detto e ho costituito su di voi un re. Ora ecco che il re procede davanti a v oi. Quanto a me sono diventato vecchio e canuto e i miei figli eccoli tra voi. Io ho camminato dal la mia giovinezza fino ad oggi sotto i vostri occhi. Eccomi pronunciatevi a mio riguardo alla pres enza del Signore e del suo consacrato. A chi ho portato via il bue? A chi ho portato via l’asino? C
hi ho trattato con prepotenza? A chi ho fatto offesa? Da chi ho accettato un regalo per chiudere gli occhi a suo riguardo? Sono qui a restituire!». Risposero: «Non ci hai trattato con prepotenza né ci hai fatto offesa né hai preso nulla da nessuno». Egli soggiunse loro: «è testimone il Signor e contro di voi ed è testimone oggi il suo consacrato che non trovaste niente in mano mia». Risp osero: «Sì è testimone». Allora Samuele disse al popolo: «è il Signore che ha stabilito Mosè e Ar onne e che ha fatto salire i vostri padri dalla terra d’Egitto. Ora fatevi avanti, perché voglio giudi carvi davanti al Signore a causa di tutti i benefici che il Signore ha operato con voi e con i vostri padri. Quando Giacobbe andò in Egitto e i vostri padri gridarono al Signore il Signore mandò lor o Mosè e Aronne che li fecero uscire dall’Egitto e li fecero risiedere in questo luogo. Ma essi dim enticarono il Signore loro Dio ed egli li consegnò in potere di Sìsara capo dell’esercito di Asor e i n mano dei Filistei e in mano del re di Moab che mossero loro guerra. Essi gridarono al Signore e dissero: “Abbiamo peccato perché abbiamo abbandonato il Signore e abbiamo servito i Baal e le Astarti! Ma ora liberaci dalle mani dei nostri nemici e serviremo te”. Allora il Signore vi mand ò Ierub-Baal e Barak e Iefte e Samuele e vi liberò dalle mani dei nemici che vi circondavano e siete vissu
ti tranquilli. Eppure quando avete visto che Nacas re degli Ammoniti muoveva contro di voi mi a vete detto: “No un re regni sopra di noi”. Invece il Signore vostro Dio è vostro re. Ora ecco il re c he avete scelto e che avevate chiesto. Ecco che il Signore ha posto un re sopra di voi. Dunque se temerete il Signore se lo servirete e ascolterete la sua voce e non sarete ribelli alla parola del Si gnore voi e il re che regna su di voi sarete con il Signore, vostro Dio. Se invece non ascolterete la voce del Signore e sarete ribelli alla sua parola, la mano del Signore peserà su di voi e sui vostri padri. Fatevi avanti ancora e osservate questa grande cosa che il Signore sta per compiere sotto i vostri occhi. Non è forse questo il tempo della mietitura del grano? Ma io griderò al Signore e d egli manderà tuoni e pioggia. Così vi persuaderete e constaterete che grande è il male che ave te fatto davanti al Signore chiedendo un re per voi». Samuele allora invocò il Signore e il Signore mandò subito tuoni e pioggia in quel giorno. Tutto il popolo ebbe grande timore del Signore e d i Samuele. Tutto il popolo perciò disse a Samuele: «Prega il Signore tuo Dio per noi tuoi servi ch e non abbiamo a morire, poiché abbiamo aggiunto a tutti i nostri peccati il male di aver chiesto per noi un re». Samuele disse al popolo: «Non temete: voi avete fatto tutto questo male ma al meno non allontanatevi dal Signore anzi servite lui il Signore con tutto il cuore. Non allontanate vi dietro nullità che non possono giovare né salvare perché appunto sono nullità. Certo il Signor e non abbandonerà il suo popolo a causa del suo grande nome perché il Signore ha deciso di far e di voi il suo popolo. Quanto a me, non sia mai che io pecchi contro il Signore tralasciando di su pplicare per voi e di indicarvi la via buona e retta. Solo temete il Signore e servitelo fedelmente con tutto il cuore: considerate infatti le grandi cose che ha operato tra voi. Se invece vorrete far e il male voi e il vostro re perirete». Saul era nel pieno degli anni quando cominciò a regnare e r egnò due anni su Israele. Egli si scelse tremila uomini da Israele: duemila stavano con Saul a Mic mas e sul monte di Betel e mille stavano con Giònata a Gàbaa di Beniamino; rimandò invece il r esto del popolo ciascuno alla sua tenda. Allora Giònata sconfisse la guarnigione dei Filistei che e ra a Gàbaa e i Filistei lo seppero. Ma Saul suonò il corno in tutta la regione gridando: «Ascoltino gli Ebrei!». Tutto Israele udì e corse la voce: «Saul ha battuto la guarnigione dei Filistei e ormai I sraele s’è urtato con i Filistei». Il popolo si radunò dietro Saul a Gàlgala. I Filistei si radunarono p er combattere Israele, con trentamila carri e seimila cavalieri e una moltitudine numerosa come la sabbia che è sulla spiaggia del mare. Così si levarono e posero il campo a Micmas a oriente di Bet-Aven. Quando gli Israeliti videro di essere alle strette e che il popolo era incalzato cominciarono a nascondersi nelle grotte nelle cavità fra le rocce nelle fosse e nelle cisterne. Alcuni Ebrei pass arono oltre il Giordano nella terra di Gad e di Gàlaad. Saul restava a Gàlgala e tutto il popolo ch e era con lui s’impaurì. Aspettò tuttavia sette giorni per l’appuntamento fissato da Samuele. Ma Samuele non arrivava a Gàlgala e il popolo cominciò a disperdersi lontano da lui. Allora Saul die de ordine: «Portatemi l’olocausto e i sacrifici di comunione». Quindi offrì l’olocausto. Ed ecco a ppena ebbe finito di offrire l’olocausto giunse Samuele, e Saul gli uscì incontro per salutarlo. Sa muele disse: «Che hai fatto?». Saul rispose: «Vedendo che il popolo si disperdeva lontano da m
e e tu non venivi all’appuntamento, mentre i Filistei si riunivano a Micmas ho detto: “Ora scend eranno i Filistei contro di me a Gàlgala mentre io non ho ancora placato il Signore”. Perciò mi so no fatto ardito e ho offerto l’olocausto». Rispose Samuele a Saul: «Hai agito da stolto non osser vando il comando che il Signore tuo Dio ti aveva dato perché in questa occasione il Signore avre bbe reso stabile il tuo regno su Israele per sempre. Ora invece il tuo regno non durerà. Il Signor e si è già scelto un uomo secondo il suo cuore e gli comanderà di essere capo del suo popolo pe rché tu non hai osservato quanto ti aveva comandato il Signore». Samuele poi si alzò e salì da G
àlgala a Gàbaa di Beniamino; Saul contò la gente che si trovava con lui: erano seicento uomini. S
aul e Giònata e la gente rimasta con loro stavano a Gàbaa di Beniamino e i Filistei erano accamp ati a Micmas. Dall’accampamento filisteo uscì una pattuglia d’assalto divisa in tre schiere: una si diresse sulla via di Ofra verso la regione di Sual, un’altra si diresse sulla via di Bet-Oron la terza schiera si diresse sulla strada della regione che guarda la valle di Seboìm verso il d eserto. Allora non si trovava un fabbro in tutta la terra d’Israele «perché –
così dicevano i Filistei –
gli Ebrei non fabbrichino spade o lance». Così gli Israeliti dovevano sempre scendere dai Filistei per affilare ognuno l’aratro o la zappa o la scure o il vomere dell’aratro. Il prezzo era di un pim p er l’aratro e le zappe e di un terzo di siclo per le scuri e per raddrizzare il pungolo. Nel giorno del la battaglia tra tutta la gente che stava con Saul e Giònata non si trovò in mano ad alcuno né sp ada né lancia. Se ne trovò solo per Saul e suo figlio Giònata. Intanto una guarnigione di Filistei e ra uscita verso il passo di Micmas. Un giorno Giònata figlio di Saul disse al suo scudiero: «Su por tiamoci fino alla postazione dei Filistei che sta qui di fronte». Ma non disse nulla a suo padre. Sa ul se ne stava al limitare di Gàbaa sotto il melograno che si trova a Migron; la gente che era con lui ammontava a circa seicento uomini. Achia figlio di Achitù b, fratello di Icabòd figlio di Fineès figlio di Eli sacerdote del Signore a Silo portava l’ efod e il popolo non sapeva che Giònata era pa rtito. Tra i varchi che Giònata cercava per passare alla postazione dei Filistei c’era un dente di ro ccia da una parte e un dente dall’altra parte: uno si chiamava Boses l’altro Senne. Uno dei denti si ergeva di fronte a Micmas a settentrione l’altro era di fronte a Gheba a meridione. Giònata di sse allo scudiero: «Vieni avviciniamoci alla postazione di questi incirconcisi; forse il Signore oper erà per noi perché non è difficile per il Signore salvare con molti o con pochi». Lo scudiero gli ris pose: «Fa’ quanto hai nel cuore. Avvìati! Eccomi con te come il tuo cuore desidera». Allora Giòn ata disse: «Ecco noi ci avvicineremo a questi uomini e ci faremo vedere da loro. Se ci diranno: “F
ermatevi finché vi raggiungiamo!” restiamo in basso e non saliamo da loro. Se invece ci diranno:
“Venite su da noi!” saliamo perché il Signore ce li ha consegnati nelle mani e questo sarà per n oi il segno». Quindi i due si lasciarono scorgere dalla postazione filistea e i Filistei dissero: «Ecco gli Ebrei che escono dalle caverne dove si erano nascosti». Poi gli uomini della guarnigione disse ro a Giònata e al suo scudiero: «Salite da noi: abbiamo una cosa da dirvi!». Giònata allora disse al suo scudiero: «Sali dopo di me perché il Signore li ha consegnati nelle mani d’Israele». Giònat a si arrampicava con le mani e con i piedi e lo scudiero lo seguiva; quelli cadevano davanti a Giò
nata e dietro lo scudiero li finiva. Questa fu la prima strage nella quale Giònata e il suo scudiero colpirono una ventina di uomini in circa mezzo iugero di campo. Si sparse così il terrore nell’acc ampamento nella campagna e tra tutto il popolo. Anche la guarnigione e gli uomini d’assalto fur ono atterriti. La terra tremò e ci fu un terrore divino. Le vedette di Saul a Gàbaa di Beniamino g uardarono e videro la moltitudine in agitazione che fuggiva qua e là. Allora Saul disse alla gente che era con lui: «Su controllate e vedete chi sia partito da noi». Controllarono ed ecco non c’era no né Giònata né il suo scudiero. Saul disse ad Achia: «Avvicina l’arca di Dio». Infatti in quel gior no c’era l’arca di Dio con gli Israeliti. Mentre Saul parlava al sacerdote il tumulto nel campo filist eo andava propagandosi e crescendo. Saul disse al sacerdote: «Ritira la mano». Saul e la gente c he era con lui alzarono grida e mossero all’attacco ed ecco trovarono che la spada dell’uno si riv olgeva contro l’altro in una confusione molto grande. Anche quegli Ebrei che erano con i Filistei da qualche tempo e che erano saliti con loro all’accampamento cominciarono anch’essi a stare dalla parte degli Israeliti che erano con Saul e Giònata. Inoltre anche tutti gli Israeliti che si eran o nascosti sulle montagne di èfraim quando seppero che i Filistei erano in fuga si unirono con lo ro nella battaglia. Così il Signore in quel giorno salvò Israele e la battaglia si estese fino a Bet-Aven. Gli uomini d’Israele erano sfiniti in quel giorno ma Saul fece giurare a tutto il popolo: «Ma ledetto chiunque toccherà cibo prima di sera prima che io mi sia vendicato dei miei nemici». E n essuno del popolo gustò cibo. Tutta la gente passò per una selva dove c’erano favi di miele sul s uolo. Il popolo passò per la selva ed ecco si vedeva colare il miele ma nessuno stese la mano e l a portò alla bocca perché il popolo temeva il giuramento. Ma Giònata non aveva saputo che suo padre aveva fatto giurare il popolo quindi allungò la punta del bastone che teneva in mano e la intinse nel favo di miele poi riportò la mano alla bocca e i suoi occhi si rischiararono. Uno fra la gente intervenne dicendo: «Tuo padre ha fatto fare questo solenne giuramento al popolo: “Mal edetto chiunque toccherà cibo quest’oggi!” sebbene il popolo fosse sfinito». Rispose Giònata: «
Mio padre ha rovinato il paese! Guardate come si sono rischiarati i miei occhi perché ho gustato un po’ di questo miele. Magari il popolo avesse mangiato oggi del bottino dei nemici che ha tro vato. Quanto maggiore sarebbe stata ora la sconfitta dei Filistei!». In quel giorno essi batterono i Filistei da Micmas fino ad àialon e il popolo era sfinito. Il popolo si gettò sulla preda e presero pecore buoi e vitelli e li macellarono per terra e li mangiarono con il sangue. La cosa fu annunci ata a Saul: «Ecco il popolo pecca contro il Signore mangiando con il sangue». Rispose: «Avete pr evaricato! Rotolate subito qui una grande pietra». Saul soggiunse: «Passate tra il popolo e dite l oro che ognuno mi conduca qua il suo bue e il suo montone e li macellerete su questa pietra e n e mangerete; così non peccherete contro il Signore mangiando il sangue». E tutto il popolo con dusse nella notte ciascuno il bestiame che aveva e là lo macellò. Saul innalzò un altare al Signor e. Fu questo il primo altare che egli edificò al Signore. Quindi Saul disse: «Scendiamo a inseguire i Filistei questa notte stessa e deprediamoli fino al mattino e non lasciamo scampare uno solo d i loro». Gli risposero: «Fa’ quanto ti sembra bene». Ma il sacerdote disse: «Accostiamoci qui a D
io». Saul dunque interrogò Dio: «Devo scendere a inseguire i Filistei? Li consegnerai in mano d’I
sraele?». Ma quel giorno non gli rispose. Allora Saul disse: «Accostatevi qui autorità tutte del po polo. Cercate ed esaminate da chi sia stato commesso oggi il peccato perché per la vita del Sign ore salvatore d’Israele certamente costui morirà anche se si trattasse di mio figlio Giònata». Ma nessuno del popolo gli rispose. Perciò disse a tutto Israele: «Voi state da una parte e io e mio fi glio Giònata staremo dall’altra». Il popolo rispose a Saul: «Fa’ quanto ti sembra bene». Saul diss e al Signore: «Dio d’Israele da’ una risposta chiara». E furono indicati Giònata e Saul mentre il p opolo restò libero. Saul soggiunse: «Tirate a sorte tra me e mio figlio Giònata». E fu indicato Giò nata. Saul disse a Giònata: «Narrami quello che hai fatto». Giònata raccontò: «Sì ho assaggiato un po’ di miele con la punta del bastone che avevo in mano. Ecco morirò». Saul disse: «Faccia Di o a me questo e anche di peggio se non andrai a morte Giònata!». Ma il popolo disse a Saul: «D
ovrà forse morire Giònata che ha ottenuto questa grande vittoria in Israele? Non sia mai! Per la vita del Signore non cadrà a terra un capello del suo capo perché in questo giorno egli ha operat o con Dio». Così il popolo riscattò Giònata che non fu messo a morte. Saul si ritrasse dall’insegui re i Filistei e questi raggiunsero il loro territorio. Saul si assicurò il regno su Israele e combatté c ontro tutti i nemici all’intorno: contro Moab e gli Ammoniti contro Edom e i re di Soba e i Filistei e dovunque si volgeva, aveva successo. Compì imprese coraggiose batté gli Amaleciti e liberò Is raele dalle mani degli oppressori. Figli di Saul furono Giònata Isvì e Malchisù a; le sue due figlie s i chiamavano Merab la maggiore e Mical la più piccola. La moglie di Saul si chiamava Achinòam f iglia di Achimàas. Il capo delle sue milizie si chiamava Abner figlio di Ner zio di Saul. Kis padre di Saul e Ner padre di Abner erano figli di Abièl. Durante tutto il tempo di Saul vi fu guerra aperta c on i Filistei; se Saul scorgeva un uomo robusto o un giovane coraggioso lo prendeva al suo segui to. Samuele disse a Saul: «Il Signore ha inviato me per ungerti re sopra Israele suo popolo. Ora a scolta la voce del Signore. Così dice il Signore degli eserciti: “Ho considerato ciò che ha fatto Am alèk a Israele come gli si oppose per la via quando usciva dall’Egitto. Va’ dunque e colpisci Amal èk e vota allo sterminio quanto gli appartiene; non risparmiarlo ma uccidi uomini e donne bamb ini e lattanti buoi e pecore cammelli e asini”». Saul convocò il popolo e passò in rassegna le trup pe a Telaìm: erano duecentomila fanti e diecimila uomini di Giuda. Saul venne alla città di Amal èk e tese un’imboscata nella valle. Disse inoltre Saul ai Keniti: «Andate via ritiratevi dagli Amale citi prima che vi distrugga insieme con loro poiché avete usato benevolenza con tutti gli Israeliti quando uscivano dall’Egitto». I Keniti si ritirarono da Amalèk. Saul colpì Amalèk da Avìla in direzi one di Sur che è di fronte all’Egitto. Egli prese vivo Agag re di Amalèk e sterminò a fil di spada tu tto il popolo. Ma Saul e il popolo risparmiarono Agag e il meglio del bestiame minuto e grosso ci oè gli animali grassi e gli agnelli tutto il meglio e non vollero sterminarli; invece votarono allo st erminio tutto il bestiame scadente e patito. Allora fu rivolta a Samuele questa parola del Signor e: «Mi pento di aver fatto regnare Saul perché si è allontanato da me e non ha rispettato la mia parola». Samuele si adirò e alzò grida al Signore tutta la notte. Al mattino presto Samuele si alzò per andare incontro a Saul ma fu annunciato a Samuele: «Saul è andato a Carmel ed ecco si è f atto costruire un trofeo poi è tornato passando altrove ed è sceso a Gàlgala». Samuele raggiuns
e Saul e Saul gli disse: «Benedetto tu sia dal Signore; ho eseguito gli ordini del Signore». Rispose Samuele: «Ma che è questo belar di pecore che mi giunge all’orecchio e questi muggiti d’armen to che odo?». Disse Saul: «Li hanno condotti qui dagli Amaleciti come il meglio del bestiame gro sso e minuto che il popolo ha risparmiato per sacrificarli al Signore tuo Dio. Il resto l’abbiamo vo tato allo sterminio». Rispose Samuele a Saul: «Lascia che ti annunci ciò che il Signore mi ha dett o questa notte». E Saul gli disse: «Parla!». Samuele continuò: «Non sei tu capo delle tribù d’Isra ele benché piccolo ai tuoi stessi occhi? Il Signore non ti ha forse unto re d’Israele? Il Signore ti a veva mandato per una spedizione e aveva detto: “Va’ vota allo sterminio quei peccatori di Amal eciti combattili finché non li avrai distrutti”. Perché dunque non hai ascoltato la voce del Signor e e ti sei attaccato al bottino e hai fatto il male agli occhi del Signore?». Saul insisté con Samuel e: «Ma io ho obbedito alla parola del Signore ho fatto la spedizione che il Signore mi ha ordinat o ho condotto Agag re di Amalèk e ho sterminato gli Amaleciti. Il popolo poi ha preso dal bottin o bestiame minuto e grosso primizie di ciò che è votato allo sterminio per sacrificare al Signore t uo Dio a Gàlgala». Samuele esclamò: «Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’
obbedienza alla voce del Signore? Ecco obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio d el grasso degli arieti. Sì peccato di divinazione è la ribellione, e colpa e terafìm l’ostinazione. Poi ché hai rigettato la parola del Signore, egli ti ha rigettato come re». Saul disse allora a Samuele:
«Ho peccato per avere trasgredito il comando del Signore e i tuoi ordini mentre ho temuto il po polo e ho ascoltato la sua voce. Ma ora perdona il mio peccato e ritorna con me perché possa p rostrarmi al Signore». Ma Samuele rispose a Saul: «Non posso ritornare con te perché tu stesso hai rigettato la parola del Signore e il Signore ti ha rigettato perché tu non sia più re sopra Israel e». Samuele si voltò per andarsene ma Saul gli afferrò un lembo del mantello che si strappò. Sa muele gli disse: «Oggi il Signore ha strappato da te il regno d’Israele e l’ha dato a un altro miglio re di te. D’altra parte colui che è la gloria d’Israele non mentisce né può pentirsi perché egli non è uomo per pentirsi». Saul disse: «Ho peccato ma onorami ora davanti agli anziani del mio pop olo e davanti a Israele; ritorna con me perché mi possa prostrare al Signore tuo Dio». Samuele ri tornò con Saul e questi si prostrò al Signore. Poi Samuele disse: «Conducetemi Agag re di Amalè k». Agag avanzò in catene verso di lui e disse: «Certo è passata l’amarezza della morte!». Samue le l’apostrofò: «Come la tua spada ha privato di figli le donne, così tra le donne sarà privata di fi gli tua madre». E Samuele abbatté Agag davanti al Signore a Gàlgala. Samuele andò quindi a Ra ma e Saul salì a casa sua a Gàbaa di Saul. Samuele non rivide più Saul fino al giorno della sua mo rte; ma Samuele piangeva per Saul perché il Signore si era pentito di aver fatto regnare Saul su I sraele. Il Signore disse a Samuele: «Fino a quando piangerai su Saul mentre io l’ho ripudiato per ché non regni su Israele? Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita perc hé mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele rispose: «Come posso andare? Saul lo verrà a s apere e mi ucciderà». Il Signore soggiunse: «Prenderai con te una giovenca e dirai: “Sono venut o per sacrificare al Signore”. Inviterai quindi Iesse al sacrificio. Allora io ti farò conoscere quello che dovrai fare e ungerai per me colui che io ti dirò». Samuele fece quello che il Signore gli avev
a comandato e venne a Betlemme; gli anziani della città gli vennero incontro trepidanti e gli chi esero: «è pacifica la tua venuta?». Rispose: «è pacifica. Sono venuto per sacrificare al Signore. S
antificatevi poi venite con me al sacrificio». Fece santificare anche Iesse e i suoi figli e li invitò al sacrificio. Quando furono entrati egli vide Eliàb e disse: «Certo davanti al Signore sta il suo cons acrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’
ho scartato perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza ma il Signo re vede il cuore». Iesse chiamò Abinadàb e lo presentò a Samuele ma questi disse: «Nemmeno costui il Signore ha scelto». Iesse fece passare Sammà e quegli disse: «Nemmeno costui il Signor e ha scelto». Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il S
ignore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Ris pose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iess e: «Manda a prenderlo perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo ma ndò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: «àlz ati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. Samuele si alzò e andò a Rama. Lo spirito de l Signore si era ritirato da Saul e cominciò a turbarlo un cattivo spirito venuto dal Signore. Allora i servi di Saul gli dissero: «Ecco un cattivo spirito di Dio ti turba. Comandi il signore nostro ai ser vi che gli stanno intorno e noi cercheremo un uomo abile a suonare la cetra. Quando il cattivo s pirito di Dio sarà su di te quegli metterà mano alla cetra e ti sentirai meglio». Saul rispose ai min istri: «Ebbene cercatemi un uomo che suoni bene e fatelo venire da me». Rispose uno dei dome stici: «Ecco ho visto il figlio di Iesse il Betlemmita: egli sa suonare ed è forte e coraggioso abile n elle armi saggio di parole di bell’aspetto e il Signore è con lui». Saul mandò messaggeri a dire a I esse: «Mandami tuo figlio Davide quello che sta con il gregge». Iesse prese un asino del pane un otre di vino e un capretto e per mezzo di Davide suo figlio li inviò a Saul. Davide giunse da Saul e cominciò a stare alla sua presenza. Questi gli si affezionò molto ed egli divenne suo scudiero.
E Saul mandò a dire a Iesse: «Rimanga Davide con me perché ha trovato grazia ai miei occhi». Q
uando dunque lo spirito di Dio era su Saul Davide prendeva in mano la cetra e suonava: Saul si c almava e si sentiva meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui. I Filistei radunarono di nuovo le lo ro truppe per la guerra si radunarono a Soco di Giuda e si accamparono tra Soco e Azekà a Efes-Dammìm. Anche Saul e gli Israeliti si radunarono e si accamparono nella valle del Terebinto e si schierarono a battaglia contro i Filistei. I Filistei stavano sul monte da una parte e Israele sul mo nte dall’altra parte e in mezzo c’era la valle. Dall’accampamento dei Filistei uscì uno sfidante chi amato Golia di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivest ito di una corazza a piastre il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo. Portava alle gambe schini eri di bronzo e un giavellotto di bronzo tra le spalle. L’asta della sua lancia era come un cilindro di tessitori e la punta dell’asta pesava seicento sicli di ferro; davanti a lui avanzava il suo scudier o. Egli si fermò e gridò alle schiere d’Israele: «Perché siete usciti e vi siete schierati a battaglia?
Non sono io Filisteo e voi servi di Saul? Sceglietevi un uomo che scenda contro di me. Se sarà ca
pace di combattere con me e mi abbatterà noi saremo vostri servi. Se invece prevarrò io su di lu i e lo abbatterò sarete voi nostri servi e ci servirete». Il Filisteo aggiungeva: «Oggi ho sfidato le s chiere d’Israele. Datemi un uomo e combatteremo insieme». Saul e tutto Israele udirono le par ole del Filisteo; rimasero sconvolti ed ebbero grande paura. Davide era figlio di un Efrateo di Bet lemme di Giuda chiamato Iesse che aveva otto figli. Al tempo di Saul quest’uomo era un vecchio avanzato negli anni. I tre figli maggiori di Iesse erano andati con Saul in guerra. Di questi tre figli che erano andati in guerra il maggiore si chiamava Eliàb il secondo Abinadàb il terzo Sammà. D
avide era ancora giovane quando questi tre più grandi erano andati dietro a Saul. Egli andava e veniva dal seguito di Saul e pascolava il gregge di suo padre a Betlemme. Il Filisteo si avvicinava mattina e sera; continuò così per quaranta giorni. Ora Iesse disse a Davide suo figlio: «Prendi pe r i tuoi fratelli questa misura di grano tostato e questi dieci pani e corri dai tuoi fratelli nell’acca mpamento. Al comandante di migliaia porterai invece queste dieci forme di formaggio. Infórma ti della salute dei tuoi fratelli e prendi la loro paga. Essi con Saul e tutto l’esercito d’Israele sono nella valle del Terebinto a combattere contro i Filistei». Davide si alzò di buon mattino: lasciò il gregge a un guardiano prese il carico e partì come gli aveva ordinato Iesse. Arrivò ai carriaggi qu ando le truppe uscivano per schierarsi e lanciavano il grido di guerra. Si disposero in ordine Isra ele e i Filistei: schiera contro schiera. Davide si liberò dei bagagli consegnandoli al custode poi c orse allo schieramento e domandò ai suoi fratelli se stavano bene. Mentre egli parlava con loro ecco lo sfidante chiamato Golia il Filisteo di Gat. Avanzava dalle schiere filistee e tornò a dire le sue solite parole e Davide le intese. Tutti gli Israeliti quando lo videro fuggirono davanti a lui ed ebbero grande paura. Ora un Israelita disse: «Vedete quest’uomo che avanza? Viene a sfidare Is raele. Chiunque lo abbatterà il re lo colmerà di ricchezze gli darà in moglie sua figlia ed esenterà la casa di suo padre da ogni gravame in Israele». Davide domandava agli uomini che gli stavano attorno: «Che faranno dunque all’uomo che abbatterà questo Filisteo e farà cessare la vergogn a da Israele? E chi è mai questo Filisteo incirconciso per sfidare le schiere del Dio vivente?». Tutt i gli rispondevano la stessa cosa: «Così e così si farà all’uomo che lo abbatterà». Lo sentì Eliàb su o fratello maggiore mentre parlava con quegli uomini ed Eliàb si irritò con Davide e gli disse: «M
a perché sei venuto giù e a chi hai lasciato quelle poche pecore nel deserto? Io conosco la tua b oria e la malizia del tuo cuore: tu sei venuto giù per vedere la battaglia». Davide rispose: «Che c osa ho dunque fatto? Era solo una domanda». Si allontanò da lui andò dall’altra parte e fece la s tessa domanda e tutti gli diedero la stessa risposta. Sentendo le domande che Davide faceva le riferirono a Saul e questi lo fece chiamare. Davide disse a Saul: «Nessuno si perda d’animo a cau sa di costui. Il tuo servo andrà a combattere con questo Filisteo». Saul rispose a Davide: «Tu no n puoi andare contro questo Filisteo a combattere con lui: tu sei un ragazzo e costui è uomo d’a rmi fin dalla sua adolescenza». Ma Davide disse a Saul: «Il tuo servo pascolava il gregge di suo p adre e veniva talvolta un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. Allora lo inseguivo lo abbattevo e strappavo la pecora dalla sua bocca. Se si rivoltava contro di me l’afferravo per le mascelle l’abbattevo e lo uccidevo. Il tuo servo ha abbattuto il leone e l’orso. Codesto Filisteo n
on circonciso farà la stessa fine di quelli, perché ha sfidato le schiere del Dio vivente». Davide ag giunse: «Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell’orso mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo». Saul rispose a Davide: «Ebbene va’ e il Signore sia con te».
Saul rivestì Davide della sua armatura gli mise in capo un elmo di bronzo e lo rivestì della corazz a. Poi Davide cinse la spada di lui sopra l’armatura e cercò invano di camminare perché non ave va mai provato. Allora Davide disse a Saul: «Non posso camminare con tutto questo perché non sono abituato». E Davide se ne liberò. Poi prese in mano il suo bastone si scelse cinque ciottoli l isci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore nella bisaccia; prese ancora in mano la fiond a e si avvicinò al Filisteo. Il Filisteo avanzava passo passo avvicinandosi a Davide mentre il suo sc udiero lo precedeva. Il Filisteo scrutava Davide e quando lo vide bene ne ebbe disprezzo, perché era un ragazzo fulvo di capelli e di bell’aspetto. Il Filisteo disse a Davide: «Sono io forse un cane perché tu venga a me con un bastone?». E quel Filisteo maledisse Davide in nome dei suoi dèi.
Poi il Filisteo disse a Davide: «Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie sel vatiche». Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni a me con la spada con la lancia e con l’asta. Io ven go a te nel nome del Signore degli eserciti Dio delle schiere d’Israele che tu hai sfidato. In quest o stesso giorno il Signore ti farà cadere nelle mie mani. Io ti abbatterò e ti staccherò la testa e g etterò i cadaveri dell’esercito filisteo agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche; tutta la terra s aprà che vi è un Dio in Israele. Tutta questa moltitudine saprà che il Signore non salva per mezz o della spada o della lancia perché del Signore è la guerra ed egli vi metterà certo nelle nostre m ani». Appena il Filisteo si mosse avvicinandosi incontro a Davide questi corse a prendere posizio ne in fretta contro il Filisteo. Davide cacciò la mano nella sacca ne trasse una pietra la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte. La pietra s’infisse nella fronte di lui che cadde con la faccia a terra. Così Davide ebbe il sopravvento sul Filisteo con la fionda e con la pietra colpì il Filisteo e l’uccise benché Davide non avesse spada. Davide fece un salto e fu sopra il Filisteo prese la sua spada la sguainò e lo uccise poi con quella gli tagliò la testa. I Filistei videro che il loro eroe era morto e si diedero alla fuga. Si levarono allora gli uomini d’Israele e di Giuda alzando il grido di g uerra e inseguirono i Filistei fin presso Gat e fino alle porte di Ekron. I cadaveri dei Filistei cadde ro lungo la strada di Saaràim fino all’ingresso di Gat e fino a Ekron. Quando gli Israeliti furono di ritorno dall’inseguimento dei Filistei saccheggiarono il loro campo. Davide prese la testa del Filis teo e la portò a Gerusalemme. Le armi di lui invece le pose nella sua tenda. Saul mentre guarda va Davide uscire contro il Filisteo aveva chiesto ad Abner capo delle milizie: «Abner di chi è figli o questo giovane?». Rispose Abner: «Per la tua vita o re non lo so». Il re soggiunse: «Chiedi tu di chi sia figlio quel giovinetto». Quando Davide tornò dall’uccisione del Filisteo Abner lo prese e l o condusse davanti a Saul mentre aveva ancora in mano la testa del Filisteo. Saul gli chiese: «Di chi sei figlio giovane?». Rispose Davide: «Di Iesse il Betlemmita tuo servo». Quando Davide ebb e finito di parlare con Saul la vita di Giònata s’era legata alla vita di Davide e Giònata lo amò co me se stesso. Saul in quel giorno lo prese con sé e non lo lasciò tornare a casa di suo padre. Giò nata strinse con Davide un patto perché lo amava come se stesso. Giònata si tolse il mantello ch
e indossava e lo diede a Davide e vi aggiunse i suoi abiti la sua spada il suo arco e la cintura. Dav ide riusciva in tutti gli incarichi che Saul gli affidava così che Saul lo pose al comando dei guerrie ri ed era gradito a tutto il popolo e anche ai ministri di Saul. Al loro rientrare mentre Davide tor nava dall’uccisione del Filisteo uscirono le donne da tutte le città d’Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul accompagnandosi con i tamburelli con grida di gioia e con sistri. Le donne ca ntavano danzando e dicevano: «Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi diecimila». Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole. Diceva: «Hanno dato a Davide diecimila a me n e hanno dati mille. Non gli manca altro che il regno». Così da quel giorno in poi Saul guardava so spettoso Davide. Il giorno dopo un cattivo spirito di Dio irruppe su Saul il quale si mise a fare il p rofeta in casa. Davide suonava la cetra come ogni giorno e Saul teneva in mano la lancia. Saul i mpugnò la lancia pensando: «Inchioderò Davide al muro!». Ma Davide gli sfuggì per due volte. S
aul cominciò a sentire timore di fronte a Davide perché il Signore era con lui mentre si era ritirat o da Saul. Saul lo allontanò da sé e lo fece comandante di migliaia e Davide andava e veniva al c ospetto del popolo. Davide riusciva in tutte le sue imprese poiché il Signore era con lui. Saul ved endo che riusciva proprio sempre aveva timore di lui. Ma tutto Israele e Giuda amavano Davide perché egli andava e veniva alla loro testa. Ora Saul disse a Davide: «Ecco Merab mia figlia mag giore. La do in moglie a te. Tu dovrai essere il mio guerriero e combatterai le battaglie del Signo re». Saul pensava: «Non sia contro di lui la mia mano ma contro di lui sia la mano dei Filistei». D
avide rispose a Saul: «Chi sono io che cos’è la mia vita e che cos’è la famiglia di mio padre in Isra ele perché io possa diventare genero del re?». E così quando venne il tempo di dare Merab figli a di Saul a Davide fu data invece in moglie ad Adrièl di Mecolà. Intanto Mical l’altra figlia di Saul s’invaghì di Davide; ne riferirono a Saul e la cosa gli sembrò giusta. Saul diceva: «Gliela darò ma sarà per lui una trappola e la mano dei Filistei cadrà su di lui». E Saul disse a Davide: «Oggi hai u na seconda occasione per diventare mio genero». Quindi Saul ordinò ai suoi ministri: «Dite in se greto a Davide: “Ecco tu piaci al re e i suoi ministri ti amano. Su dunque diventa genero del re”»
. I ministri di Saul sussurrarono all’orecchio di Davide queste parole e Davide rispose: «Vi pare pi ccola cosa diventare genero del re? Io sono povero e di umile condizione». I ministri di Saul gli ri ferirono: «Davide ha risposto in questo modo». Allora Saul disse: «Riferite a Davide: “Il re non v uole il prezzo nuziale ma solo cento prepuzi di Filistei perché sia fatta vendetta dei nemici del re
”». Saul tramava di far cadere Davide in mano ai Filistei. I ministri di lui riferirono a Davide quest e parole e a Davide sembrò giusta tale condizione per diventare genero del re. Non erano ancor a compiuti i giorni fissati quando Davide si alzò partì con i suoi uomini e abbatté tra i Filistei due cento uomini. Davide riportò tutti quanti i loro prepuzi al re per diventare genero del re. Saul gli diede in moglie la figlia Mical. Saul si accorse che il Signore era con Davide e che Mical sua figlia lo amava. Saul ebbe ancora più paura nei riguardi di Davide e fu nemico di Davide per tutti i su oi giorni. I capi dei Filistei facevano sortite ma Davide ogni volta che uscivano riportava successi maggiori di tutti i ministri di Saul e divenne molto famoso. Saul comunicò a Giònata suo figlio e ai suoi ministri di voler uccidere Davide. Ma Giònata figlio di Saul nutriva grande affetto per Dav
ide. Giònata informò Davide dicendo: «Saul mio padre cerca di ucciderti. Sta’ in guardia domani, sta’ al riparo e nasconditi. Io uscirò e starò al fianco di mio padre nella campagna dove sarai tu e parlerò in tuo favore a mio padre. Ciò che vedrò te lo farò sapere». Giònata parlò dunque a Sa ul suo padre in favore di Davide e gli disse: «Non pecchi il re contro il suo servo contro Davide c he non ha peccato contro di te, che anzi ha fatto cose belle per te. Egli ha esposto la vita quand o abbatté il Filisteo e il Signore ha concesso una grande salvezza a tutto Israele. Hai visto e hai gi oito. Dunque, perché pecchi contro un innocente uccidendo Davide senza motivo?». Saul ascolt ò la voce di Giònata e giurò: «Per la vita del Signore non morirà!». Giònata chiamò Davide e gli r iferì questo colloquio. Poi Giònata introdusse presso Saul Davide che rimase alla sua presenza c ome prima. Ci fu di nuovo la guerra e Davide uscì a combattere i Filistei e inflisse loro una grand e sconfitta così che si dettero alla fuga davanti a lui. Ma un cattivo spirito del Signore fu su Saul.
Egli stava in casa e teneva in mano la lancia mentre Davide suonava la cetra. Saul tentò di inchio dare Davide con la lancia nel muro. Ma Davide si scansò da Saul che infisse la lancia nel muro. D
avide fuggì e quella notte si salvò. Saul mandò messaggeri alla casa di Davide per sorvegliarlo e ucciderlo il mattino dopo. Mical sua moglie avvertì Davide dicendo: «Se non metti in salvo la tua vita questa notte, domani sarai ucciso». Mical calò Davide dalla finestra e quegli partì di corsa e si salvò. Mical prese allora i terafìm e li pose sul letto. Mise dalla parte del capo un tessuto di p elo di capra e li coprì con una coltre. Saul mandò dunque messaggeri a prendere Davide ma ella disse: «è malato». Saul rimandò i messaggeri a vedere Davide dicendo: «Portatelo qui da me ne l suo letto perché lo faccia morire». Tornarono i messaggeri ed ecco che sul letto c’erano i terafì m e il tessuto di pelo di capra dalla parte del capo. Saul disse a Mical: «Perché mi hai ingannato a questo modo e hai permesso al mio nemico di salvarsi?». Rispose Mical a Saul: «Egli mi ha det to: “Lasciami andare altrimenti ti uccido”». Davide dunque fuggì e si salvò. Andò da Samuele a R
ama e gli narrò quanto gli aveva fatto Saul; poi Davide e Samuele andarono ad abitare a Naiot. L
a cosa fu riferita a Saul: «Ecco Davide sta a Naiot di Rama». Allora Saul spedì messaggeri a cattu rare Davide ma quando videro profetare la comunità dei profeti mentre Samuele stava in piedi alla loro testa lo spirito di Dio fu sui messaggeri di Saul e anch’essi fecero i profeti. Annunciaron o a Saul questa cosa ed egli spedì altri messaggeri ma anch’essi fecero i profeti. Saul mandò di n uovo messaggeri per la terza volta ma anch’essi fecero i profeti. Allora venne egli stesso a Rama e si portò alla grande cisterna che si trova a Secu e domandò: «Dove sono Samuele e Davide?».
Gli risposero: «Eccoli: sono a Naiot di Rama». Egli si incamminò verso Naiot di Rama ma fu anch e su di lui lo spirito di Dio e andava avanti facendo il profeta finché giunse a Naiot di Rama. Anc h’egli si tolse gli abiti e continuò a fare il profeta davanti a Samuele; poi crollò e restò nudo tutt o quel giorno e tutta la notte. Da qui è venuto il detto: «Anche Saul è tra i profeti?». Davide fug gì da Naiot di Rama si recò da Giònata e gli disse: «Che cosa ho fatto che colpa e che peccato ho nei riguardi di tuo padre perché attenti così alla mia vita?». Rispose: «Non sia mai. Non morirai.
Vedi mio padre non fa nulla di grande o di piccolo senza confidarmelo. Perché mi avrebbe nasc osto questa cosa? Non è possibile!». Ma Davide giurò ancora: «Tuo padre sa benissimo che ho t
rovato grazia ai tuoi occhi e dice: “Giònata non deve sapere questa cosa perché si affliggerebbe
”. Ma per la vita del Signore e per la tua vita c’è soltanto un passo tra me e la morte». Giònata d isse: «Che cosa desideri che io faccia per te?». Rispose Davide: «Domani è la luna nuova e io do vrei fermarmi a mangiare con il re. Ma tu mi lascerai partire e io resterò nascosto nella campag na fino alla terza sera. Se tuo padre noterà la mia assenza dirai: “Davide mi ha supplicato di and are in fretta a Betlemme sua città perché vi si celebra il sacrificio annuale per tutta la famiglia”.
Se dirà: “Va bene” allora il tuo servo può stare in pace. Se invece andrà in collera sii certo che è stato deciso il peggio da parte sua. Agisci con bontà verso il tuo servo perché hai voluto legare a te il tuo servo con un patto del Signore: se c’è colpa in me uccidimi tu; ma per qual motivo dovr esti condurmi da tuo padre?». Giònata rispose: «Non sia mai! Se di certo io sapessi che è deciso il male contro di te da parte di mio padre non te lo farei forse sapere?». Davide disse a Giònata:
«Chi mi avvertirà se tuo padre ti risponde duramente?». Giònata rispose a Davide: «Vieni andia mo in campagna». Uscirono tutti e due nella campagna. Allora Giònata disse a Davide: «Per il Si gnore Dio d’Israele domani e dopodomani a quest’ora scruterò le intenzioni di mio padre. Se sar à benevolo verso Davide e io non manderò subito a riferirlo al tuo orecchio, tanto faccia il Signo re a Giònata e ancora di peggio. Se invece sembrerà bene a mio padre decidere il male a tuo rig uardo io te lo confiderò e ti farò partire. Tu andrai tranquillo e il Signore sarà con te come è stat o con mio padre. Fin quando sarò in vita usa verso di me la benevolenza del Signore. Se sarò mo rto non ritirare mai la tua benevolenza dalla mia casa; neppure quando il Signore avrà eliminato dalla terra ogni uomo nemico di Davide non sia eliminato il nome di Giònata dalla casa di David e: il Signore ne chiederà conto ai nemici di Davide». Giònata volle ancora far giurare Davide per ché gli voleva bene e lo amava come se stesso. Giònata disse a Davide: «Domani è la luna nuova e la tua assenza sarà notata perché si guarderà al tuo posto. Aspetterai il terzo giorno poi scend erai in fretta e ti recherai al luogo dove ti sei nascosto il giorno di quel fatto e resterai presso qu ella collinetta. Io tirerò tre frecce da quella parte come se tirassi al bersaglio per conto mio. Poi manderò il ragazzo gridando: “Va’ a cercare le frecce!”. Se dirò al ragazzo: “Guarda le frecce son o più in qua di dove ti trovi prendile!”, allora vieni perché tutto va bene per te; per la vita del Sig nore non c’è niente. Se invece dirò al giovane: “Guarda le frecce sono più avanti di dove ti trovi!
” allora va’ perché il Signore ti fa partire. Riguardo alle parole che abbiamo detto tu e io ecco è t estimone il Signore tra me e te per sempre». Davide dunque si nascose nel campo. Arrivò la lun a nuova e il re sedette a mangiare. Il re sedette come al solito sul sedile contro il muro; Giònata si mise di fronte, Abner si sedette al fianco del re e si notò il posto di Davide. Ma Saul non disse nulla quel giorno perché pensava: «è un caso: non sarà puro. Certo non è puro». Ma l’indomani il secondo giorno della luna nuova si notò il posto di Davide. Saul disse allora a Giònata suo figli o: «Perché il figlio di Iesse non è venuto a prendere cibo né ieri né oggi?». Giònata rispose a Sau l: «Davide mi ha chiesto con insistenza di andare a Betlemme. Mi ha detto: “Lasciami andare pe rché abbiamo in città il sacrificio di famiglia e mio fratello me ne ha fatto un obbligo. Se dunque ho trovato grazia ai tuoi occhi lasciami libero perché possa vedere i miei fratelli”. Per questo no
n è venuto alla tavola del re». Saul si adirò molto con Giònata e gli gridò: «Figlio di una scostum ata non so io forse che tu preferisci il figlio di Iesse a tua vergogna e a vergogna della nudità di t ua madre? Perché fino a quando vivrà il figlio di Iesse sulla terra non avrai sicurezza né tu né il t uo regno. Manda dunque a prenderlo e conducilo qui da me perché merita la morte». Rispose Giònata a Saul suo padre: «Perché deve morire? Che cosa ha fatto?». Saul afferrò la lancia contr o di lui per colpirlo e Giònata capì che suo padre aveva ormai deciso di uccidere Davide. Giònata si alzò dalla tavola acceso d’ira e non volle prendere cibo in quel secondo giorno della luna nuo va. Era rattristato per Davide, perché suo padre l’aveva offeso. Il mattino dopo Giònata uscì in c ampagna per l’appuntamento con Davide. Era con lui un ragazzo ancora piccolo. Egli disse al rag azzo: «Corri a cercare le frecce che io tirerò». Il ragazzo corse ed egli tirò la freccia più avanti di l ui. Il ragazzo corse fino al luogo dov’era la freccia che Giònata aveva tirato e Giònata gridò al rag azzo: «La freccia non è forse più avanti di te?». Giònata gridò ancora al ragazzo: «Corri svelto e non fermarti!». Il ragazzo di Giònata raccolse le frecce e le portò al suo padrone. Il ragazzo non aveva capito niente; soltanto Giònata e Davide sapevano la cosa. Allora Giònata diede le armi al ragazzo che era con lui e gli disse: «Va’ e riportale in città». Partito il ragazzo Davide si alzò da d ietro la collinetta cadde con la faccia a terra e si prostrò tre volte poi si baciarono l’un l’altro e pi ansero insieme finché Davide si fece forza. E Giònata disse a Davide: «Va’ in pace ora che noi du e abbiamo giurato nel nome del Signore in questi termini: “Il Signore sia tra me e te tra la mia di scendenza e la tua discendenza per sempre”». Davide si alzò e partì e Giònata tornò in città. Da vide si recò a Nob dal sacerdote Achimèlec. Achimèlec trepidante, andò incontro a Davide e gli disse: «Perché sei solo e non c’è nessuno con te?». Rispose Davide al sacerdote Achimèlec: «Il r e mi ha ordinato e mi ha detto: “Nessuno sappia niente di questa cosa per la quale ti mando e d i cui ti ho dato incarico”. Ai miei giovani ho dato appuntamento al tal posto. Ora però se hai sott omano cinque pani, dammeli o altra cosa che si possa trovare». Il sacerdote rispose a Davide: «
Non ho sottomano pani comuni ho solo pani sacri per i tuoi giovani se si sono almeno astenuti d alle donne». Rispose Davide al sacerdote: «Ma certo! Dalle donne ci siamo astenuti dall’altro ier i. Quando mi misi in viaggio il sesso dei giovani era in condizione di santità sebbene si trattasse d’un viaggio profano; tanto più oggi». Il sacerdote gli diede il pane sacro perché non c’era là altr o pane che quello dell’offerta ritirato dalla presenza del Signore per mettervi pane fresco nel gi orno in cui quello veniva tolto. Ma era là in quel giorno uno dei ministri di Saul trattenuto press o il Signore di nome Doeg Edomita capo dei pastori di Saul. Davide disse ad Achimèlec: «Non hai per caso sottomano una lancia o una spada? Io non ho preso con me né la mia spada né altre mie armi perché l’incarico del re era urgente». Il sacerdote rispose: «Guarda c’è la spada di Goli a il Filisteo che tu hai ucciso nella valle del Terebinto; è là dietro l’ efod, avvolta in un manto. Se te la vuoi prendere prendila perché qui non c’è altra spada che questa». Rispose Davide: «Non c e n’è una migliore. Dammela». Quel giorno Davide si alzò e si allontanò da Saul e giunse da Achi s re di Gat. I ministri di Achis gli dissero: «Non è costui Davide il re del paese? Non cantavano a l ui tra le danze dicendo: “Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi diecimila”?». Davide si preocc
upò di queste parole e temette molto Achis re di Gat. Allora cambiò comportamento ai loro occ hi e faceva il folle tra le loro mani: tracciava segni strani sulle porte e lasciava colare la saliva sull a barba. Achis disse ai ministri: «Ecco vedete anche voi che è un pazzo. Perché lo avete condott o da me? Non ho abbastanza pazzi io perché mi conduciate anche costui per fare il pazzo davan ti a me? Dovrebbe entrare in casa mia un uomo simile?». Davide partì di là e si rifugiò nella grot ta di Adullàm. Lo seppero i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre e scesero là da lui. Si radunar ono allora con lui quanti erano nei guai quelli che avevano debiti e tutti gli scontenti ed egli dive ntò loro capo. Vi furono così con lui circa quattrocento uomini. Davide partì di là e andò a Mispa di Moab e disse al re di Moab: «Permetti che risiedano da voi mio padre e mia madre finché sa ppia che cosa Dio vuol fare di me». Li condusse al re di Moab e rimasero con lui finché Davide ri mase nel rifugio. Il profeta Gad disse a Davide: «Non restare più in questo rifugio. Parti e va’ nel territorio di Giuda». Davide partì e andò nella foresta di Cheret. Saul venne a sapere che era sta to avvistato Davide con gli uomini che erano con lui. Saul era seduto a Gàbaa sotto il tamerisco sull’altura con la lancia in mano e i ministri intorno. Saul disse allora ai ministri che gli stavano in torno: «Ascoltate voi Beniaminiti. Il figlio di Iesse darà forse a tutti voi campi e vigne vi farà tutti comandanti di migliaia e comandanti di centinaia perché voi tutti siate d’accordo contro di me?
Nessuno mi avverte dell’alleanza di mio figlio con il figlio di Iesse nessuno di voi si affligge per me e mi confida che mio figlio ha sollevato il mio servo contro di me per ordire insidie come avv iene oggi». Rispose Doeg l’Edomita che stava tra i ministri di Saul: «Ho visto il figlio di Iesse. è ve nuto a Nob da Achimèlec figlio di Achitù b e costui ha consultato il Signore per lui gli ha dato da mangiare e gli ha consegnato la spada di Golia il Filisteo». Il re subito convocò il sacerdote Achi mèlec figlio di Achitù b e tutti i sacerdoti della casa di suo padre che erano in Nob ed essi venne ro tutti dal re. Disse Saul: «Ascolta figlio di Achitù b». Rispose: «Eccomi mio signore». Saul gli dis se: «Perché vi siete accordati contro di me tu e il figlio di Iesse dal momento che gli hai dato pan e e spada e hai consultato Dio per lui perché insorgesse contro di me insidiandomi come avvien e oggi?». Achimèlec rispose al re: «E chi tra tutti i tuoi ministri è come Davide fedele e genero d el re e capo del tuo corpo di guardia e onorato in casa tua? è forse oggi la prima volta che consu lto Dio per lui? Non sia mai! Non imputi il re questo fatto al suo servo a tutta la casa di mio padr e poiché il tuo servo non sapeva di questa faccenda cosa alcuna né piccola né grande». Ma il re disse: «Devi morire Achimèlec tu e tutta la casa di tuo padre». Il re disse ai corrieri che stavano attorno a lui: «Scagliatevi contro i sacerdoti del Signore e metteteli a morte, perché hanno prest ato mano a Davide e non mi hanno avvertito pur sapendo che egli fuggiva». Ma i ministri del re non vollero stendere le mani per colpire i sacerdoti del Signore. Allora il re disse a Doeg: «Scàgli ati tu contro i sacerdoti e colpiscili». Doeg l’Edomita si scagliò lui contro i sacerdoti e li colpì e uc cise in quel giorno ottantacinque uomini che portavano l’ efod di lino. Passò a fil di spada Nob la città dei sacerdoti: uomini e donne fanciulli e lattanti; anche buoi asini e pecore passò a fil di sp ada. Si salvò un figlio di Achimèlec figlio di Achitù b che si chiamava Ebiatàr il quale fuggì presso Davide. Ebiatàr narrò a Davide che Saul aveva trucidato i sacerdoti del Signore. Davide rispose a
Ebiatàr: «Quel giorno sapevo data la presenza di Doeg l’Edomita che avrebbe riferito tutto a Sa ul. Io mi sono scagliato contro tutte le vite della casa di tuo padre. Rimani con me e non temere: chiunque vorrà la tua vita vorrà la mia perché tu presso di me sarai come un bene da custodire
». Riferirono a Davide: «Ecco i Filistei stanno attaccando Keila e saccheggiano le aie». Davide co nsultò il Signore chiedendo: «Devo andare? Riuscirò a sconfiggere questi Filistei?». Rispose il Sig nore: «Va’ perché sconfiggerai i Filistei e salverai Keila». Ma gli uomini di Davide gli dissero: «Ec co noi abbiamo già da temere qui in Giuda tanto più se andremo a Keila contro le schiere dei Fili stei». Davide consultò di nuovo il Signore e il Signore gli rispose: «Muoviti e scendi a Keila perch é io metterò i Filistei nelle tue mani». Davide con i suoi uomini scese a Keila combatté con i Filis tei portò via il loro bestiame e inflisse loro una grande sconfitta. Così Davide salvò gli abitanti di Keila. Poiché Ebiatàr figlio di Achimèlec si era rifugiato presso Davide anche l’ efod nelle sue ma ni era sceso a Keila. Fu riferito a Saul che Davide era giunto a Keila e Saul disse: «Dio l’ha gettato nelle mie mani poiché si è rinchiuso da sé venendo in una città con porte e sbarre». Saul chiam ò tutto il popolo alle armi per scendere a Keila e assediare Davide e i suoi uomini. Quando David e seppe che Saul veniva contro di lui macchinando il male disse al sacerdote Ebiatàr: «Porta qui l’ efod ». Davide disse: «Signore Dio d’Israele il tuo servo ha sentito dire che Saul cerca di venire a Keila per distruggere la città per causa mia. Mi metteranno nelle sue mani i signori di Keila? S
cenderà Saul come ha saputo il tuo servo? Signore Dio d’Israele fallo sapere al tuo servo». Il Sig nore rispose: «Scenderà». Davide disse: «I signori di Keila mi consegneranno nelle mani di Saul c on i miei uomini?». Il Signore rispose: «Ti consegneranno». Davide si alzò e uscì da Keila con i su oi uomini circa seicento vagando senza mèta. Fu riferito a Saul che Davide si era messo in salvo fuggendo da Keila ed egli rinunciò all’azione. Davide andò a dimorare nel deserto in luoghi impe rvi in zona montuosa nel deserto di Zif e Saul lo cercava continuamente; ma Dio non lo mise mai nelle sue mani. Davide vide che Saul era uscito per attentare alla sua vita. Davide stava nel des erto di Zif, a Corsa. Allora Giònata figlio di Saul si alzò e andò da Davide a Corsa e ne rinvigorì il c oraggio in nome di Dio. Gli disse: «Non temere: la mano di Saul mio padre non potrà raggiunger ti e tu regnerai su Israele mentre io sarò a te secondo. Anche Saul mio padre lo sa bene». Essi st rinsero un patto davanti al Signore. Davide rimase a Corsa e Gionata tornò a casa. Ma alcuni di Z
if vennero a Gàbaa da Saul per dirgli: «Non sai che Davide è nascosto presso di noi nei luoghi im pervi di Corsa sulla collina di Achilà a meridione della steppa? Ora dato che il tuo animo desider a scendere o re scendi. A noi metterlo nelle mani del re!». Rispose Saul: «Benedetti voi dal Sign ore perché avete avuto compassione di me. Andate dunque accertatevi ancora e cercate di con oscere il luogo dove muove i suoi passi e chi lo ha visto là perché mi hanno detto che egli è molt o astuto. Cercate di conoscere tutti i nascondigli nei quali si rifugia e tornate a me con la confer ma. Allora verrò con voi e se sarà nella zona lo ricercherò in tutti i villaggi di Giuda». Si alzarono e tornarono a Zif precedendo Saul. Davide e i suoi uomini erano nel deserto di Maon nell’Araba a meridione della steppa. Saul andò con i suoi uomini per cercarlo. Ma la cosa fu riferita a David e il quale scese presso la rupe rimanendo nel deserto di Maon. Lo seppe Saul e inseguì Davide n
el deserto di Maon. Saul procedeva sul fianco del monte da una parte e Davide e i suoi uomini s ul fianco del monte dall’altra parte. Davide correva via precipitosamente per sfuggire a Saul e S
aul e i suoi uomini accerchiavano Davide e i suoi uomini per catturarli. Ma arrivò un messaggero a dire a Saul: «Vieni via in fretta perché i Filistei hanno fatto incursione nella regione». Allora Sa ul cessò di inseguire Davide e andò contro i Filistei. Per questo chiamarono quel luogo Rupe dell a Divisione. Davide da quel luogo salì ad abitare nei luoghi impervi di Engàddi. Quando Saul torn ò dall’azione contro i Filistei gli riferirono: «Ecco, Davide è nel deserto di Engàddi». Saul scelse tr emila uomini valorosi in tutto Israele e partì alla ricerca di Davide e dei suoi uomini di fronte alle Rocce dei Caprioli. Arrivò ai recinti delle greggi lungo la strada ove c’era una caverna. Saul vi en trò per coprire i suoi piedi mentre Davide e i suoi uomini se ne stavano in fondo alla caverna. Gli uomini di Davide gli dissero: «Ecco il giorno in cui il Signore ti dice: “Vedi pongo nelle tue mani i l tuo nemico: trattalo come vuoi”». Davide si alzò e tagliò un lembo del mantello di Saul senza f arsene accorgere. Ma ecco dopo aver fatto questo Davide si sentì battere il cuore per aver tagli ato un lembo del mantello di Saul. Poi disse ai suoi uomini: «Mi guardi il Signore dal fare simile c osa al mio signore al consacrato del Signore dallo stendere la mano su di lui perché è il consacra to del Signore». Davide a stento dissuase con le parole i suoi uomini e non permise loro che si a vventassero contro Saul. Saul uscì dalla caverna e tornò sulla via. Dopo questo fatto Davide si al zò uscì dalla grotta e gridò a Saul: «O re mio signore!». Saul si voltò indietro e Davide si inginocc hiò con la faccia a terra e si prostrò. Davide disse a Saul: «Perché ascolti la voce di chi dice: “Ecc o Davide cerca il tuo male”? Ecco in questo giorno i tuoi occhi hanno visto che il Signore ti aveva messo oggi nelle mie mani nella caverna; mi si diceva di ucciderti ma ho avuto pietà di te e ho d etto: “Non stenderò le mani sul mio signore perché egli è il consacrato del Signore”. Guarda pad re mio guarda il lembo del tuo mantello nella mia mano: quando ho staccato questo lembo dal t uo mantello nella caverna non ti ho ucciso. Riconosci dunque e vedi che non c’è in me alcun mal e né ribellione né ho peccato contro di te; invece tu vai insidiando la mia vita per sopprimerla. S
ia giudice il Signore tra me e te e mi faccia giustizia il Signore nei tuoi confronti; ma la mia mano non sarà mai contro di te. Come dice il proverbio antico: “Dai malvagi esce il male, ma la mia m ano non sarà contro di te”. Contro chi è uscito il re d’Israele? Chi insegui? Un cane morto una p ulce. Il Signore sia arbitro e giudice tra me e te veda e difenda la mia causa e mi liberi dalla tua mano». Quando Davide ebbe finito di rivolgere a Saul queste parole Saul disse: «è questa la tua voce Davide figlio mio?». Saul alzò la voce e pianse. Poi continuò rivolto a Davide: «Tu sei più gi usto di me perché mi hai reso il bene, mentre io ti ho reso il male. Oggi mi hai dimostrato che a gisci bene con me e che il Signore mi aveva abbandonato nelle tue mani e tu non mi hai ucciso.
Quando mai uno trova il suo nemico e lo lascia andare sulla buona strada? Il Signore ti ricompe nsi per quanto hai fatto a me oggi. Ora ecco sono persuaso che certamente regnerai e che sarà saldo nelle tue mani il regno d’Israele. Ma tu giurami ora per il Signore che non eliminerai dopo di me la mia discendenza e non cancellerai il mio nome dalla casa di mio padre». Davide giurò a Saul. Saul tornò a casa mentre Davide con i suoi uomini salì al rifugio. Samuele morì e tutto Isra
ele si radunò e fece il lamento su di lui. Lo seppellirono presso la sua casa a Rama. Davide si alzò e scese verso il deserto di Paran. Vi era a Maon un uomo che possedeva beni a Carmel; costui e ra molto ricco aveva tremila pecore e mille capre e si trovava a Carmel per tosare il gregge. Que st’uomo si chiamava Nabal e sua moglie Abigàil. La donna era assennata e di bell’aspetto ma il marito era rude e di brutte maniere; era un Calebita. Davide nel deserto sentì che Nabal era alla tosatura del gregge. Allora Davide inviò dieci domestici; Davide disse a questi domestici: «Salite a Carmel andate da Nabal e chiedetegli a mio nome se sta bene. Voi direte così al mio fratello:
“Pace a te e pace alla tua casa e pace a quanto ti appartiene! Ho sentito appunto che stanno fac endo per te la tosatura. Ebbene quando i tuoi pastori sono stati con noi non abbiamo recato lor o alcuna offesa e niente è stato loro sottratto finché sono stati a Carmel. Interroga i tuoi domes tici e ti informeranno. Questi domestici trovino grazia ai tuoi occhi perché siamo giunti in un gio rno lieto. Da’ ti prego quanto puoi dare ai tuoi servi e al tuo figlio Davide”». I domestici di David e andarono e fecero a Nabal tutto quel discorso a nome di Davide e attesero. Ma Nabal rispose ai servi di Davide: «Chi è Davide e chi è il figlio di Iesse? Oggi sono troppi i servi che vanno via da i loro padroni. Devo prendere il pane l’acqua e la carne che ho preparato per i tosatori e darli a gente che non so da dove venga?». I domestici di Davide rifecero la strada tornarono indietro e gli riferirono tutto questo discorso. Allora Davide disse ai suoi uomini: «Cingete tutti la spada!».
Tutti cinsero la spada e Davide cinse la sua e partirono dietro a Davide circa quattrocento uomi ni. Duecento rimasero a guardia dei bagagli. Ma Abigàil la moglie di Nabal fu avvertita da uno d ei domestici che le disse: «Ecco Davide ha inviato messaggeri dal deserto per salutare il nostro p adrone ma egli ha inveito contro di loro. Veramente questi domestici sono stati molto buoni co n noi; non ci hanno recato offesa e non ci è stato sottratto niente finché siamo stati con loro qu ando eravamo in campagna. Sono stati per noi come un muro di difesa di notte e di giorno finch é siamo stati con loro a pascolare il gregge. Ora esamina bene ciò che devi fare perché pende q ualche male sul nostro padrone e su tutta la sua casa. Egli è un uomo perverso e non gli si può p arlare». Abigàil allora prese in fretta duecento pani due otri di vino cinque pecore già pronte cin que sea di grano tostato cento grappoli di uva passa e duecento schiacciate di fichi secchi e li ca ricò sugli asini. Poi disse ai domestici: «Precedetemi, io vi seguirò». Ma non informò il marito Na bal. Ora mentre ella sul dorso di un asino scendeva lungo un sentiero nascosto della montagna, Davide e i suoi uomini scendevano di fronte a lei ed essa s’incontrò con loro. Davide andava dic endo: «Dunque ho custodito invano tutto ciò che appartiene a costui nel deserto; niente fu sott ratto di ciò che gli appartiene ed egli mi rende male per bene. Tanto faccia Dio a Davide e ancor a peggio se di tutti i suoi lascerò sopravvivere fino al mattino un solo maschio!». Appena Abigàil vide Davide smontò in fretta dall’asino cadde con la faccia davanti a Davide e si prostrò a terra.
Caduta ai suoi piedi disse: «Ti prego mio signore sono io colpevole! Lascia che parli la tua schiav a al tuo orecchio e tu ascolta le parole della tua schiava. Non faccia caso il mio signore a quell’u omo perverso che è Nabal perché egli è come il suo nome: stolto si chiama e stoltezza è in lui; i o tua schiava non avevo visto o mio signore i tuoi domestici che avevi mandato. Ora mio signore
per la vita di Dio e per la tua vita poiché Dio ti ha impedito di giungere al sangue e di farti giusti zia da te stesso ebbene ora siano come Nabal i tuoi nemici e coloro che cercano di fare il male a l mio signore. E ora questo dono che la tua schiava porta al mio signore fa’ che sia dato ai dome stici che seguono i passi del mio signore. Perdona la colpa della tua schiava. Certo il Signore edif icherà al mio signore una casa stabile perché il mio signore combatte le battaglie del Signore né si troverà alcun male in te per tutti i giorni della tua vita. Se qualcuno insorgerà a perseguitarti e ad attentare alla tua vita la vita del mio signore sarà conservata nello scrigno dei viventi presso il Signore tuo Dio mentre la vita dei tuoi nemici egli la scaglierà via come dal cavo della fionda. C
erto quando il Signore ti avrà concesso tutto il bene che ha detto a tuo riguardo e ti avrà costitu ito capo d’Israele non sia d’inciampo o di rimorso al mio signore l’aver versato invano il sangue e l’essersi il mio signore fatto giustizia da se stesso. Il Signore farà prosperare il mio signore ma tu vorrai ricordarti della tua schiava». Davide disse ad Abigàil: «Benedetto il Signore Dio d’Israel e che ti ha mandato oggi incontro a me. Benedetto il tuo senno e benedetta tu che sei riuscita a impedirmi oggi di giungere al sangue e di farmi giustizia da me. Viva sempre il Signore Dio d’Isr aele che mi ha impedito di farti del male; perché se non fossi venuta in fretta incontro a me non sarebbe rimasto a Nabal allo spuntar del giorno un solo maschio». Davide prese poi dalle mani di lei quanto gli aveva portato e le disse: «Torna a casa in pace. Vedi: ho ascoltato la tua voce e ho rasserenato il tuo volto». Abigàil tornò da Nabal: questi teneva in casa un banchetto come u n banchetto da re. Il suo cuore era soddisfatto ed egli era fin troppo ubriaco. Ella non gli disse n é tanto né poco fino allo spuntar del giorno. Il mattino dopo quando Nabal ebbe smaltito il vino la moglie gli narrò la faccenda. Allora il cuore gli si tramortì nel petto ed egli rimase come una pi etra. Dieci giorni dopo il Signore colpì Nabal ed egli morì. Quando Davide sentì che Nabal era m orto esclamò: «Benedetto il Signore che ha difeso la mia causa per l’ingiuria fattami da Nabal e ha trattenuto il suo servo dal male e ha rivolto sul capo di Nabal la sua cattiveria». Poi Davide m andò messaggeri e annunciò ad Abigàil che voleva prenderla in moglie. I servi di Davide andaron o a Carmel e le dissero: «Davide ci ha mandato a prenderti perché tu sia sua moglie». Ella si alzò si prostrò con la faccia a terra e disse: «Ecco la tua schiava diventerà una serva per lavare i pied i ai servi del mio signore». Abigàil si preparò in fretta poi salì su un asino e seguita dalle sue cinq ue ancelle tenne dietro ai messaggeri di Davide e divenne sua moglie. Davide aveva preso anch e Achinòam di Izreèl e furono tutte e due sue mogli. Saul aveva dato sua figlia Mical già moglie di Davide a Paltì figlio di Lais che era di Gallìm. Gli abitanti di Zif si recarono da Saul a Gàbaa e gli dissero: «Non sai che Davide è nascosto sulla collina di Achilà di fronte alla steppa?». Saul si mo sse e scese nel deserto di Zif conducendo con sé tremila uomini scelti d’Israele per ricercare Dav ide nel deserto di Zif. Saul si accampò sulla collina di Achilà di fronte alla steppa presso la strada mentre Davide si trovava nel deserto. Quando si accorse che Saul lo inseguiva nel deserto Davi de mandò alcune spie ed ebbe conferma che Saul era arrivato davvero. Allora Davide si alzò e v enne al luogo dove si era accampato Saul. Davide notò il posto dove dormivano Saul e Abner fig lio di Ner capo dell’esercito di lui: Saul dormiva tra i carriaggi e la truppa era accampata all’intor
no. Davide si rivolse ad Achimèlec l’Ittita e ad Abisài figlio di Seruià fratello di Ioab dicendo: «Chi vuol scendere con me da Saul nell’accampamento?». Rispose Abisài: «Scenderò io con te». Dav ide e Abisài scesero tra quella gente di notte ed ecco Saul dormiva profondamente tra i carriagg i e la sua lancia era infissa a terra presso il suo capo, mentre Abner con la truppa dormiva all’int orno. Abisài disse a Davide: «Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che i o l’inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo». Ma Davide disse a d Abisài: «Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto imp unito?». Davide soggiunse: «Per la vita del Signore solo il Signore lo colpirà o perché arriverà il s uo giorno e morirà o perché scenderà in battaglia e sarà tolto di mezzo. Il Signore mi guardi dall o stendere la mano sul consacrato del Signore! Ora prendi la lancia che sta presso il suo capo e l a brocca dell’acqua e andiamocene». Così Davide portò via la lancia e la brocca dell’acqua che e ra presso il capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide nessuno se ne accorse nessu no si svegliò: tutti dormivano perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore. Davi de passò dall’altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era una grande distanza tra l oro. Allora Davide gridò alla truppa e ad Abner figlio di Ner: «Abner vuoi rispondere?». Abner ri spose: «Chi sei tu che gridi al re?». Davide rispose ad Abner: «Non sei un uomo tu? E chi è come te in Israele? E perché non hai fatto la guardia al re tuo signore? è venuto infatti uno del popol o per uccidere il re tuo signore. Non hai fatto certo una bella cosa. Per la vita del Signore siete d egni di morte voi che non avete fatto la guardia al vostro signore al consacrato del Signore. E or a guarda dov’è la lancia del re e la brocca che era presso il suo capo». Saul riconobbe la voce di Davide e disse: «è questa la tua voce Davide figlio mio?». Rispose Davide: «è la mia voce o re mi o signore». Aggiunse: «Perché il mio signore perseguita il suo servo? Che cosa ho fatto? Che ma le si trova in me? Ascolti dunque il re mio signore la parola del suo servo: se il Signore ti incita c ontro di me voglia accettare il profumo di un’offerta; ma se sono gli uomini siano maledetti dav anti al Signore perché oggi mi scacciano lontano impedendomi di partecipare all’eredità del Sig nore dicendo: “Va’ a servire altri dèi”. Almeno non sia versato sulla terra il mio sangue lontano dal Signore ora che il re d’Israele è uscito in campo per ricercare una pulce come si insegue una pernice sui monti». Saul rispose: «Ho peccato! Ritorna Davide figlio mio! Non ti farò più del mal e perché la mia vita oggi è stata tanto preziosa ai tuoi occhi. Ho agito da sciocco e mi sono comp letamente ingannato». Rispose Davide: «Ecco la lancia del re: passi qui uno dei servitori e la pre nda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà dal momento che ogg i il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del S
ignore. Ed ecco come è stata preziosa oggi la tua vita ai miei occhi così sia preziosa la mia vita ag li occhi del Signore ed egli mi liberi da ogni angustia». Saul rispose a Davide: «Benedetto tu sia D
avide, figlio mio. Certo in ciò che farai avrai piena riuscita». Davide andò per la sua strada e Saul tornò alla sua dimora. Davide pensò: «Certo un giorno o l’altro sarò tolto di mezzo per mano di Saul. Non ho miglior via d’uscita che cercare scampo nella terra dei Filistei; Saul rinuncerà a rice rcarmi in tutto il territorio d’Israele e sfuggirò alle sue mani». Così Davide si alzò e si portò con i
seicento uomini che aveva con sé presso Achis figlio di Maoc re di Gat. Davide rimase presso Ac his a Gat lui e i suoi uomini ciascuno con la famiglia; Davide con le due mogli Achinòam di Izreèl e Abigàil già moglie di Nabal di Carmel. Fu riferito a Saul che Davide era fuggito a Gat e non lo c ercò più. Davide disse ad Achis: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi mi sia concesso un luogo in u na città della campagna dove io possa abitare. Perché dovrà stare il tuo servo presso di te nella tua città regale?». E Achis quello stesso giorno gli diede Siklag. Per questo Siklag è rimasta ai re di Giuda fino ad oggi. La durata del soggiorno di Davide nella campagna dei Filistei fu di un anno e quattro mesi. Davide e i suoi uomini partivano a fare razzie contro i Ghesuriti i Ghirziti e gli A maleciti: questi abitano da sempre il territorio che si estende in direzione di Sur fino alla terra d’
Egitto. Davide batteva quel territorio e non lasciava in vita né uomo né donna; prendeva greggi e armenti asini e cammelli e vesti poi tornava indietro e andava da Achis. Quando Achis chiedev a: «Dove avete fatto razzie oggi?» Davide rispondeva: «Contro il Negheb di Giuda contro il Negh eb degli Ieracmeeliti contro il Negheb dei Keniti». Davide non lasciava in vita né uomo né donna da portare a Gat pensando: «Non vorrei che riferissero contro di noi: “Così ha fatto Davide”». T
ale fu la sua norma finché dimorò nella campagna dei Filistei. Achis si fidò di Davide pensando:
«Si è proprio reso odioso al suo popolo Israele e così sarà per sempre mio servo». In quei giorni i Filistei radunarono l’esercito per combattere contro Israele e Achis disse a Davide: «Tieni bene a mente che devi uscire in campo con me insieme con i tuoi uomini». Davide rispose ad Achis:
«Tu sai già quello che farà il tuo servo». Achis disse: «Bene! Ti faccio per sempre mia guardia del corpo». Samuele era morto e tutto Israele aveva fatto il lamento su di lui; poi l’avevano seppelli to a Rama sua città. Saul aveva bandito dalla terra i negromanti e gli indovini. I Filistei si radunar ono e andarono a porre il campo a Sunem. Saul radunò tutto Israele e si accampò sul Gèlboe. Q
uando Saul vide il campo dei Filistei ebbe paura e il suo cuore tremò. Saul consultò il Signore e il Signore non gli rispose, né attraverso i sogni né mediante gli urìm né per mezzo dei profeti. Allo ra Saul disse ai suoi ministri: «Cercatemi una negromante perché voglio andare a consultarla». I suoi ministri gli risposero: «Vi è una negromante a Endor». Saul si camuffò si travestì e partì con due uomini. Arrivò da quella donna di notte. Disse: «Pratica per me la divinazione mediante un o spirito. èvocami colui che ti dirò». La donna gli rispose: «Tu sai bene quello che ha fatto Saul: ha eliminato dalla terra i negromanti e gli indovini. Perché dunque tendi un tranello alla mia vit a per uccidermi?». Saul le giurò per il Signore: «Per la vita del Signore non avrai alcuna colpa per questa faccenda». Ella disse: «Chi devo evocarti?». Rispose: «èvocami Samuele». La donna vide Samuele e proruppe in un forte grido e disse a Saul: «Perché mi hai ingannata? Tu sei Saul!». Le rispose il re: «Non aver paura! Che cosa vedi?». La donna disse a Saul: «Vedo un essere divino c he sale dalla terra». Le domandò: «Che aspetto ha?». Rispose: «è un uomo anziano che sale ed è avvolto in un mantello». Saul comprese che era veramente Samuele e s’inginocchiò con la fac cia a terra e si prostrò. Allora Samuele disse a Saul: «Perché mi hai disturbato evocandomi?». Sa ul rispose: «Sono in grande angustia. I Filistei mi muovono guerra e Dio si è allontanato da me: non mi ha più risposto né attraverso i profeti né attraverso i sogni; perciò ti ho chiamato perché
tu mi manifesti quello che devo fare». Samuele rispose: «Perché mi vuoi consultare quando il Si gnore si è allontanato da te ed è divenuto tuo nemico? Il Signore ha fatto quello che ha detto p er mezzo mio. Il Signore ha strappato da te il regno e l’ha dato a un altro a Davide. Poiché non h ai ascoltato la voce del Signore e non hai dato corso all’ardore della sua ira contro Amalèk per q uesto il Signore ti ha trattato oggi in questo modo. Il Signore metterà Israele insieme con te nell e mani dei Filistei. Domani tu e i tuoi figli sarete con me; il Signore metterà anche le schiere d’Is raele in mano ai Filistei». All’istante Saul cadde a terra lungo disteso pieno di terrore per le paro le di Samuele; inoltre era già senza forze perché non aveva mangiato nulla tutto quel giorno e t utta quella notte. Allora la donna si accostò a Saul e vedendolo sconvolto gli disse: «Ecco la tua serva ha ascoltato la tua voce. Ho esposto al pericolo la mia vita per ascoltare la parola che tu m i hai detto. Ma ora ascolta anche tu la voce della tua serva. Voglio darti un pezzo di pane: mangi a e così riprenderai le forze perché devi rimetterti in viaggio». Egli rifiutava e diceva: «Non man gio». Ma i suoi servi insieme alla donna lo costrinsero ed egli ascoltò la loro voce. Si alzò da terr a e sedette sul letto. La donna aveva in casa un vitello da ingrasso; si affrettò a ucciderlo poi pre se la farina la impastò e gli fece cuocere pani azzimi. Mise tutto davanti a Saul e ai suoi servi. Ess i mangiarono poi si alzarono e partirono quella stessa notte. I Filistei avevano concentrato tutte le schiere ad Afek mentre gli Israeliti erano accampati presso la sorgente che si trova in Izreèl. I prìncipi dei Filistei marciavano con le loro centinaia e le loro migliaia. Davide e i suoi uomini mar ciavano nella retroguardia con Achis. I capi dei Filistei domandarono: «Che cosa fanno questi Eb rei?». Achis rispose ai capi dei Filistei: «Non è forse costui Davide servo di Saul re d’Israele? è st ato con me un anno o due e non ho trovato in lui nulla da ridire dal giorno che è capitato qui fin o ad oggi». I capi dei Filistei si irritarono tutti contro di lui e gli intimarono: «Rimanda quest’uom o: torni al luogo che gli hai assegnato. Non venga con noi in guerra perché non diventi nostro av versario durante il combattimento. Come riacquisterà costui il favore del suo signore se non co n le teste di questi uomini? Non è costui quel Davide a cui cantavano tra le danze dicendo: “Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi diecimila”?». Achis chiamò Davide e gli disse: «Per la vita del Signore tu sei retto e io vedrei bene che tu vada e venga con le mie schiere perché non ho tr ovato in te alcun male da quando sei arrivato fino ad oggi. Ma non sei gradito agli occhi dei prìn cipi. Quindi torna e va’ in pace così non farai cosa sgradita agli occhi dei prìncipi dei Filistei». Ris pose Davide ad Achis: «Che cosa ho fatto e che cosa hai trovato nel tuo servo da quando sono s tato alla tua presenza fino ad oggi perché io non possa venire a combattere contro i nemici del r e mio signore?». Rispose Achis a Davide: «So bene che tu mi sei prezioso come un messaggero di Dio; ma i capi dei Filistei mi hanno detto: “Non deve venire con noi a combattere”. àlzati dun que domani mattina con i servi del tuo signore che sono venuti con te. Alzatevi presto e allo spu ntar del giorno partite». Il mattino dopo Davide e i suoi uomini si alzarono presto e partirono to rnando nel territorio dei Filistei. I Filistei salirono a Izreèl. Quando Davide e i suoi uomini arrivar ono a Siklag il terzo giorno gli Amaleciti avevano fatto una razzia nel Negheb e a Siklag. Avevano distrutto Siklag appiccandole il fuoco. Avevano fatto prigioniere le donne e quanti vi erano picc
oli e grandi; non avevano ucciso nessuno ma li avevano presi e portati via. Tornò dunque David e e gli uomini che erano con lui alla città che era in preda alle fiamme; le loro donne i loro figli e le loro figlie erano stati condotti via prigionieri. Davide e la sua gente alzarono la voce e pianser o finché ne ebbero forza. Le due mogli di Davide Achinòam di Izreèl e Abigàil già moglie di Nabal di Carmel erano state condotte via prigioniere. Davide fu in grande angustia perché la gente pa rlava di lapidarlo. Tutti avevano l’animo esasperato ciascuno per i suoi figli e le sue figlie. Ma Da vide ritrovò forza e coraggio nel Signore suo Dio. Allora Davide disse al sacerdote Ebiatàr figlio d i Achimèlec: «Portami l’ efod ». Ebiatàr portò l’ efod a Davide. Davide consultò il Signore e chies e: «Devo inseguire questa banda? La raggiungerò?». Gli rispose: «Insegui perché certamente ra ggiungerai e libererai i prigionieri». Davide e i seicento uomini che erano con lui partirono e giu nsero al torrente di Besor dove quelli rimasti indietro si fermarono. Davide continuò l’inseguime nto con quattrocento uomini: si fermarono invece duecento uomini che erano troppo affaticati per passare il torrente di Besor. Trovarono nella campagna un Egiziano e lo portarono a Davide.
Gli diedero da mangiare pane e gli diedero da bere acqua. Gli diedero anche una schiacciata di f ichi secchi e due grappoli di uva passa. Mangiò e si rianimò perché non aveva preso cibo e non a veva bevuto acqua da tre giorni e tre notti. Davide gli domandò: «A chi appartieni tu e di dove s ei?». Rispose: «Sono un giovane egiziano schiavo di un Amalecita. Il mio padrone mi ha abband onato perché tre giorni fa mi sono ammalato. Noi abbiamo fatto razzia nel Negheb dei Cretei, in quello di Giuda e nel Negheb di Caleb e abbiamo appiccato il fuoco a Siklag». Davide gli disse: «
Vuoi guidarmi verso quella banda?». Rispose: «Giurami per Dio che non mi ucciderai e non mi ri consegnerai al mio padrone e ti condurrò da quella banda». Così fece da guida ed ecco erano sp arsi sulla distesa di quella regione a mangiare e a bere e a far festa con tutto l’ingente bottino c he avevano preso dal territorio dei Filistei e dal territorio di Giuda. Davide li colpì dalle prime luc i dell’alba fino alla sera del giorno dopo e non sfuggì alcuno di loro se non quattrocento giovani che montarono sui cammelli e fuggirono. Davide liberò tutti coloro che gli Amaleciti avevano pr eso e liberò anche le sue due mogli. Non mancò nessuno tra loro né piccolo né grande, né figli n é figlie né la preda né ogni altra cosa che era stata presa loro: Davide recuperò tutto. Davide pr ese tutte le greggi e le mandrie; spingevano davanti a lui questo bestiame e gridavano: «Questo è il bottino di Davide». Davide poi raggiunse i duecento uomini che essendo troppo sfiniti per s eguirlo aveva fatto rimanere al torrente di Besor. Essi andarono incontro a Davide e a tutta la su a gente: Davide con la truppa si avvicinò e domandò loro come stavano. Ma tutti i cattivi e gli sc ellerati tra gli uomini che erano andati con Davide si misero a dire: «Poiché non sono venuti con noi non si dia loro niente della preda che abbiamo ricavato eccetto le mogli e i figli di ciascuno: li conducano via e se ne vadano». Davide rispose: «Non fate così fratelli miei con quello che il Si gnore ci ha dato salvandoci tutti e mettendo nelle nostre mani quella banda che era venuta con tro di noi. Chi vorrà ascoltarvi in questa proposta? Perché quale è la parte di chi scende a battag lia tale è la parte di chi resta ai bagagli: insieme faranno le parti». Da quel giorno in poi stabilì q uesto come regola e norma in Israele fino ad oggi. Quando arrivò a Siklag Davide mandò parte d
el bottino agli anziani di Giuda, suoi amici con queste parole: «Eccovi un dono proveniente dal b ottino dei nemici del Signore». Ne inviò a quelli di Betel, a quelli di Ramot-Negheb, a quelli di Iattir, a quelli di Aroèr, a quelli di Sifmot, a quelli di Estemòa, a quelli di Racal
, a quelli delle città degli Ieracmeeliti, a quelli delle città dei Keniti, a quelli di Corma, a quelli di Bor-Asan, a quelli di Atac, a quelli di Ebron e a quelli di tutti i luoghi per cui era passato Davide con i suoi uomini. I Filistei attaccarono Israele ma gli uomini d’Israele fuggirono davanti ai Filistei e ca ddero trafitti sul monte Gèlboe. I Filistei si strinsero attorno a Saul e ai suoi figli e colpirono a m orte Giònata Abinadàb e Malchisù a figli di Saul. La battaglia si concentrò intorno a Saul: gli arci eri lo presero di mira con gli archi ed egli fu ferito gravemente dagli arcieri. Allora Saul disse al s uo scudiero: «Sfodera la spada e trafiggimi prima che vengano quegli incirconcisi a trafiggermi e a schernirmi». Ma lo scudiero non volle perché era troppo spaventato. Allora Saul prese la spad a e vi si gettò sopra. Quando lo scudiero vide che Saul era morto si gettò anche lui sulla sua spa da e morì con lui. Così morirono insieme in quel giorno Saul e i suoi tre figli lo scudiero e anche t utti i suoi uomini. Quando gli Israeliti che erano dall’altra parte della valle e quelli che erano oltr e il Giordano videro che gli uomini d’Israele erano in fuga e che erano morti Saul e i suoi figli ab bandonarono le loro città e fuggirono. Vennero i Filistei e vi si stabilirono. Il giorno dopo i Filistei vennero a spogliare i cadaveri e trovarono Saul e i suoi tre figli caduti sul monte Gèlboe. Essi gli tagliarono la testa lo spogliarono delle armi e mandarono a dare il felice annuncio in giro nella t erra dei Filistei ai templi dei loro idoli e al popolo. Deposero le sue armi nel tempio di Astarte e appesero il suo corpo alle mura di Bet-Sean. Gli abitanti di Iabes di Gàlaad vennero a sapere quello che i Filistei avevano fatto a Saul. T
utti i guerrieri si mossero: viaggiarono tutta la notte e presero il corpo di Saul e i corpi dei suoi fi gli dalle mura di Bet-Sean li portarono a Iabes e qui li bruciarono. Poi presero le loro ossa le seppellirono sotto il tam erisco che è a Iabes e fecero digiuno per sette giorni. Dopo la morte di Saul Davide tornò dalla s trage degli Amaleciti e rimase a Siklag due giorni. Al terzo giorno ecco arrivare un uomo dal cam po di Saul con la veste stracciata e col capo cosparso di polvere. Appena giunto presso Davide c adde a terra e si prostrò. Davide gli chiese: «Da dove vieni?». Rispose: «Sono fuggito dal campo d’Israele». Davide gli domandò: «Come sono andate le cose? Su dammi notizie!». Rispose: «è su ccesso che il popolo è fuggito nel corso della battaglia, molti del popolo sono caduti e sono mor ti; anche Saul e suo figlio Giònata sono morti». Davide chiese ancora al giovane che gli portava l e notizie: «Come sai che sono morti Saul e suo figlio Giònata?». Il giovane che recava la notizia r ispose: «Ero capitato per caso sul monte Gèlboe e vidi Saul curvo sulla lancia: lo attaccavano car ri e cavalieri. Egli si volse indietro mi vide e mi chiamò vicino. Dissi: “Eccomi!”. Mi chiese: “Chi se i tu?”. Gli risposi: “Sono un Amalecita”. Mi disse: “Gèttati sopra di me e uccidimi: io sento i brivi di ma la vita è ancora tutta in me”. Io gli fui sopra e lo uccisi perché capivo che non sarebbe sop ravvissuto alla sua caduta. Poi presi il diadema che era sul suo capo e la catenella che aveva al b
raccio e li ho portati qui al mio signore». Davide afferrò le sue vesti e le stracciò così fecero tutti gli uomini che erano con lui. Essi alzarono lamenti piansero e digiunarono fino a sera per Saul e Giònata suo figlio per il popolo del Signore e per la casa d’Israele perché erano caduti di spada.
Davide chiese poi al giovane che aveva portato la notizia: «Di dove sei tu?». Rispose: «Sono figli o di un forestiero amalecita». Davide gli disse allora: «Come non hai temuto di stendere la man o per uccidere il consacrato del Signore?». Davide chiamò uno dei suoi giovani e gli disse: «Accò stati e aggrediscilo». Egli lo colpì subito e quegli morì. Davide gridò a lui: «Il tuo sangue ricada s ul tuo capo. Attesta contro di te la tua bocca che ha detto: “Io ho ucciso il consacrato del Signor e!”». Allora Davide intonò questo lamento su Saul e suo figlio Giònata e ordinò che fosse insegn ato ai figli di Giuda; è il canto dell’arco e si trova scritto nel libro del Giusto: «Il tuo vanto Israele, sulle tue alture giace trafitto! Come sono caduti gli eroi? Non fatelo sapere in Gat, non l’annunc iate per le vie di àscalon, perché non ne facciano festa le figlie dei Filistei, non ne gioiscano le fig lie dei non circoncisi! O monti di Gèlboe non più rugiada né pioggia su di voi né campi da primizi e, perché qui fu rigettato lo scudo degli eroi; lo scudo di Saul non fu unto con olio, ma col sangu e dei trafitti col grasso degli eroi. O arco di Giònata! Non tornò mai indietro. O spada di Saul! No n tornava mai a vuoto. O Saul e Giònata amabili e gentili, né in vita né in morte furono divisi; er ano più veloci delle aquile, più forti dei leoni. Figlie d’Israele piangete su Saul, che con delizia vi rivestiva di porpora, che appendeva gioielli d’oro sulle vostre vesti. Come son caduti gli eroi in mezzo alla battaglia? Giònata sulle tue alture trafitto! Una grande pena ho per te, fratello mio G
iònata! Tu mi eri molto caro; la tua amicizia era per me preziosa, più che amore di donna. Come sono caduti gli eroi, sono perite le armi?». Dopo questi fatti Davide consultò il Signore dicendo:
«Devo salire in qualcuna delle città di Giuda?». Il Signore gli rispose: «Sali!». Chiese ancora Davi de: «Dove salirò?». Rispose: «A Ebron». Davide dunque vi salì con le sue due mogli Achinòam di Izreèl e Abigàil già moglie di Nabal di Carmel. Davide portò con sé anche i suoi uomini ognuno c on la sua famiglia, e abitarono nelle città di Ebron. Vennero allora gli uomini di Giuda e qui unse ro Davide re sulla casa di Giuda. Come fu annunciato a Davide che gli uomini di Iabes di Gàlaad avevano sepolto Saul, Davide inviò messaggeri agli uomini di Iabes di Gàlaad per dire loro: «Ben edetti voi dal Signore perché avete compiuto questo gesto d’amore verso Saul vostro signore, d andogli sepoltura. Vi renda dunque il Signore amore e fedeltà. Anche io farò a voi del bene perc hé avete compiuto quest’opera. Ora riprendano coraggio le vostre mani e siate uomini forti. è morto Saul vostro signore ma quelli della tribù di Giuda hanno unto me come re sopra di loro».
Intanto Abner figlio di Ner capo dell’esercito di Saul prese Is-Baal figlio di Saul, e lo condusse a Macanàim. Poi lo costituì re su Gàlaad sugli Asuriti su Izreèl su èfraim e su Beniamino cioè su tutto Israele. Is-Baal figlio di Saul aveva quarant’anni quando fu fatto re d’Israele e regnò due anni. Solo la casa di Giuda seguiva Davide. Il periodo di tempo durante il quale Davide fu re di Ebron fu di sette an ni e sei mesi. Abner figlio di Ner e i servi di Is-Baal figlio di Saul partirono da Macanàim per Gàbaon. Anche Ioab figlio di Seruià e i servi di Davi
de partirono e li incontrarono presso la piscina di Gàbaon. Questi stavano presso la piscina da u na parte e quelli dall’altra parte. Abner disse a Ioab: «Si alzino i giovani e lottino davanti a noi».
Ioab rispose: «Si alzino pure». Si alzarono e sfilarono in rassegna: dodici dalla parte di Beniamin o e di Is-Baal figlio di Saul e dodici tra i servi di Davide. Ciascuno afferrò la testa dell’avversario e gli confi ccò la spada nel fianco: così caddero tutti insieme e quel luogo fu chiamato Campo dei Fianchi c he si trova a Gàbaon. La battaglia divenne in quel giorno molto dura e furono sconfitti Abner e g li Israeliti dai servi di Davide. Vi erano là tre figli di Seruià: Ioab Abisài e Asaèl. Asaèl era veloce n ella corsa come le gazzelle della campagna. Asaèl si era messo a inseguire Abner e non deviava né a destra né a sinistra dietro ad Abner. Abner si volse indietro e gli disse: «Tu sei Asaèl?». Risp ose: «Sì». Abner aggiunse: «Volgiti a destra o a sinistra afferra qualcuno dei giovani e porta via l e sue spoglie». Ma Asaèl non volle cessare d’inseguirlo. Abner tornò a dirgli: «Tìrati via. Perché vuoi che ti stenda a terra? Come potrò alzare lo sguardo verso Ioab tuo fratello?». Ma siccome quegli non voleva ritirarsi lo colpì con l’estremità inferiore della lancia al ventre, così che la lanci a gli uscì dall’altra parte ed egli cadde e morì sul posto. Allora quanti arrivarono al luogo dove A saèl era caduto e morto si fermarono. Ma Ioab e Abisài inseguirono Abner finché al tramonto d el sole essi giunsero alla collina di Ammà, di fronte a Ghiach sulla strada del deserto di Gàbaon. I Beniaminiti si radunarono dietro Abner formando un gruppo compatto e si fermarono in cima a una collina. Allora Abner gridò a Ioab: «Dovrà continuare per sempre la spada a divorare? Non sai quanta amarezza ci sarà alla fine? Perché non ti decidi a ordinare al popolo di cessare l’inseg uimento dei loro fratelli?». Disse Ioab: «Per la vita di Dio se tu non avessi parlato nessuno della truppa avrebbe cessato fino al mattino di inseguire il proprio fratello». Allora Ioab fece suonare il corno e tutto il popolo si fermò e non inseguì più Israele e non combatté più. Abner e i suoi uo mini marciarono per l’Araba tutta quella notte; passarono il Giordano e dopo aver camminato t utta la mattina arrivarono a Macànaim. Ioab tornato dall’inseguimento di Abner, radunò tutto il popolo. Degli uomini di Davide ne mancavano diciannove oltre Asaèl. Ma i servi di Davide avev ano colpito e ucciso trecentosessanta uomini tra i Beniaminiti e la gente di Abner. Essi presero Asaèl e lo seppellirono nel sepolcro di suo padre che è a Betlemme. Ioab e i suoi uomini marciar ono tutta la notte; spuntava il giorno quando furono a Ebron. La guerra tra la casa di Saul e la ca sa di Davide fu lunga. Davide andava facendosi più forte mentre la casa di Saul andava indebole ndosi. A Ebron nacquero a Davide dei figli e furono: il primogenito Amnon nato da Achinòam di Izreèl; il secondo Chilab nato da Abigàil già moglie di Nabal di Carmel; il terzo Assalonne figlio di Maacà figlia di Talmài re di Ghesur; il quarto Adonia figlio di Agghìt; il quinto Sefatia figlio di Abit àl; il sesto Itreàm nato da Egla moglie di Davide. Questi nacquero a Davide a Ebron. Mentre c’er a lotta tra la casa di Saul e quella di Davide Abner era diventato potente nella casa di Saul. Saul aveva avuto una concubina chiamata Rispa figlia di Aià. Ora Is-Baal disse ad Abner: «Perché ti sei unito alla concubina di mio padre?». Abner si adirò molto pe r le parole di Is-
Baal e disse: «Sono dunque una testa di cane di Giuda? Fino ad oggi ho usato benevolenza vers o la casa di Saul tuo padre i suoi fratelli e i suoi amici, e non ti ho fatto cadere nelle mani di Davi de. Oggi tu mi rimproveri una colpa di donna. Così faccia Dio ad Abner e anche peggio se io non farò per Davide ciò che il Signore gli ha giurato: trasferire cioè il regno dalla casa di Saul e stabili re il trono di Davide su Israele e su Giuda da Dan fino a Bersabea». Quegli non fu capace di rispo ndere una parola ad Abner perché aveva paura di lui. Abner inviò subito messaggeri a Davide pe r dirgli: «Di chi è la terra?» per dire: «Fa’ alleanza con me ed ecco la mia mano sarà con te per fa r volgere a te tutto Israele». Rispose: «Bene! Io farò alleanza con te. Però ho una cosa da chiede rti ed è questa: non vedrai il mio volto senza condurmi Mical figlia di Saul quando verrai a veder e il mio volto». Davide spedì messaggeri a Is-Baal figlio di Saul dicendogli: «Ridammi mia moglie Mical che feci mia sposa al prezzo di cento p repuzi di Filistei». Is-Baal mandò a toglierla a suo marito Paltièl figlio di Lais. Suo marito partì con lei camminando e piangendo dietro di lei fino a Bacurìm. Poi Abner gli disse: «Torna indietro!». E quegli tornò. Int anto Abner rivolse questo discorso agli anziani d’Israele: «Da tempo voi desiderate avere David e come vostro re. Ora mettetevi in azione perché il Signore ha detto così a Davide: “Per mezzo d i Davide mio servo salverò il mio popolo Israele dalle mani dei Filistei e dalle mani di tutti i suoi nemici”». Abner ebbe colloqui anche con gli uomini di Beniamino. Poi Abner andò da Davide a E
bron a parlargli di quanto era parso bene agli occhi d’Israele e di tutta la casa di Beniamino. Abn er venne dunque da Davide a Ebron con venti uomini e Davide fece un banchetto per Abner e i suoi uomini. Abner disse poi a Davide: «Adesso vado a radunare tutto Israele intorno al re mio s ignore. Essi faranno alleanza con te e regnerai secondo il tuo desiderio». Davide congedò poi Ab ner che partì in pace. Ed ecco i servi di Davide e Ioab tornavano da una scorreria e portavano co n sé grande bottino. Abner non era più con Davide a Ebron perché questi lo aveva congedato ed egli era partito in pace. Quando arrivarono Ioab e la sua truppa fu riferito a Ioab: «è venuto dal re Abner figlio di Ner ed egli l’ha congedato e se n’è andato in pace». Ioab andò dal re e gli disse
: «Che cosa hai fatto? Ecco è venuto Abner da te; come mai l’hai congedato ed egli ha potuto an darsene? Lo sai chi è Abner, figlio di Ner? è venuto per ingannarti per conoscere le tue mosse p er sapere ciò che fai». Ioab si allontanò da Davide e mandò messaggeri dietro Abner e lo fece to rnare indietro dalla cisterna di Sira senza che Davide lo sapesse. Abner tornò a Ebron e Ioab lo p rese in disparte dentro la porta come per parlargli pacificamente e qui lo colpì a morte al ventre per vendicare il sangue di Asaèl suo fratello. Davide seppe più tardi la cosa e disse: «Sono innoc ente io e il mio regno per sempre davanti al Signore del sangue di Abner, figlio di Ner. Ricada sul la testa di Ioab e su tutta la casa di suo padre. Nella casa di Ioab non manchi mai chi soffra di go norrea o sia colpito da lebbra o si appoggi al bastone chi cada di spada o chi sia senza pane». Io ab e suo fratello Abisài avevano trucidato Abner, perché aveva ucciso Asaèl loro fratello a Gàba on in battaglia. Davide disse a Ioab e a tutta la gente che era con lui: «Stracciatevi le vesti vestit evi di sacco e fate il lamento davanti ad Abner». Anche il re Davide seguiva la bara. Seppellirono
Abner a Ebron e il re levò la sua voce e pianse davanti al sepolcro di Abner; pianse anche tutto i l popolo. Il re intonò un lamento funebre su Abner e disse: «Come muore un insensato, doveva dunque Abner morire? Le tue mani non sono state legate, i tuoi piedi non sono stati stretti in ca tene! Sei caduto come si cade davanti ai malfattori!». Tutto il popolo riprese a piangere su di lui
. Tutto il popolo venne ad invitare Davide a prendere cibo mentre era ancora giorno; ma Davide giurò: «Così mi faccia Dio e anche di peggio se io gusterò pane o qualsiasi altra cosa prima del t ramonto del sole». Tutto il popolo notò la cosa e l’approvò quanto fece il re ebbe l’approvazion e del popolo intero. Tutto il popolo e tutto Israele fu convinto in quel giorno che non era stato il re a far uccidere Abner figlio di Ner. Disse ancora il re ai suoi servi: «Non sapete che oggi è cadu to un capo un grande in Israele? Io oggi sono tenero sebbene già unto re mentre questi uomini i figli di Seruià sono più duri di me. Provveda il Signore a trattare il malvagio secondo la sua malv agità». Quando il figlio di Saul seppe della morte di Abner a Ebron gli caddero le braccia e tutto I sraele rimase sconvolto. Il figlio di Saul aveva due uomini capi di bande chiamati l’uno Baanà e il secondo Recab figli di Rimmon il Beerotita della tribù di Beniamino, perché anche Beeròt era co mputata fra le città di Beniamino. I Beerotiti si erano rifugiati a Ghittàim e vi sono rimasti come forestieri fino ad oggi. Giònata figlio di Saul aveva un figlio storpio nei piedi. Egli aveva cinque a nni quando giunsero da Izreèl le notizie circa i fatti di Saul e di Giònata. La nutrice l’aveva preso ed era fuggita ma nella fretta della fuga il bambino era caduto ed era rimasto storpio. Si chiama va Merib-Baal. Si mossero dunque i figli di Rimmon il Beerotita Recab e Baanà e vennero nell’ora più cald a del giorno alla casa di Is-Baal mentre egli stava facendo la siesta pomeridiana. Ora la portinaia della casa mentre monda va il grano si era assopita e dormiva: perciò Recab e Baanà suo fratello poterono introdursi inos servati. Entrarono dunque in casa mentre egli era disteso sul suo giaciglio nella camera da letto: lo colpirono l’uccisero e gli tagliarono la testa; poi portando via la testa di lui presero la via dell’
Araba camminando tutta la notte. Portarono la testa di IsBaal a Davide a Ebron e dissero al re: «Ecco la testa di Is-Baal figlio di Saul tuo nemico che attentava alla tua vita. Oggi il Signore ha concesso al re mio sig nore, la vendetta contro Saul e la sua discendenza». Ma Davide rispose a Recab e a Baanà suo fr atello figli di Rimmon il Beerotita: «Per la vita del Signore che mi ha liberato da ogni angustia! C
olui che mi annunciava: “Ecco è morto Saul!” credendo di portarmi una lieta notizia l’ho preso e ucciso a Siklag e questa fu la ricompensa per la notizia. Ora che uomini malvagi hanno ucciso u n giusto in casa mentre dormiva non dovrò a maggior ragione chiedere conto del suo sangue all e vostre mani ed eliminarvi dalla terra?». Davide diede ordine ai suoi giovani; questi li uccisero t agliarono loro le mani e i piedi e li appesero presso la piscina di Ebron. Presero poi la testa di Is-Baal e la seppellirono nel sepolcro di Abner a Ebron. Vennero allora tutte le tribù d’Israele da D
avide a Ebron e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima quando regnava Sau l su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Is
raele tu sarai capo d’Israele”». Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron il re Davi de concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele. D
avide aveva trent’anni quando fu fatto re e regnò quarant’anni. A Ebron regnò su Giuda sette a nni e sei mesi e a Gerusalemme regnò trentatré anni su tutto Israele e su Giuda. Il re e i suoi uo mini andarono a Gerusalemme contro i Gebusei che abitavano in quella regione. Costoro disser o a Davide: «Tu qui non entrerai: i ciechi e gli zoppi ti respingeranno» per dire: «Davide non pot rà entrare qui». Ma Davide espugnò la rocca di Sion, cioè la Città di Davide. Davide disse in quel giorno: «Chiunque vuol colpire i Gebusei attacchi attraverso il canale gli zoppi e i ciechi che odia no la vita di Davide». Per questo dicono: «Il cieco e lo zoppo non entreranno nella casa». Davide si stabilì nella rocca e la chiamò Città di Davide. Egli fece fortificazioni tutt’intorno dal Millo vers o l’interno. Davide andava sempre più crescendo in potenza e il Signore Dio degli eserciti era co n lui. Chiram re di Tiro inviò messaggeri a Davide con legno di cedro carpentieri e muratori i qua li costruirono una casa a Davide. Davide seppe allora che il Signore lo confermava re d’Israele e d esaltava il suo regno per amore d’Israele suo popolo. Davide prese ancora concubine e mogli da Gerusalemme dopo il suo arrivo da Ebron: queste generarono a Davide altri figli e figlie. I no mi di quelli generati a Gerusalemme sono: Sammù a Sobab Natan Salomone Ibcar Elisù a Nefeg Iafìa, Elisamà Eliadà ed Elifèlet. Quando i Filistei seppero che avevano unto Davide re d’Israele s alirono tutti per dargli la caccia. Appena Davide ne fu informato discese alla fortezza. Vennero i Filistei e si sparsero nella valle dei Refaìm. Davide consultò il Signore chiedendo: «Devo andare contro i Filistei? Li metterai nelle mie mani?». Il Signore rispose a Davide: «Va’ pure perché cert amente metterò i Filistei nelle tue mani». Davide si recò a Baal-Perasìm dove Davide li sconfisse e disse: «Il Signore ha aperto una breccia tra i miei nemici dava nti a me come una breccia aperta dalle acque». Per questo chiamò quel luogo Baal-Perasìm. I Filistei vi abbandonarono i loro idoli e Davide e la sua gente li portarono via. I Filistei s alirono di nuovo e si sparsero nella valle dei Refaìm. Davide consultò il Signore che gli rispose: «
Non salire; gira alle loro spalle e raggiungili dalla parte di Becaìm. Quando sentirai un rumore di passi sulla cima di Becaìm lànciati subito all’attacco perché allora il Signore uscirà davanti a te p er colpire l’accampamento dei Filistei». Davide fece come il Signore gli aveva ordinato e colpì i F
ilistei da Gàbaon fino all’ingresso di Ghezer. Davide reclutò di nuovo tutti gli uomini scelti d’Isra ele in numero di trentamila. Poi si alzò e partì con tutta la sua gente da Baalà di Giuda, per far s alire di là l’arca di Dio sulla quale si proclama il nome del Signore degli eserciti che siede sui cher ubini. Posero l’arca di Dio sopra un carro nuovo e la tolsero dalla casa di Abinadàb che era sul co lle; Uzzà e Achio figli di Abinadàb conducevano il carro nuovo. Mentre conducevano il carro con l’arca di Dio dalla casa di Abinadàb che stava sul colle Achio precedeva l’arca. Davide e tutta la c asa d’Israele danzavano davanti al Signore con tutte le forze con canti e con cetre arpe tambure lli sistri e cimbali. Giunti all’aia di Nacon Uzzà stese la mano verso l’arca di Dio e la sostenne per ché i buoi vacillavano. L’ira del Signore si accese contro Uzzà Dio lo percosse per la sua negligen za ed egli morì sul posto presso l’arca di Dio. Davide si rattristò per il fatto che il Signore aveva a
perto una breccia contro Uzzà quel luogo fu chiamato Peres-Uzzà fino ad oggi. Davide in quel giorno ebbe timore del Signore e disse: «Come potrà venire da me l’arca del Signore?». Davide non volle trasferire l’arca del Signore presso di sé nella Città di Davide ma la fece dirottare in casa di Obed-Edom di Gat. L’arca del Signore rimase tre mesi nella casa di Obed-Edom di Gat e il Signore benedisse Obed-
Edom e tutta la sua casa. Ma poi fu detto al re Davide: «Il Signore ha benedetto la casa di Obed-Edom e quanto gli appartiene a causa dell’arca di Dio». Allora Davide andò e fece salire l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom alla Città di Davide con gioia. Quando quelli che portavano l’arca del Signore ebbero fatto sei passi egli immolò un giovenco e un ariete grasso. Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Davide era cinto di un efod di lino. Così Davide e tutta la casa d’Israele facevano salir e l’arca del Signore con grida e al suono del corno. Quando l’arca del Signore entrò nella Città di Davide Mical figlia di Saul guardando dalla finestra vide il re Davide che saltava e danzava dinan zi al Signore e lo disprezzò in cuor suo. Introdussero dunque l’arca del Signore e la collocarono a l suo posto al centro della tenda che Davide aveva piantato per essa; Davide offrì olocausti e sac rifici di comunione davanti al Signore. Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di co munione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti e distribuì a tutto il pop olo a tutta la moltitudine d’Israele uomini e donne una focaccia di pane per ognuno una porzion e di carne arrostita e una schiacciata di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò ciascuno a casa sua. Davide tornò per benedire la sua famiglia; gli uscì incontro Mical figlia di Saul e gli disse: «B
ell’onore si è fatto oggi il re d’Israele scoprendosi davanti agli occhi delle serve dei suoi servi co me si scoprirebbe davvero un uomo da nulla!». Davide rispose a Mical: «L’ho fatto dinanzi al Sig nore che mi ha scelto invece di tuo padre e di tutta la sua casa per stabilirmi capo sul popolo del Signore su Israele; ho danzato davanti al Signore. Anzi mi abbasserò anche più di così e mi rend erò vile ai tuoi occhi ma presso quelle serve di cui tu parli proprio presso di loro io sarò onorato!
». Mical figlia di Saul non ebbe figli fino al giorno della sua morte. Il re quando si fu stabilito nell a sua casa e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno disse al profeta Nata n: «Vedi io abito in una casa di cedro mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan ris pose al re: «Va’ fa’ quanto hai in cuor tuo perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Fo rse tu mi costruirai una casa perché io vi abiti? Io infatti non ho abitato in una casa da quando h o fatto salire Israele dall’Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda in un padiglio ne. Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutti gli Israeliti ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d’Israele a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché no n mi avete edificato una casa di cedro?”. Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signo re degli eserciti: “Io ti ho preso dal pascolo mentre seguivi il gregge perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a
te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo p er Israele mio popolo e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo oppri mano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele.
Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi g iorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri io susciterò un tuo discendente dopo di te uscito dalle tue viscere e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io r enderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.
Se farà il male lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo, ma non ritirerò da lui il mio amore come l’ho ritirato da Saul che ho rimosso di fronte a te. La tua casa e il tuo regno s aranno saldi per sempre davanti a te il tuo trono sarà reso stabile per sempre”». Natan parlò a Davide secondo tutte queste parole e secondo tutta questa visione. Allora il re Davide andò a pr esentarsi davanti al Signore e disse: «Chi sono io, Signore Dio e che cos’è la mia casa perché tu mi abbia condotto fin qui? E questo è parso ancora poca cosa ai tuoi occhi Signore Dio: tu hai pa rlato anche della casa del tuo servo per un lontano avvenire: e questa è la legge per l’uomo Sign ore Dio! Che cosa potrebbe dirti di più Davide? Tu conosci il tuo servo Signore Dio! Per amore d ella tua parola e secondo il tuo cuore hai compiuto tutte queste grandi cose, manifestandole al tuo servo. Tu sei davvero grande Signore Dio! Nessuno è come te e non vi è altro Dio fuori di te proprio come abbiamo udito con i nostri orecchi. E chi è come il tuo popolo come Israele unica nazione sulla terra che Dio è venuto a riscattare come popolo per sé e a dargli un nome operan do cose grandi e stupende per la tua terra davanti al tuo popolo che ti sei riscattato dalla nazion e d’Egitto e dai suoi dèi? Hai stabilito il tuo popolo Israele come popolo tuo per sempre e tu Sig nore sei diventato Dio per loro. Ora Signore Dio la parola che hai pronunciato sul tuo servo e sul la sua casa confermala per sempre e fa’ come hai detto. Il tuo nome sia magnificato per sempre così: “Il Signore degli eserciti è il Dio d’Israele!”. La casa del tuo servo Davide sia dunque stabile davanti a te! Poiché tu Signore degli eserciti Dio d’Israele hai rivelato questo al tuo servo e gli h ai detto: “Io ti edificherò una casa!”. Perciò il tuo servo ha trovato l’ardire di rivolgerti questa pr eghiera. Ora Signore Dio tu sei Dio le tue parole sono verità. Hai fatto al tuo servo queste belle promesse. Dégnati dunque di benedire ora la casa del tuo servo perché sia sempre dinanzi a te!
Poiché tu Signore Dio hai parlato e per la tua benedizione la casa del tuo servo è benedetta per sempre!». In seguito Davide sconfisse i Filistei e li umiliò. Davide prese le redini del comando da lle mani dei Filistei. Sconfisse anche i Moabiti e fattili coricare per terra li misurò con la corda; n e misurò due corde per farli mettere a morte e una corda intera per lasciarli in vita. I Moabiti di vennero sudditi e tributari di Davide. Davide sconfisse anche Adadèzer figlio di Recob re di Soba mentre egli andava a ristabilire il suo dominio sul fiume Eufrate. Davide gli prese millesettecent o cavalieri e ventimila fanti. Davide poi fece tagliare i garretti a tutti i cavalli risparmiandone un centinaio. Gli Aramei di Damasco andarono in aiuto di Adadèzer re di Soba ma Davide uccise ve ntiduemila Aramei. Poi Davide mise guarnigioni nell’Aram di Damasco e gli Aramei divennero su dditi e tributari di Davide. Il Signore salvava Davide in ogni sua impresa. Davide prese ai servi di
Adadèzer gli scudi d’oro e li portò a Gerusalemme. Da Betach e da Berotài città di Adadèzer, il r e Davide asportò una grande quantità di bronzo. Quando Tou re di Camat, udì che Davide aveva sconfitto tutto l’esercito di Adadèzer mandò al re Davide suo figlio Ioram per salutarlo e per be nedirlo perché aveva mosso guerra ad Adadèzer e l’aveva sconfitto; infatti Tou era sempre in gu erra con Adadèzer. Ioram gli portò vasi d’argento vasi d’oro e vasi di bronzo. Il re Davide consac rò anche quelli al Signore come già aveva consacrato l’argento e l’oro tolto alle nazioni che avev a soggiogato agli Aramei ai Moabiti agli Ammoniti ai Filistei agli Amaleciti e il bottino di Adadèze r figlio di Recob re di Soba. Al ritorno dalla sua vittoria sugli Aramei, Davide acquistò ancora fam a sconfiggendo nella valle del Sale diciottomila Edomiti. Stabilì guarnigioni in Edom; ne mise per tutto Edom e tutti gli Edomiti divennero sudditi di Davide. Il Signore salvava Davide in ogni sua i mpresa. Davide regnò su tutto Israele e rese giustizia con retti giudizi a tutto il suo popolo. Ioab figlio di Seruià comandava l’esercito; Giòsafat figlio di Achilù d era archivista; Sadoc figlio di Achi tù b e Achimèlec figlio di Ebiatàr erano sacerdoti; Seraià era scriba; Benaià figlio di Ioiadà era ca po dei Cretei e dei Peletei e i figli di Davide erano sacerdoti. Davide disse: «C’è forse ancora qua lche superstite della casa di Saul che io possa trattare con bontà a causa di Giònata?». Ora vi er a un servo della casa di Saul di nome Siba che fu chiamato presso Davide. Il re gli chiese: «Sei tu Siba?». Quegli rispose: «Sì». Il re gli disse: «C’è ancora qualcuno della casa di Saul che io possa t rattare con la bontà di Dio?». Siba rispose al re: «Vi è ancora un figlio di Giònata storpio nei pied i». Il re gli disse: «Dov’è?». Siba rispose al re: «è in casa di Machir figlio di Ammièl a Lodebàr». Al lora il re lo mandò a prendere in casa di Machir figlio di Ammièl a Lodebàr. Merib-Baal figlio di Giònata, figlio di Saul venne da Davide si gettò con la faccia a terra e si prostrò. Dav ide disse: «Merib-Baal!». Rispose: «Ecco il tuo servo!». Davide gli disse: «Non temere perché voglio trattarti con b ontà per amore di Giònata tuo padre; ti restituisco tutti i campi di Saul tuo avo e tu mangerai se mpre alla mia tavola». Merib-Baal si prostrò e disse: «Che cos’è il tuo servo, perché tu ti volga a un cane morto come sono io?
». Allora il re chiamò Siba domestico di Saul e gli disse: «Quanto apparteneva a Saul e a tutta la sua casa io lo do al figlio del tuo signore. Tu dunque con i figli e gli schiavi lavorerai per lui la terr a contribuendo perché abbia pane e nutrimento il figlio del tuo signore; ma Merib-Baal figlio del tuo signore, mangerà sempre alla mia tavola». Ora Siba aveva quindici figli e venti schiavi. Siba disse al re: «Il tuo servo farà quanto il re mio signore ordina al suo servo». Merib-Baal dunque mangiava alla tavola di Davide come uno dei figli del re. Merib-Baal aveva un figlioletto chiamato Mica; tutti quelli che stavano in casa di Siba erano al servizio di Merib-Baal. Ma Merib-Baal abitava a Gerusalemme perché mangiava sempre alla tavola del re. Era storpio in ambedue i piedi. Dopo questo morì il re degli Ammoniti e Canun suo figlio divenne re al suo posto. David e disse: «Manterrò fedeltà a Canun figlio di Nacas come suo padre la mantenne a me». Davide mandò alcuni suoi ministri a consolarlo per suo padre. I ministri di Davide andarono nel territori
o degli Ammoniti. Ma i capi degli Ammoniti dissero a Canun loro signore: «Forse Davide intende onorare tuo padre ai tuoi occhi mandandoti dei consolatori? Non ha piuttosto mandato da te i suoi ministri per esplorare la città per ispezionarla e perlustrarla?». Canun allora prese i ministri di Davide fece loro radere la metà della barba e tagliare le vesti a metà fino alle natiche poi li ri mandò. Quando l’annunciarono a Davide egli mandò qualcuno a incontrarli perché quegli uomi ni si vergognavano moltissimo. Il re fece dire loro: «Rimanete a Gerico finché vi sia cresciuta di nuovo la barba poi tornerete». Gli Ammoniti vedendo che si erano attirati l’inimicizia di Davide mandarono ad assoldare ventimila fanti di Aram Bet-Recob e di Aram Soba mille uomini del re di Maacà e dodicimila uomini della gente di Tob. Quan do Davide sentì questo mandò Ioab con tutto l’esercito dei prodi. Gli Ammoniti uscirono e si dis posero a battaglia all’ingresso della porta della città mentre gli Aramei di Soba e di Recob e la ge nte di Tob e di Maacà stavano da parte nella campagna. Ioab vide che il fronte della battaglia gli era davanti e alle spalle. Scelse allora un corpo tra i migliori d’Israele lo schierò contro gli Aram ei e affidò il resto dell’esercito a suo fratello Abisài per schierarlo contro gli Ammoniti. Disse: «S
e gli Aramei saranno più forti di me tu mi verrai a salvare; se invece gli Ammoniti saranno più fo rti di te verrò io a salvarti. Sii forte e dimostriamoci forti per il nostro popolo e per le città del no stro Dio. Il Signore faccia quello che a lui piacerà». Poi Ioab con la gente che aveva con sé attacc ò battaglia con gli Aramei i quali fuggirono davanti a lui. Quando gli Ammoniti videro che gli Ara mei erano fuggiti, fuggirono davanti ad Abisài e rientrarono nella città. Allora Ioab tornò dalla s pedizione contro gli Ammoniti e venne a Gerusalemme. Gli Aramei vedendo che erano stati sco nfitti da Israele si riunirono insieme. Adadèzer mandò a chiamare gli Aramei che erano al di là d el Fiume e quelli giunsero a Chelam; Sobac comandante dell’esercito di Adadèzer era alla loro t esta. La cosa fu riferita a Davide che radunò tutto Israele attraversò il Giordano e giunse a Chela m. Gli Aramei si schierarono di fronte a Davide e si scontrarono con lui. Ma gli Aramei fuggirono davanti a Israele: Davide uccise degli Aramei settecento cavalieri e quarantamila fanti; colpì anc he Sobac comandante del loro esercito che morì in quel luogo. Tutti i re vassalli di Adadèzer qua ndo si videro sconfitti da Israele fecero la pace con Israele e gli rimasero sottoposti. Gli Aramei n on osarono più venire a salvare gli Ammoniti. All’inizio dell’anno successivo al tempo in cui i re s ono soliti andare in guerra Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a compiere devastazioni contro gli Ammoniti; posero l’assedio a Rabbà mentre Davide rimaneva a Gerusale mme. Un tardo pomeriggio Davide alzatosi dal letto si mise a passeggiare sulla terrazza della reg gia. Dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella d’aspetto. David e mandò a informarsi sulla donna. Gli fu detto: «è Betsabea figlia di Eliàm moglie di Uria l’Ittita»
. Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. Ella andò da lui ed egli giacque con lei che si era appena purificata dalla sua impurità. Poi ella tornò a casa. La donna concepì e mandò ad annun ciare a Davide: «Sono incinta». Allora Davide mandò a dire a Ioab: «Mandami Uria l’Ittita». Ioab mandò Uria da Davide. Arrivato Uria Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come an dasse la guerra. Poi Davide disse a Uria: «Scendi a casa tua e làvati i piedi». Uria uscì dalla reggia
e gli fu mandata dietro una porzione delle vivande del re. Ma Uria dormì alla porta della reggia con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua. La cosa fu riferita a Davide: «Uria non è s ceso a casa sua». Allora Davide disse a Uria: «Non vieni forse da un viaggio? Perché dunque non sei sceso a casa tua?». Uria rispose a Davide: «L’arca Israele e Giuda abitano sotto le tende Ioab mio signore e i servi del mio signore sono accampati in aperta campagna e io dovrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per giacere con mia moglie? Per la tua vita per la vita della tua p ersona non farò mai cosa simile!». Davide disse a Uria: «Rimani qui anche oggi e domani ti lasce rò partire». Così Uria rimase a Gerusalemme quel giorno e il seguente. Davide lo invitò a mangia re e a bere con sé e lo fece ubriacare; la sera Uria uscì per andarsene a dormire sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua. La mattina dopo Davide scrisse una lettera a I oab e gliela mandò per mano di Uria. Nella lettera aveva scritto così: «Ponete Uria sul fronte del la battaglia più dura; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia». Allora Ioab che assediava la città pose Uria nel luogo dove sapeva che c’erano uomini valorosi. Gli uomini della città fecer o una sortita e attaccarono Ioab; caddero parecchi della truppa e dei servi di Davide e perì anch e Uria l’Ittita. Ioab mandò ad annunciare a Davide tutte le cose che erano avvenute nella battagl ia e diede al messaggero quest’ordine: «Quando avrai finito di raccontare al re quanto è success o nella battaglia se il re andasse in collera e ti dicesse: “Perché vi siete avvicinati così alla città p er dar battaglia? Non sapevate che avrebbero tirato dall’alto delle mura? Chi ha ucciso Abimèle c figlio di Ierub-Baal? Non fu forse una donna che gli gettò addosso il pezzo superiore di una macina dalle mura, così che egli morì a Tebes? Perché vi siete avvicinati così alle mura?” tu digli allora: “Anche il tu o servo Uria l’Ittita è morto”». Il messaggero dunque partì e quando fu arrivato annunciò a Davi de quanto Ioab lo aveva incaricato di dire. E il messaggero disse a Davide: «Poiché i nemici avev ano avuto vantaggio su di noi e avevano fatto una sortita contro di noi nella campagna noi fum mo loro addosso fino alla porta della città allora gli arcieri tirarono sui tuoi servi dall’alto delle m ura e parecchi dei servi del re perirono. Anche il tuo servo Uria l’Ittita è morto». Allora Davide di sse al messaggero: «Riferirai a Ioab: “Non sia male ai tuoi occhi questo fatto perché la spada div ora ora in un modo ora in un altro; rinforza la tua battaglia contro la città e distruggila”. E tu ste sso fagli coraggio». La moglie di Uria saputo che Uria suo marito era morto fece il lamento per il suo signore. Passati i giorni del lutto Davide la mandò a prendere e l’aggregò alla sua casa. Ella diventò sua moglie e gli partorì un figlio. Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Si gnore. Il Signore mandò il profeta Natan a Davide e Natan andò da lui e gli disse: «Due uomini e rano nella stessa città uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero mentre il povero non aveva nulla se non una sola pecorella piccina che egli aveva comp rato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane bevendo a lla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. Un viandante arrivò dall’uo mo ricco e questi evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui prese la pecorella di quell’uomo povero e la servì all’uomo c
he era venuto da lui». Davide si adirò contro quell’uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signor e chi ha fatto questo è degno di morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora per aver fatt o una tal cosa e non averla evitata». Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore Dio d’Israele: “Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul ti ho dato la c asa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone ti ho dato la casa d’I sraele e di Giuda e se questo fosse troppo poco io vi aggiungerei anche altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada U
ria l’Ittita hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. Ebbene l a spada non si allontanerà mai dalla tua casa poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie l a moglie di Uria l’Ittita”. Così dice il Signore: “Ecco io sto per suscitare contro di te il male dalla t ua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro che giacerà con loro alla luce di questo sole. Poiché tu l’hai fatto in segreto ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole”». Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispos e a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai. Tuttavia poiché con quest’azio ne tu hai insultato il Signore il figlio che ti è nato dovrà morire». Natan tornò a casa. Il Signore d unque colpì il bambino che la moglie di Uria aveva partorito a Davide e il bambino si ammalò gr avemente. Davide allora fece suppliche a Dio per il bambino si mise a digiunare e quando rientr ava per passare la notte dormiva per terra. Gli anziani della sua casa insistevano presso di lui pe rché si alzasse da terra ma egli non volle e non prese cibo con loro. Ora il settimo giorno il bamb ino morì e i servi di Davide temevano di annunciargli che il bambino era morto perché dicevano:
«Ecco quando il bambino era ancora vivo noi gli abbiamo parlato e non ha ascoltato le nostre p arole; come faremo ora a dirgli che il bambino è morto? Farà di peggio!». Ma Davide si accorse che i suoi servi bisbigliavano fra loro comprese che il bambino era morto e disse ai suoi servi: «è morto il bambino?». Quelli risposero: «è morto». Allora Davide si alzò da terra si lavò si unse e cambiò le vesti; poi andò nella casa del Signore e si prostrò. Rientrato in casa chiese che gli port assero del cibo e mangiò. I suoi servi gli dissero: «Che cosa fai? Per il bambino ancora vivo hai di giunato e pianto e ora che è morto ti alzi e mangi!». Egli rispose: «Quando il bambino era ancor a vivo digiunavo e piangevo perché dicevo: “Chissà? Il Signore avrà forse pietà di me e il bambin o resterà vivo”. Ma ora egli è morto: perché digiunare? Potrei forse farlo ritornare? Andrò io da lui ma lui non tornerà da me!». Poi Davide consolò Betsabea sua moglie andando da lei e giacen do con lei: così partorì un figlio che egli chiamò Salomone. Il Signore lo amò e mandò il profeta Natan perché lo chiamasse Iedidià per ordine del Signore. Intanto Ioab assalì Rabbà degli Ammo niti si impadronì della città regale e inviò messaggeri a Davide per dirgli: «Ho assalito Rabbà e m i sono già impadronito della città delle acque. Ora raduna il resto del popolo accàmpati contro l a città e prendila; altrimenti se la prendessi io porterebbe il mio nome». Davide radunò tutto il popolo si mosse verso Rabbà le diede battaglia e la occupò. Prese dalla testa di Milcom la coron a che pesava un talento d’oro e aveva una pietra preziosa; essa fu posta sulla testa di Davide. Eg li ricavò dalla città un bottino molto grande. Ne fece uscire gli abitanti e li impiegò alle seghe ai
picconi di ferro e alle asce di ferro e li trasferì alle fornaci da mattoni; allo stesso modo trattò tu tte le città degli Ammoniti. Poi Davide tornò a Gerusalemme con tutta la sua gente. Dopo quest o accadde che avendo Assalonne figlio di Davide una sorella molto bella, chiamata Tamar Amno n figlio di Davide si innamorò di lei. Amnon ne ebbe una tale passione da cadere malato a causa di Tamar sua sorella; poiché ella era vergine pareva impossibile ad Amnon di poterle fare qualco sa. Ora Amnon aveva un amico chiamato Ionadàb figlio di Simeà fratello di Davide e Ionadàb er a un uomo molto esperto. Egli disse: «Perché tu figlio del re diventi sempre più magro di giorno in giorno? Non me lo vuoi dire?». Amnon gli rispose: «Sono innamorato di Tamar sorella di mio fratello Assalonne». Ionadàb gli disse: «Mettiti a letto e fa’ l’ammalato; quando tuo padre verrà a vederti gli dirai: “Mia sorella Tamar venga a darmi il cibo da preparare sotto i miei occhi perch é io possa vedere e prendere il cibo dalle sue mani”». Amnon si mise a letto e fece l’ammalato; quando il re venne a vederlo Amnon gli disse: «Mia sorella Tamar venga e faccia un paio di fritte lle sotto i miei occhi e allora prenderò il cibo dalle sue mani». Allora Davide mandò a dire a Tam ar in casa: «Va’ a casa di Amnon tuo fratello e prepara una vivanda per lui». Tamar andò a casa di Amnon suo fratello che giaceva a letto. Ella prese la farina la impastò ne fece frittelle sotto i s uoi occhi e le fece cuocere. Poi prese la padella e le versò davanti a lui; ma egli rifiutò di mangia re e disse: «Escano tutti di qui». Tutti uscirono di là. Allora Amnon disse a Tamar: «Portami la vi vanda in camera e prenderò il cibo dalle tue mani». Tamar prese le frittelle che aveva fatto e le portò in camera ad Amnon suo fratello. Ma mentre gli porgeva il cibo egli l’afferrò e le disse: «V
ieni giaci con me sorella mia». Ella gli rispose: «No fratello mio, non farmi violenza. Questo non si fa in Israele: non commettere quest’infamia! E io, dove andrei a finire col mio disonore? Quan to a te tu diverresti uno dei più infami in Israele. Parlane piuttosto al re: egli non mi rifiuterà a t e». Ma egli non volle ascoltarla: fu più forte di lei e la violentò giacendo con lei. Poi Amnon conc epì verso di lei un odio grandissimo: l’odio verso di lei fu più grande dell’amore con cui l’aveva a mata prima. Le disse: «àlzati vattene!». Gli rispose: «O no! Questo male che mi fai cacciandomi è peggiore dell’altro che mi hai già fatto». Ma egli non volle ascoltarla. Anzi chiamato il domesti co che lo serviva gli disse: «Caccia fuori di qui costei e sprangale dietro la porta». Ella vestiva un a tunica con le maniche lunghe perché le figlie del re ancora vergini indossavano tali vesti. Il ser vo di Amnon dunque la mise fuori e le sprangò dietro la porta. Tamar si sparse polvere sulla test a si stracciò la tunica con le maniche lunghe che aveva indosso si mise le mani sulla testa e se ne andava gridando. Assalonne suo fratello le disse: «Forse Amnon tuo fratello è stato con te? Per ora taci sorella mia: è tuo fratello. Non fissare il tuo cuore su questo fatto». Tamar desolata rim ase in casa di Assalonne suo fratello. Il re Davide venne a sapere tutte queste cose e ne fu molto irritato ma non volle urtare suo figlio Amnon perché aveva per lui molto affetto: era infatti il su o primogenito. Assalonne non disse una parola ad Amnon né in bene né in male ma odiava Amn on perché aveva fatto violenza a Tamar sua sorella. Due anni dopo Assalonne aveva i tosatori a Baal-Asor presso èfraim e invitò tutti i figli del re. Andò dunque Assalonne dal re e disse: «Ecco dal tu
o servo ci sono i tosatori. Venga dunque anche il re con i suoi servi a casa del tuo servo!». Ma il re disse ad Assalonne: «No figlio mio non verremo tutti perché non ti siamo di peso». Sebbene i nsistesse il re non volle andare e gli diede la sua benedizione. Allora Assalonne disse: «Ma alme no venga con noi Amnon mio fratello». Il re gli rispose: «Perché dovrebbe venire con te?». Ma A ssalonne tanto insisté che Davide lasciò andare con lui Amnon e tutti i figli del re. Assalonne fec e un banchetto da re e diede quest’ordine ai domestici: «Badate quando Amnon avrà il cuore all egro per il vino e io vi dirò: “Colpite Amnon!” voi allora uccidetelo e non abbiate paura. Non ve l o comando io? Siate forti e coraggiosi!». I domestici di Assalonne fecero ad Amnon come Assalo nne aveva comandato. Allora tutti i figli del re si alzarono montarono ciascuno sul proprio mulo e fuggirono. Mentre essi erano ancora per strada giunse a Davide questa notizia: «Assalonne ha ucciso tutti i figli del re e neppure uno è scampato». Allora il re si alzò si stracciò le vesti e si get tò per terra; tutti i suoi servi che stavano là si stracciarono le vesti. Ma Ionadàb figlio di Simeà fr atello di Davide disse: «Non dica il mio signore che tutti i giovani figli del re sono stati uccisi poic hé il solo Amnon è morto: da Assalonne era stato deciso fin da quando egli aveva fatto violenza a sua sorella Tamar. Ora non pensi il mio signore che tutti i figli del re siano morti poiché il solo Amnon è morto e Assalonne è fuggito». Il giovane che stava di sentinella alzò gli occhi guardò e d ecco venire una gran turba di gente per la strada di Coronàim dal lato del monte sulla discesa.
La sentinella venne ad avvertire il re e disse: «Ho visto uomini scendere per la strada di Coronài m dal lato del monte». Allora Ionadàb disse al re: «Ecco i figli del re che arrivano; la cosa sta co me il tuo servo ha detto». Come ebbe finito di parlare ecco giungere i figli del re i quali alzarono grida e piansero; anche il re e tutti i suoi servi fecero un gran pianto. Intanto Assalonne era fug gito ed era andato da Talmài figlio di Ammiù d re di Ghesur. Il re fece il lutto per suo figlio per lu ngo tempo. Assalonne rimase tre anni a Ghesur dove era andato dopo aver preso la fuga. Poi il r e Davide cessò di sfogarsi contro Assalonne perché si era consolato per la morte di Amnon. Ioab figlio di Seruià si accorse che il cuore del re si rivolgeva ad Assalonne. Allora mandò a prendere a Tekòa una donna saggia e le disse: «Fingi di essere in lutto: mettiti una veste da lutto non ti un gere con olio e compòrtati da donna che pianga da molto tempo un morto; poi entra presso il r e e parlagli così e così». Ioab le mise in bocca le parole. La donna di Tekòa andò dunque dal re si gettò con la faccia a terra si prostrò e disse: «Aiutami o re!». Il re le disse: «Che hai?». Rispose:
«Ahimè! Io sono una vedova: mio marito è morto. La tua schiava aveva due figli ma i due venne ro tra loro a contesa in campagna e nessuno li separava; così uno colpì l’altro e l’uccise. Ed ecco tutta la famiglia è insorta contro la tua schiava dicendo: “Consegnaci il fratricida: dobbiamo farl o morire per la vita del fratello che egli ha ucciso”. Elimineranno così anche l’erede e spegneran no l’ultima brace che mi è rimasta e non si lascerà a mio marito né nome né discendenza sulla t erra». Il re disse alla donna: «Va’ pure a casa: io darò ordini a tuo riguardo». La donna di Tekòa disse al re: «O re mio signore la colpa cada su di me e sulla casa di mio padre ma il re e il suo tro no siano innocenti». E il re: «Se qualcuno parla contro di te, conducilo da me e non ti molesterà più ». Riprese: «Il re giuri nel nome del Signore suo Dio perché il vendicatore del sangue non acc
resca la rovina e non mi sopprimano il figlio». Egli rispose: «Per la vita del Signore non cadrà a t erra un capello di tuo figlio!». Allora la donna disse: «La tua schiava possa dire una parola al re mio signore!». Egli rispose: «Parla». Riprese la donna: «Allora perché pensi così contro il popolo di Dio? Il re pronunciando questa sentenza si è come dichiarato colpevole per il fatto che il re n on fa ritornare colui che ha bandito. Noi dobbiamo morire e siamo come acqua versata per terr a che non si può più raccogliere e Dio non ridà la vita. Il re pensi qualche piano perché chi è stat o bandito non sia più bandito lontano da lui. Ora se io sono venuta a parlare così al re mio signo re, è perché la gente mi ha fatto paura e la tua schiava ha detto: “Voglio parlare al re; forse il re farà quanto gli dirà la sua schiava poiché il re ascolterà la sua schiava e la libererà dalle mani di chi cerca di eliminare me con mio figlio dalla eredità di Dio”. Quindi la tua schiava dice: “La paro la del re mio signore sia fonte di quiete”. Perché il re mio signore è come un angelo di Dio nell’a scoltare il bene e il male. Il Signore tuo Dio sia con te!». Il re rispose e disse alla donna: «Non te nermi nascosto nulla di quello che io ti domanderò». La donna disse: «Parli pure il re mio signor e». Disse il re: «La mano di Ioab non è forse con te in tutto questo?». La donna rispose: «Per la t ua vita o re mio signore non si può andare né a destra né a sinistra di quanto ha detto il re mio s ignore! Proprio il tuo servo Ioab mi ha dato questi ordini e ha messo tutte queste parole in bocc a alla tua schiava. Il tuo servo Ioab ha agito così per dare un altro aspetto alla vicenda; ma il mio signore ha la saggezza di un angelo di Dio e sa quanto avviene sulla terra». Allora il re disse a Io ab: «Ecco faccio come mi hai detto; va’ dunque e fa’ tornare il giovane Assalonne». Ioab si gettò con la faccia a terra si prostrò benedisse il re e disse: «Oggi il tuo servo sa di aver trovato grazia ai tuoi occhi o re, mio signore poiché il re ha fatto quello che il suo servo gli ha detto». Ioab dun que si alzò andò a Ghesur e condusse Assalonne a Gerusalemme. Ma il re disse: «Si ritiri in casa e non veda la mia faccia». Così Assalonne si ritirò in casa e non vide la faccia del re. Ora in tutto Israele non vi era uomo bello che fosse tanto lodato quanto Assalonne; dalla pianta dei piedi all a cima del capo non era in lui difetto alcuno. Quando si faceva tagliare i capelli –
e se li faceva tagliare ogni anno perché la capigliatura gli pesava troppo e perciò li tagliava –
egli pesava i suoi capelli e il peso era di duecento sicli al peso del re. Ad Assalonne nacquero tre figli e una figlia chiamata Tamar che era donna di bell’aspetto. Assalonne abitò a Gerusalemme due anni senza vedere la faccia del re. Poi Assalonne fece chiamare Ioab per mandarlo dal re m a egli non volle andare da lui. Lo fece chiamare una seconda volta ma non volle andare. Allora A ssalonne disse ai suoi servi: «Vedete il campo di Ioab è vicino al mio e vi è l’orzo: andate e appic catevi il fuoco!». I servi di Assalonne appiccarono il fuoco al campo. Allora Ioab si alzò andò a ca sa di Assalonne e gli disse: «Perché i tuoi servi hanno dato fuoco al mio campo?». Assalonne ris pose a Ioab: «Io ti avevo mandato a dire: Vieni qui, voglio mandarti a dire al re: “Perché sono to rnato da Ghesur? Era meglio per me stare ancora là”. Ora voglio vedere la faccia del re e se vi è colpa in me mi faccia morire!». Ioab allora andò dal re e gli riferì la cosa. Il re fece chiamare Ass alonne, che venne e si prostrò con la faccia a terra davanti al re. E il re baciò Assalonne. Ma dop o questo Assalonne si procurò un carro cavalli e cinquanta uomini che correvano innanzi a lui. A
ssalonne si alzava la mattina presto e si metteva da un lato della via di accesso alla porta della ci ttà. Quando qualcuno aveva una lite e veniva dal re per il giudizio Assalonne lo chiamava e gli di ceva: «Di quale città sei?». L’altro gli rispondeva: «Il tuo servo è di tale e tale tribù d’Israele». All ora Assalonne gli diceva: «Vedi le tue ragioni sono buone e giuste ma nessuno ti ascolta per con to del re». Assalonne aggiungeva: «Se facessero me giudice del paese! Chiunque avesse una lite o un giudizio verrebbe da me e io gli farei giustizia». Quando uno gli si accostava per prostrarsi davanti a lui gli porgeva la mano l’abbracciava e lo baciava. Assalonne faceva così con tutti gli Is raeliti che venivano dal re per il giudizio; in questo modo Assalonne si accattivò il cuore degli Isr aeliti. Ora dopo quattro anni Assalonne disse al re: «Vorrei andare a Ebron a sciogliere un voto c he ho fatto al Signore. Perché durante la sua dimora a Ghesur in Aram il tuo servo ha fatto ques to voto: “Se il Signore mi riconduce a Gerusalemme io servirò il Signore!”». Il re gli disse: «Va’ in pace!». Egli si alzò e andò a Ebron. Allora Assalonne mandò corrieri per tutte le tribù d’Israele a dire: «Quando sentirete il suono del corno allora direte: “Assalonne è divenuto re a Ebron”». C
on Assalonne erano partiti da Gerusalemme duecento uomini i quali invitati partirono con semp licità senza saper nulla. Assalonne convocò Achitòfel il Ghilonita consigliere di Davide perché ve nisse dalla sua città di Ghilo all’offerta dei sacrifici. La congiura divenne potente e il popolo anda va aumentando intorno ad Assalonne. Arrivò un informatore da Davide e disse: «Il cuore degli Is raeliti è con Assalonne». Allora Davide disse a tutti i suoi servi che erano con lui a Gerusalemme
: «Alzatevi fuggiamo; altrimenti nessuno di noi scamperà dalle mani di Assalonne. Partite in fret ta, perché non si affretti lui a raggiungerci e faccia cadere su di noi la rovina e passi la città a fil d i spada». I servi del re gli dissero: «Tutto come preferirà il re, mio signore; ecco noi siamo i tuoi servi». Il re dunque uscì a piedi con tutta la famiglia; lasciò dieci concubine a custodire la reggia.
Il re uscì dunque a piedi con tutto il popolo e si fermarono all’ultima casa. Tutti i servi del re ca mminavano al suo fianco e tutti i Cretei e tutti i Peletei e tutti quelli di Gat seicento uomini venu ti da Gat al suo seguito sfilavano davanti al re. Allora il re disse a Ittài di Gat: «Perché vuoi venir e anche tu con noi? Torna indietro e resta con il re perché sei uno straniero e per di più un esule dalla tua patria. Appena ieri sei arrivato e oggi ti farei vagare con noi mentre io stesso vado dov e capiterà di andare? Torna indietro e riconduci con te i tuoi fratelli. Fedeltà e lealtà!». Ma Ittài rispose al re: «Per la vita del Signore e la tua o re mio signore in qualunque luogo sarà il re mio s ignore, per morire o per vivere là sarà anche il tuo servo». Allora Davide disse a Ittài: «Su passa!
». Ittài di Gat passò con tutti gli uomini e con tutte le donne e i bambini che erano con lui. Tutta la terra piangeva con alte grida. Tutto il popolo passava anche il re attendeva di passare il torre nte Cedron e tutto il popolo passava davanti a lui prendendo la via del deserto. Ecco venire anc he Sadoc con tutti i leviti i quali portavano l’arca dell’alleanza di Dio. Essi deposero l’arca di Dio –
anche Ebiatàr era venuto –
finché tutto il popolo non finì di venire via dalla città. Il re disse a Sadoc: «Riporta in città l’arca di Dio! Se io trovo grazia agli occhi del Signore egli mi farà tornare e me la farà rivedere essa e la sua sede. Ma se dice: “Non ti gradisco!” eccomi: faccia di me quello che sarà bene davanti a lui
». Il re aggiunse al sacerdote Sadoc: «Vedi: torna in pace in città e Achimàas tuo figlio e Giònata figlio di Ebiatàr i vostri due figli siano con voi. Badate: io aspetterò presso i guadi del deserto fin ché mi sia portata qualche notizia da parte vostra». Così Sadoc ed Ebiatàr riportarono a Gerusal emme l’arca di Dio e là rimasero. Davide saliva l’erta degli Ulivi saliva piangendo e camminava c on il capo coperto e a piedi scalzi; tutta la gente che era con lui aveva il capo coperto e salendo piangeva. Fu intanto portata a Davide la notizia: «Achitòfel è con Assalonne tra i congiurati». Da vide disse: «Rendi stolti i consigli di Achitòfel Signore!». Quando Davide fu giunto in vetta al mo nte al luogo dove ci si prostra a Dio ecco farglisi incontro Cusài, l’Archita con la tunica stracciata e il capo coperto di polvere. Davide gli disse: «Se tu passi con me mi sarai di peso; ma se torni in città e dici ad Assalonne: “Io sarò tuo servo o re; come sono stato servo di tuo padre prima così sarò ora tuo servo” tu mi renderai nulli i consigli di Achitòfel. E non avrai forse là con te i sacerd oti Sadoc ed Ebiatàr? Quanto sentirai dire nella reggia lo riferirai ai sacerdoti Sadoc ed Ebiatàr. E
cco essi hanno con loro i due figli Achimàas, figlio di Sadoc e Giònata figlio di Ebiatàr; per mezzo di loro mi manderete a dire quanto avrete sentito». Cusài amico di Davide arrivò in città quand o Assalonne entrava in Gerusalemme. Davide aveva appena superato la cima del monte quand’
ecco Siba servo di Merib-
Baal, gli si fece incontro con un paio di asini sellati e carichi di duecento pani cento grappoli di u va passa cento frutti d’estate e un otre di vino. Il re disse a Siba: «Che vuoi fare di queste cose?»
. Siba rispose: «Gli asini serviranno da cavalcatura alla famiglia del re i pani e i frutti d’estate son o per sfamare i giovani il vino per dissetare quelli che saranno stanchi nel deserto». Il re disse: «
Dov’è il figlio del tuo signore?». Siba rispose al re: «Ecco è rimasto a Gerusalemme perché ha de tto: “Oggi la casa di Israele mi restituirà il regno di mio padre”». Il re disse a Siba: «Quanto appa rtiene a Merib-Baal è tuo». Siba rispose: «Mi prostro! Possa io trovar grazia ai tuoi occhi o re mio signore!». Qu ando poi il re Davide fu giunto a Bacurìm ecco uscire di là un uomo della famiglia della casa di S
aul chiamato Simei figlio di Ghera. Egli usciva imprecando e gettava sassi contro Davide e contr o tutti i servi del re Davide mentre tutto il popolo e tutti i prodi stavano alla sua destra e alla sua sinistra. Così diceva Simei maledicendo Davide: «Vattene, vattene sanguinario malvagio! Il Sign ore ha fatto ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul al posto del quale regni; il Sig nore ha messo il regno nelle mani di Assalonne tuo figlio, ed eccoti nella tua rovina perché sei u n sanguinario». Allora Abisài, figlio di Seruià disse al re: «Perché questo cane morto dovrà male dire il re mio signore? Lascia che io vada e gli tagli la testa!». Ma il re rispose: «Che ho io in com une con voi figli di Seruià? Se maledice è perché il Signore gli ha detto: “Maledici Davide!”. E chi potrà dire: “Perché fai così?”». Poi Davide disse ad Abisài e a tutti i suoi servi: «Ecco il figlio uscit o dalle mie viscere cerca di togliermi la vita: e allora questo Beniaminita lasciatelo maledire poic hé glielo ha ordinato il Signore. Forse il Signore guarderà la mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi». Davide e la sua gente continuarono il cammino e Simei cam minava sul fianco del monte parallelamente a Davide e cammin facendo malediceva gli tirava sa
ssi e gli lanciava polvere. Il re e tutta la gente che era con lui arrivarono stanchi presso il Giorda no dove ripresero fiato. Intanto Assalonne con tutti gli Israeliti era entrato in Gerusalemme e Ac hitòfel era con lui. Quando Cusài l’Archita l’amico di Davide fu giunto presso Assalonne gli disse:
«Viva il re! Viva il re!». Assalonne disse a Cusài: «Questa è la fedeltà che hai per il tuo amico? P
erché non sei andato con il tuo amico?». Cusài rispose ad Assalonne: «No io sarò per colui che il Signore e questo popolo e tutti gli Israeliti hanno scelto e con lui rimarrò. E poi di chi sarò servo
? Non lo sarò forse di suo figlio? Come ho servito tuo padre così servirò te». Allora Assalonne di sse ad Achitòfel: «Consultatevi su quello che dobbiamo fare». Achitòfel rispose ad Assalonne: «
Entra dalle concubine che tuo padre ha lasciato a custodia della casa; tutto Israele saprà che ti s ei reso odioso a tuo padre e sarà rafforzato il coraggio di tutti i tuoi». Fu dunque tesa una tenda sulla terrazza per Assalonne e Assalonne entrò dalle concubine del padre alla vista di tutto Israe le. In quei giorni un consiglio dato da Achitòfel era come se si fosse consultata la parola di Dio. C
osì era di tutti i consigli di Achitòfel tanto per Davide che per Assalonne. Achitòfel disse ad Assal onne: «Sceglierò dodicimila uomini: mi metterò a inseguire Davide questa notte gli piomberò a ddosso mentre egli è stanco e ha le braccia fiacche lo spaventerò e tutta la gente che è con lui si darà alla fuga; io colpirò solo il re e ricondurrò a te tutto il popolo, come ritorna la sposa al suo uomo. La vita di un solo uomo tu cerchi: la gente rimarrà tranquilla». Questo parlare piacque ad Assalonne e a tutti gli anziani d’Israele. Ma Assalonne disse: «Chiamate anche Cusài l’Archita e sentiamo ciò che ha in bocca anche lui». Quando Cusài fu giunto da Assalonne questi gli disse: «
Achitòfel ha parlato così e così: dobbiamo fare come ha detto lui? Se no, parla tu!». Cusài rispos e ad Assalonne: «Questa volta il consiglio dato da Achitòfel non è buono». Cusài continuò: «Tu c onosci tuo padre e i suoi uomini: sai che sono dei prodi e che hanno l’animo esasperato come u n’orsa privata dei figli nella campagna; poi tuo padre è un guerriero e non passerà la notte con i l popolo. A quest’ora egli è nascosto in qualche buca o in qualche altro luogo; se fin da principio cadranno alcuni dei tuoi si verrà a sapere e si dirà: “C’è stata una strage tra la gente che segue Assalonne”. Allora il più valoroso, anche se avesse un cuore di leone si avvilirà perché tutto Isra ele sa che tuo padre è un prode e che i suoi uomini sono valorosi. Perciò io consiglio che tutto Is raele da Dan fino a Bersabea si raduni presso di te numeroso come la sabbia che è sulla riva del mare e che tu in persona vada alla battaglia. Così lo raggiungeremo in qualunque luogo si trover à e piomberemo su di lui come la rugiada cade sul suolo; di tutti i suoi uomini non ne resterà un o solo. Se poi si ritira in qualche città tutto Israele porterà corde a quella città e noi la trascinere mo nella valle in modo che non se ne trovi più nemmeno una pietruzza». Assalonne e tutti gli Is raeliti dissero: «Il consiglio di Cusài l’Archita è migliore di quello di Achitòfel». Il Signore aveva st abilito di render nullo il buon consiglio di Achitòfel per far cadere la rovina su Assalonne. Allora Cusài disse ai sacerdoti Sadoc ed Ebiatàr: «Achitòfel ha consigliato Assalonne e gli anziani d’Isra ele così e così ma io ho consigliato diversamente. Ora dunque mandate in fretta a informare Da vide e ditegli: “Non passare la notte presso i guadi del deserto ma passa subito dall’altra parte p erché non sia finita per il re e la gente che è con lui”». Ora Giònata e Achimàas stavano presso l
a fonte di Roghel e una schiava andò a portare loro le notizie che essi dovevano andare a riferir e al re Davide perché non potevano farsi vedere entrare in città. Ma un giovane li vide e inform ò Assalonne. I due partirono di corsa e giunsero a Bacurìm a casa di un uomo che aveva nel corti le una cisterna. Essi vi si calarono e la donna di casa prese una coperta la distese sulla bocca dell a cisterna e sparse del grano su di essa così che non ci si accorgeva di nulla. I servi di Assalonne vennero in casa della donna e chiesero: «Dove sono Achimàas e Giònata?». La donna rispose lor o: «Hanno oltrepassato il serbatoio dell’acqua». Quelli si misero a cercarli ma non riuscendo a tr ovarli tornarono a Gerusalemme. Quando costoro se ne furono partiti i due uscirono dalla cister na e andarono a informare il re Davide. Gli dissero: «Muovetevi e passate in fretta l’acqua perch é così ha consigliato Achitòfel a vostro danno». Allora Davide si levò con tutta la sua gente e pas sò il Giordano. Allo spuntare del giorno neppure uno era rimasto che non avesse passato il Gior dano. Achitòfel vedendo che il suo consiglio non era stato seguito sellò l’asino e partì per andar e a casa sua nella sua città. Mise in ordine gli affari della casa e s’impiccò. Così morì e fu sepolto nel sepolcro di suo padre. Davide era giunto a Macanàim quando Assalonne passò il Giordano c on tutti gli Israeliti. Assalonne aveva posto a capo dell’esercito Amasà invece di Ioab. Amasà era figlio di un uomo chiamato Itra l’Israelita il quale si era unito ad Abigàl, figlia di Nacas e sorella di Seruià madre di Ioab. Israele e Assalonne si accamparono nel territorio di Gàlaad. Quando Da vide fu giunto a Macanàim Sobì, figlio di Nacas da Rabbà degli Ammoniti e Machir figlio di Ammi èl da Lodebàr e Barzillài il Galaadita da Roghelìm portarono giacigli coppe e vasi di terracotta gr ano orzo farina grano arrostito fave lenticchie miele panna e pecore e formaggio di mucca per D
avide e per la sua gente perché mangiassero; infatti dicevano: «Questa gente ha patito fame sta nchezza e sete nel deserto». Davide fece ispezione tra la sua gente e costituì comandanti di migl iaia e comandanti di centinaia su di loro. Davide dispose la gente: un terzo sotto il comando di I oab un terzo sotto il comando di Abisài figlio di Seruià fratello di Ioab e un terzo sotto il comand o di Ittài di Gat. Poi il re disse al popolo: «Voglio uscire anch’io con voi!». Ma il popolo rispose: «
Tu non devi uscire perché se noi fossimo messi in fuga, non si farebbe alcun caso di noi; quand’
anche perisse la metà di noi non se ne farebbe alcun caso, ma tu conti per diecimila di noi. Quin di è meglio che tu sia per noi di aiuto dalla città». Il re rispose loro: «Farò quello che vi sembra b ene». Il re si fermò al fianco della porta mentre tutto l’esercito usciva a schiere di cento e di mill e uomini. Il re ordinò a Ioab ad Abisài e a Ittài: «Trattatemi con riguardo il giovane Assalonne!».
E tutto il popolo udì quanto il re ordinò a tutti i capi a proposito di Assalonne. L’esercito uscì in c ampo contro Israele e la battaglia ebbe luogo nella foresta di èfraim. La gente d’Israele fu sconfi tta in quel luogo dai servi di Davide; la strage fu grande in quel giorno: ventimila uomini. La batt aglia si estese per tutta la regione e la foresta divorò in quel giorno molta più gente di quanta n on ne avesse divorata la spada. Ora Assalonne s’imbatté nei servi di Davide. Assalonne cavalcav a il mulo; il mulo entrò sotto il groviglio di una grande quercia e la testa di Assalonne rimase im pigliata nella quercia e così egli restò sospeso fra cielo e terra mentre il mulo che era sotto di lui passò oltre. Un uomo lo vide e venne a riferire a Ioab: «Ho visto Assalonne appeso a una querci
a». Ioab rispose all’uomo che gli portava la notizia: «Dunque, l’hai visto? E perché non l’hai stes o al suolo tu sul posto? Io t’avrei dato dieci sicli d’argento e una cintura». Ma quell’uomo disse a Ioab: «Quand’anche mi fossero messi in mano mille sicli d’argento io non stenderei la mano s ul figlio del re perché con i nostri orecchi abbiamo udito l’ordine che il re ha dato a te ad Abisài e a Ittài: “Proteggetemi il giovane Assalonne!”. Ma se io avessi agito con perfidia di mia testa po iché nulla rimane nascosto al re tu avresti preso le distanze». Allora Ioab disse: «Io non voglio p erdere così il tempo con te». Prese in mano tre dardi e li ficcò nel cuore di Assalonne che era an cora vivo nel folto della quercia. Poi dieci giovani scudieri di Ioab circondarono Assalonne lo col pirono e lo finirono. Allora Ioab suonò il corno e il popolo cessò di inseguire Israele, perché Ioab aveva trattenuto il popolo. Quindi presero Assalonne lo gettarono in una grande buca nella for esta ed elevarono sopra di lui un grande mucchio di pietre. Tutto Israele era fuggito, ciascuno n ella sua tenda. Ora Assalonne mentre era in vita si era eretta la stele che è nella valle del Re per ché diceva: «Io non ho un figlio per conservare il ricordo del mio nome». Chiamò quella stele co n il suo nome e la si chiamò monumento di Assalonne fino ad oggi. Achimàas figlio di Sadoc diss e a Ioab: «Correrò a portare al re la bella notizia che il Signore lo ha liberato dai suoi nemici». Io ab gli disse: «Tu non sarai oggi l’uomo della bella notizia la darai un altro giorno; non darai oggi l a bella notizia, perché il figlio del re è morto». Poi Ioab disse all’Etiope: «Va’ e riferisci al re quell o che hai visto». L’Etiope si prostrò a Ioab e corse via. Achimàas figlio di Sadoc disse di nuovo a I oab: «Comunque sia voglio correre anch’io dietro all’Etiope». Ioab gli disse: «Ma perché correre figlio mio? La bella notizia non ti porterà nulla di buono». E l’altro: «Comunque sia voglio correr e». Ioab gli disse: «Corri!». Allora Achimàas prese la corsa per la strada della valle e oltrepassò l’
Etiope. Davide stava seduto fra le due porte; la sentinella salì sul tetto della porta sopra le mura alzò gli occhi, guardò ed ecco vide un uomo correre tutto solo. La sentinella gridò e l’annunciò al re. Il re disse: «Se è solo ha in bocca una bella notizia». Quegli andava avvicinandosi sempre p iù. La sentinella vide un altro uomo che correva e gridò al guardiano: «Ecco un altro uomo corre re tutto solo!». E il re: «Anche questo ha una bella notizia». La sentinella disse: «Il modo di corr ere del primo mi pare quello di Achimàas figlio di Sadoc». E il re disse: «è un uomo buono: viene certo per una lieta notizia!». Achimàas gridò al re: «Pace!». Poi si prostrò al re con la faccia a te rra e disse: «Benedetto sia il Signore tuo Dio che ha fermato gli uomini che avevano alzato le m ani contro il re mio signore!». Il re disse: «Il giovane Assalonne sta bene?». Achimaàs rispose: «
Quando Ioab mandava il servo del re e me tuo servo io vidi un gran tumulto ma non so che cosa fosse». Il re gli disse: «Mettiti là da parte». Quegli si mise da parte e aspettò. Ed ecco arrivare l’
Etiope che disse: «Si rallegri per la notizia il re mio signore! Il Signore ti ha liberato oggi da quan ti erano insorti contro di te». Il re disse all’Etiope: «Il giovane Assalonne sta bene?». L’Etiope ris pose: «Diventino come quel giovane i nemici del re mio signore e quanti insorgono contro di te per farti del male!». Allora il re fu scosso da un tremito salì al piano di sopra della porta e pianse
; diceva andandosene: «Figlio mio Assalonne! Figlio mio figlio mio Assalonne! Fossi morto io inv ece di te, Assalonne figlio mio figlio mio!». Fu riferito a Ioab: «Ecco il re piange e fa lutto per Ass
alonne». La vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo perché il popolo sentì dir e in quel giorno: «Il re è desolato a causa del figlio». Il popolo in quel giorno rientrò in città furti vamente come avrebbe fatto gente vergognosa per essere fuggita durante la battaglia. Il re si er a coperta la faccia e gridava a gran voce: «Figlio mio Assalonne Assalonne figlio mio figlio mio!».
Allora Ioab entrò in casa del re e disse: «Tu fai arrossire oggi il volto di tutta la tua gente che in questo giorno ha salvato la vita a te ai tuoi figli e alle tue figlie alle tue mogli e alle tue concubin e perché ami quelli che ti odiano e odii quelli che ti amano. Infatti oggi tu mostri chiaramente c he capi e servi per te non contano nulla; ora io ho capito che se Assalonne fosse vivo e noi quest
’oggi fossimo tutti morti questa sarebbe una cosa giusta ai tuoi occhi. Ora dunque àlzati esci e p arla al cuore dei tuoi servi perché io giuro per il Signore che se non esci neppure un uomo rester à con te questa notte; questo sarebbe per te un male peggiore di tutti quelli che ti sono capitati dalla tua giovinezza fino ad oggi». Allora il re si alzò e si sedette alla porta; fu dato quest’annunc io a tutto il popolo: «Ecco il re sta seduto alla porta». E tutto il popolo venne alla presenza del r e. Gli Israeliti erano fuggiti ognuno alla sua tenda. In tutte le tribù d’Israele tutto il popolo stava discutendo e diceva: «Il re ci ha liberati dalle mani dei nostri nemici e ci ha salvati dalle mani dei Filistei; ora è dovuto fuggire dalla terra a causa di Assalonne. Ma Assalonne che noi avevamo u nto re su di noi è morto in battaglia. Ora perché indugiate a fare tornare il re?». Ciò che si dicev a in tutto Israele era giunto a conoscenza del re. Il re Davide mandò a dire ai sacerdoti Sadoc ed Ebiatàr: «Riferite agli anziani di Giuda: “Perché volete essere gli ultimi a far tornare il re alla sua casa? Fratelli miei voi siete mio osso e mia carne e perché dunque sareste gli ultimi a far tornar e il re?”. Dite ad Amasà: “Non sei forse mio osso e mia carne? Dio mi faccia questo e anche peg gio se tu non diventerai davanti a me capo dell’esercito per sempre al posto di Ioab!”». Così pie gò il cuore di tutti gli uomini di Giuda, come se fosse stato il cuore di un sol uomo; essi mandaro no a dire al re: «Ritorna tu e tutti i tuoi servi». Il re dunque tornò e giunse al Giordano; quelli di Giuda vennero a Gàlgala per andare incontro al re e per fargli passare il Giordano. Simei figlio di Ghera Beniaminita che era di Bacurìm si affrettò a scendere con gli uomini di Giuda incontro al re Davide. Aveva con sé mille uomini di Beniamino. Siba il domestico della casa di Saul i suoi qui ndici figli e i suoi venti servi si precipitarono al Giordano prima del re. La barca faceva la travers ata per far passare la famiglia del re e poi fare quanto gli fosse sembrato opportuno. Intanto Si mei figlio di Ghera si gettò ai piedi del re nel momento in cui passava il Giordano e disse al re: «I l mio signore non tenga conto della mia colpa! Quanto il tuo servo ha commesso quando il re mi o signore è uscito da Gerusalemme non ricordarlo, non lo conservi il re nel suo cuore! Certo il tu o servo riconosce di aver peccato ed ecco oggi primo di tutta la casa di Giuseppe sono sceso inc ontro al re mio signore». Ma Abisài figlio di Seruià disse: «Non dovrà forse essere messo a mort e Simei perché ha maledetto il consacrato del Signore?». Davide disse: «Che ho io in comune co n voi o figli di Seruià perché diventiate oggi miei avversari? Si può mettere a morte oggi qualcun o in Israele? Non so già forse di essere oggi il re d’Israele?». Il re disse a Simei: «Tu non morirai!
». E il re glielo giurò. Anche Merib-

Baal nipote di Saul scese incontro al re. Non si era curato i piedi né la barba intorno alle labbra e non aveva lavato le vesti dal giorno in cui il re era partito a quello in cui tornava in pace. Mentr e andava a Gerusalemme incontro al re il re gli disse: «Perché non sei venuto con me Merib-Baal?». Egli rispose: «O re, mio signore il mio servo mi ha ingannato! Il tuo servo aveva detto: “I o mi farò sellare l’asino monterò e andrò con il re perché il tuo servo è zoppo”. Inoltre egli ha ca lunniato il tuo servo presso il re mio signore. Però il re mio signore è come un angelo di Dio; fa’
dunque ciò che sembrerà bene ai tuoi occhi. Perché tutti quelli della casa di mio padre erano sol o degni di morte per il re mio signore; ma tu hai posto il tuo servo fra quelli che mangiano alla t ua tavola. E che diritto avrei ancora di supplicare il re?». Il re gli disse: «Non occorre che tu aggi unga altre parole. Ho deciso: tu e Siba vi dividerete i campi». Merib-Baal rispose al re: «Se li prenda pure tutti lui dato che ormai il re mio signore è tornato in pace a casa sua!». Barzillài il Galaadita era sceso da Roghelìm e aveva passato il Giordano con il re per congedarsi da lui presso il Giordano. Barzillài era molto vecchio: aveva ottant’anni. Aveva dato s ostentamento al re mentre questi si trovava a Macanàim perché era un uomo molto facoltoso. I l re disse a Barzillài: «Vieni con me; io provvederò al tuo sostentamento presso di me a Gerusale mme». Ma Barzillài rispose al re: «Quanti sono gli anni che mi restano da vivere perché io salga con il re a Gerusalemme? Io ora ho ottant’anni; posso forse ancora distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo? Può il tuo servo gustare ancora ciò che mangia e ciò che beve? Posso udire ancora la voce dei cantanti e delle cantanti? E perché allora il tuo servo dovrebbe essere di pes o al re mio signore? Il tuo servo verrà con il re appena oltre il Giordano; perché il re dovrebbe d armi una tale ricompensa? Lascia che il tuo servo torni indietro e che io possa morire nella mia c ittà presso la tomba di mio padre e di mia madre. Ecco qui mio figlio il tuo servo Chimam: venga lui con il re mio signore; fa’ per lui quello che ti piacerà». Il re rispose: «Venga dunque con me C
himam e io farò per lui quello che a te piacerà farò per te quello che desidererai da me». Poi tut to il popolo passò il Giordano. Il re l’aveva già passato. Allora il re baciò Barzillài e lo benedisse; quegli tornò a casa. Così il re proseguì per Gàlgala e Chimam era venuto con lui. Tutta la gente d i Giuda e anche metà della gente d’Israele aveva fatto passare il re. Allora tutti gli Israeliti venne ro dal re e gli dissero: «Perché i nostri fratelli gli uomini di Giuda ti hanno prelevato e hanno fatt o passare il Giordano al re alla sua famiglia e a tutta la gente di Davide?». Tutti gli uomini di Giu da risposero agli Israeliti: «Il re è un nostro parente stretto; perché vi adirate per questo? Abbia mo forse mangiato a spese del re o ci fu portata qualche porzione?». Gli Israeliti replicarono agli uomini di Giuda: «Io ho dieci parti sul re e anche su Davide ho la preminenza rispetto a te; perc hé mi hai disprezzato? Non sono forse stato il primo a proporre di far tornare il re?». Ma il parla re degli uomini di Giuda fu più ostinato di quello degli Israeliti. Capitò là uno scellerato chiamat o Seba figlio di Bicrì un Beniaminita, il quale suonò il corno e disse: «Non abbiamo alcuna parte con Davide e non abbiamo un’eredità con il figlio di Iesse. Ognuno alle proprie tende Israele!».
Tutti gli Israeliti si allontanarono da Davide per seguire Seba figlio di Bicrì ma gli uomini di Giuda rimasero uniti al loro re e lo accompagnarono dal Giordano fino a Gerusalemme. Davide entrò
nella reggia a Gerusalemme. Il re prese le dieci concubine che aveva lasciato a custodia della re ggia e le mise in una residenza sorvegliata; dava loro sostentamento ma non si accostava a loro.
Rimasero così recluse fino al giorno della loro morte vivendo da vedove. Quindi il re disse ad A masà: «Radunami tutti gli uomini di Giuda in tre giorni; poi férmati qui». Amasà dunque partì pe r far venire gli uomini di Giuda; ma tardò più del tempo fissato. Allora Davide disse ad Abisài: «S
eba figlio di Bicrì ci farà ora più male di Assalonne; prendi i servi del tuo signore e inseguilo perc hé non trovi fortezze e sfugga ai nostri occhi». Con lui uscirono gli uomini di Ioab i Cretei i Pelet ei e tutti i prodi; uscirono da Gerusalemme per inseguire Seba, figlio di Bicrì. Si trovavano press o la grande pietra che è a Gàbaon quando Amasà venne loro incontro. Ioab indossava la veste militare sopra la quale portava il cinturone con la spada pendente dai fianchi nel fodero; venen do fuori essa gli cadde. Ioab disse ad Amasà: «Stai bene fratello mio?» e con la destra prese Am asà per la barba per baciarlo. Amasà non fece attenzione alla spada che Ioab aveva nell’altra ma no e Ioab lo colpì al ventre e ne sparse le viscere a terra; non lo colpì una seconda volta perché era già morto. Poi Ioab e Abisài suo fratello inseguirono Seba figlio di Bicrì. Uno dei giovani di Io ab era rimasto presso Amasà e diceva: «Chi ama Ioab e chi è per Davide segua Ioab!». Intanto A masà giaceva insanguinato in mezzo al sentiero e quell’uomo vide che tutto il popolo si fermava
. Allora trascinò Amasà fuori dal sentiero in un campo e gli buttò addosso una veste perché qua nti gli arrivavano vicino lo vedevano e si fermavano. Quando fu rimosso dal sentiero passarono tutti al seguito di Ioab per inseguire Seba figlio di Bicrì. Costui passò per tutte le tribù d’Israele fi no ad Abel-Bet-Maacà tutti gli alleati si radunarono e lo seguirono. Vennero dunque lo assediarono ad Abel-Bet-
Maacà e innalzarono contro la città un terrapieno addossato al contrafforte; tutto il popolo che era con Ioab faceva di tutto per far cadere le mura. Allora una donna saggia gridò dalla città: «A scoltate ascoltate! Dite a Ioab di avvicinarsi gli voglio parlare!». Quando egli le si avvicinò la don na gli chiese: «Sei tu Ioab?». Egli rispose: «Sì». Allora ella gli disse: «Ascolta la parola della tua sc hiava». Egli rispose: «Ascolto». Riprese: «Una volta si soleva dire: “Si consultino quelli di Abel” e la cosa si risolveva. Io vivo tra uomini pacifici e fedeli d’Israele e tu cerchi di far perire una città che è una madre in Israele. Perché vuoi distruggere l’eredità del Signore?». Ioab rispose: «Non s ia mai non sia mai che io distrugga e devasti! La questione è diversa: un uomo delle montagne d i èfraim chiamato Seba figlio di Bicrì ha alzato la mano contro il re Davide. Consegnatemi lui sol o e io me ne andrò dalla città». La donna disse a Ioab: «Ecco la sua testa ti sarà gettata dalle mu ra». Allora la donna si rivolse a tutto il popolo con saggezza; così quelli tagliarono la testa a Seba figlio di Bicrì e la gettarono a Ioab. Egli fece suonare il corno; tutti si dispersero lontano dalla cit tà ognuno alla propria tenda. Poi Ioab tornò a Gerusalemme presso il re. Ioab era a capo di tutt o l’esercito d’Israele; Benaià figlio di Ioiadà era capo dei Cretei e dei Peletei; Adoràm sovrintend eva al lavoro coatto; Giòsafat figlio di Achilù d era archivista; Seva era scriba; Sadoc ed Ebiatàr e rano sacerdoti e anche Ira lo Iairita era sacerdote di Davide. Al tempo di Davide ci fu una caresti
a per tre anni; Davide cercò il volto del Signore e il Signore gli disse: «Su Saul e sulla sua casa c’è sangue perché egli ha fatto morire i Gabaoniti». Allora il re chiamò i Gabaoniti e parlò loro. I Ga baoniti non erano Israeliti ma un resto degli Amorrei e gli Israeliti avevano fatto con loro un giur amento; Saul però nel suo zelo per gli Israeliti e per quelli di Giuda aveva cercato di colpirli. Davi de disse ai Gabaoniti: «Che devo fare per voi? In che modo espierò, perché voi possiate benedir e l’eredità del Signore?». I Gabaoniti gli risposero: «Fra noi e Saul e la sua casa non è questione d’argento o d’oro, né ci riguarda l’uccidere qualcuno in Israele». Il re disse: «Quello che voi diret e io ve lo farò». Quelli risposero al re: «Di quell’uomo che ci ha distrutti e aveva progettato di fi nirci perché più non sopravvivessimo in tutto il territorio d’Israele ci siano consegnati sette uom ini tra i suoi figli e noi li impiccheremo davanti al Signore a Gàbaon sul monte del Signore». Il re disse: «Ve li consegnerò». Il re risparmiò Merib-Baal figlio di Giònata figlio di Saul per il giuramento del Signore che c’era tra loro tra Davide e Gi ònata figlio di Saul. Il re prese i due figli che Rispa figlia di Aià aveva partoriti a Saul Armonì e Me rib-Baal e i cinque figli che Merab figlia di Saul aveva partoriti ad Adrièl di Mecolà, figlio di Barzillài.
Li consegnò nelle mani dei Gabaoniti che li impiccarono sul monte davanti al Signore. Tutti e set te caddero insieme. Furono messi a morte nei primi giorni della mietitura quando si cominciava a mietere l’orzo. Allora Rispa figlia di Aià prese il sacco e lo stese sulla roccia dal principio della mietitura fino a quando dal cielo non cadde su di loro la pioggia. Essa non permise agli uccelli de l cielo di posarsi su di loro di giorno e alle bestie selvatiche di accostarsi di notte. Fu riferito a Da vide quello che Rispa figlia di Aià concubina di Saul aveva fatto. Davide andò a prendere le ossa di Saul e quelle di Giònata suo figlio presso i signori di Iabes di Gàlaad i quali le avevano sottratt e furtivamente dalla piazza di Bet-Sean dove i Filistei li avevano appesi quando avevano colpito Saul sul Gèlboe. Egli riportò le oss a di Saul e quelle di Giònata suo figlio; poi si raccolsero anche le ossa di quelli che erano stati im piccati. Le ossa di Saul e di Giònata suo figlio furono sepolte nel territorio di Beniamino a Sela n el sepolcro di Kis padre di Saul. Fu fatto quanto il re aveva ordinato e dopo questo Dio si mostrò placato verso la terra. I Filistei mossero di nuovo guerra a Israele e Davide scese con i suoi servi a combattere contro i Filistei. Davide era stanco e Isbi-Benòb uno dei discendenti di Rafa con una lancia del peso di trecento sicli di bronzo e portando una spada nuova manifestò il proposito di uccidere Davide; ma Abisài figlio di Seruià venne in ai uto al re, colpì il Filisteo e lo uccise. Allora gli uomini di Davide gli giurarono: «Tu non uscirai più con noi a combattere e non spegnerai la lampada d’Israele». Dopo questo ci fu un’altra battagli a con i Filistei a Gob. Allora Sibbecài di Cusa uccise Saf uno dei discendenti di Rafa. Ci fu un’altra battaglia con i Filistei a Gob ed Elcanàn figlio di Iair di Betlemme uccise Golia di Gat: l’asta della sua lancia era come un cilindro da tessitori. Ci fu un’altra battaglia a Gat dove c’era un uomo di grande statura che aveva sei dita per mano e per piede in tutto ventiquattro e anche lui discend eva da Rafa. Egli sfidò Israele ma Giònata figlio di Simeà fratello di Davide lo uccise. Questi quatt
ro discendevano da Rafa a Gat. Essi caddero per mano di Davide e dei suoi uomini. Davide rivols e al Signore le parole di questo canto quando il Signore lo liberò dalla mano di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul. Egli disse: «Signore mia roccia mia fortezza mio liberatore, mio Dio mia ru pe in cui mi rifugio; mio scudo mia potente salvezza e mio baluardo, mio nascondiglio che mi sal va, dalla violenza tu mi salvi. Invoco il Signore degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi c ircondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti infernali; già mi avvolgevano i lacci degli in feri, già mi stringevano agguati mortali. Nell’angoscia invocai il Signore, nell’angoscia gridai al m io Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, a lui ai suoi orecchi giunse il mio grido. La terra trem ò e si scosse; vacillarono le fondamenta dei cieli, si scossero perché egli era adirato. Dalle sue na rici saliva fumo, dalla sua bocca un fuoco divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti. Abbassò i cieli e discese, una nube oscura sotto i suoi piedi. Cavalcava un cherubino e volava, appariva su lle ali del vento. Si avvolgeva di tenebre come di una tenda, di acque oscure e di nubi. Davanti al suo fulgore arsero carboni ardenti. Il Signore tuonò dal cielo, l’Altissimo fece udire la sua voce.
Scagliò saette e li disperse, fulminò con folgore e li sconfisse. Allora apparve il fondo del mare, s i scoprirono le fondamenta del mondo, per la minaccia del Signore, per lo spirare del suo furore
. Stese la mano dall’alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque, mi liberò da nemici potenti, d a coloro che mi odiavano ed erano più forti di me. Mi assalirono nel giorno della mia sventura, ma il Signore fu il mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene. Il Signore mi tr atta secondo la mia giustizia, mi ripaga secondo l’innocenza delle mie mani, perché ho custodit o le vie del Signore, non ho abbandonato come un empio il mio Dio. I suoi giudizi mi stanno tutti davanti, non ho respinto da me la sua legge; ma integro sono stato con lui e mi sono guardato dalla colpa. Il Signore mi ha ripagato secondo la mia giustizia, secondo la mia innocenza davanti ai suoi occhi. Con l’uomo buono tu sei buono, con l’uomo integro tu sei integro, con l’uomo pur o tu sei puro e dal perverso non ti fai ingannare. Tu salvi il popolo dei poveri, ma sui superbi abb assi i tuoi occhi. Signore tu sei la mia lampada; il Signore rischiara le mie tenebre. Con te mi gett erò nella mischia, con il mio Dio scavalcherò le mura. La via di Dio è perfetta, la parola del Signo re è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia. Infatti chi è Dio se non il Signore? O
chi è roccia se non il nostro Dio? Il Dio che mi ha cinto di vigore e ha reso integro il mio cammin o, mi ha dato agilità come di cerve e sulle alture mi ha fatto stare saldo, ha addestrato le mie m ani alla battaglia, le mie braccia a tendere l’arco di bronzo. Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezz a, mi hai esaudito e mi hai fatto crescere. Hai spianato la via ai miei passi, i miei piedi non hann o vacillato. Ho inseguito i miei nemici e li ho distrutti, non sono tornato senza averli annientati.
Li ho annientati e colpiti e non si sono rialzati, sono caduti sotto i miei piedi. Tu mi hai cinto di f orza per la guerra, hai piegato sotto di me gli avversari. Dei nemici mi hai mostrato le spalle: qu elli che mi odiavano li ho distrutti. Hanno gridato e nessuno li ha salvati, hanno gridato al Signor e ma non ha risposto. Come polvere della terra li ho dispersi, calpestati schiacciati come fango d elle strade. Mi hai scampato dal popolo in rivolta, mi hai conservato a capo di nazioni. Un popol o che non conoscevo mi ha servito; stranieri cercavano il mio favore, all’udirmi subito mi obbedi
vano, impallidivano uomini stranieri e uscivano tremanti dai loro nascondigli. Viva il Signore e b enedetta la mia roccia, sia esaltato Dio rupe della mia salvezza. Dio tu mi accordi la rivincita e so ttometti i popoli al mio giogo, mi sottrai ai miei nemici, dei miei avversari mi fai trionfare e mi li beri dall’uomo violento. Per questo ti loderò Signore tra le genti e canterò inni al tuo nome. Egli concede al suo re grandi vittorie, si mostra fedele al suo consacrato, a Davide e alla sua discend enza per sempre». Queste sono le ultime parole di Davide: «Oracolo di Davide figlio di Iesse, or acolo dell’uomo innalzato dall’Altissimo, del consacrato del Dio di Giacobbe, del soave salmista d’Israele. Lo spirito del Signore parla in me, la sua parola è sulla mia lingua; il Dio di Giacobbe ha parlato, la roccia d’Israele mi ha detto: “Chi governa gli uomini con giustizia, chi governa con ti more di Dio, è come luce di un mattino quando sorge il sole, mattino senza nubi, che fa scintillar e dopo la pioggia i germogli della terra”. Non è forse così la mia casa davanti a Dio, poiché ha st abilito con me un’alleanza eterna, in tutto regolata e osservata? Non farà dunque germogliare q uanto mi salva e quanto mi diletta? Ma gli scellerati sono come spine, che si buttano via tutte e non si prendono in mano; chi le tocca si arma di un ferro e di un’asta di lancia e si bruciano sul p osto col fuoco». Questi sono i nomi dei prodi di Davide: Is-Baal l’Acmonita capo dei Tre. Egli impugnando la lancia contro ottocento uomini li trafisse in un solo scontro. Dopo di lui veniva Eleàzaro figlio di Dodo l’Acochita uno dei tre prodi che erano co n Davide: quando i Filistei li insultarono si schierarono là per combattere mentre gli Israeliti si rit irarono sulle alture. Egli si alzò percosse i Filistei finché la sua mano sfinita rimase attaccata alla spada. Il Signore operò quel giorno una grande salvezza e il popolo seguì Eleàzaro soltanto per s pogliare i cadaveri. Dopo di lui veniva Sammà figlio di Aghè l’Ararita. I Filistei erano radunati a L
echì in quel luogo vi era un campo pieno di lenticchie e il popolo fuggì dinanzi ai Filistei. Egli allo ra si appostò in mezzo al campo lo difese e sconfisse i Filistei e il Signore operò una grande vitto ria. Tre dei Trenta capi scesero al tempo della mietitura e vennero da Davide nella caverna di Ad ullàm mentre una schiera di Filistei era accampata nella valle dei Refaìm. Davide era allora nel ri fugio e c’era una postazione di Filistei a Betlemme. Davide ebbe un desiderio e disse: «Se qualc uno mi desse da bere l’acqua del pozzo che è vicino alla porta di Betlemme!». I tre prodi irruppe ro nel campo filisteo, attinsero l’acqua dal pozzo di Betlemme vicino alla porta la presero e la pr esentarono a Davide il quale però non ne volle bere ma la sparse in onore del Signore dicendo:
«Non sia mai Signore che io faccia una cosa simile! è il sangue di questi uomini che sono andati l à a rischio della loro vita!». Non la volle bere. Tali gesta compirono quei tre prodi. Abisài fratello di Ioab figlio di Seruià fu il capo dei Trenta. Egli, impugnando la lancia contro trecento uomini li trafisse; si fece un nome fra i Trenta. Certo fu glorioso fra i Trenta e divenne loro comandante ma non giunse alla pari dei Tre. Poi veniva Benaià figlio di Ioiadà uomo valoroso di molte prodez ze, originario di Kabseèl. Egli uccise i due figli di Arièl di Moab; inoltre sceso in una cisterna in un giorno di neve vi abbatté un leone. Uccise anche un Egiziano uomo d’alta statura il quale tenev a in mano una lancia; gli andò incontro con un bastone strappò di mano all’Egiziano la lancia e l o uccise con la sua stessa lancia. Questo fece Benaià, figlio di Ioiadà e si fece un nome tra i trent
a prodi. Fu glorioso fra i Trenta ma non giunse alla pari dei Tre. Davide lo mise a capo del suo co rpo di guardia. Poi Asaèl fratello di Ioab uno dei Trenta Elcanàn figlio di Dodo di Betlemme, Sam mà di Carod Elikà di Carod Cheles di Pelet Ira, figlio di Ikkes di Tekòa Abièzer di Anatòt Mebunnà i di Cusa, Salmon di Acòach Maarai di Netofà Cheleb figlio di Baanà di Netofà Ittài figlio di Ribài di Gàbaa dei figli di Beniamino, Benaià di Piratòn Iddài di Nacalè-Gaas, Abi-Albòn di Arbàt Azmàvet di Bacurìm, Eliacbà di Saalbòn Iasen di Gun Giònata figlio di Sammà di A rar Achiàm figlio di Sarar di Arar Elifèlet figlio di Acasbài il Maacatita Eliàm figlio di Achitòfel di G
hilo, Chesrài di Carmel Paarài di Arab Igal figlio di Natan, di Soba Banì di Gad Selek l’Ammonita Nacrài di Beeròt scudiero di Ioab figlio di Seruià Ira di Ieter Gareb di Ieter Uria l’Ittita. In tutto tr entasette. L’ira del Signore si accese di nuovo contro Israele e incitò Davide contro il popolo in q uesto modo: «Su fa’ il censimento d’Israele e di Giuda». Il re disse a Ioab capo dell’esercito a lui affidato: «Percorri tutte le tribù d’Israele da Dan fino a Bersabea e fate il censimento del popolo perché io conosca il numero della popolazione». Ioab rispose al re: «Il Signore tuo Dio aumenti il popolo cento volte più di quello che è e gli occhi del re mio signore possano vederlo! Ma perc hé il re mio signore vuole questa cosa?». Ma l’ordine del re prevalse su Ioab e sui comandanti d ell’esercito e Ioab e i comandanti dell’esercito si allontanarono dal re per fare il censimento del popolo d’Israele. Passarono il Giordano e cominciarono da Aroèr e dalla città che è a metà del t orrente di Gad su fino a Iazer. Poi andarono in Gàlaad e nella terra degli Ittiti a Kades andarono a Dan-Iaan e piegarono verso Sidone. Andarono alla fortezza di Tiro e in tutte le città degli Evei e dei C
ananei e finirono nel Negheb di Giuda a Bersabea. Percorsero così tutto il territorio e dopo nove mesi e venti giorni tornarono a Gerusalemme. Ioab consegnò al re il totale del censimento del popolo: c’erano in Israele ottocentomila uomini abili in grado di maneggiare la spada; in Giuda c inquecentomila. Ma dopo che ebbe contato il popolo il cuore di Davide gli fece sentire il rimors o ed egli disse al Signore: «Ho peccato molto per quanto ho fatto; ti prego Signore togli la colpa del tuo servo, poiché io ho commesso una grande stoltezza». Al mattino quando Davide si alzò f u rivolta questa parola del Signore al profeta Gad veggente di Davide: «Va’ a riferire a Davide: C
osì dice il Signore: “Io ti propongo tre cose: scegline una e quella ti farò”». Gad venne dunque a Davide gli riferì questo e disse: «Vuoi che vengano sette anni di carestia nella tua terra o tre me si di fuga davanti al nemico che ti insegue o tre giorni di peste nella tua terra? Ora rifletti e vedi che cosa io debba riferire a chi mi ha mandato». Davide rispose a Gad: «Sono in grande angusti a! Ebbene cadiamo nelle mani del Signore perché la sua misericordia è grande ma che io non ca da nelle mani degli uomini!». Così il Signore mandò la peste in Israele da quella mattina fino al t empo fissato; da Dan a Bersabea morirono tra il popolo settantamila persone. E quando l’angel o ebbe stesa la mano su Gerusalemme per devastarla il Signore si pentì di quel male e disse all’a ngelo devastatore del popolo: «Ora basta! Ritira la mano!». L’angelo del Signore si trovava pres so l’aia di Araunà il Gebuseo. Davide vedendo l’angelo che colpiva il popolo disse al Signore: «Io ho peccato, io ho agito male; ma queste pecore che hanno fatto? La tua mano venga contro di
me e contro la casa di mio padre!». Quel giorno Gad venne da Davide e gli disse: «Sali innalza u n altare al Signore nell’aia di Araunà il Gebuseo». Davide salì secondo la parola di Gad come il Si gnore aveva comandato. Araunà guardò e vide il re e i suoi servi dirigersi verso di lui. Araunà us cì e si prostrò davanti al re con la faccia a terra. Poi Araunà disse: «Perché il re mio signore vien e dal suo servo?». Davide rispose: «Per acquistare da te l’aia e costruire un altare al Signore, per ché si allontani il flagello dal popolo». Araunà disse a Davide: «Il re mio signore prenda e offra q uanto vuole! Ecco i giovenchi per l’olocausto; le trebbie e gli arnesi dei buoi serviranno da legna
. Tutte queste cose o re Araunà te le regala». Poi Araunà disse al re: «Il Signore tuo Dio ti sia pro pizio!». Ma il re rispose ad Araunà: «No io acquisterò da te a pagamento e non offrirò olocausti gratuitamente al Signore mio Dio». Davide acquistò l’aia e i buoi per cinquanta sicli d’argento. Q
uindi Davide costruì in quel luogo un altare al Signore e offrì olocausti e sacrifici di comunione. Il Signore si mostrò placato verso la terra e il flagello si allontanò da Israele. Il re Davide era vecch io e avanzato negli anni e sebbene lo coprissero non riusciva a riscaldarsi. I suoi servi gli suggerir ono: «Si cerchi per il re nostro signore una giovane vergine che assista il re e lo curi e dorma sul suo seno; così il re nostro signore si riscalderà». Si cercò in tutto il territorio d’Israele una giovan e bella e si trovò Abisàg la Sunammita e la condussero al re. La giovane era straordinariamente bella; ella curava il re e lo serviva ma il re non si unì a lei. Intanto Adonia figlio di Agghìt insuper bito diceva: «Sarò io il re». Si procurò un carro un tiro di cavalli e cinquanta uomini che correvan o dinanzi a lui. Suo padre non lo contrariò mai dicendo: «Perché ti comporti in questo modo?».
Anche lui era molto avvenente; era nato dopo Assalonne. Si accordò con Ioab figlio di Seruià e c on il sacerdote Ebiatàr i quali sostenevano il partito di Adonia. Invece il sacerdote Sadoc Benaià figlio di Ioiadà il profeta Natan Simei, Rei e il corpo dei prodi di Davide non si schierarono con A donia. Adonia un giorno immolò pecore buoi e vitelli grassi presso la pietra Zochèlet che è vicin a alla fonte di Roghel. Invitò tutti i suoi fratelli figli del re e tutti gli uomini di Giuda al servizio de l re. Ma non invitò il profeta Natan né Benaià né il corpo dei prodi e neppure Salomone suo frat ello. Allora Natan disse a Betsabea madre di Salomone: «Non hai sentito che Adonia figlio di Ag ghìt è diventato re e Davide nostro signore non lo sa neppure? Ebbene, ti do un consiglio perch é tu salvi la tua vita e quella di tuo figlio Salomone. Va’ presentati al re Davide e digli: “O re mio signore tu non hai forse giurato alla tua schiava dicendo: Salomone tuo figlio sarà re dopo di me ed egli siederà sul mio trono? Perché allora è diventato re Adonia?”. Ecco mentre tu starai anco ra lì a parlare al re io ti seguirò e completerò le tue parole». Betsabea si presentò al re nella cam era da letto; il re era molto vecchio e Abisàg la Sunammita lo serviva. Betsabea si inchinò e si pr ostrò davanti al re. Il re poi le domandò: «Che hai?». Ella gli rispose: «Signore mio tu hai giurato alla tua schiava per il Signore tuo Dio: “Salomone tuo figlio, sarà re dopo di me ed egli siederà s ul trono”. Ora invece Adonia è diventato re senza che tu o re mio signore neppure lo sappia. Ha immolato molti giovenchi vitelli grassi e pecore ha invitato tutti i figli del re il sacerdote Ebiatàr e Ioab capo dell’esercito ma non ha invitato Salomone tuo servitore. Perciò su di te o re, mio sig nore sono gli occhi di tutto Israele perché annunci loro chi siederà sul trono del re mio signore d
opo di lui. Quando il re mio signore si sarà addormentato con i suoi padri io e mio figlio Salomo ne saremo trattati da colpevoli». Mentre lei ancora parlava con il re arrivò il profeta Natan. Fu a nnunciato al re: «Ecco c’è il profeta Natan». Questi entrò alla presenza del re davanti al quale si prostrò con la faccia a terra. Natan disse: «O re mio signore hai forse decretato tu: Adonia regn erà dopo di me e siederà sul mio trono? Difatti oggi egli è andato a immolare molti giovenchi vit elli grassi e pecore e ha invitato tutti i figli del re i capi dell’esercito e il sacerdote Ebiatàr. Costor o mangiano e bevono con lui e gridano: “Viva il re Adonia!”. Ma non ha invitato me tuo servitor e né il sacerdote Sadoc né Benaià figlio di Ioiadà né Salomone tuo servitore. Questa cosa è forse avvenuta per ordine del re mio signore? Perché non hai fatto sapere al tuo servo chi siederà sul trono del re mio signore dopo di lui?». Il re Davide presa la parola disse: «Chiamatemi Betsabea
!». Costei entrò alla presenza del re e stette davanti a lui. Il re giurò e disse: «Per la vita del Sign ore che mi ha liberato da ogni angustia! Come ti ho giurato per il Signore Dio d’Israele dicendo:
“Salomone tuo figlio sarà re dopo di me ed egli siederà sul mio trono al mio posto” così farò ogg i». Betsabea si inchinò con la faccia a terra si prostrò davanti al re dicendo: «Viva il mio signore i l re Davide per sempre!». Poi il re Davide disse: «Chiamatemi il sacerdote Sadoc il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà». Costoro entrarono alla presenza del re, che disse loro: «Prendete con voi la guardia del vostro signore: fate montare Salomone, mio figlio sulla mia mula e fatelo scen dere a Ghicon. Ivi il sacerdote Sadoc con il profeta Natan lo unga re d’Israele. Voi suonerete il co rno e griderete: “Viva il re Salomone!”. Quindi risalirete dietro a lui che verrà a sedere sul mio tr ono e regnerà al mio posto. Poiché io ho designato lui a divenire capo su Israele e su Giuda». Be naià figlio di Ioiadà rispose al re: «Così sia! Anche il Signore Dio del re mio signore decida allo st esso modo! Come il Signore fu con il re mio signore così sia con Salomone e renda il suo trono p iù splendido del trono del mio signore il re Davide». Scesero il sacerdote Sadoc il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà, insieme con i Cretei e con i Peletei; fecero montare Salomone sulla mul a del re Davide e lo condussero a Ghicon. Il sacerdote Sadoc prese il corno dell’olio dalla tenda e unse Salomone; suonarono il corno e tutto il popolo gridò: «Viva il re Salomone!». Tutto il pop olo risalì dietro a lui il popolo suonava i flauti e godeva di una grande gioia; il loro clamore lacer ava la terra. Lo sentì Adonia insieme agli invitati che erano con lui; essi avevano finito di mangia re. Ioab udito il suono del corno chiese: «Perché c’è clamore di città in tumulto?». Mentre parla va ecco giungere Giònata figlio del sacerdote Ebiatàr al quale Adonia disse: «Vieni! Tu sei un val oroso e rechi certo buone notizie!». «No – rispose Giònata ad Adonia –
il re Davide nostro signore ha fatto re Salomone e ha mandato con lui il sacerdote Sadoc il prof eta Natan e Benaià, figlio di Ioiadà insieme con i Cretei e con i Peletei che l’hanno fatto montare sulla mula del re. Il sacerdote Sadoc e il profeta Natan l’hanno unto re a Ghicon; quindi sono ris aliti esultanti e la città si è messa in agitazione. Questo è il clamore che avete udito. Anzi Salom one si è già seduto sul trono del regno e i servi del re sono andati a felicitarsi con il re Davide no stro signore dicendo: “Il tuo Dio renda il nome di Salomone più celebre del tuo nome e renda il suo trono più splendido del tuo trono!”. Il re si è prostrato sul letto. Poi il re ha detto anche que
sto: “Sia benedetto il Signore Dio d’Israele perché oggi ha concesso che uno sieda sul mio trono mentre i miei occhi lo vedono”». Allora tutti gli invitati di Adonia si spaventarono si alzarono e s e ne andarono ognuno per la sua strada. Adonia che temeva Salomone alzatosi andò ad aggrap parsi ai corni dell’altare. Fu riferito a Salomone: «Sappi che Adonia avendo paura del re Salomo ne ha afferrato i corni dell’altare dicendo: “Mi giuri oggi il re Salomone che non farà morire di s pada il suo servitore”». Salomone disse: «Se si comporterà da uomo leale neppure un suo capell o cadrà a terra; ma se in lui sarà trovato qualche male morirà». Il re Salomone ordinò che lo fac essero scendere dall’altare; quegli venne a prostrarsi davanti al re Salomone poi Salomone gli di sse: «Va’ a casa tua!». I giorni di Davide si erano avvicinati alla morte ed egli ordinò a Salomone suo figlio: «Io me ne vado per la strada di ogni uomo sulla terra. Tu sii forte e móstrati uomo. Os serva la legge del Signore tuo Dio procedendo nelle sue vie ed eseguendo le sue leggi i suoi com andi le sue norme e le sue istruzioni come sta scritto nella legge di Mosè perché tu riesca in tutt o quello che farai e dovunque ti volgerai, perché il Signore compia la promessa che mi ha fatto dicendo: “Se i tuoi figli nella loro condotta si cureranno di camminare davanti a me con fedeltà con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima non ti sarà tolto un discendente dal trono d’Isra ele”. Anche tu sai quel che ha fatto a me Ioab figlio di Seruià cioè come egli ha trattato i due cap i dell’esercito d’Israele Abner figlio di Ner e Amasà figlio di Ieter, come li ha uccisi spargendo in t empo di pace il sangue di guerra e mettendo sangue di guerra sulla sua cintura che era intorno ai suoi fianchi e sul suo sandalo che era ai suoi piedi. Agirai con la tua saggezza e non permetter ai che la sua vecchiaia scenda in pace agli inferi. Agirai con bontà verso i figli di Barzillài il Galaad ita e saranno tra coloro che mangiano alla tua tavola, perché mi hanno assistito mentre fuggivo da Assalonne tuo fratello. Ed ecco accanto a te Simei figlio di Ghera Beniaminita di Bacurìm; egli mi maledisse con una maledizione terribile nel giorno in cui andavo a Macanàim. Ma discese in contro a me al Giordano e gli giurai per il Signore: “Non ti farò morire di spada”. Ora però non la sciarlo impunito. Infatti tu sei un uomo saggio e sai ciò che gli dovrai fare. Farai scendere la sua canizie agli inferi con morte violenta». Davide si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella Città di Davide. La durata del regno di Davide su Israele fu di quarant’anni: a Ebron regnò sette anni e a Gerusalemme regnò trentatré anni. Salomone sedette sul trono di Davide suo padre e il suo regno si consolidò molto. Adonia figlio di Agghìt si recò da Betsabea madre di Salomone ch e gli chiese: «Vieni con intenzioni pacifiche?». «Pacifiche» rispose quello, e soggiunse: «Ho da di rti una cosa». E quella: «Parla!». Egli disse: «Tu sai che il regno spettava a me e che tutti gli Israe liti si attendevano che io regnassi. Eppure il regno mi è sfuggito ed è passato a mio fratello perc hé gli era stato decretato dal Signore. Ora ti rivolgo una sola domanda: non respingermi». Ed es sa: «Parla!». Adonia disse: «Di’ al re Salomone il quale nulla ti può negare che mi conceda in mo glie Abisàg la Sunammita». Betsabea rispose: «Bene! Parlerò io stessa al re in tuo favore». Betsa bea si presentò al re Salomone per parlargli in favore di Adonia. Il re si alzò per andarle incontro si prostrò davanti a lei quindi sedette sul trono facendo collocare un trono per la madre del re.
Questa gli sedette alla destra e disse: «Ti rivolgo una sola piccola domanda: non respingermi». Il
re le rispose: «Chiedi madre mia certo non ti respingerò». E quella: «Si conceda Abisàg la Suna mmita in moglie ad Adonia tuo fratello». Il re Salomone rispose a sua madre: «Perché tu mi chie di Abisàg la Sunammita per Adonia? Chiedi pure il regno per lui poiché egli è mio fratello maggi ore e per lui parteggiano il sacerdote Ebiatàr e Ioab figlio di Seruià». Il re Salomone giurò per il S
ignore: «Dio mi faccia questo e altro mi aggiunga, se non è vero che Adonia ha avanzato questa proposta a danno della sua vita. Ebbene, per la vita del Signore che mi ha reso saldo mi ha fatto sedere sul trono di Davide mio padre e mi ha fatto una casa come aveva promesso oggi stesso A donia verrà ucciso». Il re Salomone ordinò l’esecuzione a Benaià figlio di Ioiadà il quale lo colpì e quegli morì. Il re disse al sacerdote Ebiatàr: «Vattene ad Anatòt nella tua campagna. Certo tu se i degno di morte ma oggi non ti faccio morire perché tu hai portato l’arca del Signore Dio davan ti a Davide mio padre e perché ti sei occupato di tutto quello di cui mio padre si occupava». Così Salomone espulse Ebiatàr perché non fosse sacerdote del Signore adempiendo la parola che il Signore aveva pronunciato a Silo riguardo alla casa di Eli. La notizia arrivò a Ioab –
Ioab si era schierato per Adonia mentre non si era schierato per Assalonne –
e allora Ioab fuggì nella tenda del Signore e si afferrò ai corni dell’altare. Fu riferito al re Salomo ne che Ioab era fuggito nella tenda del Signore e che stava al fianco dell’altare. Salomone inviò Benaià figlio di Ioiadà con quest’ordine: «Va’ colpiscilo!». Benaià andò nella tenda del Signore e disse a Ioab: «Così dice il re: “Esci!”». Quegli rispose: «No! Qui voglio morire!». Benaià riferì al r e: «Ioab ha parlato così e così mi ha risposto». Il re gli disse: «Fa’ come egli ha detto: colpiscilo e seppelliscilo; così allontanerai da me e dalla casa di mio padre il sangue che Ioab ha sparso senz a motivo. Il Signore farà ricadere il suo sangue sulla sua testa perché egli ha colpito due uomini giusti e migliori di lui e li ha trafitti con la sua spada senza che Davide mio padre lo sapesse: Abn er figlio di Ner capo dell’esercito d’Israele e Amasà figlio di Ieter capo dell’esercito di Giuda. Il lo ro sangue ricadrà sulla testa di Ioab e sulla testa della sua discendenza per sempre mentre per Davide e la sua discendenza la sua casa e il suo trono vi sarà pace per sempre da parte del Signo re». Benaià figlio di Ioiadà salì lo colpì e lo uccise; Ioab fu sepolto nella sua casa nel deserto. Il re lo sostituì nominando capo dell’esercito Benaià figlio di Ioiadà mentre mise il sacerdote Sadoc al posto di Ebiatàr. Il re mandò a chiamare Simei per dirgli: «Costruisciti una casa a Gerusalemm e; ivi sarà la tua dimora e non ne uscirai per andartene qua e là. Quando ne uscirai oltrepassand o il torrente Cedron sappi bene che morirai certamente: il tuo sangue ricadrà sulla tua testa». Si mei disse al re: «Va bene! Come ha detto il re mio signore, così farà il tuo servo». Simei dimorò i n Gerusalemme per molto tempo. Dopo tre anni due schiavi di Simei fuggirono presso Achis figli o di Maacà re di Gat. Fu riferito a Simei: «I tuoi schiavi sono in Gat». Simei si alzò, sellò il suo asi no e partì per Gat andando da Achis in cerca dei suoi schiavi. Simei vi andò e ricondusse i suoi sc hiavi da Gat. Fu riferito a Salomone che Simei era andato da Gerusalemme a Gat e che era ritor nato. Il re fece chiamare Simei e gli disse: «Non ti avevo forse fatto giurare per il Signore e non t i avevo ammonito dicendo: “Nel giorno in cui uscirai per andartene qua e là sappi bene che cert amente dovrai morire”? Tu mi avevi risposto: “Va bene, ho capito”. Perché non hai rispettato il
giuramento del Signore e il comando che ti avevo impartito?». Il re aggiunse a Simei: «Tu conos ci poiché il tuo cuore ne è consapevole tutto il male che hai fatto a Davide mio padre. Il Signore farà ricadere la tua malvagità sulla tua testa. Invece sarà benedetto il re Salomone e il trono di Davide sarà saldo per sempre davanti al Signore». Il re diede ordine a Benaià figlio di Ioiadà il qu ale uscito lo colpì e quegli morì. Il regno si consolidò nelle mani di Salomone. Salomone divenne genero del faraone re d’Egitto. Prese la figlia del faraone che introdusse nella Città di Davide ov e rimase finché non terminò di costruire la propria casa il tempio del Signore e le mura di cinta di Gerusalemme. Il popolo però offriva sacrifici sulle alture perché ancora non era stato costruit o un tempio per il nome del Signore. Salomone amava il Signore e nella sua condotta seguiva le disposizioni di Davide suo padre; tuttavia offriva sacrifici e bruciava incenso sulle alture. Il re an dò a Gàbaon per offrirvi sacrifici perché ivi sorgeva l’altura più grande. Su quell’altare Salomone offrì mille olocausti. A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio dis se: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davi de mio padre con grande amore perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà con giust izia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un fig lio che siede sul suo trono come avviene oggi. Ora Signore mio Dio tu hai fatto regnare il tuo ser vo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto popolo numeroso che per quantità non si può calc olare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo po polo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così num eroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli dis se: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni né hai domand ato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici ma hai domandato per te il discer nimento nel giudicare, ecco faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intellige nte: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai d omandato cioè ricchezza e gloria come a nessun altro fra i re per tutta la tua vita. Se poi cammi nerai nelle mie vie osservando le mie leggi e i miei comandi come ha fatto Davide tuo padre pro lungherò anche la tua vita». Salomone si svegliò ecco era stato un sogno. Andò a Gerusalemme; stette davanti all’arca dell’alleanza del Signore offrì olocausti compì sacrifici di comunione e die de un banchetto per tutti i suoi servi. Un giorno vennero dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui. Una delle due disse: «Perdona mio signore! Io e questa donna abitiamo nella stess a casa; io ho partorito mentre lei era in casa. Tre giorni dopo il mio parto anche questa donna h a partorito; noi stiamo insieme e non c’è nessun estraneo in casa fuori di noi due. Il figlio di que sta donna è morto durante la notte perché lei gli si era coricata sopra. Ella si è alzata nel cuore d ella notte ha preso il mio figlio dal mio fianco mentre la tua schiava dormiva e se lo è messo in s eno e sul mio seno ha messo il suo figlio morto. Al mattino mi sono alzata per allattare mio figli o ma ecco era morto. L’ho osservato bene al mattino; ecco non era il figlio che avevo partorito i o». L’altra donna disse: «Non è così! Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto». E quella al c
ontrario diceva: «Non è così! Quello morto è tuo figlio il mio è quello vivo». Discutevano così all a presenza del re. Il re disse: «Costei dice: “Mio figlio è quello vivo il tuo è quello morto” mentre quella dice: “Non è così! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo”». Allora il re ordinò: «A ndate a prendermi una spada!». Portarono una spada davanti al re. Quindi il re aggiunse: «Tagli ate in due il bambino vivo e datene una metà all’una e una metà all’altra». La donna il cui figlio era vivo si rivolse al re poiché le sue viscere si erano commosse per il suo figlio e disse: «Perdon a mio signore! Date a lei il bimbo vivo; non dovete farlo morire!». L’altra disse: «Non sia né mio né tuo; tagliate!». Presa la parola il re disse: «Date alla prima il bimbo vivo; non dovete farlo mo rire. Quella è sua madre». Tutti gli Israeliti seppero della sentenza pronunciata dal re e provaron o un profondo rispetto per il re perché avevano constatato che la sapienza di Dio era in lui per r endere giustizia. Il re Salomone estese il suo dominio su tutto Israele. Questi erano i suoi dignita ri: Azaria figlio di Sadoc fu sacerdote; Elicòref e Achia figli di Sisa, scribi; Giòsafat figlio di Achilù d archivista; Benaià figlio di Ioiadà capo dell’esercito; Sadoc ed Ebiatàr sacerdoti; Azaria figlio di Natan capo dei prefetti; Zabud figlio di Natan sacerdote amico del re; Achisar maggiordomo; Ad oniràm figlio di Abda sovrintendente al lavoro coatto. Salomone aveva dodici prefetti su tutto Is raele i quali provvedevano al re e alla sua casa; ognuno aveva l’incarico di procurare il necessari o per un mese all’anno. Questi sono i loro nomi: il figlio di Cur sulle montagne di èfraim; il figlio di Deker a Makas a Saalbìm a Bet-Semes a Elon-Bet-Canan; il figlio di Chesed ad Arubbòt: a lui appartenevano Soco e tutta la regione di Chefer; il fig lio di Abinadàb aveva tutta la collina di Dor; sua moglie era Tafat figlia di Salomone; Baanà figlio di Achilù d aveva Taanac Meghiddo e tutta Bet-Sean che è dal lato verso Sartàn sotto Izreèl da Bet-Sean fino ad Abel-Mecolà fin oltre Iokmeàm; il figlio di Gheber a Ramot di Gàlaad: a lui appartenevano i villaggi di Iair figlio di Manasse in Gàlaad il distretto di Argob in Basan sessanta grandi città con mura e spr anghe di bronzo; Achinadàb figlio di Iddo a Macanàim; Achimàas in Nèftali: anch’egli aveva pres o in moglie una figlia di Salomone Basmat; Baanà figlio di Cusài in Aser e in Zàbulon; Giòsafat fig lio di Parù ach in ìssacar; Simei, figlio di Ela in Beniamino; Gheber figlio di Urì nella regione di Gà laad, cioè la terra di Sicon re degli Amorrei e di Og re di Basan. Inoltre c’era un prefetto unico ne lla terra di Giuda. Giuda e Israele per quantità erano numerosi come la sabbia del mare; mangia vano, bevevano e vivevano felici. Salomone dominava su tutti i regni dal Fiume alla regione dei Filistei e al confine con l’Egitto. Gli portavano tributi e servivano Salomone tutti i giorni della sua vita. I viveri di Salomone per un giorno erano trenta kor di fior di farina e sessanta kor di farina comune dieci buoi grassi venti buoi da pascolo e cento pecore senza contare i cervi le gazzelle i caprioli e i volatili ingrassati. Egli infatti dominava su tutto l’Oltrefiume da Tifsach a Gaza su tutti i re dell’Oltrefiume e aveva pace dappertutto all’intorno. Giuda e Israele erano al sicuro; ognun o stava sotto la propria vite e sotto il proprio fico da Dan fino a Bersabea per tutti i giorni di Salo mone. Salomone possedeva quarantamila stalle per i cavalli dei suoi carri e dodicimila cavalli da sella. Quei prefetti ognuno per il suo mese provvedevano quanto serviva al re Salomone e a qu
elli che erano ammessi alla sua tavola; non facevano mancare nulla. Portavano l’orzo e la paglia per i cavalli e i destrieri nel luogo ove si trovava ognuno secondo il suo mandato. Dio concesse a Salomone sapienza e intelligenza molto grandi e una mente vasta come la sabbia che è sulla spi aggia del mare. La sapienza di Salomone superava la sapienza di tutti gli orientali e tutta la sapie nza dell’Egitto. Egli era più saggio di tutti gli uomini più di Etan l’Ezraita di Eman di Calcol e di Da rda figli di Macol; il suo nome era famoso fra tutte le genti limitrofe. Salomone pronunciò tremil a proverbi; le sue odi furono millecinque. Parlò delle piante dal cedro del Libano all’issòpo che s buca dal muro; parlò delle bestie degli uccelli dei rettili e dei pesci. Da tutte le nazioni venivano per ascoltare la sapienza di Salomone mandati da tutti i re della terra che avevano sentito parla re della sua sapienza. Chiram re di Tiro mandò i suoi servi da Salomone perché aveva sentito ch e l’avevano unto re al posto di suo padre; infatti Chiram era sempre stato amico di Davide. Salo mone mandò a dire a Chiram: «Tu sai che Davide mio padre non ha potuto edificare un tempio al nome del Signore suo Dio a causa delle guerre che i nemici gli mossero da tutte le parti finché il Signore non li prostrò sotto la pianta dei suoi piedi. Ora il Signore mio Dio mi ha dato pace da ogni parte e non ho né avversari né particolari difficoltà. Ecco ho deciso di edificare un tempio a l nome del Signore, mio Dio come ha detto il Signore a Davide mio padre: “Tuo figlio che io porr ò al tuo posto sul tuo trono lui edificherà il tempio al mio nome”. Ordina dunque che si taglino per me cedri del Libano; i miei servi saranno con i tuoi servi e io ti darò come salario per i tuoi s ervi quanto fisserai. Tu sai bene infatti che fra noi nessuno è capace di tagliare il legname come sanno fare quelli di Sidone». Quando Chiram udì le parole di Salomone si rallegrò molto e disse:
«Sia benedetto oggi il Signore che per Davide ha posto un figlio saggio sopra questo popolo nu meroso». Chiram mandò a dire a Salomone: «Ho ascoltato ciò che mi hai mandato a dire; io far ò quanto tu desideri riguardo al legname di cedro e al legname di cipresso. I miei servi lo calera nno dal Libano al mare; lo avvierò per mare a mo’ di zattere al luogo che mi indicherai. Là lo sle gherò e tu lo prenderai. Quanto a provvedere al mantenimento della mia casa tu soddisferai il mio desiderio». Chiram diede a Salomone legname di cedro e legname di cipresso quanto ne vo lle. Salomone diede a Chiram ventimila kor di grano per il mantenimento della sua casa e venti kor di olio puro; questo dava Salomone a Chiram ogni anno. Il Signore concesse a Salomone la s apienza come gli aveva promesso. Fra Chiram e Salomone vi fu pace e conclusero un’alleanza tr a loro due. Il re Salomone arruolò da tutto Israele uomini per il lavoro coatto e gli uomini del lav oro coatto erano trentamila. Li mandava a turno nel Libano diecimila al mese: passavano un me se nel Libano e due mesi nelle loro case. Adoniràm sovrintendeva al lavoro coatto. Salomone av eva settantamila operai addetti a portare i pesi e ottantamila scalpellini per lavorare sulle mont agne senza contare gli incaricati dei prefetti di Salomone che erano preposti ai lavori in numero di tremilatrecento e dirigevano il popolo che era occupato nei lavori. Il re diede ordine di estrarr e pietre grandi pietre scelte per porre a fondamento del tempio pietre squadrate. Gli operai di S
alomone gli operai di Chiram e di Biblo le sgrossavano; inoltre preparavano il legname e le pietr e per costruire il tempio. L’anno quattrocentoottantesimo dopo l’uscita degli Israeliti dalla terra
d’Egitto l’anno quarto del regno di Salomone su Israele nel mese di Ziv cioè nel secondo mese e gli dette inizio alla costruzione del tempio del Signore. Il tempio costruito dal re Salomone per il Signore aveva sessanta cubiti di lunghezza venti di larghezza trenta cubiti di altezza. Davanti all’
aula del tempio vi era il vestibolo: era lungo venti cubiti nel senso della larghezza del tempio e p rofondo dieci cubiti davanti al tempio. Fece nel tempio finestre con cornici e inferriate. Contro il muro del tempio costruì all’intorno un edificio a piani cioè intorno alle pareti del tempio sia dell
’aula sia del sacrario e vi fece delle stanze. Il piano inferiore era largo cinque cubiti il piano di m ezzo era largo sei cubiti e il terzo era largo sette cubiti perché predispose delle rientranze tutt’in torno all’esterno del tempio in modo che non fossero intaccate le pareti del tempio. Per la costr uzione del tempio venne usata pietra intatta di cava; durante i lavori nel tempio non si udirono martelli piccone o altro arnese di ferro. La porta del piano più basso era sul lato destro del temp io; attraverso una scala a chiocciola si saliva al piano di mezzo e dal piano di mezzo al terzo. Det te inizio alla costruzione del tempio e la portò a termine e coprì il tempio con assi e con travatur a di cedro. Costruì anche l’edificio a piani contro tutto il tempio alto cinque cubiti per piano che poggiava sul tempio con travi di cedro. Fu rivolta a Salomone questa parola del Signore: «Riguar do al tempio che stai edificando se camminerai secondo le mie leggi se eseguirai le mie norme e osserverai tutti i miei comandi camminando in essi io confermerò a tuo favore la mia parola qu ella che ho annunciato a Davide tuo padre. Io abiterò in mezzo agli Israeliti; non abbandonerò il mio popolo Israele». Salomone dette inizio alla costruzione del tempio e la portò a termine. Cos truì i muri del tempio all’interno con tavole di cedro dal pavimento del tempio fino ai muri di co pertura; rivestì di legno la parte interna e inoltre rivestì con tavole di cipresso il pavimento del t empio. Costruì i venti cubiti in fondo al tempio con tavole di cedro dal pavimento fino ai muri; al l’interno costruì il sacrario cioè il Santo dei Santi. L’aula del tempio di fronte ad esso era di quar anta cubiti. Il legno di cedro all’interno della sala era scolpito con coloquìntidi e fiori in sboccio; tutto era di cedro e non si vedeva una pietra. Eresse il sacrario nel tempio, nella parte più intern a per collocarvi l’arca dell’alleanza del Signore. Il sacrario era lungo venti cubiti largo venti cubiti e alto venti cubiti. Lo rivestì d’oro purissimo e vi eresse un altare di cedro. Salomone rivestì l’int erno della sala con oro purissimo e fece passare catene dorate davanti al sacrario che aveva rive stito d’oro. E d’oro fu rivestita tutta la sala in ogni parte e rivestì d’oro anche l’intero altare che era nel sacrario. Nel sacrario fece due cherubini di legno d’ulivo; la loro altezza era di dieci cubit i. L’ala di un cherubino era di cinque cubiti e di cinque cubiti era anche l’altra ala del cherubino; c’erano dieci cubiti da una estremità all’altra delle ali. Di dieci cubiti era l’altro cherubino; i due cherubini erano identici nella misura e nella forma. L’altezza di un cherubino era di dieci cubiti e così anche il secondo cherubino. Pose i cherubini nel mezzo della sala interna. Le ali dei cherubi ni erano spiegate: l’ala di uno toccava la parete e l’ala dell’altro toccava l’altra parete, mentre le loro ali che erano in mezzo alla sala si toccavano ala contro ala. Ricoprì d’oro anche i cherubini.
Ricoprì le pareti della sala tutto all’intorno con sculture incise di cherubini, di palme e di fiori in sboccio all’interno e all’esterno. Ricoprì d’oro il pavimento della sala all’interno e all’esterno. Fe
ce costruire la porta del sacrario con battenti di legno d’ulivo e profilo degli stipiti pentagonale.
I due battenti erano di legno d’ulivo. Su di essi fece scolpire cherubini palme e fiori in sboccio; li rivestì d’oro e stese lamine d’oro sui cherubini e sulle palme. Allo stesso modo fece costruire ne lla porta dell’aula stipiti di legno d’ulivo a quadrangolo. I due battenti erano di legno di cipresso; le due ante di un battente erano girevoli come erano girevoli le imposte dell’altro battente. Vi f ece scolpire cherubini palme e fiori in sboccio che rivestì d’oro aderente all’incisione. Costruì il muro del cortile interno con tre ordini di pietre squadrate e con un ordine di travi di cedro. Nell’
anno quarto nel mese di Ziv si gettarono le fondamenta del tempio del Signore. Nell’anno undic esimo nel mese di Bul che è l’ottavo mese fu terminato il tempio in tutte le sue parti e con tutto l’occorrente. Lo edificò in sette anni. Salomone costruì anche la sua reggia e la portò a compim ento in tredici anni. Costruì il palazzo detto Foresta del Libano. Di cento cubiti era la sua lunghez za di cinquanta cubiti era la sua larghezza e di trenta cubiti era la sua altezza; era su quattro ordi ni di colonne di cedro e con travi di cedro sulle colonne e in alto era coperto con legno di cedro sulle traverse che poggiavano sulle colonne in numero di quarantacinque quindici per fila. Vi er ano finestre con cornici in tre file che si corrispondevano faccia a faccia tre volte. Tutte le porte con gli stipiti avevano cornice quadrangolare; un’apertura era prospiciente all’altra per tre volte
. Fece il vestibolo delle colonne; di cinquanta cubiti era la sua lunghezza e di trenta cubiti era la sua larghezza. Sul davanti c’era un vestibolo e altre colonne e davanti a esse una cancellata. Fec e anche il vestibolo del trono ove esercitava la giustizia cioè il vestibolo del giudizio; era coperto con legno di cedro dal pavimento al soffitto. La reggia dove abitava fu costruita in modo simile a quest’opera in un secondo cortile all’interno rispetto al vestibolo; in modo simile a tale vestib olo fece anche una casa per la figlia del faraone che Salomone aveva preso in moglie. Tutte que ste costruzioni erano di pietre scelte squadrate secondo misura segate con la sega sul lato inter no ed esterno dalle fondamenta ai cornicioni e al di fuori fino al cortile maggiore. Ed erano state poste come fondamenta pietre scelte pietre grandi pietre di dieci cubiti e pietre di otto cubiti.
Al di sopra c’erano pietre scelte squadrate a misura e legno di cedro. Il cortile maggiore era tutt o con tre file di pietre squadrate e una di travi di cedro; era simile al cortile interno del tempio d el Signore e al vestibolo del tempio. Il re Salomone mandò a prendere da Tiro Chiram figlio di un a vedova della tribù di Nèftali; suo padre era di Tiro e lavorava il bronzo. Era pieno di sapienza, di intelligenza e di perizia per fare ogni genere di lavoro in bronzo. Egli si recò dal re Salomone e d eseguì tutti i suoi lavori. Modellò due colonne di bronzo; di diciotto cubiti era l’altezza di una c olonna e un filo di dodici cubiti poteva abbracciare la seconda colonna. Fece due capitelli fusi in bronzo da collocarsi sulla cima delle colonne; l’altezza di un capitello era di cinque cubiti e di cin que cubiti era l’altezza del secondo capitello. Predispose reticoli lavoro di fili intrecciati lavoro a catenelle per i capitelli sulla cima delle colonne: sette per un capitello e sette per il secondo cap itello. Fece dunque le colonne e due file intorno a ciascun reticolo per rivestire i capitelli che era no sulla cima a forma di melagrane e così fece per il secondo capitello. I capitelli sulla cima delle colonne del vestibolo erano di quattro cubiti con lavorazione a giglio. I capitelli sulle due colonn
e si innalzavano da dietro la concavità al di là del reticolo e vi erano duecento melagrane in file i ntorno a ogni capitello. Eresse le colonne per il vestibolo dell’aula. Eresse la colonna di destra c he chiamò Iachin ed eresse la colonna di sinistra che chiamò Boaz e la cima delle colonne era la vorata a giglio. Così fu terminato il lavoro delle colonne. Fece il Mare un bacino di metallo fuso di dieci cubiti da un orlo all’altro, perfettamente rotondo; la sua altezza era di cinque cubiti e un a corda di trenta cubiti lo poteva cingere intorno. C’erano sotto l’orlo tutt’intorno figure di colo quìntidi, dieci per ogni cubito che formavano un giro all’intorno; le figure di coloquìntidi erano d isposte in due file ed erano state colate insieme con il Mare. Questo poggiava su dodici buoi; tre guardavano verso settentrione tre verso occidente tre verso meridione e tre verso oriente. Il M
are poggiava su di essi e tutte le loro parti posteriori erano rivolte verso l’interno. Il suo spessor e era di un palmo; il suo orlo fatto come l’orlo di un calice era a forma di giglio. La sua capacità e ra di duemila bat. Fece dieci carrelli di bronzo; di quattro cubiti era la lunghezza di ogni carrello e di quattro cubiti la larghezza e di tre cubiti l’altezza. La struttura dei carrelli era questa: telai e traverse tra i telai. Sulle traverse che erano fra i telai vi erano figure di leoni buoi e cherubini e s ull’intelaiatura sia sopra che sotto i leoni e i buoi c’erano ghirlande a festoni. Ciascun carrello av eva quattro ruote di bronzo con gli assi di bronzo e quattro supporti con sporgenze per sostener e il bacino; le sporgenze erano fuse contrapposte a ciascuna ghirlanda. L’orlo della parte circola re interna sporgeva di un cubito: l’orlo era rotondo come opera di sostegno ed era di un cubito e mezzo; anche sulla sua apertura c’erano sculture. Il telaio del carrello era quadrato non roton do. Le quattro ruote erano sotto il telaio; i perni delle ruote erano fissati al carrello e l’altezza di ogni ruota era di un cubito e mezzo. Le ruote erano lavorate come le ruote di un carro; i loro pe rni i loro quarti i loro raggi e i loro mozzi tutto era in metallo fuso. Quattro sporgenze erano sui quattro angoli di ciascun carrello; la sporgenza e il carrello erano in un unico pezzo. Alla cima de l carrello vi era una fascia rotonda di mezzo cubito d’altezza; alla cima del carrello vi erano mani ci e cornici che sporgevano da essa. Nei riquadri dei suoi manici e nel suo telaio erano incise fig ure di cherubini leoni e palme secondo lo spazio libero e ghirlande intorno. I dieci carrelli furono fusi in un medesimo stampo identici nella misura e nella forma. Fece poi anche dieci bacini di b ronzo; ognuno aveva una capacità di quaranta bat ed era di quattro cubiti: un bacino per ogni c arrello per i dieci carrelli. Pose cinque carrelli sul lato destro del tempio e cinque su quello sinist ro. Pose il Mare sul lato destro del tempio, a oriente rivolto verso meridione. Chiram fece i recip ienti le palette e i vasi per l’aspersione. Terminò di fare tutto il lavoro che aveva eseguito per il r e Salomone riguardo al tempio del Signore: le due colonne i globi dei capitelli che erano sopra l e colonne i due reticoli per coprire i due globi dei capitelli che erano sopra le colonne le quattro cento melagrane per i due reticoli due file di melagrane per ciascun reticolo per coprire i due gl obi dei capitelli che erano sulle colonne, i dieci carrelli e i dieci bacini sui carrelli l’unico Mare e i dodici buoi sotto il Mare i recipienti le palette i vasi per l’aspersione e tutti quegli utensili che C
hiram aveva fatto al re Salomone per il tempio del Signore. Tutto era di bronzo rifinito. Il re li fe ce fondere nel circondario del Giordano in suolo argilloso fra Succot e Sartàn. Salomone sistem
ò tutti gli utensili; a causa della loro quantità così grande non si poteva calcolare il peso del bron zo. Salomone fece tutti gli utensili del tempio del Signore l’altare d’oro la mensa d’oro su cui si p onevano i pani dell’offerta i cinque candelabri a destra e i cinque a sinistra di fronte al sacrario d’oro purissimo i fiori le lampade gli smoccolatoi d’oro, le coppe i coltelli i vasi per l’aspersione i mortai e i bracieri d’oro purissimo i cardini per i battenti del tempio interno cioè per il Santo de i Santi e per i battenti del tempio cioè dell’aula in oro. Fu così terminato tutto il lavoro che il re S
alomone aveva fatto per il tempio del Signore. Salomone fece portare le offerte consacrate da Davide suo padre cioè l’argento l’oro e gli utensili; le depositò nei tesori del tempio del Signore.
Salomone allora convocò presso di sé in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele tutti i ca pitribù i prìncipi dei casati degli Israeliti per fare salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide cioè da Sion. Si radunarono presso il re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di Etanìm c ioè il settimo mese durante la festa. Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele i sacerdoti s ollevarono l’arca e fecero salire l’arca del Signore con la tenda del convegno e con tutti gli ogget ti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti e i leviti. Il re Salomone e tutta la com unità d’Israele convenuta presso di lui immolavano davanti all’arca pecore e giovenchi che non si potevano contare né si potevano calcolare per la quantità. I sacerdoti introdussero l’arca dell’
alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio nel Santo dei Santi sotto le ali dei cher ubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini cioè proteggevano l’arc a e le sue stanghe dall’alto. Le stanghe sporgevano e le punte delle stanghe si vedevano dal San to di fronte al sacrario ma non si vedevano di fuori. Vi sono ancora oggi. Nell’arca non c’era null a se non le due tavole di pietra che vi aveva deposto Mosè sull’Oreb dove il Signore aveva concl uso l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dalla terra d’Egitto. Appena i sacerdoti furono usc iti dal santuario la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per c ompiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore
. Allora Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura. Ho voluto costruirti u na casa eccelsa, un luogo per la tua dimora in eterno». Il re si voltò e benedisse tutta l’assemble a d’Israele mentre tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi e disse: «Benedetto il Signore Dio d’
Israele che ha adempiuto con le sue mani quanto con la bocca ha detto a Davide mio padre: “D
a quando ho fatto uscire Israele mio popolo dall’Egitto io non ho scelto una città fra tutte le trib ù d’Israele per costruire una casa perché vi dimorasse il mio nome ma ho scelto Davide perché governi il mio popolo Israele”. Davide mio padre aveva deciso di costruire una casa al nome del Signore Dio d’Israele ma il Signore disse a Davide mio padre: “Poiché hai deciso di costruire una casa al mio nome hai fatto bene a deciderlo; solo che non costruirai tu la casa ma tuo figlio che uscirà dai tuoi fianchi lui costruirà una casa al mio nome”. Il Signore ha attuato la parola che ave va pronunciato: sono succeduto infatti a Davide mio padre e siedo sul trono d’Israele come ave va preannunciato il Signore e ho costruito la casa al nome del Signore Dio d’Israele. Vi ho fissato un posto per l’arca dove c’è l’alleanza che il Signore aveva concluso con i nostri padri quando li fece uscire dalla terra d’Egitto». Poi Salomone si pose davanti all’altare del Signore di fronte a t
utta l’assemblea d’Israele e stese le mani verso il cielo disse: «Signore Dio d’Israele non c’è un D
io come te né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuo i servi che camminano davanti a te con tutto il loro cuore. Tu hai mantenuto nei riguardi del tuo servo Davide mio padre quanto gli avevi promesso; quanto avevi detto con la bocca l’hai adem piuto con la tua mano come appare oggi. Ora Signore Dio d’Israele mantieni nei riguardi del tuo servo Davide mio padre, quanto gli hai promesso dicendo: “Non ti mancherà mai un discendent e che stia davanti a me e sieda sul trono d’Israele purché i tuoi figli veglino sulla loro condotta c amminando davanti a me come hai camminato tu davanti a me”. Ora Signore Dio d’Israele si ad empia la tua parola che hai rivolto al tuo servo Davide mio padre! Ma è proprio vero che Dio abi ta sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti tanto meno questa casa che io ho costruito! Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica Signore mio Dio per ascoltar e il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te! Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa verso il luogo di cui hai detto: “Lì porrò il mio nome!”. Ascolta la preg hiera che il tuo servo innalza in questo luogo. Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo I sraele quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel luogo della tua dimora in cielo; ascolt a e perdona! Se uno pecca contro il suo prossimo e perché gli è imposto un giuramento impreca torio viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio tu ascoltalo nel cielo, intervieni e fa’
giustizia con i tuoi servi; condanna il malvagio facendogli ricadere sul capo la sua condotta e dic hiara giusto l’innocente rendendogli quanto merita la sua giustizia. Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto di fronte al nemico perché ha peccato contro di te ma si converte a te loda il tuo nome ti prega e ti supplica in questo tempio, tu ascolta nel cielo perdona il peccato del tuo pop olo Israele e fallo tornare sul suolo che hai dato ai loro padri. Quando si chiuderà il cielo e non ci sarà pioggia perché hanno peccato contro di te ma ti pregano in questo luogo lodano il tuo no me e si convertono dal loro peccato perché tu li hai umiliati tu ascolta nel cielo perdona il pecca to dei tuoi servi e del tuo popolo Israele ai quali indicherai la strada buona su cui camminare e c oncedi la pioggia alla terra che hai dato in eredità al tuo popolo. Quando sulla terra ci sarà fame o peste carbonchio o ruggine invasione di locuste o di bruchi quando il suo nemico lo assedierà nel territorio delle sue città o quando vi sarà piaga o infermità d’ogni genere ogni preghiera e o gni supplica di un solo individuo o di tutto il tuo popolo Israele di chiunque abbia patito una pia ga nel cuore e stenda le mani verso questo tempio tu ascoltala nel cielo luogo della tua dimora perdona agisci e da’ a ciascuno secondo la sua condotta tu che conosci il suo cuore poiché solo t u conosci il cuore di tutti gli uomini perché ti temano tutti i giorni della loro vita sul suolo che ha i dato ai nostri padri. Anche lo straniero che non è del tuo popolo Israele se viene da una terra l ontana a causa del tuo nome perché si sentirà parlare del tuo grande nome della tua mano pote nte e del tuo braccio teso se egli viene a pregare in questo tempio tu ascolta nel cielo luogo dell a tua dimora e fa’ tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero, perché tutti i popoli della ter ra conoscano il tuo nome ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stat o invocato su questo tempio che io ho costruito. Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro i s
uoi nemici seguendo la via sulla quale l’avrai mandato e pregheranno il Signore rivolti verso la ci ttà che tu hai scelto e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome ascolta nel cielo la loro pr eghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia. Quando peccheranno contro di te poiché non c’è nessuno che non pecchi e tu adirato contro di loro li consegnerai a un nemico e i loro conquista tori li deporteranno in una terra ostile lontana o vicina se nella terra in cui saranno deportati rie ntrando in se stessi, torneranno a te supplicandoti nella terra della loro prigionia dicendo: “Abbi amo peccato siamo colpevoli, siamo stati malvagi” se torneranno a te con tutto il loro cuore e c on tutta la loro anima nella terra dei nemici che li avranno deportati e ti supplicheranno rivolti v erso la loro terra che tu hai dato ai loro padri verso la città che tu hai scelto e verso il tempio ch e io ho costruito al tuo nome, tu ascolta nel cielo luogo della tua dimora la loro preghiera e la lo ro supplica e rendi loro giustizia. Perdona al tuo popolo che ha peccato contro di te tutte le loro ribellioni con cui si sono ribellati contro di te e rendili oggetto di compassione davanti ai loro de portatori, affinché abbiano di loro misericordia perché si tratta del tuo popolo e della tua eredit à di coloro che hai fatto uscire dall’Egitto da una fornace per fondere il ferro. Siano aperti i tuoi occhi alla preghiera del tuo servo e del tuo popolo Israele e ascoltali in tutto quello che ti chiedo no perché te li sei separati da tutti i popoli della terra come tua proprietà secondo quanto avevi dichiarato per mezzo di Mosè tuo servo mentre facevi uscire i nostri padri dall’Egitto o Signore Dio». Quando Salomone ebbe finito di rivolgere al Signore questa preghiera e questa supplica si alzò davanti all’altare del Signore dove era inginocchiato con le palme tese verso il cielo, si mise in piedi e benedisse tutta l’assemblea d’Israele a voce alta: «Benedetto il Signore che ha conces so tranquillità a Israele suo popolo, secondo la sua parola. Non è venuta meno neppure una dell e parole buone che aveva pronunciato per mezzo di Mosè suo servo. Il Signore nostro Dio sia co n noi come è stato con i nostri padri; non ci abbandoni e non ci respinga ma volga piuttosto i no stri cuori verso di lui, perché seguiamo tutte le sue vie e osserviamo i comandi le leggi e le norm e che ha ordinato ai nostri padri. Queste mie parole usate da me per supplicare il Signore siano presenti davanti al Signore nostro Dio giorno e notte perché renda giustizia al suo servo e a Isra ele suo popolo secondo le necessità di ogni giorno affinché sappiano tutti i popoli della terra ch e il Signore è Dio e che non ce n’è altri. Il vostro cuore sarà tutto dedito al Signore nostro Dio pe rché cammini secondo le sue leggi e osservi i suoi comandi come avviene oggi». Il re e tutto Isra ele con lui offrirono un sacrificio davanti al Signore. Salomone immolò al Signore in sacrificio di comunione ventiduemila giovenchi e centoventimila pecore; così il re e tutti gli Israeliti dedicar ono il tempio del Signore. In quel giorno il re consacrò il centro del cortile che era di fronte al te mpio del Signore; infatti lì offrì l’olocausto l’offerta e il grasso dei sacrifici di comunione perché l
’altare di bronzo che era davanti al Signore era troppo piccolo per contenere l’olocausto l’offert a e il grasso dei sacrifici di comunione. In quel tempo Salomone celebrò la festa davanti al Signo re nostro Dio per sette giorni: tutto Israele dall’ingresso di Camat al torrente d’Egitto un’assemb lea molto grande, era con lui. Nell’ottavo giorno congedò il popolo. I convenuti benedetto il re, andarono alle loro tende contenti e con la gioia nel cuore per tutto il bene concesso dal Signore
a Davide suo servo e a Israele suo popolo. Quando Salomone ebbe terminato di costruire il tem pio del Signore la reggia e quanto aveva voluto attuare il Signore apparve per la seconda volta a Salomone come gli era apparso a Gàbaon. Il Signore gli disse: «Ho ascoltato la tua preghiera e l a tua supplica che mi hai rivolto; ho consacrato questa casa che tu hai costruito per porre in ess a il mio nome per sempre. I miei occhi e il mio cuore saranno là tutti i giorni. Quanto a te se cam minerai davanti a me come camminò Davide tuo padre con cuore integro e con rettitudine face ndo quanto ti ho comandato, e osserverai le mie leggi e le mie norme io stabilirò il trono del tuo regno su Israele per sempre come ho promesso a Davide tuo padre dicendo: “Non ti sarà tolto un discendente dal trono d’Israele”. Ma se voi e i vostri figli vi ritirerete dal seguirmi se non osse rverete i miei comandi e le mie leggi che io vi ho proposto se andrete a servire altri dèi e a prost rarvi davanti ad essi allora eliminerò Israele dalla terra che ho dato loro, rigetterò da me il temp io che ho consacrato al mio nome; Israele diventerà la favola e lo zimbello di tutti i popoli. Ques to tempio sarà una rovina; chiunque vi passerà accanto resterà sbigottito fischierà di scherno e si domanderà: “Perché il Signore ha agito così con questa terra e con questo tempio?”. Si rispon derà: “Perché hanno abbandonato il Signore loro Dio che aveva fatto uscire i loro padri dalla ter ra d’Egitto e si sono legati a dèi stranieri prostrandosi davanti a loro e servendoli. Per questo il S
ignore ha fatto venire su di loro tutta questa sciagura”». Passati i vent’anni durante i quali Salo mone aveva costruito i due edifici il tempio del Signore e la reggia poiché Chiram re di Tiro avev a fornito a Salomone legname di cedro e legname di cipresso e oro secondo ogni suo desiderio Salomone diede a Chiram venti città nella regione della Galilea. Chiram uscì da Tiro per vedere l e città che Salomone gli aveva dato ma non gli piacquero. Perciò disse: «Sono queste le città ch e tu mi hai dato fratello mio?». Le chiamò terra di Cabul nome ancora in uso. Chiram aveva man dato al re centoventi talenti d’oro. Questa fu l’occasione in cui il re Salomone istituì il lavoro coa tto per costruire il tempio la reggia il Millo le mura di Gerusalemme Asor Meghiddo Ghezer. Il fa raone re d’Egitto con una spedizione aveva preso Ghezer l’aveva data alle fiamme aveva ucciso i Cananei che abitavano nella città e poi l’aveva assegnata in dote a sua figlia moglie di Salomon e. Salomone riedificò Ghezer Bet-Oron inferiore Baalàt, Tamar nel deserto del paese e tutte le città dei magazzini che gli apparten evano le città per i carri quelle per i cavalli e costruì a Gerusalemme nel Libano e in tutto il territ orio del suo dominio tutto ciò che gli piacque. Quanti rimanevano degli Amorrei, degli Ittiti dei P
erizziti degli Evei e dei Gebusei che non erano Israeliti e cioè i loro discendenti rimasti dopo di lo ro nella terra coloro che gli Israeliti non avevano potuto votare allo sterminio Salomone li arruol ò per il lavoro coatto da schiavi come è ancora oggi. Ma degli Israeliti Salomone non fece schiav o nessuno perché essi erano guerrieri, suoi ministri suoi comandanti suoi scudieri comandanti d ei suoi carri e dei suoi cavalieri. I comandanti dei prefetti che dirigevano i lavori per Salomone e rano cinquecentocinquanta; essi dirigevano il popolo che si occupava dei lavori. Dopo che la figli a del faraone si trasferì dalla Città di Davide alla casa che il re Salomone le aveva fatto costruire questi costruì il Millo. Tre volte all’anno Salomone offriva olocausti e sacrifici di comunione sull’

altare che aveva costruito per il Signore e bruciava incenso su quello che era davanti al Signore.
Così terminò il tempio. Salomone costruì anche una flotta a Esion-Ghèber che è presso Elat, sulla riva del Mar Rosso nel territorio di Edom. Chiram inviò alla flotta i suoi servi marinai che conoscevano il mare insieme con i servi di Salomone. Andarono in Ofir e di là presero quattrocentoventi talenti d’oro e li portarono al re Salomone. La regina di Saba se ntita la fama di Salomone dovuta al nome del Signore venne per metterlo alla prova con enigmi.
Arrivò a Gerusalemme con un corteo molto numeroso con cammelli carichi di aromi d’oro in gr ande quantità e di pietre preziose. Si presentò a Salomone e gli parlò di tutto quello che aveva n el suo cuore. Salomone le chiarì tutto quanto ella gli diceva; non ci fu parola tanto nascosta al re che egli non potesse spiegarle. La regina di Saba quando vide tutta la sapienza di Salomone la r eggia che egli aveva costruito i cibi della sua tavola il modo ordinato di sedere dei suoi servi il se rvizio dei suoi domestici e le loro vesti i suoi coppieri e gli olocausti che egli offriva nel tempio d el Signore rimase senza respiro. Quindi disse al re: «Era vero dunque quanto avevo sentito nel mio paese sul tuo conto e sulla tua sapienza! Io non credevo a quanto si diceva finché non sono giunta qui e i miei occhi non hanno visto; ebbene non me n’era stata riferita neppure una metà!
Quanto alla sapienza e alla prosperità superi la fama che io ne ho udita. Beati i tuoi uomini e be ati questi tuoi servi che stanno sempre alla tua presenza e ascoltano la tua sapienza! Sia benede tto il Signore tuo Dio che si è compiaciuto di te così da collocarti sul trono d’Israele perché il Sig nore ama Israele in eterno e ti ha stabilito re per esercitare il diritto e la giustizia». Ella diede al r e centoventi talenti d’oro aromi in gran quantità e pietre preziose. Non arrivarono più tanti aro mi quanti ne aveva dati la regina di Saba al re Salomone. Inoltre la flotta di Chiram che caricava oro da Ofir recò da Ofir legname di sandalo in grande quantità e pietre preziose. Con il legname di sandalo il re fece ringhiere per il tempio del Signore e per la reggia cetre e arpe per i cantori.
Mai più arrivò, né mai più si vide fino ad oggi tanto legno di sandalo. Il re Salomone diede alla re gina di Saba quanto lei desiderava e aveva domandato oltre quanto le aveva dato con munifice nza degna di lui. Quindi ella si mise in viaggio e tornò nel suo paese con i suoi servi. Il peso dell’
oro che giungeva a Salomone ogni anno era di seicentosessantasei talenti d’oro senza contare q uanto ne proveniva dai mercanti e dal guadagno dei commercianti, da tutti i re dell’occidente e dai governatori del territorio. Il re Salomone fece duecento scudi grandi d’oro battuto per ognu no dei quali adoperò seicento sicli d’oro e trecento scudi piccoli d’oro battuto per ognuno dei q uali adoperò tre mine d’oro. Il re li collocò nel palazzo della Foresta del Libano. Inoltre il re fece un grande trono d’avorio che rivestì d’oro fino. Il trono aveva sei gradini; nella sua parte posteri ore il trono aveva una sommità rotonda vi erano braccioli da una parte e dall’altra del sedile e d ue leoni che stavano a fianco dei braccioli. Dodici leoni si ergevano di qua e di là sui sei gradini; una cosa simile non si era mai fatta in nessun regno. Tutti i vasi per le bevande del re Salomone erano d’oro tutti gli arredi del palazzo della Foresta del Libano erano d’oro fino; nessuno era in argento poiché ai giorni di Salomone non valeva nulla. Difatti il re aveva in mare le navi di Tarsis con le navi di Chiram; ogni tre anni le navi di Tarsis arrivavano portando oro argento zanne d’el
efante scimmie e pavoni. Il re Salomone fu più grande per ricchezza e sapienza di tutti i re della terra. Tutta la terra cercava il volto di Salomone per ascoltare la sapienza che Dio aveva messo nel suo cuore. Ognuno gli portava ogni anno il proprio tributo oggetti d’argento e oggetti d’oro vesti armi aromi cavalli e muli. Salomone radunò carri e cavalli; aveva millequattrocento carri e dodicimila cavalli da sella distribuiti nelle città per i carri e presso il re a Gerusalemme. Il re fece sì che a Gerusalemme l’argento abbondasse come le pietre e rese il legname di cedro tanto co mune quanto i sicomòri che crescono nella Sefela. I cavalli di Salomone provenivano da Musri e da Kue; i mercanti del re li compravano in Kue. Un carro importato da Musri costava seicento si cli d’argento un cavallo centocinquanta. In tal modo ne importavano per fornirli a tutti i re degli Ittiti e ai re di Aram. Il re Salomone amò molte donne straniere oltre la figlia del faraone: moabi te, ammonite edomite sidònie e ittite provenienti dai popoli di cui aveva detto il Signore agli Isr aeliti: «Non andate da loro ed essi non vengano da voi perché certo faranno deviare i vostri cuo ri dietro i loro dèi». Salomone si legò a loro per amore. Aveva settecento principesse per mogli e trecento concubine; le sue donne gli fecero deviare il cuore. Quando Salomone fu vecchio le s ue donne gli fecero deviare il cuore per seguire altri dèi e il suo cuore non restò integro con il Si gnore suo Dio come il cuore di Davide suo padre. Salomone seguì Astarte dea di quelli di Sidone e Milcom obbrobrio degli Ammoniti. Salomone commise il male agli occhi del Signore e non seg uì pienamente il Signore come Davide suo padre. Salomone costruì un’altura per Camos obbrob rio dei Moabiti sul monte che è di fronte a Gerusalemme e anche per Moloc obbrobrio degli Am moniti. Allo stesso modo fece per tutte le sue donne straniere che offrivano incenso e sacrifici a i loro dèi. Il Signore perciò si sdegnò con Salomone perché aveva deviato il suo cuore dal Signor e Dio d’Israele che gli era apparso due volte e gli aveva comandato di non seguire altri dèi ma Sa lomone non osservò quanto gli aveva comandato il Signore. Allora disse a Salomone: «Poiché ti sei comportato così e non hai osservato la mia alleanza né le leggi che ti avevo dato ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo servo. Tuttavia non lo farò durante la tua vita per amore di Davide tuo padre; lo strapperò dalla mano di tuo figlio. Ma non gli strapperò tutto il regno; una tribù la darò a tuo figlio per amore di Davide mio servo e per amore di Gerusalemme che ho sc elto». Il Signore suscitò contro Salomone un avversario l’edomita Adad che era della stirpe regal e di Edom. Dopo la disfatta inflitta da Davide a Edom quando Ioab capo dell’esercito era andato a seppellire i cadaveri e aveva ucciso tutti i maschi di Edom –
Ioab con tutto Israele vi si era fermato sei mesi finché ebbe sterminato ogni maschio di Edom –
Adad con alcuni Edomiti a servizio del padre fuggì per andare in Egitto. Allora Adad era un raga zzo. Essi partirono da Madian e andarono a Paran; presero con sé uomini di Paran e andarono i n Egitto dal faraone re d’Egitto che diede ad Adad una casa gli fissò alimenti e gli diede una terr a. Adad trovò grande favore agli occhi del faraone tanto che gli diede in moglie la sorella della p ropria moglie la sorella di Tacpenès, la regina madre. La sorella di Tacpenès gli partorì il figlio Gh enubàt, che Tacpenès svezzò nel palazzo del faraone. Ghenubàt visse nella casa del faraone tra i figli del faraone. Quando Adad seppe in Egitto che Davide si era addormentato con i suoi padri
e che era morto Ioab capo dell’esercito disse al faraone: «Lasciami partire; voglio andare nella mia terra». Il faraone gli rispose: «Ti manca forse qualcosa nella mia casa perché tu cerchi di an dare nella tua terra?». Quegli soggiunse: «No ma ti prego lasciami partire!». Dio suscitò contro Salomone un altro avversario Rezon figlio di Eliadà che era fuggito da Adadèzer re di Soba suo si gnore. Egli radunò uomini presso di sé e divenne capo di una banda quando Davide aveva mass acrato gli Aramei. Andarono quindi a Damasco si stabilirono là e cominciarono a regnare in Dam asco. Fu avversario d’Israele per tutta la vita di Salomone e questo oltre al male fatto da Adad; detestò Israele e regnò su Aram. Anche Geroboamo figlio dell’efraimita Nebat di Seredà –
sua madre una vedova si chiamava Seruà –
mentre era al servizio di Salomone alzò la mano contro il re. Questa è la ragione per cui alzò la mano contro il re: Salomone costruiva il Millo e chiudeva la breccia apertasi nella Città di Davide suo padre. Geroboamo era un uomo di riguardo; Salomone visto quanto il giovane lavorava lo nominò sorvegliante di tutto il lavoro coatto della casa di Giuseppe. In quel tempo Geroboamo uscito da Gerusalemme, incontrò per strada il profeta Achia di Silo che era coperto con un mant ello nuovo; erano loro due soli, in campagna. Achia afferrò il mantello nuovo che indossava e lo lacerò in dodici pezzi. Quindi disse a Geroboamo: «Prenditi dieci pezzi poiché dice il Signore Dio d’Israele: “Ecco strapperò il regno dalla mano di Salomone e ne darò a te dieci tribù. A lui rimarr à una tribù a causa di Davide mio servo e a causa di Gerusalemme la città che ho scelto fra tutte le tribù d’Israele. Ciò avverrà perché mi hanno abbandonato e si sono prostrati davanti ad Asta rte dea di quelli di Sidone a Camos dio dei Moabiti e a Milcom dio degli Ammoniti e non hanno camminato sulle mie vie compiendo ciò che è retto ai miei occhi osservando le mie leggi e le mi e norme come Davide suo padre. Non gli toglierò tutto il regno dalla mano perché l’ho stabilito principe per tutti i giorni della sua vita a causa di Davide mio servo che ho scelto il quale ha osse rvato i miei comandi e le mie leggi. Toglierò il regno dalla mano di suo figlio e ne consegnerò a t e dieci tribù. A suo figlio darò una tribù affinché ci sia una lampada per Davide mio servo per tut ti i giorni dinanzi a me a Gerusalemme la città che mi sono scelta per porvi il mio nome. Io pren derò te e tu regnerai su quanto vorrai; sarai re d’Israele. Se ascolterai quanto ti comanderò se s eguirai le mie vie e farai ciò che è retto ai miei occhi osservando le mie leggi e i miei comandi co me ha fatto Davide mio servo io sarò con te e ti edificherò una casa stabile come l’ho edificata p er Davide. Ti consegnerò Israele; umilierò la discendenza di Davide per questo motivo ma non p er sempre”». Salomone cercò di far morire Geroboamo il quale però trovò rifugio in Egitto da Si sak re d’Egitto. Geroboamo rimase in Egitto fino alla morte di Salomone. Le altre gesta di Salom one tutte le sue azioni e la sua sapienza non sono forse descritte nel libro delle gesta di Salomo ne? Il tempo in cui Salomone aveva regnato a Gerusalemme su tutto Israele fu di quarant’anni.
Salomone si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella Città di Davide suo padre; al suo pos to divenne re suo figlio Roboamo. Roboamo andò a Sichem perché tutto Israele era convenuto a Sichem per proclamarlo re. Quando lo seppe Geroboamo figlio di Nebat che era ancora in Egit to dove era fuggito per paura del re Salomone tornò dall’Egitto. Lo mandarono a chiamare e Ge
roboamo venne con tutta l’assemblea d’Israele e parlarono a Roboamo dicendo: «Tuo padre ha reso duro il nostro giogo; ora tu alleggerisci la dura servitù di tuo padre e il giogo pesante che e gli ci ha imposto e noi ti serviremo». Rispose loro: «Andate e tornate da me fra tre giorni». Il po polo se ne andò. Il re Roboamo si consigliò con gli anziani che erano stati al servizio di Salomone suo padre durante la sua vita domandando: «Che cosa mi consigliate di rispondere a questo po polo?». Gli dissero: «Se oggi ti farai servo sottomettendoti a questo popolo se li ascolterai e se dirai loro parole buone essi ti saranno servi per sempre». Ma egli trascurò il consiglio che gli anz iani gli avevano dato e si consultò con i giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizi o. Domandò loro: «Voi che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo che mi ha chiesto di alleggerire il giogo imposto loro da mio padre?». I giovani che erano cresciuti con lui gli disser o: «Per rispondere al popolo che si è rivolto a te dicendo: “Tuo padre ha reso pesante il nostro g iogo tu alleggeriscilo!” di’ loro così: “Il mio mignolo è più grosso dei fianchi di mio padre. Ora mi o padre vi caricò di un giogo pesante, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio padre vi c astigò con fruste, io vi castigherò con flagelli”». Geroboamo e tutto il popolo si presentarono a Roboamo il terzo giorno come il re aveva ordinato dicendo: «Tornate da me il terzo giorno». Il r e rispose duramente al popolo respingendo il consiglio che gli anziani gli avevano dato; egli diss e loro secondo il consiglio dei giovani: «Mio padre ha reso pesante il vostro giogo, io renderò an cora più grave il vostro giogo; mio padre vi castigò con fruste, io vi castigherò con flagelli». Il re non ascoltò il popolo poiché era disposizione del Signore che si attuasse la parola che il Signore aveva rivolta a Geroboamo figlio di Nebat per mezzo di Achia di Silo. Tutto Israele visto che il re non li ascoltava diede al re questa risposta: «Che parte abbiamo con Davide? Noi non abbiamo eredità con il figlio di Iesse! Alle tue tende Israele! Ora pensa alla tua casa Davide!». Israele se n e andò alle sue tende. Sugli Israeliti che abitavano nelle città di Giuda regnò Roboamo. Il re Rob oamo mandò Adoràm che era sovrintendente al lavoro coatto ma tutti gli Israeliti lo lapidarono ed egli morì. Allora il re Roboamo salì in fretta sul carro per fuggire a Gerusalemme. Israele si ri bellò alla casa di Davide fino ad oggi. Quando tutto Israele seppe che era tornato Geroboamo lo mandò a chiamare perché partecipasse all’assemblea; lo proclamarono re di tutto Israele. Ness uno seguì la casa di Davide se non la tribù di Giuda. Roboamo giunto a Gerusalemme convocò t utta la casa di Giuda e la tribù di Beniamino centoottantamila guerrieri scelti per combattere co ntro la casa d’Israele e per restituire il regno a Roboamo figlio di Salomone. La parola di Dio fu ri volta a Semaià uomo di Dio: «Riferisci a Roboamo figlio di Salomone re di Giuda a tutta la casa d i Giuda e di Beniamino e al resto del popolo: Così dice il Signore: “Non salite a combattere contr o i vostri fratelli israeliti; ognuno torni a casa perché questo fatto è dipeso da me”». Ascoltaron o la parola del Signore e tornarono indietro come il Signore aveva ordinato. Geroboamo fortific ò Sichem sulle montagne di èfraim e vi pose la sua residenza. Uscito di lì fortificò Penuèl. Gerob oamo pensò: «In questa situazione il regno potrà tornare alla casa di Davide. Se questo popolo continuerà a salire a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio del Signore il cuore di que sto popolo si rivolgerà verso il suo signore verso Roboamo re di Giuda; mi uccideranno e ritorne
ranno da Roboamo re di Giuda». Consigliatosi il re preparò due vitelli d’oro e disse al popolo: «S
iete già saliti troppe volte a Gerusalemme! Ecco Israele i tuoi dèi che ti hanno fatto salire dalla t erra d’Egitto». Ne collocò uno a Betel e l’altro lo mise a Dan. Questo fatto portò al peccato; il po polo infatti andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli. Egli edificò templi sulle altur e e costituì sacerdoti presi da tutto il popolo i quali non erano discendenti di Levi. Geroboamo is tituì una festa nell’ottavo mese il quindici del mese simile alla festa che si celebrava in Giuda. Eg li stesso salì all’altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretto e a Betel stabilì s acerdoti dei templi da lui eretti sulle alture. Il giorno quindici del mese ottavo il mese che aveva scelto di sua iniziativa salì all’altare che aveva eretto a Betel; istituì una festa per gli Israeliti e sal ì all’altare per offrire incenso. Un uomo di Dio per comando del Signore si portò da Giuda a Bete l mentre Geroboamo stava presso l’altare per offrire incenso. Per comando del Signore quegli g ridò verso l’altare: «Altare altare così dice il Signore: “Ecco nascerà un figlio nella casa di Davide chiamato Giosia il quale immolerà su di te i sacerdoti delle alture che hanno offerto incenso su di te e brucerà su di te ossa umane”». In quel giorno diede un segno dicendo: «Questo è il segn o che il Signore parla: ecco l’altare si spezzerà e sarà sparsa la cenere che vi è sopra». Appena se ntì la parola che l’uomo di Dio aveva proferito contro l’altare di Betel il re Geroboamo tese la m ano ritirandola dall’altare dicendo: «Afferratelo!». Ma la sua mano tesa contro quello gli si inari dì e non la poté far tornare a sé. L’altare si spezzò e fu sparsa la cenere dell’altare secondo il seg no dato dall’uomo di Dio per comando del Signore. Presa la parola il re disse all’uomo di Dio: «P
laca il volto del Signore tuo Dio e prega per me perché mi sia resa la mia mano». L’uomo di Dio placò il volto del Signore e la mano del re gli tornò com’era prima. All’uomo di Dio il re disse: «V
ieni a casa con me per ristorarti; ti darò un regalo». L’uomo di Dio rispose al re: «Anche se mi da rai metà della tua casa non verrò con te e non mangerò pane né berrò acqua in questo luogo, p erché così mi è stato ordinato per comando del Signore: “Non mangerai pane e non berrai acqu a né tornerai per la strada percorsa nell’andata”». Se ne andò per un’altra strada e non tornò p er quella che aveva percorso venendo a Betel. Ora abitava a Betel un vecchio profeta al quale i f igli andarono a raccontare quanto aveva fatto quel giorno l’uomo di Dio a Betel; essi raccontaro no al loro padre anche le parole che quello aveva detto al re. Il padre domandò loro: «Quale via ha preso?». I suoi figli gli indicarono la via presa dall’uomo di Dio che era venuto da Giuda. Ed e gli disse ai suoi figli: «Sellatemi l’asino!». Gli sellarono l’asino ed egli vi montò sopra. Inseguì l’uo mo di Dio e lo trovò seduto sotto una quercia. Gli domandò: «Sei tu l’uomo di Dio venuto da Giu da?». Rispose: «Sono io». L’altro gli disse: «Vieni a casa con me per mangiare del pane». Egli ris pose: «Non posso tornare con te né venire con te; non mangerò pane e non berrò acqua in que sto luogo perché mi fu rivolta una parola per ordine del Signore: “Là non mangerai pane e non b errai acqua né ritornerai per la strada percorsa all’andata”». Quegli disse: «Anche io sono profe ta come te; ora un angelo mi ha detto per ordine del Signore: “Fallo tornare con te nella tua cas a perché mangi pane e beva acqua”». Egli mentiva a costui che ritornò con lui, mangiò pane nell a sua casa e bevve acqua. Mentre essi stavano seduti a tavola la parola del Signore fu rivolta al
profeta che aveva fatto tornare indietro l’altro ed egli gridò all’uomo di Dio che era venuto da G
iuda: «Così dice il Signore: “Poiché ti sei ribellato alla voce del Signore, non hai osservato il com ando che ti ha dato il Signore tuo Dio sei tornato indietro hai mangiato pane e bevuto acqua nel luogo in cui il tuo Dio ti aveva ordinato di non mangiare pane e di non bere acqua il tuo cadaver e non entrerà nel sepolcro dei tuoi padri”». Dopo che egli ebbe mangiato pane e bevuto fu sleg ato per lui l’asino del profeta che lo aveva fatto ritornare. Egli partì e un leone lo trovò per strad a e l’uccise; il suo cadavere rimase steso sulla strada mentre l’asino se ne stava là vicino e anche il leone stava vicino al cadavere. Ora alcuni passanti videro il cadavere steso sulla strada e il leo ne che se ne stava vicino al cadavere. Essi andarono e divulgarono il fatto nella città ove dimora va il vecchio profeta. Avendolo udito il profeta che l’aveva fatto ritornare dalla strada disse: «Q
uello è un uomo di Dio che si è ribellato alla voce del Signore; per questo il Signore l’ha consegn ato al leone che l’ha fatto a pezzi e l’ha fatto morire secondo la parola che gli aveva detto il Sign ore». Egli aggiunse ai figli: «Sellatemi l’asino». Quando l’asino fu sellato egli andò e trovò il cada vere di lui steso sulla strada con l’asino e il leone accanto. Il leone non aveva mangiato il cadave re né fatto a pezzi l’asino. Il profeta prese il cadavere dell’uomo di Dio lo adagiò sull’asino e lo p ortò indietro; il vecchio profeta entrò in città per piangerlo e seppellirlo. Depose il cadavere nel proprio sepolcro e fecero su di lui il lamento: «Ohimè fratello mio!». Dopo averlo sepolto disse ai figli: «Alla mia morte mi seppellirete nel sepolcro in cui è stato sepolto l’uomo di Dio; porrete le mie ossa vicino alle sue poiché certo si avvererà la parola che egli gridò per ordine del Signore contro l’altare di Betel e contro tutti i santuari delle alture che sono nelle città di Samaria». Do po questo fatto Geroboamo non abbandonò la sua via cattiva. Egli continuò a prendere da tutto il popolo i sacerdoti delle alture e a chiunque lo desiderava conferiva l’incarico e quegli diveniv a sacerdote delle alture. Tale condotta costituì per la casa di Geroboamo il peccato che ne prov ocò la distruzione e lo sterminio dalla faccia della terra. In quel tempo si ammalò Abia figlio di G
eroboamo. Geroboamo disse a sua moglie: «àlzati cambia vestito perché non si sappia che tu se i la moglie di Geroboamo e va’ a Silo. Là c’è il profeta Achia colui che mi disse che avrei regnato su questo popolo. Prendi con te dieci pani focacce e un vaso di miele; va’ da lui. Egli ti rivelerà c he cosa avverrà del ragazzo». La moglie di Geroboamo fece così. Si alzò andò a Silo ed entrò nell a casa di Achia il quale non poteva vedere, perché i suoi occhi erano offuscati per la vecchiaia. Il Signore aveva detto ad Achia: «Ecco la moglie di Geroboamo viene per chiederti un oracolo sul figlio che è malato; tu le dirai questo e questo. Arriverà travestita». Appena Achia sentì il rumor e dei piedi di lei che arrivava alla porta disse: «Entra moglie di Geroboamo. Perché ti fingi un’alt ra? Io sono stato incaricato di annunciarti una dura notizia. Su riferisci a Geroboamo: Così dice il Signore Dio d’Israele: “Io ti ho innalzato fra il popolo costituendoti capo del popolo d’Israele ho strappato il regno dalla casa di Davide e l’ho consegnato a te. Ma tu non sei stato come il mio s ervo Davide che osservò i miei comandi e mi seguì con tutto il suo cuore facendo solo ciò che è retto davanti ai miei occhi anzi hai agito peggio di tutti quelli che furono prima di te e sei andato a fabbricarti altri dèi e immagini fuse per provocarmi mentre hai gettato me dietro alle tue spal
le. Per questo ecco manderò la sventura sulla casa di Geroboamo, distruggerò nella casa di Ger oboamo ogni maschio schiavo o libero in Israele e spazzerò la casa di Geroboamo come si spazz a lo sterco fino alla sua totale scomparsa. I cani divoreranno quanti della casa di Geroboamo mo riranno in città quelli morti in campagna li divoreranno gli uccelli del cielo perché il Signore ha p arlato”. Ma tu àlzati va’ a casa tua; quando i tuoi piedi raggiungeranno la città il bambino morirà
. Ne faranno il lamento tutti gli Israeliti e lo seppelliranno; infatti soltanto lui della famiglia di Ge roboamo entrerà in un sepolcro perché in lui si è trovato qualcosa di buono da parte del Signor e Dio d’Israele nella famiglia di Geroboamo. Il Signore farà sorgere per sé un re sopra Israele ch e distruggerà la famiglia di Geroboamo. Questo è quel giorno! Non è forse già adesso? Inoltre il Signore percuoterà Israele come una canna agitata dall’acqua. Eliminerà Israele da questa terra buona che ha dato ai loro padri e li disperderà oltre il Fiume perché si sono eretti i loro pali sacri provocando così il Signore. Il Signore abbandonerà Israele a causa dei peccati di Geroboamo il quale peccò e fece peccare Israele». La moglie di Geroboamo si alzò e se ne andò a Tirsa. Propri o mentre lei varcava la soglia di casa il ragazzo morì. Lo seppellirono e tutto Israele ne fece il la mento secondo la parola del Signore comunicata per mezzo del suo servo il profeta Achia. Le alt re gesta di Geroboamo le sue guerre e il suo regno sono descritti nel libro delle Cronache dei re d’Israele. La durata del regno di Geroboamo fu di ventidue anni; egli si addormentò con i suoi p adri e al suo posto divenne re suo figlio Nadab. Roboamo figlio di Salomone regnò in Giuda. Ave va quarantun anni quando divenne re e regnò diciassette anni a Gerusalemme città scelta dal Si gnore fra tutte le tribù d’Israele per collocarvi il suo nome. Sua madre ammonita si chiamava Na amà. Giuda fece ciò che è male agli occhi del Signore; essi provocarono il Signore a gelosia più d i quanto avevano fatto i loro padri con i peccati da loro commessi. Anch’essi si costruirono altur e stele e pali sacri su ogni alto colle e sotto ogni albero verde. Inoltre nella terra c’erano prostitu ti sacri. Essi commisero tutti gli abomini dei popoli che il Signore aveva scacciato davanti agli Isr aeliti. Nell’anno quinto del re Roboamo il re d’Egitto Sisak salì contro Gerusalemme. Prese i teso ri del tempio del Signore e i tesori della reggia portò via tutto prese anche gli scudi d’oro fatti da Salomone. Il re Roboamo li sostituì con scudi di bronzo che affidò ai comandanti delle guardie a ddette alle porte della reggia. Ogni volta che il re andava nel tempio del Signore le guardie li pre ndevano poi li riportavano nella sala delle guardie. Le altre gesta di Roboamo e tutte le sue azio ni non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Ci fu guerra continua fra Ro boamo e Geroboamo. Roboamo si addormentò con i suoi padri e fu sepolto con i suoi padri nell a Città di Davide. Sua madre ammonita si chiamava Naamà. Al suo posto divenne re suo figlio A biam. Nell’anno diciottesimo del re Geroboamo figlio di Nebat Abiam divenne re su Giuda. Regn ò tre anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Maacà figlia di Abisalòm. Egli imitò tutti i pec cati che suo padre aveva commesso prima di lui; il suo cuore non fu integro con il Signore suo Di o come il cuore di Davide suo padre. Ma, per amore di Davide il Signore suo Dio gli concesse un a lampada a Gerusalemme facendo sorgere suo figlio dopo di lui e rendendo stabile Gerusalem me perché Davide aveva fatto ciò che è retto agli occhi del Signore e non aveva deviato da quan
to il Signore aveva ordinato durante tutta la sua vita se si eccettua il caso di Uria l’Ittita. Ci fu gu erra continua fra Roboamo e Geroboamo. Le altre gesta di Abiam e tutte le sue azioni non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Ci fu guerra fra Abiam e Geroboamo. Ab iam si addormentò con i suoi padri; lo seppellirono nella Città di Davide e al suo posto divenne r e suo figlio Asa. Nell’anno ventesimo di Geroboamo re d’Israele Asa divenne re di Giuda. Egli re gnò quarantun anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Maacà figlia di Abisalòm. Asa fece c iò che è retto agli occhi del Signore come Davide, suo padre. Eliminò i prostituti sacri dalla terra e allontanò tutti gli idoli che avevano fatto i suoi padri. Privò anche sua madre Maacà del titolo di regina madre perché ella aveva eretto ad Asera un’immagine infame; Asa demolì l’immagine i nfame e la bruciò nella valle del torrente Cedron. Ma non scomparvero le alture anche se il cuor e di Asa si mantenne integro nei riguardi del Signore per tutta la sua vita. Fece portare nel temp io del Signore le offerte consacrate da suo padre e quelle consacrate da lui stesso consistenti in argento oro e utensili. Ci fu guerra fra Asa e Baasà re d’Israele per tutta la loro vita. Il re d’Israel e Baasà salì contro Giuda; egli fortificò Rama per impedire il transito ad Asa re di Giuda. Asa pre se tutto l’argento e l’oro rimasti nei tesori del tempio del Signore e nei tesori della reggia li cons egnò ai suoi ministri che li portarono per ordine del re Asa a Ben-Adàd figlio di Tabrimmòn figlio di Cheziòn re di Aram residente a Damasco con questa proposta:
«Ci sia un’alleanza fra me e te, come tra mio padre e tuo padre. Ecco ti mando un dono d’argen to e d’oro. Su rompi la tua alleanza con Baasà re d’Israele in modo che egli si ritiri da me». Ben-Adàd ascoltò il re Asa; mandò contro le città d’Israele i comandanti del suo esercito che colpiro no Iion Dan Abel-Bet-Maacà e l’intera regione di Chinaròt compreso tutto il territorio di Nèftali. Quando lo seppe, Ba asà smise di fortificare Rama e tornò a Tirsa. Allora il re Asa convocò tutti quelli di Giuda nessun o escluso; costoro andarono a prendere le pietre e il legname con cui Baasà stava fortificando R
ama e con essi il re Asa fortificò Gheba di Beniamino e Mispa. Tutte le altre gesta di Asa tutta la sua potenza e tutte le sue azioni le città che egli edificò non sono forse descritte nel libro delle C
ronache dei re di Giuda? Tuttavia nella sua vecchiaia fu ammalato ai piedi. Asa si addormentò c on i suoi padri fu sepolto con i suoi padri nella Città di Davide suo padre e al suo posto divenne r e suo figlio Giòsafat. Nadab figlio di Geroboamo divenne re su Israele nell’anno secondo di Asa r e di Giuda e regnò su Israele due anni. Egli fece ciò che è male agli occhi del Signore seguendo la via di suo padre e il peccato che questi aveva fatto commettere a Israele. Contro di lui congiurò Baasà figlio di Achia della casa di ìssacar; Baasà lo colpì a Ghibbetòn che apparteneva ai Filistei mentre Nadab e tutto Israele assediavano Ghibbetòn. Baasà lo fece morire nell’anno terzo di As a re di Giuda e divenne re al suo posto. Appena divenuto re egli colpì tutta la casa di Geroboam o: non risparmiò nessuno della stirpe di Geroboamo fino ad estinguerla secondo la parola del Si gnore pronunciata per mezzo del suo servo Achia di Silo a causa dei peccati che Geroboamo co mmise e fece commettere a Israele e a causa dello sdegno a cui aveva provocato il Signore Dio d’Israele. Le altre gesta di Nadab e tutte le sue azioni non sono forse descritte nel libro delle Cro
nache dei re d’Israele? Ci fu guerra fra Asa e Baasà re d’Israele per tutta la loro vita. Nell’anno t erzo di Asa re di Giuda Baasà figlio di Achia divenne re su tutto Israele a Tirsa. Regnò ventiquattr o anni. Egli fece ciò che è male agli occhi del Signore seguendo la via di Geroboamo e il peccato che questi aveva fatto commettere a Israele. La parola del Signore fu rivolta a Ieu figlio di Anàni contro Baasà: «Io ti ho innalzato dalla polvere e ti ho costituito capo sul mio popolo Israele ma t u hai seguito la via di Geroboamo e hai fatto peccare il mio popolo Israele provocandomi con i l oro peccati. Ecco io spazzerò via Baasà e la sua casa e renderò la tua casa come la casa di Gerob oamo figlio di Nebat. I cani divoreranno quanti della casa di Baasà moriranno in città quelli mort i in campagna li divoreranno gli uccelli del cielo». Le altre gesta di Baasà le sue azioni e la sua po tenza non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Baasà si addormentò co n i suoi padri; fu sepolto a Tirsa e al suo posto divenne re suo figlio Ela. Attraverso il profeta Ieu figlio di Anàni la parola del Signore fu rivolta a Baasà e alla sua casa per tutto il male che aveva c ommesso agli occhi del Signore irritandolo con le opere delle sue mani tanto che la sua casa era diventata come quella di Geroboamo e perché egli aveva colpito quella casa. Nell’anno ventisei esimo di Asa re di Giuda Ela figlio di Baasà divenne re su Israele a Tirsa; regnò due anni. Contro di lui congiurò il suo ufficiale Zimrì comandante della metà dei carri. Mentre egli a Tirsa beveva e si ubriacava nella casa di Arsà maggiordomo a Tirsa arrivò Zimrì lo colpì e lo fece morire nell’a nno ventisettesimo di Asa re di Giuda e divenne re al suo posto. Divenuto re appena seduto sul suo trono colpì tutta la casa di Baasà non gli lasciò sopravvivere alcun maschio fra i suoi parenti e amici. Zimrì distrusse tutta la casa di Baasà secondo la parola che il Signore aveva rivolto contr o Baasà per mezzo del profeta Ieu a causa di tutti i peccati di Baasà e dei peccati di Ela suo figlio di quelli commessi da loro e di quelli fatti commettere a Israele provocando a sdegno con le lor o vanità il Signore Dio d’Israele. Le altre gesta di Ela e tutte le sue azioni non sono forse descritt e nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Nell’anno ventisettesimo di Asa re di Giuda Zimrì div enne re per sette giorni a Tirsa mentre il popolo era accampato contro Ghibbetòn che apparten eva ai Filistei. Quando il popolo là accampato venne a sapere che Zimrì si era ribellato e aveva u cciso il re tutto Israele in quello stesso giorno nell’accampamento proclamò re su Israele Omri, c omandante dell’esercito. Omri con tutto Israele si mosse da Ghibbetòn e strinsero d’assedio Tir sa. Quando vide che veniva presa la città Zimrì entrò nel torrione della reggia incendiò dietro di sé la reggia e così morì bruciato. Ciò avvenne a causa dei suoi peccati che aveva commesso com piendo ciò che è male agli occhi del Signore seguendo la via di Geroboamo e il peccato con cui a veva fatto peccare Israele. Le altre gesta di Zimrì e la congiura da lui organizzata non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Allora il popolo d’Israele si divise in due parti.
Una metà del popolo seguiva Tibnì figlio di Ghinat per farlo re e una metà seguiva Omri. Il popo lo che seguiva Omri prevalse sul popolo che seguiva Tibnì figlio di Ghinat. Tibnì morì e Omri dive nne re. Nell’anno trentunesimo di Asa re di Giuda Omri divenne re su Israele. Regnò dodici anni di cui sei a Tirsa. Poi acquistò il monte Samaria da Semer per due talenti d’argento. Costruì sul monte e chiamò la città che ivi edificò Samaria, dal nome di Semer proprietario del monte. Omri
fece ciò che è male agli occhi del Signore fece peggio di tutti quelli prima di lui. Seguì in tutto la via di Geroboamo figlio di Nebat e i peccati che quegli aveva fatto commettere a Israele provoc ando a sdegno con le loro vanità il Signore Dio d’Israele. Le altre gesta che compì Omri e la pote nza con cui agì non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Omri si addor mentò con i suoi padri; fu sepolto a Samaria e al suo posto divenne re suo figlio Acab. Acab figli o di Omri divenne re su Israele nell’anno trentottesimo di Asa re di Giuda. Acab figlio di Omri re gnò su Israele a Samaria ventidue anni. Acab figlio di Omri fece ciò che è male agli occhi del Sign ore più di tutti quelli prima di lui. Non gli bastò imitare il peccato di Geroboamo figlio di Nebat ma prese anche in moglie Gezabele figlia di Etbàal re di quelli di Sidone e si mise a servire Baal e a prostrarsi davanti a lui. Eresse un altare a Baal nel tempio di Baal che egli aveva costruito a Sa maria. Acab eresse anche il palo sacro e continuò ad agire provocando a sdegno il Signore, Dio d
’Israele più di tutti i re d’Israele prima di lui. Nei suoi giorni Chièl di Betel ricostruì Gerico; gettò l e fondamenta sopra Abiràm suo primogenito e collocò la sua porta a doppio battente sopra Seg ub suo ultimogenito secondo la parola pronunciata dal Signore per mezzo di Giosuè figlio di Nu n. Elia il Tisbita uno di quelli che si erano stabiliti in Gàlaad disse ad Acab: «Per la vita del Signor e Dio d’Israele alla cui presenza io sto in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia se non qu ando lo comanderò io». A lui fu rivolta questa parola del Signore: «Vattene di qui dirigiti verso o riente; nasconditi presso il torrente Cherìt che è a oriente del Giordano. Berrai dal torrente e i c orvi per mio comando ti porteranno da mangiare». Egli partì e fece secondo la parola del Signor e; andò a stabilirsi accanto al torrente Cherìt che è a oriente del Giordano. I corvi gli portavano pane e carne al mattino e pane e carne alla sera; egli beveva dal torrente. Dopo alcuni giorni il t orrente si seccò perché non era piovuto sulla terra. Fu rivolta a lui la parola del Signore: «àlzati va’ a Sarepta di Sidone; ecco io là ho dato ordine a una vedova di sostenerti». Egli si alzò e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della città ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le d isse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso perché io possa bere». Mentre quella andava a prend erla le gridò: «Per favore prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Sign ore tuo Dio non ho nulla di cotto ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio
; ora raccolgo due pezzi di legna dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dic e il Signore Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fin o al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”». Quella andò e fece com e aveva detto Elia; poi mangiarono lei lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara n on venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì secondo la parola che il Signore aveva pronunciat o per mezzo di Elia. In seguito accadde che il figlio della padrona di casa si ammalò. La sua malat tia si aggravò tanto che egli cessò di respirare. Allora lei disse a Elia: «Che cosa c’è tra me e te o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figli o?». Elia le disse: «Dammi tuo figlio». Glielo prese dal seno lo portò nella stanza superiore dove
abitava e lo stese sul letto. Quindi invocò il Signore: «Signore mio Dio vuoi fare del male anche a questa vedova che mi ospita tanto da farle morire il figlio?». Si distese tre volte sul bambino e i nvocò il Signore: «Signore mio Dio la vita di questo bambino torni nel suo corpo». Il Signore asc oltò la voce di Elia; la vita del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elia prese il bambino lo portò giù nella casa dalla stanza superiore e lo consegnò alla madre. Elia disse: «Gua rda! Tuo figlio vive». La donna disse a Elia: «Ora so veramente che tu sei uomo di Dio e che la pa rola del Signore nella tua bocca è verità». Dopo molti giorni la parola del Signore fu rivolta a Elia nell’anno terzo: «Va’ a presentarti ad Acab e io manderò la pioggia sulla faccia della terra». Elia andò a presentarsi ad Acab. A Samaria c’era una grande carestia. Acab convocò Abdia che era il maggiordomo. Abdia temeva molto il Signore; quando Gezabele uccideva i profeti del Signore A bdia aveva preso cento profeti e ne aveva nascosti cinquanta alla volta in una caverna e aveva p rocurato loro pane e acqua. Acab disse ad Abdia: «Va’ nella regione verso tutte le sorgenti e tut ti i torrenti; forse troveremo erba per tenere in vita cavalli e muli e non dovremo uccidere una p arte del bestiame». Si divisero la zona da percorrere; Acab andò per una strada da solo e Abdia per un’altra da solo. Mentre Abdia era in cammino ecco farglisi incontro Elia. Quello lo riconobb e e cadde con la faccia a terra dicendo: «Sei proprio tu il mio signore Elia?». Gli rispose: «Lo son o; va’ a dire al tuo signore: “C’è qui Elia”». Quello disse: «Che male ho fatto perché tu consegni i l tuo servo in mano ad Acab per farmi morire? Per la vita del Signore tuo Dio non esiste nazione o regno in cui il mio signore non abbia mandato a cercarti. Se gli rispondevano: “Non c’è!” egli f aceva giurare la nazione o il regno di non averti trovato. Ora tu dici: “Va’ a dire al tuo signore: C’
è qui Elia!”. Appena sarò partito da te lo spirito del Signore ti porterà in un luogo a me ignoto. S
e io vado a riferirlo ad Acab egli non trovandoti mi ucciderà ora il tuo servo teme il Signore fin d alla sua giovinezza. Non fu riferito forse al mio signore ciò che ho fatto quando Gezabele uccide va i profeti del Signore come io nascosi cento profeti cinquanta alla volta in una caverna e procu rai loro pane e acqua? E ora tu comandi: “Va’ a dire al tuo signore: C’è qui Elia”? Egli mi uccider à». Elia rispose: «Per la vita del Signore degli eserciti alla cui presenza io sto oggi stesso io mi pr esenterò a lui». Abdia andò incontro ad Acab e gli riferì la cosa. Acab si diresse verso Elia. Appen a lo vide Acab disse a Elia: «Sei tu colui che manda in rovina Israele?». Egli rispose: «Non io man do in rovina Israele ma piuttosto tu e la tua casa, perché avete abbandonato i comandi del Sign ore e tu hai seguito i Baal. Perciò fa’ radunare tutto Israele presso di me sul monte Carmelo insi eme con i quattrocentocinquanta profeti di Baal e con i quattrocento profeti di Asera che mangi ano alla tavola di Gezabele». Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmel o. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Si gnore è Dio seguitelo! Se invece lo è Baal seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla. Elia disse ancora al popolo: «Io sono rimasto solo come profeta del Signore mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legn a senza appiccarvi il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore
. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!». Elia dis se ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. I nvocate il nome del vostro dio ma senza appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco che spett ava loro lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno gridando:
«Baal rispondici!». Ma non vi fu voce né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto. Venuto mezzogiorno Elia cominciò a beffar si di loro dicendo: «Gridate a gran voce perché è un dio! è occupato è in affari o è in viaggio; for se dorme ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e si fecero incisioni secondo il loro costume c on spade e lance fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono d a profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio ma non vi fu né voce né risposta né un segn o d’attenzione. Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre secondo il numero d elle tribù dei figli di Giacobbe al quale era stata rivolta questa parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome». Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un cana letto della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna squartò il giovenco e lo pose sulla l egna. Quindi disse: «Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!».
Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il can aletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse:
«Signore Dio di Abramo di Isacco e d’Israele oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi Signore rispondimi e que sto popolo sappia che tu o Signore sei Dio e che converti il loro cuore!». Cadde il fuoco del Sign ore e consumò l’olocausto la legna le pietre e la cenere prosciugando l’acqua del canaletto. A ta l vista tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!». Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi neppure uno!». Li afferrarono. Elia li fece s cendere al torrente Kison ove li ammazzò. Elia disse ad Acab: «Va’ a mangiare e a bere perché c’
è già il rumore della pioggia torrenziale». Acab andò a mangiare e a bere. Elia salì sulla cima del Carmelo; gettatosi a terra pose la sua faccia tra le ginocchia. Quindi disse al suo servo: «Sali pre sto guarda in direzione del mare». Quegli salì guardò e disse: «Non c’è nulla!». Elia disse: «Torn aci ancora per sette volte». La settima volta riferì: «Ecco una nuvola piccola come una mano d’u omo sale dal mare». Elia gli disse: «Va’ a dire ad Acab: “Attacca i cavalli e scendi perché non ti tr attenga la pioggia!”». D’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento e vi fu una grande pi oggia. Acab montò sul carro e se ne andò a Izreèl. La mano del Signore fu sopra Elia che si cinse i fianchi e corse davanti ad Acab finché giunse a Izreèl. Acab riferì a Gezabele tutto quello che El ia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i profeti. Gezabele inviò un messaggero a Elia pe r dirgli: «Gli dèi mi facciano questo e anche di peggio se domani a quest’ora non avrò reso la tua vita come la vita di uno di loro». Elia impaurito si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersa bea di Giuda. Lasciò là il suo servo. Egli s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a s
edersi sotto una ginestra. Desideroso di morire disse: «Ora basta Signore! Prendi la mia vita per ché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco ch e un angelo lo toccò e gli disse: «àlzati mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una foc accia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Torn ò per la seconda volta l’angelo del Signore lo toccò e gli disse: «àlzati mangia perché è troppo lu ngo per te il cammino». Si alzò mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio l’Oreb. Là entrò in una caverna per passarvi la notte quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Che cosa fai qui Elia?». Egli risp ose: «Sono pieno di zelo per il Signore Dio degli eserciti poiché gli Israeliti hanno abbandonato l a tua alleanza hanno demolito i tuoi altari hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto sol o ed essi cercano di togliermi la vita». Gli disse: «Esci e férmati sul monte alla presenza del Sign ore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e s pezzare le rocce davanti al Signore ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento un terremoto ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto un fuoco ma il Signore non era nel fuoco
. Dopo il fuoco il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello u scì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco venne a lui una voce che gli diceva: «Che cosa f ai qui Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore Dio degli eserciti poiché gli Israeliti h anno abbandonato la tua alleanza hanno demolito i tuoi altari hanno ucciso di spada i tuoi profe ti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita». Il Signore gli disse: «Su ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là ungerai Cazaèl come re su Aram. Poi ungerai Ieu figli o di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo figlio di Safat di Abel-Mecolà come profeta al tuo posto. Se uno scamperà alla spada di Cazaèl lo farà morire Ieu; se u no scamperà alla spada di Ieu lo farà morire Eliseo. Io poi riserverò per me in Israele settemila p ersone tutti i ginocchi che non si sono piegati a Baal e tutte le bocche che non l’hanno baciato».
Partito di lì Elia trovò Eliseo figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé men tre egli stesso guidava il dodicesimo. Elia passandogli vicino gli gettò addosso il suo mantello. Q
uello lasciò i buoi e corse dietro a Elia dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre poi t i seguirò». Elia disse: «Va’ e torna perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui Elise o prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la died e al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia entrando al suo servizio. Ben-Adàd re di Aram radunò tutto il suo esercito; con lui c’erano trentadue re con cavalli e carri. Egli salì contro Samaria per cingerla d’assedio ed espugnarla. Inviò messaggeri in città ad Acab re d’
Israele per dirgli: «Così dice Ben-
Adàd: Il tuo argento e il tuo oro appartengono a me e le tue donne e i tuoi figli migliori sono per me». Il re d’Israele rispose: «Avvenga secondo la tua parola o re mio signore; io e quanto possi edo siamo tuoi». Ma i messaggeri tornarono di nuovo e dissero: «Così dice Ben-Adàd che ci manda a te: “Mi consegnerai il tuo argento il tuo oro le tue donne e i tuoi figli. Dom ani a quest’ora, manderò da te i miei servi che perquisiranno la tua casa e le case dei tuoi servi;
essi prenderanno tutto ciò che è prezioso agli occhi tuoi e lo porteranno via”». Il re d’Israele con vocò tutti gli anziani del paese ai quali disse: «Sappiate e vedete come costui ci voglia fare del m ale. Difatti mi ha mandato a chiedere le mie donne e i miei figli il mio argento e il mio oro e io n on gli ho opposto rifiuto». Tutti gli anziani e tutto il popolo gli dissero: «Non ascoltarlo e non co nsentire!». Egli disse ai messaggeri di Ben-Adàd: «Dite al re mio signore: “Quanto hai imposto prima al tuo servo lo farò ma la nuova richie sta non posso soddisfarla”». I messaggeri andarono a riferire la risposta. Ben-Adàd allora gli mandò a dire: «Gli dèi mi facciano questo e anche di peggio se la polvere di Sama ria basterà per riempire il pugno di coloro che mi seguono». Il re d’Israele rispose: «Riferitegli: “
Chi cinge le armi non si vanti come chi le depone”». Nell’udire questa risposta –
egli stava insieme con i re a bere sotto le tende –
disse ai suoi ufficiali: «Circondate la città!». Ed essi la circondarono. Ed ecco un profeta si avvici nò ad Acab re d’Israele per dirgli: «Così dice il Signore: “Vedi tutta questa moltitudine immensa
? Ebbene oggi la metto nella tua mano; saprai che io sono il Signore”». Acab disse: «Per mezzo di chi?». Quegli rispose: «Così dice il Signore: “Per mezzo dei giovani dei capi delle province”».
Domandò: «Chi attaccherà la battaglia?». Rispose: «Tu!». Acab ispezionò i giovani dei capi delle province: erano duecentotrentadue. Dopo di loro ispezionò tutto il popolo tutti gli Israeliti: eran o settemila. A mezzogiorno fecero una sortita. Ben-Adàd stava bevendo e ubriacandosi sotto le tende insieme con i trentadue re che lo aiutavano.
Per primi uscirono i giovani dei capi delle province. Ben-Adàd mandò a vedere e gli fu riferito: «Alcuni uomini sono usciti da Samaria!». Quegli disse: «Se sono usciti per la pace catturateli vivi; se sono usciti per la guerra catturateli ugualmente vivi».
Quelli usciti dalla città erano i giovani dei capi delle province seguiti dall’esercito; ognuno di loro uccise chi gli si fece davanti. Gli Aramei fuggirono inseguiti da Israele. Ben-Adàd re di Aram si mise in salvo a cavallo insieme con alcuni cavalieri. Uscì quindi il re d’Israele c he colpì i cavalli e i carri e inflisse ad Aram una grande sconfitta. Allora il profeta si avvicinò al re d’Israele e gli disse: «Su sii forte; sappi e vedi quanto dovrai fare perché l’anno prossimo il re di Aram salirà contro di te». Ma i servi del re di Aram gli dissero: «Il loro Dio è un Dio dei monti; pe r questo ci sono stati superiori; se combatteremo contro di loro in pianura certamente saremo s uperiori a loro. Fa’ così: ritira i re ognuno dal suo luogo e sostituiscili con governatori. Tu prepar a un esercito come quello che ti è venuto meno: cavalli come quei cavalli e carri come quei carri
; quindi combatteremo contro di loro in pianura. Certamente saremo superiori a loro». Egli asco ltò la loro voce e agì in tal modo. L’anno dopo Ben-Adàd ispezionò gli Aramei quindi andò ad Afek per attaccare gli Israeliti. Gli Israeliti ispezionati e approvvigionati mossero loro incontro accampandosi di fronte; sembravano due piccoli greggi di capre mentre gli Aramei riempivano la regione. Un uomo di Dio si avvicinò al re d’Israele e gli disse: «Così dice il Signore: “Poiché gli Aramei hanno affermato: Il Signore è Dio dei monti e non Dio delle valli io metterò in mano tua tutta questa moltitudine immensa; così saprete che io so
no il Signore”». Per sette giorni stettero accampati gli uni di fronte agli altri. Al settimo giorno si arrivò alla battaglia. Gli Israeliti in un giorno uccisero centomila fanti aramei. I superstiti fuggiro no ad Afek nella città le cui mura caddero sui ventisettemila superstiti. Ben-Adàd fuggì e entrato nella città cercava rifugio da una stanza all’altra. I suoi servi gli dissero: «Ec co abbiamo sentito che i re della casa d’Israele sono re clementi. Indossiamo sacchi ai fianchi e mettiamoci corde sulla testa e usciamo incontro al re d’Israele. Forse ti lascerà in vita». Si legaro no sacchi ai fianchi e corde sulla testa quindi si presentarono al re d’Israele e dissero: «Il tuo ser vo Ben-Adàd dice: “Possa io vivere!”». Quello domandò: «è ancora vivo? Egli è mio fratello!». Gli uomin i vi scorsero un buon auspicio si affrettarono a strappargli una decisione. Dissero: «Ben-Adàd è tuo fratello!». Quello soggiunse: «Andate a prenderlo». Ben-Adàd si recò da lui che lo fece salire sul carro. Ben-
Adàd gli disse: «Restituirò le città che mio padre ha preso a tuo padre; tu potrai disporre di mer cati in Damasco come mio padre ne aveva in Samaria». Ed egli: «Io ti lascerò andare con questo patto». E concluse con lui il patto e lo lasciò andare. Allora uno dei figli dei profeti disse al comp agno per ordine del Signore: «Colpiscimi!». L’uomo si rifiutò di colpirlo. Quello disse: «Poiché no n hai obbedito alla voce del Signore appena sarai andato via da me ti colpirà il leone». Se ne an dò via da lui il leone lo trovò e lo colpì. Quello trovato un altro uomo gli disse: «Colpiscimi!». E q uello lo colpì e lo ferì. Il profeta andò ad attendere il re sulla strada dopo essersi reso irriconosci bile con una benda agli occhi. Quando passò il re gli gridò: «Il tuo servo era nel cuore della batta glia ed ecco un uomo fuggì qualcuno lo condusse da me, dicendomi: “Fa’ la guardia a quest’uo mo: se per disgrazia verrà a mancare la tua vita sostituirà la sua oppure dovrai pagare un talent o d’argento”. Mentre il tuo servo era occupato qua e là quello scomparve». Il re d’Israele disse a lui: «La tua condanna è giusta; hai deciso tu stesso!». Ma egli immediatamente si tolse la ben da dagli occhi e il re d’Israele riconobbe che era uno dei profeti. Costui gli disse: «Così dice il Sig nore: “Poiché hai lasciato andare libero quell’uomo da me votato allo sterminio la tua vita sostit uirà la sua il tuo popolo sostituirà il suo popolo”». Il re d’Israele rientrò a casa amareggiato e irri tato ed entrò in Samaria. In seguito avvenne questo episodio. Nabot di Izreèl possedeva una vig na che era a Izreèl vicino al palazzo di Acab re di Samaria. Acab disse a Nabot: «Cedimi la tua vig na; ne farò un orto perché è confinante con la mia casa. Al suo posto ti darò una vigna migliore di quella oppure se preferisci te la pagherò in denaro al prezzo che vale». Nabot rispose ad Acab
: «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri». Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl che aveva affermato: «Non ti cederò l’eredit à dei miei padri!». Si coricò sul letto voltò la faccia da un lato e non mangiò niente. Entrò da lui l a moglie Gezabele e gli domandò: «Perché mai il tuo animo è tanto amareggiato e perché non v uoi mangiare?». Le rispose: «Perché ho detto a Nabot di Izreèl: “Cedimi la tua vigna per denaro o se preferisci, ti darò un’altra vigna” ed egli mi ha risposto: “Non cederò la mia vigna!”». Allora sua moglie Gezabele gli disse: «Tu eserciti così la potestà regale su Israele? àlzati mangia e il tuo
cuore gioisca. Te la farò avere io la vigna di Nabot di Izreèl!». Ella scrisse lettere con il nome di Acab le sigillò con il suo sigillo quindi le spedì agli anziani e ai notabili della città che abitavano vi cino a Nabot. Nelle lettere scrisse: «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popol o. Di fronte a lui fate sedere due uomini perversi i quali l’accusino: “Hai maledetto Dio e il re!”.
Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia». Gli uomini della città di Nabot gli anziani e i notabili che abitavano nella sua città fecero come aveva ordinato loro Gezabele ossia come er a scritto nelle lettere che aveva loro spedito. Bandirono un digiuno e fecero sedere Nabot alla t esta del popolo. Giunsero i due uomini perversi che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusar ono Nabot davanti al popolo affermando: «Nabot ha maledetto Dio e il re». Lo condussero fuori della città e lo lapidarono ed egli morì. Quindi mandarono a dire a Gezabele: «Nabot è stato lap idato ed è morto». Appena Gezabele sentì che Nabot era stato lapidato ed era morto disse ad A cab: «Su prendi possesso della vigna di Nabot di Izreèl il quale ha rifiutato di dartela in cambio d i denaro perché Nabot non vive più, è morto». Quando sentì che Nabot era morto Acab si alzò p er scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderne possesso. Allora la parola del Signore fu ri volta a Elia il Tisbita: «Su, scendi incontro ad Acab re d’Israele che abita a Samaria; ecco è nella vigna di Nabot ove è sceso a prenderne possesso. Poi parlerai a lui dicendo: “Così dice il Signore
: Hai assassinato e ora usurpi!”. Gli dirai anche: “Così dice il Signore: Nel luogo ove lambirono il sangue di Nabot i cani lambiranno anche il tuo sangue”». Acab disse a Elia: «Mi hai dunque trov ato o mio nemico?». Quello soggiunse: «Ti ho trovato perché ti sei venduto per fare ciò che è m ale agli occhi del Signore. Ecco io farò venire su di te una sciagura e ti spazzerò via. Sterminerò a d Acab ogni maschio, schiavo o libero in Israele. Renderò la tua casa come la casa di Geroboamo figlio di Nebat e come la casa di Baasà figlio di Achia perché tu mi hai irritato e hai fatto peccare Israele. Anche riguardo a Gezabele parla il Signore dicendo: “I cani divoreranno Gezabele nel ca mpo di Izreèl”. Quanti della famiglia di Acab moriranno in città li divoreranno i cani; quanti mori ranno in campagna li divoreranno gli uccelli del cielo». In realtà nessuno si è mai venduto per fa re il male agli occhi del Signore come Acab perché sua moglie Gezabele l’aveva istigato. Commis e molti abomini, seguendo gli idoli come avevano fatto gli Amorrei che il Signore aveva scacciat o davanti agli Israeliti. Quando sentì tali parole Acab si stracciò le vesti indossò un sacco sul suo corpo e digiunò si coricava con il sacco e camminava a testa bassa. La parola del Signore fu rivol ta a Elia il Tisbita: «Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? Poiché si è umiliato davanti a me non farò venire la sciagura durante la sua vita; farò venire la sciagura sulla sua casa durant e la vita di suo figlio». Trascorsero tre anni senza guerra fra Aram e Israele. Nel terzo anno Giòsa fat re di Giuda scese dal re d’Israele. Ora il re d’Israele aveva detto ai suoi ufficiali: «Non sapete che Ramot di Gàlaad è nostra? Eppure noi ce ne stiamo inerti senza riprenderla dalla mano del r e di Aram». Disse a Giòsafat: «Verresti con me a combattere per Ramot di Gàlaad?». Giòsafat ri spose al re d’Israele: «Conta su di me come su te stesso sul mio popolo come sul tuo sui miei ca valli come sui tuoi». Giòsafat disse al re d’Israele: «Consulta per favore oggi stesso la parola del Signore». Il re d’Israele radunò i profeti quattrocento persone e domandò loro: «Devo andare in
guerra contro Ramot di Gàlaad o devo rinunciare?». Risposero: «Attacca; il Signore la metterà i n mano al re». Giòsafat disse: «Non c’è qui ancora un profeta del Signore da consultare?». Il re d’Israele rispose a Giòsafat: «C’è ancora un uomo per consultare tramite lui il Signore ma io lo d etesto perché non mi profetizza il bene, ma il male: è Michea figlio di Imla». Giòsafat disse: «Il r e non parli così!». Il re d’Israele chiamato un cortigiano gli ordinò: «Convoca subito Michea figli o di Imla». Il re d’Israele e Giòsafat re di Giuda sedevano ognuno sul suo trono vestiti dei loro m antelli nello spiazzo all’ingresso della porta di Samaria; tutti i profeti profetizzavano davanti a lo ro. Sedecìa figlio di Chenaanà che si era fatto corna di ferro, affermava: «Così dice il Signore: “C
on queste cozzerai contro gli Aramei sino a finirli”». Tutti i profeti profetizzavano allo stesso mo do: «Assali Ramot di Gàlaad avrai successo. Il Signore la metterà in mano al re». Il messaggero c he era andato a chiamare Michea gli disse: «Ecco le parole dei profeti concordano sul successo del re; ora la tua parola sia come quella degli altri: preannuncia il successo!». Michea rispose: «
Per la vita del Signore annuncerò quanto il Signore mi dirà». Si presentò al re che gli domandò:
«Michea dobbiamo andare in guerra contro Ramot di Gàlaad o rinunciare?». Gli rispose: «Attac cala e avrai successo; il Signore la metterà nella mano del re». Il re gli disse: «Quante volte ti de vo scongiurare di non dirmi se non la verità nel nome del Signore?». Egli disse: «Vedo tutti gli Isr aeliti vagare sui monti come pecore che non hanno pastore. Il Signore dice: “Questi non hanno padrone; ognuno torni a casa sua in pace!”». Il re d’Israele disse a Giòsafat: «Non te l’avevo det to che costui non mi profetizza il bene ma solo il male?». Michea disse: «Perciò, ascolta la parol a del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l’esercito del cielo gli stava intorno a destra e a sinistra. Il Signore domandò: “Chi ingannerà Acab perché salga contro Ramot di Gàlaa d e vi perisca?”. Chi rispose in un modo e chi in un altro. Si fece avanti uno spirito che presentat osi al Signore disse: “Lo ingannerò io”. “Come?” gli domandò il Signore. Rispose: “Andrò e diven terò spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti”. Gli disse: “Lo ingannerai; certo riuscir ai: va’ e fa’ così”. Ecco, dunque il Signore ha messo uno spirito di menzogna sulla bocca di tutti q uesti tuoi profeti ma il Signore a tuo riguardo parla di sciagura». Allora Sedecìa figlio di Chenaan à si avvicinò e percosse Michea sulla guancia dicendo: «In che modo lo spirito del Signore è pass ato da me per parlare a te?». Michea rispose: «Ecco lo vedrai nel giorno in cui passerai di stanza in stanza per nasconderti». Il re d’Israele disse: «Prendi Michea e conducilo da Amon, governat ore della città e da Ioas figlio del re. Dirai loro: “Così dice il re: Mettete costui in prigione e nutrit elo con il minimo di pane e di acqua finché tornerò in pace”». Michea disse: «Se davvero torner ai in pace il Signore non ha parlato per mezzo mio». E aggiunse: «Popoli tutti ascoltate!». Il re d’
Israele marciò insieme con Giòsafat re di Giuda contro Ramot di Gàlaad. Il re d’Israele disse a Gi òsafat: «Io per combattere mi travestirò. Tu resta con i tuoi abiti». Il re d’Israele si travestì ed en trò in battaglia. Il re di Aram aveva ordinato ai comandanti dei suoi carri che erano trentadue: «
Non combattete contro nessuno piccolo o grande ma unicamente contro il re d’Israele». Appen a videro Giòsafat i comandanti dei carri dissero: «Certo quello è il re d’Israele». Si avvicinarono a lui per combattere. Giòsafat lanciò un grido. I comandanti dei carri si accorsero che non era il
re d’Israele e si allontanarono da lui. Ma un uomo tese a caso l’arco e colpì il re d’Israele fra le maglie dell’armatura e la corazza. Il re disse al suo cocchiere: «Gira portami fuori della mischia, perché sono ferito». La battaglia infuriò in quel giorno; il re stette sul suo carro di fronte agli Ara mei. Alla sera morì il sangue della sua ferita era colato sul fondo del carro. Al tramonto questo g rido si diffuse per l’accampamento: «Ognuno alla sua città e ognuno alla sua terra!». Il re dunqu e morì. Giunsero a Samaria e seppellirono il re a Samaria. Il carro fu lavato nella piscina di Sama ria; i cani leccarono il suo sangue e le prostitute vi si bagnarono secondo la parola pronunciata d al Signore. Le altre gesta di Acab tutte le sue azioni la costruzione della casa d’avorio e delle citt à da lui erette non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Acab si addorm entò con i suoi padri e al suo posto divenne re suo figlio Acazia. Giòsafat figlio di Asa divenne re su Giuda l’anno quarto di Acab re d’Israele. Giòsafat aveva trentacinque anni quando divenne r e; regnò venticinque anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Azubà figlia di Silchì. Seguì in tutto la via di Asa suo padre non si allontanò da essa facendo ciò che è retto agli occhi del Signo re. Ma non scomparvero le alture; il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alture. Giò safat fece pace con il re d’Israele. Le altre gesta di Giòsafat e la potenza con cui agì e combatté non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Egli spazzò via dalla terra il res to dei prostituti sacri che era rimasto al tempo di suo padre Asa. Allora non c’era re in Edom; lo sostituiva un governatore. Giòsafat costruì navi di Tarsis per andare a cercare l’oro in Ofir; ma n on ci andò perché le navi si sfasciarono a Esion-Ghèber. Allora Acazia figlio di Acab disse a Giòsafat: «I miei servi vadano con i tuoi servi sulle na vi». Ma Giòsafat non volle. Giòsafat si addormentò con i suoi padri fu sepolto con i suoi padri ne lla Città di Davide suo padre e al suo posto divenne re suo figlio Ioram. Acazia figlio di Acab dive nne re su Israele a Samaria nell’anno diciassettesimo di Giòsafat re di Giuda; regnò due anni su I sraele. Fece ciò che è male agli occhi del Signore seguendo la via di suo padre quella di sua mad re e quella di Geroboamo figlio di Nebat che aveva fatto peccare Israele. Servì Baal e si prostrò davanti a lui irritando il Signore Dio d’Israele come aveva fatto suo padre. Dopo la morte di Aca b Moab si ribellò a Israele. Acazia cadde dalla finestra della stanza superiore a Samaria e rimase ferito. Allora inviò messaggeri con quest’ordine: «Andate e interrogate Baal-Zebù b dio di Ekron per sapere se sopravviverò a questa mia infermità». Ma l’angelo del Signore disse a Elia il Tisbita: «Su va’ incontro ai messaggeri del re di Samaria e di’ loro: “Non c’è forse u n Dio in Israele perché dobbiate andare a consultare Baal-Zebù b dio di Ekron? Pertanto così dice il Signore: Dal letto in cui sei salito non scenderai ma cer tamente morirai”». Ed Elia se ne andò. I messaggeri ritornarono dal re che domandò loro: «Perc hé siete tornati?». Gli dissero: «Ci è venuto incontro un uomo che ci ha detto: “Su tornate dal re che vi ha inviati e ditegli: Così dice il Signore: Non c’è forse un Dio in Israele perché tu debba m andare a consultare Baal-Zebù b dio di Ekron? Pertanto dal letto, in cui sei salito non scenderai ma certamente morirai”».
Domandò loro: «Qual era l’aspetto dell’uomo che è salito incontro a voi e vi ha detto simili par
ole?». Risposero: «Era un uomo coperto di peli; una cintura di cuoio gli cingeva i fianchi». Egli di sse: «Quello è Elia il Tisbita!». Allora gli mandò un comandante di cinquanta con i suoi cinquant a uomini. Questi salì da lui che era seduto sulla cima del monte e gli disse: «Uomo di Dio il re ha detto: “Scendi!”». Elia rispose al comandante dei cinquanta uomini: «Se sono uomo di Dio scen da un fuoco dal cielo e divori te e i tuoi cinquanta». Scese un fuoco dal cielo e divorò quello con i suoi cinquanta. Il re mandò da lui ancora un altro comandante di cinquanta con i suoi cinquant a uomini. Questi gli disse: «Uomo di Dio ha detto il re: “Scendi subito”». Elia rispose loro: «Se so no uomo di Dio scenda un fuoco dal cielo e divori te e i tuoi cinquanta». Scese il fuoco di Dio dal cielo e divorò lui e i suoi cinquanta. Il re mandò ancora un terzo comandante di cinquanta con i suoi cinquanta uomini. Questo terzo comandante di cinquanta salì e giunto cadde in ginocchio d avanti a Elia e lo supplicò: «Uomo di Dio sia preziosa ai tuoi occhi la mia vita e la vita di questi tu oi cinquanta servi. Ecco è sceso un fuoco dal cielo e ha divorato i due primi comandanti di cinqu anta con i loro uomini. Ora la mia vita sia preziosa ai tuoi occhi». L’angelo del Signore disse a Eli a: «Scendi con lui e non aver paura di lui». Si alzò e scese con lui dal re e gli disse: «Così dice il Si gnore: “Poiché hai mandato messaggeri a consultare Baal-Zebù b dio di Ekron –
non c’è forse un Dio in Israele per consultare la sua parola? –
per questo dal letto su cui sei salito non scenderai ma certamente morirai”». Difatti morì secon do la parola del Signore pronunciata da Elia. Al suo posto divenne re suo fratello Ioram nell’ann o secondo di Ioram figlio di Giòsafat re di Giuda perché egli non aveva un figlio. Le altre gesta co mpiute da Acazia non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Quando il Si gnore stava per far salire al cielo in un turbine Elia questi partì da Gàlgala con Eliseo. Elia disse a Eliseo: «Rimani qui perché il Signore mi manda fino a Betel». Eliseo rispose: «Per la vita del Sign ore e per la tua stessa vita non ti lascerò». Scesero a Betel. I figli dei profeti che erano a Betel an darono incontro a Eliseo e gli dissero: «Non sai tu che oggi il Signore porterà via il tuo signore al di sopra della tua testa?». Ed egli rispose: «Lo so anch’io; tacete!». Elia gli disse: «Eliseo rimani q ui perché il Signore mi manda a Gerico». Egli rispose: «Per la vita del Signore e per la tua stessa vita non ti lascerò» e andarono a Gerico. I figli dei profeti che erano a Gerico si avvicinarono a El iseo e gli dissero: «Non sai tu che oggi il Signore porterà via il tuo signore al di sopra della tua te sta?». Rispose: «Lo so anch’io; tacete!». Elia gli disse: «Rimani qui, perché il Signore mi manda a l Giordano». Egli rispose: «Per la vita del Signore e per la tua stessa vita non ti lascerò». E proce dettero insieme. Cinquanta uomini tra i figli dei profeti li seguirono e si fermarono di fronte a di stanza; loro due si fermarono al Giordano. Elia prese il suo mantello l’arrotolò e percosse le acq ue che si divisero di qua e di là loro due passarono sull’asciutto. Appena furono passati Elia diss e a Eliseo: «Domanda che cosa io debba fare per te, prima che sia portato via da te». Eliseo risp ose: «Due terzi del tuo spirito siano in me». Egli soggiunse: «Tu pretendi una cosa difficile! Sia p er te così se mi vedrai quando sarò portato via da te; altrimenti non avverrà». Mentre continuav ano a camminare conversando ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro d ue. Elia salì nel turbine verso il cielo. Eliseo guardava e gridava: «Padre mio padre mio carro d’Is
raele e suoi destrieri!». E non lo vide più. Allora afferrò le proprie vesti e le lacerò in due pezzi.
Quindi raccolse il mantello che era caduto a Elia e tornò indietro fermandosi sulla riva del Giord ano. Prese il mantello che era caduto a Elia e percosse le acque dicendo: «Dov’è il Signore Dio di Elia?». Quando anch’egli ebbe percosso le acque queste si divisero di qua e di là ed Eliseo le att raversò. Se lo videro di fronte i figli dei profeti di Gerico e dissero: «Lo spirito di Elia si è posato s u Eliseo». Gli andarono incontro e si prostrarono a terra davanti a lui. Gli dissero: «Ecco fra i tuo i servi ci sono cinquanta uomini vigorosi; potrebbero andare a cercare il tuo signore nel caso ch e lo spirito del Signore l’abbia preso e gettato su qualche monte o in qualche valle». Egli disse: «
Non mandateli!». Insistettero tanto con lui che egli disse: «Mandateli!». Mandarono cinquanta uomini che cercarono per tre giorni ma non lo trovarono. Tornarono da Eliseo che stava a Geric o. Egli disse loro: «Non vi avevo forse detto: “Non andate”?». Gli uomini della città dissero a Elis eo: «Ecco è bello soggiornare in questa città come il mio signore può constatare ma le acque so no cattive e la terra provoca aborti». Ed egli disse: «Prendetemi una scodella nuova e mettetevi del sale». Gliela portarono. Eliseo si recò alla sorgente delle acque e vi versò il sale dicendo: «Co sì dice il Signore: “Rendo sane queste acque; da esse non verranno più né morte né aborti”». Le acque rimasero sane fino ad oggi secondo la parola pronunciata da Eliseo. Di lì Eliseo salì a Bete l. Mentre egli andava per strada uscirono dalla città alcuni ragazzetti che si burlarono di lui dice ndo: «Sali calvo! Sali calvo!». Egli si voltò li guardò e li maledisse nel nome del Signore. Allora us cirono dalla foresta due orse che sbranarono quarantadue di quei bambini. Di là egli andò al mo nte Carmelo e quindi tornò a Samaria. Ioram figlio di Acab divenne re su Israele a Samaria l’ann o diciottesimo di Giòsafat re di Giuda. Ioram regnò dodici anni. Fece ciò che è male agli occhi de l Signore ma non come suo padre e sua madre. Egli allontanò la stele di Baal che aveva fatto suo padre. Ma restò legato senza allontanarsene ai peccati che Geroboamo, figlio di Nebat aveva fa tto commettere a Israele. Il re di Moab Mesa era un allevatore di pecore. Egli inviava come tribu to al re d’Israele centomila agnelli e la lana di centomila arieti. Ma alla morte di Acab il re di Mo ab si ribellò al re d’Israele. Un giorno il re Ioram uscì da Samaria e passò in rassegna tutto Israel e. Dopo essere partito mandò a dire a Giòsafat re di Giuda: «Il re di Moab si è ribellato contro di me; verresti con me alla guerra contro Moab?». Egli rispose: «Verrò conta su di me come su di te sul mio popolo come sul tuo sui miei cavalli come sui tuoi». «Per quale strada saliremo?», do mandò Giòsafat. L’altro rispose: «Per la strada del deserto di Edom». Allora si avviarono in marc ia il re d’Israele il re di Giuda e il re di Edom. Girarono per sette giorni. Non c’era acqua per l’ese rcito né per le bestie che lo seguivano. Il re d’Israele disse: «Ohimè! Il Signore ha chiamato ques ti tre re per consegnarli nelle mani di Moab». Giòsafat disse: «Non c’è qui un profeta del Signor e per mezzo del quale possiamo consultare il Signore?». Rispose uno dei servi del re d’Israele: «
C’è qui Eliseo figlio di Safat che versava l’acqua sulle mani di Elia». Giòsafat disse: «La parola del Signore è in lui». Scesero da lui il re d’Israele Giòsafat e il re di Edom. Eliseo disse al re d’Israele:
«Che cosa c’è tra me e te? Va’ dai profeti di tuo padre e dai profeti di tua madre!». Il re d’Israel e gli disse: «No, perché il Signore ha chiamato questi tre re per consegnarli nelle mani di Moab»

. Eliseo disse: «Per la vita del Signore degli eserciti alla cui presenza io sto se non fosse per il risp etto che provo verso Giòsafat re di Giuda a te non avrei neppure badato né ti avrei guardato. Or a andate a prendermi un suonatore di cetra». Mentre il suonatore suonava il suo strumento la mano del Signore fu sopra Eliseo. Egli annunciò: «Così dice il Signore: “Scavate molte fosse in qu esto alveo”. Infatti così dice il Signore: “Voi non vedrete vento non vedrete pioggia, eppure que st’alveo si riempirà d’acqua; berrete voi il vostro bestiame minuto e i vostri giumenti”. Ciò è poc a cosa agli occhi del Signore: egli consegnerà anche Moab nelle vostre mani. Voi colpirete tutte l e città fortificate e tutte le città principali abbatterete ogni albero buono e ostruirete tutte le so rgenti d’acqua rovinerete tutti i campi riempiendoli di pietre». Al mattino nell’ora dell’offerta d el sacrificio ecco venire acqua dalla direzione di Edom; la terra si riempì d’acqua. Tutti i Moabiti udito che erano saliti i re per fare loro guerra radunarono chiunque sapesse portare un’arma e s i schierarono sulla frontiera. I Moabiti si alzarono presto al mattino quando il sole splendeva sull e acque e videro da lontano le acque rosse come sangue. Esclamarono: «Quello è sangue! I re si sono scontrati e l’uno ha ucciso l’altro. Ebbene Moab alla preda!». Andarono dunque nell’acca mpamento d’Israele. Ma gli Israeliti insorsero e sconfissero i Moabiti che fuggirono davanti a lor o. Li inseguirono e sconfissero i Moabiti. Demolirono le città in ogni campo buono ognuno gettò la sua pietra fino a riempirlo ostruirono tutte le sorgenti d’acqua e abbatterono ogni albero bu ono fino a lasciare a Kir-Carèset solo le sue pietre: i frombolieri l’aggirarono e l’assalirono. Il re di Moab visto che la guer ra era superiore alle sue forze prese con sé settecento uomini che maneggiavano la spada per a prirsi un passaggio verso il re di Edom ma non ci riuscì. Allora prese il figlio primogenito che dov eva regnare dopo di lui e l’offrì in olocausto sulle mura. Si scatenò una grande ira contro gli Isra eliti che si allontanarono da lui e tornarono nella loro terra. Una donna una delle mogli dei figli dei profeti gridò a Eliseo: «Mio marito, tuo servo è morto; tu sai che il tuo servo temeva il Signo re. Ora è venuto il creditore per prendersi come schiavi i miei due bambini». Eliseo le disse: «Ch e cosa posso fare io per te? Dimmi che cosa hai in casa». Quella rispose: «In casa la tua serva no n ha altro che un orcio d’olio». Le disse: «Va’ fuori a chiedere vasi da tutti i tuoi vicini: vasi vuoti e non pochi! Poi entra in casa e chiudi la porta dietro a te e ai tuoi figli. Versa olio in tutti quei v asi e i pieni mettili da parte». Si allontanò da lui e chiuse la porta dietro a sé e ai suoi figli; questi le porgevano e lei versava. Quando i vasi furono pieni disse a suo figlio: «Porgimi ancora un vas o». Le rispose: «Non ce ne sono più ». L’olio cessò. Ella andò a riferire la cosa all’uomo di Dio ch e le disse: «Va’ vendi l’olio e paga il tuo debito; tu e i tuoi figli vivete con quanto ne resterà». Un giorno Eliseo passava per Sunem ove c’era un’illustre donna che lo trattenne a mangiare. In seg uito tutte le volte che passava si fermava a mangiare da lei. Ella disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio un santo colui che passa sempre da noi. Facciamo una piccola stanza superiore in muratura mettiamoci un letto un tavolo una sedia e un candeliere; così venendo da noi vi si pot rà ritirare». Un giorno che passò di lì si ritirò nella stanza superiore e si coricò. Egli disse a Giezi s uo servo: «Chiama questa Sunammita». La chiamò e lei si presentò a lui. Eliseo disse al suo serv
o: «Dille tu: “Ecco hai avuto per noi tutta questa premura; che cosa possiamo fare per te? C’è fo rse bisogno di parlare in tuo favore al re o al comandante dell’esercito?”». Ella rispose: «Io vivo tranquilla con il mio popolo». Eliseo replicò: «Che cosa si può fare per lei?». Giezi disse: «Purtro ppo lei non ha un figlio e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò ella si fer mò sulla porta. Allora disse: «L’anno prossimo in questa stessa stagione tu stringerai un figlio fr a le tue braccia». Ella rispose: «No mio signore uomo di Dio non mentire con la tua serva». Ora l a donna concepì e partorì un figlio nel tempo stabilito in quel periodo dell’anno come le aveva d etto Eliseo. Il bambino crebbe e un giorno uscì per andare dal padre presso i mietitori. Egli disse a suo padre: «La mia testa la mia testa!». Il padre ordinò a un servo: «Portalo da sua madre». Q
uesti lo prese e lo portò da sua madre. Il bambino sedette sulle ginocchia di lei fino a mezzogior no poi morì. Ella salì a coricarlo sul letto dell’uomo di Dio; chiuse la porta e uscì. Chiamò il marit o e gli disse: «Mandami per favore uno dei servi e un’asina; voglio correre dall’uomo di Dio e tor nerò subito». Quello domandò: «Perché vuoi andare da lui oggi? Non è il novilunio né sabato».
Ma lei rispose: «Addio». Sellò l’asina e disse al proprio servo: «Conducimi cammina non tratten ermi nel cavalcare a meno che non te lo ordini io». Si incamminò giunse dall’uomo di Dio sul mo nte Carmelo. Quando l’uomo di Dio la vide da lontano disse a Giezi suo servo: «Ecco la Sunammi ta! Su corrile incontro e domandale: “Stai bene? Tuo marito sta bene? E tuo figlio sta bene?”».
Quella rispose: «Bene!». Giunta presso l’uomo di Dio sul monte gli afferrò i piedi. Giezi si avvicin ò per tirarla indietro ma l’uomo di Dio disse: «Lasciala stare, perché il suo animo è amareggiato e il Signore me ne ha nascosto il motivo; non me l’ha rivelato». Ella disse: «Avevo forse domand ato io un figlio al mio signore? Non ti dissi forse: “Non mi ingannare”?». Eliseo disse a Giezi: «Ci ngi i tuoi fianchi prendi in mano il mio bastone e parti. Se incontrerai qualcuno non salutarlo; se qualcuno ti saluta non rispondergli. Metterai il mio bastone sulla faccia del ragazzo». La madre del ragazzo disse: «Per la vita del Signore e per la tua stessa vita non ti lascerò». Allora egli si alz ò e la seguì. Giezi li aveva preceduti; aveva posto il bastone sulla faccia del ragazzo ma non c’era stata voce né reazione. Egli tornò incontro a Eliseo e gli riferì: «Il ragazzo non si è svegliato». Eli seo entrò in casa. Il ragazzo era morto coricato sul letto. Egli entrò chiuse la porta dietro a loro due e pregò il Signore. Quindi salì e si coricò sul bambino; pose la bocca sulla bocca di lui gli occ hi sugli occhi di lui le mani sulle mani di lui si curvò su di lui e il corpo del bambino riprese calore
. Quindi desistette e si mise a camminare qua e là per la casa; poi salì e si curvò su di lui. Il ragaz zo starnutì sette volte poi aprì gli occhi. Eliseo chiamò Giezi e gli disse: «Chiama questa Sunamm ita!». La chiamò e quando lei gli giunse vicino le disse: «Prendi tuo figlio!». Quella entrò cadde a i piedi di lui si prostrò a terra prese il figlio e uscì. Eliseo tornò a Gàlgala. Nella regione c’era care stia. Mentre i figli dei profeti stavano seduti davanti a lui egli disse al suo servo: «Metti la pentol a grande e cuoci una minestra per i figli dei profeti». Uno di essi andò in campagna per cogliere erbe selvatiche e trovò una specie di vite selvatica: da essa colse zucche agresti e se ne riempì il mantello. Ritornò e gettò i frutti a pezzi nella pentola della minestra non sapendo che cosa foss ero. Si versò da mangiare agli uomini che appena assaggiata la minestra gridarono: «Nella pent
ola c’è la morte uomo di Dio!». Non ne potevano mangiare. Allora Eliseo ordinò: «Andate a pre ndere della farina». Versatala nella pentola disse: «Danne da mangiare a questa gente». Non c’
era più nulla di cattivo nella pentola. Da Baal-
Salisà venne un uomo che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano nove llo che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore diss e: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”». Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare secondo la parola del Signore. Naamàn comandant e dell’esercito del re di Aram era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato perc hé per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramei. Ma quest’uomo prode era le bbroso. Ora bande aramee avevano condotto via prigioniera dalla terra d’Israele una ragazza ch e era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: «Oh se il mio signore pote sse presentarsi al profeta che è a Samaria certo lo libererebbe dalla sua lebbra». Naamàn andò a riferire al suo signore: «La ragazza che proviene dalla terra d’Israele ha detto così e così». Il re di Aram gli disse: «Va’ pure io stesso invierò una lettera al re d’Israele». Partì dunque prendend o con sé dieci talenti d’argento seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d’Isr aele nella quale si diceva: «Orbene insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn mio ministro perché tu lo liberi dalla sua lebbra». Letta la lettera il re d’Israele si stracciò le vesti dic endo: «Sono forse Dio per dare la morte o la vita perché costui mi ordini di liberare un uomo da lla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me». Quan do Eliseo uomo di Dio seppe che il re d’Israele si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: «Perc hé ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele». Naa màn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Eliseo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’ bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato». Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco io pensavo: “Certo verr à fuori e stando in piedi invocherà il nome del Signore suo Dio, agiterà la sua mano verso la part e malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il Parpar fiumi di Damasco non sono migliori di tu tte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adir ato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio se il profeta ti avesse ordinato una g ran cosa non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bàgnati e sarai purificato”»
. Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte secondo la parola dell’uomo di Dio e il s uo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato. Tornò con tutto il seguito dal l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore al la cui presenza io sto non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse ma egli rifiutò. Allora Naamàn disse: «Se è no sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrific io ad altri dèi ma solo al Signore. Però il Signore perdoni il tuo servo per questa azione: quando i
l mio signore entra nel tempio di Rimmon per prostrarsi si appoggia al mio braccio e anche io mi prostro nel tempio di Rimmon mentre egli si prostra nel tempio di Rimmon. Il Signore perdoni il tuo servo per questa azione». Egli disse: «Va’ in pace». Partì da lui e fece un bel tratto di strada.
Giezi servo di Eliseo uomo di Dio disse fra sé: «Ecco il mio signore ha rinunciato a prendere dall a mano di questo arameo Naamàn ciò che egli aveva portato; per la vita del Signore gli correrò dietro e prenderò qualche cosa da lui». Giezi inseguì Naamàn. Naamàn vedendolo correre verso di sé saltò giù dal carro per andargli incontro e gli domandò: «Tutto bene?». Quello rispose: «T
utto bene. Il mio signore mi ha mandato a dirti: “Ecco proprio ora sono giunti da me due giovani dalle montagne di èfraim da parte dei figli dei profeti. Da’ loro un talento d’argento e due mute di abiti”». Naamàn disse: «è meglio che tu prenda due talenti» e insistette con lui. Chiuse due t alenti d’argento in due sacchi insieme con due mute di abiti e li diede a due suoi servi che li port arono davanti a Giezi. Giunto alla collina, questi prese dalla loro mano il tutto e lo depose in cas a quindi rimandò quegli uomini che se ne andarono. Poi egli andò a presentarsi al suo signore. E
liseo gli domandò: «Giezi da dove vieni?». Rispose: «Il tuo servo non è andato da nessuna parte
». Egli disse: «Non ero forse presente in spirito quando quell’uomo si voltò dal suo carro per ve nirti incontro? Era forse il tempo di accettare denaro e di accettare abiti oliveti vigne, bestiame minuto e grosso schiavi e schiave? Ma la lebbra di Naamàn si attaccherà a te e alla tua discende nza per sempre». Uscì da lui lebbroso bianco come la neve. I figli dei profeti dissero a Eliseo: «Ec co l’ambiente in cui abitiamo presso di te è troppo stretto per noi. Andiamo fino al Giordano pr endiamo lì una trave ciascuno e costruiamoci lì un locale dove abitare». Egli rispose: «Andate!».
Uno disse: «Dégnati di venire anche tu con i tuoi servi». Egli rispose: «Verrò». E andò con loro.
Giunti al Giordano cominciarono a tagliare gli alberi. Ora mentre uno abbatteva un tronco il ferr o della scure gli cadde nell’acqua. Egli gridò: «Oh mio signore! Era stato preso in prestito!». L’uo mo di Dio domandò: «Dov’è caduto?». Gli mostrò il posto. Eliseo allora tagliò un legno e lo gett ò in quel punto e il ferro venne a galla. Disse: «Tiratelo su!». Quello stese la mano e lo prese. Il r e di Aram combatteva contro Israele e in un consiglio con i suoi ufficiali disse che si sarebbe acc ampato in un certo luogo. L’uomo di Dio mandò a dire al re d’Israele: «Guàrdati dal passare per quel luogo perché là stanno scendendo gli Aramei». Il re d’Israele fece spedizioni nel luogo indic atogli dall’uomo di Dio e riguardo al quale egli l’aveva ammonito e là se ne stette in guardia non una né due volte soltanto. Molto turbato in cuor suo per questo fatto il re di Aram convocò i su oi ufficiali e disse loro: «Non mi potete indicare chi dei nostri è a favore del re d’Israele?». Uno degli ufficiali rispose: «No o re mio signore ma Eliseo profeta d’Israele riferisce al re d’Israele le parole che tu dici nella tua camera da letto». Quegli disse: «Andate a scoprire dov’è costui; lo m anderò a prendere». Gli fu riferito: «Ecco sta a Dotan». Egli mandò là cavalli carri e una schiera c onsistente; vi giunsero di notte e circondarono la città. Il servitore dell’uomo di Dio si alzò prest o e uscì. Ecco una schiera circondava la città con cavalli e carri. Il suo servo gli disse: «Ohimè mi o signore! Come faremo?». Egli rispose: «Non temere perché quelli che sono con noi sono più n umerosi di quelli che sono con loro». Eliseo pregò così: «Signore apri i suoi occhi perché veda». I
l Signore aprì gli occhi del servo che vide. Ecco il monte era pieno di cavalli e di carri di fuoco int orno a Eliseo. Poi scesero verso di lui ed Eliseo pregò il Signore dicendo: «Colpisci questa gente di cecità!». E il Signore li colpì di cecità secondo la parola di Eliseo. Disse loro Eliseo: «Non è que sta la strada e non è questa la città. Seguitemi e io vi condurrò dall’uomo che cercate». Egli li co ndusse a Samaria. Quando entrarono in Samaria Eliseo disse: «Signore apri gli occhi di costoro p erché vedano!». Il Signore aprì i loro occhi ed essi videro. Erano in mezzo a Samaria! Quando li v ide il re d’Israele disse a Eliseo: «Li devo colpire padre mio?». Egli rispose: «Non colpire! Sei fors e solito colpire uno che hai fatto prigioniero con la tua spada e con il tuo arco? Piuttosto metti d avanti a loro pane e acqua; mangino e bevano, poi se ne vadano dal loro signore». Si preparò pe r loro un grande pranzo. Dopo che ebbero mangiato e bevuto li congedò ed essi se ne andarono dal loro signore. Le bande aramee non penetrarono più nella terra d’Israele. Dopo tali cose Ben

Adàd re di Aram radunò tutto il suo esercito e venne ad assediare Samaria. Ci fu una grande car estia a Samaria; la strinsero d’assedio fino al punto che una testa d’asino si vendeva a ottanta si cli d’argento e un quarto di qab di guano di colomba a cinque sicli. Mentre il re d’Israele passav a sulle mura una donna gli gridò: «Salvami o re mio signore!». Rispose: «No il Signore ti salvi! Co me ti posso salvare io? Forse con il prodotto dell’aia o con quello del torchio?». Poi il re aggiuns e: «Che hai?». Quella rispose: «Questa donna mi ha detto: “Dammi tuo figlio perché lo mangia mo oggi. Mio figlio ce lo mangeremo domani”. Abbiamo cotto mio figlio e lo abbiamo mangiato.
Il giorno dopo io le ho detto: “Dammi tuo figlio perché lo mangiamo” ma essa ha nascosto suo f iglio». Quando udì le parole della donna il re si stracciò le vesti e mentre egli passava sulle mura il popolo vide che di sotto aderente al corpo portava il sacco. Egli disse: «Dio mi faccia questo e anche di peggio se oggi la testa di Eliseo figlio di Safat resterà su di lui». Eliseo stava seduto in c asa e con lui sedevano gli anziani. Il re si fece precedere da un uomo. Prima che il messaggero a rrivasse da lui egli disse agli anziani: «Vedete che quel figlio di assassino manda uno a tagliarmi l a testa! State attenti: quando arriverà il messaggero chiudete la porta; tenetelo fermo sulla por ta. Non c’è forse il rumore dei piedi del suo signore dietro di lui?». Stava ancora parlando con lo ro quando il re scese da lui e gli disse: «Ecco questa è la sventura che viene dal Signore; che cos a posso ancora sperare dal Signore?». Ma Eliseo disse: «Ascoltate la parola del Signore! Così dic e il Signore: “A quest’ora domani alla porta di Samaria un sea di farina costerà un siclo e anche due sea di orzo costeranno un siclo”». Ma lo scudiero al cui braccio il re si appoggiava rispose all
’uomo di Dio: «Già il Signore apre le cateratte in cielo! Avverrà mai una cosa simile?». Ed egli re plicò: «Ecco tu lo vedrai con i tuoi occhi, ma non ne mangerai». Ora c’erano quattro lebbrosi sul la soglia della porta. Essi dicevano fra di loro: «Perché stiamo seduti qui ad aspettare la morte?
Se decidiamo di andare in città in città c’è la carestia e vi moriremo. Se stiamo qui moriremo. Or a su, passiamo all’accampamento degli Aramei: se ci lasceranno in vita vivremo; se ci faranno m orire, moriremo». Si alzarono al crepuscolo per andare all’accampamento degli Aramei e giunse ro fino al limite del loro accampamento. Ebbene là non c’era nessuno. Il Signore aveva fatto udi
re nell’accampamento degli Aramei rumore di carri rumore di cavalli e rumore di un grande ese rcito. Essi si erano detti l’un l’altro: «Ecco il re d’Israele ha assoldato contro di noi i re degli Ittiti e i re dell’Egitto per mandarli contro di noi». Alzatisi erano fuggiti al crepuscolo lasciando le loro tende i loro cavalli e i loro asini e l’accampamento com’era; erano fuggiti per salvarsi la vita. Qu ei lebbrosi, giunti al limite dell’accampamento entrarono in una tenda e dopo aver mangiato e bevuto portarono via argento oro e vesti che andarono a nascondere. Ritornati entrarono in un’
altra tenda; portarono via tutto e andarono a nasconderlo. Ma poi si dissero l’un l’altro: «Non è giusto quello che facciamo; oggi è giorno di lieta notizia mentre noi ce ne stiamo zitti. Se attendi amo fino alla luce del mattino, potrebbe sopraggiungerci un castigo. Andiamo ora entriamo in ci ttà e annunciamolo alla reggia». Vi andarono; chiamarono i guardiani della città e riferirono loro
: «Siamo andati nell’accampamento degli Aramei; ecco non c’era nessuno né c’era voce umana ma c’erano i cavalli legati e gli asini legati e le tende al loro posto». I guardiani allora gridarono e diedero la notizia all’interno della reggia. Il re si alzò nella notte e disse ai suoi ufficiali: «Vi dirò quello che hanno fatto a noi gli Aramei. Sapendo che siamo affamati sono usciti dall’accampam ento per nascondersi in campagna dicendo: “Appena usciranno dalla città li prenderemo vivi e p oi entreremo in città”». Uno dei suoi ufficiali rispose: «Si prendano cinque dei cavalli superstiti c he sono rimasti in questa città –
avverrà di loro come di tutta la moltitudine d’Israele rimasta in città come di tutta la moltitudin e d’Israele che è perita –
e mandiamo a vedere». Presero allora due carri con i cavalli; il re li mandò sulle tracce dell’eser cito degli Aramei dicendo: «Andate a vedere». Andarono sulle loro tracce fino al Giordano; ecco tutta la strada era piena di abiti e di oggetti che gli Aramei avevano gettato via nella loro fuga p recipitosa. I messaggeri tornarono e riferirono al re. Allora il popolo uscì e saccheggiò l’accampa mento degli Aramei. Un sea di farina si vendette per un siclo e due sea di orzo ugualmente per un siclo secondo la parola del Signore. Il re aveva messo a guardia della porta lo scudiero al cui braccio egli si appoggiava. Calpestato dalla folla presso la porta quello morì come aveva detto l’
uomo di Dio, quando aveva parlato al re che era sceso da lui. Avvenne come aveva detto l’uomo di Dio al re: «A quest’ora domani alla porta di Samaria due sea di orzo costeranno un siclo e an che un sea di farina costerà un siclo». Lo scudiero aveva risposto all’uomo di Dio: «Già il Signore apre le cateratte in cielo! Avverrà mai una cosa simile?». E quegli aveva replicato: «Ecco tu lo v edrai con i tuoi occhi ma non ne mangerai». A lui capitò proprio questo: lo calpestò la folla alla porta ed egli morì. Eliseo aveva detto alla donna a cui aveva richiamato in vita il figlio: «àlzati e vattene con la tua famiglia; dimora da straniera dove potrai dimorare perché il Signore ha chia mato la carestia e già sta venendo sulla terra per sette anni». La donna si era alzata e aveva fatt o come aveva detto l’uomo di Dio. Se n’era andata con la sua famiglia e aveva dimorato da stra niera nella terra dei Filistei per sette anni. Al termine dei sette anni la donna tornò dalla terra d ei Filistei e si recò dal re per reclamare la sua casa e il suo campo. Il re stava parlando con Giezi servo dell’uomo di Dio e diceva: «Narrami tutte le grandi cose compiute da Eliseo». Costui stava
narrando al re come aveva richiamato in vita il morto quand’ecco si rivolse al re la donna della quale aveva richiamato in vita il figlio per la sua casa e il suo campo. Giezi disse: «O re mio signo re questa è la donna e questo è il figlio che Eliseo ha richiamato in vita». Il re interrogò la donna che gli narrò il fatto. Il re le mise a disposizione un cortigiano dicendo: «Restituiscile quanto le a ppartiene e la rendita intera del campo dal giorno in cui lasciò la terra fino ad ora». Eliseo andò a Damasco. A Ben-Adàd re di Aram che era ammalato fu riferito: «L’uomo di Dio è venuto fin qui». Il re disse a Caz aèl: «Prendi con te un dono e va’ incontro all’uomo di Dio e per suo mezzo interroga il Signore d icendo: “Guarirò da questa malattia?”». Cazaèl gli andò incontro prendendo con sé in regalo tut te le cose migliori di Damasco un carico di quaranta cammelli. Arrivato stette davanti a lui e gli disse: «Tuo figlio Ben-Adàd re di Aram mi ha mandato da te con la domanda: “Guarirò da questa malattia?”». Eliseo gl i disse: «Va’ a dirgli: “Guarirai di sicuro”. Ma il Signore mi ha mostrato che egli certamente mori rà». Poi immobilizzò il suo volto e irrigidì il suo sguardo fino all’estremo e alla fine l’uomo di Dio si mise a piangere. Cazaèl disse: «Per quale motivo il mio signore piange?». Egli rispose: «Perch é so quanto male farai agli Israeliti: brucerai le loro fortezze ucciderai di spada i loro giovani sfra cellerai i loro bambini sventrerai le loro donne incinte». Cazaèl disse: «Che cos’è il tuo servo qu esto cane per poter fare una cosa così enorme?». Eliseo rispose: «Il Signore mi ha mostrato che tu sarai re di Aram». Quello partì da Eliseo e ritornò dal suo padrone che gli domandò: «Che cos a ti ha detto Eliseo?». Rispose: «Mi ha detto: “Guarirai di sicuro”». Il giorno dopo costui prese u na coperta l’immerse nell’acqua e poi la stese sulla faccia del re che morì. Al suo posto divenne re Cazaèl. Nell’anno quinto di Ioram figlio di Acab re d’Israele divenne re Ioram figlio di Giòsafat re di Giuda. Quando divenne re aveva trentadue anni; regnò a Gerusalemme otto anni. Seguì la via dei re d’Israele come aveva fatto la casa di Acab perché sua moglie era figlia di Acab. Fece ci ò che è male agli occhi del Signore. Ma il Signore non volle distruggere Giuda a causa di Davide s uo servo secondo la promessa fattagli di lasciare sempre una lampada per lui e per i suoi figli. N
ei suoi giorni Edom si ribellò al dominio di Giuda e si elesse un re. Allora Ioram sconfinò verso Sa ir con tutti i suoi carri. Egli si mosse di notte e sconfisse gli Edomiti che l’avevano accerchiato ins ieme con i comandanti dei carri; così il popolo fuggì nelle tende. Tuttavia Edom si è sottratto al dominio di Giuda fino ad oggi. In quel tempo anche Libna si ribellò. Le altre gesta di Ioram e tutt e le sue azioni non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Ioram si addor mentò con i suoi padri fu sepolto con i suoi padri nella Città di Davide e al suo posto divenne re suo figlio Acazia. Nell’anno dodicesimo di Ioram figlio di Acab re d’Israele divenne re Acazia, figli o di Ioram re di Giuda. Quando divenne re Acazia aveva ventidue anni; regnò un anno a Gerusal emme. Sua madre si chiamava Atalia ed era figlia di Omri re d’Israele. Seguì la via della casa di A cab; fece ciò che è male agli occhi del Signore come la casa di Acab perché era imparentato con la casa di Acab. Egli andò alla guerra con Ioram figlio di Acab contro Cazaèl re di Aram a Ramot di Gàlaad; ma gli Aramei ferirono Ioram. Allora il re Ioram tornò a curarsi a Izreèl per le ferite ric
evute dagli Aramei a Rama mentre combatteva contro Cazaèl re di Aram. Acazia figlio di Ioram, re di Giuda scese a visitare Ioram figlio di Acab a Izreèl perché era malato. Il profeta Eliseo chia mò uno dei figli dei profeti e gli disse: «Cingiti i fianchi prendi in mano questo vasetto d’olio e va
’ a Ramot di Gàlaad. Appena giunto là cerca Ieu figlio di Giòsafat figlio di Nimsì. Entrato in casa l o farai alzare tra i suoi fratelli e lo condurrai in una camera interna. Prenderai il vasetto dell’olio e lo verserai sulla sua testa dicendo: “Così dice il Signore: Ti ungo re su Israele”. Poi aprirai la po rta e fuggirai e non aspetterai». Il giovane il servo del profeta andò a Ramot di Gàlaad. Appena giunto trovò i capi dell’esercito seduti insieme. Egli disse: «Ho una parola per te comandante». I eu disse: «Per chi fra tutti noi?». Ed egli rispose: «Per te comandante». Si alzò ed entrò in casa e quello gli versò l’olio sulla testa dicendogli: «Così dice il Signore Dio d’Israele: “Ti ungo re sul po polo del Signore su Israele. Tu colpirai la casa di Acab tuo signore; io vendicherò il sangue dei mi ei servi i profeti e il sangue di tutti i servi del Signore sparso dalla mano di Gezabele. Tutta la cas a di Acab perirà io eliminerò ad Acab ogni maschio schiavo o libero in Israele. Renderò la casa di Acab come la casa di Geroboamo figlio di Nebat e come la casa di Baasà figlio di Achia. I cani di voreranno Gezabele nel campo di Izreèl; nessuno la seppellirà”». Quindi aprì la porta e fuggì. Q
uando Ieu uscì per raggiungere gli ufficiali del suo signore gli domandarono: «Va tutto bene? Pe rché questo pazzo è venuto da te?». Egli disse loro: «Voi conoscete l’uomo e le sue chiacchiere»
. Gli dissero: «Non è vero! Su raccontaci!». Egli disse: «Mi ha parlato così e così affermando: “Co sì dice il Signore: Ti ungo re su Israele”». Allora si affrettarono e presero ciascuno il proprio man tello e lo stesero sui gradini sotto di lui suonarono il corno e gridarono: «Ieu è re». Ieu figlio di G
iòsafat figlio di Nimsì congiurò contro Ioram. Ora Ioram aveva difeso con tutto Israele Ramot di Gàlaad di fronte a Cazaèl re di Aram, poi il re Ioram era tornato a curarsi a Izreèl le ferite ricevut e dagli Aramei nella guerra contro Cazaèl re di Aram. Ieu disse: «Se tale è la vostra convinzione nessuno fugga dalla città per andare ad annunciarlo a Izreèl». Ieu salì su un carro e partì per Izre èl perché là giaceva malato Ioram e Acazia re di Giuda era sceso a visitarlo. La sentinella che sta va sulla torre di Izreèl vide la schiera di Ieu che avanzava e disse: «Vedo una schiera». Ioram diss e: «Prendi un cavaliere e mandalo loro incontro per domandare: “Tutto bene?”». Uno a cavallo andò loro incontro e disse: «Così dice il re: “Tutto bene?”». Ieu disse: «Che importa a te come v ada? Passa dietro e seguimi». La sentinella riferì: «Il messaggero è arrivato da quelli ma non tor na indietro». Il re mandò un altro cavaliere che giunto da quelli, disse: «Il re domanda: “Tutto b ene?”». Ma Ieu disse: «Che importa a te come vada? Passa dietro e seguimi». La sentinella riferì
: «è arrivato da quelli ma non torna indietro. Il modo di guidare è come quello di Ieu figlio di Ni msì: difatti guida all’impazzata». Ioram disse: «Attacca i cavalli». Attaccarono i cavalli al suo carr o. Ioram re d’Israele e Acazia re di Giuda uscirono ognuno sul proprio carro. Uscirono incontro a Ieu che trovarono nel campo di Nabot di Izreèl. Quando Ioram vide Ieu gli domandò: «Tutto be ne Ieu?». Rispose: «Come può andare tutto bene fin quando durano le prostituzioni di Gezabele tua madre e le sue numerose magie?». Allora Ioram si volse indietro e fuggì dicendo ad Acazia:
«Tradimento Acazia!». Ieu impugnato l’arco colpì Ioram tra le spalle. La freccia gli attraversò il c
uore ed egli si accasciò sul carro. Ieu disse a Bidkar suo scudiero: «Sollevalo gettalo nel campo d i Nabot di Izreèl. Ricòrdatelo: io e te eravamo con coloro che cavalcavano appaiati dietro Acab s uo padre e il Signore proferì su di lui questo oracolo: “Non ho forse visto ieri il sangue di Nabot e il sangue dei suoi figli? Oracolo del Signore. Ti ripagherò in questo stesso campo. Oracolo del S
ignore”. Sollevalo e gettalo nel campo secondo la parola del Signore». Visto ciò Acazia re di Giu da fuggì per la strada di Bet-Gan; Ieu l’inseguì e ordinò: «Colpite anche lui!». Lo colpirono sul carro nella salita di Gur nelle vi cinanze di Ibleàm. Egli fuggì a Meghiddo dove morì. I suoi ufficiali lo portarono a Gerusalemme su un carro e lo seppellirono nel suo sepolcro accanto ai suoi padri nella Città di Davide. Acazia era divenuto re di Giuda nell’anno undicesimo di Ioram figlio di Acab. Ieu arrivò a Izreèl. Appena lo seppe Gezabele si truccò gli occhi con stibio si ornò il capo e si affacciò alla finestra. Mentre I eu arrivava alla porta gli domandò: «Tutto bene Zimrì assassino del suo signore?». Ieu alzò lo sg uardo verso la finestra e disse: «Chi è con me? Chi?». Due o tre cortigiani si affacciarono a guar darlo. Egli disse: «Gettàtela giù ». La gettarono giù. Parte del suo sangue schizzò sul muro e sui c avalli che la calpestarono. Poi Ieu entrò mangiò e bevve; alla fine ordinò: «Andate a vedere quel la maledetta e seppellitela perché era figlia di re». Andati per seppellirla non trovarono altro ch e il cranio i piedi e le palme delle mani. Tornati riferirono il fatto a Ieu che disse: «è la parola del Signore che aveva detto per mezzo del suo servo Elia il Tisbita: “Nel campo di Izreèl i cani divor eranno la carne di Gezabele. E il cadavere di Gezabele sarà come letame sulla superficie della ca mpagna nel campo di Izreèl così che non si potrà più dire: Questa è Gezabele”». Acab aveva sett anta figli a Samaria. Ieu scrisse lettere e le inviò a Samaria ai capi di Izreèl agli anziani e ai tutori dei figli di Acab. In esse diceva: «Ora, quando giungerà a voi questa lettera –
voi infatti avete con voi i figli del vostro signore i carri i cavalli la città fortificata e le armi –
scegliete il figlio migliore e più retto del vostro signore e ponetelo sul trono di suo padre; comb attete per la casa del vostro signore». Quelli ebbero una grande paura e dissero: «Ecco due re n on hanno potuto resistergli; come potremmo resistergli noi?». Il maggiordomo il prefetto della città gli anziani e i tutori mandarono a Ieu questo messaggio: «Noi siamo tuoi servi; noi faremo quanto ci ordinerai. Non faremo re nessuno; fa’ quanto ti piace». Ieu scrisse loro una seconda le ttera dicendo: «Se siete dalla mia parte e se obbedite alla mia parola prendete le teste dei figli d el vostro signore e presentatevi a me domani a quest’ora a Izreèl». I figli del re erano settanta; v ivevano con i grandi della città che li allevavano. Ricevuta la lettera quelli presero i figli del re e l i ammazzarono tutti e settanta; quindi posero le loro teste in ceste e le mandarono da lui a Izre èl. Si presentò un messaggero che riferì a Ieu: «Hanno portato le teste dei figli del re». Egli disse
: «Ponetele in due mucchi alla soglia della porta fino al mattino». Il mattino dopo uscì e stando i n piedi disse a tutto il popolo: «Voi siete giusti; ecco io ho congiurato contro il mio signore e l’h o ucciso. Ma chi ha colpito tutti questi? Riconoscete dunque che non è caduta in terra nessuna delle parole del Signore annunciate per mezzo del suo servo Elia riguardo alla casa di Acab; il Sig nore ha attuato quanto aveva predetto per mezzo di Elia suo servo». Ieu colpì poi tutti i supersti
ti della casa di Acab a Izreèl tutti i suoi grandi i suoi amici e i suoi sacerdoti fino a non lasciargli a lcun superstite. Poi si alzò partì e si avviò verso Samaria. Mentre si trovava per la strada nella lo calità di Bet-Eked-dei-Pastori Ieu trovò i fratelli di Acazia, re di Giuda. Egli domandò: «Voi chi siete?». Risposero: «Sia mo fratelli di Acazia; siamo scesi per salutare i figli del re e i figli della regina madre». Egli ordinò
: «Prendeteli vivi». Li presero vivi li ammazzarono presso la cisterna di Bet-Eked; erano quarantadue e non ne risparmiò neppure uno. Partito di lì trovò Ionadàb figlio di R
ecab che gli veniva incontro; Ieu lo salutò e gli disse: «Il tuo cuore è retto come lo è il mio verso di te?». Ionadàb rispose: «Lo è». «Se lo è dammi la mano». Ionadàb gliela diede. Ieu allora lo fec e salire sul carro vicino a sé e gli disse: «Vieni con me per vedere il mio zelo per il Signore». Lo fe ce viaggiare con sé sul proprio carro. Entrò in Samaria e colpì tutti i superstiti della casa di Acab fino ad annientarli secondo la parola che il Signore aveva comunicato a Elia. Ieu radunò tutto il popolo e disse loro: «Acab ha servito Baal un poco; Ieu lo servirà molto. Ora convocatemi tutti i profeti di Baal tutti i suoi servitori e tutti i suoi sacerdoti: non ne manchi neppure uno perché in tendo offrire un grande sacrificio a Baal. Chi mancherà non sarà lasciato in vita». Ieu agiva con a stuzia per distruggere tutti i servitori di Baal. Ieu disse: «Convocate una festa solenne a Baal». L
a convocarono. Ieu inviò messaggeri per tutto Israele; si presentarono tutti i servitori di Baal e n on mancò nessuno. Entrarono nel tempio di Baal che si riempì da un’estremità all’altra. Ieu diss e al guardarobiere: «Tira fuori le vesti per tutti i servitori di Baal» ed egli le tirò fuori. Ieu accom pagnato da Ionadàb figlio di Recab entrò nel tempio di Baal e disse ai servitori di Baal: «Verificat e bene che non ci sia qui fra voi nessuno dei servitori del Signore ma che ci siano solo servitori d i Baal». Entrarono quindi per compiere sacrifici e olocausti. Ieu però aveva posto all’esterno ott anta uomini dei suoi ai quali aveva detto: «Se a qualcuno sfuggirà uno degli uomini che consegn o nelle vostre mani darà la sua vita al posto della vita di quello». Quando ebbe finito di compier e l’olocausto Ieu disse alle guardie e agli scudieri: «Entrate colpiteli. Nessuno scappi». Le guardi e e gli scudieri li colpirono a fil di spada e li gettarono via. Poi le guardie e gli scudieri andarono f ino alla cella del tempio di Baal. Portarono fuori le stele del tempio di Baal e le bruciarono. La st ele di Baal la fecero a pezzi poi demolirono il tempio di Baal e lo ridussero a latrina fino ad oggi.
Ieu fece scomparire Baal da Israele. Ma Ieu non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebat aveva fatto commettere a Israele e non abbandonò i vitelli d’oro che erano a Betel e a Da n. Il Signore disse a Ieu: «Poiché hai agito bene facendo ciò che è giusto ai miei occhi e hai comp iuto per la casa di Acab quanto era nel mio cuore i tuoi figli fino alla quarta generazione siedera nno sul trono d’Israele». Ma Ieu non si curò di seguire la legge del Signore Dio d’Israele con tutt o il suo cuore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo aveva fatto commettere a Israele. In quel tempo il Signore cominciò a ridurre Israele; infatti Cazaèl sconfisse gli Israeliti in tutto il lor o territorio: dal Giordano verso oriente occupò tutta la terra di Gàlaad dei Gaditi dei Rubeniti e dei Manassiti da Aroèr che è presso il torrente Arnon fino al Gàlaad e al Basan. Le altre gesta di I eu tutte le sue azioni e la sua potenza non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’

Israele? Ieu si addormentò con i suoi padri e lo seppellirono a Samaria. Al suo posto divenne re suo figlio Ioacàz. La durata del regno di Ieu su Israele a Samaria fu di ventotto anni. Atalia madr e di Acazia visto che era morto suo figlio si accinse a sterminare tutta la discendenza regale. Ma Ioseba figlia del re Ioram e sorella di Acazia prese Ioas figlio di Acazia sottraendolo ai figli del re destinati alla morte e lo portò assieme alla sua nutrice nella camera dei letti; lo nascose così ad Atalia ed egli non fu messo a morte. Rimase nascosto presso di lei nel tempio del Signore per se i anni; intanto Atalia regnava sul paese. Il settimo anno Ioiadà mandò a chiamare i comandanti delle centinaia dei Carii e delle guardie e li fece venire presso di sé nel tempio del Signore. Egli c oncluse con loro un’alleanza facendoli giurare nel tempio del Signore; quindi mostrò loro il figlio del re. Diede loro le seguenti disposizioni: «Questo è ciò che dovrete fare: la terza parte di voi c he inizia il servizio di sabato per fare la guardia alla reggia il terzo alla porta di Sur e il terzo alla porta dietro i cursori farete insieme la guardia al tempio, mentre gli altri due gruppi di voi tutti quelli che lasciano il servizio di sabato faranno la guardia nel tempio al re. Circonderete il re ogn uno con l’arma in pugno e chi tenta di penetrare nello schieramento sia messo a morte. Sarete con il re in tutti i suoi movimenti». I comandanti delle centinaia fecero quanto aveva disposto il sacerdote Ioiadà. Ognuno prese i suoi uomini quelli che entravano in servizio il sabato e quelli c he smontavano il sabato e andarono dal sacerdote Ioiadà. Il sacerdote consegnò ai comandanti di centinaia lance e scudi già appartenenti al re Davide che erano nel tempio del Signore. Le gua rdie, ognuno con l’arma in pugno si disposero dall’angolo destro del tempio fino all’angolo sinist ro lungo l’altare e l’edificio in modo da circondare il re. Allora Ioiadà fece uscire il figlio del re e gli consegnò il diadema e il mandato; lo proclamarono re e lo unsero. Gli astanti batterono le m ani e acclamarono: «Viva il re!». Quando sentì il clamore delle guardie e del popolo Atalia si pre sentò al popolo nel tempio del Signore. Guardò ed ecco che il re stava presso la colonna second o l’usanza i comandanti e i trombettieri erano presso il re mentre tutto il popolo della terra era i n festa e suonava le trombe. Atalia si stracciò le vesti e gridò: «Congiura, congiura!». Il sacerdot e Ioiadà ordinò ai comandanti delle centinaia, preposti all’esercito: «Conducetela fuori in mezzo alle file e chiunque la segue venga ucciso di spada». Il sacerdote infatti aveva detto: «Non sia u ccisa nel tempio del Signore». Le misero addosso le mani ed essa raggiunse la reggia attraverso l
’ingresso dei Cavalli e là fu uccisa. Ioiadà concluse un’alleanza fra il Signore il re e il popolo affin ché fosse il popolo del Signore e così pure fra il re e il popolo. Tutto il popolo della terra entrò n el tempio di Baal e lo demolì ne fece a pezzi completamente gli altari e le immagini e ammazzò Mattàn sacerdote di Baal davanti agli altari. Il sacerdote Ioiadà mise sorveglianti al tempio del Si gnore. Egli prese i comandanti di centinaia i Carii le guardie e tutto il popolo della terra; costoro fecero scendere il re dal tempio del Signore e attraverso la porta delle Guardie lo condussero ne lla reggia ove egli sedette sul trono regale. Tutto il popolo della terra era in festa e la città rimas e tranquilla: Atalia era stata uccisa con la spada nella reggia. Quando divenne re Ioas aveva sett e anni. Divenne re nell’anno settimo di Ieu e regnò quarant’anni a Gerusalemme. Sua madre di Bersabea si chiamava Sibìa. Ioas fece ciò che è retto agli occhi del Signore per tutta la sua vita, p
erché lo aveva istruito il sacerdote Ioiadà. Ma non scomparvero le alture dal momento che il po polo sacrificava e offriva ancora incenso sulle alture. Ioas disse ai sacerdoti: «Tutto il denaro del le cose sacre che viene portato nel tempio del Signore il denaro corrente versato da ognuno co me riscatto della persona e tutto il denaro delle libere offerte di ciascuno al tempio del Signore l o ritirino per sé i sacerdoti ognuno dai propri addetti; ed essi riparino le parti danneggiate del te mpio ovunque vi trovino danni». Ora nell’anno ventitreesimo del re Ioas i sacerdoti non avevan o ancora riparato le parti danneggiate del tempio. Il re Ioas convocò il sacerdote Ioiadà con i sac erdoti e disse loro: «Perché non avete riparato le parti danneggiate del tempio? D’ora innanzi n on dovrete più ritirare il denaro dai vostri addetti ma lo consegnerete direttamente per le parti danneggiate del tempio». I sacerdoti acconsentirono a non ricevere più il denaro dal popolo e a non curare il restauro del tempio. Il sacerdote Ioiadà prese una cassa vi fece un buco nel coperc hio e la pose a lato dell’altare a destra di chi entra nel tempio del Signore. I sacerdoti custodi del la soglia depositavano ivi tutto il denaro portato al tempio del Signore. Quando vedevano che n ella cassa c’era molto denaro saliva lo scriba del re insieme con il sommo sacerdote ed essi racc oglievano e contavano il denaro trovato nel tempio del Signore. Consegnavano il denaro control lato nelle mani degli esecutori dei lavori sovrintendenti al tempio del Signore. Costoro lo distrib uivano ai falegnami e ai costruttori che lavoravano nel tempio del Signore ai muratori agli scalp ellini per l’acquisto di legname e pietre da taglio per riparare le parti danneggiate del tempio de l Signore e per tutto quanto era necessario per riparare il tempio. Ma con il denaro portato al te mpio del Signore non si dovevano fare nel tempio del Signore né coppe d’argento né coltelli, né vasi per l’aspersione né trombe nessun oggetto d’oro o d’argento. Esso infatti era consegnato s olo agli esecutori dei lavori perché riparassero il tempio del Signore. Non si controllavano coloro nelle cui mani veniva consegnato il denaro da dare agli esecutori dei lavori perché lavoravano c on onestà. Il denaro del sacrificio di riparazione e del sacrificio per il peccato non era portato ne l tempio del Signore ma era per i sacerdoti. In quel tempo Cazaèl re di Aram salì per combattere contro Gat e la conquistò. Poi Cazaèl si accinse a salire a Gerusalemme. Ioas re di Giuda, prese t utti gli oggetti consacrati da Giòsafat da Ioram e da Acazia suoi padri re di Giuda e quelli consacr ati da lui stesso insieme con tutto l’oro trovato nei tesori del tempio del Signore e della reggia; egli mandò tutto ciò a Cazaèl re di Aram che si allontanò da Gerusalemme. Le altre gesta di Ioas e tutte le sue azioni non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? I suoi uffic iali si sollevarono organizzando una congiura; colpirono Ioas a Bet-Millo nella discesa verso Silla. Iozabàd figlio di Simeàt e Iozabàd figlio di Somer suoi ufficiali lo c olpirono ed egli morì. Lo seppellirono con i suoi padri nella Città di Davide e al suo posto divenn e re suo figlio Amasia. Nell’anno ventitreesimo di Ioas figlio di Acazia re di Giuda Ioacàz figlio di I eu divenne re su Israele a Samaria. Egli regnò diciassette anni. Fece ciò che è male agli occhi del Signore; imitò il peccato di Geroboamo figlio di Nebat che aveva fatto peccare Israele né mai se ne allontanò. L’ira del Signore si accese contro Israele e li consegnò in mano a Cazaèl re di Aram e in mano a Ben-
Adàd figlio di Cazaèl per tutto quel tempo. Ma Ioacàz placò il volto del Signore e il Signore lo asc oltò perché aveva visto l’oppressione d’Israele: infatti il re di Aram lo opprimeva. Il Signore conc esse un salvatore a Israele che così riuscì a sfuggire al potere di Aram; gli Israeliti poterono abita re nelle loro tende come prima. Ma essi non si allontanarono dai peccati che la casa di Geroboa mo aveva fatto commettere a Israele ma li imitarono e anche il palo sacro rimase in piedi a Sam aria. Pertanto non furono lasciati soldati a Ioacàz se non cinquanta cavalli dieci carri e diecimila fanti perché li aveva distrutti il re di Aram riducendoli come la polvere che si calpesta. Le altre g esta di Ioacàz tutte le sue azioni e la sua potenza non sono forse descritte nel libro delle Cronac he dei re d’Israele? Ioacàz si addormentò con i suoi padri fu sepolto a Samaria e al suo posto div enne re suo figlio Ioas. Nell’anno trentasettesimo di Ioas re di Giuda Ioas figlio di Ioacàz divenne re su Israele a Samaria. Egli regnò sedici anni. Fece ciò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò da tutti i peccati che Geroboamo figlio di Nebat aveva fatto commettere a Israele ma l i imitò. Le altre gesta di Ioas tutte le sue azioni e la potenza con cui combatté con Amasia, re di Giuda non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Ioas si addormentò con i suoi padri e sul suo trono si sedette Geroboamo. Ioas fu sepolto a Samaria con i re d’Israele. Q
uando Eliseo si ammalò della malattia di cui morì Ioas re d’Israele, scese da lui scoppiò in pianto in sua presenza dicendo: «Padre mio padre mio carro d’Israele e suoi destrieri!». Eliseo gli disse
: «Va’ a prendere arco e frecce» ed egli prese arco e frecce per lui. Disse ancora Eliseo al re d’Isr aele: «Metti la tua mano sull’arco». Dopo che egli ebbe messa la mano Eliseo mise le sue mani s opra le mani del re quindi disse: «Apri la finestra verso oriente». Dopo che egli ebbe aperta la fi nestra Eliseo disse: «Tira!». Ioas tirò. Eliseo disse: «Freccia vittoriosa del Signore freccia vittorios a contro Aram. Tu colpirai Aram ad Afek sino a finirlo». Eliseo disse: «Prendi le frecce». E quand o quegli le ebbe prese, disse al re d’Israele: «Colpisci la terra» ed egli la percosse tre volte poi si fermò. L’uomo di Dio s’indignò contro di lui e disse: «Colpendo cinque o sei volte avresti colpito Aram sino a finirlo; ora invece sconfiggerai Aram solo tre volte». Eliseo morì e lo seppellirono. N
ell’anno successivo alcune bande di Moab penetrarono nella terra. Mentre seppellivano un uo mo alcuni visto un gruppo di razziatori, gettarono quell’uomo sul sepolcro di Eliseo e se ne anda rono. L’uomo venuto a contatto con le ossa di Eliseo riacquistò la vita e si alzò sui suoi piedi. Caz aèl re di Aram oppresse gli Israeliti per tutti i giorni di Ioacàz. Ma il Signore ebbe pietà di loro ne ebbe compassione e tornò a favorirli a causa della sua alleanza con Abramo Isacco e Giacobbe; non volle distruggerli e non li ha rigettati dal suo volto fino ad ora. Cazaèl re di Aram morì e al s uo posto divenne re suo figlio Ben-Adàd. Allora Ioas figlio di Ioacàz tornò a prendere a Ben-Adàd figlio di Cazaèl le città che Cazaèl aveva tolte con la guerra a suo padre Ioacàz. Ioas lo scon fisse tre volte; così recuperò le città d’Israele. Nell’anno secondo di Ioas figlio di Ioacàz re d’Isra ele Amasia figlio di Ioas divenne re di Giuda. Quando divenne re aveva venticinque anni; regnò ventinove anni a Gerusalemme. Sua madre era di Gerusalemme e si chiamava Ioaddàn. Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore ma non come Davide suo padre: fece come suo padre Ioas.
Solo non scomparvero le alture; il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alture. Quan
do il regno fu saldo nelle sue mani uccise i suoi ufficiali che avevano ucciso il re suo padre. Ma n on fece morire i figli degli uccisori secondo quanto è scritto nel libro della legge di Mosè ove il Si gnore prescrive: «Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri. Ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato». Egli sc onfisse gli Edomiti nella valle del Sale in tutto diecimila. In quella guerra occupò Sela e la chiamò Iokteèl come è chiamata ancora oggi. Allora Amasia mandò messaggeri a Ioas figlio di Ioacàz fig lio di Ieu re d’Israele per dirgli: «Vieni affrontiamoci». Ioas re d’Israele, fece rispondere ad Amas ia re di Giuda: «Il cardo del Libano mandò a dire al cedro del Libano: “Da’ in moglie tua figlia a m io figlio”. Ma passò una bestia selvatica del Libano e calpestò il cardo. Hai ben colpito Edom e il tuo cuore ti ha esaltato. Sii glorioso, ma resta nella tua casa. Perché ti precipiti in una disfatta?
Potresti soccombere tu e Giuda con te». Ma Amasia non lo ascoltò. Allora Ioas re d’Israele si mo sse; si affrontarono lui e Amasia re di Giuda presso Bet-Semes che appartiene a Giuda. Giuda fu sconfitto di fronte a Israele e ognuno fuggì nella propri a tenda. Ioas re d’Israele fece prigioniero Amasia re di Giuda figlio di Ioas figlio di Acazia a Bet-Semes. Quindi andato a Gerusalemme aprì una breccia nelle mura di Gerusalemme dalla porta di èfraim fino alla porta dell’Angolo per quattrocento cubiti. Prese tutto l’oro e l’argento e tutti gli oggetti trovati nel tempio del Signore e nei tesori della reggia e gli ostaggi e tornò a Samaria.
Le altre gesta che compì Ioas la sua potenza e la guerra che combatté contro Amasia re di Giuda non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Ioas si addormentò con i suoi padri fu sepolto a Samaria con i re d’Israele e al suo posto divenne re suo figlio Geroboamo. Am asia figlio di Ioas re di Giuda visse quindici anni dopo la morte di Ioas figlio di Ioacàz re d’Israele.
Le altre gesta di Amasia non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Si ord ì contro di lui una congiura a Gerusalemme. Egli fuggì a Lachis ma lo fecero inseguire fino a Lach is dove l’uccisero. Lo caricarono su cavalli e fu sepolto a Gerusalemme con i suoi padri nella Citt à di Davide. Tutto il popolo di Giuda prese Azaria che aveva sedici anni e lo fece re al posto di su o padre Amasia. Egli ricostruì Elat riannettendola a Giuda dopo che il re si era addormentato co n i suoi padri. Nell’anno quindicesimo di Amasia figlio di Ioas re di Giuda Geroboamo figlio di Ioa s re d’Israele divenne re a Samaria. Egli regnò quarantun anni. Egli fece ciò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò da nessuno dei peccati che Geroboamo figlio di Nebat aveva fatto commettere a Israele. Egli recuperò a Israele il territorio dall’ingresso di Camat fino al mare dell’
Araba secondo la parola del Signore Dio d’Israele pronunciata per mezzo del suo servo il profeta Giona figlio di Amittài di Gat-Chefer. Infatti il Signore aveva visto la miseria molto amara d’Israele: non c’era più né schiavo n é libero e Israele non aveva chi l’aiutasse. Il Signore che aveva deciso di non cancellare il nome d’Israele sotto il cielo li liberò per mezzo di Geroboamo figlio di Ioas. Le altre gesta di Geroboam o tutte le sue azioni e la potenza con cui combatté e con la quale recuperò a Israele Damasco e Camat non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Geroboamo si addorm entò con i suoi padri con i re d’Israele e al suo posto divenne re suo figlio Zaccaria. Nell’anno ve
ntisettesimo di Geroboamo re d’Israele divenne re Azaria figlio di Amasia re di Giuda. Quando di venne re aveva sedici anni; regnò a Gerusalemme cinquantadue anni. Sua madre era di Gerusal emme e si chiamava Iecolia. Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto Am asia suo padre. Ma non scomparvero le alture. Il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sull e alture. Il Signore colpì il re che divenne lebbroso fino al giorno della sua morte e abitò in una c asa d’isolamento. Iotam figlio del re era a capo della reggia e governava il popolo della terra. Le altre gesta di Azaria e tutte le sue azioni non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Azaria si addormentò con i suoi padri lo seppellirono con i suoi padri nella Città di Dav ide e al suo posto divenne re suo figlio Iotam. Nell’anno trentottesimo di Azaria re di Giuda Zacc aria figlio di Geroboamo divenne re su Israele a Samaria. Egli regnò sei mesi. Fece ciò che è mal e agli occhi del Signore come l’avevano fatto i suoi padri; non si allontanò dai peccati che Gerob oamo, figlio di Nebat aveva fatto commettere a Israele. Ma Sallum figlio di Iabes, congiurò contr o di lui lo colpì a Ibleàm lo fece morire e regnò al suo posto. Le altre gesta di Zaccaria sono descr itte nel libro delle Cronache dei re d’Israele. Questa è la parola del Signore che aveva rivolto a Ie u dicendo: «I tuoi figli siederanno sul trono d’Israele fino alla quarta generazione». E avvenne c osì. Sallum figlio di Iabes divenne re nell’anno trentanovesimo di Ozia re di Giuda; regnò un mes e a Samaria. Da Tirsa salì Menachèm figlio di Gadì, entrò a Samaria e colpì Sallum figlio di Iabes l o fece morire e divenne re al suo posto. Le altre gesta di Sallum e la congiura da lui organizzata sono descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele. Allora Menachèm colpì Tifsach tutto que llo che era in essa e il suo territorio a partire da Tirsa. Devastò tutto il suo territorio perché non gli avevano aperto le porte e sventrò tutte le donne incinte. Nell’anno trentanovesimo di Azaria re di Giuda Menachèm figlio di Gadì divenne re su Israele. Egli regnò dieci anni a Samaria. Fece c iò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebat, aveva fatto commettere a Israele in tutti i suoi giorni. Pul re d’Assiria invase il paese. Menachè m diede a Pul mille talenti d’argento perché l’aiutasse a consolidare nelle sue mani il potere reg ale. Per quel denaro Menachèm impose una tassa su Israele sulle persone facoltose per poterlo dare al re d’Assiria; da ognuno richiese cinquanta sicli. Così il re d’Assiria se ne andò e non rimas e là nel paese. Le altre gesta di Menachèm e tutte le sue azioni non sono forse descritte nel libr o delle Cronache dei re d’Israele? Menachèm si addormentò con i suoi padri e al suo posto dive nne re suo figlio Pekachia. Nell’anno cinquantesimo di Azaria re di Giuda Pekachia figlio di Mena chèm, divenne re su Israele a Samaria. Egli regnò due anni. Fece ciò che è male agli occhi del Sig nore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebat aveva fatto commettere a Isra ele. Contro di lui congiurò Pekach figlio di Romelia suo scudiero. Lo colpì a Samaria nel torrione della reggia insieme ad Argob e ad Ariè avendo con sé cinquanta uomini di Gàlaad; lo fece morir e e divenne re al suo posto. Le altre gesta di Pekachia e tutte le sue azioni sono descritte nel libr o delle Cronache dei re d’Israele. Nell’anno cinquantaduesimo di Azaria re di Giuda Pekach figlio di Romelia divenne re su Israele a Samaria. Egli regnò vent’anni. Fece ciò che è male agli occhi d el Signore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebat aveva fatto commettere
a Israele. Nei giorni di Pekach re d’Israele venne Tiglat-Pilèser re d’Assiria, che occupò Iion Abel-Bet-
Maacà Ianòach Kedes Asor il Gàlaad e la Galilea tutta la terra di Nèftali deportandone la popola zione in Assiria. Contro Pekach figlio di Romelia ordì una congiura Osea figlio di Ela che lo colpì e lo fece morire divenendo re al suo posto nell’anno ventesimo di Iotam figlio di Ozia. Le altre ge sta di Pekach e tutte le sue azioni sono descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele. Nell’an no secondo di Pekach figlio di Romelia re d’Israele divenne re Iotam, figlio di Ozia re di Giuda. Q
uando divenne re aveva venticinque anni; regnò sedici anni a Gerusalemme. Sua madre si chia mava Ierusà figlia di Sadoc. Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto Ozia suo padre. Ma non scomparvero le alture; il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alt ure. Egli costruì la porta superiore del tempio del Signore. Le altre gesta che compì Iotam non s ono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? In quei giorni il Signore cominciò a f ar avanzare contro Giuda Resin re di Aram e Pekach figlio di Romelia. Iotam si addormentò con i suoi padri fu sepolto con i suoi padri nella Città di Davide suo padre e al suo posto divenne re s uo figlio Acaz. Nell’anno diciassettesimo di Pekach figlio di Romelia divenne re Acaz figlio di Iota m re di Giuda. Quando Acaz divenne re aveva vent’anni; regnò sedici anni a Gerusalemme. Non fece ciò che è retto agli occhi del Signore suo Dio come Davide suo padre. Seguì la via dei re d’Is raele; fece perfino passare per il fuoco suo figlio, secondo gli abomini delle nazioni che il Signor e aveva scacciato davanti agli Israeliti. Sacrificava e bruciava incenso sulle alture sui colli e sotto ogni albero verde. Allora Resin re di Aram e Pekach figlio di Romelia re d’Israele salirono per co mbattere contro Gerusalemme; strinsero d’assedio Acaz ma non poterono attaccare battaglia. I n quel tempo Resin re di Aram recuperò Elat ad Aram ed espulse i Giudei da Elat; poi gli Edomiti entrarono in Elat e vi si sono stabiliti fino ad oggi. Acaz mandò messaggeri a Tiglat-Pilèser re d’Assiria per dirgli: «Io sono tuo servo e tuo figlio; sali e salvami dalla mano del re di A ram e dalla mano del re d’Israele che sono insorti contro di me». Acaz preso l’argento e l’oro ch e si trovava nel tempio del Signore e nei tesori della reggia lo mandò in dono al re d’Assiria. Il re d’Assiria lo ascoltò e salì a Damasco e la prese, ne deportò la popolazione a Kir e fece morire Re sin. Il re Acaz andò incontro a Tiglat-Pilèser re d’Assiria a Damasco e, visto l’altare che si trovava a Damasco il re Acaz mandò al sacer dote Uria il disegno dell’altare e il suo modello con tutta la sua lavorazione. Il sacerdote Uria cos truì l’altare conformemente a tutte le indicazioni che il re aveva inviato da Damasco; il sacerdot e Uria fece così prima che tornasse Acaz da Damasco. Arrivato da Damasco il re si avvicinò all’alt are e vi salì bruciò sull’altare il suo olocausto e la sua offerta versò la sua libagione e sparse il sa ngue dei sacrifici di comunione a lui spettanti. Spostò l’altare di bronzo che era di fronte al Sign ore dalla facciata del tempio dal luogo tra l’altare e il tempio del Signore e lo pose al fianco dell’
altare verso settentrione. Il re Acaz ordinò al sacerdote Uria: «Sull’altare grande brucerai l’oloca usto del mattino l’offerta della sera l’olocausto del re e la sua offerta l’olocausto di tutto il popo lo della terra la sua offerta e le sue libagioni; su di esso spargerai tutto il sangue degli olocausti
e tutto il sangue dei sacrifici. Dell’altare di bronzo mi occuperò io». Il sacerdote Uria fece quant o aveva ordinato il re Acaz. Il re Acaz tagliò a pezzi le traverse dei carrelli e tolse da esse i bacini.
Fece scendere il Mare dai buoi di bronzo che lo sostenevano e lo collocò sul pavimento di pietr e. A causa del re d’Assiria egli rimosse dal tempio del Signore il portico del sabato che era stato costruito nel tempio e l’ingresso esterno del re. Le altre gesta che compì Acaz non sono forse de scritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Acaz si addormentò con i suoi padri fu sepolto c on i suoi padri nella Città di Davide e al suo posto divenne re suo figlio Ezechia. Nell’anno dodice simo di Acaz re di Giuda Osea figlio di Ela divenne re su Israele a Samaria. Egli regnò nove anni.
Fece ciò che è male agli occhi del Signore ma non come i re d’Israele che l’avevano preceduto. C
ontro di lui mosse Salmanàssar re d’Assiria; Osea divenne suo vassallo e gli pagò un tributo. Ma poi il re d’Assiria scoprì una congiura di Osea; infatti questi aveva inviato messaggeri a So re d’E
gitto e non spediva più il tributo al re d’Assiria come ogni anno. Perciò il re d’Assiria lo arrestò e incatenato lo gettò in carcere. Il re d’Assiria invase tutta la terra salì a Samaria e l’assediò per tr e anni. Nell’anno nono di Osea il re d’Assiria occupò Samaria, deportò gli Israeliti in Assiria e li st abilì a Calach e presso il Cabor fiume di Gozan e nelle città della Media. Ciò avvenne perché gli I sraeliti avevano peccato contro il Signore loro Dio, che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto da lle mani del faraone re d’Egitto. Essi venerarono altri dèi seguirono le leggi delle nazioni che il Si gnore aveva scacciato davanti agli Israeliti e quelle introdotte dai re d’Israele. Gli Israeliti riversa rono contro il Signore loro Dio parole non giuste e si costruirono alture in ogni loro città dalla to rre di guardia alla città fortificata. Si eressero stele e pali sacri su ogni alto colle e sotto ogni albe ro verde. Ivi su ogni altura bruciarono incenso come le nazioni che il Signore aveva scacciato da vanti a loro; fecero azioni cattive irritando il Signore. Servirono gli idoli, dei quali il Signore avev a detto: «Non farete una cosa simile!». Eppure il Signore per mezzo di tutti i suoi profeti e dei v eggenti aveva ordinato a Israele e a Giuda: «Convertitevi dalle vostre vie malvagie e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo tutta la legge che io ho prescritto ai vostri padri e che ho trasmesso a voi per mezzo dei miei servi i profeti». Ma essi non ascoltarono anzi resero dura la l oro cervice come quella dei loro padri i quali non avevano creduto al Signore loro Dio. Rigettaro no le sue leggi e la sua alleanza che aveva concluso con i loro padri e le istruzioni che aveva dato loro; seguirono le vanità e diventarono vani seguirono le nazioni intorno a loro pur avendo il Si gnore proibito di agire come quelle. Abbandonarono tutti i comandi del Signore loro Dio; si eres sero i due vitelli in metallo fuso si fecero un palo sacro si prostrarono davanti a tutta la milizia c eleste e servirono Baal. Fecero passare i loro figli e le loro figlie per il fuoco praticarono la divina zione e trassero presagi; si vendettero per compiere ciò che è male agli occhi del Signore provoc andolo a sdegno. Il Signore si adirò molto contro Israele e lo allontanò dal suo volto e non rimas e che la sola tribù di Giuda. Neppure quelli di Giuda osservarono i comandi del Signore loro Dio ma seguirono le leggi d’Israele. Il Signore rigettò tutta la discendenza d’Israele; li umiliò e li cons egnò in mano a predoni finché non li scacciò dal suo volto. Quando aveva strappato Israele dall a casa di Davide avevano fatto re Geroboamo figlio di Nebat; poi Geroboamo aveva spinto Israe
le a staccarsi dal Signore e gli aveva fatto commettere un grande peccato. Gli Israeliti imitarono tutti i peccati che Geroboamo aveva commesso; non se ne allontanarono finché il Signore non a llontanò Israele dal suo volto come aveva detto per mezzo di tutti i suoi servi i profeti. Israele fu deportato dalla sua terra in Assiria fino ad oggi. Il re d’Assiria mandò gente da Babilonia da Cut a da Avva da Camat e da Sefarvàim e la stabilì nelle città della Samaria al posto degli Israeliti. E
quelli presero possesso della Samaria e si stabilirono nelle sue città. All’inizio del loro insediame nto non veneravano il Signore ed egli inviò contro di loro dei leoni che ne facevano strage. Allor a dissero al re d’Assiria: «Le popolazioni che tu hai trasferito e stabilito nelle città della Samaria non conoscono il culto del dio locale ed egli ha mandato contro di loro dei leoni i quali seminan o morte tra loro perché esse non conoscono il culto del dio locale». Il re d’Assiria ordinò: «Man date laggiù uno dei sacerdoti che avete deportato di là: vada vi si stabilisca e insegni il culto del dio locale». Venne uno dei sacerdoti deportati da Samaria che si stabilì a Betel e insegnava loro come venerare il Signore. Ogni popolazione si fece i suoi dèi e li mise nei templi delle alture cost ruite dai Samaritani ognuna nella città dove dimorava. Gli uomini di Babilonia si fecero Succot-Benòt gli uomini di Cuta si fecero Nergal gli uomini di Camat si fecero Asimà. Gli Avviti si fecero Nibcaz e Tartak; i Sefarvei bruciavano nel fuoco i propri figli in onore di Adrammèlec e di Anam mèlec divinità di Sefarvàim. Veneravano anche il Signore; si fecero sacerdoti per le alture scegli endoli tra di loro: prestavano servizio per loro nei templi delle alture. Veneravano il Signore e se rvivano i loro dèi secondo il culto delle nazioni dalle quali li avevano deportati. Fino ad oggi essi agiscono secondo i culti antichi: non venerano il Signore e non agiscono secondo le loro norme e il loro culto né secondo la legge e il comando che il Signore ha dato ai figli di Giacobbe a cui im pose il nome d’Israele. Il Signore aveva concluso con loro un’alleanza e aveva loro ordinato: «No n venerate altri dèi non prostratevi davanti a loro non serviteli e non sacrificate a loro, ma vene rate solo il Signore che vi ha fatto salire dalla terra d’Egitto con grande potenza e con braccio te so: a lui prostratevi e a lui sacrificate. Osservate le norme i precetti la legge e il comando che egl i ha scritto per voi mettendoli in pratica tutti i giorni; non venerate altri dèi. Non dimenticate l’a lleanza che ho concluso con voi e non venerate altri dèi ma venerate soltanto il Signore vostro D
io ed egli vi libererà dal potere di tutti i vostri nemici». Essi però non ascoltarono ma continuan o ad agire secondo il loro culto antico. Così quelle popolazioni veneravano il Signore e servivano i loro idoli e così pure i loro figli e i figli dei loro figli: come fecero i loro padri essi fanno ancora oggi. Nell’anno terzo di Osea figlio di Ela re d’Israele divenne re Ezechia figlio di Acaz re di Giuda
. Quando egli divenne re aveva venticinque anni; regnò ventinove anni a Gerusalemme. Sua ma dre si chiamava Abì figlia di Zaccaria. Fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatt o Davide suo padre. Egli eliminò le alture e frantumò le stele tagliò il palo sacro e fece a pezzi il serpente di bronzo che aveva fatto Mosè difatti fino a quel tempo gli Israeliti gli bruciavano ince nso e lo chiamavano Necustàn. Egli confidò nel Signore Dio d’Israele. Dopo non vi fu uno come l ui tra tutti i re di Giuda né tra quelli che ci furono prima. Aderì al Signore e non si staccò da lui; osservò i precetti che il Signore aveva dato a Mosè. Il Signore fu con lui ed egli riusciva in tutto q
uello che intraprendeva. Egli si ribellò al re d’Assiria e non lo servì. Sconfisse i Filistei fino a Gaza e ai suoi territori dalla torre di guardia alla città fortificata. Nell’anno quarto del re Ezechia cioè l’anno settimo di Osea figlio di Ela re d’Israele Salmanàssar re d’Assiria salì contro Samaria e l’as sediò. Dopo tre anni la prese; nell’anno sesto di Ezechia cioè l’anno nono di Osea re d’Israele Sa maria fu presa. Il re d’Assiria deportò gli Israeliti in Assiria li collocò a Calach e presso il Cabor fiu me di Gozan e nelle città della Media. Ciò accadde perché quelli non avevano ascoltato la voce del Signore loro Dio e avevano trasgredito la sua alleanza cioè tutto quello che egli aveva ordina to a Mosè servo del Signore: non l’avevano ascoltato e non l’avevano messo in pratica. Nell’ann o quattordicesimo del re Ezechia Sennàcherib re d’Assiria, salì contro tutte le città fortificate di Giuda e le prese. Ezechia re di Giuda mandò a dire al re d’Assiria a Lachis: «Ho peccato; allontàn ati da me e io accetterò quanto mi imporrai». Il re d’Assiria impose a Ezechia re di Giuda trecent o talenti d’argento e trenta talenti d’oro. Ezechia consegnò tutto il denaro che si trovava nel te mpio del Signore e nei tesori della reggia. In quel tempo Ezechia fece a pezzi i battenti del tempi o del Signore e gli stipiti che egli stesso re di Giuda aveva ricoperto con lamine e li diede al re d’
Assiria. Il re d’Assiria mandò da Lachis a Gerusalemme dal re Ezechia il tartan, il grande eunuco e il gran coppiere con una schiera numerosa. Costoro salirono e giunsero a Gerusalemme; saliro no arrivarono e si fermarono presso il canale della piscina superiore che è nella via del campo d el lavandaio. Essi chiamarono il re e gli andarono incontro Eliakìm figlio di Chelkia il maggiordo mo Sebna lo scriba e Iòach figlio di Asaf l’archivista. Il gran coppiere disse loro: «Riferite a Ezechi a: “Così dice il grande re il re d’Assiria: Che fiducia è quella nella quale confidi? Pensi forse che l a sola parola delle labbra sia di consiglio e di forza per la guerra? Ora in chi confidi per ribellarti a me? Ecco tu confidi su questo sostegno di canna spezzata che è l’Egitto che penetra nella man o forandola a chi vi si appoggia; tale è il faraone re d’Egitto per tutti coloro che confidano in lui.
Se mi dite: Noi confidiamo nel Signore nostro Dio non è forse quello stesso del quale Ezechia eli minò le alture e gli altari ordinando alla gente di Giuda e di Gerusalemme: Vi prostrerete solo d avanti a questo altare a Gerusalemme? Ora fa’ una scommessa col mio signore re d’Assiria; io ti darò duemila cavalli se potrai mettere tuoi cavalieri su di essi. Come potrai far voltare indietro u no solo dei più piccoli servi del mio signore? Ma tu confidi nell’Egitto per i carri e i cavalieri! Ora non è forse secondo il volere del Signore che io sono salito contro questo luogo per mandarlo in rovina? Il Signore mi ha detto: Sali contro questa terra e mandala in rovina”». Eliakìm figlio di C
helkia Sebna e Iòach risposero al gran coppiere: «Per favore parla ai tuoi servi in aramaico perc hé noi lo comprendiamo; ma non parlarci in giudaico: il popolo che è sulle mura ha orecchi per s entire». Il gran coppiere replicò: «Forse il mio signore mi ha inviato per pronunciare tali parole a l tuo signore e a te e non piuttosto agli uomini che stanno sulle mura ridotti a mangiare i loro es crementi e a bere la propria urina con voi?». Il gran coppiere allora si alzò in piedi e gridò a gran voce in giudaico; parlò e disse: «Udite la parola del grande re del re d’Assiria. Così dice il re: “N
on vi inganni Ezechia poiché non potrà liberarvi dalla mia mano. Ezechia non vi induca a confida re nel Signore dicendo: Certo il Signore ci libererà questa città non sarà consegnata in mano al r
e d’Assiria”. Non ascoltate Ezechia poiché così dice il re d’Assiria: “Fate la pace con me e arrend etevi. Allora ognuno potrà mangiare i frutti della propria vigna e del proprio fico e ognuno potrà bere l’acqua della sua cisterna fino a quando io verrò per condurvi in una terra come la vostra t erra di frumento e di mosto terra di pane e di vigne terra di ulivi e di miele; così voi vivrete e no n morirete. Non ascoltate Ezechia che vi inganna dicendo: Il Signore ci libererà! Forse gli dèi dell e nazioni sono riusciti a liberare ognuno la propria terra dalla mano del re d’Assiria? Dove sono gli dèi di Camat e di Arpad? Dove gli dèi di Sefarvàim di Ena e di Ivva? Hanno forse liberato Sam aria dalla mia mano? Quali mai fra tutti gli dèi di quelle regioni hanno liberato la loro terra dalla mia mano perché il Signore possa liberare Gerusalemme dalla mia mano?”». Quelli tacquero e n on gli risposero nulla perché l’ordine del re era: «Non rispondetegli». Eliakìm figlio di Chelkia il maggiordomo Sebna lo scriba e Iòach figlio di Asaf l’archivista si presentarono a Ezechia con le v esti stracciate e gli riferirono le parole del gran coppiere. Quando udì il re Ezechia si stracciò le v esti si ricoprì di sacco e andò nel tempio del Signore. Quindi mandò Eliakìm il maggiordomo Seb na lo scriba e gli anziani dei sacerdoti ricoperti di sacco dal profeta Isaia figlio di Amoz, perché gl i dicessero: «Così dice Ezechia: “Giorno di angoscia di castigo e di disonore è questo poiché i bi mbi stanno per nascere ma non c’è forza per partorire. Forse il Signore tuo Dio udrà tutte le par ole del gran coppiere che il re d’Assiria suo signore ha inviato per insultare il Dio vivente e lo cas tigherà per le parole che il Signore tuo Dio avrà udito. Innalza ora una preghiera per quel resto c he ancora rimane”». Così i ministri del re Ezechia andarono da Isaia. Disse loro Isaia: «Riferite al vostro signore: “Così dice il Signore: Non temere per le parole che hai udito e con le quali i minis tri del re d’Assiria mi hanno ingiuriato. Ecco io infonderò in lui uno spirito tale che egli appena u drà una notizia ritornerà nella sua terra e nella sua terra io lo farò cadere di spada”». Il gran cop piere ritornò ma trovò il re d’Assiria che combatteva contro Libna; infatti aveva udito che si era allontanato da Lachis avendo avuto riguardo a Tiraka, re d’Etiopia questa notizia: «Ecco è uscito per combattere contro di te». Allora il re d’Assiria inviò di nuovo messaggeri a Ezechia dicendo:
«Così direte a Ezechia re di Giuda: “Non ti illuda il tuo Dio in cui confidi dicendo: Gerusalemme non sarà consegnata in mano al re d’Assiria. Ecco, tu sai quanto hanno fatto i re d’Assiria a tutti i territori votandoli allo sterminio. Soltanto tu ti salveresti? Gli dèi delle nazioni che i miei padri hanno devastato hanno forse salvato quelli di Gozan di Carran di Resef e i figli di Eden che eran o a Telassàr? Dove sono il re di Camat e il re di Arpad e il re della città di Sefarvàim di Ena e di Iv va?”». Ezechia prese la lettera dalla mano dei messaggeri e la lesse poi salì al tempio del Signor e l’aprì davanti al Signore e pregò davanti al Signore: «Signore Dio d’Israele che siedi sui cherubi ni tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto il cielo e la terra. Porgi Signore il tuo ore cchio e ascolta; apri Signore i tuoi occhi e guarda. Ascolta tutte le parole che Sennàcherib ha ma ndato a dire per insultare il Dio vivente. è vero Signore i re d’Assiria hanno devastato le nazioni e la loro terra, hanno gettato i loro dèi nel fuoco; quelli però non erano dèi ma solo opera di ma ni d’uomo legno e pietra: perciò li hanno distrutti. Ma ora, Signore nostro Dio salvaci dalla sua mano perché sappiano tutti i regni della terra che tu solo o Signore sei Dio». Allora Isaia figlio di
Amoz mandò a dire a Ezechia: «Così dice il Signore Dio d’Israele: “Ho udito quanto hai chiesto n ella tua preghiera riguardo a Sennàcherib re d’Assiria. Questa è la sentenza che il Signore ha pro nunciato contro di lui: Ti disprezza ti deride la vergine figlia di Sion. Dietro a te scuote il capo la f iglia di Gerusalemme. Chi hai insultato e ingiuriato? Contro chi hai alzato la voce e hai levato in alto i tuoi occhi? Contro il Santo d’Israele! Per mezzo dei tuoi messaggeri hai insultato il mio Sig nore e hai detto: Alla guida dei miei carri sono salito in cima ai monti, sugli estremi gioghi del Li bano: ne ho reciso i cedri più alti, i suoi cipressi migliori, sono penetrato nel suo angolo più rem oto, nella sua foresta lussureggiante. Io ho scavato e bevuto acque straniere, ho fatto inaridire c on la pianta dei miei piedi tutti i fiumi d’Egitto. Non l’hai forse udito? Da tempo ho preparato qu esto, da giorni remoti io l’ho progettato; ora lo eseguo. E sarai tu a ridurre in mucchi di rovine le città fortificate. I loro abitanti stremati di forza, erano atterriti e confusi, erano erba del campo, foglie verdi d’erbetta, erba di tetti grano riarso prima di diventare messe. Ti sieda esca o rientri, io lo so. Poiché il tuo infuriarti contro di me e il tuo fare arrogante è salito ai miei orecchi, porrò il mio anello alle tue narici e il mio morso alle tue labbra; ti farò tornare per la strada, per la qu ale sei venuto”. Questo sarà per te il segno: mangiate quest’anno il frutto dei semi caduti, nel se condo anno ciò che nasce da sé, nel terzo anno seminate e mietete, piantate vigne e mangiaten e il frutto. Il residuo superstite della casa di Giuda continuerà a mettere radici in basso e a frutti ficare in alto. Poiché da Gerusalemme uscirà un resto, dal monte Sion un residuo. Lo zelo del Sig nore farà questo. Perciò così dice il Signore riguardo al re d’Assiria: “Non entrerà in questa città né vi lancerà una freccia, non l’affronterà con scudi e contro essa non costruirà terrapieno. Rito rnerà per la strada per cui è venuto; non entrerà in questa città. Oracolo del Signore. Protegger ò questa città per salvarla, per amore di me e di Davide mio servo”». Ora in quella notte l’angel o del Signore uscì e colpì nell’accampamento degli Assiri centoottantacinquemila uomini. Quan do i superstiti si alzarono al mattino, ecco erano tutti cadaveri senza vita. Sennàcherib re d’Assir ia levò le tende partì e fece ritorno a Ninive dove rimase. Mentre si prostrava nel tempio di Nisr oc suo dio i suoi figli Adrammèlec e Sarèser lo colpirono di spada mettendosi quindi al sicuro nel la terra di Araràt. Al suo posto divenne re suo figlio Assarhàddon. In quei giorni Ezechia si amma lò mortalmente. Il profeta Isaia figlio di Amoz si recò da lui e gli disse: «Così dice il Signore: “Da’
disposizioni per la tua casa perché tu morirai e non vivrai”». Ezechia allora voltò la faccia verso l a parete e pregò il Signore dicendo: «Signore ricòrdati che ho camminato davanti a te con fedelt à e con cuore integro e ho compiuto ciò che è buono ai tuoi occhi». Ed Ezechia fece un gran pia nto. Prima che Isaia uscisse dal cortile centrale la parola del Signore fu rivolta a lui dicendo: «To rna indietro e riferisci a Ezechia principe del mio popolo: “Così dice il Signore Dio di Davide tuo padre: Ho udito la tua preghiera e ho visto le tue lacrime; ecco io ti guarirò: fra tre giorni salirai al tempio del Signore. Aggiungerò ai tuoi giorni quindici anni. Libererò te e questa città dalla ma no del re d’Assiria; proteggerò questa città per amore di me e di Davide mio servo”». Isaia disse
: «Andate a prendere un impiastro di fichi». Andarono a prenderlo lo posero sull’ulcera e il re gu arì. Ezechia disse a Isaia: «Qual è il segno che il Signore mi guarirà e che fra tre giorni salirò al te
mpio del Signore?». Isaia rispose: «Da parte del Signore questo ti sia come segno che il Signore manterrà questa promessa che ti ha fatto: vuoi che l’ombra avanzi di dieci gradi oppure che retr oceda di dieci gradi?». Ezechia disse: «è facile per l’ombra allungarsi di dieci gradi. Non così! L’o mbra deve tornare indietro di dieci gradi». Il profeta Isaia invocò il Signore che fece tornare indi etro di dieci gradi l’ombra sulla meridiana che era già scesa sull’orologio di Acaz. In quel tempo Merodac-Baladàn figlio di Baladàn re di Babilonia mandò lettere e un dono a Ezechia perché aveva sentit o che Ezechia era stato malato. Ezechia ne fu molto lieto e mostrò agli inviati tutto il tesoro l’arg ento e l’oro gli aromi e l’olio prezioso il suo arsenale e quanto si trovava nei suoi magazzini; non ci fu nulla che Ezechia non mostrasse loro nella reggia e in tutto il suo regno. Allora il profeta Is aia si presentò al re Ezechia e gli domandò: «Che cosa hanno detto quegli uomini e da dove son o venuti a te?». Ezechia rispose: «Sono venuti da una regione lontana da Babilonia». Quegli sog giunse: «Che cosa hanno visto nella tua reggia?». Ezechia rispose: «Hanno visto quanto si trova nella mia reggia; non c’è nulla nei miei magazzini che io non abbia mostrato loro». Allora Isaia di sse a Ezechia: «Ascolta la parola del Signore: “Ecco verranno giorni nei quali tutto ciò che si trov a nella tua reggia e ciò che hanno accumulato i tuoi padri fino ad oggi verrà portato a Babilonia; non resterà nulla dice il Signore. Prenderanno i figli che da te saranno usciti e che tu avrai gener ato, per farne eunuchi nella reggia di Babilonia”». Ezechia disse a Isaia: «Buona è la parola del Si gnore che mi hai riferita». Egli pensava: «Perché no? Almeno vi saranno pace e stabilità nei miei giorni». Le altre gesta di Ezechia tutta la sua potenza la costruzione della piscina e del canale pe r introdurre l’acqua nella città non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda?
Ezechia si addormentò con i suoi padri e al suo posto divenne re suo figlio Manasse. Quando div enne re Manasse aveva dodici anni; regnò cinquantacinque anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Chefsiba. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, secondo gli abomini delle nazioni che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti. Costruì di nuovo le alture che suo padre Ezec hia aveva demolito eresse altari a Baal, fece un palo sacro come l’aveva fatto Acab re d’Israele.
Si prostrò davanti a tutto l’esercito del cielo e lo servì. Costruì altari nel tempio del Signore, rigu ardo al quale il Signore aveva detto: «A Gerusalemme porrò il mio nome». Eresse altari a tutto l’
esercito del cielo nei due cortili del tempio del Signore. Fece passare suo figlio per il fuoco si affi dò a vaticini e presagi istituì negromanti e indovini. Compì in molte maniere ciò che è male agli occhi del Signore, provocando il suo sdegno. Collocò l’immagine di Asera che aveva fatto scolpir e, nel tempio riguardo al quale il Signore aveva detto a Davide e a Salomone suo figlio: «In ques to tempio e a Gerusalemme che ho scelto fra tutte le tribù d’Israele porrò il mio nome per semp re. Non permetterò più che il piede degli Israeliti erri lontano dal suolo che io ho dato ai loro pa dri purché si impegnino a osservare tutto quello che ho comandato loro secondo tutta la legge c he ha prescritto loro il mio servo Mosè». Ma essi non ascoltarono. Manasse li spinse a fare pegg io delle nazioni che il Signore aveva estirpato davanti agli Israeliti. Allora il Signore parlò per me zzo dei suoi servi i profeti dicendo: «Poiché Manasse re di Giuda ha compiuto tali abomini peggi
ori di tutti quelli commessi dagli Amorrei prima di lui e ha indotto a peccare anche Giuda per m ezzo dei suoi idoli, per questo dice il Signore Dio d’Israele: “Ecco io mando su Gerusalemme e su Giuda una sventura tale che risuonerà negli orecchi di chiunque l’udrà. Stenderò su Gerusalem me la cordicella di Samaria e il piombino della casa di Acab; asciugherò Gerusalemme come si a sciuga la scodella che una volta asciugata si rovescia sottosopra. Rigetterò il resto della mia ere dità li consegnerò in mano ai loro nemici e diventeranno preda e bottino di tutti i loro nemici pe rché hanno fatto ciò che è male ai miei occhi e mi hanno provocato a sdegno dal giorno in cui i l oro padri uscirono dall’Egitto fino ad oggi”». Manasse versò anche sangue innocente in grande quantità fino a riempirne Gerusalemme da un’estremità all’altra senza contare i peccati che ave va fatto commettere a Giuda facendo ciò che è male agli occhi del Signore. Le altre gesta di Ma nasse tutte le sue azioni e i peccati commessi non sono forse descritti nel libro delle Cronache d ei re di Giuda? Manasse si addormentò con i suoi padri fu sepolto nel giardino della sua casa nel giardino di Uzzà e al suo posto divenne re suo figlio Amon. Quando divenne re Amon aveva ven tidue anni; regnò due anni a Gerusalemme. Sua madre, di Iotba si chiamava Mesullèmet figlia di Carus. Fece ciò che è male agli occhi del Signore come Manasse suo padre. Seguì in tutto la via su cui aveva camminato suo padre e servì gli idoli che suo padre aveva servito e si prostrò dava nti ad essi. Abbandonò il Signore Dio dei suoi padri e non seguì la via del Signore. Gli ufficiali di Amon congiurarono contro di lui e l’uccisero nel suo palazzo. Ma il popolo della terra colpì quan ti avevano congiurato contro il re Amon e proclamò re al suo posto suo figlio Giosia. Le altre ges ta che compì Amon non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Lo seppelli rono nel suo sepolcro nel giardino di Uzzà e al suo posto divenne re suo figlio Giosia. Quando di venne re Giosia aveva otto anni; regnò trentun anni a Gerusalemme. Sua madre, di Boskat si chi amava Iedidà figlia di Adaià. Fece ciò che è retto agli occhi del Signore seguendo in tutto la via d i Davide suo padre senza deviare né a destra né a sinistra. Nell’anno diciottesimo del re Giosia il re mandò Safan figlio di Asalia figlio di Mesullàm scriba nel tempio del Signore dicendo: «Sali da Chelkia il sommo sacerdote perché metta assieme il denaro depositato nel tempio del Signore c he i custodi della soglia hanno raccolto dal popolo. Lo si dia in mano agli esecutori dei lavori sov rintendenti al tempio del Signore; costoro lo diano agli esecutori dei lavori che sono nel tempio del Signore per riparare le parti danneggiate del tempio ossia ai falegnami ai costruttori e ai mu ratori per l’acquisto di legname e pietre da taglio per riparare il tempio. Tuttavia non si controlli il denaro consegnato nelle loro mani perché lavorano con onestà». Il sommo sacerdote Chelkia disse allo scriba Safan: «Ho trovato nel tempio del Signore il libro della legge». Chelkia diede il li bro a Safan che lo lesse. Lo scriba Safan quindi andò dal re e lo informò dicendo: «I tuoi servitori hanno versato il denaro trovato nel tempio e l’hanno consegnato in mano agli esecutori dei lav ori sovrintendenti al tempio del Signore». Poi lo scriba Safan annunciò al re: «Il sacerdote Chelki a mi ha dato un libro». Safan lo lesse davanti al re. Udite le parole del libro della legge il re si str acciò le vesti. Il re comandò al sacerdote Chelkia ad Achikàm figlio di Safan ad Acbor, figlio di Mi chea allo scriba Safan e ad Asaià ministro del re: «Andate, consultate il Signore per me per il po
polo e per tutto Giuda riguardo alle parole di questo libro ora trovato; grande infatti è la collera del Signore che si è accesa contro di noi perché i nostri padri non hanno ascoltato le parole di q uesto libro mettendo in pratica quanto è stato scritto per noi». Il sacerdote Chelkia insieme con Achikàm Acbor Safan e Asaià si recò dalla profetessa Culda moglie di Sallum figlio di Tikva figlio di Carcas custode delle vesti la quale abitava nel secondo quartiere di Gerusalemme; essi parlar ono con lei ed ella rispose loro: «Così dice il Signore Dio d’Israele: “Riferite all’uomo che vi ha in viati da me: Così dice il Signore: Ecco io farò venire una sciagura su questo luogo e sui suoi abita nti conformemente a tutte le parole del libro che ha letto il re di Giuda, perché hanno abbando nato me e hanno bruciato incenso ad altri dèi per provocarmi a sdegno con tutte le opere delle l oro mani; la mia collera si accenderà contro questo luogo e non si spegnerà!”. Al re di Giuda che vi ha inviati a consultare il Signore, riferirete questo: “Così dice il Signore Dio d’Israele: Quanto alle parole che hai udito, poiché il tuo cuore si è intenerito e ti sei umiliato davanti al Signore, all
’udire quanto ho proferito contro questo luogo e contro i suoi abitanti per farne motivo di orror e e di maledizione e ti sei stracciato le vesti e hai pianto davanti a me anch’io ho ascoltato oraco lo del Signore! Per questo ecco io ti riunirò ai tuoi padri e sarai loro riunito nel tuo sepolcro in p ace e i tuoi occhi non vedranno tutta la sciagura che io farò venire su questo luogo”». Quelli rife rirono il messaggio al re. Il re mandò a radunare presso di sé tutti gli anziani di Giuda e di Gerus alemme. Il re salì al tempio del Signore; erano con lui tutti gli uomini di Giuda tutti gli abitanti di Gerusalemme i sacerdoti i profeti e tutto il popolo dal più piccolo al più grande. Lesse alla loro presenza tutte le parole del libro dell’alleanza trovato nel tempio del Signore. Il re in piedi press o la colonna concluse l’alleanza davanti al Signore per seguire il Signore e osservare i suoi coma ndi le istruzioni e le leggi con tutto il cuore e con tutta l’anima per attuare le parole dell’alleanza scritte in quel libro. Tutto il popolo aderì all’alleanza. Il re comandò al sommo sacerdote Chelki a ai sacerdoti del secondo ordine e ai custodi della soglia di portare fuori dal tempio del Signore tutti gli oggetti fatti in onore di Baal di Asera e di tutto l’esercito del cielo; li bruciò fuori di Geru salemme nei campi del Cedron e ne portò la cenere a Betel. Destituì i sacerdoti creati dai re di G
iuda per offrire incenso sulle alture delle città di Giuda e dei dintorni di Gerusalemme e quanti o ffrivano incenso a Baal al sole e alla luna ai segni dello zodiaco e a tutto l’esercito del cielo. Fece portare il palo sacro dal tempio del Signore fuori di Gerusalemme al torrente Cedron; lo bruciò nel torrente Cedron, lo ridusse in polvere e gettò la polvere sul sepolcro dei figli del popolo. De molì le case dei prostituti sacri che erano nel tempio del Signore e nelle quali le donne tessevan o tende per Asera. Fece venire tutti i sacerdoti dalle città di Giuda, rese impure le alture dove i s acerdoti offrivano incenso da Gheba a Bersabea; demolì l’altura dei satiri che era all’ingresso de lla porta di Giosuè governatore della città a sinistra di chi entra per la porta della città. I sacerdo ti delle alture non salivano più all’altare del Signore a Gerusalemme; tuttavia potevano mangiar e pani azzimi in mezzo ai loro fratelli. Giosia rese impuro il Tofet che si trovava nella valle di Ben

Innòm perché nessuno vi facesse passare il proprio figlio o la propria figlia per il fuoco in onore
di Moloc. Rimosse i cavalli che i re di Giuda avevano posto in onore del sole all’ingresso del tem pio del Signore presso la stanza del cortigiano Netan-Mèlec che era accanto alla loggia e diede alle fiamme i carri del sole. Demolì gli altari sulla terra zza della stanza superiore di Acaz eretti dai re di Giuda e gli altari eretti da Manasse nei due cort ili del tempio del Signore; il re li frantumò e ne gettò in fretta la polvere nel torrente Cedron. Il r e rese impure le alture che erano di fronte a Gerusalemme a destra del monte della Perdizione erette da Salomone re d’Israele in onore di Astarte obbrobrio di quelli di Sidone in onore di Cam os obbrobrio dei Moabiti e in onore di Milcom abominio degli Ammoniti. Fece a pezzi le stele e t agliò i pali sacri riempiendone il posto con ossa umane. Quanto all’altare di Betel e all’altura ere tta da Geroboamo figlio di Nebat che aveva fatto commettere peccati a Israele lo demolì insiem e con l’altura e bruciò l’altura; triturò ridusse in polvere e bruciò il palo sacro. Giosia si voltò e vi de i sepolcri che erano là sul monte; egli mandò a prendere le ossa dai sepolcri e le bruciò sull’al tare rendendolo impuro secondo la parola del Signore che aveva proclamato l’uomo di Dio qua ndo Geroboamo durante la festa stava presso l’altare. Quindi si voltò alzato lo sguardo verso il s epolcro dell’uomo di Dio che aveva proclamato queste cose Giosia domandò: «Che cos’è quel ci ppo che io vedo?». Gli uomini della città gli dissero: «è il sepolcro dell’uomo di Dio che partito d a Giuda proclamò queste cose che hai fatto riguardo all’altare di Betel». Egli disse: «Lasciatelo ri posare; nessuno rimuova le sue ossa». Così preservarono le sue ossa insieme con le ossa del pro feta venuto dalla Samaria. Giosia eliminò anche tutti i templi delle alture costruiti dai re d’Israel e nelle città della Samaria provocando a sdegno il Signore. Fece a loro riguardo quello che aveva fatto a Betel. Immolò sugli altari tutti i sacerdoti delle alture del luogo; su di essi bruciò ossa u mane. Quindi ritornò a Gerusalemme. Il re ordinò a tutto il popolo: «Celebrate la Pasqua in ono re del Signore, vostro Dio come è scritto nel libro di questa alleanza». Difatti una Pasqua simile a questa non era mai stata celebrata dal tempo dei giudici che governarono Israele ossia per tut to il periodo dei re d’Israele e dei re di Giuda. Soltanto nell’anno diciottesimo del re Giosia ques ta Pasqua fu celebrata in onore del Signore a Gerusalemme. Giosia fece poi scomparire anche i negromanti gli indovini i terafìm gli idoli e tutti gli obbrobri che erano comparsi nella terra di Gi uda e a Gerusalemme per mettere in pratica le parole della legge scritte nel libro trovato dal sac erdote Chelkia nel tempio del Signore. Prima di lui non era esistito un re che come lui si fosse co nvertito al Signore con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima e con tutta la sua forza second o tutta la legge di Mosè dopo di lui non sorse uno come lui. Tuttavia il Signore non si ritirò dall’a rdore della sua grande ira che si era accesa contro Giuda a causa di tutte le prevaricazioni con c ui Manasse l’aveva provocato. Perciò il Signore disse: «Anche Giuda allontanerò dalla mia prese nza, come ho allontanato Israele; respingerò questa città Gerusalemme che avevo scelto e il te mpio di cui avevo detto: “Lì sarà il mio nome”». Le altre gesta di Giosia e tutte le sue azioni non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Nei suoi giorni il faraone Necao re d’Egitto marciò per raggiungere il re d’Assiria sul fiume Eufrate. Il re Giosia gli andò incontro ma Necao lo uccise presso Meghiddo appena lo vide. I suoi ufficiali posero su un carro il morto per
portarlo da Meghiddo a Gerusalemme e lo seppellirono nel suo sepolcro. Il popolo della terra pr ese Ioacàz figlio di Giosia lo unse e lo proclamò re al posto di suo padre. Quando divenne re Ioa càz aveva ventitré anni; regnò tre mesi a Gerusalemme. Sua madre era di Libna e si chiamava C
amutàl figlia di Geremia. Fece ciò che è male agli occhi del Signore come avevano fatto i suoi pa dri. Il faraone Necao lo fece prigioniero a Ribla nel paese di Camat perché non regnasse a Gerus alemme; alla terra egli impose un tributo di cento talenti d’argento e di un talento d’oro. Il fara one Necao nominò re Eliakìm figlio di Giosia al posto di Giosia suo padre cambiandogli il nome i n Ioiakìm. Quindi prese Ioacàz. Questi andò in Egitto ove morì. Ioiakìm consegnò l’argento e l’or o al faraone in quanto aveva tassato la terra per consegnare il denaro secondo la disposizione d el faraone. Con una tassa individuale proporzionata ai beni egli riscosse l’argento e l’oro dal pop olo della terra per consegnarlo al faraone Necao. Quando divenne re Ioiakìm aveva venticinque anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Sua madre era di Ruma e si chiamava Zebidà figlia di Pe daià. Fece ciò che è male agli occhi del Signore come avevano fatto i suoi padri. Nei suoi giorni Nabucodònosor re di Babilonia salì contro di lui e Ioiakìm gli fu sottomesso per tre anni poi di n uovo si ribellò contro di lui. Il Signore mandò contro di lui bande armate di Caldei di Aramei di Moabiti e di Ammoniti; le mandò in Giuda per annientarlo secondo la parola che il Signore avev a pronunciato per mezzo dei suoi servi i profeti. Ciò avvenne in Giuda solo per ordine del Signor e per allontanarlo dal suo volto a causa dei peccati di Manasse per tutto quel che aveva fatto e anche a causa del sangue innocente che aveva versato; infatti aveva riempito di sangue innocen te Gerusalemme. Il Signore non volle usare indulgenza. Le altre gesta di Ioiakìm e tutte le sue az ioni non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Ioiakìm si addormentò co n i suoi padri e al suo posto divenne re suo figlio Ioiachìn. Il re d’Egitto non uscì più dalla sua ter ra perché il re di Babilonia dal torrente d’Egitto sino al fiume Eufrate aveva conquistato tutto qu ello che era appartenuto al re d’Egitto. Quando divenne re Ioiachìn aveva diciotto anni; regnò tr e mesi a Gerusalemme. Sua madre era di Gerusalemme e si chiamava Necustà figlia di Elnatàn.
Fece ciò che è male agli occhi del Signore come aveva fatto suo padre. In quel tempo gli ufficiali di Nabucodònosor re di Babilonia salirono a Gerusalemme e la città fu assediata. Nabucodònos or re di Babilonia giunse presso la città mentre i suoi ufficiali l’assediavano. Ioiachìn re di Giuda, uscì incontro al re di Babilonia con sua madre i suoi ministri i suoi comandanti e i suoi cortigiani; il re di Babilonia lo fece prigioniero nell’anno ottavo del suo regno. Asportò di là tutti i tesori de l tempio del Signore e i tesori della reggia; fece a pezzi tutti gli oggetti d’oro che Salomone re d’I sraele aveva fatto nel tempio del Signore come aveva detto il Signore. Deportò tutta Gerusalem me cioè tutti i comandanti tutti i combattenti in numero di diecimila esuli tutti i falegnami e i fa bbri; non rimase che la gente povera della terra. Deportò a Babilonia Ioiachìn; inoltre portò in e silio da Gerusalemme a Babilonia la madre del re le mogli del re i suoi cortigiani e i nobili del pa ese. Inoltre tutti gli uomini di valore in numero di settemila i falegnami e i fabbri in numero di m ille e tutti gli uomini validi alla guerra il re di Babilonia li condusse in esilio a Babilonia. Il re di Ba bilonia nominò re al posto di Ioiachìn Mattania suo zio cambiandogli il nome in Sedecìa. Quand
o divenne re Sedecìa aveva ventun anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Sua madre era di Lib na e si chiamava Camutàl figlia di Geremia. Fece ciò che è male agli occhi del Signore come avev a fatto Ioiakìm. Ma a causa dell’ira del Signore a Gerusalemme e in Giuda le cose arrivarono a ta l punto che il Signore li scacciò dalla sua presenza. Sedecìa si ribellò al re di Babilonia. Nell’anno nono del suo regno nel decimo mese il dieci del mese Nabucodònosor, re di Babilonia con tutto il suo esercito arrivò a Gerusalemme si accampò contro di essa e vi costruirono intorno opere d’
assedio. La città rimase assediata fino all’undicesimo anno del re Sedecìa. Al quarto mese il nov e del mese quando la fame dominava la città e non c’era più pane per il popolo della terra fu ap erta una breccia nella città. Allora tutti i soldati fuggirono di notte per la via della porta tra le du e mura presso il giardino del re e mentre i Caldei erano intorno alla città presero la via dell’Arab a. I soldati dei Caldei inseguirono il re e lo raggiunsero nelle steppe di Gerico mentre tutto il suo esercito si disperse allontanandosi da lui. Presero il re e lo condussero dal re di Babilonia a Ribl a; si pronunciò la sentenza su di lui. I figli di Sedecìa furono ammazzati davanti ai suoi occhi; Na bucodònosor fece cavare gli occhi a Sedecìa lo fece mettere in catene e lo condusse a Babilonia.
Il settimo giorno del quinto mese –
era l’anno diciannovesimo del re Nabucodònosor re di Babilonia –
Nabuzaradàn capo delle guardie ufficiale del re di Babilonia entrò in Gerusalemme. Egli incendi ò il tempio del Signore e la reggia e tutte le case di Gerusalemme; diede alle fiamme anche tutt e le case dei nobili. Tutto l’esercito dei Caldei che era con il capo delle guardie demolì le mura in torno a Gerusalemme. Nabuzaradàn capo delle guardie deportò il resto del popolo che era rima sto in città i disertori che erano passati al re di Babilonia e il resto della moltitudine. Il capo delle guardie lasciò parte dei poveri della terra come vignaioli e come agricoltori. I Caldei fecero a pe zzi le colonne di bronzo che erano nel tempio del Signore i carrelli e il Mare di bronzo che erano nel tempio del Signore e ne portarono il bronzo a Babilonia. Essi presero anche i recipienti le pa lette i coltelli le coppe e tutti gli oggetti di bronzo che servivano al culto. Il capo delle guardie pr ese anche i bracieri e i vasi per l’aspersione quanto era d’oro e d’argento. Quanto alle due colon ne, all’unico Mare e ai carrelli che aveva fatto Salomone per il tempio del Signore non si poteva calcolare quale fosse il peso del bronzo di tutti questi oggetti. L’altezza di una colonna era di dici otto cubiti il capitello sopra di essa era di bronzo e l’altezza del capitello era di cinque cubiti; tut to intorno al capitello c’erano un reticolo e melagrane e il tutto era di bronzo. Così pure era l’alt ra colonna. Il capo delle guardie fece prigioniero Seraià sacerdote capo e Sofonia sacerdote del secondo ordine insieme ai tre custodi della soglia. Dalla città egli fece prigionieri un cortigiano c he era a capo dei soldati cinque uomini fra gli intimi del re i quali furono trovati nella città lo scri ba del comandante dell’esercito che arruolava il popolo della terra e sessanta uomini del popol o della terra trovati nella città. Nabuzaradàn capo delle guardie li prese e li condusse al re di Ba bilonia a Ribla. Il re di Babilonia li colpì e li fece morire a Ribla nel paese di Camat. Così fu deport ato Giuda dalla sua terra. Quanto al popolo rimasto nella terra di Giuda lasciatovi da Nabucodò nosor re di Babilonia gli fu posto a capo Godolia figlio di Achikàm figlio di Safan. Quando tutti i c
api delle bande armate e i loro uomini udirono che il re di Babilonia aveva messo a capo Godolia
, vennero da Godolia a Mispa. Essi erano: Ismaele figlio di Netania Giovanni figlio di Karèach, Se raià figlio di Tancù met il Netofatita e Iaazania figlio del Maacatita insieme con i loro uomini. Go dolia giurò a loro e ai loro uomini e disse loro: «Non temete gli ufficiali dei Caldei; rimanete nell a terra e servite il re di Babilonia e vi troverete bene». Nel settimo mese venne Ismaele figlio di Netania figlio di Elisamà di stirpe regale con dieci uomini; costoro colpirono a morte Godolia e a nche i Giudei e i Caldei che erano con lui a Mispa. Tutto il popolo dal più piccolo al più grande e i comandanti dei soldati si levarono per andare in Egitto perché avevano paura dei Caldei. Ora n ell’anno trentasettesimo della deportazione di Ioiachìn re di Giuda nel dodicesimo mese il venti sette del mese Evil-Merodàc re di Babilonia nell’anno in cui divenne re, fece grazia a Ioiachìn re di Giuda e lo liberò dalla prigione. Gli parlò con benevolenza e pose il suo trono al di sopra del trono dei re che si tr ovavano con lui a Babilonia. Gli cambiò le vesti da prigioniero e Ioiachìn prese sempre cibo alla presenza di lui per tutti i giorni della sua vita. Dal re gli venne fornito il sostentamento abituale ogni giorno per tutto il tempo della sua vita. Adamo Set Enos Kenan Maalalèl Iered Enoc Matusa lemme Lamec, Noè Sem Cam e Iafet. Figli di Iafet: Gomer Magòg Madai Iavan Tubal Mesec e Tir as. Figli di Gomer: Aschenàz Rifat e Togarmà. Figli di Iavan: Elisà, Tarsis i Chittìm e quelli di Rodi.
Figli di Cam: Etiopia Egitto Put e Canaan. Figli di Etiopia: Seba Avìla Sabta, Raamà e Sabtecà. Figli di Raamà: Saba e Dedan. Etiopia generò Nimrod: costui cominciò a essere potente sulla terra. E
gitto generò quelli di Lud Anam Laab Naftuch Patros Casluch e Caftor da dove uscirono i Filistei.
Canaan generò Sidone suo primogenito e Chet e il Gebuseo l’Amorreo il Gergeseo l’Eveo l’Arche o il Sineo, l’Arvadita il Semareo e il Camateo. Figli di Sem: Elam Assur Arpacsàd Lud e Aram. Figli di Aram: Us Ul Gheter e Mesec. Arpacsàd generò Selach e Selach generò Eber. A Eber nacquero due figli: uno si chiamò Peleg perché ai suoi tempi si divise la terra e il fratello si chiamò Ioktan.
Ioktan generò Almodàd Selef Asarmàvet Ierach, Adoràm Uzal Dikla Ebal Abimaèl Saba Ofir Avìla e Iobab. Tutti questi furono i figli di Ioktan. Sem Arpacsàd Selach Eber Peleg Reu Serug Nacor T
erach, Abram cioè Abramo. Figli di Abramo: Isacco e Ismaele. Ecco la loro discendenza: Primoge nito di Ismaele fu Nebaiòt; altri suoi figli: Kedar Adbeèl Mibsam Misma, Duma Massa Adad Tem a Ietur Nafis e Kedma; questi furono i figli di Ismaele. Figli di Keturà concubina di Abramo: essa partorì Zimran Ioksan Medan Madian, Isbak e Suach. Figli di Ioksan: Saba e Dedan. Figli di Madia n: Efa Efer Enoc Abidà ed Eldaà tutti questi furono i figli di Keturà. Abramo generò Isacco. Figli di Isacco: Esaù e Israele. Figli di Esaù: Elifaz Reuèl Ieus Ialam e Core. Figli di Elifaz: Teman Omar Sef ì, Gatam Kenaz Timna e Amalèk. Figli di Reuèl: Nacat Zerach Sammà e Mizzà. Figli di Seir: Lotan Sobal Sibeon Anà Dison Eser e Disan. Figli di Lotan: Orì e Omam. Sorella di Lotan: Timna. Figli di Sobal: Alvan Manàcat Ebal Sefì e Onam. Figli di Sibeon: Aià e Anà. Figli di Anà: Dison. Figli di Diso n: Camran Esban Itran e Cheran. Figli di Eser: Bilan Zaavan Iaakan. Figli di Dison: Us e Aran. Ques ti sono i re che regnarono nel territorio di Edom prima che regnasse un re sugli Israeliti: Bela figl io di Beor e la sua città si chiamava Dinaba. Bela morì e al suo posto regnò Iobab figlio di Zerach
da Bosra. Iobab morì e al suo posto regnò Cusam, del territorio dei Temaniti. Cusam morì e al su o posto regnò Adad figlio di Bedad, colui che vinse i Madianiti nelle steppe di Moab; la sua città si chiamava Avìt. Adad morì e al suo posto regnò Samla da Masrekà. Samla morì e al suo posto r egnò Saul da Recobòt-Naar. Saul morì e al suo posto regnò Baal-Canan, figlio di Acbor. Baal-Canan figlio di Acbor morì e al suo posto regnò Adad: la sua città si chiama Pau e la moglie si chi amava Meetabèl figlia di Matred figlia di Me-Zaab. Adad morì e ci furono allora in Edom dei capi: il capo di Timna il capo di Alva il capo di Iet et il capo di Oolibamà il capo di Ela il capo di Pinon il capo di Kenaz, il capo di Teman il capo di Mibsar il capo di Magdièl il capo di Iram. Questi furono i capi di Edom. Questi sono i figli d’Israel e: Ruben Simeone Levi Giuda ìssacar Zàbulon, Dan Giuseppe Beniamino Nèftali Gad e Aser. Figli di Giuda: Er Onan Sela; i tre gli nacquero dalla figlia di Sua la Cananea. Ma Er primogenito di Giu da si rese odioso agli occhi del Signore che perciò lo fece morire. Tamar sua nuora, gli partorì Pe res e Zerach. Totale dei figli di Giuda: cinque. Figli di Peres: Chesron e Camul. Figli di Zerach: Zim rì Etan Eman Calcol e Darda; in tutto: cinque. Figli di Carmì: Acar che provocò una disgrazia in Isr aele con la trasgressione dello sterminio. Figli di Etan: Azaria. Figli che nacquero a Chesron: Iera cmeèl Ram e Chelubài. Ram generò Amminadàb; Amminadàb generò Nacson capo dei figli di Gi uda. Nacson generò Salma; Salma generò Booz. Booz generò Obed; Obed generò Iesse. Iesse ge nerò Eliàb il primogenito Abinadàb secondo, Simeà terzo Netanèl quarto Raddài quinto Osem s esto, Davide settimo. Loro sorelle furono: Seruià e Abigàil. Figli di Seruià furono Abisài Ioab e As aèl: tre. Abigàil partorì Amasà il cui padre fu Ieter l’Ismaelita. Caleb figlio di Chesron dalla mogli e Azubà ebbe Ieriòt. Questi sono i figli di lei: Ieser Sobab e Ardon. Morta Azubà Caleb prese in m oglie Efrat che gli partorì Cur. Cur generò Urì Urì generò Besalèl. In seguito Chesron si unì alla fig lia di Machir padre di Gàlaad; egli la sposò a sessant’anni ed essa gli partorì Segub. Segub gener ò Iair cui appartennero ventitré città nella regione di Gàlaad. Ghesur e Aram presero loro i villag gi di Iair con Kenat e le dipendenze: sessanta città. Tutti questi furono figli di Machir padre di Gà laad. Dopo la morte di Chesron Caleb si unì a èfrata moglie di suo padre Chesron la quale gli par torì Ascur padre di Tekòa. I figli di Ieracmeèl primogenito di Chesron furono Ram il primogenito Buna Oren Osem, Achia. Ieracmeèl ebbe una seconda moglie che si chiamava Atarà e fu madre di Onam. I figli di Ram primogenito di Ieracmeèl furono Maas Iamin ed Eker. I figli di Onam furo no Sammài e Iada. Figli di Sammài: Nadab e Abisù r. La moglie di Abisù r si chiamava Abiàil e gli partorì Acban e Molid. Figli di Nadab furono Seled e Appàim. Seled morì senza figli. Figli di Appài m: Isèi; figli di Isèi: Sesan; figli di Sesan: Aclài. Figli di Iada fratello di Sammài: Ieter e Giònata. Iet er morì senza figli. Figli di Giònata: Pelet e Zaza. Questi furono i discendenti di Ieracmeèl. Sesan non ebbe figli ma solo figlie; egli aveva uno schiavo egiziano chiamato Iarca. Sesan diede in mog lie allo schiavo Iarca una figlia che gli partorì Attài. Attài generò Natan; Natan generò Zabad; Za bad generò Eflal; Eflal generò Obed; Obed generò Ieu; Ieu generò Azaria; Azaria generò Cheles; Cheles generò Elasà Elasà generò Sismài; Sismài generò Sallum; Sallum generò Iekamia; Iekamia generò Elisamà. Figli di Caleb fratello di Ieracmeèl furono Mesa suo primogenito che fu padre d
i Zif; il figlio di Maresà fu padre di Ebron. Figli di Ebron: Core Tappù ach Rekem e Sema. Sema ge nerò Racam padre di Iorkoàm; Rekem generò Sammài. Figlio di Sammài: Maon che fu padre di B
et-
Sur. Efa concubina di Caleb partorì Carran Mosa e Gazez; Carran generò Gazez. Figli di Iadài: Reg hem Iotam Ghesan Pelet Efa e Saaf. Maacà concubina di Caleb partorì Seber e Tircanà partorì a nche Saaf padre di Madmannà e Seva padre di Macbenà e padre di Gàbaa. Figlia di Caleb fu Acs a. Questi furono i figli di Caleb. Figli di Cur primogenito di èfrata: Sobal padre di Kiriat-Iearìm Salma padre di Betlemme Caref padre di Bet-Gader. I figli di Sobal padre di Kiriat-Iearìm furono Reaià la metà dei Manactei e le famiglie di Kiriat-Iearìm: gli Itrei i Putei, i Sumatei e i Misraei. Da costoro derivarono i Soreatiti e gli Estaoliti. Figli di Salma: Betlemme i Netofatiti Atròt-Bet-Ioab e la metà dei Manactei i Soriti e le famiglie degli scribi che abitavano a Iabes: i Tiratei i Sim atei e i Sucatei. Questi sono i Keniti discendenti da Cammat padre della casa di Recab. Questi fu rono i figli che nacquero a Davide a Ebron: il primogenito Amnon nato da Achinòam di Izreèl; il s econdo Daniele nato da Abigàil di Carmel; il terzo Assalonne figlio di Maacà figlia di Talmài re di Ghesur; il quarto Adonia figlio di Agghìt; il quinto Sefatia nato da Abitàl; il sesto Itreàm nato da s ua moglie Egla. Sei gli nacquero a Ebron dove egli regnò sette anni e sei mesi mentre regnò tren tatré anni a Gerusalemme. I seguenti gli nacquero a Gerusalemme: Simeà Sobab Natan e Salom one ossia quattro figli natigli da Betsabea figlia di Ammièl; inoltre Ibcar Elisamà, Elifèlet Noga Ne feg Iafìa Elisamà Eliadà ed Elifèlet ossia nove figli. Tutti costoro furono figli di Davide senza cont are i figli delle sue concubine. Tamar era loro sorella. Figli di Salomone: Roboamo di cui fu figlio Abia di cui fu figlio Asa di cui fu figlio Giòsafat di cui fu figlio Ioram di cui fu figlio Acazia di cui fu figlio Ioas, di cui fu figlio Amazia di cui fu figlio Azaria di cui fu figlio Iotam di cui fu figlio Acaz di cui fu figlio Ezechia di cui fu figlio Manasse di cui fu figlio Amon di cui fu figlio Giosia. Figli di Gios ia: il primogenito Giovanni il secondo Ioiakìm il terzo Sedecìa il quarto Sallum. Figli di Ioiakìm: Ie conìa di cui fu figlio Sedecìa. Figli di Ieconìa il prigioniero: Sealtièl Malchiràm, Pedaià Senassàr Ie kamia Osamà e Nedabia. Figli di Pedaià: Zorobabele e Simei. Figli di Zorobabele: Mesullàm e An ania e Selomìt loro sorella. Figli di Mesullàm: Casubà Oel Berechia Casadia Iusab-Chèsed: cinque figli. Figli di Anania: Pelatia di cui fu figlio Isaia di cui fu figlio Refaià di cui fu figli o Arnan di cui fu figlio Abdia di cui fu figlio Secania. Figli di Secania: Semaià Cattus Igal Barìach, Nearia e Safat: sei. Figli di Nearia: Elioenài Ezechia e Azrikàm: tre. Figli di Elioenài: Odavia Eliasìb Pelaià Akkub Giovanni Delaià e Anàni: sette. Figli di Giuda: Peres Chesron Carmì Cur e Sobal. Re aià figlio di Sobal, generò Iacat; Iacat generò Acumài e Laad. Queste sono le famiglie dei Soreatit i. Questi sono i discendenti del padre di Etam: Izreèl Isma e Idbas; la loro sorella si chiamava Asl elponì. Penuèl fu padre di Ghedor; Ezer fu padre di Cusa. Questi sono i figli di Cur il primogenito di èfrata padre di Betlemme. Ascur padre di Tekòa aveva due mogli Chelea e Naarà. Naarà gli pa rtorì Acuzzàm Chefer il Temanita e l’Acastarita; questi erano i figli di Naarà. Figli di Chelea: Seret Socar Etnan e Kos. Kos generò Anub Assobebà e le famiglie di Acarchèl figlio di Arum. Iabes fu p
iù onorato dei suoi fratelli; sua madre l’aveva chiamato Iabes poiché diceva: «Io l’ho partorito c on dolore». Iabes invocò il Dio d’Israele dicendo: «Se tu mi benedicessi e allargassi i miei confini e la tua mano fosse con me e mi tenessi lontano dal male in modo che non debba soffrire!». Di o gli concesse quanto aveva chiesto. Chelub fratello di Suca generò Mechir che fu padre di Esto n. Eston generò Bet-Rafa Paseach e Techinnà padre di Ir-Nacas. Questi sono gli uomini di Reca. Figli di Kenaz: Otnièl e Seraià figli di Otnièl: Catat e Meon otài. Meonotài generò Ofra; Seraià generò Ioab padre degli abitanti della valle degli Artigiani po iché erano artigiani. Figli di Caleb figlio di Iefunnè: Ir, Ela e Naam. Figli di Ela: Kenaz. Figli di Iealle lèl: Zif Zifa Tirià e Asarèl. Figli di Esdra: Ieter Mered Efer e Ialon. Essa concepì Miriam Sammài e I sbach padre di Estemòa. Sua moglie la Giudea generò Iered padre di Ghedor Cheber padre di So co e Iekutièl padre di Zanòach. Questi sono i figli di Bitià figlia del faraone che Mered aveva pres a in moglie. Figli della moglie di Odia sorella di Nacam padre di Keila il Garmita e di Estemòa il M
aacatita. Figli di Simone: Ammon Rinna Ben-Canan e Tilon. Figli di Isì: Zochet e Ben-Zochet. Figli di Sela figlio di Giuda: Er padre di Leca Lada padre di Maresà e le famiglie dei lavora tori del bisso a Bet-Asbèa Iokim la gente di Cozebà Ioas e Saraf che dominarono in Moab e poi tornarono a Betlem me. Ma si tratta di fatti antichi. Erano vasai e abitavano a Netaìm e a Ghederà abitavano là con i l re al suo servizio. Figli di Simeone: Nemuèl Iamin Iarib Zerach Saul di cui fu figlio Sallum, di cui f u figlio Mibsam di cui fu figlio Misma. Figli di Misma: Cammuèl di cui fu figlio Zaccur di cui fu figli o Simei. Simei ebbe sedici figli e sei figlie ma i suoi fratelli non ebbero molti figli: tutte le loro fa miglie non si moltiplicarono come quelle dei discendenti di Giuda. Si stabilirono a Bersabea a M
oladà a Casar-Sual a Bila a Esem a Tolad a Betuèl a Corma a Siklag a Bet-Marcabòt a Casar-Susìm a Bet-
Birì e a Saaràim. Queste furono le loro città fino al regno di Davide. Loro villaggi erano Etam Ain Rimmon Tochen e Asan: cinque città e tutti i villaggi che erano intorno a queste città fino a Baal.
Questa era la loro sede e questi i loro nomi nei registri genealogici. Mesobàb Iamlec Iosa figlio di Amasia Gioele Ieu figlio di Iosibia figlio di Seraià figlio di Asièl Elioenài Iaakòba Iesocaià, Asaià Adièl Iesimièl Benaià Ziza figlio di Sifì figlio di Allon figlio di Iedaià figlio di Simrì figlio di Semaià: questi elencati per nome erano capi nelle loro famiglie; i loro casati si estesero molto. Andarono verso l’ingresso di Ghedor fino a oriente della valle in cerca di pascoli per le loro greggi. Trovaro no pascoli pingui e buoni; la regione era estesa tranquilla e quieta poiché prima vi abitavano i di scendenti di Cam. Ma gli uomini di cui sono stati elencati i nomi al tempo di Ezechia re di Giuda assalirono e sbaragliarono le loro tende e i Meuniti che si trovavano là li votarono allo sterminio che è durato fino ad oggi e ne occuparono il posto poiché era ricco di pascoli per le greggi. Alcu ni di loro fra i discendenti di Simeone andarono sulle montagne di Seir: cinquecento uomini, gui dati da Pelatia Nearia Refaià e Uzzièl figli di Isì. Eliminarono i superstiti degli Amaleciti e si stabili rono là fino ad oggi. Figli di Ruben primogenito d’Israele. Egli era il primogenito ma poiché avev a profanato il letto del padre la primogenitura fu assegnata ai figli di Giuseppe figlio d’Israele. M

a questa primogenitura non fu registrata. Giuda infatti prevalse sui fratelli e un suo discendente divenne capo; tuttavia la primogenitura appartiene a Giuseppe. Figli di Ruben primogenito d’Isr aele: Enoc Pallu Chesron e Carmì. Figli di Gioele: Semaià di cui fu figlio Gog di cui fu figlio Simei d i cui fu figlio Mica di cui fu figlio Reaià di cui fu figlio Baal di cui fu figlio Beerà che fu deportato n ella deportazione di Tiglat-Pilèser re d’Assiria; egli era il capo dei Rubeniti. Suoi fratelli secondo le loro famiglie come sono iscritti nelle genealogie furono: il primo Ieièl quindi Zaccaria e Bela figlio di Azaz figlio di Sema fi glio di Gioele che dimorava ad Aroèr e si estendeva fino al Nebo e a Baal-Meon. A oriente raggiungevano il limite del deserto che va dal fiume Eufrate in qua perché le lo ro greggi erano numerose nel territorio di Gàlaad. Al tempo di Saul mossero guerra agli Agareni; caduti questi nelle loro mani essi si stabilirono nelle loro tende su tutta la parte orientale di Gàl aad. I figli di Gad di fronte a loro dimoravano nella regione di Basan fino a Salca. Gioele il primo Safam secondo quindi Ianài e Safat in Basan. Loro fratelli, secondo i loro casati furono Michele Mesullàm Seba Iorài Iacan Zia ed Eber: sette. Costoro erano figli di Abicàil figlio di Curì figlio di I aròach figlio di Gàlaad figlio di Michele figlio di Iesisài figlio di Iacdo figlio di Buz. Achì figlio di Ab dièl figlio di Gunì era il capo del loro casato. Dimoravano in Gàlaad e in Basan e nelle loro dipen denze e in tutti i pascoli di Saron fino ai loro estremi confini. Tutti costoro furono registrati negli elenchi genealogici di Iotam re di Giuda e al tempo di Geroboamo re d’Israele. I figli di Ruben i Gaditi e metà della tribù di Manasse gente valorosa armata di scudo e di spada tiratori di arco e d esperti della guerra potevano uscire in campo in numero di quarantaquattromilasettecentose ssanta. Essi attaccarono gli Agareni Ietur Nafis e Nodab. Erano stati soccorsi contro costoro perc hé durante l’assalto si erano rivolti a Dio, che li aiutò per la loro fiducia in lui e così gli Agareni e tutti i loro alleati furono consegnati nelle loro mani. Essi razziarono il bestiame degli Agareni: ci nquantamila cammelli, duecentocinquantamila pecore duemila asini e centomila persone poich é numerosi furono i feriti a morte dato che la guerra era voluta da Dio. I vincitori si stabilirono n ei territori dei vinti fino alla deportazione. I figli di metà della tribù di Manasse abitavano nella r egione che si estende da Basan a Baal-Ermon a Senir e al monte Ermon; essi erano numerosi. Questi sono i capi dei loro casati: Efer Isì Elièl Azrièl Geremia Odavia e Iacdièl uomini valorosi e famosi capi dei loro casati. Ma furono inf edeli al Dio dei loro padri prostituendosi agli dèi delle popolazioni della terra che Dio aveva distr utte davanti a loro. Il Dio d’Israele eccitò lo spirito di Pul re d’Assiria cioè lo spirito di Tiglat-Pilèser re d’Assiria che deportò i Rubeniti i Gaditi e metà della tribù di Manasse; li condusse a C
helach e presso il Cabor ad Ara e al fiume di Gozan ove rimangono ancora oggi. Figli di Levi: Ghe rson Keat e Merarì. Figli di Keat: Amram Isar Ebron e Uzzièl. Figli di Amram: Aronne Mosè e Mar ia. Figli di Aronne: Nadab Abiu, Eleàzaro e Itamàr. Eleàzaro generò Fineès; Fineès generò Abisù a; Abisù a generò Bukkì Bukkì generò Uzzì Uzzì generò Zerachia; Zerachia generò Meraiòt; Merai òt generò Amaria; Amaria generò Achitù b; Achitù b generò Sadoc; Sadoc generò Achimàas; Ach imàas generò Azaria; Azaria generò Giovanni; Giovanni generò Azaria che fu sacerdote nel temp
io costruito da Salomone a Gerusalemme. Azaria generò Amaria; Amaria generò Achitù b; Achit ù b generò Sadoc; Sadoc generò Sallum; Sallum generò Chelkia; Chelkia generò Azaria; Azaria ge nerò Seraià Seraià generò Iosadàk. Iosadàk partì quando il Signore per mezzo di Nabucodònosor fece deportare Giuda e Gerusalemme. Figli di Levi: Ghersom Keat e Merarì. Questi sono i nomi dei figli di Ghersom: Libnì e Simei. Figli di Keat: Amram Isar Ebron e Uzzièl. Figli di Merarì: Maclì e Musì. Queste sono le famiglie di Levi secondo i loro casati. Ghersom ebbe per figlio Libnì di cui fu figlio Iacat di cui fu figlio Zimmà, di cui fu figlio Iòach di cui fu figlio Iddo di cui fu figlio Zerach di cui fu figlio Ieotrài. Figli di Keat: Amminadàb di cui fu figlio Core di cui fu figlio Assir di cui fu fi glio Elkanà di cui fu figlio Abiasàf di cui fu figlio Assir di cui fu figlio Tacat di cui fu figlio Urièl di c ui fu figlio Ozia di cui fu figlio Saul. Figli di Elkanà: Amasài e Achimòt di cui fu figlio Elkanà di cui f u figlio Sufài di cui fu figlio Nacat di cui fu figlio Eliàb di cui fu figlio Ierocàm di cui fu figlio Elkanà
. Figli di Samuele: Gioele primogenito e Abia secondo. Figli di Merarì: Maclì di cui fu figlio Libnì d i cui fu figlio Simei di cui fu figlio Uzzà di cui fu figlio Simeà di cui fu figlio Agghia di cui fu figlio As aià. Ecco coloro ai quali Davide affidò la direzione del canto nel tempio del Signore dopo che vi ebbe sede l’arca. Essi esercitarono l’ufficio di cantori davanti alla Dimora della tenda del conveg no finché Salomone non costruì il tempio del Signore a Gerusalemme. Nel servizio si attenevano alla regola fissata per loro. Questi furono gli incaricati e questi i loro figli. Tra i Keatiti: Eman il c antore figlio di Gioele figlio di Samuele figlio di Elkanà figlio di Ierocàm figlio di Elièl figlio di Tòac h figlio di Suf figlio di Elkanà figlio di Macat, figlio di Amasài figlio di Elkanà figlio di Gioele figlio di Azaria figlio di Sofonia figlio di Tacat figlio di Assir figlio di Abiasàf figlio di Core, figlio di Isar fi glio di Keat figlio di Levi figlio d’Israele. Suo fratello era Asaf che stava alla sua destra: Asaf figlio di Berechia figlio di Simeà, figlio di Michele figlio di Baasea figlio di Malchia figlio di Etnì figlio di Zerach figlio di Adaià figlio di Etan figlio di Zimmà figlio di Simei, figlio di Iacat figlio di Ghersom f iglio di Levi. I figli di Merarì loro fratelli che stavano alla sinistra erano Etan figlio di Kisì figlio di A bdì figlio di Malluc figlio di Casabia figlio di Amasia figlio di Chelkia figlio di Amsì figlio di Banì figl io di Semer figlio di Maclì figlio di Musì figlio di Merarì figlio di Levi. I loro fratelli leviti erano add etti a ogni servizio della Dimora nel tempio di Dio. Aronne e i suoi figli bruciavano le offerte sull’
altare dell’olocausto e sull’altare dell’incenso curavano tutto il servizio nel Santo dei Santi e co mpivano il rito espiatorio per Israele secondo quanto aveva comandato Mosè servo di Dio. Que sti sono i figli di Aronne: Eleàzaro di cui fu figlio Fineès di cui fu figlio Abisù a di cui fu figlio Bukkì di cui fu figlio Uzzì di cui fu figlio Zerachia di cui fu figlio Meraiòt di cui fu figlio Amaria di cui fu f iglio Achitù b, di cui fu figlio Sadoc di cui fu figlio Achimàas. Queste sono le loro residenze secon do i loro attendamenti nei rispettivi territori. Ai figli di Aronne della famiglia dei Keatiti che furo no sorteggiati per primi fu assegnata Ebron nel territorio di Giuda con i suoi pascoli vicini ma i te rreni della città e i suoi villaggi furono assegnati a Caleb figlio di Iefunnè. Ai figli di Aronne furon o assegnate come città di asilo Ebron Libna con i suoi pascoli Iattir Estemòa con i suoi pascoli, C
hilez con i suoi pascoli Debir con i suoi pascoli Asan con i suoi pascoli Bet-Semes con i suoi pascoli e nella tribù di Beniamino Gheba con i suoi pascoli Alèmet con i suoi pa
scoli Anatòt con i suoi pascoli. Totale: tredici città con i loro pascoli. Agli altri figli di Keat second o le loro famiglie furono assegnate in sorte dieci città prese dalla tribù di èfraim dalla tribù di Da n e dalla metà della tribù di Manasse. Ai figli di Ghersom secondo le loro famiglie furono assegn ate tredici città prese dalla tribù di ìssacar dalla tribù di Aser dalla tribù di Nèftali e dalla tribù di Manasse in Basan. Ai figli di Merarì secondo le loro famiglie furono assegnate in sorte dodici citt à prese dalla tribù di Ruben dalla tribù di Gad e dalla tribù di Zàbulon. Gli Israeliti assegnarono a i leviti queste città con i loro pascoli. Queste città prese dalle tribù dei figli di Giuda dei figli di Si meone e dei figli di Beniamino le assegnarono in sorte dando loro il relativo nome. Alle famiglie dei figli di Keat furono assegnate in sorte città appartenenti alla tribù di èfraim. Assegnarono lor o come città di asilo Sichem con i suoi pascoli sulle montagne di èfraim Ghezer con i suoi pascoli Iokmeàm con i suoi pascoli Bet-Oron con i suoi pascoli àialon con i suoi pascoli Gat-Rimmon con i suoi pascoli e dalla metà della tribù di Manasse Aner con i suoi pascoli Bileàm con i suoi pascoli. Queste città erano per la famiglia degli altri figli di Keat. Ai figli di Ghersom secon do le loro famiglie assegnarono in sorte dalla metà della tribù di Manasse: Golan in Basan con i suoi pascoli e Astaròt con i suoi pascoli; dalla tribù di ìssacar: Kedes con i suoi pascoli Daberàt c on i suoi pascoli, Ramot con i suoi pascoli e Anem con i suoi pascoli; dalla tribù di Aser: Masal co n i suoi pascoli Abdon con i suoi pascoli Cukok con i suoi pascoli e Recob con i suoi pascoli; dalla tribù di Nèftali: Kedes di Galilea con i suoi pascoli Cammon con i suoi pascoli e Kiriatàim con i su oi pascoli. Agli altri figli di Merarì dalla tribù di Zàbulon furono assegnate: Rimmon con i suoi pas coli e Tabor con i suoi pascoli; oltre il Giordano di Gerico a oriente del Giordano, dalla tribù di R
uben: Beser nel deserto con i suoi pascoli Iaas con i suoi pascoli, Kedemòt con i suoi pascoli Mef àat con i suoi pascoli; dalla tribù di Gad: Ramot in Gàlaad con i suoi pascoli Macanàim con i suoi pascoli Chesbon con i suoi pascoli e Iazer con i suoi pascoli. Figli di ìssacar: Tola Pua Iasub Simro n: quattro. Figli di Tola: Uzzì, Refaià Ierièl Iacmài Ibsam Samuele capi dei casati di Tola uomini va lorosi nelle loro genealogie; al tempo di Davide il loro numero era di ventiduemilaseicento. Figli di Uzzì: Izrachia. Figli di Izrachia: Michele Abdia Gioele Issia: in tutto cinque capi. Suddivisi secon do le loro genealogie e i loro casati avevano trentaseimila uomini nelle loro schiere armate per l a guerra, poiché abbondavano di mogli e di figli. I loro fratelli appartenenti a tutte le famiglie di ìssacar uomini valorosi secondo il loro censimento erano ottantasettemila in tutto. Figli di Benia mino: Bela Becher e Iedaèl tre. Figli di Bela: Esbon Uzzì, Uzzièl Ierimòt Irì cinque capi dei loro cas ati uomini valorosi; secondo il loro censimento erano ventiduemilatrentaquattro. Figli di Becher
: Zemirà Ioas Elièzer, Elioenài Omri Ieremòt Abia Anatòt e Alèmet; tutti costoro erano figli di Bec her. Il loro censimento eseguito secondo le loro genealogie in base ai capi dei loro casati, indicò ventimiladuecento uomini valorosi. Figli di Iediaèl: Bilan. Figli di Bilan: Ieus Beniamino Eud Chen aanà Zetan Tarsis e Achisacàr. Tutti questi erano figli di Iediaèl capi dei loro casati uomini valoro si in numero di diciassettemiladuecento pronti per una spedizione militare e per combattere. Su ppìm e Cuppìm figli di Ir; Cusìm figlio di Acher. Figli di Nèftali: Iacasièl Gunì Ieser e Sallum figli di Bila. Figli di Manasse: Asrièl partorito dalla concubina aramea che partorì anche Machir, padre d
i Gàlaad. Machir prese una moglie per Cuppìm e Suppìm; sua sorella si chiamava Maacà. Il seco ndo figlio si chiamava Selofcàd; Selofcàd aveva solo figlie. Maacà moglie di Machir partorì un fig lio che chiamò Peres mentre suo fratello si chiamava Seres; suoi figli erano Ulam e Rekem. Figlio di Ulam: Bedan. Questi furono i figli di Gàlaad figlio di Machir figlio di Manasse. La sua sorella A mmolèket partorì Isod Abièzer e Macla. Figli di Semidà furono Achiàn Sichem, Lichì e Aniàm. Figl i di èfraim: Sutèlach di cui fu figlio Bered di cui fu figlio Tacat di cui fu figlio Eladà di cui fu figlio T
acat di cui fu figlio Zabad di cui furono figli Sutèlach Ezer ed Elad uccisi dagli uomini di Gat indig eni della regione perché erano scesi a razziarne il bestiame. Il loro padre èfraim li pianse per mo lti giorni e i suoi fratelli vennero per consolarlo. Quindi si unì alla moglie che rimase incinta e pa rtorì un figlio che il padre chiamò Berià perché nato con la sventura in casa. Figlia di èfraim fu Se erà la quale edificò Bet-Oron inferiore e superiore e Uzzen-Seerà. Suo figlio fu anche Refach di cui fu figlio Resef di cui fu figlio Telach di cui fu figlio Tacan, di cui fu figlio Ladan di cui fu figlio Ammiù d di cui fu figlio Elisamà, di cui fu figlio Nun di cui fu fi glio Giosuè. Loro proprietà e loro residenza furono Betel con le sue dipendenze a oriente Naarà n a occidente Ghezer con le sue dipendenze, Sichem con le sue dipendenze fino ad Aià con le su e dipendenze. Appartenevano ai figli di Manasse: Bet-Sean con le sue dipendenze Taanac con le sue dipendenze Meghiddo con le sue dipendenze Dor con le sue dipendenze. In queste località abitavano i figli di Giuseppe figlio d’Israele. Figli di Ase r: Imna Isva Isvì Berià e la loro sorella Serach. Figli di Berià: Cheber e Malchièl padre di Birzàit. C
heber generò Iaflet Semer, Cotam e Suà loro sorella. Figli di Iaflet: Pasac Bimal e Asvat; questi fu rono i figli di Iaflet. Figli di Semer suo fratello: Roga Cubba e Aram. Figli di Chelem suo fratello: S
ofach Imna Seles e Amal. Figli di Sofach: Suach Carnefer Sual Berì Imra, Beser Od Sammà Silsa It ran e Beerà. Figli di Ieter: Iefunnè, Pispa e Ara. Figli di Ullà: Arach Cannièl e Risià. Tutti costoro f urono figli di Aser capi di casato uomini scelti e valorosi capi tra i prìncipi. Nel loro censimento, eseguito in base alla capacità militare risultò il numero ventiseimila. Beniamino generò Bela suo primogenito Asbel secondo Achiràm terzo Noca quarto e Rafa quinto. Bela ebbe come figli Add ar Ghera padre di Ecud Abisù a, Naamàn Acòach Ghera Sepufàn e Curam. Questi furono i figli di Ecud che erano capi di casato fra gli abitanti di Gheba e che furono deportati a Manàcat: Naamà n Achia e Ghera che li deportò e generò Uzzà e Achicù d. Sacaràim ebbe figli nel territorio di Mo ab dopo aver ripudiato le mogli Cusìm e Baarà. Da Codes sua moglie generò Iobab Sibìa Mesa M
alcam, Ieus Sachìa e Mirma. Questi furono i suoi figli capi di casato. Da Cusìm generò Abitù b ed Elpàal. Figli di Elpàal: Eber Misam e Semed che costruì Ono e Lod con le sue dipendenze. Berià e Sema che furono capi di casato fra gli abitanti di àialon misero in fuga gli abitanti di Gat. Loro fr atelli: Sasak e Ieremòt. Zebadia Arad Eder Michele Ispa e Ioca erano figli di Berià. Zebadia Mesul làm Chizkì Cheber Ismerài Izlia e Iobab erano figli di Elpàal. Iakim Zikrì Zabdì Elienài, Silletài Elièl Adaià Beraià e Simrat erano figli di Simei. Ispan Eber Elièl Abdon Zikrì Canan Anania Elam, Antoti a Ifdia e Penuèl erano figli di Sasak. Samserài Secaria Atalia, Iaaresia Elia e Zikrì erano figli di Iero càm. Questi erano capi di casato secondo le loro genealogie; essi abitavano a Gerusalemme. A
Gàbaon abitava il padre di Gàbaon la cui moglie si chiamava Maacà. Suo figlio primogenito era Abdon poi Sur Kis Baal Ner Nadab Ghedor Achio Zeker e Miklòt. Miklòt generò Simeà. Anche co storo come già i loro fratelli abitavano a Gerusalemme assieme a loro. Ner generò Kis; Kis gener ò Saul; Saul generò Giònata Malchisù a Abinadàb e Is-Baal. Figlio di Giònata fu Merib-Baal; Merib-
Baal generò Mica. Figli di Mica: Piton Melec Tarea e Acaz. Acaz generò Ioaddà Ioaddà generò Al èmet Azmàvet e Zimrì Zimrì generò Mosa. Mosa generò Bineà di cui fu figlio Rafa di cui fu figlio Elasà di cui fu figlio Asel. Asel ebbe sei figli che si chiamavano Azrikàm Bocru Ismaele Searia Abd ia e Canan; tutti questi erano figli di Asel. Figli di Esek suo fratello: Ulam suo primogenito Ieus se condo Elifèlet terzo. I figli di Ulam erano uomini valorosi e tiratori di arco. Ebbero numerosi figli e nipoti: centocinquanta. Tutti questi erano discendenti di Beniamino. Tutti gli Israeliti furono re gistrati per genealogie e iscritti nel libro dei re d’Israele e di Giuda; per le loro colpe furono dep ortati a Babilonia. I primi abitanti che si erano ristabiliti nelle loro proprietà nelle loro città eran o Israeliti sacerdoti leviti e oblati. A Gerusalemme abitavano figli di Giuda di Beniamino di èfrai m e di Manasse. Utài figlio di Ammiù d figlio di Omri figlio di Imrì figlio di Banì dei figli di Peres fi glio di Giuda. Tra i Siloniti: Asaià il primogenito e i suoi figli. Tra i figli di Zerach: Ieuèl. Con i loro f ratelli erano seicentonovanta in tutto. Tra i figli di Beniamino: Sallu figlio di Mesullàm figlio di O
davia figlio di Assenuà Ibnia figlio di Ierocàm Ela figlio di Uzzì figlio di Micrì, e Mesullàm figlio di Sefatia figlio di Reuèl figlio di Ibnia. I loro fratelli, secondo le loro genealogie erano novecentoci nquantasei; tutti costoro erano capi di casato. Tra i sacerdoti: Iedaià Ioiarìb Iachin e Azaria figlio di Chelkia, figlio di Mesullàm figlio di Sadoc figlio di Meraiòt figlio di Achitù b capo del tempio di Dio Adaià figlio di Ierocàm figlio di Pascur figlio di Malchia e Masài, figlio di Adièl figlio di Iaczerà figlio di Mesullàm figlio di Mesillemìt figlio di Immer. I loro fratelli capi dei loro casati erano mill esettecentosessanta uomini abili in ogni lavoro per il servizio del tempio di Dio. Dei leviti: Semai à figlio di Cassub figlio di Azrikàm figlio di Casabia dei figli di Merarì Bakbakkàr Cheres Galal Mat tania figlio di Mica figlio di Zikrì, figlio di Asaf Abdia figlio di Semaià figlio di Galal figlio di Iedutù n e Berechia figlio di Asa figlio di Elkanà che abitava nei villaggi dei Netofatiti. Dei portieri: Sallu m Akkub Talmon Achimàn e i loro fratelli. Sallum era il capo e sta fino ad oggi alla porta del re a oriente. Costoro erano i portieri degli accampamenti dei figli di Levi. Sallum figlio di Cori figlio di Ebiasàf figlio di Core e i suoi fratelli, i Coriti del suo casato attendevano al servizio liturgico; era no custodi della soglia della tenda e i loro padri custodivano l’ingresso nell’accampamento del S
ignore. Fineès figlio di Eleàzaro era un tempo il loro capo il Signore sia con lui! Zaccaria figlio di Meselemia, custodiva la porta della tenda del convegno. Tutti costoro scelti come custodi della soglia erano duecentododici; erano iscritti nelle genealogie secondo i loro villaggi. Li avevano st abiliti nell’ufficio per la loro fedeltà Davide e il veggente Samuele. Essi e i loro figli avevano la re sponsabilità delle porte nel tempio del Signore cioè nella casa della tenda. C’erano portieri ai qu attro lati: oriente occidente settentrione e meridione. I loro fratelli che abitavano nei loro villag gi di tanto in tanto dovevano andare con loro per sette giorni. Poiché erano sempre in funzione
quei quattro portieri maggiori che erano leviti, controllavano le stanze e i tesori del tempio di Di o. Alloggiavano nelle adiacenze del tempio di Dio perché a loro incombeva la sua custodia e la s ua apertura ogni mattina. Di essi alcuni controllavano gli oggetti per il culto che contavano quan do li portavano dentro e quando li riportavano fuori. Alcuni erano incaricati degli arredi di tutti gli oggetti del santuario della farina del vino, dell’olio dell’incenso e degli aromi. Alcuni tra i figli dei sacerdoti preparavano le sostanze aromatiche per i profumi. Il levita Mattitia primogenito di Sallum il Corita per la sua fedeltà era incaricato di ciò che si preparava nei tegami. Tra i figli dei Keatiti alcuni loro fratelli badavano ai pani dell’offerta da disporre ogni sabato. Questi erano i c antori capi di casato levitici; vivevano liberi da altri compiti nelle stanze del tempio perché giorn o e notte erano in attività. Questi erano i capi delle famiglie levitiche secondo le loro genealogie
; essi abitavano a Gerusalemme. A Gàbaon abitavano il padre di Gàbaon Ieièl la cui moglie si chi amava Maacà suo figlio primogenito Abdon poi Sur Kis Baal Ner Nadab Ghedor, Achio Zaccaria e Miklòt. Miklòt generò Simeàm. Anche costoro come già i loro fratelli abitavano a Gerusalemme assieme a loro. Ner generò Kis; Kis generò Saul; Saul generò Giònata Malchisù a Abinadàb e Is-Baal. Figlio di Giònata fu Merib-Baal; Merib-
Baal generò Mica. Figli di Mica: Piton Melec e Tacrea. Acaz generò Iara; Iara generò Alèmet Azm àvet e Zimrì Zimrì generò Mosa. Mosa generò Bineà di cui fu figlio Refaià di cui fu figlio Elasà di c ui fu figlio Asel. Asel ebbe sei figli che si chiamavano Azrikàm Bocru Ismaele Searia Abdia e Cana n; questi erano figli di Asel. I Filistei attaccarono Israele ma gli uomini d’Israele fuggirono davant i ai Filistei e caddero trafitti da loro sul monte Gèlboe. I Filistei inseguirono molto da vicino Saul e i suoi figli, e colpirono a morte Giònata Abinadàb e Malchisù a figli di Saul. La battaglia si conc entrò intorno a Saul: gli arcieri lo presero di mira con gli archi ed egli fu ferito gravemente dagli arcieri. Allora Saul disse al suo scudiero: «Sfodera la spada e trafiggimi prima che vengano quegl i incirconcisi a schernirmi». Ma lo scudiero non volle perché era troppo spaventato. Allora Saul prese la spada e vi si gettò sopra. Quando lo scudiero vide che Saul era morto si gettò anche lui sulla spada e morì. Così morì Saul con i suoi tre figli; tutta la sua famiglia morì insieme. Quando tutti gli Israeliti della valle videro che i loro erano in fuga e che erano morti Saul e i suoi figli abb andonarono le loro città e fuggirono. Vennero i Filistei e vi si stabilirono. Il giorno dopo i Filistei vennero a spogliare i cadaveri e trovarono Saul e i suoi figli caduti sul monte Gèlboe. Lo spogliar ono presero la testa e le armi e mandarono a dare il felice annuncio in giro nella terra dei Filistei ai loro idoli e al popolo. Deposero le sue armi nel tempio del loro dio e appesero il suo teschio nel tempio di Dagon. Tutti gli abitanti di Iabes di Gàlaad vennero a sapere tutto quello che i Filis tei avevano fatto a Saul. Tutti i loro guerrieri andarono a prendere il corpo di Saul e i corpi dei s uoi figli e li portarono a Iabes; seppellirono le loro ossa sotto la quercia a Iabes e fecero digiuno per sette giorni. Così Saul morì a causa della sua infedeltà al Signore perché non ne aveva ascolt ato la parola e perché aveva evocato uno spirito per consultarlo. Non aveva consultato il Signor e; per questo il Signore lo fece morire e trasferì il regno a Davide figlio di Iesse. Tutti gli Israeliti s i raccolsero intorno a Davide a Ebron e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già pri
ma quando regnava Saul tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore tuo Dio ti ha detto: “Tu p ascerai il mio popolo Israele; tu sarai capo del mio popolo Israele”». Vennero dunque tutti gli an ziani d’Israele dal re a Ebron Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele secondo la parola pronunciata dal Signore per mezzo di Samuele
. Davide con tutto Israele andò a Gerusalemme cioè Gebus dove c’erano i Gebusei, abitanti dell a regione. Gli abitanti di Gebus dissero a Davide: «Tu qui non entrerai». Ma Davide espugnò la r occa di Sion cioè la Città di Davide. Davide aveva detto: «Chi colpirà per primo i Gebusei divente rà capo e principe». Salì per primo Ioab figlio di Seruià che divenne così capo. Davide si stabilì n ella rocca, che perciò fu chiamata Città di Davide. Egli fortificò la città tutt’intorno dal Millo per t utto il suo perimetro; Ioab restaurò il resto della città. Davide andava crescendo sempre più in p otenza e il Signore degli eserciti era con lui. Questi sono i capi dei prodi di Davide che si erano af fermati con il valore nel suo regno e che, insieme con tutto Israele lo avevano costituito re seco ndo la parola del Signore nei riguardi d’Israele. Ecco l’elenco dei prodi di Davide: Iasobàm figlio di un Acmonita capo dei Tre. Egli, impugnando la lancia contro trecento uomini li trafisse in un s olo scontro. Dopo di lui veniva Eleàzaro figlio di Dodo l’Acochita; era uno dei tre prodi. Egli fu co n Davide a Pas-Dammìm. I Filistei vi si erano riuniti per combattere; c’era un campo pieno d’orzo e il popolo fug gì dinanzi ai Filistei. Egli allora si appostò in mezzo al campo lo difese e sconfisse i Filistei e il Sig nore operò una grande salvezza. Tre dei Trenta capi scesero sulla roccia presso Davide nella cav erna di Adullàm; il campo dei Filistei era posto nella valle dei Refaìm. Davide era allora nel rifugi o e c’era una postazione di Filistei a Betlemme. Davide ebbe un desiderio e disse: «Se qualcuno mi desse da bere l’acqua del pozzo che è vicino alla porta di Betlemme!». I tre irruppero nel ca mpo filisteo attinsero l’acqua dal pozzo di Betlemme vicino alla porta la presero e la presentaro no a Davide il quale però non ne volle bere ma la sparse in onore del Signore, dicendo: «Non sia mai mio Dio che io faccia una cosa simile! Dovrei bere il sangue di quegli uomini insieme con la loro vita? Difatti l’hanno portata a rischio della propria vita». Non la volle bere. Tali gesta compi rono quei tre prodi. Abisài fratello di Ioab fu il capo dei Trenta. Egli impugnando la lancia contro trecento uomini li trafisse; si fece un nome fra i Trenta. Fu stimato doppiamente fra i Trenta e d ivenne loro comandante ma non giunse alla pari dei Tre. Poi veniva Benaià figlio di Ioiadà uomo valoroso di molte prodezze originario di Kabseèl. Egli uccise i due figli di Arièl di Moab; inoltre sc eso in una cisterna in un giorno di neve vi abbatté un leone. Uccise anche un Egiziano alto cinqu e cubiti il quale aveva in mano una lancia come un cilindro da tessitore; gli andò incontro con u n bastone strappò di mano all’Egiziano la lancia e lo uccise con la sua stessa lancia. Questo fece Benaià figlio di Ioiadà e si fece un nome fra i trenta prodi. Fu glorioso fra i Trenta ma non giunse alla pari dei Tre. Davide lo mise a capo del suo corpo di guardia. Ecco i prodi valorosi: Asaèl frat ello di Ioab Elcanàn figlio di Dodo di Betlemme, Sammòt di Carod Cheles di Pelet Ira figlio di Ikke s di Tekòa, Abièzer di Anatòt Sibbecài di Cusa Ilài di Acòach, Marài di Netofà Cheled figlio di Baa nà di Netofà, Itài figlio di Ribài di Gàbaa dei figli di Beniamino Benaià di Piratòn Curài di Nacalè-

Gaas Abièl di Arbàt, Azmàvet di Bacurìm Eliacbà di Saalbòn Iasen di Gun, Giònata figlio di Saghè di Arar Achiam figlio di Sacar di Arar Elifèlet, figlio di Ur Chefer di Mecherà Achia di Pelon Chesr ò di Carmel, Naarài figlio di Ezbài Gioele fratello di Natan Mibcar figlio di Agrì, Selek l’Ammonita Nacrài di Beeròt scudiero di Ioab figlio di Seruià, Ira di Ieter Gareb di Ieter Uria l’Ittita Zabad figli o di Aclài, Adinà figlio di Siza il Rubenita capo dei Rubeniti e con lui altri trenta, Canan figlio di M
aacà Giòsafat di Meten Ozia di Astaròt Sama e Ieièl figli di Cotam di Aroèr Iediaèl figlio di Simrì e Ioca suo fratello di Tisì Elièl di Macavìm Ieribài e Osea figli di Elnàam Itma il Moabita Elièl Obed e Iaasièl di Soba. Questi sono gli uomini che raggiunsero Davide a Siklag quando ancora fuggiva di fronte a Saul, figlio di Kis. Essi erano i prodi che l’aiutarono in guerra. Erano armati d’arco e sa pevano tirare frecce e sassi con la destra e con la sinistra; erano della tribù di Beniamino fratelli di Saul: Achièzer il capo e Ioas figli di Semaà di Gàbaa Iezièl e Pelet figli di Azmàvet Beracà e Ieu di Anatòt Ismaia di Gàbaon prode fra i Trenta e sopra i Trenta Geremia Iacazièl Giovanni e Iozab àd di Ghederà, Eleuzài Ierimòt Bealia Semaria Sefatia di Carif Elkanà Issia, Azarèl Ioèzer Iasobàm Coriti Ioelà e Zebadia figli di Ierocàm di Ghedor. Dei Gaditi alcuni uomini passarono a Davide ne lla fortezza del deserto; erano uomini valorosi, guerrieri pronti a combattere abili nell’uso dello scudo e della lancia sembravano leoni ed erano agili come gazzelle sui monti: Ezer era il capo Ab dia il secondo Eliàb il terzo, Mismannà il quarto Geremia il quinto Attài il sesto Elièl il settimo Gi ovanni l’ottavo Elzabàd il nono Geremia il decimo, Macbannài l’undicesimo. Costoro erano disc endenti di Gad capi dell’esercito; il più piccolo ne comandava cento e il più grande mille. Questi attraversarono il Giordano nel primo mese dell’anno mentre era in piena su tutte le rive e miser o in fuga tutti gli abitanti della valle a oriente e a occidente. Alcuni dei figli di Beniamino e di Giu da andarono da Davide fino alla sua fortezza. Davide uscì loro incontro e presa la parola disse lo ro: «Se siete venuti da me con intenzioni pacifiche per aiutarmi sono disposto a unirmi a voi; ma se venite per tradirmi e consegnarmi ai miei avversari mentre non c’è violenza nelle mie mani il Dio dei nostri padri veda e punisca». Allora lo spirito invase Amasài capo dei Trenta: «Per te Da vide, e con te figlio di Iesse. Pace pace a te, e pace a chi ti aiuta, perché il tuo Dio ti aiuta». Davi de li accolse e li costituì capi di schiere. Anche da Manasse alcuni passarono a Davide mentre in sieme con i Filistei marciava in guerra contro Saul. Egli però non li aiutò perché essendosi consul tati i prìncipi dei Filistei lo rimandarono dicendo: «A danno delle nostre teste egli passerebbe a Saul suo signore». Mentre era diretto a Siklag passarono dalla sua parte i manassiti Adnach Ioza bàd, Iediaèl Michele Iozabàd Eliu e Silletài capi di migliaia nella tribù di Manasse. Essi aiutarono Davide contro i razziatori perché erano tutti valorosi e divennero comandanti dell’esercito. In ve rità ogni giorno alcuni passavano dalla parte di Davide per aiutarlo e così il suo divenne un acca mpamento enorme. Ecco le cifre dei capi armati che passarono a Davide a Ebron per trasferire il regno da Saul a lui, secondo l’ordine del Signore. Dei figli di Giuda che portavano scudo e lancia
: seimilaottocento armati. Dei figli di Simeone uomini valorosi in guerra: settemilacento. Dei figli di Levi: quattromilaseicento inoltre Ioiadà condottiero della famiglia di Aronne e con lui tremila settecento e Sadoc giovane molto valoroso e il casato con i ventidue comandanti. Dei figli di Be
niamino fratelli di Saul: tremila perché in massima parte essi rimasero al servizio della casa di Sa ul. Dei figli di èfraim: ventimilaottocento uomini valorosi celebri nei loro casati. Di metà della tri bù di Manàsse: diciottomila che furono designati per nome, per andare a proclamare re Davide.
Dei figli di ìssacar che conoscevano bene i vari tempi in modo da sapere che cosa dovesse fare I sraele: duecento capi e tutti i loro fratelli alle loro dipendenze. Di Zàbulon: cinquantamila arruol ati nell’esercito pronti per la battaglia con tutte le armi da guerra disposti ad aiutare senza dopp iezza. Di Nèftali: mille comandanti e con loro trentasettemila dotati di scudo e di lancia. Dei Dan iti: ventottomilaseicento armati per la guerra. Di Aser: quarantamila guerrieri arruolati nell’eser cito e armati per la guerra. Dalla Transgiordania ossia dei Rubeniti dei Gaditi e di metà della trib ù di Manasse: centoventimila con tutte le armi da guerra. Tutti costoro guerrieri pronti a marcia re con cuore leale si recarono a Ebron per proclamare Davide re su tutto Israele; anche tutto il r esto d’Israele era concorde nel proclamare re Davide. Rimasero là con Davide tre giorni mangia ndo e bevendo quanto i fratelli avevano preparato per loro. Anche i loro vicini e perfino da ìssac ar da Zàbulon e da Nèftali avevano portato cibarie con asini cammelli muli e buoi: farina schiacc iate di fichi uva passa vino olio, buoi e pecore in gran quantità perché c’era gioia in Israele. Davi de si consigliò con i comandanti di migliaia e di centinaia e con tutti i condottieri. A tutta l’asse mblea d’Israele Davide disse: «Se vi sembra bene e se il Signore, nostro Dio lo consente comuni chiamo ai nostri fratelli rimasti in tutti i territori d’Israele ai sacerdoti e ai leviti nelle città dei lor o pascoli di radunarsi presso di noi. Così riporteremo l’arca del nostro Dio qui presso di noi perc hé non ce ne siamo più curati dal tempo di Saul». Tutti i partecipanti all’assemblea approvarono che si facesse così perché la proposta parve giusta agli occhi di tutto il popolo. Davide convocò tutto Israele da Sicor d’Egitto fino all’ingresso di Camat per trasportare l’arca di Dio da Kiriat-Iearìm. Davide con tutto Israele salì a Baalà verso Kiriat-Iearìm che apparteneva a Giuda per far salire di là l’arca di Dio sulla quale si proclama il nome d el Signore che siede sui cherubini. Dalla casa di Abinadàb trasportarono l’arca di Dio su un carro nuovo; Uzzà e Achio conducevano il carro. Davide e tutto Israele danzavano davanti a Dio con t utte le forze con canti e con cetre arpe, tamburelli cimbali e trombe. Giunti all’aia di Chidon Uzz à stese la mano per trattenere l’arca perché i buoi vacillavano. L’ira del Signore si accese contro Uzzà e lo colpì perché aveva steso la mano sull’arca e morì sul posto davanti a Dio. Davide si rat tristò perché il Signore aveva aperto una breccia contro Uzzà quel luogo fu chiamato Peres-Uzzà fino ad oggi. Davide in quel giorno ebbe timore di Dio e disse: «Come potrei condurre pres so di me l’arca di Dio?». Così Davide non portò l’arca presso di sé nella Città di Davide ma la fec e dirottare nella casa di Obed-Edom di Gat. L’arca di Dio rimase tre mesi in casa di Obed-Edom e il Signore benedisse la casa di Obed-
Edom e quanto gli apparteneva. Chiram re di Tiro inviò messaggeri a Davide con legno di cedro muratori e carpentieri per costruirgli una casa. Davide seppe allora che il Signore lo confermava re d’Israele e che il suo regno era molto esaltato per amore d’Israele suo popolo. Davide prese a ltre mogli a Gerusalemme e generò altri figli e figlie. I nomi di quelli che gli furono generati a Ge
rusalemme sono: Sammù a Sobab Natan Salomone Ibcar, Elisù a Elifèlet Noga Nefeg Iafìa Elisam à, Beeliadà ed Elifèlet. Quando i Filistei seppero che Davide era stato unto re di tutto Israele sali rono tutti per dargli la caccia. Appena Davide ne fu informato uscì loro incontro. Vennero i Filist ei e invasero la valle dei Refaìm. Davide consultò Dio chiedendo: «Devo andare contro i Filistei?
Li metterai nelle mie mani?». Il Signore gli rispose: «Va’ pure; li metterò nelle tue mani». Quelli vennero a Baal-Perasìm dove Davide li sconfisse. Davide disse: «Dio ha aperto per mio mezzo una breccia tra i miei nemici come una breccia aperta dalle acque». Per questo chiamò quel luogo Baal-Perasìm. I Filistei vi abbandonarono i loro idoli e Davide ordinò: «Brucino tra le fiamme!». I Filist ei tornarono di nuovo a invadere la valle. Davide consultò ancora Dio, che gli rispose: «Non seg uirli; aggirali e raggiungili dalla parte di Becaìm. Quando sentirai un rumore di passi sulla cima di Becaìm allora uscirai a combattere perché Dio uscirà davanti a te per colpire l’accampamento d ei Filistei». Davide fece come Dio gli aveva ordinato e colpì l’accampamento dei Filistei da Gàba on fino a Ghezer. La fama di Davide si diffuse in tutti i paesi mentre il Signore lo rendeva terribil e fra tutte le genti. Egli si costruì edifici nella Città di Davide preparò il posto per l’arca di Dio ed eresse per essa una tenda. Allora Davide disse: «Nessuno se non i leviti porti l’arca di Dio perch é Dio li ha scelti come portatori dell’arca e come suoi ministri per sempre». Davide convocò tutt o Israele a Gerusalemme per far salire l’arca del Signore nel posto che le aveva preparato. David e radunò i figli di Aronne e i leviti. Dei figli di Keat: Urièl il comandante con i centoventi fratelli; dei figli di Merarì: Asaià il comandante con i duecentoventi fratelli; dei figli di Ghersom: Gioele il comandante con i centotrenta fratelli; dei figli di Elisafàn: Semaià il comandante, con i duecent o fratelli; dei figli di Ebron: Elièl il comandante con gli ottanta fratelli; dei figli di Uzzièl: Ammina dàb il comandante con i centodieci fratelli. Davide chiamò i sacerdoti Sadoc ed Ebiatàr e i leviti Urièl Asaià, Gioele Semaià Elièl e Amminadàb e disse loro: «Voi siete i capi dei casati levitici. San tificatevi voi e i vostri fratelli. Quindi fate salire l’arca del Signore Dio d’Israele nel posto che io l e ho preparato. Poiché la prima volta voi non c’eravate il Signore nostro Dio si irritò con noi per ché non l’abbiamo consultato secondo la regola». I sacerdoti e i leviti si santificarono per far sali re l’arca del Signore Dio d’Israele. I figli dei leviti sollevarono l’arca di Dio sulle loro spalle per m ezzo di stanghe come aveva prescritto Mosè sulla parola del Signore. Davide disse ai capi dei lev iti di tenere pronti i loro fratelli i cantori con gli strumenti musicali arpe cetre e cimbali perché, l evando la loro voce facessero udire i suoni di gioia. I leviti tennero pronti Eman figlio di Gioele A saf uno dei suoi fratelli figlio di Berechia e tra i figli di Merarì loro fratelli Etan, figlio di Kusaià. C
on loro c’erano i loro fratelli di secondo grado: Zaccaria Ben, Iaazièl Semiramòt Iechièl Unnì Elià b Benaià Maasia Mattitia, Elifleu Micneià Obed-Edom e Ieièl portieri. I cantori Eman Asaf ed Etan usavano cimbali di bronzo per il loro suono sq uillante. Zaccaria Azièl Semiramòt, Iechièl Unnì Eliàb Maasia e Benaià suonavano arpe in acuto.
Mattitia, Elifleu Micneià Obed-
Edom Ieièl Azaria suonavano le cetre sull’ottava per dare il tono. Chenania capo dei leviti dirige
va l’esecuzione perché era esperto. Berechia ed Elkanà facevano da portieri presso l’arca. I sace rdoti Sebania Giòsafat Netanèl Amasài Zaccaria Benaià Elièzer suonavano le trombe davanti all’
arca di Dio; Obed-
Edom e Iechia facevano da portieri presso l’arca. Davide gli anziani d’Israele e i comandanti di m igliaia procedettero con gioia a far salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla casa di Obed-Edom. Poiché Dio assisteva i leviti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore si sacrificarono sette giovenchi e sette arieti. Davide indossava un manto di bisso come pure tutti i leviti che por tavano l’arca i cantori e Chenania che dirigeva l’esecuzione. Davide aveva inoltre un efod di lino.
Tutto Israele faceva salire l’arca dell’alleanza del Signore con grida con suoni di corno con trom be e con cimbali suonando arpe e cetre. Quando l’arca dell’alleanza del Signore entrò nella Città di Davide Mical figlia di Saul guardando dalla finestra vide il re Davide ballare e far festa e lo dis prezzò in cuor suo. Introdussero dunque l’arca di Dio e la collocarono al centro della tenda che Davide aveva piantato per essa; offrirono olocausti e sacrifici di comunione davanti a Dio. Quan do ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione Davide benedisse il popolo nel no me del Signore. Distribuì a tutti gli Israeliti uomini e donne una pagnotta di pane una porzione d i carne arrostita e una schiacciata di uva passa. Egli stabilì che alcuni leviti stessero davanti all’ar ca del Signore come ministri per celebrare ringraziare e lodare il Signore Dio d’Israele. Erano As af il capo Zaccaria il suo secondo Ieièl Semiramòt Iechièl Mattitia Eliàb Benaià Obed-Edom e Ieièl che suonavano strumenti musicali arpe e cetre; Asaf suonava i cimbali. I sacerdoti Benaià e Iacazièl con le trombe erano sempre davanti all’arca dell’alleanza di Dio. Proprio in que l giorno Davide per la prima volta affidò ad Asaf e ai suoi fratelli questa lode al Signore: «Rendet e grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere. A lui cantate a lu i inneggiate, meditate tutte le sue meraviglie. Gloriatevi del suo santo nome: gioisca il cuore di c hi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto. Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca, voi stirpe d’Israele suo ser vo, figli di Giacobbe suoi eletti. è lui il Signore nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. Ricordat e sempre la sua alleanza, parola data per mille generazioni, l’alleanza stabilita con Abramo e il s uo giuramento a Isacco. L’ha stabilita per Giacobbe come decreto, per Israele come alleanza ete rna, quando disse: “Ti darò il paese di Canaan come parte della vostra eredità”. Quando erano i n piccolo numero, pochi e stranieri in quel luogo, e se ne andavano di nazione in nazione e da u n regno a un altro popolo, non permise che alcuno li opprimesse e castigò i re per causa loro: “
Non toccate i miei consacrati, non fate alcun male ai miei profeti”. Cantate al Signore uomini di tutta la terra, annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gl oria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Grande è il Signore e degno di ogni lode, terribile sop ra tutti gli dèi. Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla, il Signore invece ha fatto i cieli. Maestà e on ore sono davanti a lui, forza e gioia nella sua dimora. Date al Signore o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome. Portate offerte ed entrate al suo cospetto, prostratevi al Signore nel suo atrio santo. Tremi davanti a lui tutta la terra. è stabil
e il mondo non potrà vacillare! Gioiscano i cieli esulti la terra, e dicano tra le genti: “Il Signore re gna!”. Risuoni il mare e quanto racchiude, sia in festa la campagna e quanto contiene. Acclamin o gli alberi della foresta davanti al Signore che viene a giudicare la terra. Rendete grazie al Signo re perché è buono, perché il suo amore è per sempre. Dite: “Salvaci Dio della nostra salvezza, ra dunaci e liberaci dalle genti, perché ringraziamo il tuo nome santo: lodarti sarà la nostra gloria.
Benedetto il Signore Dio d’Israele, da sempre e per sempre”». Tutto il popolo disse: «Amen lode al Signore». Quindi Davide lasciò Asaf e i suoi fratelli davanti all’arca dell’alleanza del Signore p erché officiassero continuamente davanti all’arca secondo il rituale quotidiano; lasciò Obed-Edom figlio di Iedutù n e Cosa insieme con sessantotto fratelli come portieri. Egli incaricò della Dimora del Signore che era sull’altura di Gàbaon il sacerdote Sadoc e i suoi fratelli sacerdoti per ché offrissero olocausti al Signore sull’altare degli olocausti per sempre al mattino e alla sera e c ompissero quanto è scritto nella legge che il Signore aveva imposto a Israele. Con loro erano Em an Iedutù n e tutti gli altri scelti e designati per nome perché lodassero il Signore perché il suo a more è per sempre. Con loro avevano trombe e cimbali per suonare e altri strumenti per il cant o divino. I figli di Iedutù n erano incaricati della porta. Poi tutto il popolo se ne andò ciascuno a casa sua e Davide tornò per benedire la sua famiglia. Davide quando si fu stabilito nella sua casa disse al profeta Natan: «Ecco io abito in una casa di cedro mentre l’arca dell’alleanza del Signor e sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose a Davide: «Fa’ quanto hai in cuor tuo perché Dio è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola di Dio: «Va’ e di’ a Davide mio s ervo: Così dice il Signore: “Non mi costruirai tu la casa per la mia dimora. Io infatti non ho abitat o in una casa da quando ho fatto salire Israele fino ad oggi. Io passai da una tenda all’altra e da un padiglione all’altro. Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutto Israele ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d’Israele a cui avevo comandato di pascere il mio popolo: P
erché non mi avete edificato una casa di cedro?”. Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dic e il Signore degli eserciti: “Io ti ho preso dal pascolo mentre seguivi il gregge perché tu fossi cap o del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele mio popolo e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo rovini no come in passato, come dai giorni in cui avevo stabilito dei giudici sopra il mio popolo Israele.
Umilierò tutti i tuoi nemici e ti annuncio: una casa costruirà a te il Signore. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e te ne andrai con i tuoi padri io susciterò un tuo discendente dopo di te uno dei tuoi figli e renderò stabile il suo regno. Egli mi edificherà una casa e io renderò stabile il suo trono per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio; non ritirerò da lui il mio amore come l’ho ritirato dal tuo predecessore. Io lo farò stare saldo per sempre nella mia casa e nel m io regno; il suo trono sarà reso stabile per sempre”». Natan parlò a Davide secondo tutte quest e parole e secondo tutta questa visione. Allora il re Davide andò a presentarsi davanti al Signore e disse: «Chi sono io, Signore Dio e che cos’è la mia casa perché tu mi abbia condotto fin qui? E
questo è parso poca cosa ai tuoi occhi o Dio: tu hai parlato della casa del tuo servo per un lonta
no avvenire; mi hai fatto contemplare come una successione di uomini in ascesa Signore Dio! C
ome può pretendere Davide di aggiungere qualcosa alla tua gloria? Tu conosci il tuo servo. Sign ore per amore del tuo servo e secondo il tuo cuore hai compiuto tutte queste grandi cose per m anifestare tutte le tue meraviglie. Signore nessuno è come te e non vi è altro Dio fuori di te prop rio come abbiamo udito con i nostri orecchi. E chi è come il tuo popolo, come Israele unica nazi one sulla terra che Dio è venuto a riscattare come popolo per sé e per procurarsi un nome gran de e stabile? Tu hai scacciato le nazioni davanti al tuo popolo che tu hai riscattato dalla nazione d’Egitto. Hai reso il tuo popolo Israele popolo tuo per sempre e tu Signore, sei diventato Dio per loro. Ora Signore la parola che hai pronunciato sul tuo servo e sulla sua casa resti per sempre e fa’ come hai detto. Il tuo nome sia saldo e sia magnificato per sempre così: “Il Signore degli eser citi Dio d’Israele è Dio per Israele!”. La casa di Davide tuo servo sia stabile davanti a te! Poiché t u Dio mio hai rivelato al tuo servo l’intenzione di costruirgli una casa per questo il tuo servo ha t rovato l’ardire di pregare alla tua presenza. Ora Signore tu sei Dio; hai fatto al tuo servo queste belle promesse. Dégnati dunque di benedire ora la casa del tuo servo perché sia sempre dinanzi a te! Poiché quanto tu Signore benedici è sempre benedetto». In seguito Davide sconfisse i Filis tei li umiliò e prese Gat con le dipendenze dalle mani dei Filistei. Quindi sconfisse Moab e i Moa biti divennero sudditi e tributari di Davide. Davide sconfisse anche Adadèzer re di Soba verso Ca mat nella sua marcia verso il fiume Eufrate per stabilirvi il suo dominio. Davide gli prese mille ca rri settemila cavalieri e ventimila fanti. Davide poi fece tagliare i garretti a tutti i cavalli risparmi andone un centinaio. Gli Aramei di Damasco andarono in aiuto di Adadèzer re di Soba ma David e uccise ventiduemila Aramei. Poi Davide pose guarnigioni nell’Aram di Damasco e gli Aramei di vennero sudditi e tributari di Davide. Il Signore salvava Davide in ogni sua impresa. Davide prese ai servi di Adadèzer gli scudi d’oro e li portò a Gerusalemme. Da Tibcat e da Cun città di Adadèz er Davide asportò una grande quantità di bronzo con cui Salomone costruì il Mare di bronzo le c olonne e i vari arredi di bronzo. Quando Tou re di Camat udì che Davide aveva sconfitto tutto l’e sercito di Adadèzer re di Soba mandò al re Davide suo figlio Adoràm per salutarlo e per benedirl o perché aveva mosso guerra ad Adadèzer e l’aveva sconfitto; infatti Tou era sempre in guerra c on Adadèzer. Adoràm gli portò vasi d’oro d’argento e di bronzo. Il re Davide consacrò anche qu elli al Signore, insieme con l’argento e l’oro che aveva tolto a tutti gli altri popoli agli Edomiti ai Moabiti, agli Ammoniti ai Filistei e agli Amaleciti. Abisài figlio di Seruià sconfisse nella valle del S
ale diciottomila Edomiti. Stabilì guarnigioni in Edom e tutti gli Edomiti divennero sudditi di Davi de. Il Signore salvava Davide in ogni sua impresa. Davide regnò su tutto Israele e rese giustizia c on retti giudizi a tutto il suo popolo. Ioab figlio di Seruià comandava l’esercito; Giòsafat figlio di Achilù d era archivista; Sadoc figlio di Achitù b e Abimèlec figlio di Ebiatàr erano sacerdoti; Savs a era scriba; Benaià figlio di Ioiadà era capo dei Cretei e dei Peletei e i figli di Davide erano i prim i al fianco del re. Dopo questo morì Nacas re degli Ammoniti e suo figlio divenne re al suo posto.
Davide disse: «Manterrò fedeltà a Canun figlio di Nacas perché anche suo padre la mantenne a me». Davide mandò messaggeri a consolarlo per suo padre. I ministri di Davide andarono nel te
rritorio degli Ammoniti da Canun per consolarlo. Ma i capi degli Ammoniti dissero a Canun: «For se Davide intende onorare tuo padre ai tuoi occhi mandandoti dei consolatori? Questi suoi mini stri non sono venuti forse da te per spiare la regione per perlustrarla e per ispezionarla?». Canu n allora prese i ministri di Davide li fece radere fece tagliare le loro vesti a metà fino alle natiche poi li rimandò. Alcuni vennero a riferire a Davide la sorte di quegli uomini. Il re mandò qualcun o a incontrarli perché quegli uomini si vergognavano moltissimo. Il re fece dire loro: «Rimanete a Gerico finché vi sia cresciuta di nuovo la barba poi tornerete». Gli Ammoniti vedendo che si er ano resi nemici di Davide mandarono essi e Canun mille talenti d’argento per assoldare carri e c avalieri da Aram Naharàim da Aram Maacà e da Soba. Assoldarono trentaduemila carri e il re di Maacà con le sue truppe. Questi vennero e si accamparono di fronte a Màdaba; frattanto gli Am moniti si erano radunati dalle loro città e si erano mossi per la guerra. Quando Davide sentì que sto mandò Ioab con tutto l’esercito dei prodi. Gli Ammoniti uscirono e si disposero a battaglia d avanti alla città mentre i re alleati stavano da parte nella campagna. Ioab vide che il fronte della battaglia gli era davanti e alle spalle. Scelse allora un corpo tra i migliori d’Israele li schierò cont ro gli Aramei e affidò il resto dell’esercito a suo fratello Abisài ed essi si schierarono contro gli A mmoniti. Disse: «Se gli Aramei saranno più forti di me tu mi verrai a salvare; se invece gli Ammo niti saranno più forti di te io salverò te. Sii forte e dimostriamoci forti per il nostro popolo e per l e città del nostro Dio. Il Signore faccia quello che a lui piacerà». Poi Ioab con la gente che aveva con sé attaccò battaglia con gli Aramei i quali fuggirono davanti a lui. Quando gli Ammoniti vide ro che gli Aramei erano fuggiti fuggirono di fronte ad Abisài fratello di Ioab e rientrarono in città
. Ioab allora venne a Gerusalemme. Gli Aramei vedendo che erano stati sconfitti da Israele man darono a chiamare gli Aramei che erano al di là del Fiume; Sofac comandante dell’esercito di Ad adèzer era alla loro testa. La cosa fu riferita a Davide che radunò tutto Israele e attraversò il Gio rdano. Li raggiunse e si schierò davanti a loro; Davide si dispose alla battaglia di fronte agli Aram ei ed essi si scontrarono con lui. Ma gli Aramei fuggirono davanti a Israele: Davide uccise degli A ramei settemila cavalieri e quarantamila fanti; uccise anche Sofac comandante dell’esercito. I va ssalli di Adadèzer quando si videro sconfitti da Israele fecero la pace con Davide e gli rimasero s ottoposti. Gli Aramei non vollero più venire a salvare gli Ammoniti. All’inizio dell’anno successiv o al tempo in cui i re sono soliti andare in guerra Ioab, alla testa di un forte esercito devastò il te rritorio degli Ammoniti quindi andò ad assediare Rabbà mentre Davide rimaneva a Gerusalemm e. Ioab occupò e distrusse Rabbà. Davide prese dalla testa di Milcom la corona e trovò che pesa va un talento d’oro e aveva una pietra preziosa; essa fu posta sulla testa di Davide. Egli ricavò d alla città un bottino molto grande. Ne fece uscire gli abitanti e li impiegò alle seghe ai picconi di ferro e alle asce. Allo stesso modo Davide trattò tutte le città degli Ammoniti. Poi Davide tornò a Gerusalemme con tutta la sua gente. Dopo questo ci fu una battaglia con i Filistei a Ghezer. All ora Sibbecài di Cusa uccise Sippài dei discendenti dei Refaìm. I Filistei furono soggiogati. Ci fu un
’altra battaglia con i Filistei ed Elcanan figlio di Iair uccise Lacmì, fratello di Golia di Gat: l’asta de lla sua lancia era come un cilindro da tessitori. Ci fu un’altra battaglia a Gat dove c’era un uomo
di grande statura con le dita a sei a sei in tutto ventiquattro e anche lui era discendente di Rafa.
Egli sfidò Israele ma Giònata figlio di Simeà fratello di Davide lo uccise. Questi erano i discenden ti di Rafa a Gat. Essi caddero per mano di Davide e dei suoi uomini. Satana insorse contro Israel e e incitò Davide a censire Israele. Davide disse a Ioab e ai capi del popolo: «Andate contate gli I sraeliti da Bersabea a Dan; quindi portatemene il conto, così che io conosca il loro numero». Ioa b disse a Davide: «Il Signore aumenti il suo popolo cento volte più di quello che è! Ma o re mio s ignore essi non sono tutti sudditi del mio signore? Perché il mio signore vuole questa inchiesta?
Perché dovrebbe cadere tale colpa su Israele?». Ma l’ordine del re prevalse su Ioab. Questi partì e percorse tutto Israele quindi tornò a Gerusalemme. Ioab consegnò a Davide il totale del censi mento del popolo: c’erano in tutto Israele un milione e centomila uomini in grado di maneggiar e la spada; in Giuda risultarono quattrocentosettantamila uomini in grado di maneggiare la spa da. Fra costoro Ioab non censì i leviti né la tribù di Beniamino perché l’ordine del re gli appariva un abominio. Il fatto dispiacque agli occhi di Dio che perciò colpì Israele. Davide disse a Dio: «Ho peccato molto facendo una cosa simile. Ti prego togli la colpa del tuo servo, poiché io ho comm esso una grande stoltezza». Il Signore disse a Gad veggente di Davide: «Va’ riferisci a Davide: Co sì dice il Signore: “Io ti propongo tre cose: scegline una e quella ti farò”». Gad venne dunque da Davide e gli riferì: «Dice il Signore: “Scegli fra tre anni di carestia tre mesi di fuga di fronte al tuo nemico sotto l’incubo della spada dei tuoi nemici e tre giorni della spada del Signore con la pest e che si diffonde sulla terra e l’angelo del Signore che porta lo sterminio in tutto il territorio d’Is raele”. Ora vedi che cosa io debba riferire a chi mi ha mandato». Davide rispose a Gad: «Sono in grande angustia. Ebbene, che io cada nelle mani del Signore perché la sua misericordia è grand e ma che io non cada nelle mani degli uomini». Così il Signore mandò la peste in Israele; cadder o settantamila Israeliti. Dio mandò un angelo a Gerusalemme per devastarla. Ma nell’atto di de vastare il Signore guardò e si pentì di quel male. Egli disse all’angelo devastatore: «Ora basta! Ri tira la mano». L’angelo del Signore stava ritto presso l’aia di Ornan il Gebuseo. Davide alzàti gli occhi vide l’angelo del Signore ritto fra terra e cielo con la spada sguainata in mano tesa verso G
erusalemme. Allora Davide e gli anziani coperti di sacco si prostrarono con la faccia a terra. Davi de disse a Dio: «Non sono forse stato io a ordinare il censimento del popolo? Io ho peccato e ho commesso il male; ma queste pecore che cosa hanno fatto? Signore mio Dio sì la tua mano ven ga contro di me e contro la casa di mio padre ma non colpisca il tuo popolo». L’angelo del Signo re ordinò a Gad di riferire a Davide che salisse a innalzare un altare al Signore nell’aia di Ornan il Gebuseo. Davide salì secondo la parola che Gad aveva pronunciato nel nome del Signore. Orna n si volse e vide l’angelo; i suoi quattro figli, che erano con lui si nascosero. Ornan stava trebbia ndo il grano quando gli si avvicinò Davide. Ornan guardò e riconosciuto Davide uscì dall’aia pros trandosi con la faccia a terra davanti a Davide. Davide disse a Ornan: «Cedimi il terreno dell’aia perché io vi costruisca un altare al Signore; cedimelo per tutto il suo valore così che il flagello si allontani dal popolo». Ornan disse a Davide: «Prenditelo; il re mio signore ne faccia quello che v uole. Vedi io ti do anche i giovenchi per gli olocausti le trebbie per la legna e il grano per l’offert
a; tutto io ti offro». Ma il re Davide disse a Ornan: «No! Lo voglio acquistare per tutto il suo valo re; non presenterò al Signore una cosa che appartiene a te offrendo un olocausto gratuitament e». E così Davide diede a Ornan seicento sicli d’oro per il terreno. Quindi Davide costruì in quel l uogo un altare al Signore e offrì olocausti e sacrifici di comunione. Invocò il Signore che gli rispo se con il fuoco sceso dal cielo sull’altare dell’olocausto. Il Signore ordinò all’angelo e questi ripos e la spada nel fodero. Allora visto che il Signore l’aveva ascoltato sull’aia di Ornan il Gebuseo Da vide offrì là un sacrificio. La Dimora del Signore eretta da Mosè nel deserto e l’altare dell’olocau sto in quel tempo stavano sull’altura che era a Gàbaon; ma Davide non osava recarsi là a consul tare Dio perché si era molto spaventato di fronte alla spada dell’angelo del Signore. Davide diss e: «Questa è la casa del Signore Dio e questo è l’altare per gli olocausti d’Israele». Davide ordin ò di radunare i forestieri che erano nella terra d’Israele. Quindi diede incarico agli scalpellini per ché squadrassero pietre per la costruzione del tempio di Dio. Davide preparò ferro in abbondan za per i chiodi dei battenti delle porte e per le spranghe e anche molto bronzo in quantità incalc olabile. Il legno di cedro non si contava poiché quelli di Sidone e di Tiro avevano portato a David e molto legno di cedro. Davide pensava: «Mio figlio Salomone è giovane e inesperto mentre la c ostruzione da erigersi per il Signore deve essere straordinariamente grande tale da suscitare fa ma e ammirazione in tutto il mondo; per questo ne farò i preparativi io». Davide prima di morir e fece preparativi imponenti. Poi chiamò Salomone suo figlio e gli comandò di costruire una cas a al Signore Dio d’Israele. Davide disse a Salomone: «Figlio mio io avevo deciso di costruire una casa al nome del Signore mio Dio. Ma mi fu rivolta questa parola del Signore: “Tu hai versato tr oppo sangue e hai fatto grandi guerre; per questo non costruirai una casa al mio nome perché h ai versato troppo sangue sulla terra davanti a me. Ecco ti nascerà un figlio che sarà uomo di pac e; io gli concederò la tranquillità da parte di tutti i suoi nemici che lo circondano. Egli si chiamer à Salomone. Nei suoi giorni io concederò pace e tranquillità a Israele. Egli costruirà una casa al mio nome; egli sarà figlio per me e io sarò padre per lui. Stabilirò il trono del suo regno su Israel e per sempre”. Ora figlio mio il Signore sia con te perché tu riesca a costruire una casa al Signor e tuo Dio come ti ha promesso. Ebbene il Signore ti conceda senno e intelligenza ti ponga a cap o d’Israele per osservare la legge del Signore tuo Dio. Allora riuscirai se cercherai di praticare le l eggi e le norme che il Signore ha prescritto a Mosè per Israele. Sii forte e coraggioso; non temer e e non abbatterti. Ecco anche in mezzo alle angosce ho preparato per la casa del Signore cento mila talenti d’oro un milione di talenti d’argento bronzo e ferro in quantità incalcolabile. Inoltre ho preparato legname e pietre; tu ve ne aggiungerai ancora. Sono con te molti operai scalpellini e lavoratori della pietra e del legno e ogni artigiano per ogni lavoro. L’oro l’argento, il bronzo e i l ferro non si calcolano; su mettiti al lavoro e il Signore sia con te». Davide comandò a tutti i capi d’Israele di aiutare Salomone suo figlio. Disse: «Il Signore vostro Dio non è forse con voi e non v i ha concesso tranquillità all’intorno? Difatti ha già messo nelle mie mani gli abitanti della region e; la terra è assoggettata davanti al Signore e davanti al suo popolo. Ora perciò dedicatevi con il vostro cuore e con la vostra anima alla ricerca del Signore vostro Dio. Su costruite il santuario d
el Signore vostro Dio per introdurre l’arca dell’alleanza del Signore e gli oggetti consacrati a Dio nella casa che sarà eretta al nome del Signore». Davide ormai vecchio e sazio di giorni costituì r e su Israele suo figlio Salomone. Egli radunò tutti i capi d’Israele i sacerdoti e i leviti. Si contaron o i leviti dai trent’anni in su: censiti uno per uno risultarono trentottomila. Di costoro ventiquatt romila dirigevano l’attività del tempio del Signore seimila erano scribi e giudici, quattromila port ieri e quattromila lodavano il Signore con tutti gli strumenti inventati da Davide per lodarlo. Dav ide divise in classi i figli di Levi: Gherson Keat e Merarì. Dei Ghersoniti: Ladan e Simei. Figli di Lad an: Iechièl il capo poi Zetam e Gioele; tre. Figli di Simei: Selomìt Cazièl Aran; tre. Costoro sono i capi dei casati di Ladan. Figli di Simei: Iacat Ziza Ieus Berià questi sono i quattro figli di Simei. Iac at era il capo e Ziza il secondo. Ieus e Berià non ebbero molti figli; perciò erano un solo casato u na sola classe. Figli di Keat: Amram Isar Ebron e Uzzièl; quattro. Figli di Amram: Aronne e Mosè.
Aronne fu scelto per consacrare le cose santissime egli e i suoi figli per sempre perché offrisse i ncenso davanti al Signore lo servisse e benedicesse in suo nome per sempre. Riguardo a Mosè u omo di Dio i suoi figli furono annoverati nella tribù di Levi. Figli di Mosè: Ghersom ed Elièzer. Fig li di Ghersom: Sebuèl il capo. I figli di Elièzer furono Recabia il capo. Elièzer non ebbe altri figli m entre i figli di Recabia furono moltissimi. Figli di Isar: Selomìt il capo. Figli di Ebron: Ieria il capo Amaria secondo Iacazièl terzo Iekamàm quarto. Figli di Uzzièl: Mica il capo Issia secondo. Figli di Merarì: Maclì e Musì. Figli di Maclì: Eleàzaro e Kis. Eleàzaro morì senza figli avendo soltanto figli e; le sposarono i figli di Kis loro fratelli. Figli di Musì: Maclì Eder e Ieremòt; tre. Questi sono i figli di Levi secondo i loro casati i capi di casato secondo il censimento contati nominalmente uno p er uno incaricati dei lavori per il servizio del tempio del Signore dai vent’anni in su. Infatti David e aveva detto: «Il Signore Dio d’Israele ha concesso la tranquillità al suo popolo e si è stabilito a Gerusalemme per sempre. Anche i leviti non avranno più da trasportare la Dimora e tutti i suoi oggetti per il suo servizio». Secondo le ultime disposizioni di Davide il censimento dei figli di Levi si fece dai vent’anni in su. Perciò il loro posto era a fianco dei figli di Aronne per il servizio del te mpio del Signore relativamente ai cortili alle stanze alla purificazione di ogni cosa sacra e all’atti vità per il servizio del tempio di Dio al pane dell’offerta alla farina all’offerta alle focacce non lie vitate alle cose che dovevano essere preparate nella teglia e ben stemperate e a tutte le misure di capacità e di lunghezza. Dovevano presentarsi ogni mattina e ogni sera per celebrare e lodar e il Signore come pure per tutti gli olocausti da offrire al Signore nei sabati nei noviluni nelle fest e fisse secondo un numero preciso prescritto dalle loro regole, stando sempre davanti al Signor e. Dovevano provvedere anche al servizio della tenda del convegno e al servizio del santuario e stavano agli ordini dei figli di Aronne loro fratelli per il servizio del tempio del Signore. Classi dei figli di Aronne. Figli di Aronne: Nadab Abiu Eleàzaro e Itamàr. Nadab e Abiu morirono prima del padre e non lasciarono figli. Esercitarono il sacerdozio Eleàzaro e Itamàr. Davide insieme con Sa doc dei figli di Eleàzaro e con Achimèlec dei figli di Itamàr li divise in classi secondo il loro servizi o. Poiché risultò che i figli di Eleàzaro quanto alla somma dei maschi erano più numerosi dei figli di Itamàr furono così classificati: sedici capi di casato per i figli di Eleàzaro otto per i figli di Itam
àr. Li divisero a sorte questi come quelli perché c’erano prìncipi del santuario e prìncipi di Dio si a tra i figli di Eleàzaro che tra i figli di Itamàr. Lo scriba Semaià figlio di Netanèl dei figli di Levi ne fece il catalogo alla presenza del re dei prìncipi del sacerdote Sadoc di Achimèlec figlio di Ebiatà r dei capi dei casati sacerdotali e levitici; si registravano due casati per Eleàzaro e uno per Itamà r. La prima sorte toccò a Ioiarìb la seconda a Iedaià la terza a Carim la quarta a Seorìm la quinta a Malchia la sesta a Miamìn la settima ad Akkos l’ottava ad Abia la nona a Giosuè la decima a Se cania, l’undecima a Eliasìb la dodicesima a Iakim la tredicesima a Cuppà la quattordicesima a Is-Baal la quindicesima a Bilga la sedicesima a Immer, la diciassettesima a Chezir la diciottesima a Appisès la diciannovesima a Petachia la ventesima a Ezechiele la ventunesima a Iachin la ventid uesima a Gamul, la ventitreesima a Delaià la ventiquattresima a Maazia. Queste furono le classi secondo il loro servizio per entrare nel tempio del Signore secondo la regola stabilita dal loro an tenato Aronne come gli aveva ordinato il Signore Dio d’Israele. Quanto agli altri figli di Levi per i figli di Amram c’era Subaèl; per i figli di Subaèl Iecdia. Quanto a Recabia il capo dei figli di Recabi a era Issia. Per gli Isariti Selomòt; per i figli di Selomòt Iacat. Figli di Ebron: Ieria il capo, Amaria s econdo Iacazièl terzo Iekamàm quarto. Figli di Uzzièl: Mica; per i figli di Mica Samir; fratello di M
ica era Issia; per i figli di Issia Zaccaria. Figli di Merarì: Maclì e Musì figli di Iaazia suo figlio. Figli d i Merarì nella linea di Iaazia suo figlio: Soam Zaccur e Ibrì. Per Maclì: Eleàzaro, che non ebbe figli e Kis. Figlio di Kis era Ieracmeèl. Figli di Musì: Maclì Eder e Ierimòt. Questi sono i figli dei leviti s econdo i loro casati. Anch’essi come i loro fratelli figli di Aronne furono sorteggiati alla presenza del re Davide di Sadoc di Achimèlec dei capi dei casati sacerdotali e levitici: sia i casati del magg iore sia quelli di suo fratello minore. Quindi Davide insieme con i comandanti dell’esercito separ ò per il servizio i figli di Asaf di Eman e di Idutù n che profetavano con cetre arpe e cimbali. Ed e cco il numero di questi uomini, incaricati di tale attività. Per i figli di Asaf: Zaccur Giuseppe Neta nia Asarela; i figli di Asaf erano sotto la direzione di Asaf che eseguiva la musica secondo le istru zioni del re. Per Iedutù n i figli di Iedutù n: Godolia Serì Isaia Simei Casabia Mattitia: sei sotto la direzione del loro padre Iedutù n che cantava sulla cetra ed eseguiva musica per celebrare e lod are il Signore. Per Eman i figli di Eman: Bukkia Mattania Uzzièl Sebuèl Ierimòt Anania, Anàni Elia ta Ghiddalti Romàmti-Ezer Iosbekasa Malloti Otir Macaziòt. Tutti costoro erano figli di Eman veggente del re secondo l a promessa di Dio di esaltare la sua potenza. Dio infatti concesse a Eman quattordici figli e tre fi glie. Tutti costoro sotto la direzione del loro padre cantavano nel tempio del Signore con cimbal i arpe e cetre per il servizio del tempio di Dio agli ordini del re. Il numero di costoro insieme con i fratelli esperti nel canto del Signore tutti maestri era di duecentoottantotto. Per i loro turni di servizio furono sorteggiati i piccoli come i grandi i maestri come i discepoli. La prima sorte toccò per Asaf a Giuseppe; secondo fu Godolia con i fratelli e i figli: dodici; terzo Zaccur con i figli e i fr atelli: dodici; quarto Isrì con i figli e i fratelli: dodici; quinto Netania con i figli e i fratelli: dodici; s esto Bukkia, con i figli e i fratelli: dodici; settimo Iesarela con i figli e i fratelli: dodici; ottavo Isaia con i figli e i fratelli: dodici; nono Mattania con i figli e i fratelli: dodici; decimo Simei con i figli e
i fratelli: dodici; undicesimo Azarèl con i figli e i fratelli: dodici; dodicesimo Casabia con i figli e i f ratelli: dodici; tredicesimo Subaèl con i figli e i fratelli: dodici; quattordicesimo Mattitia con i figli e i fratelli: dodici; quindicesimo Ieremòt con i figli e i fratelli: dodici; sedicesimo Anania con i figl i e i fratelli: dodici; diciassettesimo Iosbekasa, con i figli e i fratelli: dodici; diciottesimo Anàni co n i figli e i fratelli: dodici; diciannovesimo Malloti con i figli e i fratelli: dodici; ventesimo Eliata co n i figli e i fratelli: dodici; ventunesimo Otir con i figli e i fratelli: dodici; ventiduesimo Ghiddalti c on i figli e i fratelli: dodici; ventitreesimo Macaziòt con i figli e i fratelli: dodici; ventiquattresimo Romàmti-Ezer con i figli e i fratelli: dodici. Quanto alle classi dei portieri per i Coriti vi era Meselemia figlio di Cori dei figli di Asaf. Figli di Meselemia: Zaccaria il primogenito Iediaèl il secondo Zebadia il te rzo, Iatnièl il quarto Elam il quinto Giovanni il sesto Elioenài il settimo. Figli di Obed-Edom: Semaià il primogenito Iozabàd il secondo Iòach il terzo, Sacar il quarto Netanèl il quinto Ammièl il sesto ìssacar il settimo, Peulletài l’ottavo poiché Dio l’aveva benedetto. A Semaià suo figlio nacquero figli che dominavano nel loro casato perché erano uomini valorosi. Figli di Semai à: Otnì Raffaele Obed Elzabàd con i suoi fratelli, uomini valorosi Eliu e Semachia. Tutti costoro e rano discendenti di Obed-Edom. Essi e i loro figli e i loro fratelli uomini valorosi erano in forza per il servizio. Per Obed-Edom: sessantadue in tutto. Meselemia aveva figli e fratelli tutti uomini valorosi: diciotto in tutt o. Figli di Cosa dei discendenti di Merarì: Simrì il capo; non era primogenito ma suo padre lo ave va costituito capo. Chelkia era il secondo Tebalia il terzo Zaccaria il quarto. Totale dei figli e frate lli di Cosa: tredici. Queste classi di portieri cioè i capigruppo avevano l’incarico come i loro fratel li, di servire nel tempio del Signore. Gettarono le sorti tanto il piccolo quanto il grande secondo i loro casati per ciascuna porta. Per il lato orientale la sorte toccò a Selemia; a Zaccaria suo figlio consigliere assennato per sorteggio toccò il lato settentrionale a Obed-Edom quello meridionale ai suoi figli toccarono i magazzini. Il lato occidentale con la porta Sallè chet sulla via della salita toccò a Suppìm e a Cosa. Un posto di guardia era accanto all’altro. Per i l lato orientale erano incaricati sei uomini ogni giorno per il lato settentrionale quattro al giorno per quello meridionale quattro al giorno per ogni magazzino due. Alla loggia a occidente ce n’er ano quattro per la strada e due per la loggia. Queste le classi dei portieri per i figli di Core e per i figli di Merarì. I leviti loro fratelli addetti alla sorveglianza dei tesori del tempio di Dio e dei teso ri delle cose consacrate erano figli di Ladan Ghersoniti secondo la linea di Ladan. Capi dei casati di Ladan il Ghersonita erano gli Iechieliti. Gli Iechieliti Zetam e Gioele suo fratello erano addetti ai tesori del tempio del Signore. Fra i discendenti di Amram di Isar di Ebron e di Uzzièl Subaèl fig lio di Ghersom figlio di Mosè era sovrintendente dei tesori. Suoi fratelli nella linea di Elièzer era no suo figlio Recabia di cui fu figlio Isaia di cui fu figlio Ioram di cui fu figlio Zikrì di cui fu figlio Se lomìt. Questo Selomìt con i suoi fratelli era addetto ai tesori delle cose consacrate che il re Davi de i capi di casato i comandanti di migliaia e di centinaia e i comandanti dell’esercito avevano c onsacrato prendendole dal bottino di guerra e da altre prede per la manutenzione del tempio d
el Signore. Inoltre c’erano tutte le cose consacrate dal veggente Samuele da Saul figlio di Kis da Abner figlio di Ner e da Ioab figlio di Seruià tutte queste cose consacrate dipendevano da Selom ìt e dai suoi fratelli. Fra i discendenti di Isar Chenania e i suoi figli erano addetti agli affari esterni d’Israele come scribi e giudici. Fra i discendenti di Ebron Casabia e i suoi fratelli uomini valorosi in numero di millesettecento erano addetti alla sorveglianza d’Israele dal lato occidentale del Gi ordano, per il culto del Signore e al servizio del re. Fra i discendenti di Ebron c’era Ieria il capo d egli Ebroniti secondo le loro generazioni e i loro casati; nell’anno quarantesimo del regno di Dav ide si fecero ricerche e fra loro si trovarono uomini valorosi a Iazer di Gàlaad. Tra i fratelli di Ieri a uomini valorosi c’erano duemilasettecento capi di casato. Il re Davide diede a costoro autorità sui Rubeniti sui Gaditi e su metà della tribù di Manasse per tutte le questioni riguardanti Dio e quelle riguardanti il re. Ecco i figli d’Israele secondo il loro numero i capi di casato i comandanti di migliaia e di centinaia i loro scribi al servizio del re secondo le loro classi delle quali una entra va e l’altra usciva ogni mese per tutti i mesi dell’anno. Ogni classe comprendeva ventiquattromil a uomini. Alla prima classe in funzione nel primo mese presiedeva Iasobàm figlio di Zabdièl; la s ua classe era di ventiquattromila. Egli era dei discendenti di Peres ed era il capo di tutti i coman danti dell’esercito per il primo mese. Alla classe del secondo mese presiedeva Dodài di Acòach; l a sua classe era di ventiquattromila uomini. Al terzo gruppo per il terzo mese presiedeva Benaià figlio di Ioiadà sommo sacerdote; la sua classe era di ventiquattromila uomini. Questo Benaià e ra un prode dei Trenta e aveva il comando dei Trenta e della sua classe. Suo figlio era Ammizabà d. Quarto per il quarto mese era Asaèl fratello di Ioab e dopo di lui Zebadia suo figlio; la sua clas se era di ventiquattromila uomini. Quinto per il quinto mese era il comandante Samut di Zerach
; la sua classe era di ventiquattromila uomini. Sesto per il sesto mese era Ira figlio di Ikkes di Tek òa; la sua classe era di ventiquattromila uomini. Settimo per il settimo mese era Cheles di Pelon dei discendenti di èfraim; la sua classe era di ventiquattromila uomini. Ottavo per l’ottavo mes e era Sibbecài di Cusa lo Zerachita; la sua classe era di ventiquattromila uomini. Nono per il non o mese era Abièzer di Anatòt il Beniaminita; la sua classe era di ventiquattromila uomini. Decim o per il decimo mese era Marài di Netofà lo Zerachita; la sua classe era di ventiquattromila uomi ni. Undicesimo per l’undicesimo mese era Benaià di Piratòn dei discendenti di èfraim; la sua clas se era di ventiquattromila uomini. Dodicesimo per il dodicesimo mese era Cheldài di Netofà dell a stirpe di Otnièl; la sua classe era di ventiquattromila uomini. Riguardo alle tribù d’Israele: della tribù di Ruben era condottiero Elièzer figlio di Zikrì di quella di Simeone Sefatia figlio di Maacà d i quella di Levi Casabia figlio di Kemuèl; degli Arònnidi Sadoc; di quella di Giuda, Eliu dei fratelli di Davide; di quella di ìssacar Omri figlio di Michele; di quella di Zàbulon Ismaia figlio di Abdia; di quella di Nèftali Ierimòt figlio di Azrièl; degli Efraimiti Osea figlio di Azazia; di una metà della tri bù di Manasse Gioele, figlio di Pedaià dell’altra metà della tribù di Manasse in Gàlaad Iddo figlio di Zaccaria; di quella di Beniamino Iaasièl figlio di Abner; di quella di Dan Azarèl figlio di Ierocà m. Questi erano i capi delle tribù d’Israele. Davide non fece il censimento di quelli al di sotto dei vent’anni perché il Signore aveva detto che avrebbe moltiplicato Israele come le stelle del cielo
. Ioab figlio di Seruià aveva cominciato il censimento ma non lo terminò proprio per questo si sc atenò l’ira su Israele. Questo censimento non fu registrato nel libro delle Cronache del re David e. Sovrintendenti: ai tesori del re Azmàvet figlio di Adièl; ai tesori che erano nella campagna nell e città nei villaggi e nelle torri Giònata figlio di Ozia; agli operai agricoli per la lavorazione del su olo Ezrì figlio di Chelub; alle vigne Simei di Rama; ai prodotti delle vigne depositati nelle cantine Zabdì di Sefam; agli oliveti e ai sicomòri nella Sefela Baal-Canan di Gheder; ai depositi di olio Ioas; agli armenti che pascolavano nella pianura di Saron il S
aronita Sitrài; agli armenti nelle valli Safat figlio di Adlài; ai cammelli Obil l’Ismaelita; alle asine I ecdia di Meronòt; alle pecore Iaziz l’Agareno. Tutti costoro erano sovrintendenti ai beni del re D
avide. Giònata zio di Davide era consigliere; uomo intelligente e scriba egli insieme con Iechièl fi glio di Acmonì si occupava dei figli del re. Achitòfel era consigliere del re; Cusài l’Arkita era amic o del re. Ad Achitòfel successero Ioiadà figlio di Benaià ed Ebiatàr. Comandante dell’esercito del re era Ioab. Davide convocò tutti i comandanti d’Israele i capi delle tribù e i comandanti delle v arie classi al servizio del re i comandanti di migliaia i comandanti di centinaia i sovrintendenti a t utti i beni e a tutto il bestiame del re e dei suoi figli insieme con i cortigiani i prodi e ogni soldato valoroso in Israele. Davide si alzò in piedi e disse: «Ascoltatemi fratelli miei e popolo mio! Io av evo deciso di costruire una dimora stabile per l’arca dell’alleanza del Signore per lo sgabello dei piedi del nostro Dio. Avevo fatto i preparativi per la costruzione ma Dio mi disse: “Non costruira i una casa al mio nome perché tu sei stato un guerriero e hai versato sangue”. Il Signore Dio d’Is raele scelse me fra tutta la famiglia di mio padre perché divenissi per sempre re su Israele; difat ti egli si è scelto Giuda come capo e fra la discendenza di Giuda ha scelto il casato di mio padre e tra i figli di mio padre ha trovato compiacenza in me per costituirmi re su tutto Israele. Fra tut ti i miei figli poiché il Signore mi ha dato molti figli ha scelto mio figlio Salomone per farlo seder e sul trono del regno del Signore su Israele. Egli infatti mi ha detto: “Salomone tuo figlio costruir à la mia casa e i miei cortili perché io mi sono scelto lui come figlio e io gli sarò padre. Renderò s aldo il suo regno per sempre se egli persevererà nel compiere i miei comandi e le mie norme co me fa oggi”. Ora sotto gli occhi d’Israele assemblea del Signore e davanti al nostro Dio che ascol ta vi scongiuro: custodite e ricercate tutti i comandi del Signore vostro Dio perché possediate q uesta buona terra e la passiate in eredità ai vostri figli dopo di voi per sempre. Tu Salomone figli o mio riconosci il Dio di tuo padre servilo con cuore perfetto e con animo volenteroso perché il Signore scruta tutti i cuori e conosce ogni intimo intento: se lo cercherai ti si farà trovare; se inv ece l’abbandonerai egli ti rigetterà per sempre. Vedi: ora il Signore ti ha scelto perché tu gli cost ruisca una casa come santuario; sii forte e mettiti al lavoro». Davide diede a Salomone suo figlio il modello del vestibolo e degli edifici delle stanze per i tesori dei piani superiori e delle camere interne e del luogo per il propiziatorio inoltre il modello di quanto aveva in animo riguardo ai co rtili del tempio del Signore a tutte le stanze laterali ai tesori del tempio di Dio e ai tesori delle co se consacrate alle classi dei sacerdoti e dei leviti e a tutta l’attività per il servizio del tempio del Signore e a tutti gli arredi usati nel tempio del Signore. Quanto a tutti gli oggetti d’oro gli conseg
nò l’oro indicando il peso dell’oro di ciascun oggetto destinato al culto e il peso dell’argento di c iascun oggetto di culto; inoltre l’oro dei candelabri e delle loro lampade indicando il peso dei sin goli candelabri e delle loro lampade e l’argento destinato ai candelabri indicando il peso dei can delabri e delle loro lampade secondo l’uso di ogni candelabro; inoltre il quantitativo dell’oro per le tavole dell’offerta per ogni tavola e dell’argento per le tavole d’argento, dell’oro puro per le f orcelle i vasi per l’aspersione e le brocche; il quantitativo dell’oro per le coppe per ogni coppa d’
oro e quello dell’argento per ogni coppa d’argento; l’oro puro per l’altare dell’incenso aromatic o indicandone il peso; il modello del carro d’oro dei cherubini che stendevano le ali e coprivano l’arca dell’alleanza del Signore. Tutto ciò era contenuto in uno scritto di mano del Signore, che s piegava tutti i particolari del modello. Davide disse a Salomone suo figlio: «Sii forte e coraggioso
; mettiti al lavoro non temere e non abbatterti perché il Signore Dio il mio Dio è con te. Non ti la scerà e non ti abbandonerà finché tu non abbia terminato tutto il lavoro per il tempio del Signor e. Ecco le classi dei sacerdoti e dei leviti per ogni servizio del tempio di Dio; ci sono con te in ogn i lavoro esperti in ogni attività. I capi e tutto il popolo sono ai tuoi ordini». Il re Davide disse a tu tta l’assemblea: «Salomone mio figlio il solo che Dio ha scelto, è giovane e inesperto mentre l’i mpresa è grandiosa perché l’edificio non è per un uomo ma per il Signore Dio. Con tutta la mia f orza ho fatto preparativi per il tempio del mio Dio; ho preparato oro su oro argento su argento bronzo su bronzo ferro su ferro legname su legname, ònici brillanti topazi pietre di vario valore e pietre preziose e marmo bianco in quantità. Inoltre per il mio amore per il tempio del mio Dio quanto possiedo in oro e in argento lo dono per il tempio del mio Dio oltre a quanto ho prepara to per il santuario: tremila talenti d’oro, d’oro di Ofir e settemila talenti d’argento raffinato per rivestire le pareti interne, l’oro per gli oggetti in oro l’argento per quelli in argento e per tutti i la vori eseguiti dagli artefici. E chi vuole ancora riempire oggi la sua mano per fare offerte al Signor e?». Fecero allora offerte i capi di casato i capi delle tribù d’Israele i comandanti di migliaia e di centinaia e i sovrintendenti agli affari del re. Essi diedero per l’opera del tempio di Dio cinquemi la talenti d’oro diecimila dàrici diecimila talenti d’argento, diciottomila talenti di bronzo e cento mila talenti di ferro. Quanti si ritrovarono in possesso di pietre preziose le diedero nelle mani di Iechièl il Ghersonita perché fossero depositate nel tesoro del tempio del Signore. Il popolo gioì per queste loro offerte perché erano fatte al Signore con cuore sincero; anche il re Davide gioì v ivamente. Davide benedisse il Signore sotto gli occhi di tutta l’assemblea. Davide disse: «Bened etto sei tu Signore, Dio d’Israele nostro padre, ora e per sempre. Tua Signore è la grandezza la p otenza, lo splendore la gloria e la maestà: perché tutto nei cieli e sulla terra è tuo. Tuo è il regno Signore: ti innalzi sovrano sopra ogni cosa. Da te provengono la ricchezza e la gloria, tu domini t utto; nella tua mano c’è forza e potenza, con la tua mano dai a tutti ricchezza e potere. Ed ora n ostro Dio noi ti ringraziamo e lodiamo il tuo nome glorioso. E chi sono io e chi è il mio popolo pe r essere in grado di offrirti tutto questo spontaneamente? Tutto proviene da te: noi dopo averlo ricevuto dalla tua mano te l’abbiamo ridato. Noi siamo forestieri davanti a te e ospiti come tutti i nostri padri. Come un’ombra sono i nostri giorni sulla terra e non c’è speranza. Signore nostro
Dio quanto noi abbiamo preparato per costruire una casa al tuo santo nome proviene da te ed è tutto tuo. So mio Dio che tu provi i cuori e ti compiaci della rettitudine. Io con cuore retto ho offerto spontaneamente tutte queste cose. Ora io vedo con gioia che anche il tuo popolo qui pr esente ti porta offerte spontanee. Signore Dio di Abramo di Isacco e d’Israele nostri padri custo disci per sempre questa disposizione come intimo intento del cuore del tuo popolo. Dirigi i loro cuori verso di te. A Salomone mio figlio concedi un cuore sincero perché custodisca i tuoi coma ndi le tue istruzioni e le tue norme perché esegua tutto ciò e costruisca l’edificio per il quale io h o fatto i preparativi». Davide disse a tutta l’assemblea: «Benedite dunque il Signore vostro Dio!
». Tutta l’assemblea benedisse il Signore Dio dei loro padri; si inginocchiarono e si prostrarono d avanti al Signore e al re. Offrirono sacrifici al Signore e gli bruciarono olocausti il giorno dopo: m ille giovenchi mille arieti mille agnelli con le loro libagioni oltre a numerosi sacrifici per tutto Isra ele. Mangiarono e bevvero alla presenza del Signore in quel giorno con grande gioia. Di nuovo p roclamarono re Salomone figlio di Davide e unsero per il Signore lui come capo e Sadoc come sa cerdote. Salomone sedette sul trono del Signore come re al posto di Davide suo padre; prosper ò e tutto Israele gli fu sottomesso. Tutti i comandanti i prodi e anche tutti i figli del re Davide si s ottomisero al re Salomone. Il Signore rese grande Salomone agli occhi di tutto Israele e gli diede un regno così splendido che nessun predecessore in Israele aveva mai avuto. Davide figlio di Ies se regnò su tutto Israele. La durata del suo regno su Israele fu di quarant’anni: a Ebron regnò se tte anni e a Gerusalemme regnò trentatré anni. Morì in vecchiaia sazio di anni di ricchezza e di g loria. Al suo posto divenne re suo figlio Salomone. Le gesta del re Davide dalle prime alle ultime sono descritte nei libri del veggente Samuele nel libro del profeta Natan e nel libro del veggente Gad con tutta la storia del suo regno della sua potenza e di quanto in quei tempi accadde a lui a Israele e a tutti i regni del mondo. Salomone figlio di Davide si affermò nel regno. Il Signore suo Dio era con lui e lo rese molto grande. Salomone mandò ordini a tutto Israele ai comandanti di migliaia e di centinaia ai magistrati a tutti i prìncipi di tutto Israele e ai capi di casato. Poi Salom one e tutta l’assemblea con lui si recarono all’altura di Gàbaon perché là si trovava la tenda del convegno di Dio eretta da Mosè servo del Signore nel deserto. Ma Davide aveva fatto salire l’arc a di Dio da Kiriat-Iearìm nel luogo che aveva preparato per essa perché egli aveva innalzato per essa una tenda a Gerusalemme. L’altare di bronzo opera di Besalèl, figlio di Urì figlio di Cur era là davanti alla Dim ora del Signore. Salomone e l’assemblea vi andarono per consultare il Signore. Ivi Salomone salì all’altare di bronzo davanti al Signore presso la tenda del convegno e vi offrì sopra mille olocaus ti. In quella notte Dio apparve a Salomone e gli disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda».
Salomone disse a Dio: «Tu hai trattato Davide mio padre con grande amore e mi hai fatto regna re al suo posto. Ora Signore Dio si avveri la tua promessa fatta a Davide mio padre perché mi ha i costituito re su un popolo numeroso come la polvere della terra. Ora concedimi saggezza e sci enza perché io possa guidare questo popolo; perché chi governerebbe mai questo tuo grande p opolo?». Dio disse a Salomone: «Poiché questo ti sta a cuore e poiché non hai domandato né ric
chezza né beni né gloria né la vita dei tuoi avversari e neppure una lunga vita ma hai domandat o per te saggezza e scienza per governare il mio popolo su cui ti ho costituito re, saggezza e scie nza ti saranno concesse. Inoltre io ti darò ricchezza beni e gloria quali non ebbero mai i re prima di te e non avranno mai quelli dopo di te». Salomone poi dall’altura che si trovava a Gàbaon tor nò a Gerusalemme lontano dalla tenda del convegno e regnò su Israele. Salomone radunò carri e cavalli; aveva millequattrocento carri e dodicimila cavalli da sella, distribuiti nelle città per i ca rri e presso il re a Gerusalemme. Il re fece sì che a Gerusalemme l’argento e l’oro abbondassero come le pietre e rese il legname di cedro tanto comune quanto i sicomòri che crescono nella Sef ela. I cavalli di Salomone provenivano da Musri e da Kue; i mercanti del re li compravano in Kue.
Essi facevano venire e importavano da Musri un carro per seicento sicli d’argento un cavallo pe r centocinquanta. In tal modo ne importavano per fornirli a tutti i re degli Ittiti e ai re di Aram. S
alomone decise di costruire una casa al nome del Signore e una reggia per sé. Salomone ingaggi ò settantamila uomini addetti a portare pesi ottantamila scalpellini per lavorare sulle montagne e tremilaseicento sorveglianti. Salomone mandò a dire a Curam re di Tiro: «Come hai fatto con mio padre Davide al quale avevi spedito legno di cedro per la costruzione della sua dimora fa’ a nche con me. Ecco, ho deciso di costruire un tempio al nome del Signore mio Dio per consacrarl o a lui così che io possa bruciare incenso aromatico davanti a lui esporre sempre i pani dell’offer ta e presentare olocausti mattina e sera nei sabati nei noviluni e nelle feste del Signore nostro D
io. Per Israele questo è un obbligo perenne. Il tempio che io intendo costruire deve essere gran de perché il nostro Dio è più grande di tutti gli dèi. Ma chi avrà la capacità di costruirgli un temp io quando i cieli e i cieli dei cieli non bastano per contenerlo? E chi sono io perché gli costruisca un tempio anche solo per bruciare incenso alla sua presenza? Ora mandami un uomo esperto n el lavorare l’oro l’argento il bronzo il ferro filati di porpora di crèmisi e di violetto e che sappia e seguire intagli di ogni genere; egli lavorerà con gli altri artigiani che io ho in Giuda e a Gerusale mme preparàti da mio padre Davide. Mandami legno di cedro di cipresso e di sandalo dal Liban o. Io so infatti che i tuoi uomini sono abili nel tagliare gli alberi del Libano. Ora i miei uomini si u niranno ai tuoi per prepararmi legno in grande quantità perché il tempio che intendo costruire deve essere grande e stupendo. Ecco a quanti abbatteranno e taglieranno gli alberi io darò gran o per vettovagliamento; ai tuoi uomini darò ventimila kor di grano ventimila kor d’orzo ventimil a bat di vino e ventimila bat d’olio». Curam re di Tiro mandò per iscritto a Salomone questo mes saggio: «Per l’amore che il Signore porta al suo popolo ti ha costituito re su di esso». Quindi Cur am diceva: «Sia benedetto il Signore Dio d’Israele che ha fatto il cielo e la terra che ha concesso al re Davide un figlio saggio pieno di senno e d’intelligenza il quale costruirà un tempio al Signor e e una reggia per sé. Ora ti mando un uomo esperto pieno di saggezza Curam-Abì, figlio di una donna della tribù di Dan e di un padre di Tiro. Egli sa lavorare l’oro, l’argento il bronzo il ferro le pietre il legno i filati di porpora di violetto di bisso e di crèmisi; sa eseguire ogn i intaglio ed eseguire ogni opera d’arte che gli venga sottoposta. Egli lavorerà con i tuoi artigiani e con gli artigiani del mio signore Davide tuo padre. Ora il mio signore mandi ai suoi uomini il gr
ano l’orzo l’olio e il vino promessi. Noi taglieremo nel Libano il legname quanto te ne occorrerà e te lo porteremo per mare a mo’ di zattere fino a Giaffa e tu lo farai salire a Gerusalemme». Sal omone censì tutti i forestieri che erano nella terra d’Israele: un nuovo censimento dopo quello effettuato da suo padre Davide. Ne furono trovati centocinquantatremilaseicento. Ne prese set tantamila come addetti a portare pesi ottantamila come scalpellini per lavorare sulle montagne e tremilaseicento come sorveglianti per far lavorare quella gente. Salomone cominciò a costruir e il tempio del Signore a Gerusalemme sul monte Mòria dove il Signore era apparso a Davide su o padre nel luogo preparato da Davide sull’aia di Ornan il Gebuseo. Incominciò a costruire nel s econdo mese dell’anno quarto del suo regno. Queste sono le misure delle fondamenta poste da Salomone per edificare il tempio di Dio: lunghezza, in cubiti dell’antica misura sessanta cubiti; l arghezza venti cubiti. Il vestibolo che era di fronte nel senso della larghezza del tempio era di ve nti cubiti; la sua altezza era di centoventi cubiti. Egli ricoprì l’interno d’oro puro. Ricoprì con leg no di cipresso la sala maggiore e la rivestì d’oro fino; sopra vi scolpì palme e catenelle. Rivestì la sala con pietre preziose per ornamento. L’oro era oro di Parvàim. Rivestì d’oro la sala cioè le tra vi le soglie le pareti e le porte; sulle pareti scolpì cherubini. Costruì il Santo dei Santi lungo nel se nso della larghezza del tempio venti cubiti e largo venti cubiti. Lo rivestì d’oro fino impiegandon e seicento talenti. Il peso dei chiodi era di cinquanta sicli d’oro; anche i piani di sopra rivestì d’or o. Nel Santo dei Santi eresse due cherubini lavoro di scultura e li rivestì d’oro. Le ali dei cherubin i erano lunghe venti cubiti. Un’ala del primo cherubino lunga cinque cubiti toccava la parete dell a sala; l’altra lunga cinque cubiti toccava l’ala del secondo cherubino. Un’ala del secondo cheru bino di cinque cubiti toccava la parete della sala; l’altra, di cinque cubiti toccava l’ala del primo c herubino. Queste ali dei cherubini spiegate, misuravano venti cubiti; essi erano raffigurati ritti v oltati verso l’interno. Fece il velo di stoffa di violetto di porpora di crèmisi e di bisso; sopra vi fec e ricamare cherubini. Di fronte al tempio eresse due colonne alte trentacinque cubiti; il capitell o sulla cima di ciascuna era di cinque cubiti. Fece delle catenelle come nel sacrario e le pose sull a cima delle colonne. Fece anche cento melagrane e le collocò in forma di catenelle. Eresse le c olonne di fronte all’aula una a destra e una a sinistra; quella a destra la chiamò Iachin e quella a sinistra Boaz. Salomone fece l’altare di bronzo lungo venti cubiti largo venti e alto dieci. Fece il Mare un bacino di metallo fuso di dieci cubiti da un orlo all’altro perfettamente rotondo; la sua altezza era di cinque cubiti e una corda di trenta cubiti lo poteva cingere intorno. C’erano sotto l
’orlo tutt’intorno figure dalla sembianza di buoi dieci per ogni cubito che formavano un giro all’i ntorno; le figure di buoi erano disposte in due file ed erano state colate insieme con il Mare. Qu esto poggiava su dodici buoi; tre guardavano verso settentrione tre verso occidente tre verso m eridione e tre verso oriente. Il Mare poggiava su di essi e tutte le loro parti posteriori erano rivol te verso l’interno. Il suo spessore era di un palmo; il suo orlo fatto come l’orlo di un calice, era a forma di giglio. La sua capacità era di tremila bat. Fece poi dieci bacini per la purificazione pone ndone cinque a destra e cinque a sinistra; in essi si lavava quanto veniva usato per l’olocausto. Il Mare serviva alle abluzioni dei sacerdoti. Fece dieci candelabri d’oro secondo la forma prescritt
a e li pose nell’aula: cinque a destra e cinque a sinistra. Fece dieci mense e le collocò nell’aula ci nque a destra e cinque a sinistra. Fece inoltre dieci vasi d’oro per l’aspersione. Fece il cortile dei sacerdoti il gran cortile e le sue porte i cui battenti rivestì di bronzo. Pose il Mare dal lato destro a oriente rivolto verso meridione. Curam fece i recipienti le palette e i vasi per l’aspersione. Ter minò di fare il lavoro che aveva eseguito per il re Salomone quanto al tempio di Dio: le due colo nne i globi dei capitelli che erano sopra le colonne i due reticoli per coprire i due globi dei capite lli che erano sopra le colonne le quattrocento melagrane per i due reticoli due file di melagrane per ciascun reticolo, per coprire i due globi dei capitelli che erano sulle colonne i dieci carrelli e i dieci bacini sui carrelli l’unico Mare e i dodici buoi sotto di esso i recipienti le palette i vasi per l’
aspersione e tutti quegli utensili che Curam-
Abì aveva fatto al re Salomone per il tempio del Signore. Tutto era di bronzo splendente. Il re li f ece fondere nel circondario del Giordano in suolo argilloso fra Succot e Seredà. Salomone fece f are tutti quegli utensili in quantità molto grande tanto che non si poteva calcolare il peso del br onzo. Salomone fece tutti gli utensili del tempio di Dio l’altare d’oro le mense su cui si ponevan o i pani dell’offerta i candelabri e le lampade d’oro purissimo da accendersi, come era prescritto di fronte al sacrario i fiori le lampade gli smoccolatoi d’oro di quello più raffinato i coltelli i vasi per l’aspersione i mortai e i bracieri d’oro purissimo e quanto alle porte del tempio i battenti int erni verso il Santo dei Santi e i battenti del tempio cioè dell’aula in oro. Fu così terminato tutto i l lavoro che Salomone aveva fatto per il tempio del Signore. Salomone fece portare le offerte co nsacrate da Davide suo padre cioè l’argento l’oro e tutti gli utensili; le depositò nei tesori del te mpio di Dio. Salomone allora convocò in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele e tutti i capitribù i prìncipi dei casati degli Israeliti per far salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide cioè da Sion. Si radunarono presso il re tutti gli Israeliti nel settimo mese durante la fe sta. Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i leviti sollevarono l’arca e fecero salire l’arc a con la tenda del convegno e con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti leviti. Il re Salomone e tutta la comunità d’Israele convenuta presso di lui immolavan o davanti all’arca pecore e giovenchi che non si potevano contare né si potevano calcolare per l a quantità. I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del t empio nel Santo dei Santi sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini cioè coprivano l’arca e le sue stanghe dall’alto. Le stanghe sporgevano e le punte delle stanghe si vedevano dall’arca di fronte al sacrario ma non si vedevano di fuori. Vi è rimasta fino ad oggi. Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole che vi aveva posto Mosè sull’
Oreb dove il Signore concluse l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dall’Egitto. Appena i sa cerdoti furono usciti dal santuario –
tutti i sacerdoti presenti infatti si erano santificati senza badare alle classi –
mentre tutti i leviti cantori cioè Asaf Eman, Iedutù n e i loro figli e fratelli vestiti di bisso con cim bali arpe e cetre stavano in piedi a oriente dell’altare e mentre presso di loro centoventi sacerd oti suonavano le trombe avvenne che, quando i suonatori e i cantori fecero udire all’unisono la
voce per lodare e celebrare il Signore e il suono delle trombe dei cimbali e degli altri strumenti s i levò per lodare il Signore perché è buono perché il suo amore è per sempre allora il tempio il t empio del Signore si riempì di una nube e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il se rvizio a causa della nube perché la gloria del Signore riempiva il tempio di Dio. Allora Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura. Ti ho costruito una casa eccelsa, un luo go per la tua dimora in eterno». Il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele mentre tutt a l’assemblea d’Israele stava in piedi e disse: «Benedetto il Signore Dio d’Israele che ha adempiu to con le sue mani quanto con la bocca ha detto a Davide mio padre: “Da quando feci uscire il m io popolo dalla terra d’Egitto io non ho scelto una città fra tutte le tribù d’Israele per costruire u na casa perché vi dimorasse il mio nome e non ho scelto nessuno perché fosse condottiero del mio popolo Israele; ma ho scelto Gerusalemme perché vi dimori il mio nome e ho scelto Davide perché governi il mio popolo Israele”. Davide mio padre aveva deciso di costruire una casa al no me del Signore Dio d’Israele ma il Signore disse a Davide mio padre: “Poiché hai deciso di costru ire una casa al mio nome hai fatto bene a deciderlo; solo che non costruirai tu la casa ma tuo fig lio che uscirà dai tuoi fianchi lui costruirà una casa al mio nome”. Il Signore ha attuato la parola che aveva pronunciato: sono succeduto infatti a Davide mio padre e siedo sul trono d’Israele co me aveva preannunciato il Signore e ho costruito la casa al nome del Signore Dio d’Israele. Vi ho collocato l’arca dove c’è l’alleanza che il Signore aveva concluso con gli Israeliti». Egli si pose po i davanti all’altare del Signore di fronte a tutta l’assemblea d’Israele e stese le mani. Salomone i nfatti aveva eretto una tribuna di bronzo e l’aveva collocata in mezzo al grande cortile; era lung a cinque cubiti larga cinque e alta tre. Egli vi salì e si inginocchiò di fronte a tutta l’assemblea d’I sraele. Stese le mani verso il cielo e disse: «Signore Dio d’Israele non c’è un Dio come te in cielo e sulla terra. Tu mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che camminano davanti a te co n tutto il loro cuore. Tu hai mantenuto nei riguardi del tuo servo Davide mio padre quanto gli av evi promesso; quanto avevi detto con la bocca l’hai adempiuto con la tua mano come appare og gi. Ora Signore Dio d’Israele mantieni nei riguardi del tuo servo Davide mio padre quanto gli hai promesso dicendo: “Non ti mancherà mai un discendente che stia davanti a me e sieda sul tron o d’Israele purché i tuoi figli veglino sulla loro condotta camminando secondo la mia legge come hai camminato tu davanti a me”. Ora Signore Dio d’Israele si adempia la tua parola che hai rivol to al tuo servo Davide! Ma è proprio vero che Dio abita con gli uomini sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti tanto meno questa casa che io ho costruito! Volgiti alla pr eghiera del tuo servo e alla sua supplica Signore mio Dio per ascoltare il grido e la preghiera che il tuo servo innalza davanti a te! Siano aperti i tuoi occhi giorno e notte verso questa casa verso il luogo dove hai promesso di porre il tuo nome per ascoltare la preghiera che il tuo servo innal za in questo luogo. Ascolta le suppliche del tuo servo e del tuo popolo Israele quando preghera nno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora dal cielo; ascolta e perdona! Se uno pe cca contro il suo prossimo e perché gli è imposto un giuramento imprecatorio viene a giurare da vanti al tuo altare in questo tempio tu ascoltalo dal cielo, intervieni e fa’ giustizia con i tuoi servi
; condanna il malvagio facendogli ricadere sul capo la sua condotta e dichiara giusto l’innocente rendendogli quanto merita la sua giustizia. Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto di fronte al nemico perché ha peccato contro di te ma si converte e loda il tuo nome prega e supplica da vanti a te in questo tempio tu ascolta dal cielo perdona il peccato del tuo popolo Israele e fallo t ornare sul suolo che hai dato a loro e ai loro padri. Quando si chiuderà il cielo e non ci sarà piog gia perché hanno peccato contro di te ma ti pregano in questo luogo lodano il tuo nome e si co nvertono dal loro peccato perché tu li hai umiliati tu ascolta nel cielo perdona il peccato dei tuoi servi e del tuo popolo Israele ai quali indicherai la strada buona su cui camminare e concedi la pioggia alla terra che hai dato in eredità al tuo popolo. Quando nella terra ci sarà fame o peste c arbonchio o ruggine invasione di locuste o di bruchi quando il suo nemico lo assedierà nel territ orio delle sue città o quando vi sarà piaga o infermità d’ogni genere ogni preghiera e ogni suppli ca di un solo individuo o di tutto il tuo popolo Israele di chiunque abbia patito piaga e dolore e s tenda le mani verso questo tempio, tu ascoltala dal cielo luogo della tua dimora perdona e da’ a ciascuno secondo la sua condotta tu che conosci il suo cuore poiché solo tu conosci il cuore deg li uomini, perché ti temano e camminino nelle tue vie tutti i giorni della loro vita sul suolo che h ai dato ai nostri padri. Anche lo straniero che non è del tuo popolo Israele se viene da una terra lontana a causa del tuo grande nome della tua mano potente e del tuo braccio teso se egli vien e a pregare in questo tempio, tu ascolta dal cielo luogo della tua dimora e fa’ tutto quello per cu i ti avrà invocato lo straniero perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome ti temano c ome il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io h o costruito. Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro i suoi nemici seguendo la via sulla qual e l’avrai mandato e ti pregheranno rivolti verso questa città che tu hai scelto e verso il tempio c he ho costruito al tuo nome ascolta dal cielo la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro gius tizia. Quando peccheranno contro di te poiché non c’è nessuno che non pecchi e tu, adirato con tro di loro li consegnerai a un nemico e i loro conquistatori li deporteranno in una terra lontana o vicina se nella terra in cui saranno deportati rientrando in se stessi torneranno a te, supplican doti nella terra della loro prigionia dicendo: “Abbiamo peccato siamo colpevoli siamo stati malv agi” se torneranno a te con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima nella terra della loro prig ionia dove li avranno deportati e supplicheranno rivolti verso la loro terra che tu hai dato ai loro padri verso la città che tu hai scelto e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, tu ascolta dal cielo luogo della tua dimora la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia. Perdon a al tuo popolo che ha peccato contro di te. Ora mio Dio i tuoi occhi siano aperti e le tue orecchi e attente alla preghiera innalzata in questo luogo. Ora sorgi Signore Dio verso il luogo del tuo ri poso tu e l’arca della tua potenza. I tuoi sacerdoti Signore Dio si rivestano di salvezza e i tuoi fed eli gioiscano nella prosperità. Signore Dio non respingere il volto del tuo consacrato; ricòrdati i f avori fatti a Davide, tuo servo». Appena Salomone ebbe finito di pregare cadde dal cielo il fuoco che consumò l’olocausto e le altre vittime mentre la gloria del Signore riempiva il tempio. I sace rdoti non potevano entrare nel tempio del Signore perché la gloria del Signore lo riempiva. Tutti
gli Israeliti quando videro scendere il fuoco e la gloria del Signore sul tempio si prostrarono con la faccia a terra sul pavimento adorarono e celebrarono il Signore perché è buono perché il suo amore è per sempre. Il re e tutto il popolo offrirono un sacrificio davanti al Signore. Il re Salomo ne offrì in sacrificio ventiduemila giovenchi e centoventimila pecore; così il re e tutto il popolo d edicarono il tempio di Dio. I sacerdoti attendevano al servizio e così pure i leviti con tutti gli stru menti musicali che il re Davide aveva fatto per celebrare il Signore perché il suo amore è per se mpre quando salmodiava per mezzo loro. I sacerdoti suonavano le trombe di fronte ai leviti me ntre tutti gli Israeliti stavano in piedi. Salomone consacrò il centro del cortile che era di fronte al tempio del Signore; infatti lì offrì gli olocausti e il grasso dei sacrifici di comunione perché l’altar e di bronzo eretto da Salomone non poteva contenere l’olocausto l’offerta e i grassi. In quel te mpo Salomone celebrò la festa per sette giorni: tutto Israele dall’ingresso di Camat al torrente d i Egitto un’assemblea grandissima era con lui. Nel giorno ottavo ci fu una riunione solenne esse ndo durata la dedicazione dell’altare sette giorni e sette giorni anche la festa. Il ventitré del setti mo mese Salomone congedò il popolo perché tornasse alle sue tende contento e con la gioia ne l cuore per il bene concesso dal Signore a Davide a Salomone e a Israele, suo popolo. Salomone terminò il tempio del Signore e la reggia; attuò quanto aveva deciso di fare nel tempio del Signo re e nella propria reggia. Il Signore apparve di notte a Salomone e gli disse: «Ho ascoltato la tua preghiera; mi sono scelto questo luogo come casa ove sacrificare. Se chiuderò il cielo e non ci sa rà più pioggia se comanderò alle cavallette di divorare la campagna e se invierò la peste in mezz o al mio popolo se il mio popolo sul quale è stato invocato il mio nome si umilierà pregherà e ric ercherà il mio volto e si convertirà dalle sue vie malvagie ascolterò dal cielo e perdonerò il suo p eccato e risanerò la sua terra. Ora i miei occhi saranno aperti e i miei orecchi attenti alla preghie ra fatta in questo luogo. Ora io mi sono scelto e ho consacrato questa casa perché il mio nome v i resti sempre; i miei occhi e il mio cuore saranno là tutti i giorni. Quanto a te, se camminerai da vanti a me come ha camminato Davide tuo padre facendo quanto ti ho comandato e osserverai le mie leggi e le mie norme io stabilirò il trono del tuo regno come ho promesso a Davide tuo pa dre dicendo: “Non ti sarà tolto un discendente che regni in Israele”. Ma se voi devierete e abba ndonerete le leggi e le norme che io vi ho proposto se andrete a servire altri dèi e a prostrarvi d avanti a loro vi sterminerò dalla terra che vi ho dato ripudierò questo tempio che ho consacrato al mio nome lo renderò la favola e lo zimbello di tutti i popoli. Questo tempio sarà una rovina; c hiunque vi passerà accanto resterà sbigottito e si domanderà: “Perché il Signore ha agito così co n questa terra e con questo tempio?”. Si risponderà: “Perché hanno abbandonato il Signore Dio dei loro padri che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto e si sono legati a dèi stranieri, prostran dosi davanti a loro e servendoli. Per questo egli ha fatto venire su di loro tutta questa sciagura”
». Passati i vent’anni durante i quali aveva costruito il tempio del Signore e la reggia, Salomone r icostruì le città che Curam gli aveva dato e vi stabilì gli Israeliti. Salomone andò a Camat di Soba e la occupò. Egli ricostruì Tadmor nel deserto e tutte le città dei magazzini che aveva costruito i n Camat. Riedificò Bet-Oron superiore e Bet-
Oron inferiore fortezze con mura battenti e catenacci. Lo stesso fece con Baalàt con tutte le citt à dei magazzini che gli appartenevano e con tutte le città per i carri e per i cavalli e costruì a Ger usalemme nel Libano e in tutto il territorio del suo dominio tutto ciò che gli piacque. Quanti rim anevano degli Ittiti degli Amorrei dei Perizziti degli Evei e dei Gebusei che non erano Israeliti e ci oè i loro discendenti rimasti dopo di loro nella terra coloro che gli Israeliti non avevano distrutto Salomone li arruolò per il lavoro coatto come accade ancora oggi. Ma degli Israeliti Salomone n on fece schiavo nessuno per i suoi lavori perché essi erano guerrieri comandanti dei suoi scudie ri comandanti dei suoi carri e dei suoi cavalieri. I comandanti dei prefetti del re Salomone erano duecentocinquanta e dirigevano il popolo. Salomone trasferì la figlia del faraone dalla Città di D
avide alla casa che le aveva fatto costruire perché pensava: «Non deve abitare una mia donna n ella casa di Davide re d’Israele perché è santo ogni luogo in cui ha sostato l’arca del Signore». In quel tempo Salomone offrì olocausti al Signore sull’altare del Signore che aveva fatto costruire di fronte al vestibolo. Secondo il rituale quotidiano offriva olocausti conformemente al comand o di Mosè nei sabati nei noviluni e nelle tre feste dell’anno cioè nella festa degli Azzimi nella fest a delle Settimane e nella festa delle Capanne. Secondo le disposizioni di Davide suo padre stabil ì le classi dei sacerdoti per il loro servizio. Anche per i leviti dispose che nel loro ufficio lodassero Dio e assistessero i sacerdoti ogni giorno; ai portieri nelle loro classi assegnò le singole porte pe rché così aveva comandato Davide uomo di Dio. Non si allontanarono in nulla dalle disposizioni del re Davide riguardo ai sacerdoti e ai leviti; lo stesso avvenne riguardo ai tesori. Così fu realizz ata tutta l’opera di Salomone da quando si gettarono le fondamenta del tempio del Signore fino al compimento definitivo del tempio del Signore. Allora Salomone andò a Esion-Ghèber e a Elat sulla riva del mare nel territorio di Edom. Curam per mezzo dei suoi marinai gli mandò alcune navi e uomini esperti del mare. Costoro insieme con i marinai di Salomone andar ono a Ofir e di là presero quattrocentocinquanta talenti d’oro e li portarono al re Salomone. La r egina di Saba sentita la fama di Salomone venne a Gerusalemme per metterlo alla prova con eni gmi. Arrivò con un corteo molto numeroso con cammelli carichi di aromi d’oro in quantità e di p ietre preziose. Si presentò a Salomone e gli parlò di tutto quello che aveva nel suo cuore. Salom one le chiarì tutto quanto ella gli diceva; non ci fu parola tanto nascosta a Salomone che egli no n potesse spiegarle. La regina di Saba quando vide la sapienza di Salomone la reggia che egli ave va costruito, i cibi della sua tavola il modo ordinato di sedere dei suoi servi il servizio dei suoi do mestici e le loro vesti i suoi coppieri e le loro vesti gli olocausti che egli offriva nel tempio del Sig nore rimase senza respiro. Quindi disse al re: «Era vero dunque quanto avevo sentito nel mio pa ese sul tuo conto e sulla tua sapienza! Io non credevo a quanto si diceva finché non sono giunta qui e i miei occhi non hanno visto; ebbene non mi era stata riferita neppure una metà della gran dezza della tua sapienza! Tu superi la fama che ne ho udita. Beati i tuoi uomini e beati questi tu oi servi che stanno sempre alla tua presenza e ascoltano la tua sapienza! Sia benedetto il Signor e tuo Dio che si è compiaciuto di te così da collocarti sul suo trono come re per il Signore tuo Di o. Poiché il tuo Dio ama Israele e intende renderlo stabile per sempre ti ha posto su di loro com
e re per esercitare il diritto e la giustizia». Ella diede al re centoventi talenti d’oro aromi in gran quantità e pietre preziose. Non ci furono mai tanti aromi come quelli che la regina di Saba diede al re Salomone. Inoltre gli uomini di Curam e quelli di Salomone che portavano oro da Ofir reca rono legno di sandalo e pietre preziose. Con il legname di sandalo il re fece le scale per il tempio del Signore e per la reggia cetre e arpe per i cantori; strumenti simili non erano mai stati visti n ella terra di Giuda. Il re Salomone diede alla regina di Saba quanto lei desiderava e aveva doma ndato oltre l’equivalente di quanto aveva portato al re. Quindi ella si mise in viaggio e tornò nel suo paese con i suoi servi. Il peso dell’oro che giungeva a Salomone ogni anno era di seicentoses santasei talenti d’oro senza contare quanto ne proveniva dai mercanti e dai commercianti; tutti i re dell’Arabia e i governatori della regione portavano a Salomone oro e argento. Il re Salomon e fece duecento scudi grandi d’oro battuto per ognuno dei quali adoperò seicento sicli d’oro bat tuto e trecento scudi piccoli d’oro battuto per ognuno dei quali adoperò trecento sicli d’oro. Il r e li collocò nel palazzo della Foresta del Libano. Inoltre il re fece un grande trono d’avorio che ri vestì d’oro puro. Il trono aveva sei gradini e uno sgabello d’oro. Vi erano braccioli da una parte e dall’altra del sedile e due leoni che stavano a fianco dei braccioli. Dodici leoni si ergevano di q ua e di là sui sei gradini; una cosa simile non si era mai fatta in nessun regno. Tutti i vasi per le b evande del re Salomone erano d’oro tutti gli arredi del palazzo della Foresta del Libano erano d’
oro fino; nessuno era in argento perché ai giorni di Salomone non valeva nulla. Difatti le navi de l re andavano a Tarsis guidate dai marinai di Curam; ogni tre anni le navi di Tarsis arrivavano por tando oro argento zanne d’elefante scimmie e pavoni. Il re Salomone fu più grande per ricchezz a e sapienza di tutti i re della terra. Tutti i re della terra cercavano il volto di Salomone per ascol tare la sapienza che Dio aveva messo nel suo cuore. Ognuno gli portava ogni anno il proprio trib uto oggetti d’argento e oggetti d’oro vesti armi aromi cavalli e muli. Salomone aveva quattromil a stalle per i suoi cavalli e i suoi carri e dodicimila cavalli da sella, distribuiti nelle città per i carri e presso il re a Gerusalemme. Egli dominava su tutti i re dal Fiume alla regione dei Filistei e al co nfine con l’Egitto. Il re fece sì che a Gerusalemme l’argento abbondasse come le pietre e rese il l egname di cedro tanto comune quanto i sicomòri che crescono nella Sefela. Da Musri e da tutti i paesi si importavano cavalli per Salomone. Le altre gesta di Salomone dalle prime alle ultime n on sono forse descritte negli atti del profeta Natan nella profezia di Achia di Silo e nelle visioni d el veggente Iedo riguardo a Geroboamo figlio di Nebat? Salomone regnò a Gerusalemme su tutt o Israele quarant’anni. Salomone si addormentò con i suoi padri e lo seppellirono nella Città di Davide suo padre; al suo posto divenne re suo figlio Roboamo. Roboamo andò a Sichem perché tutti gli Israeliti erano convenuti a Sichem per proclamarlo re. Quando lo seppe Geroboamo figli o di Nebat che era in Egitto dove era fuggito per paura del re Salomone tornò dall’Egitto. Lo ma ndarono a chiamare e Geroboamo venne con tutto Israele e parlarono a Roboamo dicendo: «Tu o padre ha reso duro il nostro giogo; ora tu alleggerisci la dura servitù di tuo padre e il giogo pes ante che egli ci ha imposto e noi ti serviremo». Rispose loro: «Tornate da me fra tre giorni». Il p opolo se ne andò. Il re Roboamo si consigliò con gli anziani che erano stati al servizio di Salomon
e suo padre, durante la sua vita domandando: «Che cosa mi consigliate di rispondere a questo p opolo?». Gli dissero: «Se oggi ti mostrerai benevolo verso questo popolo se l’accontenterai e se dirai loro parole buone essi ti saranno servi per sempre». Ma egli trascurò il consiglio che gli anz iani gli avevano dato e si consultò con i giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizi o. Domandò loro: «Voi che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo che mi ha chiesto di alleggerire il giogo imposto loro da mio padre?». I giovani che erano cresciuti con lui gli disser o: «Per rispondere al popolo che si è rivolto a te dicendo: “Tuo padre ha reso pesante il nostro g iogo tu alleggeriscilo!” di’ loro così: “Il mio mignolo è più grosso dei fianchi di mio padre. Ora mi o padre vi caricò di un giogo pesante, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio padre vi c astigò con fruste, io con flagelli”». Geroboamo e tutto il popolo si presentarono a Roboamo il te rzo giorno come il re aveva ordinato dicendo: «Tornate da me il terzo giorno». Il re rispose loro duramente. Il re Roboamo respinse il consiglio degli anziani; egli disse loro secondo il consiglio d ei giovani: «Mio padre ha reso pesante il vostro giogo, io lo renderò ancora più grave; mio padr e vi castigò con fruste, io con flagelli». Il re non ascoltò il popolo poiché era disposizione divina c he il Signore attuasse la parola che aveva rivolta a Geroboamo figlio di Nebat per mezzo di Achi a di Silo. Tutto Israele, visto che il re non li ascoltava diede al re questa risposta: «Che parte abbi amo con Davide? Noi non abbiamo eredità con il figlio di Iesse! Ognuno alle proprie tende Israel e! Ora pensa alla tua casa Davide». Tutto Israele se ne andò alle sue tende. Sugli Israeliti che abi tavano nelle città di Giuda regnò Roboamo. Il re Roboamo mandò Adoràm che era sovrintenden te al lavoro coatto ma gli Israeliti lo lapidarono ed egli morì. Allora il re Roboamo salì in fretta su l carro per fuggire a Gerusalemme. Israele si ribellò alla casa di Davide fino ad oggi. Roboamo gi unto a Gerusalemme convocò la casa di Giuda e di Beniamino centoottantamila guerrieri scelti per combattere contro Israele e per restituire il regno a Roboamo. La parola del Signore fu rivolt a a Semaià uomo di Dio: «Riferisci a Roboamo figlio di Salomone re di Giuda e a tutti gli Israeliti che sono in Giuda e in Beniamino: “Così dice il Signore: Non salite a combattere contro i vostri f ratelli; ognuno torni a casa perché questo fatto è dipeso da me”». Ascoltarono le parole del Sign ore e tornarono indietro senza marciare contro Geroboamo. Roboamo abitò a Gerusalemme. E
gli trasformò in fortezze alcune città di Giuda. Ricostruì Betlemme Etam Tekòa Bet-Sur Soco Adullàm, Gat Maresà Zif Adoràim Lachis Azekà Sorea, àialon ed Ebron; queste fortezze erano in Giuda e in Beniamino. Egli munì queste fortezze vi mise sovrintendenti e vi stabilì depo siti di cibarie di olio e di vino. In ogni città depositò scudi e lance rendendole fortissime. Apparte nnero dunque a lui Giuda e Beniamino. I sacerdoti e i leviti che erano in tutto Israele si radunaro no da tutto il loro territorio presso di lui. Infatti i leviti lasciarono i pascoli e le proprietà e andar ono in Giuda e a Gerusalemme perché Geroboamo e i suoi figli li avevano esclusi dall’esercitare il sacerdozio del Signore. Geroboamo aveva stabilito suoi sacerdoti per le alture per i satiri e per i vitelli che aveva eretto. Al seguito dei leviti da tutte le tribù d’Israele quanti avevano determin ato in cuor loro di ricercare il Signore Dio d’Israele andarono a Gerusalemme per sacrificare al Si gnore Dio dei loro padri. Così rafforzarono il regno di Giuda e sostennero Roboamo figlio di Salo
mone per tre anni perché per tre anni egli seguì la via di Davide e di Salomone. Roboamo si pres e in moglie Macalàt figlia di Ierimòt figlio di Davide e di Abiàil figlia di Eliàb figlio di Iesse. Essa gli partorì i figli Ieus, Semaria e Zaam. Dopo di lei prese Maacà figlia di Assalonne che gli partorì Ab ia, Attài Ziza e Selomìt. Roboamo amò Maacà figlia di Assalonne, più di tutte le altre mogli e con cubine; egli prese diciotto mogli e sessanta concubine e generò ventotto figli e sessanta figlie. R
oboamo costituì Abia figlio di Maacà capo ossia principe tra i suoi fratelli perché pensava di farl o re. Con accortezza egli sparse in tutte le contrade di Giuda e di Beniamino in tutte le città forti ficate alcuni suoi figli. Diede loro viveri in abbondanza e li provvide di molte mogli. Quando il re gno fu consolidato ed egli si sentì forte Roboamo abbandonò la legge del Signore e tutto Israele lo seguì. Nell’anno quinto del re Roboamo il re d’Egitto Sisak salì contro Gerusalemme, perché i suoi abitanti si erano ribellati al Signore. Egli aveva milleduecento carri, sessantamila cavalli. Col oro che erano venuti con lui dall’Egitto non si contavano: Libi Succhei ed Etiopi. Egli prese le fort ezze di Giuda e giunse fino a Gerusalemme. Il profeta Semaià si presentò a Roboamo e ai coma ndanti di Giuda che si erano raccolti a Gerusalemme per paura di Sisak e disse loro: «Dice il Sign ore: “Voi avete abbandonato me e io ho abbandonato voi nelle mani di Sisak”». Allora i capi d’Is raele e il re si umiliarono e dissero: «Giusto è il Signore!». Quando il Signore vide che si erano u miliati la parola del Signore fu rivolta a Semaià: «Si sono umiliati e io non li distruggerò. Anzi con cederò loro la liberazione fra poco; la mia ira non si riverserà su Gerusalemme per mezzo di Sisa k. Tuttavia essi diventeranno suoi servi; così sapranno che cosa sia servire me e servire i regni d el mondo». Sisak re d’Egitto salì a Gerusalemme e prese i tesori del tempio del Signore e i tesori della reggia portò via tutto prese anche gli scudi d’oro fatti da Salomone. Il re Roboamo li sostit uì con scudi di bronzo che affidò ai comandanti delle guardie addette alle porte della reggia. Og ni volta che il re andava nel tempio del Signore le guardie li prendevano, poi li riportavano nella sala delle guardie. Poiché Roboamo si era umiliato l’ira del Signore si ritirò da lui e non lo distrus se del tutto. Anzi in Giuda ci furono avvenimenti felici. Il re Roboamo si consolidò a Gerusalemm e e regnò. Quando divenne re Roboamo aveva quarantun anni e regnò diciassette anni a Gerusa lemme città scelta dal Signore fra tutte le tribù d’Israele per collocarvi il suo nome. Sua madre a mmonita si chiamava Naamà. Egli fece il male perché non aveva applicato il cuore alla ricerca d el Signore. Le gesta di Roboamo dalle prime alle ultime non sono forse descritte negli atti del pr ofeta Semaià e del veggente Iddo secondo le genealogie? Ci furono guerre continue fra Roboam o e Geroboamo. Roboamo si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella Città di Davide. Al s uo posto divenne re suo figlio Abia. Nell’anno diciottesimo del re Geroboamo Abia divenne re s u Giuda. Regnò tre anni a Gerusalemme; sua madre di Gàbaa si chiamava Maacà figlia di Urièl. C
i fu guerra fra Abia e Geroboamo. Abia attaccò battaglia con un esercito di valorosi quattrocent omila uomini scelti. Geroboamo si schierò in battaglia contro di lui con ottocentomila uomini sc elti soldati valorosi. Abia si pose sul monte Semaràim che è sulle montagne di èfraim e gridò: «A scoltatemi Geroboamo e tutto Israele! Non sapete forse che il Signore Dio d’Israele, ha concess o il regno a Davide su Israele per sempre a lui e ai suoi figli con un’alleanza inviolabile? Geroboa
mo figlio di Nebat ministro di Salomone figlio di Davide è insorto e si è ribellato contro il suo pa drone. Presso di lui si sono radunati uomini sfaccendati e perversi; essi si fecero forti contro Ro boamo figlio di Salomone. Roboamo era giovane timido di carattere; non fu abbastanza forte di fronte a loro. Ora voi pensate di imporvi sul regno del Signore che è nelle mani dei figli di David e perché siete una grande moltitudine e con voi sono i vitelli d’oro che Geroboamo vi ha fatti co me divinità. Non avete forse voi scacciato i sacerdoti del Signore figli di Aronne e i leviti e non vi siete costituiti dei sacerdoti come i popoli degli altri paesi? Chiunque si è presentato con un gio venco di armento e con sette arieti a farsi consacrare è divenuto sacerdote di chi non è Dio. Qu anto a noi il Signore è nostro Dio; non l’abbiamo abbandonato. I sacerdoti che prestano servizio al Signore sono discendenti di Aronne e i leviti sono gli addetti alle funzioni. Essi offrono al Sign ore olocausti ogni mattina e ogni sera l’incenso aromatico i pani dell’offerta su una tavola pura dispongono i candelabri d’oro con le lampade da accendersi ogni sera perché noi osserviamo i c omandi del Signore nostro Dio mentre voi lo avete abbandonato. Ecco alla nostra testa con noi c’è Dio; i suoi sacerdoti e le trombe lanciano il grido di guerra contro di voi. Israeliti non combat tete contro il Signore Dio dei vostri padri perché non avrete successo». Geroboamo li aggirò con un agguato per assalirli alle spalle. Le truppe stavano di fronte a Giuda mentre coloro che eran o in agguato si trovavano alle spalle. Quelli di Giuda si volsero. Avendo da combattere di fronte e alle spalle gridarono al Signore e i sacerdoti suonarono le trombe. Tutti quelli di Giuda alzaron o il grido di guerra. Mentre quelli di Giuda lanciavano il grido Dio colpì Geroboamo e tutto Israel e di fronte ad Abia e a Giuda. Gli Israeliti fuggirono di fronte a Giuda; Dio li aveva messi nelle lor o mani. Abia e la sua truppa inflissero loro una grave sconfitta; fra gli Israeliti caddero morti cin quecentomila uomini scelti. In quel tempo furono umiliati gli Israeliti mentre si rafforzarono que lli di Giuda perché avevano confidato nel Signore Dio dei loro padri. Abia inseguì Geroboamo e g li prese le seguenti città: Betel con le sue dipendenze, Iesanà con le sue dipendenze ed Efron co n le sue dipendenze. Durante la vita di Abia, Geroboamo non ebbe più forza alcuna; il Signore lo colpì ed egli morì. Abia, invece si rafforzò egli prese quattordici mogli e generò ventidue figli e s edici figlie. Le altre gesta di Abia le sue azioni e le sue parole sono descritte nella memoria del p rofeta Iddo. Abia si addormentò con i suoi padri; lo seppellirono nella Città di Davide e al suo po sto divenne re suo figlio Asa. Ai suoi tempi la terra rimase tranquilla per dieci anni. Asa fece ciò che è bene e retto agli occhi del Signore suo Dio. Rimosse gli altari degli stranieri e le alture; spe zzò le stele ed eliminò i pali sacri. Egli ordinò a Giuda di ricercare il Signore Dio dei loro padri e d i eseguirne la legge e i comandi. Da tutte le città di Giuda rimosse le alture e gli altari per l’incen so. Il regno fu tranquillo sotto di lui. In Giuda ricostruì le fortezze poiché il territorio era tranquill o e in quegli anni non si trovava in guerra; il Signore gli aveva concesso tregua. Egli disse a Giud a: «Ricostruiamo quelle città circondandole di mura e di torri con porte e sbarre mentre il territ orio è ancora in nostro potere perché abbiamo ricercato il Signore, nostro Dio; noi l’abbiamo ric ercato ed egli ci ha concesso tregua alle frontiere». Ricostruirono e prosperarono. Asa aveva un esercito di trecentomila uomini di Giuda con grandi scudi e lance e di duecentoottantamila Beni
aminiti con piccoli scudi e archi. Tutti costoro erano valorosi soldati. Contro di loro marciò Zerac h l’Etiope con un milione di soldati e con trecento carri; egli giunse fino a Maresà. Asa gli andò i ncontro; si schierarono a battaglia nella valle di Sefatà presso Maresà. Asa domandò al Signore suo Dio: «Signore nessuno come te può soccorrere nella lotta fra il potente e chi è senza forza.
Soccorrici Signore nostro Dio perché noi confidiamo in te e nel tuo nome marciamo contro ques ta moltitudine. Signore tu sei nostro Dio; un uomo non prevalga su di te!». Il Signore sconfisse g li Etiopi di fronte ad Asa e di fronte a Giuda. Gli Etiopi si diedero alla fuga. Asa e quanti erano co n lui li inseguirono fino a Gerar. Degli Etiopi ne caddero tanti che non ne restò uno vivo perché f atti a pezzi di fronte al Signore e al suo esercito. Riportarono un grande bottino. Conquistarono anche tutte le città intorno a Gerar poiché il terrore del Signore si era diffuso in esse; saccheggia rono tutte le città nelle quali c’era grande bottino. Si abbatterono anche sulle tende del bestiam e facendo razzie di pecore e di cammelli in grande quantità quindi tornarono a Gerusalemme. L
o spirito di Dio investì Azaria figlio di Oded. Costui uscito incontro ad Asa, gli disse: «Asa e voi tu tti di Giuda e di Beniamino ascoltatemi! Il Signore sarà con voi se voi sarete con lui; se lo ricerch erete si lascerà trovare da voi ma se lo abbandonerete vi abbandonerà. Per lungo tempo Israele non ebbe vero Dio né un sacerdote che insegnasse, né una legge. Ma nella miseria egli fece rito rno al Signore Dio d’Israele; lo cercarono ed egli si lasciò trovare da loro. In quei tempi non c’era pace per chi andava e veniva perché fra gli abitanti dei vari paesi c’erano grandi terrori. Una na zione cozzava contro l’altra una città contro l’altra perché Dio li affliggeva con tribolazioni di og ni genere. Ma voi siate forti e le vostre mani non crollino perché c’è una ricompensa per le vostr e azioni». Quando Asa ebbe udito queste parole e la profezia riprese animo. Eliminò gli idoli da t utto il territorio di Giuda e di Beniamino e dalle città che egli aveva conquistato sulle montagne di èfraim; rinnovò l’altare del Signore che si trovava di fronte al vestibolo del Signore. Radunò tu tti gli abitanti di Giuda e di Beniamino e quanti provenienti da èfraim da Manasse e da Simeone abitavano in mezzo a loro come forestieri; difatti da Israele erano venuti da lui in grande numer o avendo constatato che il Signore suo Dio era con lui. Si radunarono a Gerusalemme nel terzo mese dell’anno quindicesimo del regno di Asa. In quel giorno sacrificarono al Signore parte della preda che avevano riportato: settecento giovenchi e settemila pecore. Si obbligarono con un’al leanza a ricercare il Signore Dio dei loro padri con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima. P
er chiunque grande o piccolo uomo o donna non avesse ricercato il Signore Dio d’Israele c’era la morte. Giurarono al Signore a voce alta e con acclamazioni fra suoni di trombe e di corni. Tutto Giuda gioì per il giuramento perché avevano giurato con tutto il loro cuore e avevano cercato il Signore con tutto il loro impegno e questi si era lasciato trovare da loro e aveva concesso tregua alle frontiere. Egli privò anche Maacà madre del re Asa del titolo di regina madre perché ella av eva eretto ad Asera un’immagine infame; Asa demolì l’immagine infame la fece a pezzi e la bruc iò nella valle del torrente Cedron. Ma non scomparvero le alture da Israele anche se il cuore di Asa si mantenne integro per tutta la sua vita. Fece portare nel tempio di Dio le offerte consacrat e da suo padre e quelle consacrate da lui stesso consistenti in argento oro e utensili. Non ci fu g
uerra fino all’anno trentacinquesimo del regno di Asa. Nell’anno trentaseiesimo del regno di As a il re d’Israele Baasà salì contro Giuda. Egli fortificò Rama per impedire il transito ad Asa re di G
iuda. Asa estrasse dai tesori del tempio del Signore e della reggia argento e oro e li mandò a Be n-Adàd re di Aram residente a Damasco con questa proposta: «Ci sia un’alleanza tra me e te come tra mio padre e tuo padre. Ecco ti mando argento e oro. Su rompi la tua alleanza con Baasà re d
’Israele, in modo che egli si ritiri da me». Ben-
Adàd ascoltò il re Asa; mandò contro le città d’Israele i comandanti del suo esercito che colpiro no Iion Dan Abel-Màim e tutte le città di approvvigionamento di Nèftali. Quando lo seppe Baasà smise di fortifica re Rama e desistette dalla sua impresa. Il re Asa convocò tutti quelli di Giuda che andarono a pr endere le pietre e il legname con cui Baasà stava fortificando Rama e con essi fortificò Gheba e Mispa. In quel tempo il veggente Anàni si presentò ad Asa re di Giuda e gli disse: «Poiché ti sei a ppoggiato al re di Aram e non al Signore tuo Dio l’esercito del re di Aram ti è sfuggito di mano. E
tiopi e Libi non costituivano forse un grande esercito con numerosissimi carri e cavalli? Quando ti appoggiasti al Signore egli non li consegnò forse in mano tua? Difatti il Signore con gli occhi sc ruta tutta la terra per mostrare la sua potenza a favore di chi si comporta con lui con cuore sinc ero. Tu in ciò hai agito da stolto; per questo d’ora in poi avrai solo guerre». Asa si sdegnò contro il veggente e lo mise in prigione adirato con lui per tali parole. In quel tempo Asa oppresse anc he parte del popolo. Ecco le gesta di Asa dalle prime alle ultime sono descritte nel libro dei re di Giuda e d’Israele. Nell’anno trentanovesimo del suo regno Asa si ammalò gravemente ai piedi.
Neppure nell’infermità egli ricercò il Signore ricorrendo solo ai medici. Asa si addormentò con i suoi padri; morì nell’anno quarantunesimo del suo regno. Lo seppellirono nel sepolcro che egli s i era scavato nella Città di Davide. Lo stesero su un letto pieno di aromi e profumi composti con arte di profumeria; ne bruciarono per lui una quantità immensa. Al suo posto divenne re suo figl io Giòsafat che si fortificò contro Israele. Egli mise guarnigioni militari in tutte le fortezze di Giud a; nominò governatori per il territorio di Giuda e per le città di èfraim occupate dal padre Asa. Il Signore fu con Giòsafat perché egli camminò sulle vie seguite prima da suo padre e non ricercò i Baal ma piuttosto ricercò il Dio di suo padre e ne seguì i comandi senza imitare Israele. Il Signor e consolidò il regno nelle mani di Giòsafat e tutto Giuda gli portava offerte. Egli ebbe ricchezze e gloria in quantità. Il suo cuore divenne forte nel seguire il Signore; eliminò anche le alture e i p ali sacri da Giuda. Nell’anno terzo del suo regno mandò i suoi ufficiali BenCàil Abdia Zaccaria, Netanèl e Michea a insegnare nelle città di Giuda. Con essi c’erano i leviti Se maià Natania Zebadia Asaèl Semiramòt Giònata Adonia e Tobia e i sacerdoti Elisamà e Ioram. In segnarono in Giuda; avevano con sé il libro della legge del Signore e percorsero tutte le città di Giuda istruendo il popolo. Il terrore del Signore si diffuse per tutti i regni che circondavano Giud a e così essi non fecero guerra a Giòsafat. Da parte dei Filistei si portavano a Giòsafat tributi e ar gento in dono; anche gli Arabi gli portavano bestiame minuto: settemilasettecento arieti e sette
milasettecento capri. Giòsafat cresceva sempre più in potenza. Egli costruì in Giuda castelli e cit tà di approvvigionamento. Disponeva di molta manodopera nelle città di Giuda. A Gerusalemm e risiedevano i suoi guerrieri soldati valorosi. Ecco il loro censimento secondo i casati. Per Giuda erano comandanti di migliaia Adna il comandante e con lui trecentomila soldati valorosi; alle su e dipendenze c’era il comandante Giovanni e con lui duecentoottantamila soldati; alle sue dipe ndenze c’era Amasia figlio di Zicrì votato al Signore e con lui duecentomila soldati valorosi. Per Beniamino Eliadà soldato valoroso e con lui duecentomila armati di arco e di scudo. Alle sue dip endenze c’era Iozabàd e con lui centoottantamila armati per la guerra. Tutti costoro erano al se rvizio del re oltre quelli che il re aveva stabiliti nelle fortezze in tutto Giuda. Giòsafat che aveva r icchezza e gloria in abbondanza si imparentò con Acab. Dopo alcuni anni scese da Acab a Samari a; Acab uccise per lui e per la gente del suo seguito pecore e buoi in quantità e lo persuase ad at taccare con lui Ramot di Gàlaad. Acab re d’Israele disse a Giòsafat re di Giuda: «Verresti con me contro Ramot di Gàlaad?». Gli rispose: «Conta su di me come su te stesso sul mio popolo come sul tuo; sarò con te in battaglia». Giòsafat disse al re d’Israele: «Consulta per favore oggi stesso l a parola del Signore». Il re d’Israele radunò i profeti quattrocento persone e domandò loro: «Do bbiamo andare contro Ramot di Gàlaad o devo rinunciare?». Risposero: «Attacca; Dio la metter à in mano al re». Giòsafat disse: «Non c’è qui ancora un profeta del Signore da consultare?». Il r e d’Israele rispose a Giòsafat: «C’è ancora un uomo per consultare tramite lui il Signore ma io lo detesto perché non mi profetizza il bene ma sempre il male: è Michea figlio di Imla». Giòsafat d isse: «Il re non parli così». Il re d’Israele chiamato un cortigiano gli ordinò: «Convoca subito Mic hea figlio di Imla!». Il re d’Israele e Giòsafat re di Giuda sedevano ognuno sul suo trono vestiti d ei loro mantelli nello spiazzo all’ingresso della porta di Samaria; tutti i profeti profetizzavano da vanti a loro. Sedecìa figlio di Chenaanà che si era fatto corna di ferro affermava: «Così dice il Sig nore: “Con queste cozzerai contro gli Aramei sino a finirli”». Tutti i profeti profetizzavano allo st esso modo: «Assali Ramot di Gàlaad avrai successo. Il Signore la metterà in mano al re». Il mess aggero che era andato a chiamare Michea gli disse: «Ecco le parole dei profeti concordano sul s uccesso del re; ora la tua parola sia come quella degli altri: preannuncia il successo». Michea ris pose: «Per la vita del Signore annuncerò quanto il mio Dio mi dirà». Si presentò al re che gli do mandò: «Michea dobbiamo andare in guerra contro Ramot di Gàlaad o rinunciare?». Gli rispose
: «Attaccàtela avrete successo; i suoi abitanti saranno messi nelle vostre mani». Il re gli disse: «
Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi altro se non la verità nel nome del Signore?». Egli disse: «Vedo tutti gli Israeliti vagare sui monti come pecore che non hanno pastore. Il Signore di ce: “Questi non hanno padrone; ognuno torni a casa sua in pace!”». Il re d’Israele disse a Giòsaf at: «Non te l’avevo detto che costui non mi profetizza il bene ma solo il male?». Michea disse: «
Perciò ascoltate la parola del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l’esercito del cielo stava alla sua destra e alla sua sinistra. Il Signore domandò: “Chi ingannerà Acab re d’Israel e, perché salga contro Ramot di Gàlaad e vi perisca?”. Chi rispose in un modo e chi in un altro. S
i fece avanti uno spirito che presentatosi al Signore disse: “Lo ingannerò io”. “Come?” gli doman
dò il Signore. Rispose: “Andrò e diventerò spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti”.
Gli disse: “Lo ingannerai; certo riuscirai: va’ e fa’ così”. Ecco dunque il Signore ha messo uno spi rito di menzogna sulla bocca di questi tuoi profeti ma il Signore a tuo riguardo parla di sciagura»
. Allora Sedecìa figlio di Chenaanà si avvicinò e percosse Michea sulla guancia dicendo: «Per qua le via lo spirito del Signore è passato da me per parlare a te?». Michea rispose: «Ecco lo vedrai n el giorno in cui passerai di stanza in stanza per nasconderti». Il re d’Israele disse: «Prendete Mic hea e conducetelo da Amon, governatore della città e da Ioas figlio del re. Direte loro: “Così dic e il re: Mettete costui in prigione e nutritelo con il minimo di pane e di acqua finché tornerò in p ace”». Michea disse: «Se davvero tornerai in pace il Signore non ha parlato per mezzo mio». E a ggiunse: «Popoli tutti ascoltate!». Il re d’Israele marciò insieme con Giòsafat re di Giuda contro Ramot di Gàlaad. Il re d’Israele disse a Giòsafat: «Io per combattere mi travestirò. Tu resta con i tuoi abiti». Il re d’Israele si travestì ed entrarono in battaglia. Il re di Aram aveva ordinato ai co mandanti dei suoi carri: «Non combattete contro nessuno piccolo o grande ma unicamente con tro il re d’Israele». Appena videro Giòsafat i comandanti dei carri dissero: «Quello è il re d’Israel e!». Lo circondarono per combattere. Giòsafat lanciò un grido e il Signore gli venne in aiuto e Di o li allontanò dalla sua persona. I comandanti dei carri si accorsero che non era il re d’Israele e s i allontanarono da lui. Ma un uomo tese a caso l’arco e colpì il re d’Israele fra le maglie dell’arm atura e la corazza. Il re disse al suo cocchiere: «Gira, portami fuori dalla mischia perché sono fer ito». La battaglia infuriò in quel giorno; il re d’Israele stette sul carro di fronte agli Aramei sino al la sera e morì al tramonto del sole. Giòsafat re di Giuda tornò in pace a casa a Gerusalemme. Il veggente Ieu, figlio di Anàni gli andò incontro e disse a Giòsafat: «Si aiuta forse un malvagio? E t u ami coloro che odiano il Signore? Per questo lo sdegno del Signore è contro di te. Tuttavia in t e si sono trovate cose buone perché hai bruciato i pali sacri nel territorio e hai rivolto il tuo cuor e a cercare Dio». Giòsafat rimase a Gerusalemme; poi si recò di nuovo fra il suo popolo da Bersa bea alle montagne di èfraim riportandolo al Signore Dio dei loro padri. Egli stabilì giudici nel terr itorio in tutte le fortezze di Giuda città per città. Ai giudici egli raccomandò: «Guardate a quello che fate perché non giudicate per gli uomini ma per il Signore il quale sarà con voi quando pron uncerete la sentenza. Ora il terrore del Signore sia con voi; nell’agire badate che nel Signore nos tro Dio non c’è nessuna iniquità: egli non ha preferenze personali né accetta doni». Anche a Ger usalemme Giòsafat costituì alcuni leviti sacerdoti e capifamiglia d’Israele per il giudizio del Signo re e le liti degli abitanti di Gerusalemme. Egli comandò loro: «Voi agirete nel timore del Signore con fedeltà e con cuore integro. Su ogni causa che vi verrà presentata da parte dei vostri fratelli che abitano nelle loro città –
si tratti di omicidio o di una questione che riguarda una legge o un comandamento o statuti o d ecreti –
istruiteli in modo che non si mettano in condizione di colpa davanti al Signore e il suo sdegno n on si riversi su di voi e sui vostri fratelli. Agite così e non diventerete colpevoli. Ecco Amaria som mo sacerdote sarà vostro capo in tutte le cose del Signore mentre Zebadia, figlio di Ismaele cap
o della casa di Giuda in tutte le cose del re; in qualità di scribi sono a vostra disposizione i leviti.
Coraggio mettetevi al lavoro. E il Signore sia con chi è buono». In seguito i Moabiti e gli Ammoni ti aiutati dai Meuniti mossero guerra a Giòsafat. Fu annunciato a Giòsafat: «Una grande moltitu dine è venuta contro di te da oltre il mare da Edom. Ecco sono a Casesòn-Tamar cioè a Engàddi». Nella paura, Giòsafat si decise a cercare il Signore e indisse un digiuno p er tutto Giuda. Quelli di Giuda si radunarono per chiedere aiuto al Signore; vennero da tutte le c ittà di Giuda per chiedere aiuto al Signore. Giòsafat stando in piedi in mezzo all’assemblea di Gi uda e di Gerusalemme nel tempio del Signore di fronte al nuovo cortile disse: «Signore Dio dei n ostri padri non sei forse tu il Dio che è in cielo? Tu dòmini su tutti i regni delle nazioni. Nelle tue mani sono la forza e la potenza; nessuno può opporsi a te. Non hai scacciato tu nostro Dio gli ab itanti di questa terra di fronte al tuo popolo Israele e non l’hai data per sempre alla discendenza del tuo amico Abramo? Essi l’hanno abitata e vi hanno costruito un santuario al tuo nome dice ndo: “Se ci piomberà addosso una sciagura una spada punitrice una peste o una carestia noi ci p resenteremo al tuo cospetto in questo tempio poiché il tuo nome è in questo tempio e gridere mo a te dalla nostra sciagura e tu ci ascolterai e ci aiuterai”. Ora ecco gli Ammoniti i Moabiti e q uelli della montagna di Seir nelle cui terre non hai permesso agli Israeliti di entrare, quando veni vano dalla terra d’Egitto e perciò si sono tenuti lontani da quelli e non li hanno distrutti ecco ora ci ricompensano venendoci a scacciare dall’eredità che tu hai acquistato per noi. Dio nostro no n vorrai renderci giustizia nei loro riguardi poiché noi non abbiamo la forza di opporci a una mol titudine così grande piombataci addosso? Non sappiamo che cosa fare; perciò i nostri occhi son o rivolti a te». Tutti gli abitanti di Giuda stavano in piedi davanti al Signore con i loro bambini le l oro mogli e i loro figli. Allora lo spirito del Signore in mezzo all’assemblea fu su Iacazièl, figlio di Zaccaria figlio di Benaià figlio di Ieièl figlio di Mattania levita dei figli di Asaf. Egli disse: «Porgete l’orecchio voi tutti di Giuda abitanti di Gerusalemme e tu, re Giòsafat. Vi dice il Signore: “Non te mete e non spaventatevi davanti a questa moltitudine immensa perché la guerra non riguarda v oi ma Dio. Domani scendete contro di loro; ecco, saliranno per la salita di Sis. Voi li sorprendere te al termine della valle di fronte al deserto di Ieruèl. Non toccherà a voi combattere in tale mo mento; fermatevi bene ordinati e vedrete la salvezza che il Signore opererà per voi o Giuda e Ge rusalemme. Non temete e non abbattetevi. Domani uscite loro incontro; il Signore sarà con voi”
». Giòsafat s’inginocchiò con la faccia a terra; tutto Giuda e gli abitanti di Gerusalemme caddero davanti al Signore per prostrarsi davanti a lui. I leviti tra i figli dei Keatiti e i figli dei Coriti si alzar ono a lodare il Signore Dio d’Israele a piena voce. La mattina dopo si alzarono presto e partiron o per il deserto di Tekòa. Mentre si muovevano, Giòsafat si fermò e disse: «Ascoltatemi Giuda e abitanti di Gerusalemme! Credete nel Signore vostro Dio e sarete saldi; credete nei suoi profeti e riuscirete». Quindi, consigliatosi con il popolo mise i cantori del Signore e i salmisti vestiti con paramenti sacri schierati davanti agli uomini in armi perché lodassero il Signore dicendo: «Rend ete grazie al Signore, perché il suo amore è per sempre». Appena cominciarono i loro canti di es ultanza e di lode il Signore tese un agguato contro gli Ammoniti i Moabiti e quelli della montagn
a di Seir venuti contro Giuda e furono sconfitti. Gli Ammoniti e i Moabiti insorsero contro gli abi tanti della montagna di Seir per votarli allo sterminio e distruggerli. Quando ebbero finito con gl i abitanti della montagna di Seir contribuirono a distruggersi a vicenda. Quando quelli di Giuda r aggiunsero la collina da dove si vedeva il deserto si voltarono verso la moltitudine ed ecco: non c’erano che cadaveri gettati per terra senza alcun superstite. Giòsafat e la sua gente andarono a raccogliere la loro preda. Vi trovarono in abbondanza bestiame ricchezze vesti e oggetti prezios i. Ne presero più di quanto ne potessero portare. Passarono tre giorni a raccogliere il bottino pe rché esso era molto abbondante. Il quarto giorno si radunarono nella valle di Beracà poiché là b enedissero il Signore chiamarono quel luogo valle di Beracà come è ancora oggi. Quindi tutto Gi uda e tutti quelli di Gerusalemme, con Giòsafat alla testa partirono per tornare a Gerusalemme pieni di gioia perché il Signore li aveva riempiti di letizia a danno dei loro nemici. Entrarono in G
erusalemme diretti al tempio del Signore fra suoni di arpe di cetre e di trombe. Quando si seppe che il Signore aveva combattuto contro i nemici d’Israele il terrore di Dio si diffuse su tutti i reg ni del mondo. Il regno di Giòsafat rimase tranquillo; Dio gli aveva concesso tregua su tutte le fro ntiere. Giòsafat regnò su Giuda. Aveva trentacinque anni quando divenne re; regnò venticinque anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Azubà figlia di Silchì. Seguì la via di Asa suo padre non si allontanò da essa facendo ciò che è retto agli occhi del Signore. Ma non scomparvero le a lture; il popolo non aveva ancora diretto il cuore verso il Dio dei suoi padri. Le altre gesta di Giòs afat dalle prime alle ultime ecco sono descritte negli atti di Ieu, figlio di Anàni inseriti nel libro d ei re d’Israele. In seguito Giòsafat re di Giuda si alleò con Acazia re d’Israele che agiva con malva gità. Egli si associò a lui per costruire navi capaci di raggiungere Tarsis. Allestirono le navi a Esion

Ghèber. Ma Elièzer figlio di Dodavàu di Maresà profetizzò contro Giòsafat dicendo: «Poiché ti se i alleato con Acazia, il Signore ha aperto una breccia nei tuoi lavori». Le navi si sfasciarono e non poterono partire per Tarsis. Giòsafat si addormentò con i suoi padri fu sepolto con loro nella Cit tà di Davide e al suo posto divenne re suo figlio Ioram. I suoi fratelli figli di Giòsafat erano Azaria Iechièl Zaccaria Azariàu, Michele e Sefatia; tutti costoro erano figli di Giòsafat re d’Israele. Il pa dre aveva dato loro ricchi doni: argento oro e oggetti preziosi insieme con fortezze in Giuda; il r egno però l’aveva assegnato a Ioram perché era il primogenito. Ioram prese in possesso il regno di suo padre e quando si fu rafforzato uccise di spada tutti i suoi fratelli e con loro anche alcuni capi d’Israele. Quando divenne re Ioram aveva trentadue anni; regnò a Gerusalemme otto anni.
Seguì la via dei re d’Israele, come aveva fatto la casa di Acab perché sua moglie era figlia di Aca b. Fece ciò che è male agli occhi del Signore. Ma il Signore non volle distruggere la casa di David e a causa dell’alleanza che aveva concluso con Davide e secondo la promessa fattagli di lasciare sempre una lampada per lui e per i suoi figli. Nei suoi giorni Edom si ribellò al dominio di Giuda e si elesse un re. Allora Ioram con i suoi comandanti sconfinò con tutti i carri. Egli si mosse di no tte e sconfisse gli Edomiti che l’avevano accerchiato insieme con i comandanti dei carri. Tuttavia Edom si è sottratto al dominio di Giuda fino ad oggi. In quel tempo anche Libna si ribellò al suo
dominio perché Ioram aveva abbandonato il Signore Dio dei suoi padri. Egli inoltre eresse alture sui monti di Giuda, fece prostituire gli abitanti di Gerusalemme e fece traviare Giuda. Gli giunse da parte del profeta Elia uno scritto che diceva: «Dice il Signore Dio di Davide, tuo padre: “Poic hé non hai seguito la via di Giòsafat tuo padre né la via di Asa re di Giuda ma hai seguito la via d ei re d’Israele hai fatto prostituire Giuda e gli abitanti di Gerusalemme come ha fatto la casa di Acab e inoltre hai ucciso i tuoi fratelli della famiglia di tuo padre, uomini migliori di te ecco il Sig nore sta per colpire con un grave disastro il tuo popolo i tuoi figli le tue mogli e tutti i tuoi beni.
Tu soffrirai gravi malattie una malattia intestinale tale che per essa le tue viscere ti usciranno ne l giro di due anni”». Il Signore risvegliò contro Ioram l’ostilità dei Filistei e degli Arabi che abitan o al confine con gli Etiopi. Costoro attaccarono Giuda vi penetrarono portando via tutti i beni tr ovati nella reggia e persino i suoi figli e le sue mogli. Non gli rimase nessun figlio se non Ioacàz il più piccolo. Dopo tutto questo il Signore lo colpì con una malattia intestinale inguaribile. Andò a vanti per più di un anno; verso la fine del secondo anno gli uscirono le viscere per la gravità dell a malattia e così morì fra dolori atroci. E per lui il popolo non fece fuochi d’aromi come gli aromi bruciati per i suoi padri. Quando divenne re egli aveva trentadue anni; regnò a Gerusalemme ot to anni. Se ne andò senza lasciare rimpianti; lo seppellirono nella Città di Davide ma non nei sep olcri dei re. Gli abitanti di Gerusalemme proclamarono re al suo posto Acazia il minore dei figli p erché tutti quelli più anziani erano stati uccisi dalla banda che era penetrata con gli Arabi nell’ac campamento. Così divenne re Acazia figlio di Ioram re di Giuda. Quando divenne re Acazia avev a quarantadue anni; regnò un anno a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Atalia ed era figlia di Omri. Anch’egli seguì la via della casa di Acab perché sua madre lo consigliava ad agire da mal vagio. Fece ciò che è male agli occhi del Signore come la casa di Acab perché dopo la morte di s uo padre costoro per sua rovina erano i suoi consiglieri. Su loro consiglio egli andò alla guerra c on Ioram figlio di Acab re d’Israele contro Cazaèl re di Aram a Ramot di Gàlaad; ma gli Aramei fe rirono Ioram che tornò a curarsi a Izreèl per le ferite ricevute a Rama mentre combatteva contr o Cazaèl re di Aram. Acazia figlio di Ioram re di Giuda scese a visitare Ioram figlio di Acab a Izreèl perché era malato. Fu volontà di Dio che Acazia per sua rovina andasse da Ioram. Difatti quand o giunse uscì con Ioram incontro a Ieu figlio di Nimsì che il Signore aveva unto perché distrugges se la casa di Acab. Mentre faceva giustizia della casa di Acab Ieu trovò i comandanti di Giuda e i nipoti di Acazia suoi servi e li uccise. Egli fece ricercare Acazia e lo catturarono mentre era nasco sto a Samaria; lo condussero da Ieu che lo uccise. Ma lo seppellirono perché dicevano: «è figlio di Giòsafat che ha ricercato il Signore con tutto il cuore». Nella casa di Acazia nessuno era in gra do di regnare. Atalia madre di Acazia visto che era morto suo figlio si accinse a sterminare tutta la discendenza regale della casa di Giuda. Ma Iosabàt figlia del re prese Ioas figlio di Acazia sottr aendolo ai figli del re destinati alla morte e lo portò assieme alla sua nutrice nella camera dei let ti; così Iosabàt figlia del re Ioram e moglie del sacerdote Ioiadà – era anche sorella di Acazia –
nascose Ioas ad Atalia che perciò non lo mise a morte. Rimase nascosto presso di lei nel tempio di Dio per sei anni; intanto Atalia regnava sul paese. Nell’anno settimo Ioiadà sentendosi sicuro
mandò a prendere i comandanti delle centinaia cioè Azaria figlio di Ierocàm Ismaele figlio di Gio vanni Azaria figlio di Obed, Maasia figlio di Adaià ed Elisafàt figlio di Zicrì e concluse un’alleanza con loro. Percorsero Giuda e radunarono i leviti da tutte le città di Giuda e i capi dei casati d’Isra ele; essi vennero a Gerusalemme. Tutta l’assemblea concluse un’alleanza con il re nel tempio di Dio. Ioiadà disse loro: «Ecco il figlio del re. Deve regnare come ha promesso il Signore ai figli di Davide. Questo è ciò che dovrete fare: la terza parte di voi che inizia il servizio di sabato sacerdo ti e leviti farà la guardia alle porte; un altro terzo starà nella reggia e un terzo alla porta di Iesod mentre tutto il popolo starà nei cortili del tempio del Signore. Nessuno entri nel tempio del Sign ore se non i sacerdoti e i leviti di servizio: costoro vi entreranno perché sono santi; tutto il popol o osserverà l’ordine del Signore. I leviti circonderanno il re ognuno con l’arma in pugno e chiunq ue tenti di entrare nel tempio sia messo a morte. Saranno con il re in tutti i suoi movimenti». I l eviti e tutti quelli di Giuda fecero quanto aveva comandato il sacerdote Ioiadà. Ognuno prese i s uoi uomini quelli che entravano in servizio il sabato e quelli che smontavano il sabato perché il s acerdote Ioiadà non aveva licenziato le classi uscenti. Il sacerdote Ioiadà consegnò ai comandan ti di centinaia lance scudi grandi e piccoli già appartenenti al re Davide, che erano nel tempio di Dio. Dispose tutto il popolo ognuno con l’arma in pugno, dall’angolo destro del tempio fino all’a ngolo sinistro lungo l’altare e l’edificio in modo da circondare il re. Fecero uscire il figlio del re e gli consegnarono il diadema e il mandato; lo proclamarono re. Ioiadà e i suoi figli lo unsero e ac clamarono: «Viva il re!». Quando sentì le grida del popolo che acclamando correva verso il re At alia si presentò al popolo nel tempio del Signore. Guardò ed ecco che il re stava presso la colon na all’ingresso i comandanti e i trombettieri circondavano il re mentre tutto il popolo della terra era in festa e suonava le trombe. I cantori con gli strumenti musicali intonavano i canti di lode.
Atalia si stracciò le vesti e gridò: «Congiura congiura!». Il sacerdote Ioiadà fece uscire i comanda nti delle centinaia preposti all’esercito e disse: «Conducetela fuori in mezzo alle file e chiunque l a segue venga ucciso di spada». Il sacerdote infatti aveva detto: «Non uccidetela nel tempio del Signore». Le misero addosso le mani e lei raggiunse la reggia attraverso l’ingresso della porta de i Cavalli e là essi l’uccisero. Ioiadà concluse un’alleanza tra sé il popolo tutto e il re affinché foss e il popolo del Signore. Tutto il popolo entrò nel tempio di Baal e lo demolì ne fece a pezzi gli alt ari e le immagini e ammazzò Mattàn sacerdote di Baal davanti agli altari. Ioiadà affidò la sorvegl ianza del tempio ai sacerdoti e ai leviti che Davide aveva diviso in classi per il tempio perché offr issero olocausti al Signore come sta scritto nella legge di Mosè fra gioia e canti secondo le dispo sizioni di Davide. Stabilì i portieri alle porte del tempio perché non vi entrasse nessun impuro pe r qualsiasi motivo. Prese i comandanti di centinaia i notabili e quanti avevano autorità fra il pop olo come anche tutto il popolo della terra e fece scendere il re dal tempio del Signore. Attravers o la porta superiore lo condussero nella reggia e lo fecero sedere sul trono regale. Tutto il popol o della terra era in festa e la città rimase tranquilla: Atalia era stata uccisa con la spada. Quando divenne re Ioas aveva sette anni; regnò quarant’anni a Gerusalemme. Sua madre, di Bersabea s i chiamava Sibìa. Ioas fece ciò che è retto agli occhi del Signore finché visse il sacerdote Ioiadà. I
oiadà gli diede due mogli ed egli generò figli e figlie. In seguito Ioas decise di restaurare il tempi o del Signore. Radunò i sacerdoti e i leviti e disse loro: «Andate nelle città di Giuda e raccogliete ogni anno da tutto Israele denaro per restaurare il tempio del vostro Dio. Cercate di sollecitare i l lavoro». Ma i leviti non mostrarono nessuna fretta. Allora il re convocò Ioiadà il capo e gli disse
: «Perché non hai richiesto ai leviti che portassero da Giuda e da Gerusalemme la tassa prescritt a da Mosè servo del Signore e fissata dall’assemblea d’Israele per la tenda della Testimonianza?
L’empia Atalia infatti e i suoi adepti hanno dilapidato il tempio di Dio; hanno adoperato per i Ba al perfino tutte le cose consacrate del tempio del Signore». Per ordine del re fecero una cassa c he posero alla porta del tempio del Signore all’esterno. Quindi fecero un proclama in Giuda e a Gerusalemme perché si portasse al Signore la tassa imposta da Mosè servo di Dio a Israele nel d eserto. Tutti i comandanti e tutto il popolo si rallegrarono e portarono il denaro che misero nell a cassa fino a riempirla. Quando la cassa veniva portata per l’ispezione regale affidata ai leviti e d essi vedevano che c’era molto denaro allora veniva lo scriba del re e l’ispettore del sommo sa cerdote vuotavano la cassa quindi la prendevano e la ricollocavano al suo posto. Facevano così ogni giorno e così misero insieme molto denaro. Il re e Ioiadà lo diedero agli esecutori dei lavori addetti al tempio del Signore ed essi impegnarono scalpellini e falegnami per il restauro del tem pio del Signore; anche lavoratori del ferro e del bronzo si misero al lavoro per riparare il tempio del Signore. Gli esecutori dei lavori si misero all’opera e nelle loro mani le riparazioni progrediro no; essi riportarono il tempio di Dio in buono stato e lo consolidarono. Quando ebbero finito po rtarono davanti al re e a Ioiadà il resto del denaro e con esso fecero arredi per il tempio del Sign ore: vasi per il servizio e per gli olocausti coppe e altri oggetti d’oro e d’argento. Finché visse Ioi adà si offrirono sempre olocausti nel tempio del Signore. Ioiadà divenuto vecchio e sazio di anni morì a centotrenta anni. Lo seppellirono nella Città di Davide con i re perché aveva agito bene i n Israele per il servizio del Signore e per il suo tempio. Dopo la morte di Ioiadà i comandanti di Giuda andarono a prostrarsi davanti al re che allora diede loro ascolto. Costoro trascurarono il t empio del Signore Dio dei loro padri per venerare i pali sacri e gli idoli. Per questa loro colpa l’ir a di Dio fu su Giuda e su Gerusalemme. Il Signore mandò loro profeti perché li facessero ritorna re a lui. Questi testimoniavano contro di loro ma non furono ascoltati. Allora lo spirito di Dio inv estì Zaccaria figlio del sacerdote Ioiadà che si alzò in mezzo al popolo e disse: «Dice Dio: “Perché trasgredite i comandi del Signore? Per questo non avete successo; poiché avete abbandonato il Signore anch’egli vi abbandona”». Ma congiurarono contro di lui e per ordine del re lo lapidaro no nel cortile del tempio del Signore. Il re Ioas non si ricordò del favore fattogli da Ioiadà padre di Zaccaria ma ne uccise il figlio che morendo disse: «Il Signore veda e ne chieda conto!». All’iniz io dell’anno successivo salì contro Ioas l’esercito degli Aramei. Essi vennero in Giuda e a Gerusal emme sterminarono fra il popolo tutti i comandanti e inviarono l’intero bottino al re di Damasc o. L’esercito degli Aramei era venuto con pochi uomini ma il Signore mise nelle loro mani un gra nde esercito perché essi avevano abbandonato il Signore Dio dei loro padri. Essi fecero giustizia di Ioas. Quando furono partiti lasciandolo gravemente malato i suoi ministri ordirono una congi
ura contro di lui perché aveva versato il sangue del figlio del sacerdote Ioiadà e lo uccisero nel s uo letto. Così egli morì e lo seppellirono nella Città di Davide ma non nei sepolcri dei re. Questi f urono i congiurati contro di lui: Zabad figlio di Simeàt l’Ammonita e Iozabàd figlio di Simrìt il Mo abita. Quanto riguarda i suoi figli la quantità dei tributi da lui riscossi il restauro del tempio di Di o sono cose descritte nella memoria del libro dei Re. Al suo posto divenne re suo figlio Amasia.
Quando divenne re Amasia aveva venticinque anni; regnò ventinove anni a Gerusalemme. Sua madre era di Gerusalemme e si chiamava Ioaddàn. Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore ma non con cuore perfetto. Quando il regno fu saldo nelle sue mani, giustiziò i suoi ufficiali che avevano ucciso il re suo padre. Ma non fece morire i loro figli secondo quanto è scritto nel libro della legge di Mosè ove il Signore prescrive: «Non moriranno i padri per una colpa dei figli né m oriranno i figli per una colpa dei padri. Ognuno morirà per il proprio peccato». Amasia riunì quel li di Giuda e li distribuì secondo i casati sotto comandanti di migliaia e sotto comandanti di centi naia per tutto Giuda e Beniamino. Fece un censimento dai vent’anni in su e trovò che c’erano tr ecentomila uomini scelti abili alla guerra armati di lancia e di scudo. Egli assoldò da Israele cent omila soldati valorosi per cento talenti d’argento. Gli si presentò un uomo di Dio che gli disse: «
O re non si unisca a te l’esercito d’Israele perché il Signore non è con Israele né con alcuno dei fi gli di èfraim. Altrimenti va’ fa’ pure raffòrzati per la battaglia; Dio ti farà stramazzare davanti al nemico poiché Dio ha la forza per aiutare e per abbattere». Amasia rispose all’uomo di Dio: «Ch e ne sarà dei cento talenti che ho dato per la schiera d’Israele?». L’uomo di Dio rispose: «Il Sign ore può darti molto più di questo». Amasia congedò la schiera venuta a lui da èfraim perché se ne tornasse a casa; ma la loro ira si accese contro Giuda e tornarono a casa loro pieni d’ira. Ama sia fattosi animo andò a capo del suo popolo nella valle del Sale ove sconfisse diecimila figli di S
eir. Quelli di Giuda ne catturarono diecimila vivi e condottili sulla cima della roccia li precipitaro no giù si sfracellarono tutti. I componenti della schiera che Amasia aveva congedato perché non andassero con lui alla guerra assalirono le città di Giuda da Samaria a Bet-Oron uccidendo in esse tremila persone e facendo un immenso bottino. Tornato dalla strage co mpiuta sugli Edomiti Amasia fece portare le divinità dei figli di Seir e le costituì suoi dèi; si prostr ò davanti a loro e offrì loro incenso. Perciò l’ira del Signore si accese contro Amasia; gli mandò u n profeta che gli disse: «Perché ti sei rivolto a dèi che non sono stati capaci di liberare il loro po polo dalla tua mano?». Mentre questi gli parlava il re lo interruppe: «Forse ti abbiamo costituito consigliere del re? Non insistere! Perché vuoi farti uccidere?». Il profeta non insistette ma disse
: «Vedo che Dio ha deciso di distruggerti perché hai fatto questo e non hai dato retta al mio con siglio». Consigliatosi Amasia re di Giuda mandò a dire a Ioas figlio di Ioacàz figlio di Ieu re d’Israe le: «Vieni affrontiamoci!». Ioas re d’Israele fece rispondere ad Amasia re di Giuda: «Il cardo del Libano mandò a dire al cedro del Libano: Da’ in moglie tua figlia a mio figlio. Ma passò una besti a selvatica del Libano e calpestò il cardo. Tu ripeti: Ecco ho sconfitto Edom! E il tuo cuore ti ha e saltato gloriandosi. Ma stattene nella tua casa! Perché ti precipiti in una disfatta? Potresti socco mbere tu e Giuda con te». Ma Amasia non lo ascoltò. Era volontà di Dio che fossero consegnati
nelle mani del nemico, perché si erano rivolti agli dèi di Edom. Allora Ioas re d’Israele si mosse; si affrontarono lui e Amasia re di Giuda a Bet-Semes, che appartiene a Giuda. Giuda fu sconfitto di fronte a Israele e ognuno fuggì nella propri a tenda. Ioas re d’Israele fece prigioniero Amasia re di Giuda figlio di Ioas figlio di Ioacàz a Bet-Semes. Condottolo a Gerusalemme aprì una breccia nelle mura di Gerusalemme dalla porta di è fraim fino alla porta dell’Angolo per quattrocento cubiti. Prese tutto l’oro l’argento e tutti gli og getti trovati nel tempio di Dio che erano affidati a Obed-Edom i tesori della reggia e gli ostaggi e tornò a Samaria. Amasia figlio di Ioas re di Giuda visse q uindici anni dopo la morte di Ioas figlio di Ioacàz re d’Israele. Le altre gesta di Amasia dalle prim e alle ultime non sono forse descritte nel libro dei re di Giuda e d’Israele? Dopo che Amasia si fu allontanato dal Signore si ordì contro di lui una congiura a Gerusalemme. Egli fuggì a Lachis ma lo fecero inseguire fino a Lachis dove l’uccisero. Lo caricarono su cavalli e lo seppellirono con i s uoi padri nella città di Giuda. Tutto il popolo di Giuda prese Ozia che aveva sedici anni e lo fece r e al posto di suo padre Amasia. Egli ricostruì Elat riannettendola a Giuda dopo che il re si era ad dormentato con i suoi padri. Ozia aveva sedici anni quando divenne re; regnò a Gerusalemme ci nquantadue anni. Sua madre era di Gerusalemme e si chiamava Iecolia. Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore, come aveva fatto Amasia suo padre. Egli cercò Dio finché visse Zaccaria c he l’aveva istruito nella visione di Dio e finché egli cercò il Signore Dio lo fece prosperare. Uscito in guerra contro i Filistei smantellò le mura di Gat di Iabne e di Asdod; costruì piazzeforti nel ter ritorio di Asdod e in quello dei Filistei. Dio lo aiutò contro i Filistei contro gli Arabi che risiedevan o a Gur-Baal e contro i Meuniti. Gli Ammoniti pagavano un tributo a Ozia la cui fama giunse sino alla fro ntiera egiziana perché egli era divenuto molto potente. Ozia costruì torri a Gerusalemme alla po rta dell’Angolo e alla porta della Valle e sul Cantone e le fortificò. Costruì anche torri nella stepp a e scavò molte cisterne perché possedeva numeroso bestiame nella Sefela e nell’altopiano; av eva contadini e vignaioli sui monti e sulle colline perché egli amava l’agricoltura. Ozia possedeva un esercito di combattenti abili alla guerra divisi in schiere secondo il numero del loro censime nto compiuto dallo scriba Ieièl e dall’ispettore Maasia agli ordini di Anania uno dei comandanti del re. Tutti i capifamiglia di quei soldati valorosi ammontavano a duemilaseicento. Da loro dipe ndeva un esercito di trecentosettemilacinquecento combattenti di grande valore a difesa del re contro il nemico. A loro cioè a tutto l’esercito Ozia fornì scudi e lance elmi corazze archi e pietre per le fionde. A Gerusalemme aveva fatto costruire macchine, inventate da un esperto che coll ocò sulle torri e sugli angoli per scagliare frecce e grandi pietre. La fama di Ozia giunse in regioni lontane; fu infatti straordinario l’aiuto che ricevette e così divenne potente. Ma in seguito a tan ta potenza il suo cuore si insuperbì fino a rovinarsi. Difatti prevaricò nei confronti del Signore su o Dio. Penetrò nell’aula del tempio del Signore per bruciare incenso sull’altare. Dietro a lui entr ò il sacerdote Azaria con ottanta sacerdoti del Signore uomini virtuosi. Questi si opposero al re Ozia dicendogli: «Non tocca a te Ozia offrire l’incenso al Signore ma ai sacerdoti figli di Aronne c
he sono stati consacrati per offrire l’incenso. Esci dal santuario perché hai prevaricato. Non hai diritto alla gloria che viene dal Signore Dio». Ozia che teneva in mano il braciere per offrire l’inc enso si adirò. Mentre sfogava la sua collera contro i sacerdoti gli spuntò la lebbra sulla fronte da vanti ai sacerdoti nel tempio del Signore presso l’altare dell’incenso. Azaria sommo sacerdote e tutti i sacerdoti si voltarono verso di lui che apparve con la lebbra sulla fronte. Lo fecero uscire i n fretta di là anch’egli si precipitò per uscire poiché il Signore l’aveva colpito. Il re Ozia rimase le bbroso fino al giorno della sua morte. Egli abitò in una casa d’isolamento come lebbroso escluso dal tempio del Signore. Suo figlio Iotam era a capo della reggia e governava il popolo della terra
. Le altre gesta di Ozia dalle prime alle ultime le ha descritte il profeta Isaia figlio di Amoz. Ozia si addormentò con i suoi padri e lo seppellirono con i suoi padri nel campo presso le tombe dei re perché si diceva: «è un lebbroso». Al suo posto divenne re suo figlio Iotam. Quando Iotam dive nne re aveva venticinque anni; regnò sedici anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Ierusà figlia di Sadoc. Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto Ozia suo padre m a non entrò nell’aula del tempio del Signore e il popolo continuava a pervertirsi. Egli restaurò la porta superiore del tempio; lavorò molto anche per le mura dell’Ofel. Ricostruì città sulle monta gne di Giuda; costruì castelli e torri nelle zone boscose. Attaccò il re degli Ammoniti vincendolo.
Gli Ammoniti gli diedero in quell’anno cento talenti d’argento diecimila kor di grano e altrettant i d’orzo. Altrettanto gli consegnarono gli Ammoniti anche il secondo e il terzo anno. Iotam diven ne potente perché aveva sempre tenuto una condotta fedele nei confronti del Signore suo Dio.
Le altre gesta di Iotam tutte le sue guerre e la sua condotta sono descritte nel libro dei re d’Isra ele e di Giuda. Quando divenne re aveva venticinque anni; regnò sedici anni a Gerusalemme. Iot am si addormentò con i suoi padri lo seppellirono nella Città di Davide e al suo posto divenne re suo figlio Acaz. Quando Acaz divenne re aveva vent’anni; regnò sedici anni a Gerusalemme. No n fece ciò che è retto agli occhi del Signore come Davide suo padre. Seguì le vie dei re d’Israele; fece perfino fondere statue per i Baal. Egli bruciò incenso nella valle di Ben-Innòm; fece passare i suoi figli per il fuoco secondo gli abomini delle nazioni che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti. Sacrificava e bruciava incenso sulle alture sui colli e sotto ogni al bero verde. Ma il Signore suo Dio lo consegnò nelle mani del re degli Aramei i quali lo vinsero e gli catturarono un gran numero di prigionieri che condussero in Damasco. Fu consegnato anche nelle mani del re d’Israele che gli inflisse una grande sconfitta. Pekach figlio di Romelia in un gio rno uccise centoventimila uomini in Giuda tutti uomini di valore perché avevano abbandonato il Signore Dio dei loro padri. Zicrì un eroe di èfraim uccise Maasia figlio del re e Azrikàm prefetto del palazzo ed Elkanà il secondo dopo il re. Gli Israeliti condussero in prigionia tra i propri fratelli duecentomila persone fra donne figli e figlie; essi raccolsero anche una preda abbondante che portarono a Samaria. C’era là un profeta del Signore di nome Oded. Costui uscì incontro all’eser cito che giungeva a Samaria e disse: «Ecco a causa dello sdegno contro Giuda il Signore, Dio dei vostri padri li ha consegnati nelle vostre mani; ma voi li avete massacrati con un furore tale che è giunto fino al cielo. Ora voi dite di soggiogare come vostri schiavi e schiave i figli di Giuda e di
Gerusalemme. Ma non siete proprio voi colpevoli nei confronti del Signore vostro Dio? Ora asco ltatemi e rimandate i prigionieri che avete catturato in mezzo ai vostri fratelli, perché l’ardore d ell’ira del Signore è su di voi». Alcuni capi tra gli Efraimiti cioè Azaria figlio di Giovanni Berechia f iglio di Mesillemòt Ezechia figlio di Sallum e Amasà figlio di Cadlài insorsero contro quanti torna vano dalla guerra dicendo loro: «Non portate qui i prigionieri perché su di noi pesa già una colp a nei confronti del Signore. Voi intendete aumentare i nostri peccati e le nostre colpe, mentre la nostra colpa è già grande e su Israele incombe un’ira ardente». I soldati allora rilasciarono i prig ionieri e la preda davanti ai capi e a tutta l’assemblea. Alcuni uomini designati per nome si pres ero cura dei prigionieri. Quanti erano nudi li rivestirono e li calzarono con capi di vestiario presi dal bottino diedero loro da mangiare e da bere li medicarono con unzioni; quindi trasportando s u asini gli inabili a marciare li condussero a Gerico città delle palme, presso i loro fratelli. Poi tor narono a Samaria. In quel tempo il re Acaz mandò a chiedere aiuto al re d’Assiria. Gli Edomiti er ano venuti ancora una volta e avevano sconfitto Giuda e fatto prigionieri. Anche i Filistei si eran o sparsi per le città della Sefela e del Negheb di Giuda occupando Bet-Semes, àialon Ghederòt Soco con le dipendenze Timna con le dipendenze e Ghimzo con le dipe ndenze e vi si erano insediati. Questo accadde perché il Signore aveva umiliato Giuda a causa di Acaz re d’Israele che aveva permesso ogni licenza in Giuda ed era stato infedele al Signore. Tigla t-Pilèser re d’Assiria venne contro di lui e lo oppresse anziché sostenerlo. Acaz spogliò il tempio d el Signore il palazzo del re e dei prìncipi e consegnò tutto all’Assiria ma non ne ricevette alcun ai uto. Anche quando si trovava alle strette continuava a essere infedele al Signore: così era il re A caz. Sacrificò agli dèi di Damasco che lo avevano sconfitto dicendo: «Poiché gli dèi dei re di Ara m portano a loro aiuto io sacrificherò a essi e mi aiuteranno». In realtà essi provocarono la sua c aduta e quella di tutto Israele. Acaz radunò gli arredi del tempio di Dio e li fece a pezzi; chiuse le porte del tempio di Dio mentre eresse altari in tutti i crocicchi di Gerusalemme. In tutte le città di Giuda eresse alture per bruciare incenso ad altri dèi provocando così lo sdegno del Signore Di o dei suoi padri. Le altre gesta di lui e tutte le sue imprese dalle prime alle ultime sono descritte nel libro dei re di Giuda e d’Israele. Acaz si addormentò con i suoi padri e lo seppellirono in città a Gerusalemme ma non lo collocarono nei sepolcri dei re d’Israele. Al suo posto divenne re suo figlio Ezechia. Ezechia divenne re a venticinque anni; regnò ventinove anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Abia figlia di Zaccaria. Fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto Davide suo padre. Nel primo anno del suo regno nel primo mese aprì le porte del tempio e le restaurò. Fece venire i sacerdoti e i leviti e dopo averli radunati nella piazza d’oriente, disse l oro: «Ascoltatemi leviti! Ora santificatevi e poi santificate il tempio del Signore, Dio dei vostri pa dri e portate fuori l’impurità dal santuario. I nostri padri sono stati infedeli e hanno commesso c iò che è male agli occhi del Signore nostro Dio che essi avevano abbandonato distogliendo lo sg uardo dalla dimora del Signore e voltandole le spalle. Hanno chiuso perfino le porte del vestibol o spento le lampade non hanno offerto più incenso né olocausti nel santuario al Dio d’Israele. P

erciò l’ira del Signore si è riversata su Giuda e su Gerusalemme ed egli ha reso gli abitanti oggett o di terrore di stupore e di scherno come potete vedere con i vostri occhi. Ora ecco i nostri padr i sono caduti di spada; i nostri figli le nostre figlie e le nostre mogli sono andati per questo in pri gionia. Ora io ho deciso di concludere un’alleanza con il Signore Dio d’Israele perché si allontani da noi l’ardore della sua ira. Figli miei non siate negligenti perché il Signore ha scelto voi per star e alla sua presenza per servirlo per essere suoi ministri e per offrirgli incenso». Si alzarono allora i seguenti leviti: Macat figlio di Amasài Gioele figlio di Azaria dei Keatiti; dei figli di Merarì: Kis fi glio di Abdì e Azaria figlio di Ieallelèl; dei Ghersoniti: Iòach figlio di Zimmà ed Eden figlio di Iòach
; dei figli di Elisafàn: Simrì e Ieièl; dei figli di Asaf: Zaccaria e Mattania; dei figli di Eman: Iechièl e Simei; dei figli di Iedutù n: Semaià e Uzzièl. Essi riunirono i fratelli e si santificarono; quindi entra rono secondo il comando del re e le prescrizioni del Signore per purificare il tempio del Signore.
I sacerdoti entrarono nell’interno del tempio del Signore per purificarlo; portarono fuori nel cor tile del tempio del Signore ogni impurità trovata nell’aula del Signore. I leviti l’ammucchiarono p er portarla fuori nel torrente Cedron. Il primo giorno del primo mese cominciarono la purificazio ne; nel giorno ottavo del mese entrarono nel vestibolo del Signore e purificarono il tempio del S
ignore in otto giorni. Finirono il sedici del primo mese. Quindi entrarono negli appartamenti real i di Ezechia e gli dissero: «Abbiamo purificato tutto il tempio del Signore l’altare degli olocausti c on tutti gli utensili e la tavola dei pani dell’offerta con tutti gli utensili. Abbiamo rinnovato e con sacrato tutti gli utensili che il re Acaz con empietà aveva messo da parte durante il suo regno. Ec co stanno davanti all’altare del Signore». Allora il re Ezechia alzatosi riunì i capi della città e salì al tempio del Signore. Portarono sette giovenchi sette arieti sette agnelli e sette capri per offrirli per la casa reale per il santuario e per Giuda in sacrificio per il peccato. Il re ordinò ai sacerdoti f igli di Aronne di offrirli in olocausto sull’altare del Signore. Sgozzarono i giovenchi quindi i sacer doti ne raccolsero il sangue e lo sparsero sull’altare. Sgozzarono gli arieti e ne sparsero il sangue sull’altare. Sgozzarono gli agnelli e ne sparsero il sangue sull’altare. Quindi fecero avvicinare i c apri per il sacrificio per il peccato davanti al re e all’assemblea che imposero loro le mani. I sacer doti li sgozzarono e ne sparsero il sangue sull’altare quale sacrificio per il peccato in espiazione per tutto Israele perché il re aveva ordinato l’olocausto e il sacrificio per il peccato per tutto Isra ele. Egli inoltre assegnò il loro posto ai leviti nel tempio del Signore con cimbali arpe e cetre sec ondo le disposizioni di Davide di Gad veggente del re e del profeta Natan poiché si trattava di u n comando del Signore comunicato per mezzo dei suoi profeti. Quando i leviti ebbero preso pos to con gli strumenti musicali di Davide e i sacerdoti con le loro trombe Ezechia ordinò di offrire gli olocausti sull’altare. Quando iniziò l’olocausto cominciarono anche i canti del Signore al suon o delle trombe e con l’accompagnamento degli strumenti di Davide re d’Israele. Tutta l’assembl ea si prostrò mentre si cantavano inni e si suonavano le trombe; tutto questo durò fino alla fine dell’olocausto. Terminato l’olocausto il re e tutti i presenti si inginocchiarono e si prostrarono. Il re Ezechia e i suoi capi ordinarono ai leviti di lodare il Signore con le parole di Davide e del vegg ente Asaf; lo lodarono con entusiasmo poi si inchinarono e si prostrarono. Allora Ezechia presa l
a parola disse: «Ora siete incaricati ufficialmente del servizio del Signore. Avvicinatevi e portate qui le vittime e i sacrifici di lode nel tempio del Signore». L’assemblea portò le vittime e i sacrific i di lode mentre quelli dal cuore generoso offrirono olocausti. Il numero degli olocausti offerti d all’assemblea fu di settanta giovenchi cento arieti duecento agnelli tutti per l’olocausto in onore del Signore. Le offerte sacre furono di seicento giovenchi e tremila pecore. I sacerdoti erano tro ppo pochi e non bastavano a scorticare tutti gli olocausti perciò i loro fratelli i leviti li aiutarono f inché non terminò il lavoro e finché i sacerdoti non si furono santificati poiché i leviti erano stati più zelanti dei sacerdoti nel santificarsi. Ci fu anche un abbondante olocausto del grasso dei sac rifici di comunione e delle libagioni connesse con l’olocausto. Così fu ristabilito il culto nel tempi o del Signore. Ezechia con tutto il popolo gioì perché Dio aveva ben disposto il popolo; ogni cosa infatti era stata compiuta rapidamente. Ezechia mandò messaggeri per tutto Israele e Giuda e s crisse anche lettere a èfraim e a Manasse per convocare tutti nel tempio del Signore a Gerusale mme a celebrare la Pasqua per il Signore Dio d’Israele. Il re i capi e tutta l’assemblea di Gerusale mme decisero di celebrare la Pasqua nel secondo mese. Infatti non avevano potuto celebrarla n el tempo fissato perché i sacerdoti non si erano santificati in numero sufficiente e il popolo non si era radunato a Gerusalemme. La proposta piacque al re e a tutta l’assemblea. Stabilirono di p roclamare con bando in tutto Israele da Bersabea a Dan che tutti venissero a celebrare a Gerusa lemme la Pasqua per il Signore Dio d’Israele perché molti non avevano osservato le norme pres critte. Partirono i corrieri con lettere da parte del re e dei capi per recarsi in tutto Israele e Giud a. Secondo l’ordine del re dicevano: «Israeliti fate ritorno al Signore Dio di Abramo di Isacco e di Israele ed egli ritornerà a quanti fra voi sono scampati dalla mano dei re d’Assiria. Non siate co me i vostri padri e i vostri fratelli infedeli al Signore Dio dei loro padri che perciò li ha abbandon ati alla desolazione come vedete. Ora non siate di dura cervice come i vostri padri date la mano al Signore venite nel santuario che egli ha consacrato per sempre. Servite il Signore vostro Dio e si allontanerà da voi l’ardore della sua ira. Difatti se fate ritorno al Signore i vostri fratelli e i vos tri figli troveranno compassione presso coloro che li hanno deportati; ritorneranno in questa ter ra poiché il Signore vostro Dio è misericordioso e pietoso e non distoglierà lo sguardo da voi se voi farete ritorno a lui». I corrieri passarono di città in città nel territorio di èfraim e di Manasse fino a Zàbulon ma la gente li derideva e si faceva beffe di loro. Solo alcuni di Aser di Manasse e di Zàbulon si umiliarono e vennero a Gerusalemme. In Giuda invece si manifestò la mano di Dio e generò negli uomini un cuore concorde per eseguire il comando del re e dei capi secondo la p arola del Signore. Si riunì a Gerusalemme una grande folla per celebrare la festa degli Azzimi nel secondo mese; fu un’assemblea molto numerosa. Cominciarono a eliminare gli altari che si trov avano a Gerusalemme; eliminarono anche tutti gli altari dei profumi e li gettarono nel torrente Cedron. Essi immolarono la Pasqua il quattordici del secondo mese; i sacerdoti e i leviti pieni di vergogna si santificarono e quindi portarono gli olocausti nel tempio del Signore. Occuparono il proprio posto secondo le regole fissate per loro nella legge di Mosè uomo di Dio. I sacerdoti fac evano aspersioni con il sangue che ricevevano dalle mani dei leviti perché molti dell’assemblea
non si erano santificati. I leviti si occupavano dell’uccisione degli agnelli pasquali per quanti non erano puri per consacrarli al Signore. In realtà la maggioranza della gente, fra cui molti provenie nti da èfraim da Manasse da ìssacar e da Zàbulon non si era purificata; mangiarono la Pasqua se nza fare quanto è prescritto. Ezechia pregò per loro: «Il Signore che è buono liberi dalla colpa ch iunque abbia il cuore disposto a cercare Dio ossia il Signore Dio dei suoi padri anche senza la pu rificazione necessaria per il santuario». Il Signore esaudì Ezechia e risparmiò il popolo. Gli Israeli ti che si trovavano a Gerusalemme celebrarono la festa degli Azzimi per sette giorni con grande gioia mentre i sacerdoti e i leviti lodavano ogni giorno il Signore suonando con tutte le forze per il Signore. Ezechia parlò al cuore di tutti i leviti che avevano dimostrato grande avvedutezza nei riguardi del Signore; per sette giorni parteciparono al banchetto solenne offrirono sacrifici di co munione e lodarono il Signore Dio dei loro padri. Tutta l’assemblea decise di festeggiare altri set te giorni; così passarono ancora sette giorni di gioia. Difatti Ezechia re di Giuda aveva donato all’
assemblea mille giovenchi e settemila pecore; anche i capi avevano donato all’assemblea mille giovenchi e diecimila pecore. I sacerdoti si santificarono in gran numero. Tutta l’assemblea di Gi uda i sacerdoti e i leviti tutta l’assemblea venuta da Israele i forestieri venuti dal territorio d’Isra ele e gli abitanti di Giuda furono pieni di gioia. Ci fu una gioia straordinaria a Gerusalemme perc hé dal tempo di Salomone figlio di Davide re d’Israele non c’era mai stata una cosa simile a Geru salemme. I sacerdoti e i leviti si levarono a benedire il popolo; la loro voce fu ascoltata e la loro preghiera raggiunse la sua santa dimora nel cielo. Quando tutto questo finì tutti gli Israeliti pres enti andarono nelle città di Giuda a infrangere le stele a tagliare i pali sacri e ad abbattere comp letamente le alture e gli altari da tutto Giuda e Beniamino e in èfraim e Manasse. Poi tutti gli Isr aeliti tornarono nelle loro città ognuno nella sua proprietà. Ezechia ricostituì le classi dei sacerd oti e dei leviti secondo le loro funzioni assegnando a ognuno ai sacerdoti e ai leviti il proprio ser vizio riguardo all’olocausto e ai sacrifici di comunione, per celebrare e lodare con inni e per serv ire alle porte degli accampamenti del Signore. Una parte dei beni del re era per gli olocausti del mattino e della sera gli olocausti dei sabati dei noviluni e delle feste come sta scritto nella legge del Signore. Egli ordinò al popolo agli abitanti di Gerusalemme di consegnare ai sacerdoti e ai le viti la loro parte perché questi potessero attendere alla legge del Signore. Appena si diffuse que st’ordine gli Israeliti offrirono in abbondanza le primizie del grano del mosto dell’olio del miele e di ogni altro prodotto agricolo e la decima abbondante di ogni cosa. E gli Israeliti e i Giudei che abitavano nelle città di Giuda, portarono anche loro la decima degli armenti e delle greggi come anche la decima dei doni consacrati al Signore, loro Dio facendone grandi mucchi. Nel terzo me se si cominciò a fare i mucchi che furono completati nel settimo mese. Vennero Ezechia e i capi; visti i mucchi benedissero il Signore e il popolo d’Israele. Ezechia interrogò i sacerdoti e i leviti ri guardo ai mucchi e il sommo sacerdote Azaria della casa di Sadoc gli rispose: «Da quando si è co minciato a portare l’offerta nel tempio del Signore noi abbiamo mangiato e ci siamo saziati ma ne è rimasta in abbondanza perché il Signore ha benedetto il suo popolo; ne è rimasta questa gr ande quantità». Ezechia allora ordinò che si preparassero stanze nel tempio del Signore. Le prep
ararono. Vi depositarono scrupolosamente le offerte le decime e le cose consacrate. A tali cose presiedeva il levita Conania alle cui dipendenze era il fratello Simei. Iechièl Azazia Nacat, Asaèl I erimòt Iozabàd Elièl Ismachia Macat e Benaià erano sorveglianti, sotto la direzione di Conania e di suo fratello Simei per ordine del re Ezechia e di Azaria sovrintendente al tempio di Dio. Cori fi glio di Imna levita custode della porta d’oriente era preposto alle offerte spontanee fatte a Dio; egli distribuiva quanto si prelevava per l’offerta al Signore e le cose santissime. Da lui dipendeva no Eden Miniamìn Giosuè Semaià Amaria e Secania nelle città sacerdotali come distributori fed eli tra i loro fratelli grandi e piccoli secondo le loro classi oltre ai maschi registrati dai tre anni in su; questi entravano ogni giorno nel tempio del Signore per il loro servizio secondo le loro funzi oni e secondo le loro classi. La registrazione dei sacerdoti era fatta secondo i loro casati; quella dei leviti dai vent’anni in su secondo le loro funzioni e secondo le loro classi. Erano registrati co n tutti i bambini le mogli i figli e le figlie di tutta la comunità poiché dovevano consacrarsi con fe deltà a ciò che è sacro. Per i figli di Aronne ossia per i sacerdoti residenti in campagna nelle zon e attorno alle loro città in ogni città c’erano uomini designati per nome per distribuire la parte d ovuta a ogni maschio fra i sacerdoti e a ogni registrato fra i leviti. Ezechia fece lo stesso in tutto Giuda; egli fece ciò che è buono retto e leale davanti al Signore suo Dio. Quanto aveva intrapres o per il servizio del tempio di Dio per la legge e per i comandamenti cercando il suo Dio lo fece c on tutto il cuore; per questo ebbe successo. Dopo questi fatti e queste prove di fedeltà venne S
ennàcherib re d’Assiria. Penetrato in Giuda assediò le città fortificate e ordinò di espugnarle. Ez echia vide l’avanzata di Sennàcherib che si dirigeva verso Gerusalemme per assediarla. Egli deci se con i suoi comandanti e con i suoi prodi di ostruire le acque sorgive che erano fuori della citt à. Essi l’aiutarono. Si radunò un popolo numeroso per ostruire tutte le sorgenti e il torrente che scorreva attraverso la regione dicendo: «Perché dovrebbero venire i re d’Assiria e trovare acqua in abbondanza?». Agì da forte: ricostruì tutta la parte diroccata delle mura vi innalzò torri e al d i fuori un altro muro fortificò il Millo della Città di Davide e preparò armi in abbondanza e scudi.
Designò capi militari sopra il popolo; li radunò presso di sé nella piazza della porta della città e c osì parlò al loro cuore: «Siate forti e coraggiosi! Non temete e non abbattetevi davanti al re d’As siria e davanti a tutta la moltitudine che l’accompagna perché con noi c’è uno più grande di que llo che è con lui. Con lui c’è un braccio di carne con noi c’è il Signore nostro Dio per aiutarci e pe r combattere le nostre battaglie». Il popolo rimase rassicurato dalle parole di Ezechia re di Giud a. In seguito Sennàcherib re d’Assiria mandò i suoi servitori a Gerusalemme, mentre egli con tut te le forze assaliva Lachis per dire a Ezechia re di Giuda e a tutti quelli di Giuda che erano a Geru salemme: «Così parla Sennàcherib re d’Assiria: “In chi avete fiducia voi per restare a Gerusalem me assediata? Ezechia non vi inganna forse per farvi morire di fame e di sete quando asserisce: Il Signore nostro Dio ci libererà dalle mani del re d’Assiria? Egli non è forse lo stesso Ezechia che ha eliminato le sue alture e i suoi altari dicendo a Giuda e a Gerusalemme: Vi prostrerete davan ti a un solo altare e su di esso soltanto offrirete incenso? Non sapete che cosa abbiamo fatto io e i miei padri a tutti i popoli del mondo? Forse gli dèi delle nazioni del mondo hanno potuto libe
rare i loro paesi dalla mia mano? Quale fra tutti gli dèi di quelle nazioni che i miei padri avevano votato allo sterminio ha potuto liberare il suo popolo dalla mia mano? Potrà il vostro Dio libera rvi dalla mia mano? Ora non vi inganni Ezechia e non vi seduca in questa maniera! Non credeteg li perché nessun dio di qualsiasi nazione o regno ha potuto liberare il suo popolo dalla mia man o e dalle mani dei miei padri. Nemmeno i vostri dèi vi libereranno dalla mia mano!”». Parlarono ancora i suoi servitori contro il Signore Dio e contro Ezechia suo servo. Sennàcherib aveva scritt o anche lettere insultando il Signore Dio d’Israele e parlando contro di lui in questi termini: «Co me gli dèi delle nazioni del mondo non hanno potuto liberare i loro popoli dalla mia mano così il Dio di Ezechia non libererà dalla mia mano il suo popolo». Gli inviati gridarono a gran voce in gi udaico al popolo di Gerusalemme che stava sulle mura per spaventarlo e atterrirlo al fine di occ uparne la città. Essi parlarono del Dio di Gerusalemme come di uno degli dèi degli altri popoli d ella terra opera di mani d’uomo. Allora il re Ezechia e il profeta Isaia figlio di Amoz pregarono a questo riguardo e gridarono al cielo. Il Signore mandò un angelo che sterminò tutti i soldati valo rosi ogni condottiero e ogni comandante nel campo del re d’Assiria. Questi se ne tornò con la ve rgogna sul volto nella sua terra. Entrò nel tempio del suo dio dove alcuni suoi figli nati dalle sue viscere, l’uccisero di spada. Così il Signore salvò Ezechia e gli abitanti di Gerusalemme dalla man o di Sennàcherib re d’Assiria e dalla mano di tutti gli altri e concesse loro tregua alle frontiere. A llora molti portarono offerte al Signore a Gerusalemme e oggetti preziosi a Ezechia re di Giuda c he dopo queste cose aumentò di prestigio agli occhi di tutte le nazioni. In quei giorni Ezechia si ammalò mortalmente. Egli pregò il Signore che l’esaudì e operò un prodigio per lui. Ma Ezechia non corrispose ai benefici a lui concessi perché il suo cuore si era insuperbito; per questo su di l ui su Giuda e su Gerusalemme si riversò l’ira divina. Tuttavia Ezechia si umiliò della superbia del suo cuore e a lui si associarono gli abitanti di Gerusalemme; per questo l’ira del Signore non si a bbatté su di loro durante i giorni di Ezechia. Ezechia ebbe ricchezze e gloria in abbondanza. Egli si costruì depositi per l’argento, l’oro le pietre preziose gli aromi gli scudi e per qualsiasi cosa pr eziosa magazzini per i prodotti del grano del mosto e dell’olio stalle per ogni genere di bestiame ovili per le pecore. Si edificò città ebbe molto bestiame minuto e grosso perché Dio gli aveva co ncesso beni molto grandi. Ezechia chiuse l’apertura superiore delle acque del Ghicon convoglian dole in basso verso il lato occidentale della Città di Davide. Ezechia riuscì in ogni sua impresa. M
a quando i capi di Babilonia gli inviarono messaggeri per informarsi sul prodigio avvenuto nel pa ese Dio l’abbandonò per metterlo alla prova e conoscerne completamente il cuore. Le altre gest a di Ezechia e le sue opere di pietà sono descritte nella visione del profeta Isaia figlio di Amoz ne l libro dei re di Giuda e d’Israele. Ezechia si addormentò con i suoi padri e lo seppellirono nella s alita dei sepolcri dei figli di Davide. Alla sua morte gli resero omaggio tutto Giuda e gli abitanti di Gerusalemme. Al suo posto divenne re suo figlio Manasse. Quando divenne re Manasse aveva dodici anni; regnò cinquantacinque anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Sign ore secondo gli abomini delle nazioni che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti. Costruì di nuovo le alture che suo padre Ezechia aveva demolito eresse altari ai Baal fece pali sacri si pr
ostrò davanti a tutto l’esercito del cielo e lo servì. Costruì altari nel tempio del Signore riguardo al quale il Signore aveva detto: «A Gerusalemme porrò il mio nome per sempre». Eresse altari a tutto l’esercito del cielo nei due cortili del tempio del Signore. Fece passare i suoi figli per il fuoc o nella valle di Ben-Innòm si affidò a vaticini, presagi e magie istituì negromanti e indovini. Compì in molte maniere ciò che è male agli occhi del Signore provocando il suo sdegno. Collocò l’immagine dell’idolo, ch e aveva fatto scolpire nel tempio di Dio riguardo al quale Dio aveva detto a Davide e a Salomon e suo figlio: «In questo tempio e a Gerusalemme che ho scelto fra tutte le tribù d’Israele porrò il mio nome per sempre. Non permetterò più che il piede degli Israeliti erri lontano dal suolo che io ho destinato ai vostri padri purché si impegnino a osservare tutto quello che ho comandato l oro secondo tutta la legge gli statuti e i decreti comunicati per mezzo di Mosè». Manasse spinse Giuda e gli abitanti di Gerusalemme a fare peggio delle nazioni che il Signore aveva estirpato da vanti agli Israeliti. Il Signore parlò a Manasse e al suo popolo ma non gli prestarono attenzione.
Allora il Signore mandò contro di loro i comandanti dell’esercito del re assiro; essi presero Man asse con uncini lo legarono con catene di bronzo e lo condussero a Babilonia. Ridotto in tale mis eria egli placò il volto del Signore suo Dio e si umiliò molto di fronte al Dio dei suoi padri. Egli lo pregò e Dio si lasciò commuovere esaudì la sua supplica e lo fece tornare a Gerusalemme nel su o regno; così Manasse riconobbe che il Signore è Dio. In seguito egli costruì il muro esterno dell a Città di Davide a occidente del Ghicon nella valle fino alla porta dei Pesci e circondò l’Ofel e lo sollevò a notevole altezza. In tutte le fortezze di Giuda egli pose comandanti dell’esercito. Rimo sse gli dèi degli stranieri e l’idolo dal tempio del Signore insieme con tutti gli altari che egli avev a costruito sul monte del tempio del Signore e a Gerusalemme e gettò tutto fuori della città. Re staurò l’altare del Signore e offrì su di esso sacrifici di comunione e di lode e comandò a Giuda d i servire il Signore Dio d’Israele. Tuttavia il popolo continuava a sacrificare sulle alture anche se l o faceva in onore del Signore suo Dio. Le altre gesta di Manasse la preghiera al suo Dio e le paro le che i veggenti gli comunicarono a nome del Signore Dio d’Israele ecco sono descritte negli att i dei re d’Israele. La sua preghiera e come fu esaudito tutta la sua colpa e la sua infedeltà le loca lità ove costruì alture eresse pali sacri e immagini scolpite prima della sua umiliazione sono desc ritte negli atti di Cozài. Manasse si addormentò con i suoi padri lo seppellirono nel suo palazzo e al suo posto divenne re suo figlio Amon. Quando divenne re Amon aveva ventidue anni; regnò due anni a Gerusalemme. Egli fece ciò che è male agli occhi del Signore come Manasse suo padr e. Amon offrì sacrifici a tutti gli idoli eretti da Manasse suo padre e li servì. Non si umiliò davanti al Signore come si era umiliato Manasse suo padre; anzi Amon aumentò le sue colpe. I suoi uffi ciali congiurarono contro di lui e l’uccisero nel suo palazzo. Ma il popolo della terra colpì quanti avevano congiurato contro il re Amon e proclamò re al suo posto suo figlio Giosia. Quando dive nne re Giosia aveva otto anni; regnò trentun anni a Gerusalemme. Fece ciò che è retto agli occh i del Signore seguendo le vie di Davide suo padre, senza deviare né a destra né a sinistra. Nell’a nno ottavo del suo regno quando era ancora un ragazzo cominciò a cercare il Dio di Davide suo
padre. Nel dodicesimo anno cominciò a purificare Giuda e Gerusalemme dalle alture dai pali sac ri e dalle immagini scolpite o fuse. Sotto i suoi occhi furono demoliti gli altari dei Baal, infranse g li altari per l’incenso che vi erano sopra distrusse i pali sacri e le immagini scolpite o fuse, riduce ndoli in polvere che sparse sui sepolcri di coloro che avevano sacrificato a tali cose. Le ossa dei s acerdoti le bruciò sui loro altari; così purificò Giuda e Gerusalemme. Lo stesso fece nelle città di Manasse di èfraim e di Simeone fino a Nèftali, nei loro villaggi circostanti. Demolì gli altari fece a pezzi i pali sacri e gli idoli in modo da ridurli in polvere demolì tutti gli altari per l’incenso in tut ta la terra d’Israele; poi fece ritorno a Gerusalemme. Nell’anno diciottesimo del suo regno dopo aver purificato la terra e il tempio mandò Safan figlio di Asalia Maasia governatore della città e Iòach figlio di Ioacàz, archivista per restaurare il tempio del Signore suo Dio. Costoro si presenta rono al sommo sacerdote Chelkia e gli consegnarono il denaro depositato nel tempio di Dio; l’av evano raccolto i leviti custodi della soglia da Manasse da èfraim e da tutto il resto d’Israele da t utto Giuda da Beniamino e dagli abitanti di Gerusalemme. Lo misero in mano agli esecutori dei l avori sovrintendenti al tempio del Signore ed essi lo diedero agli esecutori dei lavori che lavorav ano nel tempio del Signore per consolidare e riparare il tempio. Lo diedero ai falegnami e ai mu ratori per l’acquisto di pietre da taglio e di legname per l’armatura e la travatura dei locali lascia ti rovinare dai re di Giuda. Quegli uomini lavoravano con onestà erano stati loro preposti per la direzione Iacat e Abdia leviti dei figli di Merarì Zaccaria e Mesullàm dei figli di Keat. Leviti espert i di strumenti musicali sorvegliavano i portatori e dirigevano quanti compivano lavori di qualsias i genere; altri leviti erano scribi ispettori e portieri. Mentre si prelevava il denaro depositato nel tempio del Signore il sacerdote Chelkia trovò il libro della legge del Signore data per mezzo di M
osè. Chelkia prese a parlare e disse allo scriba Safan: «Ho trovato nel tempio del Signore il libro della legge». Chelkia diede il libro a Safan. Safan portò il libro dal re; egli inoltre lo informò dice ndo: «Quanto è stato ordinato i tuoi servitori lo eseguono. Hanno versato il denaro trovato nel t empio del Signore e l’hanno consegnato in mano ai sorveglianti e agli operai». Poi lo scriba Safa n annunciò al re: «Il sacerdote Chelkia mi ha dato un libro». Safan ne lesse una parte davanti al re. Udite le parole della legge il re si stracciò le vesti. Il re comandò a Chelkia ad Achikàm figlio d i Safan ad Abdon figlio di Mica allo scriba Safan e ad Asaià ministro del re: «Andate consultate il Signore per me e per quanti sono rimasti in Israele e in Giuda riguardo alle parole del libro che è stato trovato; grande infatti è la collera del Signore che si è riversata su di noi perché i nostri pa dri non hanno ascoltato le parole del Signore mettendo in pratica quanto sta scritto in questo li bro». Chelkia insieme con coloro che il re aveva designato si recò dalla profetessa Culda moglie di Sallum figlio di Tokat figlio di Casra custode delle vesti la quale abitava nel secondo quartiere di Gerusalemme. Le parlarono in tal senso ed ella rispose loro: «Così dice il Signore Dio d’Israele
: “Riferite all’uomo che vi ha inviati da me: Così dice il Signore: Ecco io farò venire una sciagura s u questo luogo e sui suoi abitanti tutte le maledizioni scritte nel libro letto davanti al re di Giuda perché hanno abbandonato me e hanno bruciato incenso ad altri dèi per provocarmi a sdegno con tutte le opere delle loro mani; la mia collera si riverserà contro questo luogo e non si spegn
erà!”. Al re di Giuda che vi ha inviati a consultare il Signore riferirete questo: “Così dice il Signor e Dio d’Israele: Quanto alle parole che hai udito poiché il tuo cuore si è intenerito e ti sei umiliat o davanti a Dio all’udire le sue parole contro questo luogo e contro i suoi abitanti poiché ti sei u miliato davanti a me ti sei stracciato le vesti e hai pianto davanti a me anch’io ho ascoltato, orac olo del Signore! Ecco io ti riunirò ai tuoi padri e sarai loro riunito nel tuo sepolcro in pace e i tuoi occhi non vedranno tutta la sciagura che io farò venire su questo luogo e sui suoi abitanti”». Qu elli riferirono il messaggio al re. Allora il re mandò a radunare tutti gli anziani di Giuda e di Gerus alemme. Il re salì al tempio; erano con lui tutti gli uomini di Giuda gli abitanti di Gerusalemme i sacerdoti i leviti e tutto il popolo dal più grande al più piccolo. Lesse alla loro presenza tutte le p arole del libro dell’alleanza trovato nel tempio del Signore. Il re in piedi presso la colonna, concl use l’alleanza davanti al Signore per seguire il Signore e osservare i suoi comandi le istruzioni e l e leggi con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima per mettere in pratica le parole dell’allean za scritte in quel libro. Fece impegnare quanti si trovavano a Gerusalemme e in Beniamino. Gli a bitanti di Gerusalemme agirono secondo l’alleanza di Dio Dio dei loro padri. Giosia rimosse tutti gli abomini da tutti i territori appartenenti agli Israeliti; costrinse quanti si trovavano in Israele a servire il Signore loro Dio. Finché egli visse non desistettero dal seguire il Signore Dio dei loro pa dri. Giosia celebrò a Gerusalemme la Pasqua in onore del Signore. La Pasqua fu immolata il quat tordici del primo mese. Egli ristabilì i sacerdoti nei loro uffici e li incoraggiò al servizio del tempi o del Signore. Egli disse ai leviti che ammaestravano tutto Israele e che si erano consacrati al Sig nore: «Collocate l’arca santa nel tempio costruito da Salomone figlio di Davide re d’Israele; essa non costituirà più un peso per le vostre spalle. Ora servite il Signore vostro Dio e il suo popolo I sraele. Disponetevi secondo il vostro casato secondo le vostre classi in base alla prescrizione di Davide re d’Israele e alla prescrizione di Salomone suo figlio. State nel santuario a disposizione dei casati dei vostri fratelli dei figli del popolo; per i leviti ci sarà una parte in ogni casato. Immol ate la Pasqua santificatevi e mettetevi a disposizione dei vostri fratelli secondo la parola del Sig nore comunicata per mezzo di Mosè». Giosia diede ai figli del popolo a quanti erano lì presenti del bestiame minuto cioè trentamila agnelli e capretti come vittime pasquali e in più tremila gio venchi. Ciò proveniva dai beni del re. I suoi capi fecero offerte spontanee per il popolo per i sac erdoti e per i leviti. Chelkia Zaccaria e Iechièl sovrintendenti al tempio di Dio diedero ai sacerdot i per i sacrifici pasquali duemilaseicento agnelli e trecento giovenchi. Conania Semaià e Netanèl suoi fratelli Casabia Ieièl e Iozabàd capi dei leviti diedero ai leviti per i sacrifici pasquali, cinquem ila agnelli e cinquecento giovenchi. Così tutto fu pronto per il servizio; i sacerdoti si misero al lor o posto così anche i leviti secondo le loro classi conformemente al comando del re. Immolarono la Pasqua: i sacerdoti spargevano il sangue mentre i leviti scorticavano. Misero da parte l’oloca usto da distribuire ai figli del popolo secondo le divisioni per casato perché lo presentassero al S
ignore come sta scritto nel libro di Mosè. Lo stesso fecero per i giovenchi. Secondo la regola arr ostirono la Pasqua sul fuoco; le parti consacrate le cossero in pentole in caldaie e in tegami e le distribuirono sollecitamente a tutto il popolo. Dopo, prepararono la Pasqua per se stessi e per i
sacerdoti poiché i sacerdoti figli di Aronne furono occupati fino a notte nell’offrire gli olocausti e le parti grasse; per questo i leviti la prepararono per se stessi e per i sacerdoti figli di Aronne. I c antori figli di Asaf occupavano il loro posto, secondo le prescrizioni di Davide di Asaf di Eman e d i Iedutù n veggente del re; i portieri erano alle varie porte. Costoro non dovettero allontanarsi d al loro posto perché i leviti loro fratelli prepararono per loro. Così in quel giorno fu disposto tutt o il servizio del Signore per celebrare la Pasqua e per offrire gli olocausti sull’altare del Signore s econdo l’ordine del re Giosia. Gli Israeliti presenti celebrarono allora la Pasqua e la festa degli A zzimi per sette giorni. Dal tempo del profeta Samuele non era stata celebrata una Pasqua simile in Israele; nessuno dei re d’Israele aveva celebrato una Pasqua come questa celebrata da Giosi a insieme con i sacerdoti i leviti tutti quelli di Giuda e d’Israele presenti e gli abitanti di Gerusale mme. Questa Pasqua fu celebrata nel diciottesimo anno del regno di Giosia. Dopo tutto ciò dop o che Giosia aveva riorganizzato il tempio Necao re d’Egitto, salì a combattere a Càrchemis sull’
Eufrate. Giosia uscì incontro a lui. Quegli mandò messaggeri a dirgli: «Che c’è fra me e te o re di Giuda? Io non vengo oggi contro di te ma sono in guerra contro un’altra casa e Dio mi ha impost o di affrettarmi. Pertanto non opporti a Dio che è con me affinché egli non ti distrugga». Ma Gio sia non si ritirò. Deciso ad affrontarlo non ascoltò le parole di Necao che venivano dalla bocca di Dio e attaccò battaglia nella valle di Meghiddo. Gli arcieri tirarono sul re Giosia. Il re diede ques t’ordine ai suoi servi: «Portatemi via perché sono ferito gravemente». I suoi servi lo tolsero dal s uo carro lo misero in un altro suo carro e lo riportarono a Gerusalemme ove morì. Fu sepolto ne i sepolcri dei suoi padri. Tutti quelli di Giuda e di Gerusalemme fecero lutto per Giosia. Geremia compose un lamento su Giosia; tutti i cantanti e le cantanti lo ripetono ancora oggi nei lamenti su Giosia: è diventata una tradizione in Israele. Esso è inserito fra i lamenti. Le altre gesta di Gio sia le sue opere di pietà secondo ciò che è scritto nella legge del Signore le sue gesta dalle prime alle ultime sono descritte nel libro dei re d’Israele e di Giuda. Il popolo della terra prese Ioacàz f iglio di Giosia e lo proclamò re al posto del padre a Gerusalemme. Quando divenne re Ioacàz av eva ventitré anni; regnò tre mesi a Gerusalemme. Il re d’Egitto lo destituì a Gerusalemme e imp ose alla terra un tributo di cento talenti d’argento e di un talento d’oro. Il re d’Egitto nominò re su Giuda e Gerusalemme il fratello Eliakìm cambiandogli il nome in Ioiakìm. Quanto al fratello di lui Ioacàz Necao lo prese e lo deportò in Egitto. Quando divenne re Ioiakìm aveva venticinque a nni; regnò undici anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore suo Dio. Contr o di lui salì Nabucodònosor re di Babilonia che lo legò con catene di bronzo per deportarlo a Ba bilonia. Nabucodònosor portò a Babilonia parte degli oggetti del tempio del Signore che depose a Babilonia nella sua reggia. Le altre gesta di Ioiakìm gli abomini da lui commessi e ciò che risult a a suo carico, sono descritti nel libro dei re d’Israele e di Giuda. Al suo posto divenne re suo figl io Ioiachìn. Quando divenne re Ioiachìn aveva diciotto anni; regnò tre mesi e dieci giorni a Gerus alemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore. All’inizio del nuovo anno il re Nabucodònos or mandò a prenderlo per deportarlo a Babilonia con gli oggetti più preziosi del tempio del Sign ore. Egli nominò re su Giuda e Gerusalemme suo fratello Sedecìa. Quando divenne re Sedecìa a
veva ventun anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore s uo Dio. Non si umiliò davanti al profeta Geremia che gli parlava in nome del Signore. Si ribellò a nche al re Nabucodònosor che gli aveva fatto giurare fedeltà in nome di Dio. Egli indurì la sua ce rvice e si ostinò in cuor suo a non far ritorno al Signore Dio d’Israele. Anche tutti i capi di Giuda i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri po poli e contaminarono il tempio che il Signore si era consacrato a Gerusalemme. Il Signore Dio de i loro padri mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Di o disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine senza più rimedio. Allora il Signore fece salire contro di loro il re dei Caldei che uccise di spada i loro uomini migliori nel santuario senza pietà per i giovani per le fanciulle per i vecchi e i decrepiti. Il Signore consegnò ogni cosa nelle sue mani. Portò a Babiloni a tutti gli oggetti del tempio di Dio grandi e piccoli i tesori del tempio del Signore e i tesori del re e dei suoi ufficiali. Quindi incendiarono il tempio del Signore demolirono le mura di Gerusalem me e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re deport ò a Babilonia gli scampati alla spada che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento de l regno persiano attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremia: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni». Nell’anno primo di Ciro re di Persia perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremia il Signore suscitò lo spirito di Ciro re di Persia che fece procla mare per tutto il suo regno anche per iscritto: «Così dice Ciro re di Persia: “Il Signore Dio del ciel o mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusale mme che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo il Signore suo Dio sia con lui e sal ga!”». Nell’anno primo di Ciro re di Persia perché si adempisse la parola che il Signore aveva det to per bocca di Geremia il Signore suscitò lo spirito di Ciro re di Persia che fece proclamare per t utto il suo regno anche per iscritto: «Così dice Ciro re di Persia: “Il Signore Dio del cielo mi ha co ncesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo il suo Dio sia con lui e salga a Gerusalemm e che è in Giuda e costruisca il tempio del Signore Dio d’Israele: egli è il Dio che è a Gerusalemm e. E a ogni superstite da tutti i luoghi dove aveva dimorato come straniero gli abitanti del luogo forniranno argento e oro beni e bestiame con offerte spontanee per il tempio di Dio che è a Ger usalemme”». Allora si levarono i capi di casato di Giuda e di Beniamino e i sacerdoti e i leviti. A t utti Dio aveva destato lo spirito affinché salissero a costruire il tempio del Signore che è a Gerus alemme. Tutti i loro vicini li sostennero con oggetti d’argento oro beni bestiame e oggetti prezio si oltre a quello che ciascuno offrì spontaneamente. Anche il re Ciro fece prelevare gli utensili d el tempio del Signore che Nabucodònosor aveva asportato da Gerusalemme e aveva deposto n el tempio del suo dio. Ciro re di Persia li fece prelevare da Mitridate il tesoriere e li consegnò a S
esbassàr principe di Giuda. Questo è il loro inventario: bacili d’oro: trenta; bacili d’argento: mill
e; coltelli: ventinove; coppe d’oro: trenta; coppe d’argento di second’ordine: quattrocentodieci; altri utensili: mille. Tutti gli utensili d’oro e d’argento erano cinquemilaquattrocento. Sesbassàr li riportò tutti quando gli esuli tornarono da Babilonia a Gerusalemme. Questi sono gli abitanti d ella provincia che ritornarono dall’esilio quelli che Nabucodònosor re di Babilonia aveva deport ato a Babilonia e che tornarono a Gerusalemme e in Giudea, ognuno alla sua città essi vennero con Zorobabele Giosuè Neemia Seraià, Reelaià Mardocheo Bilsan Mispar Bigvài Recum Baanà.
Questa è la lista degli uomini del popolo d’Israele. Figli di Paros: duemilacentosettantadue. Figli di Sefatia: trecentosettantadue. Figli di Arach: settecentosettantacinque. Figli di Pacat-Moab cioè figli di Giosuè e di Ioab: duemilaottocentododici. Figli di Elam: milleduecentocinquan taquattro. Figli di Zattu: novecentoquarantacinque. Figli di Zaccài: settecentosessanta. Figli di B
anì: seicentoquarantadue. Figli di Bebài: seicentoventitré. Figli di Azgad: milleduecentoventidue
. Figli di Adonikàm: seicentosessantasei. Figli di Bigvài: duemilacinquantasei. Figli di Adin: quattr ocentocinquantaquattro. Figli di Ater cioè di Ezechia: novantotto. Figli di Besài: trecentoventitré
. Figli di Iora: centododici. Figli di Casum: duecentoventitré. Figli di Ghibbar: novantacinque. Figli di Betlemme: centoventitré. Uomini di Netofà: cinquantasei. Uomini di Anatòt: centoventotto.
Figli di Azmàvet: quarantadue. Figli di Kiriat-
Iearìm di Chefirà e di Beeròt: settecentoquarantatré. Figli di Rama e di Gheba: seicentoventuno.
Uomini di Micmas: centoventidue. Uomini di Betel e di Ai: duecentoventitré. Figli di Nebo: cinq uantadue. Figli di Magbis: centocinquantasei. Figli di un altro Elam: milleduecentocinquantaqua ttro. Figli di Carim: trecentoventi. Figli di Lod Adid e Ono: settecentoventicinque. Figli di Gerico: trecentoquarantacinque. Figli di Senaà: tremilaseicentotrenta. Sacerdoti: figli di Iedaià della cas a di Giosuè: novecentosettantatré. Figli di Immer: millecinquantadue. Figli di Pascur: milleduece ntoquarantasette. Figli di Carim: millediciassette. Leviti: figli di Giosuè e di Kadmièl cioè figli di O
davia: settantaquattro. Cantori: figli di Asaf: centoventotto. Portieri: figli di Sallum figli di Ater fi gli di Talmon figli di Akkub figli di Catità, figli di Sobài: in tutto centotrentanove. Oblati: figli di Si ca figli di Casufà, figli di Tabbaòt figli di Keros, figli di Siaà figli di Padon, figli di Lebanà figli di Aga bà, figli di Akkub figli di Agab, figli di Samlài figli di Canan, figli di Ghiddel figli di Gacar, figli di Re aià figli di Resin, figli di Nekodà figli di Gazzam, figli di Uzzà figli di Pasèach, figli di Besài figli di A sna, figli dei Meuniti figli dei Nefisiti, figli di Bakbuk figli di Akufà, figli di Carcur figli di Baslù t, fig li di Mechidà figli di Carsa, figli di Barkos figli di Sìsara, figli di Temach figli di Nesìach figli di Catif à. Figli degli schiavi di Salomone: figli di Sotài figli di Assofèret figli di Perudà figli di Iala figli di D
arkon figli di Ghiddel figli di Sefatia, figli di Cattil figli di Pocheret-Assebàim figli di Amì. Totale degli oblati e dei figli degli schiavi di Salomone: trecentonovantadu e. Questi sono coloro che ritornarono da Tel-Melach Tel-Carsa Cherub-Addan e Immer ma non avevano potuto indicare se il loro casato e la loro discendenza fossero d
’Israele: i figli di Delaià i figli di Tobia i figli di Nekodà: seicentocinquantadue; tra i sacerdoti i figli di Cobaià i figli di Akkos i figli di Barzillài il quale aveva preso in moglie una delle figlie di Barzillà i il Galaadita e veniva chiamato con il loro nome. Costoro cercarono il loro registro genealogico
ma non lo trovarono e furono allora esclusi dal sacerdozio. Il governatore disse loro che non pot evano mangiare le cose santissime finché non si presentasse un sacerdote con urìm e tummìm.
Tutta la comunità nel suo insieme era di quarantaduemilatrecentosessanta persone, oltre i loro schiavi e le loro schiave in numero di settemilatrecentotrentasette; avevano anche duecento ca ntori e cantatrici. I loro cavalli erano settecentotrentasei i loro muli duecentoquarantacinque i l oro cammelli quattrocentotrentacinque e gli asini seimilasettecentoventi. Alcuni capi di casato al loro arrivo al tempio del Signore che è a Gerusalemme fecero offerte spontanee al tempio di Dio per edificarlo al suo posto. Secondo le loro possibilità diedero al tesoro della fabbrica sessa ntunmila dracme d’oro cinquemila mine d’argento e cento tuniche sacerdotali. Poi i sacerdoti i l eviti alcuni del popolo i cantori i portieri e gli oblati si stabilirono nelle loro città e tutti gli Israeli ti nelle loro città. Giunse il settimo mese e gli Israeliti stavano nelle città. Il popolo si radunò co me un solo uomo a Gerusalemme. Allora si levarono Giosuè figlio di Iosadàk con i suoi fratelli i s acerdoti e Zorobabele figlio di Sealtièl con i suoi fratelli e costruirono l’altare del Dio d’Israele p er offrirvi olocausti come è scritto nella legge di Mosè uomo di Dio. Fissarono l’altare sulle sue b asi poiché erano presi dal terrore delle popolazioni locali e vi offrirono sopra olocausti al Signor e gli olocausti del mattino e della sera. Celebrarono la festa delle Capanne come sta scritto e off rirono olocausti quotidiani nel numero prescritto per ogni giorno e poi l’olocausto perenne per i noviluni per tutte le solennità consacrate al Signore e per tutti coloro che volevano fare offerte spontanee al Signore. Cominciarono a offrire olocausti al Signore dal primo giorno del mese sett imo benché del tempio del Signore non fossero poste le fondamenta. Allora diedero denaro agli scalpellini e ai falegnami e alimenti bevande e olio alla gente di Sidone e di Tiro perché inviasse ro il legname di cedro dal Libano per mare fino a Giaffa secondo la concessione fatta loro da Cir o re di Persia. Nel secondo anno dal loro arrivo al tempio di Dio a Gerusalemme nel secondo me se diedero inizio ai lavori Zorobabele figlio di Sealtièl e Giosuè, figlio di Iosadàk con gli altri fratel li sacerdoti e leviti e quanti erano tornati dall’esilio a Gerusalemme. Essi incaricarono i leviti dai vent’anni in su di dirigere i lavori del tempio del Signore. Giosuè i suoi figli e i suoi fratelli Kadmi èl e i suoi figli i figli di Giuda si misero come un solo uomo a dirigere chi faceva il lavoro nel tem pio di Dio; così pure i figli di Chenadàd con i loro figli e i loro fratelli leviti. Mentre i costruttori g ettavano le fondamenta del tempio del Signore vi assistevano i sacerdoti con i loro paramenti e con le trombe e i leviti figli di Asaf con i cimbali per lodare il Signore secondo le istruzioni di Davi de re d’Israele. Essi cantavano lodando e rendendo grazie al Signore, ripetendo: «Perché è buon o perché il suo amore è per sempre verso Israele». Tutto il popolo faceva risuonare grida di gra nde acclamazione lodando così il Signore perché erano state gettate le fondamenta del tempio del Signore. Tuttavia molti tra i sacerdoti e i leviti e i capi di casato anziani che avevano visto il t empio di prima mentre si gettavano sotto i loro occhi le fondamenta di questo tempio piangeva no forte; i più, invece continuavano ad alzare grida di acclamazione e di gioia. Così non si poteva distinguere il grido dell’acclamazione di gioia dal grido di pianto del popolo perché il popolo fac eva risuonare grida di grande acclamazione e il suono si sentiva lontano. Quando i nemici di Giu
da e di Beniamino vennero a sapere che gli esuli rimpatriati stavano costruendo un tempio al Si gnore Dio d’Israele si presentarono a Zorobabele e ai capi di casato e dissero: «Vogliamo costrui re anche noi insieme con voi perché anche noi come voi cerchiamo il vostro Dio; a lui noi faccia mo sacrifici dal tempo di Assarhàddon re d’Assiria che ci ha fatto salire qui». Ma Zorobabele Gio suè e gli altri capi di casato d’Israele dissero loro: «Non conviene che costruiamo insieme una ca sa al nostro Dio; noi soltanto la costruiremo al Signore, Dio d’Israele come Ciro re di Persia ci ha ordinato». Allora la popolazione locale si mise a scoraggiare il popolo dei Giudei e a intimorirlo perché non costruisse. Inoltre con denaro misero contro di loro alcuni funzionari per far fallire il loro piano; e ciò per tutto il tempo di Ciro re di Persia fino al regno di Dario re di Persia. Durant e il regno di Serse al principio del suo regno essi presentarono una denuncia contro gli abitanti di Giuda e di Gerusalemme. Poi al tempo di Artaserse Bislam Mitridate Tabeèl e gli altri loro coll eghi scrissero ad Artaserse re di Persia: il testo del documento era in caratteri aramaici e tradott o in aramaico. Recum governatore e Simsài scriba scrissero al re Artaserse contro Gerusalemme la lettera seguente: «Da parte di Recum governatore e Simsài scriba e gli altri loro colleghi giudi ci e prefetti uomini di Tarpel di Persia di Uruc di Babilonia e di Susa, cioè di Elam e altri popoli ch e il grande e illustre Asnappàr deportò e stabilì nella città di Samaria e nel resto della regione de ll’Oltrefiume…». Questa è la copia della lettera che gli mandarono: «Al re Artaserse i tuoi servi u omini della regione dell’Oltrefiume. Sia noto al re che i Giudei che sono partiti da te e sono ven uti presso di noi a Gerusalemme stanno ricostruendo la città ribelle e malvagia: hanno terminat o le mura e riparato le fondamenta. Ora sia noto al re che se quella città è ricostruita e le mura sono riparate tributi imposte e tasse non saranno più pagati e questo danneggerà i re. Ora poic hé noi mangiamo il sale della reggia e per noi non è decoroso stare a guardare la spoliazione del re mandiamo informazioni al re, perché si facciano ricerche nel libro delle memorie dei tuoi pa dri: tu troverai nel libro delle memorie e constaterai che quella città è una città ribelle causa di guai per re e province e vi hanno fatto sedizioni fin dai tempi antichi. Per questo quella città è st ata distrutta. Noi informiamo il re che se quella città è ricostruita e le mura sono riparate non av rai più possedimenti nella regione dell’Oltrefiume». Il re inviò questa risposta: «A Recum govern atore e Simsài scriba e agli altri loro colleghi che risiedono in Samaria e nel resto della regione d ell’Oltrefiume salute! Ora la lettera che ci avete mandato è stata letta davanti a me accuratame nte. Dietro mio ordine si sono fatte ricerche e si è trovato che quella città fin dai tempi antichi si è sollevata contro i re e in essa sono avvenute rivolte e sedizioni. A Gerusalemme vi furono re p otenti che comandavano su tutto il territorio dell’Oltrefiume: a loro si pagavano tributi imposte e tasse. Date perciò ordine di fermare quegli uomini e quella città non sia ricostruita fino a mio ordine nuovo. Badate di non essere negligenti in questo perché non aumenti il danno arrecato a l re». Appena la copia della lettera del re Artaserse fu letta davanti a Recum e a Simsài scriba e a i loro colleghi questi andarono in gran fretta a Gerusalemme dai Giudei e li fecero smettere con la forza e con la violenza. Così cessò il lavoro per il tempio di Dio che è a Gerusalemme e rimase fermo fino all’anno secondo del regno di Dario re di Persia. Ma i profeti cioè il profeta Aggeo e Z

accaria figlio di Iddo profetarono ai Giudei che erano in Giuda e a Gerusalemme nel nome del Di o d’Israele che era con loro. Allora Zorobabele figlio di Sealtièl e Giosuè figlio di Iosadàk si levar ono e ripresero a costruire il tempio di Dio che è a Gerusalemme; con essi c’erano i profeti di Di o che li sostenevano. In quel tempo Tattènai governatore della regione dell’Oltrefiume, Setar-Boznài e i loro colleghi vennero da loro e dissero: «Chi vi ha dato ordine di costruire questo tem pio e di preparare questo legname? Chi sono e come si chiamano gli uomini che costruiscono q uesto edificio?». Ma l’occhio vigile del loro Dio era sugli anziani dei Giudei: quelli perciò non li fe cero smettere in attesa che pervenisse a Dario una relazione e poi fosse rimandato un rescritto su questo affare. Ecco la copia della lettera che Tattènai governatore dell’Oltrefiume, Setar-Boznài e i suoi colleghi funzionari dell’Oltrefiume mandarono al re Dario. Gli mandarono un rap porto in cui era scritto: «Al re Dario salute perfetta! Sia noto al re che siamo andati nella provinc ia della Giudea al tempio del grande Dio. Esso viene costruito con pietre squadrate e si mette le gno alle pareti; quel lavoro viene fatto con diligenza e progredisce nelle loro mani. Allora abbia mo interrogato quegli anziani e abbiamo detto loro: “Chi vi ha dato ordine di costruire questo t empio e di preparare questo legname?”. Inoltre abbiamo domandato i loro nomi per farteli con oscere scrivendo il nome degli uomini che stanno loro a capo. Essi hanno risposto: “Noi siamo s ervitori del Dio del cielo e della terra e ricostruiamo il tempio che fu edificato molti anni fa. Un g rande re d’Israele lo ha costruito e lo ha portato a termine. Ma poiché i nostri padri hanno prov ocato all’ira il Dio del cielo egli li ha messi nelle mani di Nabucodònosor re di Babilonia il Caldeo che distrusse questo tempio e deportò a Babilonia il popolo. Ma nel primo anno di Ciro re di Ba bilonia il re Ciro ha dato ordine di costruire questo tempio di Dio; inoltre i vasi del tempio di Dio
, d’oro e d’argento che Nabucodònosor aveva portato via dal tempio di Gerusalemme e trasferit o al tempio di Babilonia il re Ciro li ha fatti togliere dal tempio di Babilonia e li ha fatti consegnar e a un tale di nome Sesbassàr che egli aveva costituito governatore. Gli disse: Prendi questi vasi e va’ a deporli nel tempio che è a Gerusalemme e il tempio di Dio sia costruito al suo posto. Allo ra quel Sesbassàr venne gettò le fondamenta del tempio di Dio che è a Gerusalemme e da allor a fino ad oggi esso è in costruzione ma non è ancora finito”. Ora se piace al re si cerchi negli arc hivi del re a Babilonia se risulta che dal re Ciro sia stato emanato un decreto di costruire quel te mpio di Dio a Gerusalemme e ci venga inviata la decisione del re a questo proposito». Allora il r e Dario ordinò che si facessero ricerche nell’archivio là dove si depongono i tesori a Babilonia e a Ecbàtana la fortezza che è nella provincia di Media si trovò un rotolo in cui era scritta la segue nte annotazione: «Nell’anno primo del suo regno il re Ciro prese questa decisione riguardo al te mpio di Dio a Gerusalemme: il tempio sia ricostruito come luogo in cui si facciano sacrifici; le su e fondamenta siano salde la sua altezza sia di sessanta cubiti la sua larghezza di sessanta cubiti.
Vi siano nei muri tre ordini di pietre squadrate e un ordine di legno. La spesa sia sostenuta dalla reggia. E anche i vasi del tempio di Dio d’oro e d’argento che Nabucodònosor portò via dal temp io che è a Gerusalemme e trasferì a Babilonia siano restituiti e vadano al tempio che è a Gerusal emme al loro posto e siano deposti nel tempio di Dio». «Quindi Tattènai governatore dell’Oltref
iume Setar-
Boznài e voi loro colleghi funzionari dell’Oltrefiume tenetevi in disparte. Lasciate che lavorino a quel tempio di Dio. Il governatore dei Giudei e i loro anziani costruiscano quel tempio di Dio al s uo posto. Ed ecco il mio ordine circa quello che dovrete fare con quegli anziani dei Giudei per la costruzione di quel tempio di Dio: con il denaro del re quello delle tasse dell’Oltrefiume siano in tegralmente sostenute le spese di quegli uomini perché non vi siano interruzioni. Ciò che loro o ccorre giovenchi, arieti e agnelli per gli olocausti al Dio del cielo grano sale vino e olio siano loro forniti ogni giorno senza negligenza secondo le indicazioni dei sacerdoti di Gerusalemme perché facciano offerte di profumo gradito al Dio del cielo e preghino per la vita del re e dei suoi figli. E
ordino che se qualcuno trasgredirà questo decreto sia estratta una trave dalla sua casa e venga innalzata perché vi sia appeso e la sua casa sia ridotta a letamaio per questo motivo. Il Dio che ha fatto abitare lì il suo nome rovesci qualsiasi re o popolo che osi stendere la propria mano per trasgredire e distruggere quel tempio di Dio che è a Gerusalemme. Io Dario ho emanato quest’
ordine: sia eseguito integralmente». Allora Tattènai governatore dell’Oltrefiume Setar-Boznài e i loro colleghi, fecero integralmente come il re Dario aveva comandato. Gli anziani dei Giudei continuarono a costruire e fecero progressi grazie alla profezia del profeta Aggeo e di Za ccaria figlio di Iddo. Portarono a compimento la costruzione per ordine del Dio d’Israele e per or dine di Ciro di Dario e di Artaserse re di Persia. Si terminò questo tempio per il giorno tre del me se di Adar nell’anno sesto del regno del re Dario. Gli Israeliti i sacerdoti i leviti e gli altri rimpatri ati celebrarono con gioia la dedicazione di questo tempio di Dio; offrirono per la dedicazione di questo tempio di Dio cento tori duecento arieti quattrocento agnelli e dodici capri come sacrific i espiatori per tutto Israele, secondo il numero delle tribù d’Israele. Stabilirono i sacerdoti secon do le loro classi e i leviti secondo i loro turni per il servizio di Dio a Gerusalemme come è scritto nel libro di Mosè. I rimpatriati celebrarono la Pasqua il quattordici del primo mese. Infatti i sace rdoti e i leviti si erano purificati tutti insieme come un sol uomo: tutti erano puri. Così immolaro no la Pasqua per tutti i rimpatriati per i loro fratelli sacerdoti e per se stessi. Ne mangiarono gli I sraeliti che erano tornati dall’esilio e quanti si erano separati dalla contaminazione del popolo d el paese unendosi a loro per cercare il Signore Dio d’Israele. Celebrarono con gioia la festa degli Azzimi per sette giorni poiché il Signore li aveva colmati di gioia avendo piegato a loro favore il c uore del re d’Assiria per rafforzare le loro mani nel lavoro per il tempio di Dio il Dio d’Israele. Do po questi avvenimenti sotto il regno di Artaserse re di Persia Esdra figlio di Seraià, figlio di Azari a figlio di Chelkia figlio di Sallum figlio di Sadoc figlio di Achitù b, figlio di Amaria figlio di Azaria fi glio di Meraiòt figlio di Zerachia figlio di Uzzì figlio di Bukkì figlio di Abisù a figlio di Fineès figlio d i Eleàzaro figlio di Aronne sommo sacerdote Esdra dunque partì da Babilonia. Egli era uno scriba esperto nella legge di Mosè data dal Signore Dio d’Israele. Poiché la mano del Signore suo Dio e ra su di lui il re aveva esaudito ogni sua richiesta. Partirono per Gerusalemme alcuni Israeliti sac erdoti leviti cantori portieri e oblati nel settimo anno del re Artaserse. Egli arrivò a Gerusalemm e nel quinto mese: era l’anno settimo del re. Egli aveva fissato la partenza da Babilonia per il pri
mo giorno del primo mese e il primo del quinto mese arrivò a Gerusalemme poiché la mano be nevola del suo Dio era su di lui. Infatti Esdra si era dedicato con tutto il cuore a studiare la legge del Signore e a praticarla e a insegnare in Israele le leggi e le norme. Questa è la copia del docu mento che il re Artaserse consegnò a Esdra sacerdote, scriba ed esperto nei comandamenti del Signore e nelle leggi date a Israele: «Artaserse re dei re al sacerdote Esdra scriba della legge del Dio del cielo salute perfetta. Ora io ordino che nel mio regno chiunque del popolo d’Israele dei s uoi sacerdoti e dei leviti vuole venire a Gerusalemme venga pure con te; infatti da parte del re e dei suoi sette consiglieri tu sei inviato a fare inchiesta in Giudea e a Gerusalemme riguardo alla legge del tuo Dio che è nelle tue mani e a portare l’argento e l’oro che il re e i suoi consiglieri in viano come offerta spontanea al Dio d’Israele che abita a Gerusalemme e tutto l’argento e l’oro che troverai in tutta la provincia di Babilonia insieme con le offerte spontanee che il popolo e i s acerdoti offriranno per il tempio del loro Dio a Gerusalemme. Perciò con questo argento ti pren derai cura di acquistare tori arieti agnelli con le loro oblazioni e le loro libagioni, e li offrirai sull’
altare del tempio del vostro Dio che è a Gerusalemme. Con il resto dell’argento e dell’oro farete quello che sembrerà bene fare a te e ai tuoi fratelli secondo la volontà del vostro Dio. I vasi che ti sono stati dati per il culto del tempio del tuo Dio rendili al Dio di Gerusalemme. Il resto di qua nto occorre per il tempio del tuo Dio e che spetta a te procurare lo procurerai a spese del tesor o del re. Io il re Artaserse ordino a tutti i tesorieri dell’Oltrefiume: Tutto ciò che Esdra, sacerdote e scriba della legge del Dio del cielo vi domanderà sia fatto integralmente fino a cento talenti d’
argento cento kor di grano cento bat di vino cento bat di olio e sale a volontà. Quanto è prescrit to dal Dio del cielo sia fatto con diligenza per il tempio del Dio del cielo perché non venga l’ira s ul regno del re e dei suoi figli. E vi comunichiamo che nessuno può imporre tasse tributi o impos te a tutti i sacerdoti leviti cantori, portieri oblati e inservienti di questo tempio. Quanto a te Esdr a secondo la sapienza del tuo Dio che tu possiedi stabilisci magistrati e giudici che giudichino tut to il popolo dell’Oltrefiume cioè tutti coloro che conoscono le leggi del tuo Dio e voi dovrete istr uire chi non le conosce. Contro chiunque non osserverà la legge del tuo Dio e la legge del re si f accia con sollecitudine un processo e lo si punisca con la morte o una pena corporale o un’amm enda in denaro o il carcere». Benedetto il Signore Dio dei padri nostri che ha disposto così il cuo re del re a glorificare il tempio del Signore che è a Gerusalemme e si è volto verso di me con am ore di fronte al re ai suoi consiglieri e a tutti i comandanti del re. Allora io mi sono sentito incora ggiato, perché la mano del Signore mio Dio era su di me e ho radunato alcuni capi da Israele per ché salissero con me. Questi sono con le loro indicazioni genealogiche i capi di casato che sono partiti con me da Babilonia sotto il regno del re Artaserse: dei figli di Fineès: Ghersom; dei figli d i Itamàr: Daniele; dei figli di Davide: Cattus figlio di Secania; dei figli di Paros: Zaccaria e con lui f urono registrati centocinquanta maschi; dei figli di Pacat-Moab: Elioenài figlio di Zerachia e con lui duecento maschi; dei figli di Zattu: Secania figlio di Iac azièl e con lui trecento maschi; dei figli di Adin: Ebed figlio di Giònata e con lui cinquanta maschi
; dei figli di Elam: Isaia figlio di Atalia e con lui settanta maschi; dei figli di Sefatia: Zebadia figlio
di Michele e con lui ottanta maschi; dei figli di Ioab: Abdia figlio di Iechièl e con lui duecentodici otto maschi; dei figli di Banì: Selomìt figlio di Iosifia e con lui centosessanta maschi; dei figli di B
ebài: Zaccaria figlio di Bebài e con lui ventotto maschi; dei figli di Azgad: Giovanni figlio di Akkat àn e con lui centodieci maschi; dei figli di Adonikàm: gli ultimi di cui ecco i nomi: Elifèlet Ieièl e S
emaià e con loro sessanta maschi; dei figli di Bigvài: Utài e Zabbud e con loro settanta maschi. Io li ho radunati presso il fiume che scorre verso Aavà. Là siamo stati accampati per tre giorni. Ho fatto una rassegna tra il popolo e i sacerdoti e non vi ho trovato nessun levita. Allora ho mandat o a chiamare i capi Elièzer Arièl Semaià Elnatàn, Iarib Elnatàn Natan Zaccaria Mesullàm e gli istr uttori Ioiarìb ed Elnatàn, e li ho mandati da Iddo capo nella località di Casifià e ho messo loro in bocca le parole da dire a Iddo e ai suoi fratelli oblati nella località di Casifià perché ci mandasser o dei ministri per il tempio del nostro Dio. Poiché la mano benefica del nostro Dio era su di noi c i hanno mandato un uomo assennato dei figli di Maclì figlio di Levi figlio d’Israele cioè Serebia c on i suoi figli e fratelli: diciotto persone; inoltre Casabia e con lui Isaia dei figli di Merarì i suoi fra telli e i loro figli: venti persone e infine degli oblati che Davide e i capi avevano assegnato al serv izio dei leviti: duecentoventi oblati. Tutti furono registrati per nome. Là presso il fiume Aavà ho i ndetto un digiuno per umiliarci davanti al nostro Dio e implorare da lui un felice viaggio per noi i nostri bambini e tutti i nostri averi. Avevo infatti vergogna di domandare al re soldati e cavalieri per difenderci lungo il cammino da un eventuale nemico poiché avevamo detto al re: «La mano del nostro Dio è su quanti lo cercano, per il loro bene; ma la sua potenza e la sua ira su quanti l o abbandonano». Così abbiamo digiunato e implorato Dio per questo ed egli ci ha esaudito. Qui ndi ho scelto dodici tra i capi dei sacerdoti: Serebia e Casabia e con loro dieci loro fratelli; ho pes ato per loro l’argento l’oro e i vasi l’offerta per il tempio del nostro Dio fatta dal re dai suoi cons iglieri dai suoi capi e da tutti gli Israeliti che si trovavano da quelle parti. Ho pesato dunque nelle loro mani seicentocinquanta talenti d’argento vasi d’argento per cento talenti cento talenti d’o ro e inoltre venti coppe d’oro per mille dàrici e due vasi di bronzo pregiato e lucente preziosi co me l’oro. Ho detto loro: «Voi siete consacrati al Signore e i vasi sono cosa sacra; l’argento e l’oro sono offerta spontanea al Signore, Dio dei nostri padri. Abbiatene cura e custoditeli finché non li peserete davanti ai preposti dei sacerdoti e dei leviti e ai preposti di casato d’Israele a Gerusal emme nelle stanze del tempio del Signore». Allora i sacerdoti e i leviti presero in consegna il car ico dell’argento e dell’oro e dei vasi per portarli a Gerusalemme nel tempio del nostro Dio. Il do dici del primo mese siamo partiti dal fiume Aavà per andare a Gerusalemme e la mano del nostr o Dio era su di noi: egli ci ha liberato dagli assalti dei nemici e dei briganti lungo il cammino. Sia mo arrivati a Gerusalemme e ci siamo rimasti tre giorni. Il quarto giorno è stato pesato l’argent o l’oro e i vasi nel tempio del nostro Dio nelle mani del sacerdote Meremòt figlio di Uria e con lu i vi era Eleàzaro figlio di Fineès e con loro i leviti Iozabàd figlio di Giosuè e Noadia figlio di Binnù i; il numero e il peso corrispondeva in tutto e il peso totale fu registrato in quel momento. Quell i che venivano dall’esilio i deportati offrirono olocausti al Dio d’Israele: dodici tori per tutto Isra ele novantasei arieti settantasette agnelli dodici capri per il peccato tutto come olocausto al Sig
nore. Quindi consegnarono i decreti del re ai satrapi del re e ai governatori dell’Oltrefiume i qua li iniziarono a proteggere il popolo e il tempio di Dio. Terminate queste cose sono venuti da me i preposti per dirmi: «Il popolo d’Israele i sacerdoti e i leviti non si sono separati dalle popolazion i locali per quanto riguarda i loro abomini, cioè da Cananei Ittiti Perizziti Gebusei Ammoniti Moa biti Egiziani Amorrei ma hanno preso in moglie le loro figlie per sé e per i loro figli: così hanno m escolato la stirpe santa con le popolazioni locali e la mano dei preposti e dei governatori è stata la prima in questa prevaricazione». All’udire questa parola stracciai il mio vestito e il mio mantel lo mi strappai i capelli del capo e la barba e mi sedetti costernato. Quanti tremavano per i giudiz i del Dio d’Israele su questa prevaricazione dei rimpatriati si radunarono presso di me. Ma io se devo costernato fino all’offerta della sera. All’offerta della sera mi alzai dal mio stato di prostraz ione e con il vestito e il mantello laceri caddi in ginocchio e stesi le mani al Signore mio Dio e dis si: «Mio Dio sono confuso ho vergogna di alzare la faccia verso di te mio Dio poiché le nostre ini quità si sono moltiplicate fin sopra la nostra testa; la nostra colpa è grande fino al cielo. Dai gior ni dei nostri padri fino ad oggi noi siamo stati molto colpevoli e per le nostre colpe noi, i nostri r e i nostri sacerdoti siamo stati messi in potere di re stranieri in preda alla spada alla prigionia, al la rapina al disonore come avviene oggi. Ma ora per un po’ di tempo il Signore nostro Dio ci ha f atto una grazia: di lasciarci un resto e darci un asilo nel suo luogo santo e così il nostro Dio ha fa tto brillare i nostri occhi e ci ha dato un po’ di sollievo nella nostra schiavitù. Infatti noi siamo sc hiavi; ma nella nostra schiavitù il nostro Dio non ci ha abbandonati: ci ha resi graditi ai re di Pers ia per conservarci la vita ed erigere il tempio del nostro Dio e restaurare le sue rovine e darci un riparo in Giuda e a Gerusalemme. Ma ora o nostro Dio che cosa possiamo dire dopo questo? In fatti abbiamo abbandonato i tuoi comandamenti che tu avevi dato per mezzo dei tuoi servi i pro feti dicendo: “La terra che voi andate a prendere in eredità è una terra contaminata a causa dell e contaminazioni dei popoli indigeni e delle loro nefandezze che l’hanno colmata da un capo all’
altro con le loro impurità. E allora non dovete dare le vostre figlie ai loro figli né prendere le lor o figlie per i vostri figli; non dovrete mai contribuire alla loro prosperità e al loro benessere così diventerete forti voi e potrete mangiare i beni della terra e lasciare un’eredità ai vostri figli per s empre”. Dopo ciò che è venuto su di noi a causa delle nostre cattive azioni e per le nostre grand i mancanze benché tu nostro Dio sia stato indulgente nonostante la nostra colpa e ci abbia dato superstiti come questi, potremmo forse noi tornare a violare i tuoi comandamenti e a imparent arci con questi popoli abominevoli? Non ti adireresti contro di noi fino a sterminarci senza lascia re né resto né superstite? Signore Dio d’Israele tu sei giusto poiché ci è stato lasciato un resto c ome oggi: eccoci davanti a te con le nostre mancanze anche se per questo non potremmo regge re davanti a te!». Mentre Esdra pregava e faceva questa confessione piangendo prostrato dava nti al tempio di Dio si riunì intorno a lui un’assemblea molto numerosa d’Israeliti: uomini donne e fanciulli; e il popolo piangeva a dirotto. Allora Secania figlio di Iechièl uno dei figli di Elam pres e la parola e disse a Esdra: «Abbiamo prevaricato contro il nostro Dio sposando donne straniere prese dalle popolazioni del luogo. Orbene a questo riguardo c’è ancora una speranza per Israel
e. Facciamo dunque un patto con il nostro Dio impegnandoci a rimandare tutte le donne e i figli nati da loro secondo la volontà del mio signore e rispettando il comando del nostro Dio. Si farà s econdo la legge! àlzati perché a te è affidato questo compito. Noi saremo con te; sii forte e met titi all’opera!». Allora Esdra si alzò e fece giurare ai capi dei sacerdoti e dei leviti e a tutto Israele che avrebbero agito secondo quelle parole; essi giurarono. Esdra quindi si alzò da dove si trova va davanti al tempio di Dio e andò nella camera di Giovanni figlio di Eliasìb e vi andò senza pren dere cibo né bere acqua perché era in lutto a causa della prevaricazione dei rimpatriati. Poi in G
iuda e a Gerusalemme si comunicò a tutti i rimpatriati di radunarsi a Gerusalemme: se qualcuno non fosse venuto entro tre giorni secondo la disposizione dei preposti e degli anziani sarebbero stati votati allo sterminio tutti i suoi beni ed egli stesso sarebbe stato escluso dalla comunità de i rimpatriati. Allora tutti gli uomini di Giuda e di Beniamino si radunarono a Gerusalemme entro tre giorni; si era al nono mese il venti del mese. Tutto il popolo stava nella piazza del tempio di Dio tremante per questo evento e per la gran pioggia. Allora il sacerdote Esdra si levò e disse lor o: «Voi avete prevaricato sposando donne straniere: così avete accresciuto le mancanze d’Israel e. Ma ora rendete lode al Signore Dio dei vostri padri e fate la sua volontà separandovi dalle po polazioni del paese e dalle donne straniere». Tutta l’assemblea rispose a gran voce: «Sì! Dobbia mo fare come tu ci hai detto. Ma il popolo è numeroso e siamo al tempo delle piogge; non è po ssibile restare all’aperto. D’altra parte non è lavoro di un giorno o di due perché siamo in molti ad aver peccato in questa materia. I nostri preposti stiano a rappresentare tutta l’assemblea; e t utti quelli delle nostre città che hanno sposato donne straniere vengano in date determinate e c on gli anziani della città ogni città con i suoi giudici finché non sia allontanata da noi l’ira ardent e del nostro Dio causata da questa situazione». Soltanto Gionata figlio di Asaèl e Iaczia figlio di T
ikva si opposero appoggiati da Mesullàm e dal levita Sabbetài. I rimpatriati fecero come si era d etto. Furono scelti il sacerdote Esdra e alcuni capi di casato secondo il loro casato tutti designati per nome. Essi iniziarono le sedute il primo giorno del decimo mese per esaminare la questione e terminarono con tutti gli uomini che avevano sposato donne straniere il primo giorno del pri mo mese. Tra i figli dei sacerdoti che avevano sposato donne straniere si trovarono: dei figli di G
iosuè figlio di Iosadàk e tra i suoi fratelli: Maasia Elièzer Iarib e Godolia; essi si impegnarono a ri mandare le loro donne e offrirono un ariete come sacrificio di riparazione per le loro mancanze; dei figli di Immer: Anàni e Zebadia; dei figli di Carim: Maasia Elia Semaià Iechièl e Ozia; dei figli di Pascur: Elioenài Maasia Ismaele Natanèl Iozabàd ed Eleasà dei leviti: Iozabàd Simei Kelaià chi amato anche Kelità Petachia Giuda ed Elièzer; dei cantori: Eliasìb; dei portieri: Sallum Telem e U
rì. Quanto agli Israeliti: dei figli di Paros: Ramia Izzia Malchia Miamìn Eleàzaro Malchia e Benaià dei figli di Elam: Mattania Zaccaria Iechièl Abdì Ieremòt ed Elia; dei figli di Zattu: Elioenài Eliasìb Mattania Ieremòt Zabad e Azizà dei figli di Bebài: Giovanni Anania Zabbài e Atlài; dei figli di Banì
: Mesullàm Malluc Adaià Iasub Seal e Ieramòt; dei figli di Pacat-Moab: Adna Chelal Benaià Maasia Mattania Besalèl, Binnù i e Manasse; dei figli di Carim: Elièzer Issia Malchia Semaià Simeone, Beniamino, Malluc Semaria; dei figli di Casum: Mattenài Mattatt
à Zabad Elifèlet Ieremài, Manasse e Simei; dei figli di Banì: Maadài Amram Uèl Benaià Bedia, Ch eluu Vania Meremòt Eliasìb Mattania Mattenài e Iaasài; dei figli di Binnù i: Simei Selemia Natan Adaià, Macnadbài, Sasài Sarài, Azarèl Selemia Semaria Sallum Amaria, Giuseppe; dei figli di Neb o: Ieièl Mattitia Zabad Zebinà Iaddài Gioele, Benaià. Tutti questi avevano sposato donne stranie re e rimandarono le donne insieme con i figli. Parole di Neemia figlio di Acalia. Nel mese di Chisl eu dell’anno ventesimo mentre ero nella cittadella di Susa Anàni uno dei miei fratelli e alcuni alt ri uomini arrivarono dalla Giudea. Li interrogai riguardo ai Giudei i superstiti che erano scampati alla deportazione e riguardo a Gerusalemme. Essi mi dissero: «I superstiti che sono scampati all a deportazione sono là, nella provincia in grande miseria e desolazione; le mura di Gerusalemm e sono devastate e le sue porte consumate dal fuoco». Udite queste parole mi sedetti e piansi; f eci lutto per parecchi giorni, digiunando e pregando davanti al Dio del cielo. E dissi: «O Signore Dio del cielo Dio grande e tremendo che mantieni l’alleanza e la fedeltà con quelli che ti amano e osservano i tuoi comandi, sia il tuo orecchio attento i tuoi occhi aperti per ascoltare la preghie ra del tuo servo; io prego ora davanti a te giorno e notte per gli Israeliti tuoi servi confessando i peccati che noi Israeliti abbiamo commesso contro di te; anch’io e la casa di mio padre abbiamo peccato. Abbiamo gravemente peccato contro di te e non abbiamo osservato i comandi le leggi e le norme che tu hai dato a Mosè tuo servo. Ricòrdati della parola che hai affidato a Mosè tuo servo: “Se sarete infedeli io vi disperderò fra i popoli; ma se tornerete a me e osserverete i miei comandi e li eseguirete anche se i vostri esiliati si trovassero all’estremità dell’orizzonte io di là l i raccoglierò e li ricondurrò al luogo che ho scelto per farvi dimorare il mio nome”. Ora questi so no tuoi servi e tuo popolo che hai redento con la tua grande forza e con la tua mano potente. O
Signore sia il tuo orecchio attento alla preghiera del tuo servo e alla preghiera dei tuoi servi che desiderano temere il tuo nome; concedi oggi buon successo al tuo servo e fa’ che trovi compass ione presso quest’uomo». Io allora ero coppiere del re. Nel mese di Nisan dell’anno ventesimo del re Artaserse appena il vino fu pronto davanti al re, io presi il vino e glielo diedi. Non ero mai stato triste davanti a lui. Ma il re mi disse: «Perché hai l’aspetto triste? Eppure non sei malato; n on può essere altro che un’afflizione del cuore». Allora io ebbi grande timore e dissi al re: «Viva il re per sempre! Come potrebbe il mio aspetto non essere triste quando la città dove sono i sep olcri dei miei padri è in rovina e le sue porte sono consumate dal fuoco?». Il re mi disse: «Che c osa domandi?». Allora io pregai il Dio del cielo e poi risposi al re: «Se piace al re e se il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi mandami in Giudea nella città dove sono i sepolcri dei miei padri perché io possa ricostruirla». Il re che aveva la regina seduta al suo fianco mi disse: «Quanto du rerà il tuo viaggio? Quando ritornerai?». Dunque la cosa non spiaceva al re che mi lasciava anda re e io gli indicai la data. Poi dissi al re: «Se piace al re mi si diano le lettere per i governatori dell
’Oltrefiume perché mi lascino passare fino ad arrivare in Giudea e una lettera per Asaf guardian o del parco del re perché mi dia il legname per munire di travi le porte della cittadella del tempi o per le mura della città e la casa dove andrò ad abitare». Il re mi diede le lettere perché la man o benefica del mio Dio era su di me. Giunsi presso i governatori dell’Oltrefiume e diedi loro le le
ttere del re. Il re aveva mandato con me una scorta di capi dell’esercito e di cavalieri. Ma lo ven nero a sapere Sanballàt il Coronita e Tobia lo schiavo ammonita e furono molto contrariati per il fatto che fosse venuto un uomo a procurare il bene degli Israeliti. Giunto a Gerusalemme vi rim asi tre giorni. Poi mi alzai di notte io e pochi uomini che erano con me senza parlare a nessuno d i quello che Dio mi aveva messo in cuore di fare per Gerusalemme e non avendo altro giumento oltre quello che io cavalcavo. Uscii di notte per la porta della Valle e andai verso la fonte del Dr ago e alla porta del Letame osservando le mura di Gerusalemme che erano diroccate mentre le sue porte erano consumate dal fuoco. Mi spinsi verso la porta della Fonte e la piscina del Re ma non vi era posto per cui potesse passare il giumento che cavalcavo. Allora risalii di notte lungo i l torrente sempre osservando le mura; poi rientrato per la porta della Valle me ne ritornai. I ma gistrati non sapevano né dove io fossi andato né che cosa facessi. Fino a quel momento non ave vo detto nulla né ai Giudei né ai sacerdoti né ai notabili né ai magistrati né agli altri che si dovev ano occupare del lavoro. Allora io dissi loro: «Voi vedete la miseria nella quale ci troviamo poich é Gerusalemme è in rovina e le sue porte sono consumate dal fuoco. Venite ricostruiamo le mur a di Gerusalemme e non saremo più insultati!». Narrai loro della mano del mio Dio che era bene fica su di me e riferii anche le parole che il re mi aveva riferite. Quelli dissero: «Su costruiamo!».
E misero mano vigorosamente alla buona impresa. Ma quando Sanballàt il Coronita e Tobia lo s chiavo ammonita e Ghesem l’Arabo, seppero la cosa ci schernirono e ci derisero dicendo: «Che state facendo? Volete forse ribellarvi al re?». Allora io risposi loro: «Il Dio del cielo ci darà succe sso. Noi suoi servi ci metteremo a costruire. Ma voi non avrete né parte né diritto né ricordo in Gerusalemme». Eliasìb sommo sacerdote con i suoi fratelli sacerdoti si misero a costruire la por ta delle Pecore. La consacrarono e vi misero i battenti; la consacrarono fino alla torre dei Cento e fino alla torre di Cananèl. Accanto a lui costruirono gli uomini di Gerico e accanto a lui costruì Zaccur, figlio di Imrì. I figli di Senaà costruirono la porta dei Pesci la munirono di travi e vi poser o i battenti le serrature e le sbarre. Accanto a loro lavorò al restauro Meremòt figlio di Uria figli o di Akkos; accanto a loro lavorò al restauro Mesullàm figlio di Berechia figlio di Mesezabèl; acc anto a loro lavorò al restauro Sadoc figlio di Baanà. Accanto a loro lavorarono al restauro quelli di Tekòa ma i loro notabili non piegarono il collo a lavorare all’opera del loro Signore. Ioiadà figli o di Pasèach e Mesullàm figlio di Besodia restaurarono la porta Vecchia la munirono di travi e vi posero i battenti, le serrature e le sbarre. Accanto a loro lavorarono al restauro Melatia di Gàba on Iadon di Meronòt e gli uomini di Gàbaon e di Mispa alle dipendenze della sede del governato re dell’Oltrefiume. Accanto a loro lavorò al restauro Uzzièl figlio di Caraià uno degli orefici e acc anto a lui lavorò al restauro Anania uno dei profumieri. Essi ricostruirono Gerusalemme fino al muro largo. Accanto a loro lavorò al restauro Refaià, figlio di Cur capo della metà del distretto di Gerusalemme. Accanto a loro lavorò al restauro di fronte alla sua casa Iedaià figlio di Carumàf e accanto a lui lavorò al restauro Cattus figlio di Casabnia. Malchia figlio di Carim e Cassub figlio d i Pacat-Moab, restaurarono la parte seguente e la torre dei Forni. Accanto a loro lavorò al restauro, insi
eme con le figlie Sallum figlio di Allochès capo della metà del distretto di Gerusalemme. Canun e gli abitanti di Zanòach restaurarono la porta della Valle; la costruirono vi posero i battenti le s errature e le sbarre. Fecero inoltre mille cubiti di muro fino alla porta del Letame. Malchia figlio di Recab capo del distretto di Bet-Cherem restaurò la porta del Letame; la costruì vi pose i battenti le serrature e le sbarre. Sallum figlio di Col-Cozè, preposto del distretto di Mispa restaurò la porta della Fonte; la ricostruì la munì di tetto v i pose i battenti le serrature e le sbarre. Fece inoltre il muro della piscina di Sìloe presso il giardi no del re fino alla scalinata per cui si scende dalla Città di Davide. Dopo di lui Neemia figlio di Az buk preposto della metà del distretto di Bet-Sur lavorò al restauro fin davanti alle tombe di Davide fino alla piscina artificiale e fino alla casa dei prodi. Dopo di lui lavorarono al restauro i leviti con Recum figlio di Banì e accanto a lui lavor ò al restauro per il suo distretto Casabia preposto della metà del distretto di Keila. Dopo di lui la vorarono al restauro i loro fratelli Binnù i figlio di Chenadàd preposto dell’altra metà del distrett o di Keila. Accanto a lui Ezer figlio di Giosuè preposto di Mispa restaurò un’altra parte di fronte alla salita dell’arsenale sul Cantone. Dopo di lui Baruc, figlio di Zabbài restaurò con impegno un’
altra parte dal Cantone fino alla porta della casa di Eliasìb sommo sacerdote. Dopo di lui Merem òt figlio di Uria figlio di Akkos, restaurò un’altra parte dalla porta della casa di Eliasìb fino all’estr emità della casa di Eliasìb. Dopo di lui lavorarono al restauro i sacerdoti che abitavano la periferi a. Dopo di loro Beniamino e Cassub lavorarono al restauro di fronte alla loro casa. Dopo di loro Azaria figlio di Maasia figlio di Anania lavorò al restauro presso la sua casa. Dopo di lui Binnù i fi glio di Chenadàd restaurò un’altra parte delle mura dalla casa di Azaria fino al Cantone e fino all
’angolo. Palal figlio di Uzài lavorò al restauro di fronte al Cantone e alla torre sporgente dalla pa rte superiore della reggia che dà sul cortile della prigione. Dopo di lui Pedaià figlio di Paros e gli oblati che abitavano sull’Ofel lavorarono al restauro fin davanti alla porta delle Acque verso orie nte e alla torre sporgente. Dopo di loro quelli di Tekòa restaurarono un’altra parte di fronte alla grande torre sporgente e fino al muro dell’Ofel. I sacerdoti lavorarono al restauro sopra la porta dei Cavalli ciascuno di fronte alla propria casa. Dopo di loro lavorò al restauro Sadoc figlio di Im mer di fronte alla sua casa e dopo di lui Semaià figlio di Secania custode della porta Orientale. D
opo di lui Anania figlio di Selemia e Canun sesto figlio di Salaf restaurarono un’altra parte. Dopo di loro Mesullàm figlio di Berechia lavorò al restauro di fronte alla propria stanza. Dopo di lui M
alchia uno degli orefici lavorò al restauro fino alla casa degli oblati e dei mercanti di fronte alla p orta della Rassegna e fino al vano superiore dell’angolo. Gli orefici e i mercanti lavorarono al res tauro fra il vano superiore dell’angolo e la porta delle Pecore. Sanballàt quando sentì che noi rie dificavamo le mura si adirò si indignò molto si fece beffe dei Giudei e disse in presenza dei suoi f ratelli e dei soldati di Samaria: «Che vogliono fare questi miserabili Giudei? Dobbiamo lasciarli f are? Offriranno sacrifici? Finiranno in un sol giorno? Vogliono far rivivere da mucchi di polvere d elle pietre già consumate dal fuoco?». Tobia l’Ammonita che gli stava accanto disse: «Edifichino
pure! Se una volpe vi salta sopra farà crollare il loro muro di pietra!». Ascolta o nostro Dio com e siamo disprezzati! Fa’ ricadere sul loro capo l’insulto e abbandonali al saccheggio in un paese di schiavitù! Non coprire la loro colpa e non sia cancellato dalla tua vista il loro peccato perché h anno offeso i costruttori. Noi dunque ricostruimmo le mura che furono ben consolidate fino a metà altezza e al popolo stava a cuore il lavoro. Ma quando Sanballàt Tobia gli Arabi gli Ammoni ti e gli Asdoditi sentirono che il restauro delle mura di Gerusalemme progrediva e che le brecce cominciavano a venir chiuse si adirarono molto e tutti insieme congiurarono di venire ad attacc are Gerusalemme e crearvi confusione. Allora noi pregammo il nostro Dio e contro di loro mett emmo sentinelle di giorno e di notte per difenderci da loro. Quelli di Giuda dicevano: «Le forze dei portatori vengono meno e le macerie sono molte; noi non potremo ricostruire le mura!». I n ostri avversari dicevano: «Senza che s’accorgano di nulla noi piomberemo in mezzo a loro li ucci deremo e faremo cessare i lavori». Poiché i Giudei che dimoravano vicino a loro vennero a riferi rci dieci volte: «Da tutti i luoghi dove vi volgete saranno contro di noi» io in luoghi bassi oltre le mura nei punti scoperti disposi il popolo per famiglie con le loro spade le loro lance i loro archi.
Dopo aver considerato la cosa mi alzai e dissi ai notabili ai magistrati e al resto del popolo: «Non li temete! Ricordatevi del Signore grande e tremendo; combattete per i vostri fratelli per i vostr i figli e le vostre figlie per le vostre mogli e per le vostre case!». Quando i nostri nemici sentiron o che eravamo informati della cosa Dio fece fallire il loro disegno e noi tutti tornammo alle mur a ognuno al suo lavoro. Da quel giorno la metà dei miei giovani lavorava e l’altra metà stava ar mata di lance di scudi di archi di corazze; i preposti stavano dietro a tutta la casa di Giuda. Quell i che ricostruivano le mura e quelli che portavano o caricavano i pesi con una mano lavoravano e con l’altra tenevano la loro arma; tutti i costruttori lavorando portavano ciascuno la spada cin ta ai fianchi. Il suonatore di corno stava accanto a me. Dissi allora ai notabili ai magistrati e al re sto del popolo: «L’opera è grande ed estesa e noi siamo sparsi sulle mura e distanti l’uno dall’alt ro. Dovunque udrete il suono del corno raccoglietevi presso di noi; il nostro Dio combatterà per noi». Così continuavamo i lavori mentre la metà di loro teneva impugnata la lancia dal sorgere d ell’alba allo spuntare delle stelle. Anche in quell’occasione dissi al popolo: «Ognuno con il suo ai utante passi la notte dentro Gerusalemme, così saranno per noi una guardia di notte e mano d’
opera di giorno». Io poi i miei fratelli i miei servi e gli uomini di guardia che mi seguivano non ci togliemmo mai le vesti; ognuno teneva l’arma a portata di mano. Si alzò un gran lamento da par te della gente del popolo e delle loro mogli contro i loro fratelli Giudei. Alcuni dicevano: «I nostr i figli e le nostre figlie sono numerosi; prendiamoci del grano per mangiare e vivere!». Altri dice vano: «Dobbiamo impegnare i nostri campi le nostre vigne e le nostre case per assicurarci il gra no durante la carestia!». Altri ancora dicevano: «Abbiamo preso denaro a prestito sui nostri ca mpi e sulle nostre vigne per pagare il tributo del re. La nostra carne è come la carne dei nostri fr atelli i nostri figli sono come i loro figli; ecco dobbiamo sottoporre i nostri figli e le nostre figlie a lla schiavitù e alcune delle nostre figlie sono già state ridotte schiave e non possiamo fare nulla perché i nostri campi e le nostre vigne sono in mano d’altri». Quando udii i loro lamenti e quest
e parole ne fui molto indignato. Dopo aver riflettuto dentro di me accusai i notabili e i magistrat i e dissi loro: «Voi esigete dunque un interesse tra fratelli?». Convocai contro di loro una grande assemblea e dissi loro: «Noi secondo la nostra possibilità abbiamo riscattato i nostri fratelli Giu dei che si erano venduti agli stranieri e ora proprio voi vendete i vostri fratelli perché siano rive nduti a noi?». Allora quelli tacquero e non seppero che cosa rispondere. Io dissi: «Quello che vo i fate non va bene. Non dovreste voi camminare nel timore del nostro Dio per non essere scher niti dagli stranieri nostri nemici? Ma anch’io i miei fratelli e i miei servi abbiamo dato loro in pre stito denaro e grano. Condoniamo questo debito! Rendete loro oggi stesso i loro campi le loro v igne i loro oliveti e le loro case e l’interesse del denaro del grano del vino e dell’olio che voi esig ete da loro». Quelli risposero: «Restituiremo e non esigeremo più nulla da loro; faremo come tu dici». Allora chiamai i sacerdoti e li feci giurare di attenersi a questa parola. Poi scossi la piega a nteriore del mio mantello e dissi: «Così Dio scuota dalla sua casa e dai suoi beni chiunque non manterrà questa parola e così sia egli scosso e svuotato di tutto!». Tutta l’assemblea disse: «Am en» e lodarono il Signore. Il popolo si attenne a questa parola. Inoltre da quando il re mi aveva s tabilito loro governatore nel paese di Giuda dal ventesimo anno fino al trentaduesimo anno del re Artaserse durante dodici anni né io né i miei fratelli mangiammo la provvista assegnata al gov ernatore. I governatori che mi avevano preceduto avevano gravato il popolo ricevendone pane e vino oltre a quaranta sicli d’argento; perfino i loro servi angariavano il popolo ma io non ho fat to così per timore di Dio. Anzi ho messo mano ai lavori di restauro di queste mura e non abbiam o comprato alcun podere. Tutti i miei giovani erano raccolti là a lavorare. Avevo alla mia tavola centocinquanta uomini Giudei e magistrati oltre a quelli che venivano a noi dalle nazioni vicine.
Quello che si preparava ogni giorno un bue sei capi scelti di bestiame minuto e uccelli veniva pr eparato a mie spese. Ogni dieci giorni vino per tutti in abbondanza. Tuttavia non ho mai chiesto la provvista assegnata al governatore perché il popolo era già gravato abbastanza a causa dei la vori. Mio Dio ricòrdati in mio favore di quanto ho fatto a questo popolo. Quando Sanballàt Tobi a e Ghesem l’Arabo e gli altri nostri nemici sentirono che io avevo edificato le mura e che non vi era più rimasta alcuna breccia sebbene a quel momento ancora non avessi messo i battenti alle porte Sanballàt e Ghesem mi mandarono a dire: «Vieni, incontriamoci a Chefirìm nella valle di Ono». Essi pensavano di farmi del male. Ma io inviai loro messaggeri a dire: «Sto facendo un gra n lavoro e non posso scendere: perché dovrebbe interrompersi il lavoro mentre io lo lascio per scendere da voi?». Essi mandarono quattro volte a dirmi la stessa cosa e io risposi nello stesso modo. Allora Sanballàt per la quinta volta mi mandò a dire la stessa cosa per mezzo del suo serv o che aveva in mano una lettera aperta nella quale stava scritto: «Si sente dire fra queste nazio ni e Gasmu lo afferma che tu e i Giudei meditate di ribellarvi e perciò tu costruisci le mura e sec ondo queste voci tu diventeresti loro re e avresti inoltre stabilito profeti, perché proclamino di t e a Gerusalemme: “Vi è un re in Giuda!”. Ora questi discorsi saranno riferiti al re. Vieni dunque e consultiamoci insieme». Ma io gli feci rispondere: «Non è come tu dici. Tu inventi!». Tutta que lla gente infatti ci voleva impaurire e diceva: «Le loro mani desisteranno e il lavoro non si farà».

Io invece irrobustii le mie mani! Io andai a casa di Semaià figlio di Delaià figlio di Meetabèl perc hé era impedito; egli disse: «Troviamoci insieme nel tempio dentro il santuario e chiudiamo le p orte del santuario perché verranno ad ucciderti; di notte verranno ad ucciderti». Ma io risposi:
«Un uomo come me può darsi alla fuga? E chi nella mia condizione entrerebbe nel santuario pe r salvare la vita? No non entrerò». Compresi che non era mandato da Dio ma aveva pronunciato quella profezia a mio danno perché Tobia e Sanballàt l’avevano pagato. Era stato pagato per im paurirmi e indurmi ad agire in quel modo e a peccare così avrebbero avuto un capo di accusa pe r screditarmi. Mio Dio ricòrdati di Tobia e di Sanballàt, per queste loro opere e anche della prof etessa Noadia e degli altri profeti che cercavano di spaventarmi! Le mura furono condotte a ter mine il venticinquesimo giorno di Elul in cinquantadue giorni. Quando lo seppero tutti i nostri n emici ebbero paura tutte le nazioni che stavano intorno a noi si sentirono molto umiliate e dove ttero riconoscere che quest’opera si era compiuta per l’intervento del nostro Dio. In quei giorni i notabili di Giuda mandavano frequenti lettere a Tobia e da Tobia ne ricevevano; infatti molti in Giuda erano suoi alleati perché egli era genero di Secania, figlio di Arach e suo figlio Giovanni a veva sposato la figlia di Mesullàm figlio di Berechia. Anche in mia presenza parlavano bene di lui e gli riferivano le mie parole mentre Tobia mandava lettere per intimorirmi. Quando le mura fu rono riedificate e io ebbi messo a posto le porte e i portieri i cantori e i leviti furono stabiliti nei l oro uffici affidai il governo di Gerusalemme a Anàni mio fratello e ad Anania comandante della c ittadella perché era un uomo fedele e temeva Dio più di tanti altri. Ordinai loro: «Le porte di Ge rusalemme non si aprano finché il sole non cominci a scaldare e si chiudano e si sbarrino i batte nti mentre gli abitanti sono ancora in piedi; si stabiliscano delle guardie prese fra gli abitanti di Gerusalemme ognuno al suo turno e ognuno davanti alla propria casa». La città era spaziosa e g rande; ma dentro vi era poca gente e non c’erano case costruite. Il mio Dio mi ispirò di radunare i notabili i magistrati e il popolo per farne il censimento. Trovai il registro genealogico di quelli c he erano tornati dall’esilio la prima volta e vi trovai scritto: Questi sono gli abitanti della provinc ia che ritornarono dall’esilio quelli che Nabucodònosor re di Babilonia aveva deportato e che to rnarono a Gerusalemme e in Giudea ognuno nella sua città essi vennero con Zorobabele Giosuè Neemia Azaria Raamia, Nacamanì Mardocheo Bilsan Mispèret Bigvài Necum e Baanà. Questa è la lista degli uomini del popolo d’Israele. Figli di Paros: duemilacentosettantadue. Figli di Sefatia
: trecentosettantadue. Figli di Arach: seicentocinquantadue. Figli di Pacat-Moab cioè figli di Giosuè e di Ioab: duemilaottocentodiciotto. Figli di Elam: milleduecentocinqua ntaquattro. Figli di Zattu: ottocentoquarantacinque. Figli di Zaccài: settecentosessanta. Figli di B
innù i: seicentoquarantotto. Figli di Bebài: seicentoventotto. Figli di Azgad: duemilatrecentovent idue. Figli di Adonikàm: seicentosessantasette. Figli di Bigvài: duemilasessantasette. Figli di Adin
: seicentocinquantacinque. Figli di Ater cioè di Ezechia: novantotto. Figli di Casum: trecentovent otto. Figli di Besài: trecentoventiquattro. Figli di Carif: centododici. Figli di Gàbaon: novantacinq ue. Uomini di Betlemme e di Netofà: centoottantotto. Uomini di Anatòt: centoventotto. Uomini di Bet-Azmàvet: quarantadue. Uomini di Kiriat-
Iearìm di Chefirà e di Beeròt: settecentoquarantatré. Uomini di Rama e di Gheba: seicentoventu no. Uomini di Micmas: centoventidue. Uomini di Betel e di Ai: centoventitré. Uomini di un altro Nebo: cinquantadue. Figli di un altro Elam: milleduecentocinquantaquattro. Figli di Carim: trece ntoventi. Figli di Gerico: trecentoquarantacinque. Figli di Lod di Adid e di Ono: settecentoventu no. Figli di Senaà: tremilanovecentotrenta. Sacerdoti: figli di Iedaià della casa di Giosuè: novece ntosettantatré. Figli di Immer: millecinquantadue. Figli di Pascur: milleduecentoquarantasette.
Figli di Carim: millediciassette. Leviti: figli di Giosuè cioè di Kadmièl figli di Odva: settantaquattro
. Cantori: figli di Asaf: centoquarantotto. Portieri: figli di Sallum figli di Ater figli di Talmon figli di Akkub figli di Catità, figli di Sobài: centotrentotto. Oblati: figli di Sica figli di Casufà, figli di Tabba òt figli di Keros, figli di Sià figli di Padon, figli di Lebanà figli di Agabà, figli di Salmài figli di Canan, figli di Ghiddel figli di Gacar, figli di Reaià figli di Resin, figli di Nekodà figli di Gazzam, figli di Uzz à figli di Pasèach, figli di Besài figli dei Meuniti figli dei Nefisesiti, figli di Bakbuk figli di Akufà, figl i di Carcur figli di Baslìt, figli di Mechidà figli di Carsa, figli di Barkos figli di Sìsara, figli di Temach figli di Nesìach figli di Catifà. Figli degli schiavi di Salomone: figli di Sotài figli di Sofèret figli di Per idà figli di Iala figli di Darkon figli di Ghiddel figli di Sefatia, figli di Cattil figli di Pocheret-Assebàim figli di Amon. Totale degli oblati e dei figli degli schiavi di Salomone: trecentonovanta due. Questi sono coloro che ritornarono da Tel-Melach Tel-Carsa Cherub-Addon e Immer ma non avevano potuto dichiarare se il loro casato e la loro discendenza fosser o d’Israele: i figli di Delaià i figli di Tobia i figli di Nekodà: seicentoquarantadue; tra i sacerdoti: i f igli di Cobaià i figli di Akkos i figli di Barzillài il quale aveva preso in moglie una delle figlie di Barzi llài il Galaadita e veniva chiamato con il loro nome. Costoro cercarono il loro registro genealogic o ma non lo trovarono e furono quindi esclusi dal sacerdozio. Il governatore disse loro che non potevano mangiare le cose santissime finché non si presentasse un sacerdote con urìm e tummì m. Tutta la comunità nel suo insieme era di quarantaduemilatrecentosessanta persone, oltre i l oro schiavi e le loro schiave in numero di settemilatrecentotrentasette; avevano anche duecent oquarantacinque cantori e cantatrici. Avevano quattrocentotrentacinque cammelli seimilasette centoventi asini. Alcuni capi di casato fecero offerta alla fabbrica. Il governatore diede al tesoro mille dracme d’oro cinquanta vasi per l’aspersione cinquecentotrenta tuniche sacerdotali. Alcun i capi di casato diedero al tesoro della fabbrica ventimila dracme d’oro e duemiladuecento mine d’argento. Ciò che il resto del popolo diede era ventimila dracme d’oro duemila mine d’argento e sessantasette tuniche sacerdotali. Poi i sacerdoti i leviti i portieri i cantori alcuni del popolo gli oblati e tutti gli Israeliti si stabilirono nelle loro città. Giunse il settimo mese e gli Israeliti stavan o nelle loro città. Allora tutto il popolo si radunò come un solo uomo sulla piazza davanti alla po rta delle Acque e disse allo scriba Esdra di portare il libro della legge di Mosè che il Signore avev a dato a Israele. Il primo giorno del settimo mese il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’as semblea degli uomini delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazz a davanti alla porta delle Acque dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno in presenza degli u omini delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al
libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno che avevano costruito per l’oc correnza e accanto a lui stavano a destra Mattitia Sema, Anaià Uria Chelkia e Maasia e a sinistra Pedaià Misaele Malchia Casum Casbaddana Zaccaria e Mesullàm. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore Dio grande e tutto il popolo rispose: «Amen amen» alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. Giosuè Banì S
erebia Iamin, Akkub Sabbetài Odia Maasia Kelità Azaria Iozabàd Canan Pelaià e i leviti spiegavan o la legge al popolo e il popolo stava in piedi. Essi leggevano il libro della legge di Dio a brani dist inti e spiegavano il senso e così facevano comprendere la lettura. Neemia che era il governatore Esdra sacerdote e scriba e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Ques to giorno è consacrato al Signore vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il pop olo piangeva mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemia disse loro: «Andate mangiate c arni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate perché la gioia del Signore è la v ostra forza». I leviti calmavano tutto il popolo dicendo: «Tacete perché questo giorno è santo; n on vi rattristate!». Tutto il popolo andò a mangiare a bere a mandare porzioni e a esultare con g rande gioia perché avevano compreso le parole che erano state loro proclamate. Il secondo gior no i capi di casato di tutto il popolo i sacerdoti e i leviti si radunarono presso lo scriba Esdra per esaminare le parole della legge. Trovarono scritto nella legge data dal Signore per mezzo di Mos è che gli Israeliti dovevano dimorare in capanne durante la festa del settimo mese e dovevano p roclamare e far passare questa voce in tutte le loro città e a Gerusalemme: «Uscite verso la mo ntagna e portate rami di ulivo rami di olivastro rami di mirto rami di palme e rami di alberi ombr osi per fare capanne come sta scritto». Allora il popolo uscì, portò l’occorrente e si fecero capan ne ciascuno sul tetto della propria casa nei loro cortili nei cortili di Dio sulla piazza della porta de lle Acque e sulla piazza della porta di èfraim. Così tutta la comunità di coloro che erano tornati d alla deportazione si fece capanne e dimorò nelle capanne. Dal tempo di Giosuè figlio di Nun gli I sraeliti non avevano fatto così fino a quel giorno. Vi fu gioia molto grande. Si lesse il libro della l egge di Dio ogni giorno dal primo giorno fino all’ultimo giorno. Fecero festa per sette giorni e all
’ottavo giorno si tenne una solenne assemblea com’è prescritto. Il ventiquattro dello stesso me se gli Israeliti si radunarono per un digiuno vestiti di sacchi e coperti di polvere. I discendenti d’I sraele si separarono da tutti gli stranieri e in piedi confessarono i loro peccati e le colpe dei loro padri. Si alzarono in piedi e lessero il libro della legge del Signore loro Dio per un quarto della gi ornata; per un altro quarto essi confessarono i peccati e si prostrarono davanti al Signore loro D
io. Giosuè Banì Kadmièl Sebania, Bunnì Serebia Banì e Chenanì salirono sulla pedana dei leviti e invocarono a gran voce il Signore loro Dio. I leviti Giosuè Kadmièl Banì Casabnia Serebia Odia, S
ebania e Petachia dissero: «Alzatevi e benedite il Signore vostro Dio, da sempre e per sempre! B
enedicano il tuo nome glorioso, esaltato al di sopra di ogni benedizione e di ogni lode! Tu tu sol o sei il Signore, tu hai fatto i cieli i cieli dei cieli e tutto il loro esercito, la terra e quanto sta su di
essa, i mari e quanto è in essi; tu fai vivere tutte queste cose e l’esercito dei cieli ti adora. Tu sei il Signore Dio che hai scelto Abram, lo hai fatto uscire da Ur dei Caldei e lo hai chiamato Abramo
. Tu hai trovato il suo cuore fedele davanti a te e hai stabilito con lui un’alleanza, promettendo d i dare la terra dei Cananei, degli Ittiti degli Amorrei dei Perizziti, dei Gebusei e dei Gergesei, di d arla a lui e alla sua discendenza; hai mantenuto la tua parola perché sei giusto. Tu hai visto l’affli zione dei nostri padri in Egitto e hai ascoltato il loro grido presso il Mar Rosso; hai operato segni e prodigi contro il faraone, contro tutti i suoi servi, contro tutto il popolo della sua terra, perché sapevi che li avevano trattati con durezza, e ti sei fatto un nome che dura ancora oggi. Hai aper to il mare davanti a loro ed essi sono passati in mezzo al mare sull’asciutto; quelli che li inseguiv ano hai precipitato nell’abisso, come una pietra in acque impetuose. Li hai guidati di giorno con una colonna di nube e di notte con una colonna di fuoco, per rischiarare loro la strada su cui ca mminare. Sei sceso sul monte Sinai e hai parlato con loro dal cielo, e hai dato loro norme giuste e leggi sicure, statuti e comandi buoni; hai fatto loro conoscere il tuo santo sabato e hai dato lor o comandi statuti e una legge per mezzo di Mosè tuo servo. Hai dato loro pane del cielo per la l oro fame e hai fatto scaturire acqua dalla rupe per la loro sete, e hai detto loro di andare a pren dere in possesso la terra che avevi giurato di dare loro. Ma essi i nostri padri, si sono comportati con superbia, hanno indurito la loro cervice e non hanno obbedito ai tuoi comandi. Si sono rifiu tati di obbedire e non si sono ricordati dei tuoi prodigi, che tu avevi operato in loro favore; hann o indurito la loro cervice e nella loro ribellione si sono dati un capo per tornare alla loro schiavit ù. Ma tu sei un Dio pronto a perdonare, misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e non li hai abbandonati. Anche quando si sono fatti un vitello di metallo fuso e hanno detto: “Ec co il tuo Dio che ti ha fatto uscire dall’Egitto!”, e ti hanno insultato gravemente, tu nella tua gra nde misericordia, non li hai abbandonati nel deserto, non hai ritirato da loro la colonna di nube di giorno, per guidarli nel cammino, né la colonna di fuoco di notte, per rischiarare loro la strada su cui camminare. Hai concesso loro il tuo spirito buono per istruirli e non hai rifiutato la tua m anna alle loro bocche e hai dato loro l’acqua per la loro sete. Per quarant’anni li hai nutriti nel d eserto e non è mancato loro nulla; le loro vesti non si sono logorate e i loro piedi non si sono go nfiati. Poi hai dato loro regni e popoli e li hai divisi definendone i confini; essi hanno posseduto l a terra di Sicon e la terra del re di Chesbon e la terra di Og re di Basan. Hai moltiplicato i loro figl i come le stelle del cielo e li hai introdotti nella terra nella quale avevi comandato ai loro padri d i entrare per prenderne possesso. I figli sono entrati e hanno preso in possesso la terra; tu hai u miliato dinanzi a loro gli abitanti della terra i Cananei, e li hai messi nelle loro mani con i loro re e con i popoli della terra, perché ne disponessero a loro piacere. Essi si sono impadroniti di città fortificate e di una terra grassa e hanno posseduto case piene di ogni bene, cisterne scavate vig ne, oliveti alberi da frutto in abbondanza; hanno mangiato e si sono saziati e si sono ingrassati e sono vissuti nelle delizie per la tua grande bontà. Ma poi hanno disobbedito, si sono ribellati co ntro di te, si sono gettati la tua legge dietro le spalle, hanno ucciso i tuoi profeti, che li ammoniv ano per farli tornare a te, e ti hanno insultato gravemente. Perciò tu li hai messi nelle mani dei l
oro nemici, che li hanno oppressi. Ma nel tempo della loro angoscia essi hanno gridato a te e tu hai ascoltato dal cielo e nella tua grande misericordia, tu hai dato loro salvatori, che li hanno sal vati dalle mani dei loro nemici. Ma quando avevano pace, ritornavano a fare il male dinanzi a te
, perciò tu li abbandonavi nelle mani dei loro nemici, che li opprimevano; poi quando ricomincia vano a gridare a te, tu ascoltavi dal cielo. Così nella tua misericordia più volte li hai liberati. Tu li ammonivi per farli tornare alla tua legge, ma essi si mostravano superbi e non obbedivano ai tu oi comandi; peccavano contro i tuoi decreti, che fanno vivere chi li mette in pratica, offrivano sp alle ribelli, indurivano la loro cervice e non obbedivano. Hai pazientato con loro molti anni e li h ai ammoniti con il tuo spirito per mezzo dei tuoi profeti; ma essi non hanno voluto prestare ore cchio. Allora li hai messi nelle mani dei popoli di terre straniere. Però nella tua grande compassi one, tu non li hai sterminati del tutto e non li hai abbandonati, perché sei un Dio misericordioso e pietoso. Ora o nostro Dio Dio grande potente e tremendo, che mantieni l’alleanza e la benev olenza, non sembri poca cosa ai tuoi occhi tutta la sventura che è piombata su di noi, sui nostri r e sui nostri capi, sui nostri sacerdoti sui nostri profeti, sui nostri padri su tutto il tuo popolo, dal tempo dei re d’Assiria fino ad oggi. Tu sei giusto per tutto quello che ci è accaduto, poiché tu ha i agito fedelmente, mentre noi ci siamo comportati da malvagi. I nostri re i nostri capi i nostri sa cerdoti i nostri padri non hanno messo in pratica la tua legge e non hanno obbedito né ai coma ndi né agli ammonimenti con i quali tu li ammonivi. Essi mentre godevano del loro regno, del gr ande benessere che tu largivi loro e della terra vasta e fertile che tu avevi messo a loro disposizi one, non ti hanno servito e non hanno abbandonato le loro azioni malvagie. Oggi eccoci schiavi; e quanto alla terra che tu hai concesso ai nostri padri, perché ne mangiassero i frutti e i beni, ec co in essa siamo schiavi. I suoi prodotti abbondanti sono per i re, che hai posto su di noi a causa dei nostri peccati e dispongono dei nostri corpi e del nostro bestiame a loro piacimento, e noi si amo in grande angoscia. Tuttavia noi vogliamo sancire un patto e lo mettiamo per iscritto. Sul d ocumento sigillato figurino i nostri capi i nostri leviti e i nostri sacerdoti». Sui documenti sigillati figuravano Neemia il governatore figlio di Acalia e Sedecia, Seraià Azaria Geremia Pascur Amari a Malchia Cattus Sebania, Malluc Carim Meremòt Abdia Daniele Ghinnetòn Baruc, Mesullàm Ab ia Miamìn Maazia Bilgài Semaià questi erano i sacerdoti. Leviti: Giosuè figlio di Azania Binnù i de i figli di Chenadàd, Kadmièl e i loro fratelli Sebania Odia Kelità Pelaià Canan, Mica Recob Casabia Zaccur Serebia Sebania Odia Banì Beninu. Capi del popolo: Paros Pacat-Moab Elam Zattu Banì Bunnì Azgad, Bebài Adonia Bigvài Adin Ater Ezechia Azzur Odia, Casum B
esài Carif Anatòt Nebài Magpiàs, Mesullàm Chezir Mesezabèl Sadoc Iaddua Pelatia Canan Anaià, Osea Anania Cassub Allochès Pilca Sobek Recum Casabna, Maasia Achia Canan Anan Malluc Car im Baanà. Il resto del popolo i sacerdoti i leviti i portieri i cantori gli oblati e quanti si erano sepa rati dai popoli di terre straniere per aderire alla legge di Dio le loro mogli i loro figli e le loro figli e quanti potevano intendere si unirono ai loro fratelli più ragguardevoli e fecero un patto e un g iuramento di camminare nella legge di Dio data per mezzo di Mosè servo di Dio promettendo di osservare e mettere in pratica tutti i comandi del Signore il Signore nostro le sue norme e le su
e leggi. E così non daremo le nostre figlie ai popoli della regione e non prenderemo le loro figlie per i nostri figli. Dai popoli della regione che portano le mercanzie e ogni genere di grano in gior no di sabato per venderli non faremo acquisti di sabato o in un giorno santo. Lasceremo in ripos o la terra ogni settimo anno e condoneremo ogni debito. Ci siamo imposti per legge di dare ogni anno il terzo di un siclo per il servizio del tempio del nostro Dio: per i pani dell’offerta per l’obla zione perenne per l’olocausto perenne nei sabati nei noviluni nelle feste per le cose sacre per i s acrifici per il peccato in vista dell’espiazione in favore d’Israele e per ogni attività del tempio del nostro Dio. Sacerdoti leviti e popolo abbiamo tirato a sorte per l’offerta della legna da portare a l tempio del nostro Dio secondo i nostri casati a tempi fissi anno per anno per bruciarla sull’altar e del Signore nostro Dio come sta scritto nella legge e per portare ogni anno al tempio del Signo re le primizie del nostro suolo e le primizie di ogni frutto di qualunque pianta come anche i prim ogeniti dei nostri figli e del nostro bestiame secondo quanto sta scritto nella legge e i primi parti del nostro bestiame grosso e minuto per portarli al tempio del nostro Dio e ai sacerdoti che pre stano servizio nel tempio del nostro Dio. Porteremo ai sacerdoti nelle stanze del tempio del nos tro Dio le primizie della nostra farina le nostre offerte i frutti di qualunque albero il vino e l’olio e porteremo la decima del nostro suolo ai leviti. I leviti stessi preleveranno le decime in tutte le città del nostro lavoro. Un sacerdote figlio di Aronne sarà con i leviti quando i leviti preleverann o le decime e i leviti porteranno la decima della decima al tempio del nostro Dio nelle stanze del tesoro perché in quelle stanze i figli d’Israele e i figli di Levi devono portare l’offerta prelevata s ul frumento sul vino e sull’olio; in quel luogo stanno gli utensili del santuario i sacerdoti che pre stano il servizio i portieri e i cantori. Non trascureremo il tempio del nostro Dio. I capi del popol o si stabilirono a Gerusalemme; il resto del popolo tirò a sorte per far venire uno su dieci ad abit are a Gerusalemme la città santa e nove nelle altre città. Il popolo benedisse quanti si erano off erti spontaneamente per abitare a Gerusalemme. Questi sono i capi della provincia che si stabili rono a Gerusalemme mentre nelle città di Giuda si stabilirono nelle rispettive città ognuno nella sua proprietà Israeliti sacerdoti, leviti oblati e i figli degli schiavi di Salomone. A Gerusalemme si stabilirono figli di Giuda e figli di Beniamino. Dei figli di Giuda: Ataià figlio di Ozia figlio di Zaccar ia figlio di Amaria figlio di Sefatia figlio di Maalalèl dei figli di Peres; Maasia figlio di Baruc figlio d i Col-Cozè figlio di Cazaià figlio di Adaià figlio di Ioiarìb figlio di Zaccaria figlio del Silonita. Totale dei fi gli di Peres che si stabilirono a Gerusalemme: quattrocentosessantotto uomini valorosi. Questi s ono i figli di Beniamino: Sallu figlio di Mesullàm figlio di Ioed figlio di Pedaià figlio di Kolaià figlio di Maasia figlio di Itièl figlio di Isaia e, dopo di lui Gabbài Sallài: novecentoventotto. Gioele figlio di Zicrì era prefetto su di loro e Giuda figlio di Assenuà era il secondo sulla città. Dei sacerdoti: Ie daià figlio di Ioiarìb Iachin Seraià figlio di Chelkia figlio di Mesullàm figlio di Sadoc figlio di Merai òt figlio di Achitù b, preposto del tempio di Dio e i loro fratelli addetti al lavoro del tempio in nu mero di ottocentoventidue; Adaià figlio di Ierocàm figlio di Pelalia figlio di Amsì figlio di Zaccaria figlio di Pascur figlio di Malchia e i suoi fratelli preposti di casato in numero di duecentoquarant
adue; Amassài figlio di Azarèl figlio di Aczài figlio di Mesillemòt figlio di Immer e i loro fratelli uo mini valorosi in numero di centoventotto; Zabdièl figlio di Ghedolìm era prefetto su di loro. Dei l eviti: Semaià figlio di Cassub figlio di Azrikàm figlio di Casabia figlio di Bunnì Sabbetài e Iozabàd al servizio esterno del tempio fra i capi dei leviti; Mattania figlio di Mica figlio di Zabdì figlio di A saf il capo che iniziava intonando la preghiera e Bakbukia secondo tra i suoi fratelli; Abda figlio d i Sammù a figlio di Galal, figlio di Iedutù n. Totale dei leviti nella città santa: duecentoottantaqu attro. Portieri: Akkub Talmon e i loro fratelli custodi delle porte: centosettantadue. Il resto d’Isr aele dei sacerdoti e dei leviti si stabilì in tutte le città di Giuda ognuno nella sua eredità. Gli obla ti si stabilirono sull’Ofel con Sica e Ghispa alla testa degli oblati. Il prefetto dei leviti a Gerusalem me era Uzzì figlio di Banì figlio di Casabia, figlio di Mattania figlio di Mica dei figli di Asaf i cantori per il servizio del tempio di Dio; vi era infatti una disposizione del re a loro riguardo e un ordine per i cantori prescrizione per ogni giorno. Petachia figlio di Mesezabèl dei figli di Zerach figlio di Giuda suppliva il re per tutti gli affari del popolo. Nei villaggi delle campagne alcuni figli di Giud a si stabilirono a Kiriat-Arbà e nelle sue dipendenze a Dibon e nelle sue dipendenze a Iekabseèl e nei suoi villaggi a Iesu a a Moladà a Bet-Pelet a Casar-Sual a Bersabea e nelle sue dipendenze a Siklag, a Meconà e nelle sue dipendenze a En-Rimmon a Sorea a Iarmut a Zanòach ad Adullàm e nei loro villaggi a Lachis e nelle sue campagne ad Azekà e nelle sue dipendenze. Si insediarono da Bersabea fino alla valle di Innòm. I figli di Be niamino si stabilirono a Gheba Micmas Aià Betel e sue dipendenze, ad Anatòt Nob Anania Asor Rama Ghittàim Adid, Seboìm Neballat Lod e Ono nella valle degli Artigiani. Dei leviti parte si sta bilì con Giuda parte con Beniamino. Questi sono i sacerdoti e i leviti che tornarono con Zorobab ele figlio di Sealtièl e con Giosuè: Seraià Geremia Esdra Amaria Malluc Cattus Secania Recum, M
eremòt Iddo Ghinnetòn Abia Miamìn Maadia Bilga, Semaià Ioiarìb Iedaià Sallu Amok Chelkia Ied aià. Questi erano i capi dei sacerdoti e dei loro fratelli al tempo di Giosuè. Leviti: Giosuè Binnù i Kadmièl Serebia Giuda Mattania che era preposto agli inni con i suoi fratelli. Bakbukia e Unnì lor o fratelli si alternavano con loro secondo gli incarichi. Giosuè generò Ioiakìm Ioiakìm generò Elia sìb, Eliasìb generò Ioiadà Ioiadà generò Giònata, Giònata generò Iaddua. Al tempo di Ioiakìm i sa cerdoti capi di casato erano: del casato di Seraià, Meraià di quello di Geremia Anania; di quello di Esdra Mesullàm; di quello di Amaria Giovanni; di quello di Melikù Giònata; di quello di Sebani a Giuseppe; di quello di Carim Adna; di quello di Meraiòt Chelkài; di quello di Iddo Zaccaria; di q uello di Ghinnetòn Mesullàm; di quello di Abia Zicrì di quello di Miniamìn … di quello di Moadia Piltài; di quello di Bilga, Sammù a; di quello di Semaià Giònata; di quello di Ioiarìb, Mattenài; di quello di Iedaià Uzzì di quello di Sallu Kallài; di quello di Amok Eber; di quello di Chelkia Casabia; di quello di Iedaià Netanèl. I leviti furono registrati quanto ai capi di casato al tempo di Eliasìb d i Ioiadà, di Giovanni e di Iaddua; e i sacerdoti sotto il regno di Dario il Persiano. I leviti capi di cas ato furono registrati nel libro delle Cronache fino al tempo di Giovanni figlio di Eliasìb. I capi dei leviti Casabia Serebia Giosuè figlio di Kadmièl e i loro fratelli si alternavano con loro per lodare e
ringraziare secondo l’ordine di Davide uomo di Dio turno per turno. Mattania Bakbukia Abdia Mesullàm Talmon Akkub erano portieri e facevano la guardia ai magazzini delle porte. Questi vi vevano al tempo di Ioiakìm figlio di Giosuè figlio di Iosadàk e al tempo di Neemia il governatore e di Esdra sacerdote e scriba. Per la dedicazione delle mura di Gerusalemme si mandarono a cer care i leviti da tutti i luoghi dove si trovavano per farli venire a Gerusalemme per celebrare la de dicazione con gioia con azioni di grazie con il canto con cimbali arpe e cetre. I cantori si radunar ono dal distretto intorno a Gerusalemme, dai villaggi dei Netofatiti da Bet-Gàlgala e dal territorio di Gheba e di Azmàvet, poiché i cantori si erano edificati villaggi nei dint orni di Gerusalemme. I sacerdoti e i leviti si purificarono e purificarono il popolo le porte e le m ura. Allora io feci salire sulle mura i capi di Giuda e formai due grandi cori. Il primo s’incamminò dal lato destro sulle mura, verso la porta del Letame; dietro a loro camminavano Osea metà dei capi di Giuda, Azaria Esdra Mesullàm Giuda Beniamino Semaià Geremia, e dei sacerdoti con le t rombe Zaccaria figlio di Gionata figlio di Semaià figlio di Mattania figlio di Michea figlio di Zaccur figlio di Asaf e i suoi fratelli Semaià, Azarèl Milalài Ghilalài Maài Netanèl Giuda Anàni con gli str umenti musicali di Davide uomo di Dio; lo scriba Esdra era davanti a loro. E alla porta della Font e e davanti a loro salirono per le scale della Città di Davide lungo la salita del muro oltre la casa di Davide fino alla porta delle Acque a oriente. Il secondo coro si incamminò a sinistra e io lo seg uivo con l’altra metà del popolo sopra le mura dalla torre dei Forni e fino al muro largo e dalla p orta di èfraim alla porta Vecchia e alla porta dei Pesci alla torre di Cananèl e alla torre dei Cento fino alla porta delle Pecore e si fermarono alla porta della Prigione. I due cori si fermarono nel t empio di Dio; così feci io con la metà dei magistrati che si trovavano con me e i sacerdoti Eliakì m Maasia Miniamìn Michea, Elioenài Zaccaria Anania con le trombe e Maasia Semaià Eleàzaro, Uzzì Giovanni Malchia Elam Ezer. I cantori facevano sentire la voce e Izrachia ne era il direttore.
In quel giorno il popolo offrì numerosi sacrifici e si rallegrò perché Dio gli aveva concesso una gr ande gioia. Anche le donne e i fanciulli si rallegrarono e la gioia di Gerusalemme si sentiva di lon tano. In quel giorno alcuni uomini furono preposti alle stanze dei magazzini delle offerte delle p rimizie e delle decime per raccogliervi dalle campagne di ogni località le parti assegnate dalla le gge ai sacerdoti e ai leviti poiché i Giudei gioivano per i sacerdoti e i leviti intenti alle funzioni: e ssi svolgevano il servizio del loro Dio e il servizio della purificazione come i cantori e i portieri se condo l’ordine di Davide e di Salomone suo figlio. Infatti al tempo di Davide e di Asaf in antico vi erano capi cantori e canti di lode e di ringraziamento a Dio. E tutto Israele al tempo di Zorobab ele e al tempo di Neemia ogni giorno forniva le porzioni prescritte ai cantori e ai portieri e quell e consacrate ai leviti i quali le davano ai figli di Aronne. In quel giorno si lesse in presenza del po polo il libro di Mosè e vi si trovò scritto che l’Ammonita e il Moabita non dovevano mai entrare nella comunità di Dio, perché non erano venuti incontro agli Israeliti con il pane e l’acqua e perc hé, contro di loro avevano pagato Balaam per maledirli sebbene il nostro Dio avesse mutato la maledizione in benedizione. Quando ebbero udito la legge separarono da Israele tutti gli stranie ri. Prima di questo il sacerdote Eliasìb assegnato alle stanze del tempio del nostro Dio parente di
Tobia aveva preparato per lui una camera grande dove prima di allora si riponevano le offerte, l
’incenso gli utensili la decima del grano del vino e dell’olio spettanza di legge dei leviti, dei canto ri dei portieri e il tributo per i sacerdoti. Quando si faceva tutto questo io non ero a Gerusalem me perché nell’anno trentaduesimo di Artaserse re di Babilonia ero andato dal re; ma dopo qua lche tempo chiesi di congedarmi dal re venni a Gerusalemme e mi accorsi del male che Eliasìb a veva fatto in favore di Tobia preparando per lui una stanza nei cortili del tempio di Dio. La cosa mi dispiacque molto e feci gettare fuori dalla stanza tutti gli oggetti della casa di Tobia; poi ordi nai che si purificassero quelle camere e vi feci tornare gli utensili del tempio di Dio le offerte e l’i ncenso. Seppi anche che le porzioni fissate per i leviti non erano state consegnate e che i leviti e i cantori che prestavano il servizio erano fuggiti ognuno al suo paese. Allora rimproverai i magis trati e dissi loro: «Perché il tempio di Dio è stato abbandonato?». Poi li radunai e li ristabilii nei l oro uffici. Allora tutto Giuda portò ai magazzini la decima del frumento del vino e dell’olio; incar icai dei magazzini il sacerdote Selemia lo scriba Sadoc, Pedaià uno dei leviti e al loro fianco Cana n figlio di Zaccur figlio di Mattania perché erano reputati uomini fedeli. Così stava a loro fare le parti per i loro fratelli. Ricòrdati per questo di me o mio Dio e non cancellare la fedeltà con cui h o agito per il tempio del mio Dio e per il suo servizio! In quei giorni osservai in Giuda alcuni che pigiavano nei tini durante il sabato altri che trasportavano i covoni e li caricavano sugli asini e a nche vino uva fichi e ogni sorta di carichi e li portavano a Gerusalemme in giorno di sabato; io p rotestai a motivo del giorno in cui vendevano le derrate. C’erano anche alcuni di Tiro stabiliti in città che portavano pesce e ogni sorta di merci e le vendevano durante il sabato ai figli di Giuda e a Gerusalemme. Allora io rimproverai i notabili di Giuda e dissi loro: «Che cosa è mai questo male che fate profanando il giorno del sabato? I nostri padri non hanno fatto così? Il nostro Dio per questo ha fatto cadere su noi e su questa città tutti questi mali. Voi accrescete l’ira contro Is raele profanando il sabato!». Non appena le porte di Gerusalemme comiciavano a essere nell’o mbra prima del sabato io ordinai che le porte fossero chiuse e che non si riaprissero fin dopo il s abato; collocai alcuni miei uomini alle porte: non doveva entrare nessun carico durante il sabat o. Così i mercanti e i venditori di ogni merce una o due volte passarono la notte fuori di Gerusal emme. Allora io protestai contro di loro e dissi: «Perché passate la notte davanti alle mura? Se l o farete un’altra volta stenderò la mano contro di voi». Da quel momento non vennero più dura nte il sabato. Ordinai ai leviti di purificarsi e di venire a custodire le porte per santificare il giorn o del sabato. Anche per questo ricòrdati di me mio Dio e abbi pietà di me secondo il tuo grande amore! In quei giorni vidi anche che alcuni Giudei si erano ammogliati con donne di Asdod di A mmon e di Moab; la metà dei loro figli parlava l’asdodeo nessuno di loro sapeva parlare giudaic o ma solo la lingua di un popolo o dell’altro. Io li rimproverai li maledissi ne picchiai alcuni strap pai loro i capelli e li feci giurare su Dio: «Non darete le vostre figlie ai loro figli e non prenderete le loro figlie per i vostri figli o per voi stessi. Salomone re d’Israele non ha forse peccato appunt o in questo? Certo fra le molte nazioni non ci fu un re simile a lui: era amato dal suo Dio e Dio l’
aveva fatto re di tutto Israele; eppure le donne straniere fecero peccare anche lui. Dovremmo d
unque ascoltare voi e fare tutto questo grande male e prevaricare contro il nostro Dio sposando donne straniere?». Uno dei figli di Ioiadà figlio di Eliasìb il sommo sacerdote era genero di Sanb allàt il Coronita; io lo cacciai via da me. Ricòrdati di loro mio Dio poiché hanno profanato il sacer dozio e l’alleanza dei sacerdoti e dei leviti. Così li purificai da ogni elemento straniero e ristabilii gli incarichi dei sacerdoti e dei leviti ognuno al suo compito quelli dell’offerta della legna ai tem pi stabiliti e delle primizie. Ricòrdati di me in bene mio Dio! 1a Nel secondo anno di regno del gr ande re Artaserse il giorno primo di Nisan Mardocheo figlio di Giàiro figlio di Simei figlio di Kis d ella tribù di Beniamino ebbe in sogno una visione. 1b Egli era un Giudeo che abitava nella città d i Susa un uomo ragguardevole che prestava servizio alla corte del re 1c e proveniva dal gruppo degli esuli che Nabucodònosor re di Babilonia aveva deportato da Gerusalemme con Ieconia re della Giudea. 1d Questo fu il suo sogno: ecco grida e tumulto tuoni e terremoto sconvolgimenti sulla terra. 1e Ed ecco: due enormi draghi avanzarono tutti e due pronti alla lotta e risuonò pote nte il loro grido. 1f Al loro grido ogni nazione si preparò alla guerra per combattere contro il pop olo dei giusti. 1g Ecco un giorno di tenebre e di caligine! Tribolazione e angustia afflizione e gran di sconvolgimenti sulla terra! 1h Tutta la nazione dei giusti rimase sconvolta: essi temendo la pr opria rovina si prepararono a morire e levarono a Dio il loro grido. 1i Ma dal loro grido come da una piccola fonte sorse un grande fiume con acque abbondanti. 1k Apparvero la luce e il sole: gl i umili furono esaltati e divorarono i superbi. 1l Mardocheo allora si svegliò: aveva visto questo sogno e quello che Dio aveva deciso di fare; in cuor suo continuava a ripensarvi fino a notte cerc ando di comprenderlo in ogni suo particolare. 1m Mardocheo alloggiava alla corte con Gabatà e Tarra i due eunuchi del re che custodivano la corte. 1n Intese i loro ragionamenti indagò sui lor o disegni e venne a sapere che quelli si preparavano a mettere le mani sul re Artaserse. Allora n e avvertì il re. 1o Il re sottopose i due eunuchi a un interrogatorio: essi confessarono e furono to lti di mezzo. 1p Poi il re fece scrivere questi fatti nelle cronache e anche Mardocheo li mise per i scritto. 1q Il re costituì Mardocheo funzionario della corte e gli fece regali in compenso di quest e cose. 1r Ma vi era anche Aman figlio di Amadàta il Bugeo che era molto stimato presso il re e cercò il modo di fare del male a Mardocheo e al suo popolo per questa faccenda che riguardava i due eunuchi del re. Dopo queste cose al tempo di Artaserse –
quell’Artaserse che regnava dall’India sopra centoventisette province –
proprio in quel tempo il re Artaserse che regnava nella città di Susa l’anno terzo del suo regno f ece un banchetto per gli amici e per quelli delle altre nazionalità per i nobili dei Persiani e i dei Medi e per i prefetti delle province. Dopo aver mostrato loro le ricchezze del suo regno e il fasto attraente della sua ricchezza per centoottanta giorni quando si compirono i giorni delle nozze il re fece un banchetto per i rappresentanti delle nazioni che si trovavano nella città per sei giorni nella sala della reggia. La sala era adornata con drappi di lino delicato e pregiato appesi a cordo ni di lino color porpora, fissati a ganci d’oro e d’argento su colonne di marmo pario e di pietra. I divani erano d’oro e d’argento sopra un pavimento di pietra verde smeraldo e di madreperla e di marmo pario; vi erano inoltre tappeti con ricami variegati e rose disposte in circolo. Per bere
c’erano coppe d’oro e d’argento come pure un piccolo calice di turchese del valore di trentamil a talenti. Il vino era abbondante e dolce e lo stesso re ne beveva. Si poteva bere senza limiti: cos ì infatti aveva voluto il re ordinando ai camerieri di soddisfare il desiderio suo e degli altri. Anch e Vasti la regina tenne un banchetto per le donne nella stessa reggia di Artaserse. Il settimo gior no il re euforico per il vino ordinò ad Aman Bazan Tarra Borazè, Zatoltà Abatazà Tarabà i sette e unuchi che erano al servizio del re Artaserse, di far venire davanti a lui la regina per intronizzarl a ponendole sul capo il diadema e per mostrare ai prìncipi e alle nazioni la sua bellezza: era infa tti molto bella. Ma la regina Vasti rifiutò di andare con gli eunuchi. Il re ne fu addolorato e irritat o e disse ai suoi amici: «Così e così ha parlato Vasti: giudicate dunque secondo la legge e il diritt o». Si fecero avanti Archeseo e Sarsateo e Maleseàr prìncipi dei Persiani e dei Medi che erano pi ù vicini al re e che primi sedevano accanto al re e gli espressero il proprio parere su che cosa si d ovesse fare alla regina Vasti secondo le leggi perché non aveva eseguito l’ordine datole dal re Ar taserse per mezzo degli eunuchi. Mucheo disse in presenza del re e dei prìncipi: «La regina Vasti ha mancato non solo nei confronti del re ma anche nei confronti di tutti i prìncipi e i capi del re
– infatti costui aveva riferito loro le parole della regina e come ella aveva risposto al re –
e come ella ha risposto al re Artaserse così oggi le altre principesse dei capi dei Persiani e dei M
edi, avendo udito ciò che ella ha detto al re oseranno disprezzare allo stesso modo i loro mariti.
Se dunque sembra bene al re sia emanato un decreto reale scritto secondo le leggi dei Medi e d ei Persiani e irrevocabile secondo il quale la regina non possa più comparire davanti a lui e il re c onferisca la dignità a una donna migliore di lei. E l’editto emanato dal re sia fatto conoscere nel suo regno e così tutte le donne rispetteranno i loro mariti dal più povero al più ricco». La propos ta piacque al re e ai prìncipi. Il re fece come aveva detto Mucheo: mandò lettere a tutto il regno a ogni provincia secondo la sua lingua in modo che i mariti fossero rispettati nelle loro case. Do po questi fatti l’ira del re si placò ed egli non si ricordò più di Vasti avendo presente quello che l ei aveva detto e come egli l’aveva ormai condannata. Dissero allora i servi del re: «Si cerchino p er il re fanciulle incorrotte e belle. E in tutte le province del suo regno il re dia incarico ai govern atori locali perché siano scelte fanciulle vergini e belle; siano portate nella città di Susa nell’hare m e siano consegnate all’eunuco del re che è il custode delle donne e siano dati loro unguenti e ogni altra cosa necessaria e la donna che piacerà al re diventi regina al posto di Vasti». La propo sta piacque al re e così si fece. Nella città di Susa c’era un Giudeo di nome Mardocheo figlio di G
iàiro figlio di Simei figlio di Kis della tribù di Beniamino il quale era stato deportato da Gerusale mme quando fu ridotta in schiavitù da Nabucodònosor re di Babilonia. Egli aveva una figlia adot tiva figlia di Aminadàb fratello di suo padre che si chiamava Ester. Quando erano morti i suoi ge nitori egli l’aveva allevata per prenderla in moglie. La fanciulla era bella d’aspetto. E quando il d ecreto del re fu pubblicato molte fanciulle furono raccolte nella città di Susa sotto la sorveglianz a di Gai; anche Ester fu condotta da Gai custode delle donne. La fanciulla gli piacque e trovò gra zia presso di lui ed egli si preoccupò di darle gli unguenti e la sua porzione di cibo oltre alle sette fanciulle assegnate a lei dalla reggia e usò verso di lei e le sue ancelle un trattamento di favore
nell’harem. Ester non disse nulla né del suo popolo né della sua stirpe perché Mardocheo le ave va ordinato di non dirlo. Mardocheo passeggiava ogni giorno lungo il cortile dell’harem per ved ere che cosa fosse accaduto a Ester. Il momento di andare dal re giungeva per una fanciulla alla fine di dodici mesi quando terminavano i giorni della preparazione. Il periodo della preparazion e si svolgeva così: sei mesi per essere unta con olio di mirra e sei con spezie e unguenti femminil i. Allora veniva introdotta dal re e quello che chiedeva le veniva dato per portarlo con sé dall’ha rem alla reggia. Vi andava la sera e la mattina seguente passava nel secondo harem dove Gai l’e unuco del re custodiva le donne; nessuna di loro poteva rientrare dal re se non veniva chiamata per nome. Quando per Ester figlia di Aminadàb fratello del padre di Mardocheo si compì il tem po di entrare dal re ella nulla tralasciò di quello che le aveva ordinato l’eunuco il custode delle d onne; Ester infatti trovava grazia presso tutti quelli che la vedevano. Ester entrò dal re Artaserse nel dodicesimo mese chiamato Adar l’anno settimo del suo regno. Il re si innamorò di Ester: ell a trovò grazia più di tutte le fanciulle e perciò egli pose su di lei la corona regale. Poi il re fece un banchetto per tutti i suoi amici e i potenti per sette giorni volendo solennizzare così le nozze di Ester; condonò pure i debiti a tutti quelli che erano sotto il suo dominio. Mardocheo prestava s ervizio nel palazzo. Ester non palesò la sua stirpe: Mardocheo infatti le aveva raccomandato di a vere il timore di Dio e di osservare i suoi comandamenti come quando stava con lui. Ester non c ambiò il suo modo di vivere. I due eunuchi del re capi delle guardie del corpo si rattristarono pe rché Mardocheo era stato promosso e cercavano di uccidere il re Artaserse. La cosa fu resa nota a Mardocheo ed egli la fece conoscere ad Ester; ella rivelò al re la notizia della congiura. Allora i l re fece indagare riguardo ai due eunuchi e li impiccò il re ordinò di prenderne nota negli archiv i reali, in memoria e a lode dei buoni uffici di Mardocheo. Dopo questi avvenimenti il re Artaser se onorò grandemente Aman figlio di Amadàta il Bugeo. Lo elevò in dignità e fra tutti i suoi amic i lo faceva sedere al primo posto. Tutti quelli che stavano al palazzo si prostravano davanti a lui poiché il re aveva ordinato di fare così. Ma Mardocheo non si prostrava davanti a lui. Allora quel li che stavano nel palazzo dissero a Mardocheo: «Mardocheo perché non ascolti i comandi del r e?». Essi glielo dicevano giorno dopo giorno ma egli non li ascoltava. Allora fecero presente ad Aman che Mardocheo trasgrediva gli ordini del re. Mardocheo inoltre aveva rivelato loro di esse re un Giudeo. Ma Aman accortosi che Mardocheo non si prostrava davanti a lui si indignò grand emente e decise di sterminare tutti i Giudei che si trovavano sotto il dominio di Artaserse. Fece un editto nell’anno dodicesimo del regno di Artaserse; tirò a sorte il giorno e il mese per stermi nare in un solo giorno il popolo di Mardocheo. La sorte cadde sul quattordicesimo giorno del m ese di Adar. Allora disse al re Artaserse: «C’è un popolo disperso tra le nazioni in tutto il tuo reg no le cui leggi differiscono da quelle di tutte le altre nazioni; essi disobbediscono alle leggi del re e non è conveniente che il re glielo permetta. Se piace al re dia ordine di ucciderli, e io assegner ò al tesoro del re diecimila talenti d’argento». Il re preso il suo anello lo dette in mano ad Aman per mettere il sigillo sui decreti contro i Giudei. Il re disse ad Aman: «Tieni pure il denaro e tratt a questo popolo come vuoi tu». Nel tredicesimo giorno del primo mese furono chiamati gli scrib
i e come aveva ordinato Aman scrissero ai capi e ai governatori di ogni provincia dall’India fino a ll’Etiopia a centoventisette province e ai capi delle nazioni, secondo la loro lingua a nome del re Artaserse. Le lettere furono mandate per mezzo di corrieri nel regno di Artaserse perché in un s olo giorno del dodicesimo mese chiamato Adar fosse sterminata la stirpe dei Giudei e si saccheg giassero i loro beni. 13a Questa è la copia della lettera: «Il grande re Artaserse ai governatori de lle centoventisette province dall’India all’Etiopia, e ai funzionari loro subordinati scrive quanto s egue: 13b Essendo io al comando di molte nazioni e avendo il dominio di tutto il mondo non vol endo abusare della grandezza del potere ma volendo governare sempre con moderazione e con dolcezza mi sono proposto di rendere quieta la vita dei sudditi e di assicurare un regno tranquil lo e percorribile fino alle frontiere per far rifiorire la pace sospirata da tutti gli uomini. 13c Dopo aver chiesto ai miei consiglieri come si potesse attuare tutto questo Aman distinto presso di noi per prudenza eccellente per inalterata devozione e sicura fedeltà ed elevato alla seconda dignit à del regno 13d ci ha avvertiti che in mezzo a tutte le razze che vi sono nel mondo si è mescolat o un popolo ostile il quale vivendo con leggi diverse da quelle di ogni altra nazione trascura sem pre i decreti del re così da compromettere la pace delle nazioni da noi consolidata. 13e Conside rando dunque che questa nazione è l’unica ad essere in continuo contrasto con ogni essere um ano differenziandosi per uno strano regime di leggi e che ostile ai nostri interessi compie le peg giori malvagità e ostacola la stabilità del regno 13f abbiamo ordinato che le persone a voi segnal ate nei rapporti scritti da Aman incaricato dei nostri affari pubblici e da noi trattato come un sec ondo padre tutte con le mogli e i figli siano radicalmente sterminate con la spada dei loro avver sari, senz’alcuna pietà né perdono il quattordici del dodicesimo mese dell’anno corrente, cioè A dar 13g cosicché questi nostri oppositori di ieri e di oggi precipitando violentemente negli inferi in un solo giorno ci assicurino definitivamente per l’avvenire un governo stabile e tranquillo». L
e copie delle lettere furono pubblicate in ogni provincia e a tutte le nazioni fu ordinato di stare pronti per quel giorno. L’applicazione fu sollecitata anche nella città di Susa e, mentre il re e Am an si davano a bere smodatamente la città era costernata. Quando Mardocheo seppe quello ch e era accaduto si stracciò le vesti indossò un sacco e si cosparse di cenere. Precipitatosi nella pia zza della città gridava a gran voce: «Viene distrutto un popolo che non ha fatto nulla di male». V
enne fino alla porta del re e si fermò infatti non gli era consentito entrare nel palazzo portando sacco e cenere. In ogni provincia in cui erano state pubblicate le lettere c’erano grida e lamenti e grande afflizione tra i Giudei i quali si stendevano sul sacco e sulla cenere. Entrarono le ancell e e gli eunuchi della regina e le parlarono. All’udire quel che era accaduto rimase sconvolta e m andò a vestire Mardocheo e a togliergli il sacco; ma egli non acconsentì. Allora Ester chiamò il s uo eunuco Acrateo che stava al suo servizio e lo mandò a chiedere informazioni precise a Mard ocheo. [Atac si recò da Mardocheo sulla piazza della città davanti alla porta del re.] Mardocheo gli fece conoscere quel che era accaduto e la promessa che Aman aveva fatto al re riguardo ai di ecimila talenti per il tesoro allo scopo di sterminare i Giudei. E gli diede la copia dell’editto prom ulgato nella città di Susa e riguardante la loro distruzione perché la mostrasse a Ester; gli disse d
i ordinarle di entrare dal re per domandargli grazia e intercedere a favore del popolo. «Ricòrdati
– aggiunse –
dei giorni in cui eri povera quando eri nutrita dalle mie mani giacché Aman il quale ha avuto il s econdo posto dopo il re ha parlato contro di noi per farci morire. Invoca il Signore e parla al re i n favore nostro perché ci liberi dalla morte». Acrateo entrò e le riferì tutte queste parole. Ed Est er disse ad Acrateo: «Va’ da Mardocheo e digli: “Tutte le nazioni dell’impero sanno che chiunqu e, uomo o donna entri dal re nel palazzo interno senza essere chiamato non avrà scampo; solo c olui sul quale il re avrà steso il suo scettro d’oro sarà salvo. E io non sono più stata chiamata a e ntrare dal re già da trenta giorni”». Acrateo riferì a Mardocheo tutte queste parole di Ester. Mar docheo disse ad Acrateo: «Va’ a dirle: “Ester non dire a te stessa che tu sola potrai salvarti nel r egno fra tutti i Giudei. Perché se tu ti rifiuti in questa circostanza da un’altra parte verranno aiut o e protezione per i Giudei. Tu e la casa di tuo padre perirete. Chi sa che tu non sia diventata re gina proprio per questa circostanza?”». Ester mandò da Mardocheo l’uomo che era venuto da l ei e gli fece dire: «Va’ e raduna i Giudei che abitano a Susa e digiunate per me: per tre giorni e tr e notti non mangiate e non bevete. Anch’io e le mie ancelle digiuneremo. Allora contravvenend o alla legge, entrerò dal re anche se dovessi morire». Mardocheo andò e fece tutto quello che E
ster gli aveva ordinato. 17a Poi pregò il Signore ricordando tutte le gesta del Signore e disse: 17
b «Signore Signore re che domini l’universo tutte le cose sono sottoposte al tuo potere e non c’
è nessuno che possa opporsi a te nella tua volontà di salvare Israele. 17c Tu hai fatto il cielo e la terra e tutte le meraviglie che si trovano sotto il firmamento. Tu sei il Signore di tutte le cose e n on c’è nessuno che possa resistere a te Signore. 17d Tu conosci tutto; tu sai Signore che non per orgoglio non per superbia né per vanagloria ho fatto questo gesto di non prostrarmi davanti al superbo Aman perché avrei anche baciato la pianta dei suoi piedi per la salvezza d’Israele. 17e Ma ho fatto questo per non porre la gloria di un uomo al di sopra della gloria di Dio; non mi pro strerò mai davanti a nessuno se non davanti a te che sei il mio Signore e non farò così per super bia. 17f Ora Signore Dio re Dio di Abramo risparmia il tuo popolo! Perché guardano a noi per dis truggerci e desiderano ardentemente far perire quella che è la tua eredità dai tempi antichi. 17
g Non trascurare il tuo possesso che hai redento per te dal paese d’Egitto. 17h Ascolta la mia pr eghiera e sii propizio alla tua eredità cambia il nostro lutto in gioia, perché vivi possiamo cantar e inni al tuo nome Signore e non far scomparire quelli che ti lodano con la loro bocca». 17i Tutti gli Israeliti gridavano con tutte le loro forze perché la morte stava davanti ai loro occhi. 17k Anc he la regina Ester cercò rifugio presso il Signore presa da un’angoscia mortale. Si tolse le vesti di lusso e indossò gli abiti di miseria e di lutto; invece dei superbi profumi si riempì la testa di cen eri e di immondizie. Umiliò duramente il suo corpo e con i capelli sconvolti coprì ogni sua parte che prima soleva ornare a festa. Poi supplicò il Signore e disse: 17l «Mio Signore nostro re tu sei l’unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te perché un gra nde pericolo mi sovrasta. 17m Io ho sentito fin dalla mia nascita in seno alla mia famiglia che tu Signore hai preso Israele tra tutte le nazioni e i nostri padri tra tutti i loro antenati come tua ete
rna eredità e hai fatto per loro tutto quello che avevi promesso. 17n Ma ora abbiamo peccato c ontro di te e ci hai consegnato nelle mani dei nostri nemici perché abbiamo dato gloria ai loro d èi. Tu sei giusto Signore! 17o Ma ora non si sono accontentati dell’amarezza della nostra schiavi tù: hanno anche posto le mani sulle mani dei loro idoli giurando di abolire il decreto della tua b occa di sterminare la tua eredità di chiudere la bocca di quelli che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare, 17p di aprire invece la bocca delle nazioni per lodare gli idoli vani e proclamare per sempre la propria ammirazione per un re mortale. 17q Non consegnare Signor e il tuo scettro a quelli che neppure esistono. Non permettere che ridano della nostra caduta; m a volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare chi è a capo dei no stri persecutori. 17r Ricòrdati Signore manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da’ a me co raggio o re degli dèi e dominatore di ogni potere. 17s Metti nella mia bocca una parola ben mis urata di fronte al leone e volgi il suo cuore all’odio contro colui che ci combatte per lo sterminio suo e di coloro che sono d’accordo con lui. 17t Quanto a noi salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto perché sono sola e non ho altri che te Signore! 17u Tu hai conoscenza di tutto e sai ch e io odio la gloria degli empi e detesto il letto dei non circoncisi e di qualunque straniero. 17v Tu sai che mi trovo nella necessità e che detesto l’insegna della mia alta carica che cinge il mio cap o nei giorni in cui devo comparire in pubblico; la detesto come un panno immondo e non la port o nei giorni in cui mi tengo appartata. 17x La tua serva non ha mangiato alla tavola di Aman; no n ha onorato il banchetto del re né ha bevuto il vino delle libagioni. 17y La tua serva da quando ha cambiato condizione fino ad oggi non ha gioito se non in te Signore, Dio di Abramo. 17z O Di o che su tutti eserciti la forza ascolta la voce dei disperati liberaci dalla mano dei malvagi e liber a me dalla mia angoscia!». Il terzo giorno quando ebbe finito di pregare ella si tolse gli abiti serv ili e si rivestì di quelli sontuosi. 1a Fattasi splendida invocò quel Dio che su tutti veglia e tutti sal va e prese con sé due ancelle. Su di una si appoggiava con apparente mollezza mentre l’altra la seguiva sollevando il manto di lei. 1b Era rosea nel fiore della sua bellezza: il suo viso era lieto c ome ispirato a benevolenza, ma il suo cuore era oppresso dalla paura. 1c Attraversate tutte le p orte si fermò davanti al re. Egli stava seduto sul suo trono regale e rivestiva i suoi ornamenti uffi ciali: era tutto splendente di oro e di pietre preziose e aveva un aspetto che incuteva paura. 1d Alzato il viso che la sua maestà rendeva fiammeggiante al culmine della collera la guardò. La reg ina cadde a terra in un attimo di svenimento mutò colore e si curvò sulla testa dell’ancella che l’
accompagnava. 1e Dio volse a dolcezza l’animo del re: ansioso balzò dal trono la prese tra le bra ccia, fino a quando ella non si fu rialzata e la confortava con parole rassicuranti dicendole: 1f «C
he c’è Ester? Io sono tuo fratello; coraggio tu non morirai perché il nostro decreto è solo per la gente comune. Avvicìnati!». Alzato lo scettro d’oro lo posò sul collo di lei la baciò e le disse: «Pa rlami!». 2a Gli disse: «Ti ho visto signore come un angelo di Dio e il mio cuore è rimasto sconvol to per timore della tua gloria: tu sei ammirevole signore e il tuo volto è pieno d’incanto». 2b Me ntre parlava cadde svenuta; il re si turbò e tutti i suoi servi cercavano di rincuorarla. Allora il re l e disse: «Che cosa vuoi Ester e qual è la tua richiesta? Fosse pure metà del mio regno sarà tua».

Ester rispose: «Oggi è un giorno speciale per me: se così piace al re venga egli con Aman al banc hetto che oggi io darò». Disse il re: «Fate venire presto Aman per compiere quello che Ester ha detto». E ambedue vennero al banchetto di cui aveva parlato Ester. Mentre si beveva il re rivolt o a Ester disse: «Che cosa c’è regina Ester? Ti sarà concesso tutto quello che chiedi». Rispose: «
Ecco la mia domanda e la mia richiesta: se ho trovato grazia davanti al re venga anche domani c on Aman al banchetto che io darò per loro e domani farò come ho fatto oggi». Aman era uscito dal re contento euforico; ma quando nel cortile della reggia vide Mardocheo il Giudeo si adirò f ortemente. Tornato a casa sua chiamò gli amici e Zosara sua moglie. Mostrò loro le sue ricchezz e e il potere del quale il re l’aveva investito: gli aveva dato il primo posto e il governo del regno.
Disse Aman: «Al banchetto la regina non ha invitato altri che me insieme al re e io sono invitato per domani. Ma questo non mi piace fin quando vedrò Mardocheo il Giudeo nel cortile della reg gia». Zosara sua moglie e gli amici gli dissero: «Fa’ preparare un palo alto cinquanta cubiti e do mani mattina dì al re di farvi impiccare Mardocheo; poi tu va’ al banchetto con il re e stai allegr o». La cosa piacque ad Aman e si preparò il palo. Quella notte il Signore tolse il sonno al re che perciò disse al suo precettore di portargli il libro delle memorie le cronache e di dargliene lettur a. Egli vi trovò scritto riguardo a Mardocheo che egli aveva riferito al re che due eunuchi del re nel fare la guardia avevano cercato di aggredire Artaserse. Disse allora il re: «Quale onore o fav ore abbiamo fatto a Mardocheo?». I servi del re risposero: «Non hai fatto nulla per lui». Mentre il re veniva informato circa la benevolenza di Mardocheo ecco Aman nel cortile della reggia. All ora il re disse: «Chi c’è nel cortile?». Aman era venuto per dire al re di fare impiccare Mardoche o al palo che egli aveva preparato per lui. I servi del re dissero: «Ecco Aman è nel cortile della re ggia». E il re replicò: «Chiamatelo!». Allora il re disse ad Aman: «Che cosa dovrò fare per l’uomo che io voglio onorare?». Aman disse in cuor suo: «Chi il re vuole onorare se non me?». E rispos e al re: «Per l’uomo che il re vuole onorare i servi del re portino una veste di lino che viene indo ssata dal re e un cavallo che il re suole cavalcare: siano dati a uno degli amici del re fra i nobili e questi ne rivesta l’uomo che il re ama; poi lo faccia salire sul cavallo e si annunci nella piazza del la città: “Così sarà per ogni uomo che il re intende onorare”». Il re disse ad Aman: «Come hai de tto così fai a Mardocheo il Giudeo che si trova nel cortile della reggia e non trascurare nulla di q uello che hai detto». Aman prese la veste e il cavallo rivestì Mardocheo e lo fece salire sul cavall o, passò per la piazza della città annunciando: «Così sarà per ogni uomo che il re intende onorar e». Mardocheo ritornò nel cortile della reggia e Aman tornò a casa sua afflitto e con il capo cop erto. Poi Aman raccontò a Zosara sua moglie e ai suoi amici quello che era accaduto. Allora gli a mici e la moglie si rivolsero a lui con queste parole: «Se Mardocheo è della stirpe dei Giudei, co mincia ad abbassarti davanti a lui cadendo ai suoi piedi: tu non potrai resistergli perché il Dio viv ente è con lui». Essi stavano ancora parlando quando giunsero gli eunuchi e in fretta portarono Aman al banchetto che Ester aveva preparato. Il re e Aman andarono a banchettare con la regin a. Il secondo giorno che si beveva il re disse a Ester: «Che c’è regina Ester? Qual è la tua doman da e quale la tua richiesta? Fosse anche la metà del mio regno ti sarà data». Rispose: «Se ho tro
vato grazia davanti al re sia risparmiata la vita a me secondo la mia domanda e al mio popolo se condo la mia richiesta. Infatti siamo stati venduti io e il mio popolo siamo stati venduti per esser e distrutti, uccisi e fatti schiavi noi e i nostri figli per diventare servi e serve; ma io finsi di non ud ire, perché quel calunniatore non è degno del palazzo del re». Disse il re: «Chi è costui che ha os ato fare queste cose?». Ester rispose: «Un nemico: Aman è quel malvagio». Aman fu preso da t errore in presenza del re e della regina. Allora il re si alzò dal banchetto per andare nel giardino: Aman si mise a supplicare la regina perché avvertiva di essere nei guai. Il re ritornò dal giardino e intanto Aman si era lasciato cadere sul divano supplicando la regina. Allora il re disse: «Vuole anche fare violenza a mia moglie in casa mia?». Appena ebbe sentito Aman mutò d’aspetto. Bu gatàn uno degli eunuchi disse al re: «Ecco Aman ha preparato anche un palo per Mardocheo il q uale aveva parlato in favore del re un palo alto cinquanta cubiti eretto nella proprietà di Aman»
. Disse il re: «Sia impiccato su quel palo». Allora Aman fu appeso al palo che aveva preparato pe r Mardocheo. E l’ira del re si placò. Lo stesso giorno il re Artaserse donò a Ester la proprietà di A man il calunniatore e Mardocheo fu chiamato dal re perché Ester aveva rivelato che egli era leg ato da parentela con lei. Allora il re prese l’anello che aveva fatto ritirare ad Aman e lo diede a Mardocheo ed Ester stabilì Mardocheo su tutte le proprietà di Aman. Ester parlò di nuovo al re cadde ai suoi piedi e lo pregava di rimuovere il male fatto da Aman tutto quello che aveva fatto contro i Giudei. Il re stese lo scettro d’oro verso Ester ed Ester si alzò per stare accanto al re. Dis se Ester: «Se piace a te e ho trovato grazia, si ordini di revocare le lettere inviate da Aman quell e che erano state scritte per sterminare i Giudei che si trovano nel tuo regno. Come potrei infat ti sopportare la vista dei mali del mio popolo e come potrei sopravvivere allo sterminio della mi a stirpe?». Il re rispose a Ester: «Se ti ho dato tutti i beni di Aman e ti ho concesso la mia grazia s e l’ho fatto appendere a un palo perché aveva messo le mani sui Giudei che cosa chiedi ancora?
Potete scrivere voi a mio nome come vi sembra e sigillate con il mio anello: infatti tutto quello che è stato scritto su comando del re ed è stato sigillato con il mio anello reale non può essere r evocato». Il ventitré del primo mese quello di Nisan dello stesso anno furono convocati i segret ari e fu scritto ai Giudei tutto quello che era stato comandato ai governatori e ai capi dei satrapi dall’India fino all’Etiopia centoventisette satrapie provincia per provincia secondo le loro lingue
. Fu scritto a nome del re e fu posto il sigillo del suo anello e le lettere furono mandate per mezz o di corrieri: si prescriveva loro di seguire le loro leggi in qualunque città sia per difendersi che p er trattare come volevano i loro nemici e i loro avversari e ciò in un solo giorno: il tredici del dod icesimo mese quello di Adar in tutto il regno di Artaserse. 12a Quanto segue è la copia della lett era: 12b «Il grande re Artaserse ai governatori delle centoventisette satrapie dall’India all’Etiopi a e a quelli che hanno a cuore i nostri interessi salute. 12c Molti uomini quanto più spesso veng ono onorati dalla più munifica generosità dei benefattori tanto più s’inorgogliscono e non solo c ercano di fare il male ai nostri sudditi, ma incapaci di frenare la loro superbia tramano insidie an che contro i loro benefattori. 12d Non solo cancellano la riconoscenza dal cuore degli uomini m a esaltati dallo strepito spavaldo di chi ignora il bene si lusingano di sfuggire a Dio che tutto ved
e e alla sua giustizia che odia il male. 12e Spesso poi molti di coloro che sono costituiti in autorit à per aver affidato a certi amici la responsabilità degli affari pubblici e per aver subìto la loro infl uenza divennero con essi responsabili del sangue innocente e furono travolti in disgrazie irrepar abili 12f perché i falsi ragionamenti di nature perverse avevano sviato l’incontaminata buona fe de dei governanti. 12g Questo si può vedere non tanto nelle storie più antiche a cui abbiamo ac cennato quanto piuttosto badando alle iniquità perpetrate dal comportamento corrotto di colo ro che indegnamente esercitano il potere. 12h Provvederemo per l’avvenire ad assicurare a tutt i gli uomini un regno indisturbato e pacifico 12i operando cambiamenti opportuni e giudicando sempre con la più equa fermezza gli affari che ci vengono posti sotto gli occhi. 12k Questo è il ca so di Aman figlio di Amadàta il Macèdone il quale estraneo, per la verità al sangue persiano e be n lontano dalla nostra bontà essendo stato accolto come ospite presso di noi 12l aveva tanto ap profittato dell’umanità che professiamo verso qualunque nazione da essere proclamato nostro padre e da ottenere il secondo rango presso il trono regale, venendo da tutti onorato con la pro strazione. 12m Ma non reggendo al peso della sua superbia egli si adoperò per privare noi del p otere e della vita 12n e con falsi e tortuosi argomenti richiese la pena di morte per il nostro salv atore e strenuo benefattore Mardocheo per l’irreprensibile consorte del nostro regno Ester e p er tutto il loro popolo. 12o Egli infatti avendoci messo in una condizione di isolamento pensava di trasferire l’impero dei Persiani ai Macèdoni. 12p Ora noi troviamo che questi Giudei destinati da quell’uomo tre volte scellerato allo sterminio non sono malfattori ma sono governati da leggi giustissime 12q sono figli del Dio altissimo massimo vivente il quale in favore nostro e dei nostri antenati dirige il regno nel migliore dei modi. 12r Farete dunque bene a non tenere conto delle lettere mandate da Aman figlio di Amadàta perché costui che ha perpetrato tali cose è stato im piccato a un palo con tutta la sua famiglia alle porte di Susa giusto castigo datogli rapidamente da Dio dominatore di tutti gli eventi. 12s Esposta invece una copia della presente lettera in ogni luogo permettete ai Giudei di valersi con tutta sicurezza delle loro leggi e prestate loro man fort e per respingere coloro che volessero assalirli al momento della persecuzione in quello stesso gi orno cioè il tredici del dodicesimo mese chiamato Adar. 12t Infatti questo giorno invece di segn are la rovina della stirpe eletta Dio dominatore di ogni cosa lo ha cambiato per loro in giorno di gioia. 12u Quanto a voi dunque tra le vostre feste commemorative celebrate questo giorno insi gne con ogni sorta di banchetti perché ora e in avvenire sia salvezza per noi e per gli amici dei P
ersiani ma per quelli che ci insidiano sia ricordo della loro perdizione. 12v Ogni città e in general e ogni località che non agirà secondo queste disposizioni sarà inesorabilmente messa a ferro e f uoco; non soltanto agli uomini sarà resa inaccessibile ma anche alle fiere e agli uccelli diventerà orribile per tutti i tempi. Le copie della lettera siano esposte in chiara evidenza in tutto il regno e in quel giorno i Giudei siano pronti a combattere contro i loro nemici». Allora i cavalieri partir ono in fretta per eseguire gli ordini del re mentre il decreto fu promulgato anche a Susa. Mardo cheo uscì indossando la veste regale e portando una corona d’oro e un diadema di lino purpure o. Al vederlo gli abitanti di Susa se ne rallegrarono. Per i Giudei vi era luce e letizia; in ogni città
e provincia dove era stato pubblicato l’editto dovunque era stato esposto il decreto vi erano pe r i Giudei gioia ed esultanza festa e allegria. E molti pagani si fecero circoncidere e per paura dei Giudei si fecero Giudei. Il dodicesimo mese il tredici del mese di Adar le lettere scritte dal re era no giunte. In quel giorno i nemici dei Giudei perirono; nessuno resistette per paura di loro. Infat ti i capi dei satrapi i prìncipi e gli scribi del re onoravano i Giudei poiché la paura di Mardocheo s i era impadronita di loro. In effetti l’editto del re imponeva che egli fosse onorato in tutto il regn o. [I Giudei dunque colpirono tutti i nemici passandoli a fil di spada uccidendoli e sterminandoli; fecero dei nemici quello che vollero.] Nella città di Susa i Giudei uccisero cinquecento uomini: F
arsannestàin Delfo Fasga Fardata Barea, Sarbacà Marmasimà Arufeo Arseo Zabuteo i dieci figli d i Aman figlio di Amadàta il Bugeo nemico dei Giudei e fecero saccheggio. In quello stesso giorno il numero di quelli che perirono a Susa fu reso noto al re. Allora il re disse a Ester: «I Giudei han no fatto perire cinquecento uomini nella città di Susa e come pensi si siano comportati nel resto del paese? Che cosa chiedi ancora? Ti sarà dato». Ester disse al re: «Sia concesso ai Giudei di co mportarsi allo stesso modo domani fino a quando saranno impiccati i dieci figli di Aman». Ed egl i permise che così si facesse e consegnò ai Giudei della città i corpi dei figli di Aman per essere a ppesi. I Giudei si radunarono nella città di Susa il quattordicesimo giorno del mese di Adar e ucci sero trecento uomini ma non fecero alcun saccheggio. Il resto dei Giudei che si erano radunati n el regno si aiutarono a vicenda ed ebbero tregua dai loro nemici: infatti ne sterminarono quindi cimila nel tredicesimo giorno del mese di Adar ma non fecero alcun saccheggio. Il quattordicesi mo giorno dello stesso mese si riposarono e trascorsero quel giorno di riposo con gioia ed esult anza. Invece nella città di Susa i Giudei che si erano radunati anche il quattordicesimo giorno m a senza riposarsi, trascorsero nella gioia e nell’esultanza anche il quindicesimo giorno. è per que sto dunque che i Giudei sparsi in ogni provincia straniera celebrano con gioia il quattordicesimo giorno del mese di Adar come giorno di festa mandando ciascuno regali al suo prossimo. Coloro che risiedono invece nelle città principali celebrano con gioia anche il quindicesimo giorno del mese di Adar come giorno di festa, mandando ciascuno regali al suo prossimo. Mardocheo scris se queste cose su un libro e lo mandò ai Giudei che vivevano nel regno di Artaserse vicini e lont ani per stabilire questi giorni come festivi da celebrare il quattordici e il quindici del mese di Ada r. In quei giorni infatti i Giudei ebbero tregua dai loro nemici e quello fu il mese Adar nel quale e ssi passarono dal pianto alla gioia e dal dolore a un giorno di festa; perciò esso deve essere cons iderato tutto quanto come un periodo di giorni festivi di nozze ed esultanza, in cui si inviano do ni agli amici e ai poveri. I Giudei approvarono il racconto che aveva scritto loro Mardocheo: com e Aman figlio di Amadàta il Macèdone li aveva combattuti come egli aveva emesso il decreto e a veva tirato le sorti per farli scomparire e come egli era andato dal re dicendogli di impiccare Ma rdocheo; ma tutti i mali che egli aveva cercato di far cadere sopra i Giudei erano venuti sopra di lui ed era stato impiccato lui e i suoi figli. Perciò quei giorni furono chiamati Purìm a motivo dell e sorti poiché nella loro lingua esse sono chiamate Purìm e a motivo delle parole di questa lette ra che ricordava tutto quello che avevano sofferto e che era loro capitato. Mardocheo stabilì e i
Giudei approvarono per sé per i loro discendenti e per quelli che si fossero uniti a loro che non s i sarebbero comportati in modo diverso: questi giorni dovevano essere un memoriale da osserv are di generazione in generazione in ogni città famiglia e provincia. Questi giorni dei Purìm sara nno celebrati in ogni tempo e il loro ricordo non sia lasciato cadere dai loro discendenti. La regi na Ester figlia di Aminadàb e Mardocheo il Giudeo scrissero tutto quello che avevano fatto e co nfermarono la lettera dei Purìm. Mardocheo e la regina Ester stabilirono per sé privatamente di digiunare; imposero allora la loro volontà contro la loro salute. Ester lo stabilì con un ordine ch e fu scritto come memoriale. Il re impose tributi a tutto il regno sia per terra che per mare. La s ua potenza e il suo valore la ricchezza e la gloria del suo regno tutto sta scritto nel libro del re d ei Persiani e dei Medi a memoria. Mardocheo era secondo rispetto al re Artaserse era grande n el regno ed era onorato dai Giudei; trascorse la sua vita amato da tutta la sua nazione. 3a E Mar docheo disse: «Queste cose sono avvenute per volere di Dio. 3b Mi ricordo infatti del sogno che ebbi circa le cose di cui sto parlando: neppure un loro dettaglio è stato tralasciato. 3c La piccola sorgente che divenne un fiume la luce che spuntò il sole e l’acqua copiosa: questo fiume è Este r che il re ha sposato e costituito regina. 3d I due draghi siamo io e Aman. 3e Le nazioni sono qu elle che si coalizzarono per distruggere il nome dei Giudei. 3f La mia nazione è Israele quelli che elevarono le loro grida a Dio e furono salvati. Sì il Signore ha salvato il suo popolo ci ha liberati d a tutti questi mali; Dio ha operato segni e prodigi grandi quali non sono accaduti mai tra le nazio ni. 3g Così egli gettò due sorti: una per il popolo di Dio e una per tutte le nazioni. 3h Queste due sorti si sono realizzate nell’ora nel momento opportuno nel giorno del giudizio al cospetto di Di o e in tutte le nazioni. 3i Dio allora si ricordò del suo popolo e rese giustizia alla sua eredità. 3k Questi giorni del mese di Adar il quattordici e il quindici dello stesso mese saranno celebrati con riunioni gioia e letizia davanti a Dio di generazione in generazione per sempre nel suo popolo Is raele». 3l Nell’anno quarto del re Tolomeo e di Cleopatra Dositeo che diceva di essere sacerdot e e levita e Tolomeo suo figlio portarono in Egitto la presente lettera sui Purìm e dissero che si t rattava della lettera autentica tradotta da Lisìmaco figlio di Tolomeo residente a Gerusalemme.
Viveva nella terra di Us un uomo chiamato Giobbe integro e retto timorato di Dio e lontano dal male. Gli erano nati sette figli e tre figlie; possedeva settemila pecore e tremila cammelli cinque cento paia di buoi e cinquecento asine e una servitù molto numerosa. Quest’uomo era il più gra nde fra tutti i figli d’oriente. I suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno di loro cia scuno nel suo giorno e mandavano a invitare le loro tre sorelle per mangiare e bere insieme. Qu ando avevano compiuto il turno dei giorni del banchetto Giobbe li mandava a chiamare per puri ficarli; si alzava di buon mattino e offriva olocausti per ognuno di loro. Giobbe infatti pensava: «
Forse i miei figli hanno peccato e hanno maledetto Dio nel loro cuore». Così era solito fare Giob be ogni volta. Ora un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Dalla t erra che ho percorso in lungo e in largo». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto timorato di Dio e lontano d
al male». Satana rispose al Signore: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo? Tu hai benedetto il l avoro delle sue mani e i suoi possedimenti si espandono sulla terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti maledirà apertamente!». Il Signore disse a Satana: «Ecco qu anto possiede è in tuo potere ma non stendere la mano su di lui». Satana si ritirò dalla presenza del Signore. Un giorno accadde che mentre i suoi figli e le sue figlie stavano mangiando e beven do vino in casa del fratello maggiore un messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavan o arando e le asine pascolando vicino ad essi. I Sabei hanno fatto irruzione li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava entrò un altro e disse: «Un fuoco divino è caduto dal cielo: si è appiccato alle pecore e ai guardiani e li ha divorati. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava entrò un altro e disse: «I Caldei hanno formato tre bande: sono piombati sopra i cammelli e li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltant o io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava entrò un altro e disse: «I tuoi figli e le tue fig lie stavano mangiando e bevendo vino in casa del loro fratello maggiore quand’ecco un vento i mpetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa che è rovinata s ui giovani e sono morti. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo cadde a terra si prostrò e disse: «Nudo uscii dal grembo di mi a madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Sig nore!». In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto. Accadde un gior no che i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro a pre sentarsi al Signore. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Dall a terra che ho percorso in lungo e in largo». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto timorato di Dio e lonta no dal male. Egli è ancora saldo nella sua integrità tu mi hai spinto contro di lui per rovinarlo se nza ragione». Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quello che possiede l’uomo è pro nto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e colpiscilo nelle ossa e nella carne e vedr ai come ti maledirà apertamente!». Il Signore disse a Satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto ri sparmia la sua vita». Satana si ritirò dalla presenza del Signore e colpì Giobbe con una piaga mal igna dalla pianta dei piedi alla cima del capo. Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava sedut o in mezzo alla cenere. Allora sua moglie disse: «Rimani ancora saldo nella tua integrità? Maledi ci Dio e muori!». Ma egli le rispose: «Tu parli come parlerebbe una stolta! Se da Dio accettiamo il bene perché non dovremmo accettare il male?». In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra. Tre amici di Giobbe vennero a sapere di tutte le disgrazie che si erano abbattute su di lui
. Partirono ciascuno dalla sua contrada Elifaz di Teman Bildad di Suach e Sofar di Naamà e si acc ordarono per andare a condividere il suo dolore e a consolarlo. Alzarono gli occhi da lontano m a non lo riconobbero. Levarono la loro voce e si misero a piangere. Ognuno si stracciò il mantell o e lanciò polvere verso il cielo sul proprio capo. Poi sedettero accanto a lui in terra per sette gi
orni e sette notti. Nessuno gli rivolgeva una parola perché vedevano che molto grande era il suo dolore. Allora Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno. Prese a dire: «Perisca il giorno in c ui nacqui e la notte in cui si disse: “è stato concepito un maschio!”. Quel giorno divenga tenebra
, non se ne curi Dio dall’alto, né brilli mai su di esso la luce. Lo rivendichino la tenebra e l’ombra della morte, gli si stenda sopra una nube e lo renda spaventoso l’oscurarsi del giorno! Quella no tte se la prenda il buio, non si aggiunga ai giorni dell’anno, non entri nel conto dei mesi. Ecco qu ella notte sia sterile, e non entri giubilo in essa. La maledicano quelli che imprecano il giorno, ch e sono pronti a evocare Leviatàn. Si oscurino le stelle della sua alba, aspetti la luce e non venga né veda le palpebre dell’aurora, poiché non mi chiuse il varco del grembo materno, e non nasco se l’affanno agli occhi miei! Perché non sono morto fin dal seno di mia madre e non spirai appe na uscito dal grembo? Perché due ginocchia mi hanno accolto, e due mammelle mi allattarono?
Così ora giacerei e avrei pace, dormirei e troverei riposo con i re e i governanti della terra, che r icostruiscono per sé le rovine, e con i prìncipi che posseggono oro e riempiono le case d’argento
. Oppure come aborto nascosto più non sarei, o come i bambini che non hanno visto la luce. Là i malvagi cessano di agitarsi, e chi è sfinito trova riposo. Anche i prigionieri hanno pace, non odo no più la voce dell’aguzzino. Il piccolo e il grande là sono uguali, e lo schiavo è libero dai suoi pa droni. Perché dare la luce a un infelice e la vita a chi ha amarezza nel cuore, a quelli che aspetta no la morte e non viene, che la cercano più di un tesoro, che godono fino a esultare e gioiscono quando trovano una tomba, a un uomo la cui via è nascosta e che Dio ha sbarrato da ogni parte
? Perché al posto del pane viene la mia sofferenza e si riversa come acqua il mio grido, perché ci ò che temevo mi è sopraggiunto, quello che mi spaventava è venuto su di me. Non ho tranquilli tà non ho requie, non ho riposo ed è venuto il tormento!». Elifaz di Teman prese a dire: «Se uno tenta di parlare ti sarà gravoso? Ma chi può trattenere le parole? Ecco sei stato maestro di molt i e a mani stanche hai ridato vigore; le tue parole hanno sorretto chi vacillava e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato. Ma ora che questo accade a te ti è gravoso; capita a te e ne sei scon volto. La tua pietà non era forse la tua fiducia, e la tua condotta integra la tua speranza? Ricord alo: quale innocente è mai perito e quando mai uomini retti furono distrutti? Per quanto io ho v isto chi ara iniquità e semina affanni li raccoglie. A un soffio di Dio periscono e dallo sfogo della sua ira sono annientati. Ruggisce il leone urla la belva, e i denti dei leoncelli si frantumano; il leo ne perisce per mancanza di preda, e i figli della leonessa si disperdono. A me fu recata furtiva u na parola e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro. Negli incubi delle visioni notturne, quand o il torpore grava sugli uomini, terrore mi prese e spavento, che tutte le ossa mi fece tremare; u n vento mi passò sulla faccia, sulla pelle mi si drizzarono i peli. Stava là uno ma non ne riconobbi l’aspetto, una figura era davanti ai miei occhi. Poi udii una voce sommessa: “Può l’uomo essere più retto di Dio, o il mortale più puro del suo creatore? Ecco dei suoi servi egli non si fida e nei s uoi angeli trova difetti, quanto più in coloro che abitano case di fango, che nella polvere hanno i l loro fondamento! Come tarlo sono schiacciati, sono annientati fra il mattino e la sera, senza ch e nessuno ci badi periscono per sempre. Non viene forse strappata la corda della loro tenda, sic
ché essi muoiono ma senza sapienza?”. Grida pure! Ti risponderà forse qualcuno? E a chi fra i sa nti ti rivolgerai? Poiché la collera uccide lo stolto e l’invidia fa morire lo sciocco. Ho visto lo stolt o mettere radici e subito ho dichiarato maledetta la sua dimora. I suoi figli non sono mai al sicur o, e in tribunale sono oppressi senza difensore; l’affamato ne divora la messe, anche se ridotta a spine la porterà via e gente assetata agognerà le sue sostanze. Non esce certo dal suolo la sve ntura né germoglia dalla terra il dolore, ma è l’uomo che genera pene, come le scintille volano i n alto. Io invece mi rivolgerei a Dio e a Dio esporrei la mia causa: a lui che fa cose tanto grandi d a non potersi indagare, meraviglie da non potersi contare, che dà la pioggia alla terra e manda l’
acqua sulle campagne. Egli esalta gli umili e solleva a prosperità gli afflitti; è lui che rende vani i pensieri degli scaltri, perché le loro mani non abbiano successo. Egli sorprende i saccenti nella l oro astuzia e fa crollare il progetto degli scaltri. Di giorno incappano nel buio, in pieno sole bran colano come di notte. Egli invece salva il povero dalla spada della loro bocca e dalla mano del vi olento. C’è speranza per il misero, ma chi fa l’ingiustizia deve chiudere la bocca. Perciò beato l’u omo che è corretto da Dio: non sdegnare la correzione dell’Onnipotente, perché egli ferisce e fa scia la piaga, colpisce e la sua mano risana. Da sei tribolazioni ti libererà e alla settima il male no n ti toccherà nella carestia ti libererà dalla morte e in guerra dal colpo della spada, sarai al ripar o dal flagello della lingua, né temerai quando giunge la rovina. Della rovina e della fame riderai né temerai le bestie selvatiche; con le pietre del campo avrai un patto e le bestie selvatiche sara nno in pace con te. Vedrai che sarà prospera la tua tenda, visiterai la tua proprietà e non sarai d eluso. Vedrai che sarà numerosa la tua prole, i tuoi rampolli come l’erba dei prati. Te ne andrai alla tomba in piena maturità, come un covone raccolto a suo tempo. Ecco questo l’abbiamo stu diato a fondo ed è vero. Ascoltalo e imparalo per il tuo bene». Giobbe prese a dire: «Se ben si p esasse la mia angoscia e sulla stessa bilancia si ponesse la mia sventura, certo sarebbe più pesa nte della sabbia del mare! Per questo le mie parole sono così avventate, perché le saette dell’O
nnipotente mi stanno infitte, sicché il mio spirito ne beve il veleno e i terrori di Dio mi si schiera no contro! Raglia forse l’asino selvatico con l’erba davanti o muggisce il bue sopra il suo foraggi o? Si mangia forse un cibo insipido senza sale? O che gusto c’è nel succo di malva? Ciò che io ric usavo di toccare ora è il mio cibo nauseante! Oh mi accadesse quello che invoco e Dio mi conce desse quello che spero! Volesse Dio schiacciarmi, stendere la mano e sopprimermi! Questo sare bbe il mio conforto, e io gioirei pur nell’angoscia senza pietà, perché non ho rinnegato i decreti del Santo. Qual è la mia forza perché io possa aspettare, o qual è la mia fine perché io debba pa zientare? La mia forza è forse quella dei macigni? E la mia carne è forse di bronzo? Nulla c’è in me che mi sia di aiuto? Ogni successo mi è precluso? A chi è sfinito dal dolore è dovuto l’affetto degli amici, anche se ha abbandonato il timore di Dio. I miei fratelli sono incostanti come un tor rente, come l’alveo dei torrenti che scompaiono: sono torbidi per il disgelo, si gonfiano allo scio gliersi della neve, ma al tempo della siccità svaniscono e all’arsura scompaiono dai loro letti. Le carovane deviano dalle loro piste, avanzano nel deserto e vi si perdono; le carovane di Tema li c ercano con lo sguardo, i viandanti di Saba sperano in essi: ma rimangono delusi d’aver sperato,
giunti fin là ne restano confusi. Così ora voi non valete niente: vedete una cosa che fa paura e vi spaventate. Vi ho detto forse: “Datemi qualcosa”, o “Con i vostri beni pagate il mio riscatto”, o
“Liberatemi dalle mani di un nemico”, o “Salvatemi dalle mani dei violenti”? Istruitemi e allora i o tacerò, fatemi capire in che cosa ho sbagliato. Che hanno di offensivo le mie sincere parole e c he cosa dimostrano le vostre accuse? Voi pretendete di confutare le mie ragioni, e buttate al ve nto i detti di un disperato. Persino su un orfano gettereste la sorte e fareste affari a spese di un vostro amico. Ma ora degnatevi di volgervi verso di me: davanti a voi non mentirò. Su ricredete vi: non siate ingiusti! Ricredetevi: io sono nel giusto! C’è forse iniquità sulla mia lingua o il mio p alato non sa distinguere il male? L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi gi orni non sono come quelli d’un mercenario? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercena rio aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarm i fino all’alba. Ricoperta di vermi e di croste polverose è la mia carne, raggrinzita è la mia pelle e si dissolve. I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ric òrdati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene. Non mi scorgerà più l’occ hio di chi mi vede: i tuoi occhi mi cercheranno ma io più non sarò. Una nube svanisce e se ne va, così chi scende al regno dei morti più non risale; non tornerà più nella sua casa, né più lo ricono scerà la sua dimora. Ma io non terrò chiusa la mia bocca, parlerò nell’angoscia del mio spirito, mi lamenterò nell’amarezza del mio cuore! Sono io forse il mare oppure un mostro marino, per ché tu metta sopra di me una guardia? Quando io dico: “Il mio giaciglio mi darà sollievo, il mio l etto allevierà il mio lamento”, tu allora mi spaventi con sogni e con fantasmi tu mi atterrisci. Pre ferirei morire soffocato, la morte piuttosto che vivere in queste mie ossa. Mi sto consumando n on vivrò più a lungo. Lasciami perché un soffio sono i miei giorni. Che cosa è l’uomo perché tu lo consideri grande e a lui rivolga la tua attenzione e lo scruti ogni mattina e ad ogni istante lo me tta alla prova? Fino a quando da me non toglierai lo sguardo e non mi lascerai inghiottire la saliv a? Se ho peccato che cosa ho fatto a te, o custode dell’uomo? Perché mi hai preso a bersaglio e sono diventato un peso per me? Perché non cancelli il mio peccato e non dimentichi la mia colp a? Ben presto giacerò nella polvere e se mi cercherai io non ci sarò!». Bildad di Suach prese a dir e: «Fino a quando dirai queste cose e vento impetuoso saranno le parole della tua bocca? Può f orse Dio sovvertire il diritto o l’Onnipotente sovvertire la giustizia? Se i tuoi figli hanno peccato contro di lui, li ha abbandonati in balìa delle loro colpe. Se tu cercherai Dio e implorerai l’Onnip otente, se puro e integro tu sarai, allora egli veglierà su di te e renderà prospera la dimora della tua giustizia; anzi piccola cosa sarà la tua condizione di prima e quella futura sarà molto più gra nde. Chiedilo infatti alle generazioni passate, considera l’esperienza dei loro padri, perché noi si amo di ieri e nulla sappiamo, un’ombra sono i nostri giorni sulla terra. Non ti istruiranno e non ti parleranno traendo dal cuore le loro parole? Cresce forse il papiro fuori della palude e si svilup pa forse il giunco senz’acqua? Ancora verde non buono per tagliarlo, inaridirebbe prima di ogni altra erba. Tale è la sorte di chi dimentica Dio, così svanisce la speranza dell’empio; la sua fiduci
a è come un filo e una tela di ragno è la sua sicurezza: se si appoggia alla sua casa essa non resis te, se vi si aggrappa essa non regge. Rigoglioso si mostra in faccia al sole e sopra il giardino si sp andono i suoi rami, sul terreno sassoso s’intrecciano le sue radici e tra le pietre si abbarbica. Ma se lo si strappa dal suo luogo, questo lo rinnega: “Non ti ho mai visto!”. Ecco la gioia del suo des tino e dalla terra altri rispuntano. Dunque Dio non rigetta l’uomo integro e non sostiene la man o dei malfattori. Colmerà di nuovo la tua bocca di sorriso e le tue labbra di gioia. I tuoi nemici sa ranno coperti di vergogna, la tenda degli empi più non sarà». Giobbe prese a dire: «In verità io s o che è così: e come può un uomo aver ragione dinanzi a Dio? Se uno volesse disputare con lui, non sarebbe in grado di rispondere una volta su mille. Egli è saggio di mente potente di forza: c hi si è opposto a lui ed è rimasto salvo? Egli sposta le montagne ed esse non lo sanno, nella sua i ra egli le sconvolge. Scuote la terra dal suo posto e le sue colonne tremano. Comanda al sole ed esso non sorge e mette sotto sigillo le stelle. Lui solo dispiega i cieli e cammina sulle onde del m are. Crea l’Orsa e l’Orione, le Plèiadi e le costellazioni del cielo australe. Fa cose tanto grandi ch e non si possono indagare, meraviglie che non si possono contare. Se mi passa vicino e non lo v edo, se ne va e di lui non mi accorgo. Se rapisce qualcosa chi lo può impedire? Chi gli può dire: “
Cosa fai?”. Dio non ritira la sua collera: sotto di lui sono fiaccati i sostenitori di Raab. Tanto men o potrei rispondergli io, scegliendo le parole da dirgli; io anche se avessi ragione non potrei risp ondergli, al mio giudice dovrei domandare pietà. Se lo chiamassi e mi rispondesse, non credo ch e darebbe ascolto alla mia voce. Egli con una tempesta mi schiaccia, moltiplica le mie piaghe se nza ragione, non mi lascia riprendere il fiato, anzi mi sazia di amarezze. Se si tratta di forza è lui i l potente; se di giustizia chi potrà citarlo in giudizio? Se avessi ragione la mia bocca mi condanne rebbe; se fossi innocente egli mi dichiarerebbe colpevole. Benché innocente non mi curo di me stesso, detesto la mia vita! Per questo io dico che è la stessa cosa: egli fa perire l’innocente e il r eo! Se un flagello uccide all’improvviso, della sciagura degli innocenti egli ride. La terra è lasciat a in balìa del malfattore: egli vela il volto dei giudici; chi se non lui può fare questo? I miei giorni passano più veloci d’un corriere, fuggono senza godere alcun bene, volano come barche di papi ro, come aquila che piomba sulla preda. Se dico: “Voglio dimenticare il mio gemito, cambiare il mio volto e rasserenarmi”, mi spavento per tutti i miei dolori; so bene che non mi dichiarerai in nocente. Se sono colpevole, perché affaticarmi invano? Anche se mi lavassi con la neve e pulissi con la soda le mie mani, allora tu mi tufferesti in un pantano e in orrore mi avrebbero le mie ve sti. Poiché non è uomo come me al quale io possa replicare: “Presentiamoci alla pari in giudizio”
. Non c’è fra noi due un arbitro che ponga la mano su di noi. Allontani da me la sua verga, che n on mi spaventi il suo terrore: allora parlerei senza aver paura di lui; poiché così non è mi ritrovo con me solo. Io sono stanco della mia vita! Darò libero sfogo al mio lamento, parlerò nell’amare zza del mio cuore. Dirò a Dio: “Non condannarmi! Fammi sapere di che cosa mi accusi. è forse b ene per te opprimermi, disprezzare l’opera delle tue mani e favorire i progetti dei malvagi? Hai t u forse occhi di carne o anche tu vedi come vede l’uomo? Sono forse i tuoi giorni come quelli di un uomo, i tuoi anni come quelli di un mortale, perché tu debba scrutare la mia colpa ed esami
nare il mio peccato, pur sapendo che io non sono colpevole e che nessuno mi può liberare dalla tua mano? Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte: e ora vorresti distruggermi? Ricòrdati che come argilla mi hai plasmato; alla polvere vorresti farmi tornare? N
on mi hai colato come latte e fatto cagliare come formaggio? Di pelle e di carne mi hai rivestito, di ossa e di nervi mi hai intessuto. Vita e benevolenza tu mi hai concesso e la tua premura ha cu stodito il mio spirito. Eppure questo nascondevi nel cuore, so che questo era nei tuoi disegni! Se pecco tu mi sorvegli e non mi lasci impunito per la mia colpa. Se sono colpevole guai a me! Ma anche se sono giusto non oso sollevare il capo, sazio d’ignominia come sono ed ebbro di miseria
. Se lo sollevo tu come un leone mi dai la caccia e torni a compiere le tue prodezze contro di me
, rinnovi contro di me i tuoi testimoni, contro di me aumenti la tua ira e truppe sempre nuove m i stanno addosso. Perché tu mi hai tratto dal seno materno? Sarei morto e nessun occhio mi avr ebbe mai visto! Sarei come uno che non è mai esistito; dal ventre sarei stato portato alla tomba
! Non sono poca cosa i miei giorni? Lasciami che io possa respirare un poco prima che me ne va da senza ritorno, verso la terra delle tenebre e dell’ombra di morte, terra di oscurità e di disordi ne, dove la luce è come le tenebre”». Sofar di Naamà prese a dire: «A tante parole non si dovrà forse dare risposta? O il loquace dovrà avere ragione? I tuoi sproloqui faranno tacere la gente?
Ti farai beffe senza che alcuno ti svergogni? Tu dici: “Pura è la mia condotta, io sono irreprensibi le agli occhi tuoi”. Tuttavia volesse Dio parlare e aprire le labbra contro di te, per manifestarti i s egreti della sapienza, che sono così difficili all’intelletto, allora sapresti che Dio ti condona parte della tua colpa. Credi tu di poter scrutare l’intimo di Dio o penetrare la perfezione dell’Onnipote nte? è più alta del cielo: che cosa puoi fare? è più profonda del regno dei morti: che cosa ne sai
? Più lunga della terra ne è la dimensione, più vasta del mare. Se egli assale e imprigiona e chia ma in giudizio chi glielo può impedire? Egli conosce gli uomini fallaci; quando scorge l’iniquità n on dovrebbe tenerne conto? L’uomo stolto diventerà giudizioso? E un puledro di asino selvatico sarà generato uomo? Ora se tu a Dio dirigerai il cuore e tenderai a lui le tue palme, se allontane rai l’iniquità che è nella tua mano e non farai abitare l’ingiustizia nelle tue tende, allora potrai al zare il capo senza macchia, sarai saldo e non avrai timori, perché dimenticherai l’affanno e te ne ricorderai come di acqua passata. Più del sole meridiano splenderà la tua vita, l’oscurità sarà pe r te come l’aurora. Avrai fiducia perché c’è speranza e guardandoti attorno riposerai tranquillo.
Ti coricherai e nessuno ti metterà paura; anzi molti cercheranno i tuoi favori. Ma gli occhi dei m alvagi languiranno, ogni scampo è loro precluso, unica loro speranza è l’ultimo respiro!». Giobb e prese a dire: «Certo voi rappresentate un popolo; con voi morirà la sapienza! Anch’io però ho senno come voi, e non sono da meno di voi; chi non sa cose simili? Sono diventato il sarcasmo d ei miei amici, io che grido a Dio perché mi risponda; sarcasmo io che sono il giusto l’integro! “All o sventurato spetta il disprezzo”, pensa la gente nella prosperità, “spinte a colui che ha il piede tremante”. Le tende dei ladri sono tranquille, c’è sicurezza per chi provoca Dio, per chi riduce Di o in suo potere. Interroga pure le bestie e ti insegneranno, gli uccelli del cielo e ti informeranno; i rettili della terra e ti istruiranno, i pesci del mare e ti racconteranno. Chi non sa fra tutti costor
o, che la mano del Signore ha fatto questo? Egli ha in mano l’anima di ogni vivente e il soffio di ogni essere umano. L’orecchio non distingue forse le parole e il palato non assapora i cibi? Nei c anuti sta la saggezza e in chi ha vita lunga la prudenza. In lui risiedono sapienza e forza, a lui app artengono consiglio e prudenza! Ecco se egli demolisce non si può ricostruire, se imprigiona qua lcuno non c’è chi possa liberarlo. Se trattiene le acque vi è siccità, se le lascia andare devastano la terra. In lui risiedono potenza e sagacia, da lui dipendono l’ingannato e l’ingannatore. Fa anda re scalzi i consiglieri della terra, rende stolti i giudici; slaccia la cintura dei re e cinge i loro fianchi d’una corda. Fa andare scalzi i sacerdoti e rovescia i potenti. Toglie la parola a chi si crede sicur o e priva del senno i vegliardi. Sui potenti getta il disprezzo e allenta la cintura dei forti. Strappa dalle tenebre i segreti e porta alla luce le ombre della morte. Rende grandi i popoli e li fa perire, fa largo ad altri popoli e li guida. Toglie la ragione ai capi di un paese e li fa vagare nel vuoto sen za strade, vanno a tastoni in un buio senza luce, e barcollano come ubriachi. Ecco tutto questo ha visto il mio occhio, l’ha udito il mio orecchio e l’ha compreso. Quel che sapete voi lo so anch’i o; non sono da meno di voi. Ma io all’Onnipotente voglio parlare, con Dio desidero contendere.
Voi imbrattate di menzogne, siete tutti medici da nulla. Magari taceste del tutto: sarebbe per vo i un atto di sapienza! Ascoltate dunque la mia replica e alle argomentazioni delle mie labbra fat e attenzione. Vorreste forse dire il falso in difesa di Dio e in suo favore parlare con inganno? Vor reste prendere le parti di Dio e farvi suoi avvocati? Sarebbe bene per voi se egli vi scrutasse? Cr edete di ingannarlo come s’inganna un uomo? Severamente vi redarguirà, se in segreto sarete p arziali. La sua maestà non vi incute spavento e il terrore di lui non vi assale? Sentenze di cenere sono i vostri moniti, baluardi di argilla sono i vostri baluardi. Tacete state lontani da me: parlerò io, qualunque cosa possa accadermi. Prenderò la mia carne con i denti e la mia vita porrò sulle mie palme. Mi uccida pure io non aspetterò, ma la mia condotta davanti a lui difenderò! Già qu esto sarebbe la mia salvezza, perché davanti a lui l’empio non può presentarsi. Ascoltate bene l e mie parole e il mio discorso entri nei vostri orecchi. Ecco espongo la mia causa, sono convinto che sarò dichiarato innocente. Chi vuole contendere con me? Perché allora tacerei e morirei. Fa mmi solo due cose e allora non mi sottrarrò alla tua presenza: allontana da me la tua mano e il t uo terrore più non mi spaventi. Interrogami pure e io risponderò, oppure parlerò io e tu ribatter ai. Quante sono le mie colpe e i miei peccati? Fammi conoscere il mio delitto e il mio peccato. P
erché mi nascondi la tua faccia e mi consideri come un nemico? Vuoi spaventare una foglia disp ersa dal vento e dare la caccia a una paglia secca? Tu scrivi infatti contro di me sentenze amare e su di me fai ricadere i miei errori giovanili; tu poni in ceppi i miei piedi, vai spiando tutti i miei passi e rilevi le orme dei miei piedi. Intanto l’uomo si consuma come legno tarlato o come un ve stito corroso da tignola. L’uomo nato da donna, ha vita breve e piena d’inquietudine; come un fi ore spunta e avvizzisce, fugge come l’ombra e mai si ferma. Tu sopra di lui tieni aperti i tuoi occ hi, e lo chiami a giudizio dinanzi a te? Chi può trarre il puro dall’immondo? Nessuno. Se i suoi gi orni sono contati, il numero dei suoi mesi dipende da te, hai fissato un termine che non può oltr epassare. Distogli lo sguardo da lui perché trovi pace e compia come un salariato la sua giornata
! è vero per l’albero c’è speranza: se viene tagliato ancora si rinnova, e i suoi germogli non cessa no di crescere; se sotto terra invecchia la sua radice e al suolo muore il suo tronco, al sentire l’a cqua rifiorisce e mette rami come giovane pianta. Invece l’uomo se muore giace inerte; quando il mortale spira dov’è mai? Potranno sparire le acque dal mare e i fiumi prosciugarsi e disseccars i, ma l’uomo che giace non si alzerà più, finché durano i cieli non si sveglierà né più si desterà da l suo sonno. Oh se tu volessi nascondermi nel regno dei morti, occultarmi finché sia passata la t ua ira, fissarmi un termine e poi ricordarti di me! L’uomo che muore può forse rivivere? Aspette rei tutti i giorni del mio duro servizio, finché arrivi per me l’ora del cambio! Mi chiameresti e io r isponderei, l’opera delle tue mani tu brameresti. Mentre ora tu conti i miei passi, non spieresti più il mio peccato: in un sacchetto chiuso sarebbe il mio delitto e tu ricopriresti la mia colpa. E i nvece come un monte che cade si sfalda e come una rupe si stacca dal suo posto, e le acque co nsumano le pietre, le alluvioni portano via il terreno: così tu annienti la speranza dell’uomo. Tu l o abbatti per sempre ed egli se ne va, tu sfiguri il suo volto e lo scacci. Siano pure onorati i suoi f igli non lo sa; siano disprezzati lo ignora! Solo la sua carne su di lui è dolorante, e la sua anima s u di lui fa lamento». Elifaz di Teman prese a dire: «Potrebbe il saggio rispondere con ragioni ca mpate in aria e riempirsi il ventre del vento d’oriente? Si difende egli con parole inutili e con dis corsi inconcludenti? Ma tu distruggi la religione e abolisci la preghiera innanzi a Dio. Infatti la tu a malizia istruisce la tua bocca e scegli il linguaggio degli astuti. Non io ma la tua bocca ti condan na e le tue labbra attestano contro di te. Sei forse tu il primo uomo che è nato, o prima dei mon ti sei stato generato? Hai tu avuto accesso ai segreti consigli di Dio e ti sei appropriato tu solo d ella sapienza? Che cosa sai tu che noi non sappiamo? Che cosa capisci che non sia chiaro anche a noi? Sia il vecchio che il canuto sono fra di noi, carichi di anni più di tuo padre. Poca cosa sono per te le consolazioni di Dio e una parola moderata rivolta a te? Perché il tuo cuore ti stravolge, perché ammiccano i tuoi occhi, quando volgi contro Dio il tuo animo e fai uscire tali parole dalla tua bocca? Che cos’è l’uomo perché si ritenga puro, perché si dica giusto un nato da donna? Ec co neppure nei suoi santi egli ha fiducia e i cieli non sono puri ai suoi occhi, tanto meno un esser e abominevole e corrotto, l’uomo che beve l’iniquità come acqua. Voglio spiegartelo ascoltami, ti racconterò quel che ho visto, quello che i saggi hanno riferito, che non hanno celato ad essi i l oro padri; solo a loro fu concessa questa terra, né straniero alcuno era passato in mezzo a loro.
Per tutti i giorni della vita il malvagio si tormenta; sono contati gli anni riservati al violento. Voci di spavento gli risuonano agli orecchi e in piena pace si vede assalito dal predone. Non crede di potersi sottrarre alle tenebre, egli si sente destinato alla spada. Abbandonato in pasto ai falchi, sa che gli è preparata la rovina. Un giorno tenebroso lo spaventa, la miseria e l’angoscia l’assalg ono come un re pronto all’attacco, perché ha steso contro Dio la sua mano, ha osato farsi forte contro l’Onnipotente; correva contro di lui a testa alta, al riparo del curvo spessore del suo scud o, poiché aveva la faccia coperta di grasso e pinguedine intorno ai suoi fianchi. Avrà dimora in ci ttà diroccate, in case dove non si abita più, destinate a diventare macerie. Non si arricchirà non durerà la sua fortuna, le sue proprietà non si estenderanno sulla terra. Alle tenebre non sfuggir
à, il fuoco seccherà i suoi germogli e il vento porterà via i suoi fiori. Non si affidi alla vanità che è fallace, perché vanità sarà la sua ricompensa. Prima del tempo saranno disseccati, i suoi rami n on rinverdiranno più. Sarà spogliato come vigna della sua uva ancora acerba e getterà via come ulivo i suoi fiori, poiché la stirpe dell’empio è sterile e il fuoco divora le tende dell’uomo venale.
Concepisce malizia e genera sventura e nel suo seno alleva l’inganno». Giobbe prese a dire: «Ne ho udite già molte di cose simili! Siete tutti consolatori molesti. Non avranno termine le parole campate in aria? O che cosa ti spinge a rispondere? Anch’io sarei capace di parlare come voi, se voi foste al mio posto: comporrei con eleganza parole contro di voi e scuoterei il mio capo su di voi. Vi potrei incoraggiare con la bocca e il movimento delle mie labbra potrebbe darvi sollievo.
Ma se parlo non si placa il mio dolore; se taccio che cosa lo allontana da me? Ora però egli mi to glie le forze, ha distrutto tutti i miei congiunti e mi opprime. Si è costituito testimone ed è insort o contro di me: il mio calunniatore mi accusa in faccia. La sua collera mi dilania e mi perseguita; digrigna i denti contro di me, il mio nemico su di me aguzza gli occhi. Spalancano la bocca contr o di me, mi schiaffeggiano con insulti, insieme si alleano contro di me. Dio mi consegna come pr eda all’empio, e mi getta nelle mani dei malvagi. Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha scosso, mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato; ha fatto di me il suo bersaglio. I suoi arcieri mi circon dano; mi trafigge le reni senza pietà, versa a terra il mio fiele, mi apre ferita su ferita, mi si avve nta contro come un guerriero. Ho cucito un sacco sulla mia pelle e ho prostrato la fronte nella p olvere. La mia faccia è rossa per il pianto e un’ombra mortale mi vela le palpebre, benché non ci sia violenza nelle mie mani e sia pura la mia preghiera. O terra non coprire il mio sangue né un l uogo segreto trattenga il mio grido! Ecco fin d’ora il mio testimone è nei cieli, il mio difensore è lassù. I miei amici mi scherniscono, rivolto a Dio versa lacrime il mio occhio, perché egli stesso si a arbitro fra l’uomo e Dio, come tra un figlio dell’uomo e il suo prossimo; poiché passano i miei anni che sono contati e me ne vado per una via senza ritorno. Il mio respiro è affannoso, i miei g iorni si spengono; non c’è che la tomba per me! Non sono con me i beffardi? Fra i loro insulti ve glia il mio occhio. Poni ti prego la mia cauzione presso di te; chi altri se no mi stringerebbe la ma no? Poiché hai tolto il senno alla loro mente, per questo non li farai trionfare. Come chi invita a pranzo gli amici, mentre gli occhi dei suoi figli languiscono. Mi ha fatto diventare la favola dei po poli, sono oggetto di scherno davanti a loro. Si offusca per il dolore il mio occhio e le mie memb ra non sono che ombra. Gli onesti ne rimangono stupiti e l’innocente si sdegna contro l’empio.
Ma il giusto si conferma nella sua condotta e chi ha le mani pure raddoppia gli sforzi. Su venite t utti di nuovo: io non troverò un saggio fra voi. I miei giorni sono passati svaniti i miei progetti, i desideri del mio cuore. Essi cambiano la notte in giorno: “La luce – dicono –
è più vicina delle tenebre”. Se posso sperare qualche cosa il regno dei morti è la mia casa, nelle tenebre distendo il mio giaciglio. Al sepolcro io grido: “Padre mio sei tu!” e ai vermi: “Madre mi a sorella mia voi siete!”. Dov’è dunque la mia speranza? Il mio bene chi lo vedrà? Caleranno le p orte del regno dei morti, e insieme nella polvere sprofonderemo?». Bildad di Suach prese a dire
: «Quando porrai fine alle tue chiacchiere? Rifletti bene e poi parleremo. Perché ci consideri co
me bestie, ci fai passare per idioti ai tuoi occhi? Tu che ti rodi l’anima nel tuo furore, forse per c ausa tua sarà abbandonata la terra e le rupi si staccheranno dal loro posto? Certamente la luce del malvagio si spegnerà e più non brillerà la fiamma del suo focolare. La luce si offuscherà nella sua tenda e la lucerna si estinguerà sopra di lui. Il suo energico passo si accorcerà e i suoi proge tti lo faranno precipitare, perché con i suoi piedi incapperà in una rete e tra le maglie camminer à. Un laccio l’afferrerà per il calcagno, un nodo scorsoio lo stringerà. Gli è nascosta per terra una fune e gli è tesa una trappola sul sentiero. Terrori lo spaventano da tutte le parti e gli stanno all e calcagna. Diventerà carestia la sua opulenza e la rovina è ritta al suo fianco. Un malanno divor erà la sua pelle, il primogenito della morte roderà le sue membra. Sarà tolto dalla tenda in cui fi dava, per essere trascinato davanti al re dei terrori! Potresti abitare nella tenda che non è più s ua; sulla sua dimora si spargerà zolfo. Al di sotto le sue radici si seccheranno, sopra appassirann o i suoi rami. Il suo ricordo sparirà dalla terra e il suo nome più non si udrà per la contrada. Lo g etteranno dalla luce nel buio e dal mondo lo stermineranno. Non famiglia non discendenza avrà nel suo popolo, non superstiti nei luoghi della sua residenza. Della sua fine stupirà l’occidente e l’oriente ne avrà orrore. Ecco qual è la sorte dell’iniquo: questa è la dimora di chi non riconosce Dio». Giobbe prese a dire: «Fino a quando mi tormenterete e mi opprimerete con le vostre par ole? Sono dieci volte che mi insultate e mi maltrattate in modo sfacciato. è poi vero che io abbia sbagliato e che persista nel mio errore? Davvero voi pensate di prevalere su di me, rinfacciando mi la mia vergogna? Sappiate dunque che Dio mi ha schiacciato e mi ha avvolto nella sua rete. E
cco grido: “Violenza!” ma non ho risposta, chiedo aiuto ma non c’è giustizia! Mi ha sbarrato la s trada perché io non passi e sui miei sentieri ha disteso le tenebre. Mi ha spogliato della mia glor ia e mi ha tolto dal capo la corona. Mi ha distrutto da ogni parte e io sparisco, ha strappato com e un albero la mia speranza. Ha acceso contro di me la sua ira e mi considera come suo nemico.
Insieme sono accorse le sue schiere e si sono tracciate la strada contro di me; si sono accampat e intorno alla mia tenda. I miei fratelli si sono allontanati da me, persino i miei familiari mi sono diventati estranei. Sono scomparsi vicini e conoscenti, mi hanno dimenticato gli ospiti di casa; d a estraneo mi trattano le mie ancelle, sono un forestiero ai loro occhi. Chiamo il mio servo ed eg li non risponde, devo supplicarlo con la mia bocca. Il mio fiato è ripugnante per mia moglie e fac cio ribrezzo ai figli del mio grembo. Anche i ragazzi mi disprezzano: se tento di alzarmi mi copro no di insulti. Mi hanno in orrore tutti i miei confidenti: quelli che amavo si rivoltano contro di m e. Alla pelle si attaccano le mie ossa e non mi resta che la pelle dei miei denti. Pietà pietà di me almeno voi amici miei, perché la mano di Dio mi ha percosso! Perché vi accanite contro di me c ome Dio, e non siete mai sazi della mia carne? Oh se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla rocci a! Io so che il mio redentore è vivo e che ultimo si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pe lle sarà strappata via, senza la mia carne vedrò Dio. Io lo vedrò io stesso, i miei occhi lo contemp leranno e non un altro. Languisco dentro di me. Voi che dite: “Come lo perseguitiamo noi, se la radice del suo danno è in lui?”, temete per voi la spada, perché è la spada che punisce l’iniquità,
e saprete che c’è un giudice». Sofar di Naamà prese a dire: «Per questo i miei pensieri mi sping ono a rispondere e c’è fretta dentro di me. Ho ascoltato un rimprovero per me offensivo, ma un o spirito dal mio interno mi spinge a replicare. Non sai tu che da sempre, da quando l’uomo fu p osto sulla terra, il trionfo degli empi è breve e la gioia del perverso è di un istante? Anche se si i nnalzasse fino al cielo la sua statura e il suo capo toccasse le nubi, come il suo sterco sarebbe sp azzato via per sempre e chi lo aveva visto direbbe: “Dov’è?”. Svanirà come un sogno e non lo si troverà più, si dileguerà come visione notturna. L’occhio avvezzo a vederlo più non lo vedrà né più lo scorgerà la sua casa. I suoi figli dovranno risarcire i poveri e le sue stesse mani restituiran no le sue ricchezze. Le sue ossa erano piene di vigore giovanile, con lui ora giacciono nella polve re. Se alla sua bocca fu dolce il male, se lo teneva nascosto sotto la sua lingua, assaporandolo se nza inghiottirlo, se lo tratteneva in mezzo al suo palato, il suo cibo gli si guasterà nelle viscere, gl i si trasformerà in veleno di vipere. I beni che ha divorato dovrà vomitarli, Dio glieli caccerà fuori dal ventre. Veleno di vipere ha succhiato, una lingua di aspide lo ucciderà. Non vedrà più ruscel li d’olio, fiumi di miele e fior di panna; darà ad altri il frutto della sua fatica senza mangiarne, co me non godrà del frutto del suo commercio, perché ha oppresso e abbandonato i miseri, ha rub ato case invece di costruirle; perché non ha saputo calmare il suo ventre, con i suoi tesori non si salverà. Nulla è sfuggito alla sua voracità, per questo non durerà il suo benessere. Nel colmo de lla sua abbondanza si troverà in miseria; ogni sorta di sciagura piomberà su di lui. Quando starà per riempire il suo ventre, Dio scaglierà su di lui la fiamma del suo sdegno e gli farà piovere add osso brace. Se sfuggirà all’arma di ferro, lo trafiggerà l’arco di bronzo. Se estrarrà la freccia dalla schiena, una spada lucente gli squarcerà il fegato. Lo assaliranno i terrori; le tenebre più fitte gli saranno riservate. Lo divorerà un fuoco non attizzato da uomo, esso consumerà quanto è rimas to nella sua tenda. Riveleranno i cieli la sua iniquità e la terra si alzerà contro di lui. Sparirà il rac colto della sua casa, tutto sarà disperso nel giorno della sua ira. Questa è la sorte che Dio riserva all’uomo malvagio, l’eredità che Dio gli ha decretato». Giobbe prese a dire: «Ascoltate bene la mia parola e sia questo almeno il conforto che mi date. Tollerate che io parli e dopo che avrò pa rlato deridetemi pure. Mi lamento forse di un uomo? E perché non dovrei perdere la pazienza?
Statemi attenti e resterete stupiti, mettetevi la mano sulla bocca. Se io ci penso rimango turbat o e la mia carne è presa da un brivido. Perché i malvagi continuano a vivere, e invecchiando div entano più forti e più ricchi? La loro prole prospera insieme con loro, i loro rampolli crescono so tto i loro occhi. Le loro case sono tranquille e senza timori; il bastone di Dio non pesa su di loro.
Il loro toro monta senza mai fallire, la mucca partorisce senza abortire. Mandano fuori come un gregge i loro ragazzi e i loro figli danzano in festa. Cantano al ritmo di tamburelli e di cetre, si div ertono al suono dei flauti. Finiscono nel benessere i loro giorni e scendono tranquilli nel regno d ei morti. Eppure dicevano a Dio: “Allontànati da noi, non vogliamo conoscere le tue vie. Chi è l’
Onnipotente perché dobbiamo servirlo? E che giova pregarlo?”. Essi hanno in mano il loro bene ssere e il consiglio degli empi è lontano da lui. Quante volte si spegne la lucerna degli empi, e la sventura piomba su di loro, e infligge loro castighi con ira? Sono essi come paglia sollevata al ve
nto o come pula in preda all’uragano? “Dio – si dirà –
riserva il castigo per i figli dell’empio”. No lo subisca e lo senta lui il castigo! Veda con i suoi occ hi la sua rovina e beva dell’ira dell’Onnipotente! Che cosa gli importa infatti della sua casa quan do è morto, quando il numero dei suoi mesi è finito? S’insegna forse la scienza a Dio, a lui che gi udica gli esseri celesti? Uno muore in piena salute, tutto tranquillo e prospero; i suoi fianchi son o coperti di grasso e il midollo delle sue ossa è ben nutrito. Un altro muore con l’amarezza in cu ore, senza aver mai assaporato la gioia. Eppure entrambi giacciono insieme nella polvere e i ver mi li ricoprono. Ecco io conosco bene i vostri pensieri e i progetti che tramate contro di me! Infa tti voi dite: “Dov’è la casa del nobile, dove sono le tende degli empi?”. Perché non avete chiesto a chi ha viaggiato e non avete considerato attentamente le loro prove? Cioè che nel giorno dell a sciagura è risparmiato il malvagio e nel giorno dell’ira egli trova scampo? Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta e di quel che ha fatto chi lo ripaga? Egli sarà portato al sepolcro, sul suo t umulo si veglia e gli sono lievi le zolle della valle. Camminano dietro a lui tutti gli uomini e innan zi a sé ha una folla senza numero. E voi vorreste consolarmi con argomenti vani! Nelle vostre ris poste non c’è altro che inganno». Elifaz di Teman prese a dire: «Può forse l’uomo giovare a Dio, dato che il saggio può giovare solo a se stesso? Quale interesse ne viene all’Onnipotente che tu sia giusto, o che vantaggio ha se tieni una condotta integra? è forse per la tua pietà che ti punis ce e ti convoca in giudizio? O non piuttosto per la tua grande malvagità e per le tue iniquità sen za limite? Senza motivo infatti hai angariato i tuoi fratelli e delle vesti hai spogliato gli ignudi. No n hai dato da bere all’assetato e all’affamato hai rifiutato il pane. Ai prepotenti davi la terra e vi abitavano solo i tuoi favoriti. Le vedove rimandavi a mani vuote e spezzavi le braccia degli orfani
. Ecco perché intorno a te ci sono lacci e un improvviso spavento ti sorprende, oppure l’oscurità ti impedisce di vedere e la piena delle acque ti sommerge. Ma Dio non è nell’alto dei cieli? Guar da quanto è lontano il vertice delle stelle! E tu dici: “Che cosa ne sa Dio? Come può giudicare att raverso l’oscurità delle nubi? Le nubi gli fanno velo e non vede quando passeggia sulla volta dei cieli”. Vuoi tu seguire il sentiero di un tempo, già battuto da persone perverse, che prematuram ente furono portate via, quando un fiume si era riversato sulle loro fondamenta? Dicevano a Di o: “Allontànati da noi! Che cosa può fare a noi l’Onnipotente?”. Eppure è lui che ha riempito le l oro case di beni, mentre il consiglio dei malvagi è lontano da lui! I giusti vedranno e ne gioirann o e l’innocente riderà di loro: “Finalmente sono annientati i loro averi e il fuoco ha divorato la lo ro opulenza!”. Su riconcìliati con lui e tornerai felice, e avrai nuovamente il tuo benessere. Acco gli la legge dalla sua bocca e poni le sue parole nel tuo cuore. Se ti rivolgerai all’Onnipotente ver rai ristabilito. Se allontanerai l’iniquità dalla tua tenda, se stimerai come polvere l’oro e come ci ottoli dei fiumi l’oro di Ofir, allora l’Onnipotente sarà il tuo oro, sarà per te come mucchi d’arge nto. Allora sì nell’Onnipotente ti delizierai e a Dio alzerai il tuo volto. Lo supplicherai ed egli ti es audirà, e tu scioglierai i tuoi voti. Quando deciderai una cosa ti riuscirà e sul tuo cammino briller à la luce, perché egli umilia l’alterigia del superbo, ma soccorre chi ha lo sguardo dimesso. Egli li bera chi è innocente, e tu sarai liberato per la purezza delle tue mani». Giobbe prese a dire: «An
che oggi il mio lamento è amaro e la sua mano pesa sopra i miei gemiti. Oh potessi sapere dove trovarlo, potessi giungere fin dove risiede! Davanti a lui esporrei la mia causa e avrei piene le la bbra di ragioni. Conoscerei le parole con le quali mi risponde e capirei che cosa mi deve dire. Do vrebbe forse con sfoggio di potenza contendere con me? Gli basterebbe solo ascoltarmi! Allora un giusto discuterebbe con lui e io per sempre sarei assolto dal mio giudice. Ma se vado a orient e egli non c’è, se vado a occidente non lo sento. A settentrione lo cerco e non lo scorgo, mi volg o a mezzogiorno e non lo vedo. Poiché egli conosce la mia condotta, se mi mette alla prova com e oro puro io ne esco. Alle sue orme si è attaccato il mio piede, al suo cammino mi sono attenut o e non ho deviato; dai comandi delle sue labbra non mi sono allontanato, ho riposto nel cuore i detti della sua bocca. Se egli decide chi lo farà cambiare? Ciò che desidera egli lo fa. Egli esegue il decreto contro di me come pure i molti altri che ha in mente. Per questo davanti a lui io allibi sco, al solo pensarci mi viene paura. Dio ha fiaccato il mio cuore, l’Onnipotente mi ha frastornat o; ma non è a causa della tenebra che io perisco, né a causa dell’oscurità che ricopre il mio volt o. Perché all’Onnipotente non restano nascosti i tempi, mentre i suoi fedeli non vedono i suoi gi orni? I malvagi spostano i confini, rubano le greggi e le conducono al pascolo; portano via l’asin o degli orfani, prendono in pegno il bue della vedova. Spingono i poveri fuori strada, tutti i mise ri del paese devono nascondersi. Ecco come asini selvatici nel deserto escono per il loro lavoro; di buon mattino vanno in cerca di cibo, la steppa offre pane per i loro figli. Mietono nel campo n on loro, racimolano la vigna del malvagio. Nudi passano la notte senza vestiti, non hanno da cop rirsi contro il freddo. Dagli acquazzoni dei monti sono bagnati, per mancanza di rifugi si aggrapp ano alle rocce. Strappano l’orfano dal seno della madre e prendono in pegno il mantello del pov ero. Nudi se ne vanno senza vestiti, e sopportando la fame portano i covoni. Sulle terrazze delle vigne frangono le olive, pigiano l’uva e soffrono la sete. Dalla città si alza il gemito dei moribond i e l’anima dei feriti grida aiuto, ma Dio non bada a queste suppliche. Vi sono di quelli che avver sano la luce, non conoscono le sue vie né dimorano nei suoi sentieri. Quando non c’è luce si alz a l’omicida per uccidere il misero e il povero; nella notte va in giro come un ladro. L’occhio dell’
adultero attende il buio e pensa: “Nessun occhio mi osserva!”, e si pone un velo sul volto. Nelle tenebre forzano le case, mentre di giorno se ne stanno nascosti: non vogliono saperne della luc e; infatti per loro l’alba è come spettro di morte, poiché sono abituati ai terrori del buio fondo.
Fuggono veloci sul filo dell’acqua; maledetta è la loro porzione di campo sulla terra, non si inca mminano più per la strada delle vigne. Come siccità e calore assorbono le acque nevose, così il r egno dei morti il peccatore. Lo dimenticherà il seno materno, i vermi lo gusteranno, non sarà pi ù ricordato e l’iniquità sarà spezzata come un albero. Maltratta la sterile che non genera, alla ve dova non fa alcun bene. Con la sua forza egli trascina i potenti, risorge quando già disperava del la vita. Dio gli concede sicurezza ed egli vi si appoggia, ma i suoi occhi sono sopra la sua condott a. Salgono in alto per un poco poi non sono più, sono abbattuti come tutti sono troncati via, falc iati come la testa di una spiga. Non è forse così? Chi può smentirmi e ridurre a nulla le mie parol e?». Bildad di Suach prese a dire: «Dominio e terrore sono con lui, che impone la pace nell’alto
dei cieli. Si possono forse contare le sue schiere? E su chi non sorge la sua luce? Come può esser e giusto un uomo davanti a Dio e come può essere puro un nato da donna? Ecco la luna stessa manca di chiarore e le stelle non sono pure ai suoi occhi: tanto meno l’uomo che è un verme, l’e ssere umano che è una larva». Giobbe prese a dire: «Che aiuto hai dato al debole e che soccors o hai prestato al braccio senza forza! Quanti consigli hai dato all’ignorante, e con quanta abbon danza hai manifestato la saggezza! A chi hai rivolto le tue parole e l’ispirazione da chi ti è venuta
? Le ombre dei morti tremano sotto le acque e i loro abitanti. Davanti a lui nudo è il regno dei m orti e senza velo è l’abisso. Egli distende il cielo sopra il vuoto, sospende la terra sopra il nulla. Ri nchiude le acque dentro le nubi e la nuvola non si squarcia sotto il loro peso. Copre la vista del s uo trono stendendovi sopra la sua nuvola. Ha tracciato un cerchio sulle acque, sino al confine tr a la luce e le tenebre. Le colonne del cielo si scuotono, alla sua minaccia sono prese da terrore.
Con forza agita il mare e con astuzia abbatte Raab. Al suo soffio si rasserenano i cieli, la sua man o trafigge il serpente tortuoso. Ecco questi sono solo i contorni delle sue opere; quanto lieve è il sussurro che ne percepiamo! Ma il tuono della sua potenza chi può comprenderlo?». Giobbe c ontinuò il suo discorso dicendo: «Per la vita di Dio che mi ha privato del mio diritto, per l’Onnip otente che mi ha amareggiato l’animo, finché ci sarà in me un soffio di vita, e l’alito di Dio nelle mie narici, mai le mie labbra diranno falsità e mai la mia lingua mormorerà menzogna! Lontano da me darvi ragione; fino alla morte non rinuncerò alla mia integrità. Mi terrò saldo nella mia gi ustizia senza cedere, la mia coscienza non mi rimprovera nessuno dei miei giorni. Sia trattato co me reo il mio nemico e il mio avversario come un ingiusto. Che cosa infatti può sperare l’empio quando finirà, quando Dio gli toglierà la vita? Ascolterà forse Dio il suo grido, quando la sventur a piomberà su di lui? Troverà forse il suo conforto nell’Onnipotente? Potrà invocare Dio in ogni momento? Io vi istruirò sul potere di Dio, non vi nasconderò i pensieri dell’Onnipotente. Ecco v oi tutti lo vedete bene: perché dunque vi perdete in cose vane? Questa è la sorte che Dio riserv a all’uomo malvagio, l’eredità che i violenti ricevono dall’Onnipotente. Se ha molti figli saranno destinati alla spada e i suoi discendenti non avranno pane da sfamarsi; i suoi superstiti saranno sepolti dalla peste e le loro vedove non potranno fare lamento. Se ammassa argento come la po lvere e ammucchia vestiti come fango, egli li prepara ma il giusto li indosserà, e l’argento lo ere diterà l’innocente. Ha costruito la casa come una tela di ragno e come una capanna fatta da un guardiano. Si corica ricco ma per l’ultima volta, quando apre gli occhi non avrà più nulla. Come a cque il terrore lo assale, di notte se lo rapisce l’uragano; il vento d’oriente lo solleva e se ne va, l o sradica dalla sua dimora, lo bersaglia senza pietà ed egli tenterà di sfuggire alla sua presa. Si b attono le mani contro di lui e si fischia di scherno su di lui ovunque si trovi. Certo l’argento ha le sue miniere e l’oro un luogo dove si raffina. Il ferro lo si estrae dal suolo, il rame si libera fonden do le rocce. L’uomo pone un termine alle tenebre e fruga fino all’estremo limite, fino alle rocce nel buio più fondo. In luoghi remoti scavano gallerie dimenticate dai passanti; penzolano sospes i lontano dagli uomini. La terra da cui si trae pane, di sotto è sconvolta come dal fuoco. Sede di z affìri sono le sue pietre e vi si trova polvere d’oro. L’uccello rapace ne ignora il sentiero, non lo s
corge neppure l’occhio del falco, non lo calpestano le bestie feroci, non passa su di esso il leone.
Contro la selce l’uomo stende la mano, sconvolge i monti fin dalle radici. Nelle rocce scava cana li e su quanto è prezioso posa l’occhio. Scandaglia il fondo dei fiumi e quel che vi è nascosto por ta alla luce. Ma la sapienza da dove si estrae? E il luogo dell’intelligenza dov’è? L’uomo non ne c onosce la via, essa non si trova sulla terra dei viventi. L’oceano dice: “Non è in me!” e il mare dic e: “Neppure presso di me!”. Non si scambia con l’oro migliore né per comprarla si pesa l’argent o. Non si acquista con l’oro di Ofir né con l’ònice prezioso o con lo zaffìro. Non la eguagliano l’or o e il cristallo né si permuta con vasi di oro fino. Coralli e perle non meritano menzione: l’acquis to della sapienza non si fa con le gemme. Non la eguaglia il topazio d’Etiopia, con l’oro puro non si può acquistare. Ma da dove viene la sapienza? E il luogo dell’intelligenza dov’è? è nascosta a gli occhi di ogni vivente, è ignota agli uccelli del cielo. L’abisso e la morte dicono: “Con i nostri or ecchi ne udimmo la fama”. Dio solo ne discerne la via, lui solo sa dove si trovi, perché lui solo vo lge lo sguardo fino alle estremità della terra, vede tutto ciò che è sotto la volta del cielo. Quand o diede al vento un peso e delimitò le acque con la misura, quando stabilì una legge alla pioggia e una via al lampo tonante, allora la vide e la misurò, la fondò e la scrutò appieno, e disse all’uo mo: “Ecco il timore del Signore questo è sapienza, evitare il male questo è intelligenza”». Giobb e continuò il suo discorso dicendo: «Potessi tornare com’ero ai mesi andati, ai giorni in cui Dio v egliava su di me, quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre; com’ero nei giorni del mio rigoglio, quando Dio proteggeva la mia tenda, qu ando l’Onnipotente stava ancora con me e i miei giovani mi circondavano, quando mi lavavo i pi edi nella panna e la roccia mi versava ruscelli d’olio! Quando uscivo verso la porta della città e s ulla piazza ponevo il mio seggio, vedendomi i giovani si ritiravano e i vecchi si alzavano in piedi, i notabili sospendevano i loro discorsi e si mettevano la mano alla bocca, la voce dei capi si smor zava e la loro lingua restava fissa al palato; infatti con gli orecchi ascoltavano e mi dicevano felic e, con gli occhi vedevano e mi rendevano testimonianza, perché soccorrevo il povero che chied eva aiuto e l’orfano che ne era privo. La benedizione del disperato scendeva su di me e al cuore della vedova infondevo la gioia. Ero rivestito di giustizia come di un abito, come mantello e turb ante era la mia equità. Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo. Padre io ero per i pov eri ed esaminavo la causa dello sconosciuto, spezzavo le mascelle al perverso e dai suoi denti st rappavo la preda. Pensavo: “Spirerò nel mio nido e moltiplicherò i miei giorni come la fenice. Le mie radici si estenderanno fino all’acqua e la rugiada di notte si poserà sul mio ramo. La mia glo ria si rinnoverà in me e il mio arco si rinforzerà nella mia mano”. Mi ascoltavano in attesa fiduci osa e tacevano per udire il mio consiglio. Dopo le mie parole non replicavano, e su di loro stillav a il mio dire. Le attendevano come si attende la pioggia e aprivano la bocca come ad acqua prim averile. Se a loro sorridevo non osavano crederlo, non si lasciavano sfuggire la benevolenza del mio volto. Indicavo loro la via da seguire e sedevo come capo, e vi rimanevo come un re fra le s ue schiere o come un consolatore di afflitti. Ora invece si burlano di me i più giovani di me in et à, i cui padri non avrei degnato di mettere tra i cani del mio gregge. Anche la forza delle loro ma
ni a che mi giova? Hanno perduto ogni vigore; disfatti dall’indigenza e dalla fame, brucano per l’
arido deserto, da lungo tempo regione desolata, raccogliendo erbe amare accanto ai cespugli e radici di ginestra per loro cibo. Espulsi dalla società, si grida dietro a loro come al ladro; dimoran o perciò in orrendi dirupi, nelle grotte della terra e nelle rupi. In mezzo alle macchie urlano acca lcandosi sotto i roveti, razza ignobile razza senza nome, cacciati via dalla terra. Ora invece io son o la loro canzone, sono diventato la loro favola! Hanno orrore di me e mi schivano né si tratteng ono dallo sputarmi in faccia! Egli infatti ha allentato il mio arco e mi ha abbattuto, ed essi di fro nte a me hanno rotto ogni freno. A destra insorge la plebaglia, per far inciampare i miei piedi e t racciare contro di me la strada dello sterminio. Hanno sconvolto il mio sentiero, cospirando per la mia rovina, e nessuno si oppone a loro. Irrompono come da una larga breccia, sbucano in me zzo alle macerie. I terrori si sono volti contro di me; si è dileguata come vento la mia dignità e co me nube è svanita la mia felicità. Ed ora mi consumo, mi hanno colto giorni funesti. Di notte mi sento trafiggere le ossa e i dolori che mi rodono non mi danno riposo. A gran forza egli mi afferr a per la veste, mi stringe come il collo della mia tunica. Mi ha gettato nel fango: sono diventato come polvere e cenere. Io grido a te ma tu non mi rispondi, insisto ma tu non mi dai retta. Sei di ventato crudele con me e con la forza delle tue mani mi perseguiti; mi sollevi e mi poni a cavallo del vento e mi fai sballottare dalla bufera. So bene che mi conduci alla morte, alla casa dove co nvengono tutti i viventi. Nella disgrazia non si tendono forse le braccia e non si invoca aiuto nell a sventura? Non ho forse pianto con chi aveva una vita dura e non mi sono afflitto per chi era p overo? Speravo il bene ed è venuto il male, aspettavo la luce ed è venuto il buio. Le mie viscere ribollono senza posa e giorni d’affanno mi hanno raggiunto. Avanzo con il volto scuro senza con forto, nell’assemblea mi alzo per invocare aiuto. Sono divenuto fratello degli sciacalli e compag no degli struzzi. La mia pelle annerita si stacca, le mie ossa bruciano per la febbre. La mia cetra accompagna lamenti e il mio flauto la voce di chi piange. Ho stretto un patto con i miei occhi, di non fissare lo sguardo su una vergine. E invece quale sorte mi assegna Dio di lassù e quale eredi tà mi riserva l’Onnipotente dall’alto? Non è forse la rovina riservata all’iniquo e la sventura per chi compie il male? Non vede egli la mia condotta e non conta tutti i miei passi? Se ho agito con falsità e il mio piede si è affrettato verso la frode, mi pesi pure sulla bilancia della giustizia e Dio riconosca la mia integrità. Se il mio passo è andato fuori strada e il mio cuore ha seguìto i miei o cchi, se la mia mano si è macchiata, io semini e un altro ne mangi il frutto e siano sradicati i miei germogli. Se il mio cuore si lasciò sedurre da una donna e sono stato in agguato alla porta del mio prossimo, mia moglie macini per un estraneo e altri si corichino con lei; difatti quella è un’i nfamia, un delitto da denunciare, quello è un fuoco che divora fino alla distruzione e avrebbe co nsumato tutto il mio raccolto. Se ho negato i diritti del mio schiavo e della schiava in lite con me
, che cosa farei quando Dio si alzasse per giudicare, e che cosa risponderei quando aprisse l’inqu isitoria? Chi ha fatto me nel ventre materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel grembo? Se ho rifiutato ai poveri quanto desideravano, se ho lasciato languire gli occhi della vedova, se da solo ho mangiato il mio tozzo di pane, senza che ne mangiasse anche l’orfano –

poiché fin dall’infanzia come un padre io l’ho allevato e appena generato gli ho fatto da guida –
, se mai ho visto un misero senza vestito o un indigente che non aveva di che coprirsi, se non mi hanno benedetto i suoi fianchi, riscaldàti con la lana dei miei agnelli, se contro l’orfano ho alzat o la mano, perché avevo in tribunale chi mi favoriva, mi si stacchi la scapola dalla spalla e si rom pa al gomito il mio braccio, perché mi incute timore il castigo di Dio e davanti alla sua maestà n on posso resistere. Se ho riposto la mia speranza nell’oro e all’oro fino ho detto: “Tu sei la mia fi ducia”, se ho goduto perché grandi erano i miei beni e guadagnava molto la mia mano, se vede ndo il sole risplendere e la luna avanzare smagliante, si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un bacio, anche questo sarebbe stato un delitto da denu nciare, perché avrei rinnegato Dio che sta in alto. Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico
? Ho esultato perché lo colpiva la sventura? Ho permesso alla mia lingua di peccare, augurando gli la morte con imprecazioni? La gente della mia tenda esclamava: “A chi non ha dato le sue car ni per saziarsi?”. All’aperto non passava la notte il forestiero e al viandante aprivo le mie porte.
Non ho nascosto come uomo la mia colpa, tenendo celato nel mio petto il mio delitto, come se temessi molto la folla e il disprezzo delle famiglie mi spaventasse, tanto da starmene zitto senza uscire di casa. Oh avessi uno che mi ascoltasse! Ecco qui la mia firma! L’Onnipotente mi rispond a! Il documento scritto dal mio avversario vorrei certo portarlo sulle mie spalle e cingerlo come mio diadema! Gli renderò conto di tutti i miei passi, mi presenterei a lui come un principe». 40b Sono finite le parole di Giobbe. Se contro di me grida la mia terra e i suoi solchi piangono a una sola voce, se ho mangiato il suo frutto senza pagare e ho fatto sospirare i suoi coltivatori, 1a in l uogo di frumento mi crescano spini ed erbaccia al posto dell’orzo. Quei tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe perché egli si riteneva giusto. Allora si accese lo sdegno di Eliu figlio di Bara chele il Buzita della tribù di Ram. Si accese di sdegno contro Giobbe perché si considerava giust o di fronte a Dio; si accese di sdegno anche contro i suoi tre amici perché non avevano trovato d i che rispondere sebbene avessero dichiarato Giobbe colpevole. Eliu aveva aspettato mentre es si parlavano con Giobbe perché erano più vecchi di lui in età. Quando vide che sulla bocca di qu esti tre uomini non vi era più alcuna risposta Eliu si accese di sdegno. Eliu figlio di Barachele il B
uzita prese a dire: «Giovane io sono di anni e voi siete già canuti; per questo ho esitato per rispe tto, a manifestarvi il mio sapere. Pensavo: “Parlerà l’età e gli anni numerosi insegneranno la sap ienza”. Ma è lo spirito che è nell’uomo, è il soffio dell’Onnipotente che lo fa intelligente. Essere anziani non significa essere sapienti, essere vecchi non significa saper giudicare. Per questo io o so dire: “Ascoltatemi; esporrò anch’io il mio parere”. Ecco ho atteso le vostre parole, ho teso l’o recchio ai vostri ragionamenti. Finché andavate in cerca di argomenti, su di voi fissai l’attenzion e. Ma ecco nessuno ha potuto confutare Giobbe, nessuno tra voi ha risposto ai suoi detti. Non v enite a dire: “Abbiamo trovato noi la sapienza, Dio solo può vincerlo non un uomo!”. Egli non ha rivolto a me le sue parole, e io non gli risponderò con i vostri argomenti. Sono sconcertati non r ispondono più, mancano loro le parole. Ho atteso ma poiché non parlano più, poiché stanno lì s enza risposta, risponderò anch’io per la mia parte, esporrò anch’io il mio parere; mi sento infatt
i pieno di parole, mi preme lo spirito che è nel mio ventre. Ecco il mio ventre è come vino senza aria di sfogo, come otri nuovi sta per scoppiare. Parlerò e avrò un po’ d’aria, aprirò le labbra e ri sponderò. Non guarderò in faccia ad alcuno, e non adulerò nessuno, perché io non so adulare: a ltrimenti il mio creatore in breve mi annienterebbe. Ascolta dunque Giobbe i miei discorsi, porgi l’orecchio ad ogni mia parola. Ecco io apro la bocca, parla la mia lingua entro il mio palato. Il mi o cuore dirà parole schiette e le mie labbra parleranno con chiarezza. Lo spirito di Dio mi ha cre ato e il soffio dell’Onnipotente mi fa vivere. Se puoi rispondimi, prepàrati tieniti pronto davanti a me. Ecco io sono come te di fronte a Dio, anch’io sono stato formato dal fango: ecco nulla hai da temere da me, non farò pesare su di te la mia mano. Tu hai detto in mia presenza e il suono delle tue parole ho udito: “Puro sono io senza peccato, io sono pulito non ho colpa; ma lui contr o di me trova pretesti e mi considera suo nemico, pone in ceppi i miei piedi e spia tutti i miei pa ssi!”. Ecco in questo non hai ragione ti rispondo: Dio infatti è più grande dell’uomo. Perché vuoi contendere con lui, se egli non rende conto di tutte le sue parole? Dio può parlare in un modo o in un altro ma non vi si presta attenzione. Nel sogno nella visione notturna, quando cade il torp ore sugli uomini, nel sonno sul giaciglio, allora apre l’orecchio degli uomini e per la loro correzio ne li spaventa, per distogliere l’uomo dal suo operato e tenerlo lontano dall’orgoglio, per preser vare la sua anima dalla fossa e la sua vita dal canale infernale. Talvolta egli lo corregge con dolor i nel suo letto e con la tortura continua delle ossa. Il pane gli provoca nausea, gli ripugnano anch e i cibi più squisiti, dimagrisce a vista d’occhio e le ossa che prima non si vedevano spuntano fuo ri, la sua anima si avvicina alla fossa e la sua vita a coloro che infliggono la morte. Ma se vi è un angelo sopra di lui, un mediatore solo fra mille, che mostri all’uomo il suo dovere, che abbia pie tà di lui e implori: “Scampalo dallo scendere nella fossa, io gli ho trovato un riscatto”, allora la s ua carne sarà più florida che in gioventù, ed egli tornerà ai giorni della sua adolescenza. Supplic herà Dio e questi gli userà benevolenza, gli mostrerà con giubilo il suo volto, e di nuovo lo ricon oscerà giusto. Egli si rivolgerà agli uomini e dirà: “Avevo peccato e violato la giustizia, ma egli no n mi ha ripagato per quel che meritavo; mi ha scampato dal passare per la fossa e la mia vita co ntempla la luce”. Ecco tutto questo Dio fa, due tre volte per l’uomo, per far ritornare la sua ani ma dalla fossa e illuminarla con la luce dei viventi. Porgi l’orecchio Giobbe ascoltami, sta’ in sile nzio e parlerò io; ma se hai qualcosa da dire rispondimi, parla perché io desidero darti ragione.
Altrimenti ascoltami, sta’ in silenzio e io ti insegnerò la sapienza». Eliu prese a dire: «Ascoltate s aggi le mie parole e voi dotti porgetemi l’orecchio, perché come l’orecchio distingue le parole e il palato assapora i cibi, così noi esploriamo ciò che è giusto, indaghiamo tra noi ciò che è bene.
Giobbe ha detto: “Io sono giusto, ma Dio mi nega il mio diritto; contro il mio diritto passo per m enzognero, inguaribile è la mia piaga benché senza colpa”. Quale uomo è come Giobbe che bev e come l’acqua l’insulto, che cammina in compagnia dei malfattori, andando con uomini iniqui?
Infatti egli ha detto: “Non giova all’uomo essere gradito a Dio”. Perciò ascoltatemi voi che siete uomini di senno: lontano da Dio l’iniquità e dall’Onnipotente l’ingiustizia! Egli infatti ricompensa l’uomo secondo le sue opere, retribuisce ciascuno secondo la sua condotta. In verità Dio non a
gisce da ingiusto e l’Onnipotente non sovverte il diritto! Chi mai gli ha affidato la terra? Chi gli h a assegnato l’universo? Se egli pensasse solo a se stesso e a sé ritraesse il suo spirito e il suo soff io, ogni carne morirebbe all’istante e l’uomo ritornerebbe in polvere. Se sei intelligente ascolta bene questo, porgi l’orecchio al suono delle mie parole. Può mai governare chi è nemico del diri tto? E tu osi condannare il Giusto supremo? Lui che dice a un re: “Iniquo!” e ai prìncipi: “Malvag i!”, lui che non usa parzialità con i potenti e non preferisce il ricco al povero, perché tutti sono o pera delle sue mani. In un istante muoiono e nel cuore della notte sono colpiti i potenti e perisc ono. Senza sforzo egli rimuove i tiranni, perché tiene gli occhi sulla condotta dell’uomo e vede t utti i suoi passi. Non vi è tenebra non densa oscurità, dove possano nascondersi i malfattori. Poi ché non si fissa una data all’uomo per comparire davanti a Dio in giudizio: egli abbatte i potenti senza fare indagini, e colloca altri al loro posto. Perché conosce le loro opere, li travolge nella n otte e sono schiacciati. Come malvagi li percuote, li colpisce alla vista di tutti, perché si sono allo ntanati da lui e di tutte le sue vie non vollero saperne, facendo salire fino a lui il grido degli oppr essi, ed egli udì perciò il lamento dei poveri. Se egli rimane inattivo chi può condannarlo? Se nas conde il suo volto chi può vederlo? Ma sulle nazioni e sugli individui egli veglia, perché non regn i un uomo perverso, e il popolo non venga ostacolato. A Dio si può dire questo: “Mi sono ingann ato non farò più del male. Al di là di quello che vedo istruiscimi tu. Se ho commesso iniquità non persisterò”. Forse dovrebbe ricompensare secondo il tuo modo di vedere, perché tu rifiuti il su o giudizio? Sei tu che devi scegliere non io, di’ dunque quello che sai. Gli uomini di senno mi dir anno insieme a ogni saggio che mi ascolta: “Giobbe non parla con sapienza e le sue parole sono prive di senso”. Bene Giobbe sia esaminato fino in fondo, per le sue risposte da uomo empio, p erché al suo peccato aggiunge la ribellione, getta scherno su di noi e moltiplica le sue parole co ntro Dio». Eliu prese a dire: «Ti pare di aver pensato correttamente, quando dicesti: “Sono giust o davanti a Dio”? Tu dici infatti: “A che serve? Quale guadagno ho a non peccare?”. Voglio replic are a te e ai tuoi amici insieme con te. Contempla il cielo e osserva, considera le nubi come sono più alte di te. Se pecchi che cosa gli fai? Se aumenti i tuoi delitti che danno gli arrechi? Se tu sei giusto che cosa gli dai o che cosa riceve dalla tua mano? Su un uomo come te ricade la tua maliz ia, su un figlio d’uomo la tua giustizia! Si grida sotto il peso dell’oppressione, si invoca aiuto cont ro il braccio dei potenti, ma non si dice: “Dov’è quel Dio che mi ha creato, che ispira nella notte canti di gioia, che ci rende più istruiti delle bestie selvatiche, che ci fa più saggi degli uccelli del c ielo?”. Si grida allora ma egli non risponde a causa della superbia dei malvagi. è inutile: Dio non ascolta e l’Onnipotente non vi presta attenzione; ancor meno quando tu dici che non lo vedi, ch e la tua causa sta innanzi a lui e tu in lui speri, e così pure quando dici che la sua ira non punisce né si cura molto dell’iniquità. Giobbe dunque apre a vuoto la sua bocca e accumula chiacchiere senza senso». Eliu continuò a dire: «Abbi un po’ di pazienza e io ti istruirò, perché c’è altro da di re in difesa di Dio. Prenderò da lontano il mio sapere e renderò giustizia al mio creatore. Non è certo menzogna il mio parlare: è qui con te un uomo dalla scienza perfetta. Ecco Dio è grande e non disprezza nessuno, egli è grande per la fermezza delle sue decisioni. Non lascia vivere l’iniq
uo e rende giustizia ai miseri. Non stacca gli occhi dai giusti, li fa sedere sui troni dei re e li esalta per sempre. Se sono avvinti in catene, o sono stretti dai lacci dell’afflizione, Dio mostra loro gli errori e i misfatti che hanno commesso per orgoglio. Apre loro gli orecchi alla correzione e li eso rta ad allontanarsi dal male. Se ascoltano e si sottomettono, termineranno i loro giorni nel bene ssere e i loro anni fra le delizie. Ma se non ascoltano, passeranno attraverso il canale infernale e spireranno senza rendersene conto. I perversi di cuore si abbandonano all’ira, non invocano aiu to quando Dio li incatena. Si spegne in gioventù la loro vita, la loro esistenza come quella dei pr ostituti. Ma Dio libera il povero mediante l’afflizione, e con la sofferenza gli apre l’orecchio. Egli trarrà anche te dalle fauci dell’angustia verso un luogo spazioso non ristretto, e la tua tavola sar à colma di cibi succulenti. Ma se di giudizio iniquo sei pieno, giudizio e condanna ti seguiranno.
Fa’ che l’ira non ti spinga allo scherno, e che il prezzo eccessivo del riscatto non ti faccia deviare.
Varrà forse davanti a lui il tuo grido d’aiuto nell’angustia o tutte le tue risorse di energia? Non d esiderare che venga quella notte nella quale i popoli sono sradicati dalla loro sede. Bada di non volgerti all’iniquità, poiché per questo sei stato provato dalla miseria. Ecco Dio è sublime nella s ua potenza; quale maestro è come lui? Chi mai gli ha imposto il suo modo d’agire o chi mai ha p otuto dirgli: “Hai agito male?”. Ricòrdati di lodarlo per le sue opere, che l’umanità ha cantato. T
utti le contemplano, i mortali le ammirano da lontano. Ecco Dio è così grande che non lo compr endiamo, è incalcolabile il numero dei suoi anni. Egli attrae in alto le gocce d’acqua e scioglie in pioggia i suoi vapori che le nubi rovesciano, grondano sull’uomo in quantità. Chi può calcolare l a distesa delle nubi e i fragori della sua dimora? Ecco egli vi diffonde la sua luce e ricopre le prof ondità del mare. In tal modo alimenta i popoli e offre loro cibo in abbondanza. Con le mani affer ra la folgore e la scaglia contro il bersaglio. Il suo fragore lo annuncia, la sua ira si accende contr o l’iniquità. Per questo mi batte forte il cuore e mi balza fuori dal petto. Udite attentamente il r umore della sua voce, il fragore che esce dalla sua bocca. Egli lo diffonde per tutto il cielo e la su a folgore giunge ai lembi della terra; dietro di essa ruggisce una voce, egli tuona con la sua voce maestosa: nulla può arrestare il lampo appena si ode la sua voce. Dio tuona mirabilmente con la sua voce, opera meraviglie che non comprendiamo! Egli infatti dice alla neve: “Cadi sulla terra”
e alle piogge torrenziali: “Siate violente”. Nella mano di ogni uomo pone un sigillo, perché tutti r iconoscano la sua opera. Le belve si ritirano nei loro nascondigli e si accovacciano nelle loro tan e. Dalla regione australe avanza l’uragano e il gelo dal settentrione. Al soffio di Dio si forma il gh iaccio e le distese d’acqua si congelano. Carica di umidità le nuvole e le nubi ne diffondono le fol gori. Egli le fa vagare dappertutto secondo i suoi ordini, perché eseguano quanto comanda loro su tutta la faccia della terra. Egli le manda o per castigo del mondo o in segno di bontà. Porgi l’o recchio a questo Giobbe, férmati e considera le meraviglie di Dio. Sai tu come Dio le governa e c ome fa brillare il lampo dalle nubi? Conosci tu come le nuvole si muovono in aria? Sono i prodigi di colui che ha una scienza perfetta. Sai tu perché le tue vesti sono roventi, quando la terra è in letargo sotto il soffio dello scirocco? Hai tu forse disteso con lui il firmamento, solido come spec chio di metallo fuso? Facci sapere che cosa possiamo dirgli! Noi non siamo in grado di esprimerc
i perché avvolti nelle tenebre. Gli viene forse riferito se io parlo, o se uno parla ne viene informa to? All’improvviso la luce diventa invisibile, oscurata dalle nubi: poi soffia il vento e le spazza via
. Dal settentrione giunge un aureo chiarore, intorno a Dio è tremenda maestà. L’Onnipotente n oi non possiamo raggiungerlo, sublime in potenza e rettitudine, grande per giustizia: egli non op prime. Perciò lo temono tutti gli uomini, ma egli non considera quelli che si credono sapienti!».
Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano: «Chi è mai costui che oscura il mio piano c on discorsi da ignorante? Cingiti i fianchi come un prode: io t’interrogherò e tu mi istruirai! Qua ndo ponevo le fondamenta della terra tu dov’eri? Dimmelo se sei tanto intelligente! Chi ha fissa to le sue dimensioni se lo sai, o chi ha teso su di essa la corda per misurare? Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare, mentre gioivano in coro le stelle del mattino e ac clamavano tutti i figli di Dio? Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso dal s eno materno, quando io lo vestivo di nubi e lo fasciavo di una nuvola oscura, quando gli ho fissa to un limite, e gli ho messo chiavistello e due porte dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”? Da quando vivi hai mai comandato al mattino e assegna to il posto all’aurora, perché afferri la terra per i lembi e ne scuota via i malvagi, ed essa prenda forma come creta premuta da sigillo e si tinga come un vestito, e sia negata ai malvagi la loro lu ce e sia spezzato il braccio che si alza a colpire? Sei mai giunto alle sorgenti del mare e nel fondo dell’abisso hai tu passeggiato? Ti sono state svelate le porte della morte e hai visto le porte dell
’ombra tenebrosa? Hai tu considerato quanto si estende la terra? Dillo se sai tutto questo! Qual è la strada dove abita la luce e dove dimorano le tenebre, perché tu le possa ricondurre dentro i loro confini e sappia insegnare loro la via di casa? Certo tu lo sai perché allora eri già nato e il n umero dei tuoi giorni è assai grande! Sei mai giunto fino ai depositi della neve, hai mai visto i se rbatoi della grandine, che io riserbo per l’ora della sciagura, per il giorno della guerra e della bat taglia? Per quali vie si diffonde la luce, da dove il vento d’oriente invade la terra? Chi ha scavato canali agli acquazzoni e una via al lampo tonante, per far piovere anche sopra una terra spopol ata, su un deserto dove non abita nessuno, per dissetare regioni desolate e squallide e far sbocc iare germogli verdeggianti? Ha forse un padre la pioggia? O chi fa nascere le gocce della rugiada
? Dal qual grembo esce il ghiaccio e la brina del cielo chi la genera, quando come pietra le acque si induriscono e la faccia dell’abisso si raggela? Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi o scioglie re i vincoli di Orione? Puoi tu far spuntare a suo tempo le costellazioni o guidare l’Orsa insieme con i suoi figli? Conosci tu le leggi del cielo o ne applichi le norme sulla terra? Puoi tu alzare la v oce fino alle nubi per farti inondare da una massa d’acqua? Scagli tu i fulmini ed essi partono di cendoti: “Eccoci!”? Chi mai ha elargito all’ibis la sapienza o chi ha dato al gallo intelligenza? Chi mai è in grado di contare con esattezza le nubi e chi può riversare gli otri del cielo, quando la po lvere del suolo diventa fango e le zolle si attaccano insieme? Sei forse tu che vai a caccia di pred a per la leonessa e sazi la fame dei leoncelli, quando sono accovacciati nelle tane o stanno in ag guato nei nascondigli? Chi prepara al corvo il suo pasto, quando i suoi piccoli gridano verso Dio e vagano qua e là per mancanza di cibo? Sai tu quando figliano i camosci o assisti alle doglie dell
e cerve? Conti tu i mesi della loro gravidanza e sai tu quando devono partorire? Si curvano e si s gravano dei loro parti, espellono i loro feti. Robusti sono i loro figli crescono all’aperto, se ne va nno e non tornano più da esse. Chi lascia libero l’asino selvatico e chi ne scioglie i legami? Io gli ho dato come casa il deserto e per dimora la terra salmastra. Dei rumori della città se ne ride e non ode le urla dei guardiani. Gira per le montagne sua pastura, e va in cerca di quanto è verde.
Forse il bufalo acconsente a servirti o a passare la notte presso la tua greppia? Puoi forse legare il bufalo al solco con le corde, o fargli arare le valli dietro a te? Ti puoi fidare di lui perché la sua forza è grande, e puoi scaricare su di lui le tue fatiche? Conteresti su di lui perché torni e raduni la tua messe sull’aia? Lo struzzo batte festosamente le ali, come se fossero penne di cicogna e d i falco. Depone infatti sulla terra le uova e nella sabbia le lascia riscaldare. Non pensa che un pie de può schiacciarle, una bestia selvatica calpestarle. Tratta duramente i figli come se non fosser o suoi, della sua inutile fatica non si preoccupa, perché Dio gli ha negato la saggezza e non gli ha dato in sorte l’intelligenza. Ma quando balza in alto, si beffa del cavallo e del suo cavaliere. Puoi dare la forza al cavallo e rivestire di criniera il suo collo? Puoi farlo saltare come una cavalletta, con il suo nitrito maestoso e terrificante? Scalpita nella valle baldanzoso e con impeto va incont ro alle armi. Sprezza la paura non teme, né retrocede davanti alla spada. Su di lui tintinna la fare tra, luccica la lancia e il giavellotto. Con eccitazione e furore divora lo spazio e al suono del corn o più non si tiene. Al primo suono nitrisce: “Ah!” e da lontano fiuta la battaglia, gli urli dei capi e il grido di guerra. è forse per il tuo ingegno che spicca il volo lo sparviero e distende le ali verso il meridione? O al tuo comando l’aquila s’innalza e costruisce il suo nido sulle alture? Vive e pas sa la notte fra le rocce, sugli spuntoni delle rocce o sui picchi. Di lassù spia la preda e da lontano la scorgono i suoi occhi. I suoi piccoli succhiano il sangue e dove sono cadaveri là essa si trova».
Il Signore prese a dire a Giobbe: «Il censore vuole ancora contendere con l’Onnipotente? L’accu satore di Dio risponda!». Giobbe prese a dire al Signore: «Ecco non conto niente: che cosa ti pos so rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta ma non replicherò, due volte ho parlato ma non continuerò». Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano: «Cingiti i fianchi come un prode: io t’interrogherò e tu mi istruirai! Oseresti tu cancellare il mio giudizio, d are a me il torto per avere tu la ragione? Hai tu un braccio come quello di Dio e puoi tuonare co n voce pari alla sua? Su órnati pure di maestà e di grandezza, rivèstiti di splendore e di gloria! Ef fondi pure i furori della tua collera, guarda ogni superbo e abbattilo, guarda ogni superbo e umil ialo, schiaccia i malvagi ovunque si trovino; sprofondali nella polvere tutti insieme e rinchiudi i l oro volti nel buio! Allora anch’io ti loderò, perché hai trionfato con la tua destra. Ecco l’ippopot amo che io ho creato al pari di te, si nutre di erba come il bue. Guarda la sua forza è nei fianchi e il suo vigore nel ventre. Rizza la coda come un cedro, i nervi delle sue cosce s’intrecciano saldi, le sue vertebre sono tubi di bronzo, le sue ossa come spranghe di ferro. Esso è la prima delle op ere di Dio; solo il suo creatore può minacciarlo con la spada. Gli portano in cibo i prodotti dei m onti, mentre tutte le bestie della campagna si trastullano attorno a lui. Sotto le piante di loto si sdraia, nel folto del canneto e della palude. Lo ricoprono d’ombra le piante di loto, lo circondan
o i salici del torrente. Ecco se il fiume si ingrossa egli non si agita, anche se il Giordano gli salisse fino alla bocca resta calmo. Chi mai può afferrarlo per gli occhi, o forargli le narici con un uncino
? Puoi tu pescare il Leviatàn con l’amo e tenere ferma la sua lingua con una corda, ficcargli un gi unco nelle narici e forargli la mascella con un gancio? Ti rivolgerà forse molte suppliche o ti dirà dolci parole? Stipulerà forse con te un’alleanza, perché tu lo assuma come servo per sempre? S
cherzerai con lui come un passero, legandolo per le tue bambine? Faranno affari con lui gli adde tti alla pesca, e lo spartiranno tra i rivenditori? Crivellerai tu di dardi la sua pelle e con la fiocina l a sua testa? Prova a mettere su di lui la tua mano: al solo ricordo della lotta non ci riproverai! Ec co davanti a lui ogni sicurezza viene meno, al solo vederlo si resta abbattuti. Nessuno è tanto au dace da poterlo sfidare: chi mai può resistergli? Chi mai lo ha assalito e ne è uscito illeso? Nessu no sotto ogni cielo. Non passerò sotto silenzio la forza delle sue membra, né la sua potenza né l a sua imponente struttura. Chi mai ha aperto il suo manto di pelle e nella sua doppia corazza chi è penetrato? Chi mai ha aperto i battenti della sua bocca, attorno ai suoi denti terrificanti? Il su o dorso è formato da file di squame, saldate con tenace suggello: l’una è così unita con l’altra ch e l’aria fra di esse non passa; ciascuna aderisce a quella vicina, sono compatte e non possono st accarsi. Il suo starnuto irradia luce, i suoi occhi sono come le palpebre dell’aurora. Dalla sua boc ca erompono vampate, sprizzano scintille di fuoco. Dalle sue narici esce fumo come da caldaia i nfuocata e bollente. Il suo fiato incendia carboni e dalla bocca gli escono fiamme. Nel suo collo r isiede la forza e innanzi a lui corre il terrore. Compatta è la massa della sua carne, ben salda su di lui e non si muove. Il suo cuore è duro come pietra, duro come la macina inferiore. Quando si alza si spaventano gli dèi e per il terrore restano smarriti. La spada che lo affronta non penetra, né lancia né freccia né dardo. Il ferro per lui è come paglia, il bronzo come legno tarlato. Non lo mette in fuga la freccia, per lui le pietre della fionda sono come stoppia. Come stoppia è la maz za per lui e si fa beffe del sibilo del giavellotto. La sua pancia è fatta di cocci aguzzi e striscia sul f ango come trebbia. Fa ribollire come pentola il fondo marino, fa gorgogliare il mare come un va so caldo di unguenti. Dietro di sé produce una scia lucente e l’abisso appare canuto. Nessuno su lla terra è pari a lui, creato per non aver paura. Egli domina tutto ciò che superbo s’innalza, è so vrano su tutte le bestie feroci». Giobbe prese a dire al Signore: «Comprendo che tu puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile. Chi è colui che da ignorante, può oscurare il tuo piano
? Davvero ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me che non compren do. Ascoltami e io parlerò, io t’interrogherò e tu mi istruirai! Io ti conoscevo solo per sentito dir e, ma ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere». D
opo che il Signore ebbe rivolto queste parole a Giobbe disse a Elifaz di Teman: «La mia ira si è a ccesa contro di te e contro i tuoi due amici perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe. Prendete dunque sette giovenchi e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi e io per riguardo a lui non p unirò la vostra stoltezza perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe». Eli faz di Teman Bildad di Suach e Sofar di Naamà andarono e fecero come aveva detto loro il Signo
re e il Signore ebbe riguardo di Giobbe. Il Signore ristabilì la sorte di Giobbe dopo che egli ebbe pregato per i suoi amici. Infatti il Signore raddoppiò quanto Giobbe aveva posseduto. Tutti i suoi fratelli le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo; banchettarono con lui in c asa sua condivisero il suo dolore e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato s u di lui e ognuno gli regalò una somma di denaro e un anello d’oro. Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. Alla prima mise nome Colomba alla s econda Cassia e alla terza Argentea. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le fi glie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli. Dopo tutto q uesto Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. Poi Gi obbe morì vecchio e sazio di giorni. Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non r esta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. è come albero piantato lungo corsi d’acqu a, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa riesce bene. N
on così non così i malvagi, ma come pula che il vento disperde; perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio né i peccatori nell’assemblea dei giusti, poiché il Signore veglia sul cammino dei giu sti, mentre la via dei malvagi va in rovina. Perché le genti sono in tumulto e i popoli cospirano in vano? Insorgono i re della terra e i prìncipi congiurano insieme contro il Signore e il suo consacr ato: «Spezziamo le loro catene, gettiamo via da noi il loro giogo!». Ride colui che sta nei cieli, il Signore si fa beffe di loro. Egli parla nella sua ira, li spaventa con la sua collera: «Io stesso ho sta bilito il mio sovrano sul Sion mia santa montagna». Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedimi e ti darò in eredità le genti e in t uo dominio le terre più lontane. Le spezzerai con scettro di ferro, come vaso di argilla le frantu merai». E ora siate saggi o sovrani; lasciatevi correggere o giudici della terra; servite il Signore c on timore e rallegratevi con tremore. Imparate la disciplina, perché non si adiri e voi perdiate la via: in un attimo divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia. Salmo. Di Davide. Quando fuggiva davanti al figlio Assalonne. Signore quanti sono i miei avversari! Molti contro di me insorgono.
Molti dicono della mia vita: «Per lui non c’è salvezza in Dio!». Ma tu sei mio scudo Signore, sei la mia gloria e tieni alta la mia testa. A gran voce grido al Signore ed egli mi risponde dalla sua san ta montagna. Io mi corico mi addormento e mi risveglio: il Signore mi sostiene. Non temo la foll a numerosa che intorno a me si è accampata. Sorgi Signore! Salvami Dio mio! Tu hai colpito alla mascella tutti i miei nemici, hai spezzato i denti dei malvagi. La salvezza viene dal Signore: sul tu o popolo la tua benedizione. Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Di Davide. Qua ndo t’invoco rispondimi Dio della mia giustizia! Nell’angoscia mi hai dato sollievo; pietà di me as colta la mia preghiera. Fino a quando voi uomini calpesterete il mio onore, amerete cose vane e cercherete la menzogna? Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele; il Signore mi ascolta quando lo invoco. Tremate e più non peccate, nel silenzio sul vostro letto esaminate il vostro cu ore. Offrite sacrifici legittimi e confidate nel Signore. Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene, se
da noi Signore è fuggita la luce del tuo volto?». Hai messo più gioia nel mio cuore di quanta ne diano a loro grano e vino in abbondanza. In pace mi corico e subito mi addormento, perché tu s olo Signore fiducioso mi fai riposare. Al maestro del coro. Per flauti. Salmo. Di Davide. Porgi l’or ecchio Signore alle mie parole: intendi il mio lamento. Sii attento alla voce del mio grido, o mio r e e mio Dio, perché a te Signore rivolgo la mia preghiera. Al mattino ascolta la mia voce; al matt ino ti espongo la mia richiesta e resto in attesa. Tu non sei un Dio che gode del male, non è tuo ospite il malvagio; gli stolti non resistono al tuo sguardo. Tu hai in odio tutti i malfattori, tu distr uggi chi dice menzogne. Sanguinari e ingannatori il Signore li detesta. Io invece per il tuo grande amore, entro nella tua casa; mi prostro verso il tuo tempio santo nel tuo timore. Guidami Signo re nella tua giustizia a causa dei miei nemici; spiana davanti a me la tua strada. Non c’è sincerità sulla loro bocca, è pieno di perfidia il loro cuore; la loro gola è un sepolcro aperto, la loro lingua seduce. Condannali o Dio, soccombano alle loro trame, per i tanti loro delitti disperdili, perché a te si sono ribellati. Gioiscano quanti in te si rifugiano, esultino senza fine. Proteggili perché in t e si allietino quanti amano il tuo nome, poiché tu benedici il giusto Signore, come scudo lo circo ndi di benevolenza. Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Sull’ottava. Salmo. Di Davide. Si gnore non punirmi nella tua ira, non castigarmi nel tuo furore. Pietà di me Signore sono sfinito; guariscimi Signore: tremano le mie ossa. Trema tutta l’anima mia. Ma tu Signore fino a quando?
Ritorna Signore libera la mia vita, salvami per la tua misericordia. Nessuno tra i morti ti ricorda.
Chi negli inferi canta le tue lodi? Sono stremato dai miei lamenti, ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, bagno di lacrime il mio letto. I miei occhi nel dolore si consumano, invecchiano fra tante mie afflizioni. Via da me voi tutti che fate il male: il Signore ascolta la voce del mio pianto.
Il Signore ascolta la mia supplica, il Signore accoglie la mia preghiera. Si vergognino e tremino molto tutti i miei nemici, tornino indietro e si vergognino all’istante. Lamento che Davide cantò al Signore a causa delle parole di Cus il Beniaminita. Signore mio Dio in te ho trovato rifugio: sal vami da chi mi perseguita e liberami, perché non mi sbrani come un leone, dilaniandomi senza c he alcuno mi liberi. Signore mio Dio se così ho agito, se c’è ingiustizia nelle mie mani, se ho ripa gato il mio amico con il male, se ho spogliato i miei avversari senza motivo, il nemico mi insegua e mi raggiunga, calpesti a terra la mia vita e getti nella polvere il mio onore. Sorgi Signore nella tua ira, àlzati contro la furia dei miei avversari, svégliati mio Dio emetti un giudizio! L’assemblea dei popoli ti circonda: ritorna dall’alto a dominarla! Il Signore giudica i popoli. Giudicami Signor e secondo la mia giustizia, secondo l’innocenza che è in me. Cessi la cattiveria dei malvagi. Rend i saldo il giusto, tu che scruti mente e cuore o Dio giusto. Il mio scudo è in Dio: egli salva i retti di cuore. Dio è giudice giusto, Dio si sdegna ogni giorno. Non torna forse ad affilare la spada, a ten dere a puntare il suo arco? Si prepara strumenti di morte, arroventa le sue frecce. Ecco il malva gio concepisce ingiustizia, è gravido di cattiveria partorisce menzogna. Egli scava un pozzo profo ndo e cade nella fossa che ha fatto; la sua cattiveria ricade sul suo capo, la sua violenza gli piom ba sulla testa. Renderò grazie al Signore per la sua giustizia e canterò il nome di Dio l’Altissimo.
Al maestro del coro. Su «I torchi». Salmo. Di Davide. O Signore Signore nostro, quanto è mirabil
e il tuo nome su tutta la terra! Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza, con la bocca di bambini e di lattanti: hai posto una difesa contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Quando vedo i tuoi cieli opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poc o meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue m ani, tutto hai posto sotto i suoi piedi: tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campag na, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari. O Signore Sign ore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Al maestro del coro. Su «La morte de l figlio». Salmo. Di Davide. Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, annuncerò tutte le tue m eraviglie. Gioirò ed esulterò in te, canterò inni al tuo nome o Altissimo, mentre i miei nemici tor nano indietro, davanti a te inciampano e scompaiono, perché hai sostenuto il mio diritto e la mi a causa: ti sei seduto in trono come giudice giusto. Hai minacciato le nazioni hai sterminato il m alvagio, il loro nome hai cancellato in eterno per sempre. Il nemico è battuto ridotto a rovine pe r sempre. è scomparso il ricordo delle città che hai distrutto. Ma il Signore siede in eterno, stabil isce il suo trono per il giudizio: governerà il mondo con giustizia, giudicherà i popoli con rettitudi ne. Il Signore sarà un rifugio per l’oppresso, un rifugio nei momenti di angoscia. Confidino in te quanti conoscono il tuo nome, perché tu non abbandoni chi ti cerca Signore. Cantate inni al Sign ore che abita in Sion, narrate le sue imprese tra i popoli, perché egli chiede conto del sangue ve rsato, se ne ricorda non dimentica il grido dei poveri. Abbi pietà di me Signore, vedi la mia miser ia opera dei miei nemici, tu che mi fai risalire dalle porte della morte, perché io possa annunciar e tutte le tue lodi; alle porte della figlia di Sion esulterò per la tua salvezza. Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato, nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede. Il Signore si è fatto conoscere ha reso giustizia; il malvagio è caduto nella rete opera delle sue ma ni. Tornino i malvagi negli inferi, tutte le genti che dimenticano Dio. Perché il misero non sarà m ai dimenticato, la speranza dei poveri non sarà mai delusa. Sorgi Signore non prevalga l’uomo: d avanti a te siano giudicate le genti. Riempile di spavento Signore, riconoscano le genti di essere mortali. Dio abbatte l’arroganza dell’empio Perché, Signore, ti tieni lontano, nei momenti di peri colo ti nascondi? Con arroganza il malvagio perseguita il povero: cadano nelle insidie che hanno tramato! Il malvagio si vanta dei suoi desideri, l’avido benedice se stesso. Nel suo orgoglio il ma lvagio disprezza il Signore: »Dio non ne chiede conto, non esiste!»; questo è tutto il suo pensier o. Le sue vie vanno sempre a buon fine, troppo in alto per lui sono i tuoi giudizi: con un soffio sp azza via i suoi avversari. Egli pensa: «Non sarò mai scosso, vivrò sempre senza sventure». Di spe rgiuri, di frodi e d’inganni ha piena la bocca, sulla sua lingua sono cattiveria e prepotenza. Sta in agguato dietro le siepi, dai nascondigli uccide l’innocente. I suoi occhi spiano il misero, sta in ag guato di nascosto come un leone nel covo. Sta in agguato per ghermire il povero, ghermisce il p overo attirandolo nella rete. Si piega e si acquatta, cadono i miseri sotto i suoi artigli. Egli pensa:
«Dio dimentica, nasconde il volto, non vede più nulla». Sorgi, Signore Dio, alza la tua mano, no n dimenticare i poveri. Perché il malvagio disprezza Dio e pensa: «Non ne chiederai conto»? Epp
ure tu vedi l’affanno e il dolore, li guardi e li prendi nelle tue mani. A te si abbandona il misero, dell’orfano tu sei l’aiuto. Spezza il braccio del malvagio e dell’empio, cercherai il suo peccato e p iù non lo troverai. Il Signore è re in eterno, per sempre: dalla sua terra sono scomparse le genti.
Tu accogli, Signore, il desiderio dei poveri, rafforzi i loro cuori, porgi l’orecchio, perché sia fatta giustizia all’orfano e all’oppresso, e non continui più a spargere terrore l’uomo fatto di terra. Fid ucia in Dio Al maestro del coro. Di Davide. Nel Signore mi sono rifugiato. Come potete dirmi: »F
uggi come un passero verso il monte»? Ecco, i malvagi tendono l’arco, aggiustano la freccia sull a corda per colpire nell’ombra i retti di cuore. Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare? Ma il Signore sta nel suo tempio santo, il Signore ha il trono nei cieli. I suoi occhi osservano attenti, le sue pupille scrutano l’uomo. Il Signore scruta giusti e malvagi, egli odia chi ama la violenza. Brace, fuoco e zolfo farà piovere sui malvagi; vento bruciante toccherà loro in s orte. Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti contempleranno il suo volto. Contro la menzogna e l’arroganza Al maestro del coro. Sull’ottava. Salmo. Di Davide. Salvami, Signore!
Non c’è più un uomo giusto; sono scomparsi i fedeli tra i figli dell’uomo. Si dicono menzogne l’u no all’altro, labbra adulatrici parlano con cuore doppio. Recida il Signore le labbra adulatrici, la li ngua che vanta imprese grandiose, quanti dicono: «Con la nostra lingua siamo forti, le nostre la bbra sono con noi: chi sarà il nostro padrone?». »Per l’oppressione dei miseri e il gemito dei pov eri, ecco, mi alzerò – dice il Signore –
; metterò in salvo chi è disprezzato». Le parole del Signore sono parole pure, argento separato dalle scorie nel crogiuolo, raffinato sette volte. Tu, o Signore, le manterrai, ci proteggerai da qu esta gente, per sempre, anche se attorno si aggirano i malvagi e cresce la corruzione in mezzo a gli uomini. Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Fino a quando, Signore, continuerai a dimenti carmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto? Fino a quando nell’anima mia addenserò pen sieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Fino a quando su di me prevarrà il mio nemico? Gu arda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il so nno della morte, perché il mio nemico non dica: “L’ho vinto!” e non esultino i miei avversari se i o vacillo. Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò a l Signore, che mi ha beneficato. Al maestro del coro. Di Davide. Lo stolto pensa: «Dio non c’è». S
ono corrotti fanno cose abominevoli: non c’è chi agisca bene. Il Signore dal cielo si china sui figli dell’uomo per vedere se c’è un uomo saggio, uno che cerchi Dio. Sono tutti traviati tutti corrott i; non c’è chi agisca bene neppure uno. Non impareranno dunque tutti i malfattori, che divoran o il mio popolo come il pane e non invocano il Signore? Ecco hanno tremato di spavento, perch é Dio è con la stirpe del giusto. Voi volete umiliare le speranze del povero, ma il Signore è il suo rifugio. Chi manderà da Sion la salvezza d’Israele? Quando il Signore ristabilirà la sorte del suo p opolo, esulterà Giacobbe e gioirà Israele. Salmo. Di Davide. Signore chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sulla tua santa montagna? Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dic e la verità che ha nel cuore, non sparge calunnie con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulti al suo vicino. Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Sig
nore. Anche se ha giurato a proprio danno, mantiene la parola; non presta il suo denaro a usura e non accetta doni contro l’innocente. Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempr e. Miktam. Di Davide. Proteggimi o Dio: in te mi rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei t u, solo in te è il mio bene». Agli idoli del paese, agli dèi potenti andava tutto il mio favore. Molti plicano le loro pene quelli che corrono dietro a un dio straniero. Io non spanderò le loro libagio ni di sangue, né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi. Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: la mia eredità è stupenda. Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra non potrò vacillare. Per questo gioi sce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbando nerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero d ella vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra. Preghiera. Di Davide.
Ascolta Signore la mia giusta causa, sii attento al mio grido. Porgi l’orecchio alla mia preghiera: s ulle mie labbra non c’è inganno. Dal tuo volto venga per me il giudizio, i tuoi occhi vedano la giu stizia. Saggia il mio cuore scrutalo nella notte, provami al fuoco: non troverai malizia. La mia boc ca non si è resa colpevole, secondo l’agire degli uomini; seguendo la parola delle tue labbra, ho evitato i sentieri del violento. Tieni saldi i miei passi sulle tue vie e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi o Dio; tendi a me l’orecchio ascolta le mie parole, mostrami i p rodigi della tua misericordia, tu che salvi dai nemici chi si affida alla tua destra. Custodiscimi co me pupilla degli occhi, all’ombra delle tue ali nascondimi, di fronte ai malvagi che mi opprimono
, ai nemici mortali che mi accerchiano. Il loro animo è insensibile, le loro bocche parlano con arr oganza. Eccoli: avanzano mi circondano, puntano gli occhi per gettarmi a terra, simili a un leone che brama la preda, a un leoncello che si apposta in agguato. àlzati Signore affrontalo abbattilo
; con la tua spada liberami dal malvagio, con la tua mano Signore dai mortali, dai mortali del mo ndo la cui sorte è in questa vita. Sazia pure dei tuoi beni il loro ventre, se ne sazino anche i figli e ne avanzi per i loro bambini. Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazier ò della tua immagine. Al maestro del coro. Di Davide servo del Signore che rivolse al Signore le parole di questo canto quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici e dalla mano d i Saul. Disse dunque: Ti amo Signore mia forza, Signore mia roccia mia fortezza mio liberatore, mio Dio mia rupe in cui mi rifugio; mio scudo mia potente salvezza e mio baluardo. Invoco il Sig nore degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi circondavano flutti di morte, mi travolgev ano torrenti infernali; già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali.
Nell’angoscia invocai il Signore, nell’angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voc e, a lui ai suoi orecchi giunse il mio grido. La terra tremò e si scosse; vacillarono le fondamenta d ei monti, si scossero perché egli era adirato. Dalle sue narici saliva fumo, dalla sua bocca un fuo co divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti. Abbassò i cieli e discese, una nube oscura sotto i suoi piedi. Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento. Si avvolgeva di teneb re come di un velo, di acque oscure e di nubi come di una tenda. Davanti al suo fulgore passaro
no le nubi, con grandine e carboni ardenti. Il Signore tuonò dal cielo, l’Altissimo fece udire la su a voce: grandine e carboni ardenti. Scagliò saette e li disperse, fulminò con folgori e li sconfisse.
Allora apparve il fondo del mare, si scoprirono le fondamenta del mondo, per la tua minaccia Si gnore, per lo spirare del tuo furore. Stese la mano dall’alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi ac que, mi liberò da nemici potenti, da coloro che mi odiavano ed erano più forti di me. Mi assaliro no nel giorno della mia sventura, ma il Signore fu il mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò pe rché mi vuol bene. Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia, mi ripaga secondo l’innocenza d elle mie mani, perché ho custodito le vie del Signore, non ho abbandonato come un empio il mi o Dio. I suoi giudizi mi stanno tutti davanti, non ho respinto da me la sua legge; ma integro sono stato con lui e mi sono guardato dalla colpa. Il Signore mi ha ripagato secondo la mia giustizia, s econdo l’innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi. Con l’uomo buono tu sei buono, con l’u omo integro tu sei integro, con l’uomo puro tu sei puro e dal perverso non ti fai ingannare. Perc hé tu salvi il popolo dei poveri, ma abbassi gli occhi dei superbi. Signore tu dai luce alla mia lam pada; il mio Dio rischiara le mie tenebre. Con te mi getterò nella mischia, con il mio Dio scavalch erò le mura. La via di Dio è perfetta, la parola del Signore è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia. Infatti chi è Dio se non il Signore? O chi è roccia se non il nostro Dio? Il Dio ch e mi ha cinto di vigore e ha reso integro il mio cammino, mi ha dato agilità come di cerve e sulle alture mi ha fatto stare saldo, ha addestrato le mie mani alla battaglia, le mie braccia a tendere l’arco di bronzo. Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza, la tua destra mi ha sostenuto, mi hai es audito e mi hai fatto crescere. Hai spianato la via ai miei passi, i miei piedi non hanno vacillato.
Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti, non sono tornato senza averli annientati. Li ho colpit i e non si sono rialzati, sono caduti sotto i miei piedi. Tu mi hai cinto di forza per la guerra, hai pi egato sotto di me gli avversari. Dei nemici mi hai mostrato le spalle: quelli che mi odiavano li ho distrutti. Hanno gridato e nessuno li ha salvati, hanno gridato al Signore ma non ha risposto. Co me polvere al vento li ho dispersi, calpestati come fango delle strade. Mi hai scampato dal popo lo in rivolta, mi hai posto a capo di nazioni. Un popolo che non conoscevo mi ha servito; all’udir mi subito mi obbedivano, stranieri cercavano il mio favore, impallidivano uomini stranieri e usci vano tremanti dai loro nascondigli. Viva il Signore e benedetta la mia roccia, sia esaltato il Dio d ella mia salvezza. Dio tu mi accordi la rivincita e sottometti i popoli al mio giogo, mi salvi dai ne mici furenti, dei miei avversari mi fai trionfare e mi liberi dall’uomo violento. Per questo Signore ti loderò tra le genti e canterò inni al tuo nome. Egli concede al suo re grandi vittorie, si mostra fedele al suo consacrato, a Davide e alla sua discendenza per sempre. Al maestro del coro. Salm o. Di Davide. I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. Il gior no al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. Senza linguaggio sen za parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio. Là pose una tenda per il sole che esce come sposo dalla stanza nuz iale: esulta come un prode che percorre la via. Sorge da un estremo del cielo e la sua orbita ragg iunge l’altro estremo: nulla si sottrae al suo calore. La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’an
ima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice. I precetti del Signore sono r etti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi. Il timore del Signo re è puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti, più preziosi dell’
oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante. Anche il tuo servo ne è illuminat o, per chi li osserva è grande il profitto. Le inavvertenze chi le discerne? Assolvimi dai peccati na scosti. Anche dall’orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irrepr ensibile, sarò puro da grave peccato. Ti siano gradite le parole della mia bocca; davanti a te i pe nsieri del mio cuore, Signore mia roccia e mio redentore. Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
Ti risponda il Signore nel giorno dell’angoscia, ti protegga il nome del Dio di Giacobbe. Ti mandi l’aiuto dal suo santuario e dall’alto di Sion ti sostenga. Si ricordi di tutte le tue offerte e gradisca i tuoi olocausti. Ti conceda ciò che il tuo cuore desidera, adempia ogni tuo progetto. Esulterem o per la tua vittoria, nel nome del nostro Dio alzeremo i nostri vessilli: adempia il Signore tutte l e tue richieste. Ora so che il Signore dà vittoria al suo consacrato; gli risponde dal suo cielo sant o con la forza vittoriosa della sua destra. Chi fa affidamento sui carri chi sui cavalli: noi invochia mo il nome del Signore nostro Dio. Quelli si piegano e cadono, ma noi restiamo in piedi e siamo saldi. Da’ al re la vittoria Signore; rispondici quando t’invochiamo. Al maestro del coro. Salmo. D
i Davide. Signore il re gioisce della tua potenza! Quanto esulta per la tua vittoria! Hai esaudito il desiderio del suo cuore, non hai respinto la richiesta delle sue labbra. Gli vieni incontro con larg he benedizioni, gli poni sul capo una corona di oro puro. Vita ti ha chiesto a lui l’hai concessa, lu nghi giorni in eterno per sempre. Grande è la sua gloria per la tua vittoria, lo ricopri di maestà e di onore, poiché gli accordi benedizioni per sempre, lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto. Perch é il re confida nel Signore: per la fedeltà dell’Altissimo non sarà mai scosso. La tua mano raggiun gerà tutti i nemici, la tua destra raggiungerà quelli che ti odiano. Gettali in una fornace ardente nel giorno in cui ti mostrerai; nella sua ira li inghiottirà il Signore, li divorerà il fuoco. Eliminerai dalla terra il loro frutto, la loro stirpe di mezzo agli uomini. Perché hanno riversato su di te il mal e, hanno tramato insidie; ma non avranno successo. Hai fatto loro voltare la schiena, quando co ntro di loro puntavi il tuo arco. àlzati Signore in tutta la tua forza: canteremo e inneggeremo alla tua potenza. Al maestro del coro. Su «Cerva dell’aurora». Salmo. Di Davide. Dio mio Dio mio pe rché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido! Mio Dio grido di g iorno e non rispondi; di notte e non c’è tregua per me. Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fr a le lodi d’Israele. In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti; a te gridarono e f urono salvati, in te confidarono e non rimasero delusi. Ma io sono un verme e non un uomo, rifi uto degli uomini disprezzato dalla gente. Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le l abbra scuotono il capo: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo se davvero lo ama!». S
ei proprio tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai affidato al seno di mia madre. Al mio nascere a te fui consegnato; dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio. Non stare lontano da me, perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti. Mi circondano tori numerosi, mi accerchiano grossi tor i di Basan. Spalancano contro di me le loro fauci: un leone che sbrana e ruggisce. Io sono come
acqua versata, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere. Arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato, mi deponi su polvere di morte. Un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori; hann o scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. Essi stanno a guardare e mi osservano: si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte. Ma tu Signore non stare lo ntano, mia forza vieni presto in mio aiuto. Libera dalla spada la mia vita, dalle zampe del cane l’
unico mio bene. Salvami dalle fauci del leone e dalle corna dei bufali. Tu mi hai risposto! Annun cerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore voi suoi fedeli
, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israele; perché e gli non ha disprezzato né disdegnato l’afflizione del povero, il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto. Da te la mia lode nella grande assemblea; scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli. I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano; il vostro cuore viva per sempre! Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini de lla terra; davanti a te si prostreranno tutte le famiglie dei popoli. Perché del Signore è il regno: è lui che domina sui popoli! A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere; ma io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunceranno la sua giustizia; al popolo che nas cerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!». Salmo. Di Davide. Il Signore è il mio pastore: non man co di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mi o calice trabocca. Sì bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò an cora nella casa del Signore per lunghi giorni. Di Davide. Salmo. Del Signore è la terra e quanto co ntiene: il mondo con i suoi abitanti. è lui che l’ha fondato sui mari e sui fiumi l’ha stabilito. Chi p otrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cu ore puro, chi non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno. Egli otterrà benedizione dal Sign ore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto Dio di Giacobbe. Alzate o porte la vostra fronte, alzatevi soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e valoroso, il Signore valoroso in battaglia. Alzate o porte la vostra fronte, alzatevi soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è mai questo re della gloria
? Il Signore degli eserciti è il re della gloria. Di Davide. A te Signore innalzo l’anima mia, mio Dio i n te confido: che io non resti deluso! Non trionfino su di me i miei nemici! Chiunque in te spera non resti deluso; sia deluso chi tradisce senza motivo. Fammi conoscere Signore le tue vie, inseg nami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza
; io spero in te tutto il giorno. Ricòrdati Signore della tua misericordia e del tuo amore che è da s empre. I peccati della mia giovinezza e le mie ribellioni non li ricordare: ricòrdati di me nella tua misericordia, per la tua bontà Signore. Buono e retto è il Signore, indica ai peccatori la via giusta
; guida i poveri secondo giustizia, insegna ai poveri la sua via. Tutti i sentieri del Signore sono a more e fedeltà per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti. Per il tuo nome Signore, perdo na la mia colpa anche se è grande. C’è un uomo che teme il Signore? Gli indicherà la via da scegl iere. Egli riposerà nel benessere, la sua discendenza possederà la terra. Il Signore si confida con chi lo teme: gli fa conoscere la sua alleanza. I miei occhi sono sempre rivolti al Signore, è lui che fa uscire dalla rete il mio piede. Volgiti a me e abbi pietà, perché sono povero e solo. Allarga il m io cuore angosciato, liberami dagli affanni. Vedi la mia povertà e la mia fatica e perdona tutti i miei peccati. Guarda i miei nemici: sono molti, e mi detestano con odio violento. Proteggimi por tami in salvo; che io non resti deluso, perché in te mi sono rifugiato. Mi proteggano integrità e r ettitudine, perché in te ho sperato. O Dio libera Israele da tutte le sue angosce. Di Davide. Fam mi giustizia Signore: nell’integrità ho camminato, confido nel Signore non potrò vacillare. Scruta mi Signore e mettimi alla prova, raffinami al fuoco il cuore e la mente. La tua bontà è davanti ai miei occhi, nella tua verità ho camminato. Non siedo con gli uomini falsi e non vado con gli ipoc riti; odio la banda dei malfattori e non siedo con i malvagi. Lavo nell’innocenza le mie mani e gir o attorno al tuo altare o Signore, per far risuonare voci di lode e narrare tutte le tue meraviglie.
Signore amo la casa dove tu dimori e il luogo dove abita la tua gloria. Non associare me ai pecca tori né la mia vita agli uomini di sangue, perché vi è delitto nelle loro mani, di corruzione è pien a la loro destra. Ma io cammino nella mia integrità riscattami e abbi pietà di me. Il mio piede sta su terra piana; nelle assemblee benedirò il Signore. Di Davide. Il Signore è mia luce e mia salvez za: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Quando mi assalgono i malvagi per divorarmi la carne, sono essi avversari e nemici, a inciampare e cadere. Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme; se contro di me si scatena una guerra, anc he allora ho fiducia. Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del S
ignore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo sant uario. Nella sua dimora mi offre riparo nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua tenda, sopra una roccia mi innalza. E ora rialzo la testa sui nemici che mi circondano. Immol erò nella sua tenda sacrifici di vittoria, inni di gioia canterò al Signore. Ascolta Signore la mia voc e. Io grido: abbi pietà di me rispondimi! Il mio cuore ripete il tuo invito: «Cercate il mio volto!». I l tuo volto Signore io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Se i tu il mio aiuto non lasciarmi, non abbandonarmi Dio della mia salvezza. Mio padre e mia madr e mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto. Mostrami Signore la tua via, guidami sul retto cammino, perché mi tendono insidie. Non gettarmi in preda ai miei avversari. Contro di m e si sono alzàti falsi testimoni che soffiano violenza. Sono certo di contemplare la bontà del Sign ore nella terra dei viventi. Spera nel Signore sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.
Di Davide. A te grido Signore mia roccia, con me non tacere: se tu non mi parli, sono come chi sc ende nella fossa. Ascolta la voce della mia supplica, quando a te grido aiuto, quando alzo le mie mani verso il tuo santo tempio. Non trascinarmi via con malvagi e malfattori, che parlano di pac e al loro prossimo, ma hanno la malizia nel cuore. Ripagali secondo il loro agire, secondo la malv
agità delle loro azioni; secondo le opere delle loro mani, rendi loro quanto meritano. Non hann o compreso l’agire del Signore e l’opera delle sue mani: egli li demolirà senza più riedificarli. Sia benedetto il Signore, che ha dato ascolto alla voce della mia supplica. Il Signore è mia forza e mi o scudo, in lui ha confidato il mio cuore. Mi ha dato aiuto: esulta il mio cuore, con il mio canto v oglio rendergli grazie. Forza è il Signore per il suo popolo, rifugio di salvezza per il suo consacrat o. Salva il tuo popolo e benedici la tua eredità, sii loro pastore e sostegno per sempre. Salmo. Di Davide. Date al Signore figli di Dio, date al Signore gloria e potenza. Date al Signore la gloria del suo nome, prostratevi al Signore nel suo atrio santo. La voce del Signore è sopra le acque, tuona il Dio della gloria, il Signore sulle grandi acque. La voce del Signore è forza, la voce del Signore è potenza. La voce del Signore schianta i cedri, schianta il Signore i cedri del Libano. Fa balzare co me un vitello il Libano, e il monte Sirion come un giovane bufalo. La voce del Signore saetta fia mme di fuoco, la voce del Signore scuote il deserto, scuote il Signore il deserto di Kades. La voce del Signore provoca le doglie alle cerve e affretta il parto delle capre. Nel suo tempio tutti dico no: «Gloria!». Il Signore è seduto sull’oceano del cielo, il Signore siede re per sempre. Il Signore darà potenza al suo popolo, il Signore benedirà il suo popolo con la pace. Salmo. Canto per la de dicazione del tempio. Di Davide. Ti esalterò Signore perché mi hai risollevato, non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me. Signore mio Dio, a te ho gridato e mi hai guarito. Signore hai fa tto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. Cantate inni al Signore o suoi fedeli, della sua santità celebrate il ricordo, perché la sua collera dura un is tante, la sua bontà per tutta la vita. Alla sera ospite è il pianto e al mattino la gioia. Ho detto nel la mia sicurezza: «Mai potrò vacillare!». Nella tua bontà o Signore, mi avevi posto sul mio mont e sicuro; il tuo volto hai nascosto e lo spavento mi ha preso. A te grido Signore, al Signore chied o pietà: «Quale guadagno dalla mia morte, dalla mia discesa nella fossa? Potrà ringraziarti la pol vere e proclamare la tua fedeltà? Ascolta Signore abbi pietà di me, Signore vieni in mio aiuto!».
Hai mutato il mio lamento in danza, mi hai tolto l’abito di sacco, mi hai rivestito di gioia, perché ti canti il mio cuore senza tacere; Signore mio Dio ti renderò grazie per sempre. Al maestro del c oro. Salmo. Di Davide. In te Signore mi sono rifugiato, mai sarò deluso; difendimi per la tua giust izia. Tendi a me il tuo orecchio, vieni presto a liberarmi. Sii per me una roccia di rifugio, un luog o fortificato che mi salva. Perché mia rupe e mia fortezza tu sei, per il tuo nome guidami e cond ucimi. Scioglimi dal laccio che mi hanno teso, perché sei tu la mia difesa. Alle tue mani affido il mio spirito; tu mi hai riscattato Signore Dio fedele. Tu hai in odio chi serve idoli falsi, io invece c onfido nel Signore. Esulterò e gioirò per la tua grazia, perché hai guardato alla mia miseria, hai c onosciuto le angosce della mia vita; non mi hai consegnato nelle mani del nemico, hai posto i mi ei piedi in un luogo spazioso. Abbi pietà di me Signore sono nell’affanno; per il pianto si consum ano i miei occhi, la mia gola e le mie viscere. Si logora nel dolore la mia vita, i miei anni passano nel gemito; inaridisce per la pena il mio vigore e si consumano le mie ossa. Sono il rifiuto dei mi ei nemici e persino dei miei vicini, il terrore dei miei conoscenti; chi mi vede per strada mi sfugg e. Sono come un morto lontano dal cuore; sono come un coccio da gettare. Ascolto la calunnia
di molti: «Terrore all’intorno!», quando insieme contro di me congiurano, tramano per toglierm i la vita. Ma io confido in te Signore; dico: «Tu sei il mio Dio, i miei giorni sono nelle tue mani». L
iberami dalla mano dei miei nemici e dai miei persecutori: sul tuo servo fa’ splendere il tuo volt o, salvami per la tua misericordia. Signore che io non debba vergognarmi per averti invocato; si vergognino i malvagi, siano ridotti al silenzio negli inferi. Tacciano le labbra bugiarde, che dicon o insolenze contro il giusto con orgoglio e disprezzo. Quanto è grande la tua bontà Signore! La ri servi per coloro che ti temono, la dispensi davanti ai figli dell’uomo, a chi in te si rifugia. Tu li na scondi al riparo del tuo volto, lontano dagli intrighi degli uomini; li metti al sicuro nella tua tend a, lontano dai litigi delle lingue. Benedetto il Signore, che per me ha fatto meraviglie di grazia in una città fortificata. Io dicevo nel mio sgomento: «Sono escluso dalla tua presenza». Tu invece h ai ascoltato la voce della mia preghiera quando a te gridavo aiuto. Amate il Signore voi tutti suoi fedeli; il Signore protegge chi ha fiducia in lui e ripaga in abbondanza chi opera con superbia. Si ate forti rendete saldo il vostro cuore, voi tutti che sperate nel Signore. Di Davide. Maskil. Beato l’uomo a cui è tolta la colpa e coperto il peccato. Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto e nel cui spirito non è inganno. Tacevo e si logoravano le mie ossa, mentre ruggivo tutto il giorno.
Giorno e notte pesava su di me la tua mano, come nell’arsura estiva si inaridiva il mio vigore. Ti ho fatto conoscere il mio peccato, non ho coperto la mia colpa. Ho detto: «Confesserò al Signor e le mie iniquità» e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato. Per questo ti prega ogni fedele nel tempo dell’angoscia; quando irromperanno grandi acque non potranno raggiungerlo. Tu sei il m io rifugio mi liberi dall’angoscia, mi circondi di canti di liberazione: «Ti istruirò e ti insegnerò la vi a da seguire; con gli occhi su di te ti darò consiglio. Non siate privi d’intelligenza come il cavallo e come il mulo: la loro foga si piega con il morso e le briglie, se no a te non si avvicinano». Molti saranno i dolori del malvagio, ma l’amore circonda chi confida nel Signore. Rallegratevi nel Sign ore ed esultate o giusti! Voi tutti retti di cuore gridate di gioia! Esultate o giusti nel Signore; per gli uomini retti è bella la lode. Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantat e. Cantate al Signore un canto nuovo, con arte suonate la cetra e acclamate, perché retta è la p arola del Signore e fedele ogni sua opera. Egli ama la giustizia e il diritto; dell’amore del Signore è piena la terra. Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro sc hiera. Come in un otre raccoglie le acque del mare, chiude in riserve gli abissi. Tema il Signore t utta la terra, tremino davanti a lui gli abitanti del mondo, perché egli parlò e tutto fu creato, co mandò e tutto fu compiuto. Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei po poli. Ma il disegno del Signore sussiste per sempre, i progetti del suo cuore per tutte le generazi oni. Beata la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità. Il Signore guarda dal cielo: egli vede tutti gli uomini; dal trono dove siede scruta tutti gli abitanti della terra, lui che di ognuno ha plasmato il cuore e ne comprende tutte le opere. Il re non si sal va per un grande esercito né un prode scampa per il suo grande vigore. Un’illusione è il cavallo per la vittoria, e neppure un grande esercito può dare salvezza. Ecco l’occhio del Signore è su ch i lo teme, su chi spera nel suo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. L’ani
ma nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. è in lui che gioisce il nostro cuo re, nel suo santo nome noi confidiamo. Su di noi sia il tuo amore Signore, come da te noi speria mo. Di Davide. Quando si finse pazzo in presenza di Abimèlec tanto che questi lo scacciò ed egli se ne andò. Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio n el Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il s uo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. Guardate a lu i e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo asco lta, lo salva da tutte le sue angosce. L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temo no e li libera. Gustate e vedete com’è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia. Temet e il Signore suoi santi: nulla manca a coloro che lo temono. I leoni sono miseri e affamati, ma a c hi cerca il Signore non manca alcun bene. Venite figli ascoltatemi: vi insegnerò il timore del Sign ore. Chi è l’uomo che desidera la vita e ama i giorni in cui vedere il bene? Custodisci la lingua dal male, le labbra da parole di menzogna. Sta’ lontano dal male e fa’ il bene, cerca e persegui la pa ce. Gli occhi del Signore sui giusti, i suoi orecchi al loro grido di aiuto. Il volto del Signore contro i malfattori, per eliminarne dalla terra il ricordo. Gridano e il Signore li ascolta, li libera da tutte l e loro angosce. Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti. Molti so no i mali del giusto, ma da tutti lo libera il Signore. Custodisce tutte le sue ossa: neppure uno sa rà spezzato. Il male fa morire il malvagio e chi odia il giusto sarà condannato. Il Signore riscatta l a vita dei suoi servi; non sarà condannato chi in lui si rifugia. Di Davide. Signore accusa chi mi ac cusa, combatti chi mi combatte. Afferra scudo e corazza e sorgi in mio aiuto. Impugna lancia e s cure contro chi mi insegue; dimmi: «Sono io la tua salvezza». Siano svergognati e confusi quanti attentano alla mia vita; retrocedano e siano umiliati quanti tramano la mia sventura. Siano com e pula al vento e l’angelo del Signore li disperda; la loro strada sia buia e scivolosa quando l’ang elo del Signore li insegue. Poiché senza motivo mi hanno teso una rete, senza motivo mi hanno scavato una fossa. Li colga una rovina improvvisa, li catturi la rete che hanno teso e nella rovina siano travolti. Ma l’anima mia esulterà nel Signore e gioirà per la sua salvezza. Tutte le mie ossa dicano: «Chi è come te Signore, che liberi il povero dal più forte, il povero e il misero da chi li ra pina?». Sorgevano testimoni violenti, mi interrogavano su ciò che ignoravo, mi rendevano male per bene: una desolazione per l’anima mia. Ma io quand’erano malati vestivo di sacco, mi afflig gevo col digiuno, la mia preghiera riecheggiava nel mio petto. Accorrevo come per un amico co me per un mio fratello, mi prostravo nel dolore come in lutto per la madre. Ma essi godono dell a mia caduta si radunano, si radunano contro di me per colpirmi di sorpresa. Mi dilaniano di con tinuo, mi mettono alla prova mi coprono di scherni; contro di me digrignano i loro denti. Fino a quando Signore starai a guardare? Libera la mia vita dalla loro violenza, dalle zanne dei leoni l’u nico mio bene. Ti renderò grazie nella grande assemblea, ti loderò in mezzo a un popolo numer oso. Non esultino su di me i nemici bugiardi, non strizzino l’occhio quelli che senza motivo mi od iano. Poiché essi non parlano di pace; contro gente pacifica tramano inganni. Spalancano contro di me la loro bocca; dicono: «Bene! I nostri occhi hanno visto!». Signore tu hai visto non tacere;
Signore da me non stare lontano. Déstati svégliati per il mio giudizio, per la mia causa mio Dio e Signore! Giudicami secondo la tua giustizia Signore mio Dio, perché di me non debbano gioire.
Non pensino in cuor loro: «è ciò che volevamo!». Non dicano: «Lo abbiamo divorato!». Sia sver gognato e confuso chi gode della mia rovina, sia coperto di vergogna e disonore chi mi insulta. E
sulti e gioisca chi ama il mio diritto, dica sempre: «Grande è il Signore, che vuole la pace del suo servo». La mia lingua mediterà la tua giustizia, canterà la tua lode per sempre. Al maestro del co ro. Di Davide servo del Signore. Oracolo del peccato nel cuore del malvagio: non c’è paura di Di o davanti ai suoi occhi; perché egli s’illude con se stesso davanti ai suoi occhi, nel non trovare la sua colpa e odiarla. Le sue parole sono cattiveria e inganno, rifiuta di capire di compiere il bene.
Trama cattiveria nel suo letto, si ostina su vie non buone, non respinge il male. Signore il tuo a more è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi, la tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo giudizio come l’abisso profondo: uomini e bestie tu salvi Signore. Quanto è prezioso il tuo amor e o Dio! Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali, si saziano dell’abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie. è in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luc e. Riversa il tuo amore su chi ti riconosce, la tua giustizia sui retti di cuore. Non mi raggiunga il p iede dei superbi e non mi scacci la mano dei malvagi. Ecco sono caduti i malfattori: abbattuti no n possono rialzarsi. Di Davide. Non irritarti a causa dei malvagi, non invidiare i malfattori. Come l’erba presto appassiranno; come il verde del prato avvizziranno. Confida nel Signore e fa’ il ben e: abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza. Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore. Affida al Signore la tua via, confida in lui ed egli agirà: farà brillare come luce la tua g iustizia, il tuo diritto come il mezzogiorno. Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui; non ir ritarti per chi ha successo, per l’uomo che trama insidie. Desisti dall’ira e deponi lo sdegno, non irritarti: non ne verrebbe che male; perché i malvagi saranno eliminati, ma chi spera nel Signore avrà in eredità la terra. Ancora un poco e il malvagio scompare: cerchi il suo posto ma lui non c’
è più. I poveri invece avranno in eredità la terra e godranno di una grande pace. Il malvagio tra ma contro il giusto, contro di lui digrigna i denti. Ma il Signore ride di lui, perché vede arrivare il suo giorno. I malvagi sfoderano la spada e tendono l’arco per abbattere il povero e il misero, pe r uccidere chi cammina onestamente. Ma la loro spada penetrerà nel loro cuore e i loro archi sa ranno spezzati. è meglio il poco del giusto che la grande abbondanza dei malvagi; le braccia dei malvagi saranno spezzate, ma il Signore è il sostegno dei giusti. Il Signore conosce i giorni degli uomini integri: la loro eredità durerà per sempre. Non si vergogneranno nel tempo della sventu ra e nei giorni di carestia saranno saziati. I malvagi infatti periranno, i nemici del Signore svanira nno; come lo splendore dei prati, in fumo svaniranno. Il malvagio prende in prestito e non restit uisce, ma il giusto ha compassione e dà in dono. Quelli che sono benedetti dal Signore avranno i n eredità la terra, ma quelli che sono da lui maledetti saranno eliminati. Il Signore rende sicuri i passi dell’uomo e si compiace della sua via. Se egli cade non rimane a terra, perché il Signore so stiene la sua mano. Sono stato fanciullo e ora sono vecchio: non ho mai visto il giusto abbandon ato né i suoi figli mendicare il pane; ogni giorno egli ha compassione e dà in prestito, e la sua sti
rpe sarà benedetta. Sta’ lontano dal male e fa’ il bene e avrai sempre una casa. Perché il Signore ama il diritto e non abbandona i suoi fedeli. Gli ingiusti saranno distrutti per sempre e la stirpe dei malvagi sarà eliminata. I giusti avranno in eredità la terra e vi abiteranno per sempre. La boc ca del giusto medita la sapienza e la sua lingua esprime il diritto; la legge del suo Dio è nel suo c uore: i suoi passi non vacilleranno. Il malvagio spia il giusto e cerca di farlo morire. Ma il Signore non lo abbandona alla sua mano, nel giudizio non lo lascia condannare. Spera nel Signore e cus todisci la sua via: egli t’innalzerà perché tu erediti la terra; tu vedrai eliminati i malvagi. Ho visto un malvagio trionfante, gagliardo come cedro verdeggiante; sono ripassato ed ecco non c’era pi ù, l’ho cercato e non si è più trovato. Osserva l’integro guarda l’uomo retto: perché avrà una dis cendenza l’uomo di pace. Ma i peccatori tutti insieme saranno eliminati, la discendenza dei mal vagi sarà sterminata. La salvezza dei giusti viene dal Signore: nel tempo dell’angoscia è loro fort ezza. Il Signore li aiuta e li libera, li libera dai malvagi e li salva, perché in lui si sono rifugiati. Sal mo. Di Davide. Per fare memoria. Signore non punirmi nella tua collera, non castigarmi nel tuo f urore. Le tue frecce mi hanno trafitto, la tua mano mi schiaccia. Per il tuo sdegno nella mia carn e non c’è nulla di sano, nulla è intatto nelle mie ossa per il mio peccato. Le mie colpe hanno sup erato il mio capo, sono un carico per me troppo pesante. Fetide e purulente sono le mie piaghe a causa della mia stoltezza. Sono tutto curvo e accasciato, triste mi aggiro tutto il giorno. Sono t utti infiammati i miei fianchi, nella mia carne non c’è più nulla di sano. Sfinito e avvilito all’estre mo, ruggisco per il fremito del mio cuore. Signore è davanti a te ogni mio desiderio e il mio gemi to non ti è nascosto. Palpita il mio cuore le forze mi abbandonano, non mi resta neppure la luce degli occhi. I miei amici e i miei compagni si scostano dalle mie piaghe, i miei vicini stanno a dist anza. Tendono agguati quelli che attentano alla mia vita, quelli che cercano la mia rovina trama no insidie e tutto il giorno studiano inganni. Io come un sordo non ascolto e come un muto non apro la bocca; sono come un uomo che non sente e non vuole rispondere. Perché io attendo te Signore; tu risponderai Signore mio Dio. Avevo detto: «Non ridano di me! Quando il mio piede v acilla, non si facciano grandi su di me!». Ecco io sto per cadere e ho sempre dinanzi la mia pena.
Ecco io confesso la mia colpa, sono in ansia per il mio peccato. I miei nemici sono vivi e forti, tr oppi mi odiano senza motivo: mi rendono male per bene, mi accusano perché cerco il bene. No n abbandonarmi Signore, Dio mio da me non stare lontano; vieni presto in mio aiuto, Signore mi a salvezza. Al maestro del coro. A Iedutù n. Salmo. Di Davide. Ho detto: «Vigilerò sulla mia cond otta per non peccare con la mia lingua; metterò il morso alla mia bocca finché ho davanti il mal vagio». Ammutolito in silenzio, tacevo ma a nulla serviva, e più acuta si faceva la mia sofferenza
. Mi ardeva il cuore nel petto; al ripensarci è divampato il fuoco. Allora ho lasciato parlare la mia lingua: «Fammi conoscere Signore la mia fine, quale sia la misura dei miei giorni, e saprò quant o fragile io sono». Ecco di pochi palmi hai fatto i miei giorni, è un nulla per te la durata della mia vita. Sì è solo un soffio ogni uomo che vive. Sì è come un’ombra l’uomo che passa. Sì come un s offio si affanna, accumula e non sa chi raccolga. Ora che potrei attendere Signore? è in te la mia speranza. Liberami da tutte le mie iniquità, non fare di me lo scherno dello stolto. Ammutolito
non apro bocca, perché sei tu che agisci. Allontana da me i tuoi colpi: sono distrutto sotto il pes o della tua mano. Castigando le sue colpe tu correggi l’uomo, corrodi come un tarlo i suoi tesori
. Sì ogni uomo non è che un soffio. Ascolta la mia preghiera Signore, porgi l’orecchio al mio grid o, non essere sordo alle mie lacrime, perché presso di te io sono forestiero, ospite come tutti i miei padri. Distogli da me il tuo sguardo: che io possa respirare, prima che me ne vada e di me n on resti più nulla. Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. Ho sperato ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha tratto da un pozzo di acque tumult uose, dal fango della palude; ha stabilito i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi. Mi h a messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio. Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore. Beato l’uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore e non si volge ve rso chi segue gli idoli né verso chi segue la menzogna. Quante meraviglie hai fatto, tu Signore m io Dio, quanti progetti in nostro favore: nessuno a te si può paragonare! Se li voglio annunciare e proclamare, sono troppi per essere contati. Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco io vengo. N
el rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio questo io desidero; la tua legg e è nel mio intimo». Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiu se le labbra Signore tu lo sai. Non ho nascosto la tua giustizia dentro il mio cuore, la tua verità e la tua salvezza ho proclamato. Non ho celato il tuo amore e la tua fedeltà alla grande assemblea
. Non rifiutarmi Signore la tua misericordia; il tuo amore e la tua fedeltà mi proteggano sempre, perché mi circondano mali senza numero, le mie colpe mi opprimono e non riesco più a vedere: sono più dei capelli del mio capo, il mio cuore viene meno. Dégnati Signore di liberarmi; Signor e vieni presto in mio aiuto. Siano svergognati e confusi quanti cercano di togliermi la vita. Retro cedano coperti d’infamia, quanti godono della mia rovina. Se ne tornino indietro pieni di vergog na quelli che mi dicono: «Ti sta bene!». Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano; dicano se mpre: «Il Signore è grande!» quelli che amano la tua salvezza. Ma io sono povero e bisognoso: d i me ha cura il Signore. Tu sei mio aiuto e mio liberatore: mio Dio non tardare. Al maestro del co ro. Salmo. Di Davide. Beato l’uomo che ha cura del debole: nel giorno della sventura il Signore l o libera. Il Signore veglierà su di lui, lo farà vivere beato sulla terra, non lo abbandonerà in pred a ai nemici. Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore; tu lo assisti quando giace ammalato. Io ho detto: «Pietà di me Signore, guariscimi: contro di te ho peccato». I miei nemici mi augurano il m ale: «Quando morirà e perirà il suo nome?». Chi viene a visitarmi dice il falso, il suo cuore cova c attiveria e uscito fuori sparla. Tutti insieme quelli che mi odiano contro di me tramano malefìci, hanno per me pensieri maligni: «Lo ha colpito una malattia infernale; dal letto dove è steso non potrà più rialzarsi». Anche l’amico in cui confidavo, che con me divideva il pane, contro di me al za il suo piede. Ma tu Signore abbi pietà rialzami, che io li possa ripagare. Da questo saprò che t u mi vuoi bene: se non trionfa su di me il mio nemico. Per la mia integrità tu mi sostieni e mi fai stare alla tua presenza per sempre. Sia benedetto il Signore Dio d’Israele, da sempre e per semp re. Amen amen. Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core. Come la cerva anela ai corsi d’acq
ua, così l’anima mia anela a te o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «D
ov’è il tuo Dio?». Questo io ricordo e l’anima mia si strugge: avanzavo tra la folla, la precedevo f ino alla casa di Dio, fra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa. Perché ti rattristi anim a mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui salvezza del mio volto e mio Dio. In me si rattrista l’anima mia; perciò di te mi ricordo dalla terra del Giordano e dell’Ermon, dal monte Misar. Un abisso chiama l’abisso al fragore delle tue cascate; tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati. Di giorno il Signore mi dona il suo amore e di notte il suo canto è con me, preghiera al Dio della mia vita. Dirò a Dio: «Mia roccia! Perché mi hai dimenticato? Per ché triste me ne vado, oppresso dal nemico?». Mi insultano i miei avversari quando rompono le mie ossa, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?». Perché ti rattristi anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui salvezza del mio volto e mio Dio. Fammi giust izia o Dio, difendi la mia causa contro gente spietata; liberami dall’uomo perfido e perverso. Tu sei il Dio della mia difesa: perché mi respingi? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?
Manda la tua luce e la tua verità: siano esse a guidarmi, mi conducano alla tua santa montagna, alla tua dimora. Verrò all’altare di Dio, a Dio mia gioiosa esultanza. A te canterò sulla cetra, Dio Dio mio. Perché ti rattristi anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, l ui salvezza del mio volto e mio Dio. Al maestro del coro. Dei figli di Core. Maskil. Dio con i nostri orecchi abbiamo udito, i nostri padri ci hanno raccontato l’opera che hai compiuto ai loro giorni
, nei tempi antichi. Tu per piantarli con la tua mano hai sradicato le genti, per farli prosperare h ai distrutto i popoli. Non con la spada infatti conquistarono la terra, né fu il loro braccio a salvarl i; ma la tua destra e il tuo braccio e la luce del tuo volto, perché tu li amavi. Sei tu il mio re Dio mio, che decidi vittorie per Giacobbe. Per te abbiamo respinto i nostri avversari, nel tuo nome a bbiamo annientato i nostri aggressori. Nel mio arco infatti non ho confidato, la mia spada non mi ha salvato, ma tu ci hai salvati dai nostri avversari, hai confuso i nostri nemici. In Dio ci gloria mo ogni giorno e lodiamo per sempre il tuo nome. Ma ora ci hai respinti e coperti di vergogna, e più non esci con le nostre schiere. Ci hai fatto fuggire di fronte agli avversari e quelli che ci odi ano ci hanno depredato. Ci hai consegnati come pecore da macello, ci hai dispersi in mezzo alle genti. Hai svenduto il tuo popolo per una miseria, sul loro prezzo non hai guadagnato. Hai fatto di noi il disprezzo dei nostri vicini, lo scherno e la derisione di chi ci sta intorno. Ci hai resi la favo la delle genti, su di noi i popoli scuotono il capo. Il mio disonore mi sta sempre davanti e la verg ogna copre il mio volto, per la voce di chi insulta e bestemmia davanti al nemico e al vendicator e. Tutto questo ci è accaduto e non ti avevamo dimenticato, non avevamo rinnegato la tua allea nza. Non si era vòlto indietro il nostro cuore, i nostri passi non avevano abbandonato il tuo senti ero; ma tu ci hai stritolati in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti nell’ombra di morte. Se avessim o dimenticato il nome del nostro Dio e teso le mani verso un dio straniero, forse che Dio non lo avrebbe scoperto, lui che conosce i segreti del cuore? Per te ogni giorno siamo messi a morte, s timati come pecore da macello. Svégliati! Perché dormi Signore? Déstati non respingerci per se
mpre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? La nostra gola è immersa nella polvere, il nostro ventre è incollato al suolo. àlzati vieni in nostro aiuto! Salvaci p er la tua misericordia! Al maestro del coro. Su «I gigli». Dei figli di Core. Maskil. Canto d’amore.
Liete parole mi sgorgano dal cuore: io proclamo al re il mio poema, la mia lingua è come stilo di scriba veloce. Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, perciò Di o ti ha benedetto per sempre. O prode cingiti al fianco la spada, tua gloria e tuo vanto, e avanza trionfante. Cavalca per la causa della verità, della mitezza e della giustizia. La tua destra ti most ri prodigi. Le tue frecce sono acute – sotto di te cadono i popoli –
, colpiscono al cuore i nemici del re. Il tuo trono o Dio dura per sempre; scettro di rettitudine è il tuo scettro regale. Ami la giustizia e la malvagità detesti: Dio il tuo Dio ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza dei tuoi compagni. Di mirra àloe e cassia profumano tutte le tue vesti; da palazzi d’avorio ti rallegri il suono di strumenti a corda. Figlie di re fra le tue predilette; alla tua destra sta la regina in ori di Ofir. Ascolta figlia guarda porgi l’orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre; il re è invaghito della tua bellezza. è lui il tuo signore: rendigli omaggio. Gli abitanti di Tiro portano doni, i più ricchi del popolo cercano il tuo favore. Entra la figlia del re: è tutta splendore, tessuto d’oro è il suo vestito. è condotta al re in broccati preziosi; dietro a lei le vergini sue compagne, a te sono presentate; condotte in gioia ed esultanza, sono presentate ne l palazzo del re. Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli; li farai prìncipi di tutta la terra. Il tuo nom e voglio far ricordare per tutte le generazioni; così i popoli ti loderanno in eterno per sempre. Al maestro del coro. Dei figli di Core. Per voci di soprano. Canto. Dio è per noi rifugio e fortezza, ai uto infallibile si è mostrato nelle angosce. Perciò non temiamo se trema la terra, se vacillano i m onti nel fondo del mare. Fremano si gonfino le sue acque, si scuotano i monti per i suoi flutti. U
n fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio, la più santa delle dimore dell’Altissimo. Dio è in mezzo ad essa: non potrà vacillare. Dio la soccorre allo spuntare dell’alba. Fremettero le genti v acillarono i regni; egli tuonò: si sgretolò la terra. Il Signore degli eserciti è con noi, nostro baluar do è il Dio di Giacobbe. Venite vedete le opere del Signore, egli ha fatto cose tremende sulla ter ra. Farà cessare le guerre sino ai confini della terra, romperà gli archi e spezzerà le lance, brucer à nel fuoco gli scudi. Fermatevi! Sappiate che io sono Dio, eccelso tra le genti eccelso sulla terra.
Il Signore degli eserciti è con noi, nostro baluardo è il Dio di Giacobbe. Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo. Popoli tutti battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia, perché terribil e è il Signore l’Altissimo, grande re su tutta la terra. Egli ci ha sottomesso i popoli, sotto i nostri piedi ha posto le nazioni. Ha scelto per noi la nostra eredità, orgoglio di Giacobbe che egli ama.
Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio cantate inni, c antate inni al nostro re cantate inni; perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio r egna sulle genti, Dio siede sul suo trono santo. I capi dei popoli si sono raccolti come popolo del Dio di Abramo. Sì a Dio appartengono i poteri della terra: egli è eccelso. Cantico. Salmo. Dei figli di Core. Grande è il Signore e degno di ogni lode nella città del nostro Dio. La tua santa montagn a altura stupenda, è la gioia di tutta la terra. Il monte Sion vera dimora divina, è la capitale del g
rande re. Dio nei suoi palazzi un baluardo si è dimostrato. Ecco i re si erano alleati, avanzavano i nsieme. Essi hanno visto: atterriti presi dal panico sono fuggiti. Là uno sgomento li ha colti, dogli e come di partoriente, simile al vento orientale, che squarcia le navi di Tarsis. Come avevamo u dito così abbiamo visto nella città del Signore degli eserciti, nella città del nostro Dio; Dio l’ha fo ndata per sempre. O Dio meditiamo il tuo amore dentro il tuo tempio. Come il tuo nome o Dio, così la tua lode si estende sino all’estremità della terra; di giustizia è piena la tua destra. Gioisca il monte Sion, esultino i villaggi di Giuda a causa dei tuoi giudizi. Circondate Sion giratele intorno
, contate le sue torri, osservate le sue mura, passate in rassegna le sue fortezze, per narrare alla generazione futura: questo è Dio, il nostro Dio in eterno e per sempre; egli è colui che ci guida i n ogni tempo. Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo. Ascoltate questo popoli tutti, porget e l’orecchio voi tutti abitanti del mondo, voi gente del popolo e nobili, ricchi e poveri insieme. L
a mia bocca dice cose sapienti, il mio cuore medita con discernimento. Porgerò l’orecchio a un proverbio, esporrò sulla cetra il mio enigma. Perché dovrò temere nei giorni del male, quando mi circonda la malizia di quelli che mi fanno inciampare? Essi confidano nella loro forza, si vanta no della loro grande ricchezza. Certo l’uomo non può riscattare se stesso né pagare a Dio il prop rio prezzo. Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita: non sarà mai sufficiente per vivere senza f ine e non vedere la fossa. Vedrai infatti morire i sapienti; periranno insieme lo stolto e l’insensat o e lasceranno ad altri le loro ricchezze. Il sepolcro sarà loro eterna dimora, loro tenda di genera zione in generazione: eppure a terre hanno dato il proprio nome. Ma nella prosperità l’uomo no n dura: è simile alle bestie che muoiono. Questa è la via di chi confida in se stesso, la fine di chi si compiace dei propri discorsi. Come pecore sono destinati agli inferi, sarà loro pastore la mort e; scenderanno a precipizio nel sepolcro, svanirà di loro ogni traccia, gli inferi saranno la loro di mora. Certo Dio riscatterà la mia vita, mi strapperà dalla mano degli inferi. Non temere se un uo mo arricchisce, se aumenta la gloria della sua casa. Quando muore infatti con sé non porta nulla né scende con lui la sua gloria. Anche se da vivo benediceva se stesso: «Si congratuleranno per ché ti è andata bene», andrà con la generazione dei suoi padri, che non vedranno mai più la luc e. Nella prosperità l’uomo non comprende, è simile alle bestie che muoiono. Salmo. Di Asaf. Par la il Signore Dio degli dèi, convoca la terra da oriente a occidente. Da Sion bellezza perfetta, Dio risplende. Viene il nostro Dio e non sta in silenzio; davanti a lui un fuoco divorante, intorno a lui si scatena la tempesta. Convoca il cielo dall’alto e la terra per giudicare il suo popolo: «Davanti a me riunite i miei fedeli, che hanno stabilito con me l’alleanza offrendo un sacrificio». I cieli ann unciano la sua giustizia: è Dio che giudica. «Ascolta popolo mio voglio parlare, testimonierò con tro di te Israele! Io sono Dio il tuo Dio! Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici, i tuoi olocausti mi st anno sempre davanti. Non prenderò vitelli dalla tua casa né capri dai tuoi ovili. Sono mie tutte l e bestie della foresta, animali a migliaia sui monti. Conosco tutti gli uccelli del cielo, è mio ciò ch e si muove nella campagna. Se avessi fame non te lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. M
angerò forse la carne dei tori? Berrò forse il sangue dei capri? Offri a Dio come sacrificio la lode e sciogli all’Altissimo i tuoi voti; invocami nel giorno dell’angoscia: ti libererò e tu mi darai gloria
». Al malvagio Dio dice: «Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanz a, tu che hai in odio la disciplina e le mie parole ti getti alle spalle? Se vedi un ladro corri con lui e degli adù lteri ti fai compagno. Abbandoni la tua bocca al male e la tua lingua trama inganni. T
i siedi parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre. Hai fatto questo e io do vrei tacere? Forse credevi che io fossi come te! Ti rimprovero: pongo davanti a te la mia accusa.
Capite questo voi che dimenticate Dio, perché non vi afferri per sbranarvi e nessuno vi salvi. Chi offre la lode in sacrificio questi mi onora; a chi cammina per la retta via mostrerò la salvezza di Dio». Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Quando il profeta Natan andò da lui che era andat o con Betsabea. Pietà di me o Dio nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia i niquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì le mie iniquità io le ricon osco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio. Ecco nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Aspergimi con rami d’issòpo e sarò pur o; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me o Dio un cu ore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Inseg nerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue o Dio Dio mia salvez za: la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tu a lode. Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacri ficio a Dio; un cuore contrito e affranto tu o Dio non disprezzi. Nella tua bontà fa’ grazia a Sion, r icostruisci le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici legittimi, l’olocausto e l’intera oblaz ione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare. Al maestro del coro. Maskil. Di Davide. Qua ndo l’idumeo Doeg andò da Saul per informarlo e dirgli: «Davide è entrato in casa di Achimèlec»
. Perché ti vanti del male o prepotente? Dio è fedele ogni giorno. Tu escogiti insidie; la tua lingu a è come lama affilata, o artefice d’inganni! Tu ami il male invece del bene, la menzogna invece della giustizia. Tu ami ogni parola che distrugge, o lingua d’inganno. Perciò Dio ti demolirà per s empre, ti spezzerà e ti strapperà dalla tenda e ti sradicherà dalla terra dei viventi. I giusti vedran no e avranno timore e di lui rideranno: «Ecco l’uomo che non ha posto Dio come sua fortezza, ma ha confidato nella sua grande ricchezza e si è fatto forte delle sue insidie». Ma io come olivo verdeggiante nella casa di Dio, confido nella fedeltà di Dio in eterno e per sempre. Voglio rende rti grazie in eterno per quanto hai operato; spero nel tuo nome perché è buono, davanti ai tuoi fedeli. Al maestro del coro. Su «Macalàt». Maskil. Di Davide. Lo stolto pensa: «Dio non c’è». Son o corrotti fanno cose abominevoli: non c’è chi agisca bene. Dio dal cielo si china sui figli dell’uo mo per vedere se c’è un uomo saggio, uno che cerchi Dio. Sono tutti traviati tutti corrotti; non c
’è chi agisca bene neppure uno. Non impareranno dunque tutti i malfattori che divorano il mio popolo come il pane e non invocano Dio? Ecco hanno tremato di spavento là dove non c’era da
tremare. Sì Dio ha disperso le ossa degli aggressori, sono confusi perché Dio li ha respinti. Chi m anderà da Sion la salvezza d’Israele? Quando Dio ristabilirà la sorte del suo popolo, esulterà Gia cobbe e gioirà Israele. Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil. Di Davide. Dopo che g li abitanti di Zif andarono da Saul a dirgli: «Ecco Davide se ne sta nascosto presso di noi». Dio pe r il tuo nome salvami, per la tua potenza rendimi giustizia. Dio ascolta la mia preghiera, porgi l’o recchio alle parole della mia bocca, poiché stranieri contro di me sono insorti e prepotenti insidi ano la mia vita; non pongono Dio davanti ai loro occhi. Ecco Dio è il mio aiuto, il Signore sostien e la mia vita. Ricada il male sui miei nemici, nella tua fedeltà annientali. Ti offrirò un sacrificio sp ontaneo, loderò il tuo nome Signore perché è buono; da ogni angoscia egli mi ha liberato e il mi o occhio ha guardato dall’alto i miei nemici. Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil.
Di Davide. Porgi l’orecchio Dio alla mia preghiera, non nasconderti di fronte alla mia supplica. D
ammi ascolto e rispondimi; mi agito ansioso e sono sconvolto dalle grida del nemico dall’oppres sione del malvagio. Mi rovesciano addosso cattiveria e con ira mi aggrediscono. Dentro di me si stringe il mio cuore, piombano su di me terrori di morte. Mi invadono timore e tremore e mi ric opre lo sgomento. Dico: «Chi mi darà ali come di colomba per volare e trovare riposo? Ecco erra ndo fuggirei lontano, abiterei nel deserto. In fretta raggiungerei un riparo dalla furia del vento d alla bufera». Disperdili Signore confondi le loro lingue. Ho visto nella città violenza e discordia: g iorno e notte fanno la ronda sulle sue mura; in mezzo ad essa cattiveria e dolore, in mezzo ad es sa insidia, e non cessano nelle sue piazze sopruso e inganno. Se mi avesse insultato un nemico, l
’avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma tu m io compagno, mio intimo amico, legato a me da dolce confidenza! Camminavamo concordi vers o la casa di Dio. Li sorprenda improvvisa la morte, scendano vivi negli inferi, perché il male è nel le loro case e nel loro cuore. Io invoco Dio e il Signore mi salva. Di sera al mattino a mezzogiorn o vivo nell’ansia e sospiro, ma egli ascolta la mia voce; in pace riscatta la mia vita da quelli che mi combattono: sono tanti i miei avversari. Dio ascolterà e li umilierà, egli che domina da sempr e; essi non cambiano e non temono Dio. Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici, violando i suoi patti. Più untuosa del burro è la sua bocca, ma nel cuore ha la guerra; più fluide dell’olio le sue parole, ma sono pugnali sguainati. Affida al Signore il tuo peso ed egli ti sosterrà, mai perm etterà che il giusto vacilli. Tu o Dio li sprofonderai nella fossa profonda, questi uomini sanguinar i e fraudolenti: essi non giungeranno alla metà dei loro giorni. Ma io Signore in te confido. Al ma estro del coro. Su «Colomba dei terebinti lontani». Di Davide. Miktam. Quando i Filistei lo tenev ano prigioniero a Gat. Pietà di me o Dio perché un uomo mi perseguita, un aggressore tutto il gi orno mi opprime. Tutto il giorno mi perseguitano i miei nemici, numerosi sono quelli che dall’alt o mi combattono. Nell’ora della paura io in te confido. In Dio di cui lodo la parola, in Dio confido non avrò timore: che cosa potrà farmi un essere di carne? Travisano tutto il giorno le mie parol e, ogni loro progetto su di me è per il male. Congiurano tendono insidie, spiano i miei passi per attentare alla mia vita. Ripagali per tanta cattiveria! Nella tua ira abbatti i popoli o Dio. I passi d el mio vagare tu li hai contati, nel tuo otre raccogli le mie lacrime: non sono forse scritte nel tuo
libro? Allora si ritireranno i miei nemici, nel giorno in cui ti avrò invocato; questo io so: che Dio è per me. In Dio di cui lodo la parola, nel Signore di cui lodo la parola, in Dio confido non avrò ti more: che cosa potrà farmi un uomo? Manterrò o Dio i voti che ti ho fatto: ti renderò azioni di g razie, perché hai liberato la mia vita dalla morte, i miei piedi dalla caduta, per camminare davan ti a Dio nella luce dei viventi. Al maestro del coro. Su «Non distruggere». Di Davide. Miktam. Qu ando fuggì da Saul nella caverna. Pietà di me pietà di me o Dio, in te si rifugia l’anima mia; all’o mbra delle tue ali mi rifugio finché l’insidia sia passata. Invocherò Dio l’Altissimo, Dio che fa tutt o per me. Mandi dal cielo a salvarmi, confonda chi vuole inghiottirmi; Dio mandi il suo amore e l a sua fedeltà. In mezzo a leoni devo coricarmi, infiammàti di rabbia contro gli uomini! I loro den ti sono lance e frecce, la loro lingua è spada affilata. Innàlzati sopra il cielo o Dio, su tutta la terr a la tua gloria. Hanno teso una rete ai miei piedi, hanno piegato il mio collo, hanno scavato dava nti a me una fossa, ma dentro vi sono caduti. Saldo è il mio cuore o Dio, saldo è il mio cuore. Vo glio cantare voglio inneggiare: svégliati mio cuore, svegliatevi arpa e cetra, voglio svegliare l’aur ora. Ti loderò fra i popoli Signore, a te canterò inni fra le nazioni: grande fino ai cieli è il tuo amo re e fino alle nubi la tua fedeltà. Innàlzati sopra il cielo o Dio, su tutta la terra la tua gloria. Al ma estro del coro. Su «Non distruggere». Di Davide. Miktam. Rendete veramente giustizia o potenti
, giudicate con equità gli uomini? No! Voi commettete iniquità con il cuore, sulla terra le vostre mani soppesano violenza. Sono traviati i malvagi fin dal seno materno, sono pervertiti dalla nasc ita i mentitori. Sono velenosi come un serpente, come una vipera sorda che si tura le orecchie, c he non segue la voce degli incantatori, del mago abile nei sortilegi. Spezzagli o Dio i denti nella b occa, rompi o Signore le zanne dei leoni. Si dissolvano come acqua che scorre, come erba calpes tata inaridiscano. Passino come bava di lumaca che si scioglie, come aborto di donna non vedan o il sole! Prima che producano spine come il rovo, siano bruciati vivi la collera li travolga. Il giust o godrà nel vedere la vendetta, laverà i piedi nel sangue dei malvagi. Gli uomini diranno: «C’è u n guadagno per il giusto, c’è un Dio che fa giustizia sulla terra!». Al maestro del coro. Su «Non di struggere». Di Davide. Miktam. Quando Saul mandò uomini a sorvegliare la casa e a ucciderlo. L
iberami dai nemici mio Dio, difendimi dai miei aggressori. Liberami da chi fa il male, salvami da chi sparge sangue. Ecco insidiano la mia vita, contro di me congiurano i potenti. Non c’è delitto i n me non c’è peccato Signore; senza mia colpa accorrono e si schierano. Svégliati vienimi incont ro e guarda. Tu Signore Dio degli eserciti Dio d’Israele, àlzati a punire tutte le genti; non avere pi età dei perfidi traditori. Ritornano a sera e ringhiano come cani, si aggirano per la città. Eccoli la bava alla bocca; le loro labbra sono spade. Dicono: «Chi ci ascolta?». Ma tu Signore ridi di loro, t i fai beffe di tutte le genti. Io veglio per te mia forza, perché Dio è la mia difesa. Il mio Dio mi pre ceda con il suo amore; Dio mi farà guardare dall’alto i miei nemici. Non ucciderli perché il mio p opolo non dimentichi; disperdili con la tua potenza e abbattili, Signore nostro scudo. Peccato de lla loro bocca è la parola delle loro labbra; essi cadono nel laccio del loro orgoglio, per le bestem mie e le menzogne che pronunciano. Annientali con furore, annientali e più non esistano, e sap piano che Dio governa in Giacobbe, sino ai confini della terra. Ritornano a sera e ringhiano com
e cani, si aggirano per la città ecco vagano in cerca di cibo, ringhiano se non possono saziarsi. M
a io canterò la tua forza, esalterò la tua fedeltà al mattino, perché sei stato mia difesa, mio rifug io nel giorno della mia angoscia. O mia forza a te voglio cantare, poiché tu sei o Dio la mia difesa
, Dio della mia fedeltà. Al maestro del coro. Su «Il giglio della testimonianza». Miktam. Di David e. Da insegnare. Quando uscì contro Aram Naharàim e contro Aram Soba e quando Ioab nel rito rno sconfisse gli Edomiti nella valle del Sale: dodicimila uomini. Dio tu ci hai respinti ci hai messi in rotta, ti sei sdegnato: ritorna a noi. Hai fatto tremare la terra l’hai squarciata: risana le sue cr epe perché essa vacilla. Hai messo a dura prova il tuo popolo, ci hai fatto bere vino che stordisc e. Hai dato un segnale a quelli che ti temono, perché fuggano lontano dagli archi. Perché siano l iberati i tuoi amici, salvaci con la tua destra e rispondici! Dio ha parlato nel suo santuario: «Esult o e divido Sichem, spartisco la valle di Succot. Mio è Gàlaad mio è Manasse, èfraim è l’elmo del mio capo, Giuda lo scettro del mio comando. Moab è il catino per lavarmi, su Edom getterò i mi ei sandali, il mio grido di vittoria sulla Filistea!». Chi mi condurrà alla città fortificata, chi potrà g uidarmi fino al paese di Edom, se non tu o Dio che ci hai respinti e più non esci o Dio con le nost re schiere? Nell’oppressione vieni in nostro aiuto, perché vana è la salvezza dell’uomo. Con Dio noi faremo prodezze, egli calpesterà i nostri nemici. Al maestro del coro. Per strumenti a corda.
Di Davide. Ascolta o Dio il mio grido, sii attento alla mia preghiera. Sull’orlo dell’abisso io t’invoc o, mentre sento che il cuore mi manca: guidami tu sulla rupe per me troppo alta. Per me sei div entato un rifugio, una torre fortificata davanti al nemico. Vorrei abitare nella tua tenda per sem pre, vorrei rifugiarmi all’ombra delle tue ali. Tu o Dio hai accolto i miei voti, mi hai dato l’eredità di chi teme il tuo nome. Ai giorni del re aggiungi altri giorni, per molte generazioni siano i suoi a nni! Regni per sempre sotto gli occhi di Dio; comanda che amore e fedeltà lo custodiscano. Così canterò inni al tuo nome per sempre, adempiendo i miei voti giorno per giorno. Al maestro del coro. Su «Iedutù n». Salmo. Di Davide. Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia salvezza. Lui s olo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare. Fino a quando vi scaglierete cont ro un uomo, per abbatterlo tutti insieme come un muro cadente, come un recinto che crolla? Tr amano solo di precipitarlo dall’alto, godono della menzogna. Con la bocca benedicono, nel loro intimo maledicono. Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia speranza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: non potrò vacillare. In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; il mio riparo sicuro il mio rifugio è in Dio. Confida in lui o popolo in ogni tempo; davanti a lui aprite il vostro cuore: nostro rifugio è Dio. Sì sono un soffio i figli di Adamo, una menzogna tutti gli uomini: tutti insieme posti sulla bilancia, sono più lievi di un soffio. Non confidate nella violenza, non illudete vi della rapina; alla ricchezza anche se abbonda, non attaccate il cuore. Una parola ha detto Dio, due ne ho udite: la forza appartiene a Dio, tua è la fedeltà Signore; secondo le sue opere tu ripa ghi ogni uomo. Salmo. Di Davide quando era nel deserto di Giuda. O Dio tu sei il mio Dio, dall’au rora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida assetata senz’ac qua. Così nel santuario ti ho contemplato, guardando la tua potenza e la tua gloria. Poiché il tuo amore vale più della vita, le mie labbra canteranno la tua lode. Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani. Come saziato dai cibi migliori, con labbra gioiose ti loderà la mia bocca. Quando nel mio letto di te mi ricordo e penso a te nelle veglie notturne, a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali. A te si stringe l’anima mia: la tua destra mi sostiene. Ma quelli che cercano di rovinarmi sprofondino sotto terra, siano consegnati in ma no alla spada, divengano preda di sciacalli. Il re troverà in Dio la sua gioia; si glorierà chi giura pe r lui, perché ai mentitori verrà chiusa la bocca. Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Ascolta o Dio la voce del mio lamento, dal terrore del nemico proteggi la mia vita. Tienimi lontano dal co mplotto dei malvagi, dal tumulto di chi opera il male. Affilano la loro lingua come spada, scaglia no come frecce parole amare per colpire di nascosto l’innocente; lo colpiscono all’improvviso e non hanno timore. Si ostinano a fare il male, progettano di nascondere tranelli; dicono: «Chi po trà vederli?». Tramano delitti, attuano le trame che hanno ordito; l’intimo dell’uomo e il suo cu ore: un abisso! Ma Dio li colpisce con le sue frecce: all’improvviso sono feriti, la loro stessa lingu a li manderà in rovina, chiunque al vederli scuoterà la testa. Allora ognuno sarà preso da timore
, annuncerà le opere di Dio e saprà discernere il suo agire. Il giusto gioirà nel Signore e riporrà in lui la sua speranza: si glorieranno tutti i retti di cuore. Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Ca nto. Per te il silenzio è lode o Dio in Sion, a te si sciolgono i voti. A te che ascolti la preghiera, vie ne ogni mortale. Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri delitti. Beato chi hai sce lto perché ti stia vicino: abiterà nei tuoi atri. Ci sazieremo dei beni della tua casa, delle cose sacr e del tuo tempio. Con i prodigi della tua giustizia, tu ci rispondi o Dio nostra salvezza, fiducia deg li estremi confini della terra e dei mari più lontani. Tu rendi saldi i monti con la tua forza, cinto d i potenza. Tu plachi il fragore del mare, il fragore dei suoi flutti, il tumulto dei popoli. Gli abitanti degli estremi confini sono presi da timore davanti ai tuoi segni: tu fai gridare di gioia le soglie d ell’oriente e dell’occidente. Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze. Il fiume di Dio è g onfio di acque; tu prepari il frumento per gli uomini. Così prepari la terra: ne irrighi i solchi ne sp iani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Coroni l’anno con i tuoi benefici, i t uoi solchi stillano abbondanza. Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi: gridano e cantano di gioia! Al maestro del coro. Canto. Salmo. Acclamate Dio voi tutti della terra, cantate la gloria del suo nome, dateg li gloria con la lode. Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere! Per la grandezza della tua potenza ti lusingano i tuoi nemici. A te si prostri tutta la terra, a te canti inni canti al tuo nome». Venite e vedete le opere di Dio, terribile nel suo agire sugli uomini. Egli cambiò il mare in terraferma; pas sarono a piedi il fiume: per questo in lui esultiamo di gioia. Con la sua forza domina in eterno, il suo occhio scruta le genti; contro di lui non si sollevino i ribelli. Popoli benedite il nostro Dio, fat e risuonare la voce della sua lode; è lui che ci mantiene fra i viventi e non ha lasciato vacillare i n ostri piedi. O Dio tu ci hai messi alla prova; ci hai purificati come si purifica l’argento. Ci hai fatto cadere in un agguato, hai stretto i nostri fianchi in una morsa. Hai fatto cavalcare uomini sopra le nostre teste; siamo passati per il fuoco e per l’acqua, poi ci hai fatto uscire verso l’abbondanz a. Entrerò nella tua casa con olocausti, a te scioglierò i miei voti, pronunciati dalle mie labbra, pr
omessi dalla mia bocca nel momento dell’angoscia. Ti offrirò grassi animali in olocausto con il fu mo odoroso di arieti, ti immolerò tori e capri. Venite ascoltate voi tutti che temete Dio, e narrer ò quanto per me ha fatto. A lui gridai con la mia bocca, lo esaltai con la mia lingua. Se nel mio c uore avessi cercato il male, il Signore non mi avrebbe ascoltato. Ma Dio ha ascoltato, si è fatto a ttento alla voce della mia preghiera. Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, n on mi ha negato la sua misericordia. Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Canto.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto; perché si conosca sull a terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti. Ti lodino i popoli o Dio, ti lodino i popoli tutti.
Gioiscano le nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con rettitudine, governi le nazioni sulla terra. Ti lodino i popoli o Dio, ti lodino i popoli tutti. La terra ha dato il suo frutto. Ci benedi ca Dio il nostro Dio, ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra. Al maestro del coro. D
i Davide. Salmo. Canto. Sorga Dio e siano dispersi i suoi nemici e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano. Come si dissolve il fumo tu li dissolvi; come si scioglie la cera di fronte al fuoco, perisc ono i malvagi davanti a Dio. I giusti invece si rallegrano, esultano davanti a Dio e cantano di gioi a. Cantate a Dio inneggiate al suo nome, appianate la strada a colui che cavalca le nubi: Signore è il suo nome, esultate davanti a lui. Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua s anta dimora. A chi è solo Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri. Solo i ribelli di morano in arida terra. O Dio quando uscivi davanti al tuo popolo, quando camminavi per il dese rto, tremò la terra i cieli stillarono davanti a Dio quello del Sinai, davanti a Dio il Dio d’Israele. Pi oggia abbondante hai riversato o Dio, la tua esausta eredità tu hai consolidato e in essa ha abita to il tuo popolo, in quella che nella tua bontà, hai reso sicura per il povero o Dio. Il Signore annu ncia una notizia, grande schiera sono le messaggere di vittoria: «Fuggono fuggono i re degli eser citi! Nel campo presso la casa ci si divide la preda. Non restate a dormire nei recinti! Splendono d’argento le ali della colomba, di riflessi d’oro le sue piume». Quando l’Onnipotente là disperde va i re, allora nevicava sul Salmon. Montagna eccelsa è il monte di Basan, montagna dalle alte ci me è il monte di Basan. Perché invidiate montagne dalle alte cime, la montagna che Dio ha desi derato per sua dimora? Il Signore l’abiterà per sempre. I carri di Dio sono miriadi migliaia gli arci eri: il Signore è tra loro sul Sinai in santità. Sei salito in alto e hai fatto prigionieri –
dagli uomini hai ricevuto tributi e anche dai ribelli –
, perché là tu dimori Signore Dio! Di giorno in giorno benedetto il Signore: a noi Dio porta la salv ezza. Il nostro Dio è un Dio che salva; al Signore Dio appartengono le porte della morte. Sì Dio sc hiaccerà il capo dei suoi nemici, la testa dai lunghi capelli di chi percorre la via del delitto. Ha de tto il Signore: «Da Basan li farò tornare, li farò tornare dagli abissi del mare, perché il tuo piede si bagni nel sangue e la lingua dei tuoi cani riceva la sua parte tra i nemici». Appare il tuo corteo Dio, il corteo del mio Dio del mio re nel santuario. Precedono i cantori seguono i suonatori di ce tra, insieme a fanciulle che suonano tamburelli. «Benedite Dio nelle vostre assemblee, benedite il Signore voi della comunità d’Israele». Ecco Beniamino un piccolo che guida i capi di Giuda la l oro schiera, i capi di Zàbulon i capi di Nèftali. Mostra o Dio la tua forza, conferma o Dio quanto
hai fatto per noi! Per il tuo tempio in Gerusalemme, i re ti porteranno doni. Minaccia la bestia d el canneto, quel branco di bufali quell’esercito di tori, che si prostrano a idoli d’argento; disperd i i popoli che amano la guerra! Verranno i grandi dall’Egitto, l’Etiopia tenderà le mani a Dio. Reg ni della terra cantate a Dio, cantate inni al Signore, a colui che cavalca nei cieli nei cieli eterni. Ec co fa sentire la sua voce una voce potente! Riconoscete a Dio la sua potenza, la sua maestà sopr a Israele, la sua potenza sopra le nubi. Terribile tu sei o Dio nel tuo santuario. è lui il Dio d’Israel e che dà forza e vigore al suo popolo. Sia benedetto Dio! Al maestro del coro. Su «I gigli». Di Dav ide. Salvami o Dio: l’acqua mi giunge alla gola. Affondo in un abisso di fango, non ho nessun sost egno; sono caduto in acque profonde e la corrente mi travolge. Sono sfinito dal gridare, la mia g ola è riarsa; i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio. Sono più numerosi dei capelli del mio capo quelli che mi odiano senza ragione. Sono potenti quelli che mi vogliono distruggere, i miei nemici bugiardi: quanto non ho rubato dovrei forse restituirlo? Dio tu conosci la mia stolte zza e i miei errori non ti sono nascosti. Chi spera in te per colpa mia non sia confuso, Signore Di o degli eserciti; per causa mia non si vergogni chi ti cerca Dio d’Israele. Per te io sopporto l’insul to e la vergogna mi copre la faccia; sono diventato un estraneo ai miei fratelli, uno straniero per i figli di mia madre. Perché mi divora lo zelo per la tua casa, gli insulti di chi ti insulta ricadono s u di me. Piangevo su di me nel digiuno, ma sono stato insultato. Ho indossato come vestito un s acco e sono diventato per loro oggetto di scherno. Sparlavano di me quanti sedevano alla porta, gli ubriachi mi deridevano. Ma io rivolgo a te la mia preghiera, Signore nel tempo della benevol enza. O Dio nella tua grande bontà rispondimi, nella fedeltà della tua salvezza. Liberami dal fang o perché io non affondi, che io sia liberato dai miei nemici e dalle acque profonde. Non mi travo lga la corrente, l’abisso non mi sommerga, la fossa non chiuda su di me la sua bocca. Rispondimi Signore perché buono è il tuo amore; volgiti a me nella tua grande tenerezza. Non nascondere i l volto al tuo servo; sono nell’angoscia: presto rispondimi! Avvicìnati a me riscattami, liberami a causa dei miei nemici. Tu sai quanto sono stato insultato: quanto disonore quanta vergogna! So no tutti davanti a te i miei avversari. L’insulto ha spezzato il mio cuore e mi sento venir meno. M
i aspettavo compassione ma invano, consolatori ma non ne ho trovati. Mi hanno messo veleno nel cibo e quando avevo sete mi hanno dato aceto. La loro tavola sia per loro una trappola, un’i nsidia i loro banchetti. Si offuschino i loro occhi e più non vedano: sfibra i loro fianchi per sempr e. Riversa su di loro il tuo sdegno, li raggiunga la tua ira ardente. Il loro accampamento sia desol ato, senza abitanti la loro tenda; perché inseguono colui che hai percosso, aggiungono dolore a chi tu hai ferito. Aggiungi per loro colpa su colpa e non possano appellarsi alla tua giustizia. Dal l ibro dei viventi siano cancellati e non siano iscritti tra i giusti. Io sono povero e sofferente: la tua salvezza Dio mi ponga al sicuro. Loderò il nome di Dio con un canto, lo magnificherò con un rin graziamento, che per il Signore è meglio di un toro, di un torello con corna e zoccoli. Vedano i p overi e si rallegrino; voi che cercate Dio fatevi coraggio, perché il Signore ascolta i miseri e non d isprezza i suoi che sono prigionieri. A lui cantino lode i cieli e la terra, i mari e quanto brulica in e ssi. Perché Dio salverà Sion, ricostruirà le città di Giuda: vi abiteranno e ne riavranno il possesso.

La stirpe dei suoi servi ne sarà erede e chi ama il suo nome vi porrà dimora. Al maestro del coro
. Di Davide. Per fare memoria. O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto. Siano sv ergognati e confusi quanti attentano alla mia vita. Retrocedano coperti d’infamia, quanti godon o della mia rovina. Se ne tornino indietro pieni di vergogna quelli che mi dicono: «Ti sta bene!».
Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano; dicano sempre: «Dio è grande!» quelli che aman o la tua salvezza. Ma io sono povero e bisognoso: Dio affréttati verso di me. Tu sei mio aiuto e mio liberatore: Signore non tardare. In te Signore mi sono rifugiato, mai sarò deluso. Per la tua giustizia liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami. Sii tu la mia roccia, una dimor a sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei! Mio Dio liberami dalle mani del malvagio, dal pugno dell’uomo violento e perverso. Sei tu mio Signo re la mia speranza, la mia fiducia Signore fin dalla mia giovinezza. Su di te mi appoggiai fin dal gr embo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno: a te la mia lode senza fine. Per mol ti ero un prodigio, ma eri tu il mio rifugio sicuro. Della tua lode è piena la mia bocca: tutto il gior no canto il tuo splendore. Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quan do declinano le mie forze. Contro di me parlano i miei nemici, coloro che mi spiano congiurano i nsieme e dicono: «Dio lo ha abbandonato, inseguitelo prendetelo: nessuno lo libera!». O Dio da me non stare lontano: Dio mio vieni presto in mio aiuto. Siano svergognati e annientati quanti mi accusano, siano coperti di insulti e d’infamia quanti cercano la mia rovina. Io invece continuo a sperare; moltiplicherò le tue lodi. La mia bocca racconterà la tua giustizia, ogni giorno la tua s alvezza, che io non so misurare. Verrò a cantare le imprese del Signore Dio: farò memoria della tua giustizia di te solo. Fin dalla giovinezza o Dio mi hai istruito e oggi ancora proclamo le tue m eraviglie. Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio non abbandonarmi, fino a che io annunci l a tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese. La tua giustizia Dio è alta come il cielo. Tu h ai fatto cose grandi: chi è come te o Dio? Molte angosce e sventure mi hai fatto vedere: tu mi d arai ancora vita, mi farai risalire dagli abissi della terra, accrescerai il mio onore e tornerai a con solarmi. Allora io ti renderò grazie al suono dell’arpa, per la tua fedeltà o mio Dio, a te canterò s ulla cetra o Santo d’Israele. Cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra e la mia vita che tu h ai riscattato. Allora la mia lingua tutto il giorno mediterà la tua giustizia. Sì saranno svergognati e confusi quelli che cercano la mia rovina. Di Salomone. O Dio affida al re il tuo diritto, al figlio d i re la tua giustizia; egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto. L
e montagne portino pace al popolo e le colline giustizia. Ai poveri del popolo renda giustizia, sal vi i figli del misero e abbatta l’oppressore. Ti faccia durare quanto il sole, come la luna di genera zione in generazione. Scenda come pioggia sull’erba, come acqua che irrora la terra. Nei suoi gi orni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si spenga la luna. E dòmini da mare a mare, d al fiume sino ai confini della terra. A lui si pieghino le tribù del deserto, mordano la polvere i suo i nemici. I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni. Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti. Perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri. Li riscatti dalla viol
enza e dal sopruso, sia prezioso ai suoi occhi il loro sangue. Viva e gli sia dato oro di Arabia, si pr eghi sempre per lui, sia benedetto ogni giorno. Abbondi il frumento nel paese, ondeggi sulle ci me dei monti; il suo frutto fiorisca come il Libano, la sua messe come l’erba dei campi. Il suo no me duri in eterno, davanti al sole germogli il suo nome. In lui siano benedette tutte le stirpi dell a terra e tutte le genti lo dicano beato. Benedetto il Signore Dio d’Israele: egli solo compie mera viglie. E benedetto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra. Am en amen. Qui finiscono le preghiere di Davide figlio di Iesse. Salmo. Di Asaf. Quanto è buono Dio con gli uomini retti, Dio con i puri di cuore! Ma io per poco non inciampavo, quasi vacillavano i miei passi, perché ho invidiato i prepotenti, vedendo il successo dei malvagi. Fino alla morte inf atti non hanno sofferenze e ben pasciuto è il loro ventre. Non si trovano mai nell’affanno dei m ortali e non sono colpiti come gli altri uomini. Dell’orgoglio si fanno una collana e indossano co me abito la violenza. I loro occhi sporgono dal grasso, dal loro cuore escono follie. Scherniscono e parlano con malizia, parlano dall’alto con prepotenza. Aprono la loro bocca fino al cielo e la lo ro lingua percorre la terra. Perciò il loro popolo li segue e beve la loro acqua in abbondanza. E di cono: «Dio come può saperlo? L’Altissimo come può conoscerlo?». Ecco così sono i malvagi: se mpre al sicuro ammassano ricchezze. Invano dunque ho conservato puro il mio cuore, e ho lava to nell’innocenza le mie mani! Perché sono colpito tutto il giorno e fin dal mattino sono castigat o? Se avessi detto: «Parlerò come loro», avrei tradito la generazione dei tuoi figli. Riflettevo per comprendere questo ma fu una fatica ai miei occhi, finché non entrai nel santuario di Dio e com presi quale sarà la loro fine. Ecco li poni in luoghi scivolosi, li fai cadere in rovina. Sono distrutti i n un istante! Sono finiti consumati dai terrori! Come un sogno al risveglio Signore, così quando s orgi fai svanire la loro immagine. Quando era amareggiato il mio cuore e i miei reni trafitti dal d olore, io ero insensato e non capivo, stavo davanti a te come una bestia. Ma io sono sempre co n te: tu mi hai preso per la mano destra. Mi guiderai secondo i tuoi disegni e poi mi accoglierai n ella gloria. Chi avrò per me nel cielo? Con te non desidero nulla sulla terra. Vengono meno la mi a carne e il mio cuore; ma Dio è roccia del mio cuore, mia parte per sempre. Ecco si perderà chi da te si allontana; tu distruggi chiunque ti è infedele. Per me il mio bene è stare vicino a Dio; nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, per narrare tutte le tue opere. Maskil. Di Asaf. O Dio perché ci respingi per sempre, fumante di collera contro il gregge del tuo pascolo? Ricòrdati della comu nità che ti sei acquistata nei tempi antichi. Hai riscattato la tribù che è tua proprietà, il monte Si on dove hai preso dimora. Volgi i tuoi passi a queste rovine eterne: il nemico ha devastato tutto nel santuario. Ruggirono i tuoi avversari nella tua assemblea, issarono le loro bandiere come in segna. Come gente che s’apre un varco verso l’alto con la scure nel folto della selva, con l’ascia e con le mazze frantumavano le sue porte. Hanno dato alle fiamme il tuo santuario, hanno prof anato e demolito la dimora del tuo nome; pensavano: «Distruggiamoli tutti». Hanno incendiato nel paese tutte le dimore di Dio. Non vediamo più le nostre bandiere, non ci sono più profeti e t ra noi nessuno sa fino a quando. Fino a quando o Dio insulterà l’avversario? Il nemico disprezzer à per sempre il tuo nome? Perché ritiri la tua mano e trattieni in seno la tua destra? Eppure Dio
è nostro re dai tempi antichi, ha operato la salvezza nella nostra terra. Tu con potenza hai diviso il mare, hai spezzato la testa dei draghi sulle acque. Tu hai frantumato le teste di Leviatàn, lo ha i dato in pasto a un branco di belve. Tu hai fatto scaturire fonti e torrenti, tu hai inaridito fiumi p erenni. Tuo è il giorno e tua è la notte, tu hai fissato la luna e il sole; tu hai stabilito i confini dell a terra, l’estate e l’inverno tu li hai plasmati. Ricòrdati di questo: il nemico ha insultato il Signore
, un popolo stolto ha disprezzato il tuo nome. Non abbandonare ai rapaci la vita della tua tortor a, non dimenticare per sempre la vita dei tuoi poveri. Volgi lo sguardo alla tua alleanza; gli angol i della terra sono covi di violenza. L’oppresso non ritorni confuso, il povero e il misero lodino il t uo nome. àlzati o Dio difendi la mia causa, ricorda che lo stolto ti insulta tutto il giorno. Non dim enticare il clamore dei tuoi nemici; il tumulto dei tuoi avversari cresce senza fine. Al maestro del coro. Su «Non distruggere». Salmo. Di Asaf. Canto. Noi ti rendiamo grazie o Dio ti rendiamo gra zie: invocando il tuo nome raccontiamo le tue meraviglie. Sì nel tempo da me stabilito io giudich erò con rettitudine. Tremi pure la terra con i suoi abitanti: io tengo salde le sue colonne. Dico a chi si vanta: «Non vantatevi!», e ai malvagi: «Non alzate la fronte!». Non alzate la fronte contro il cielo, non parlate con aria insolente. Né dall’oriente né dall’occidente né dal deserto viene l’es altazione, perché Dio è giudice: è lui che abbatte l’uno ed esalta l’altro. Il Signore infatti tiene in mano una coppa, colma di vino drogato. Egli ne versa: fino alla feccia lo dovranno sorbire, ne be rranno tutti i malvagi della terra. Ma io ne parlerò per sempre, canterò inni al Dio di Giacobbe.
Piegherò la fronte dei malvagi, s’innalzerà la fronte dei giusti. Al maestro del coro. Per strument i a corda. Salmo. Di Asaf. Canto. Dio si è fatto conoscere in Giuda, in Israele è grande il suo nom e. è in Salem la sua tenda, in Sion la sua dimora. Là spezzò le saette dell’arco, lo scudo la spada l a guerra. Splendido tu sei, magnifico su montagne di preda. Furono spogliati i valorosi, furono c olti dal sonno, nessun prode ritrovava la sua mano. Dio di Giacobbe alla tua minaccia si paralizz ano carri e cavalli. Tu sei davvero terribile; chi ti resiste quando si scatena la tua ira? Dal cielo ha i fatto udire la sentenza: sbigottita tace la terra, quando Dio si alza per giudicare, per salvare tut ti i poveri della terra. Persino la collera dell’uomo ti dà gloria; gli scampati dalla collera ti fanno f esta. Fate voti al Signore vostro Dio e adempiteli, quanti lo circondano portino doni al Terribile, a lui che toglie il respiro ai potenti, che è terribile per i re della terra. Al maestro del coro. Su «Ie dutù n». Di Asaf. Salmo. La mia voce verso Dio: io grido aiuto! La mia voce verso Dio perché mi a scolti. Nel giorno della mia angoscia io cerco il Signore, nella notte le mie mani sono tese e non si stancano; l’anima mia rifiuta di calmarsi. Mi ricordo di Dio e gemo, medito e viene meno il mi o spirito. Tu trattieni dal sonno i miei occhi, sono turbato e incapace di parlare. Ripenso ai giorni passati, ricordo gli anni lontani. Un canto nella notte mi ritorna nel cuore: medito e il mio spirit o si va interrogando. Forse il Signore ci respingerà per sempre, non sarà mai più benevolo con n oi? è forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre? Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell’ira la sua misericordia? E ho detto: «Questo è il mio torme nto: è mutata la destra dell’Altissimo». Ricordo i prodigi del Signore, sì ricordo le tue meraviglie di un tempo. Vado considerando le tue opere, medito tutte le tue prodezze. O Dio santa è la tua
via; quale dio è grande come il nostro Dio? Tu sei il Dio che opera meraviglie, manifesti la tua fo rza fra i popoli. Hai riscattato il tuo popolo con il tuo braccio, i figli di Giacobbe e di Giuseppe. Ti videro le acque o Dio, ti videro le acque e ne furono sconvolte; sussultarono anche gli abissi. Le nubi rovesciavano acqua, scoppiava il tuono nel cielo; le tue saette guizzavano. Il boato dei tuoi tuoni nel turbine, le tue folgori rischiaravano il mondo; tremava e si scuoteva la terra. Sul mare l a tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque, ma le tue orme non furono riconosciute. Guidasti co me un gregge il tuo popolo per mano di Mosè e di Aronne. Maskil. Di Asaf. Ascolta popolo mio l a mia legge, porgi l’orecchio alle parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca con una parabola, r ievocherò gli enigmi dei tempi antichi. Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci han no raccontato non lo terremo nascosto ai nostri figli, raccontando alla generazione futura le azi oni gloriose e potenti del Signore e le meraviglie che egli ha compiuto. Ha stabilito un insegnam ento in Giacobbe, ha posto una legge in Israele, che ha comandato ai nostri padri di far conosce re ai loro figli, perché la conosca la generazione futura, i figli che nasceranno. Essi poi si alzeran no a raccontarlo ai loro figli, perché ripongano in Dio la loro fiducia e non dimentichino le opere di Dio, ma custodiscano i suoi comandi. Non siano come i loro padri, generazione ribelle e ostin ata, generazione dal cuore incostante e dallo spirito infedele a Dio. I figli di èfraim arcieri valoro si, voltarono le spalle nel giorno della battaglia. Non osservarono l’alleanza di Dio e si rifiutaron o di camminare nella sua legge. Dimenticarono le sue opere, le meraviglie che aveva loro mostr ato. Cose meravigliose aveva fatto davanti ai loro padri nel paese d’Egitto nella regione di Tanis.
Divise il mare e li fece passare, e fermò le acque come un argine. Li guidò con una nube di giorn o e tutta la notte con un bagliore di fuoco. Spaccò rocce nel deserto e diede loro da bere come dal grande abisso. Fece sgorgare ruscelli dalla rupe e scorrere l’acqua a fiumi. Eppure continuar ono a peccare contro di lui, a ribellarsi all’Altissimo in luoghi aridi. Nel loro cuore tentarono Dio, chiedendo cibo per la loro gola. Parlarono contro Dio, dicendo: «Sarà capace Dio di preparare u na tavola nel deserto?». Certo! Egli percosse la rupe e ne scaturì acqua e strariparono torrenti.
«Saprà dare anche pane o procurare carne al suo popolo?». Perciò il Signore udì e ne fu adirato; un fuoco divampò contro Giacobbe e la sua ira si levò contro Israele, perché non ebbero fede i n Dio e non confidarono nella sua salvezza. Diede ordine alle nubi dall’alto e aprì le porte del cie lo; fece piovere su di loro la manna per cibo e diede loro pane del cielo: l’uomo mangiò il pane dei forti; diede loro cibo in abbondanza. Scatenò nel cielo il vento orientale, con la sua forza fec e soffiare il vento australe; su di loro fece piovere carne come polvere e uccelli come sabbia del mare, li fece cadere in mezzo ai loro accampamenti, tutt’intorno alle loro tende. Mangiarono fin o a saziarsi ed egli appagò il loro desiderio. Il loro desiderio non era ancora scomparso, avevano ancora il cibo in bocca, quando l’ira di Dio si levò contro di loro, uccise i più robusti e abbatté i migliori d’Israele. Con tutto questo peccarono ancora e non ebbero fede nelle sue meraviglie. Al lora consumò in un soffio i loro giorni e i loro anni nel terrore. Quando li uccideva lo cercavano e tornavano a rivolgersi a lui, ricordavano che Dio è la loro roccia e Dio l’Altissimo il loro redent ore; lo lusingavano con la loro bocca, ma gli mentivano con la lingua: il loro cuore non era costa
nte verso di lui e non erano fedeli alla sua alleanza. Ma lui misericordioso perdonava la colpa, in vece di distruggere. Molte volte trattenne la sua ira e non scatenò il suo furore; ricordava che e ssi sono di carne, un soffio che va e non ritorna. Quante volte si ribellarono a lui nel deserto, lo r attristarono in quei luoghi solitari! Ritornarono a tentare Dio, a esasperare il Santo d’Israele. No n si ricordarono più della sua mano, del giorno in cui li aveva riscattati dall’oppressione, quando operò in Egitto i suoi segni, i suoi prodigi nella regione di Tanis. Egli mutò in sangue i loro fiumi e i loro ruscelli perché non bevessero. Mandò contro di loro tafani a divorarli e rane a distrugge rli. Diede ai bruchi il loro raccolto, alle locuste la loro fatica. Devastò le loro vigne con la grandin e, i loro sicomòri con la brina. Consegnò alla peste il loro bestiame, ai fulmini le loro greggi. Scat enò contro di loro l’ardore della sua ira, la collera lo sdegno la tribolazione, e inviò messaggeri d i sventure. Spianò la strada alla sua ira: non li risparmiò dalla morte e diede in preda alla peste l a loro vita. Colpì ogni primogenito in Egitto, nelle tende di Cam la primizia del loro vigore. Fece partire come pecore il suo popolo e li condusse come greggi nel deserto. Li guidò con sicurezza e non ebbero paura, ma i loro nemici li sommerse il mare. Li fece entrare nei confini del suo san tuario, questo monte che la sua destra si è acquistato. Scacciò davanti a loro le genti e sulla loro eredità gettò la sorte, facendo abitare nelle loro tende le tribù d’Israele. Ma essi lo tentarono, s i ribellarono a Dio l’Altissimo, e non osservarono i suoi insegnamenti. Deviarono e tradirono co me i loro padri, fallirono come un arco allentato. Lo provocarono con le loro alture sacre e con i loro idoli lo resero geloso. Dio udì e s’infiammò, e respinse duramente Israele. Abbandonò la di mora di Silo, la tenda che abitava tra gli uomini; ridusse in schiavitù la sua forza, il suo splendore in potere del nemico. Diede il suo popolo in preda alla spada e s’infiammò contro la sua eredità
. Il fuoco divorò i suoi giovani migliori, le sue fanciulle non ebbero canti nuziali. I suoi sacerdoti c addero di spada e le loro vedove non fecero il lamento. Ma poi il Signore si destò come da un so nno, come un eroe assopito dal vino. Colpì alle spalle i suoi avversari, inflisse loro una vergogna eterna. Rifiutò la tenda di Giuseppe, non scelse la tribù di èfraim, ma scelse la tribù di Giuda, il monte Sion che egli ama. Costruì il suo tempio alto come il cielo, e come la terra fondata per se mpre. Egli scelse Davide suo servo e lo prese dagli ovili delle pecore. Lo allontanò dalle pecore madri per farne il pastore di Giacobbe suo popolo, d’Israele sua eredità. Fu per loro un pastore dal cuore integro e li guidò con mano intelligente. Salmo. Di Asaf. O Dio nella tua eredità sono e ntrate le genti: hanno profanato il tuo santo tempio, hanno ridotto Gerusalemme in macerie. H
anno abbandonato i cadaveri dei tuoi servi in pasto agli uccelli del cielo, la carne dei tuoi fedeli agli animali selvatici. Hanno versato il loro sangue come acqua intorno a Gerusalemme e nessun o seppelliva. Siamo divenuti il disprezzo dei nostri vicini, lo scherno e la derisione di chi ci sta int orno. Fino a quando sarai adirato Signore: per sempre? Arderà come fuoco la tua gelosia? River sa il tuo sdegno sulle genti che non ti riconoscono e sui regni che non invocano il tuo nome, per ché hanno divorato Giacobbe, hanno devastato la sua dimora. Non imputare a noi le colpe dei n ostri antenati: presto ci venga incontro la tua misericordia, perché siamo così poveri! Aiutaci o Dio nostra salvezza, per la gloria del tuo nome; liberaci e perdona i nostri peccati a motivo del t
uo nome. Perché le genti dovrebbero dire: «Dov’è il loro Dio?». Si conosca tra le genti sotto i no stri occhi, la vendetta per il sangue versato dei tuoi servi. Giunga fino a te il gemito dei prigionie ri; con la grandezza del tuo braccio salva i condannati a morte. Fa’ ricadere sette volte sui nostri vicini dentro di loro, l’insulto con cui ti hanno insultato Signore. E noi tuo popolo e gregge del t uo pascolo, ti renderemo grazie per sempre; di generazione in generazione narreremo la tua lo de. Al maestro del coro. Su «Il giglio della testimonianza». Di Asaf. Salmo. Tu pastore d’Israele a scolta, tu che guidi Giuseppe come un gregge. Seduto sui cherubini risplendi davanti a èfraim Be niamino e Manasse. Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci. O Dio fa’ che ritorniamo, fa’ splen dere il tuo volto e noi saremo salvi. Signore Dio degli eserciti, fino a quando fremerai di sdegno contro le preghiere del tuo popolo? Tu ci nutri con pane di lacrime, ci fai bere lacrime in abbond anza. Ci hai fatto motivo di contesa per i vicini e i nostri nemici ridono di noi. Dio degli eserciti fa
’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Hai sradicato una vite dall’Egitto, h ai scacciato le genti e l’hai trapiantata. Le hai preparato il terreno, hai affondato le sue radici ed essa ha riempito la terra. La sua ombra copriva le montagne e i suoi rami i cedri più alti. Ha este so i suoi tralci fino al mare, arrivavano al fiume i suoi germogli. Perché hai aperto brecce nella s ua cinta e ne fa vendemmia ogni passante? La devasta il cinghiale del bosco e vi pascolano le be stie della campagna. Dio degli eserciti ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, prot eggi quello che la tua destra ha piantato, il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. è stata dat a alle fiamme è stata recisa: essi periranno alla minaccia del tuo volto. Sia la tua mano sull’uom o della tua destra, sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte. Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Signore Dio degli eserciti fa’ che ritorniamo, fa’ spl endere il tuo volto e noi saremo salvi. Al maestro del coro. Su «I torchi». Di Asaf. Esultate in Dio nostra forza, acclamate il Dio di Giacobbe! Intonate il canto e suonate il tamburello, la cetra mel odiosa con l’arpa. Suonate il corno nel novilunio, nel plenilunio nostro giorno di festa. Questo è un decreto per Israele, un giudizio del Dio di Giacobbe, una testimonianza data a Giuseppe, qua ndo usciva dal paese d’Egitto. Un linguaggio mai inteso io sento: «Ho liberato dal peso la sua sp alla, le sue mani hanno deposto la cesta. Hai gridato a me nell’angoscia e io ti ho liberato; nasco sto nei tuoni ti ho dato risposta, ti ho messo alla prova alle acque di Merìba. Ascolta popolo mio
: contro di te voglio testimoniare. Israele se tu mi ascoltassi! Non ci sia in mezzo a te un dio estr aneo e non prostrarti a un dio straniero. Sono io il Signore tuo Dio, che ti ha fatto salire dal paes e d’Egitto: apri la tua bocca la voglio riempire. Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Isr aele non mi ha obbedito: l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro prog etti! Se il mio popolo mi ascoltasse! Se Israele camminasse per le mie vie! Subito piegherei i suo i nemici e contro i suoi avversari volgerei la mia mano; quelli che odiano il Signore gli sarebbero sottomessi e la loro sorte sarebbe segnata per sempre. Lo nutrirei con fiore di frumento, lo sazi erei con miele dalla roccia». Salmo. Di Asaf. Dio presiede l’assemblea divina, giudica in mezzo ag li dèi: «Fino a quando emetterete sentenze ingiuste e sosterrete la parte dei malvagi? Difendete il debole e l’orfano, al povero e al misero fate giustizia! Salvate il debole e l’indigente, liberatel
o dalla mano dei malvagi!». Non capiscono non vogliono intendere, camminano nelle tenebre; v acillano tutte le fondamenta della terra. Io ho detto: «Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo, ma certo morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti». àlzati o Dio a giudicare la ter ra, perché a te appartengono tutte le genti! Canto. Salmo. Di Asaf. Dio non startene muto, non r estare in silenzio e inerte o Dio. Vedi: i tuoi nemici sono in tumulto e quelli che ti odiano alzano l a testa. Contro il tuo popolo tramano congiure e cospirano contro i tuoi protetti. Hanno detto:
«Venite cancelliamoli come popolo e più non si ricordi il nome d’Israele». Hanno tramato insie me concordi, contro di te hanno concluso un patto: le tende di Edom e gli Ismaeliti, Moab e gli Agareni, Gebal Ammon e Amalèk, la Filistea con gli abitanti di Tiro. Anche l’Assiria è loro alleata e dà man forte ai figli di Lot. Trattali come Madian come Sìsara, come Iabin al torrente Kison: es si furono distrutti a Endor, divennero concime dei campi. Rendi i loro prìncipi come Oreb e Zeeb
, e come Zebach e come Salmunnà tutti i loro capi; essi dicevano: «I pascoli di Dio conquistiamol i per noi». Mio Dio rendili come un vortice, come paglia che il vento disperde. Come fuoco che i ncendia la macchia e come fiamma che divampa sui monti, così tu incalzali con la tua bufera e s gomentali con il tuo uragano. Copri di vergogna i loro volti perché cerchino il tuo nome Signore.
Siano svergognati e tremanti per sempre, siano confusi e distrutti; sappiano che il tuo nome è «
Signore»: tu solo l’Altissimo su tutta la terra. Al maestro del coro. Su «I torchi». Dei figli di Core.
Salmo. Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! L’anima mia anela e desidera gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente. Anche il passero trova u na casa e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mi o re e mio Dio. Beato chi abita nella tua casa: senza fine canta le tue lodi. Beato l’uomo che trov a in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore. Passando per la valle del pianto la cambia in un a sorgente; anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vig ore, finché compare davanti a Dio in Sion. Signore Dio degli eserciti ascolta la mia preghiera, por gi l’orecchio Dio di Giacobbe. Guarda o Dio colui che è il nostro scudo, guarda il volto del tuo co nsacrato. Sì è meglio un giorno nei tuoi atri che mille nella mia casa; stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende dei malvagi. Perché sole e scudo è il Signore Dio; il Signore concede grazia e gloria, non rifiuta il bene a chi cammina nell’integrità. Signore degli es erciti, beato l’uomo che in te confida. Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo. Sei stato buo no Signore con la tua terra, hai ristabilito la sorte di Giacobbe. Hai perdonato la colpa del tuo po polo, hai coperto ogni loro peccato. Hai posto fine a tutta la tua collera, ti sei distolto dalla tua ir a ardente. Ritorna a noi Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi. Forse per sempre sarai adirato con noi, di generazione in generazione riverserai la tua ira? Non tornerai tu a ridar ci la vita, perché in te gioisca il tuo popolo? Mostraci Signore la tua misericordia e donaci la tua salvezza. Ascolterò che cosa dice Dio il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con fiducia. Sì la sua salvezza è vicina a chi lo teme, perché la sua glor ia abiti la nostra terra. Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità ger moglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo. Certo il Signore donerà il suo bene e la nost
ra terra darà il suo frutto; giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino.
Supplica. Di Davide. Signore tendi l’orecchio rispondimi, perché io sono povero e misero. Custo discimi perché sono fedele; tu Dio mio salva il tuo servo che in te confida. Pietà di me Signore, a te grido tutto il giorno. Rallegra la vita del tuo servo, perché a te Signore rivolgo l’anima mia. Tu sei buono Signore e perdoni, sei pieno di misericordia con chi t’invoca. Porgi l’orecchio Signore alla mia preghiera e sii attento alla voce delle mie suppliche. Nel giorno dell’angoscia alzo a te il mio grido perché tu mi rispondi. Fra gli dèi nessuno è come te Signore, e non c’è nulla come le t ue opere. Tutte le genti che hai creato verranno e si prostreranno davanti a te Signore, per dare gloria al tuo nome. Grande tu sei e compi meraviglie: tu solo sei Dio. Mostrami Signore la tua vi a, perché nella tua verità io cammini; tieni unito il mio cuore, perché tema il tuo nome. Ti loder ò Signore mio Dio con tutto il cuore e darò gloria al tuo nome per sempre, perché grande con m e è la tua misericordia: hai liberato la mia vita dal profondo degli inferi. O Dio gli arroganti contr o di me sono insorti e una banda di prepotenti insidia la mia vita, non pongono te davanti ai lor o occhi. Ma tu Signore Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, vo lgiti a me e abbi pietà: dona al tuo servo la tua forza, salva il figlio della tua serva. Dammi un seg no di bontà vedano quelli che mi odiano e si vergognino, perché tu Signore mi aiuti e mi consoli.
Dei figli di Core. Salmo. Canto. Sui monti santi egli l’ha fondata; il Signore ama le porte di Sion p iù di tutte le dimore di Giacobbe. Di te si dicono cose gloriose, città di Dio! Iscriverò Raab e Babil onia fra quelli che mi riconoscono; ecco Filistea Tiro ed Etiopia: là costui è nato. Si dirà di Sion: «
L’uno e l’altro in essa sono nati e lui l’Altissimo la mantiene salda». Il Signore registrerà nel libro dei popoli: «Là costui è nato». E danzando canteranno: «Sono in te tutte le mie sorgenti». Cant o. Salmo. Dei figli di Core. Al maestro del coro. Sull’aria di «Macalàt leannòt». Maskil. Di Eman l’
Ezraita. Signore Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte. Giunga fino a te la mia preghiera, tendi l’orecchio alla mia supplica. Io sono sazio di sventure, la mia vita è sull’orlo degl i inferi. Sono annoverato fra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo ormai senza f orze. Sono libero ma tra i morti, come gli uccisi stesi nel sepolcro, dei quali non conservi più il ri cordo, recisi dalla tua mano. Mi hai gettato nella fossa più profonda, negli abissi tenebrosi. Pesa su di me il tuo furore e mi opprimi con tutti i tuoi flutti. Hai allontanato da me i miei compagni, mi hai reso per loro un orrore. Sono prigioniero senza scampo, si consumano i miei occhi nel pa tire. Tutto il giorno ti chiamo Signore, verso di te protendo le mie mani. Compi forse prodigi per i morti? O si alzano le ombre a darti lode? Si narra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà nel regno della morte? Si conoscono forse nelle tenebre i tuoi prodigi, la tua giustizia nella terra dell’oblio? Ma io Signore a te grido aiuto e al mattino viene incontro a te la mia preghiera. Perc hé Signore mi respingi? Perché mi nascondi il tuo volto? Sin dall’infanzia sono povero e vicino al la morte, sfinito sotto il peso dei tuoi terrori. Sopra di me è passata la tua collera, i tuoi spaventi mi hanno annientato, mi circondano come acqua tutto il giorno, tutti insieme mi avvolgono. Ha i allontanato da me amici e conoscenti, mi fanno compagnia soltanto le tenebre. Maskil. Di Etan l’Ezraita. Canterò in eterno l’amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere c
on la mia bocca la tua fedeltà, perché ho detto: «è un amore edificato per sempre; nel cielo ren di stabile la tua fedeltà». «Ho stretto un’alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide mio serv o. Stabilirò per sempre la tua discendenza, di generazione in generazione edificherò il tuo trono
». I cieli cantano le tue meraviglie Signore, la tua fedeltà nell’assemblea dei santi. Chi sulle nubi è uguale al Signore, chi è simile al Signore tra i figli degli dèi? Dio è tremendo nel consiglio dei sa nti, grande e terribile tra quanti lo circondano. Chi è come te Signore Dio degli eserciti? Potente Signore la tua fedeltà ti circonda. Tu domini l’orgoglio del mare, tu plachi le sue onde tempestos e. Tu hai ferito e calpestato Raab, con braccio potente hai disperso i tuoi nemici. Tuoi sono i ciel i tua è la terra, tu hai fondato il mondo e quanto contiene; il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati, il Tabor e l’Ermon cantano il tuo nome. Tu hai un braccio potente, forte è la tua mano alta la tua destra. Giustizia e diritto sono la base del tuo trono, amore e fedeltà precedono il tu o volto. Beato il popolo che ti sa acclamare: camminerà Signore alla luce del tuo volto; esulta tu tto il giorno nel tuo nome, si esalta nella tua giustizia. Perché tu sei lo splendore della sua forza e con il tuo favore innalzi la nostra fronte. Perché del Signore è il nostro scudo, il nostro re del S
anto d’Israele. Un tempo parlasti in visione ai tuoi fedeli dicendo: «Ho portato aiuto a un prode, ho esaltato un eletto tra il mio popolo. Ho trovato Davide mio servo, con il mio santo olio l’ho c onsacrato; la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza. Su di lui non trionferà il n emico né l’opprimerà l’uomo perverso. Annienterò davanti a lui i suoi nemici e colpirò quelli ch e lo odiano. La mia fedeltà e il mio amore saranno con lui e nel mio nome s’innalzerà la sua fron te. Farò estendere sul mare la sua mano e sui fiumi la sua destra. Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza”. Io farò di lui il mio primogenito, il più alto fra i re del la terra. Gli conserverò sempre il mio amore, la mia alleanza gli sarà fedele. Stabilirò per sempre la sua discendenza, il suo trono come i giorni del cielo. Se i suoi figli abbandoneranno la mia leg ge e non seguiranno i miei decreti, se violeranno i miei statuti e non osserveranno i miei coman di, punirò con la verga la loro ribellione e con flagelli la loro colpa. Ma non annullerò il mio amor e e alla mia fedeltà non verrò mai meno. Non profanerò la mia alleanza, non muterò la mia pro messa. Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre: certo non mentirò a Davide. In eterno durerà la sua discendenza, il suo trono davanti a me quanto il sole, sempre saldo come la luna, testimone fedele nel cielo». Ma tu lo hai respinto e disonorato, ti sei adirato contro il tuo consa crato; hai infranto l’alleanza con il tuo servo, hai profanato nel fango la sua corona. Hai aperto b recce in tutte le sue mura e ridotto in rovine le sue fortezze; tutti i passanti lo hanno depredato, è divenuto lo scherno dei suoi vicini. Hai esaltato la destra dei suoi rivali, hai fatto esultare tutti i suoi nemici. Hai smussato il filo della sua spada e non l’hai sostenuto nella battaglia. Hai posto fine al suo splendore, hai rovesciato a terra il suo trono. Hai abbreviato i giorni della sua giovine zza e lo hai coperto di vergogna. Fino a quando Signore ti terrai nascosto: per sempre? Arderà c ome fuoco la tua collera? Ricorda quanto è breve la mia vita: invano forse hai creato ogni uomo
? Chi è l’uomo che vive e non vede la morte? Chi potrà sfuggire alla mano degli inferi? Dov’è Sig nore il tuo amore di un tempo, che per la tua fedeltà hai giurato a Davide? Ricorda Signore l’oltr
aggio fatto ai tuoi servi: porto nel cuore le ingiurie di molti popoli, con le quali Signore i tuoi ne mici insultano, insultano i passi del tuo consacrato. Benedetto il Signore in eterno. Amen amen.
Preghiera. Di Mosè uomo di Dio. Signore tu sei stato per noi un rifugio di generazione in genera zione. Prima che nascessero i monti e la terra e il mondo fossero generati, da sempre e per sem pre tu sei o Dio. Tu fai ritornare l’uomo in polvere, quando dici: «Ritornate figli dell’uomo». Mill e anni ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella nott e. Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l’erba che germoglia; al mattino fiorisc e e germoglia, alla sera è falciata e secca. Sì siamo distrutti dalla tua ira, atterriti dal tuo furore!
Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri segreti alla luce del tuo volto. Tutti i nostri giorni svani scono per la tua collera, consumiamo i nostri anni come un soffio. Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi vol iamo via. Chi conosce l’impeto della tua ira e nel timore di te la tua collera? Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio. Ritorna Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tu oi servi! Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Rend ici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti, per gli anni in cui abbiamo visto il male. Si manifesti ai t uoi servi la tua opera e il tuo splendore ai loro figli. Sia su di noi la dolcezza del Signore nostro Di o: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rendi salda. Chi abita al riparo dell’Altissimo passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente. Io dico al Signore: «Mio rifu gio e mia fortezza, mio Dio in cui confido». Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste c he distrugge. Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio; la sua fedeltà ti sarà sc udo e corazza. Non temerai il terrore della notte né la freccia che vola di giorno, la peste che va ga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno. Mille cadranno al tuo fianco e diecimi la alla tua destra, ma nulla ti potrà colpire. Basterà che tu apra gli occhi e vedrai la ricompensa d ei malvagi! «Sì mio rifugio sei tu o Signore!». Tu hai fatto dell’Altissimo la tua dimora: non ti pot rà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda. Egli per te darà ordine ai suoi angeli d i custodirti in tutte le tue vie. Sulle mani essi ti porteranno, perché il tuo piede non inciampi nell a pietra. Calpesterai leoni e vipere, schiaccerai leoncelli e draghi. «Lo libererò perché a me si è l egato, lo porrò al sicuro perché ha conosciuto il mio nome. Mi invocherà e io gli darò risposta; n ell’angoscia io sarò con lui, lo libererò e lo renderò glorioso. Lo sazierò di lunghi giorni e gli farò vedere la mia salvezza». Salmo. Canto. Per il giorno del sabato. è bello rendere grazie al Signore e cantare al tuo nome o Altissimo, annunciare al mattino il tuo amore, la tua fedeltà lungo la no tte, sulle dieci corde e sull’arpa, con arie sulla cetra. Perché mi dai gioia Signore con le tue mera viglie, esulto per l’opera delle tue mani. Come sono grandi le tue opere Signore, quanto profon di i tuoi pensieri! L’uomo insensato non li conosce e lo stolto non li capisce: se i malvagi spuntan o come l’erba e fioriscono tutti i malfattori, è solo per la loro eterna rovina, ma tu o Signore sei l
’eccelso per sempre. Ecco i tuoi nemici o Signore, i tuoi nemici ecco periranno, saranno dispersi tutti i malfattori. Tu mi doni la forza di un bufalo, mi hai cosparso di olio splendente. I miei occhi disprezzeranno i miei nemici e contro quelli che mi assalgono, i miei orecchi udranno sventure.

Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fior iranno negli atri del nostro Dio. Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno verdi e rigogliosi, per annunciare quanto è retto il Signore, mia roccia: in lui non c’è malvagità. Il Signore regna si r iveste di maestà: si riveste il Signore si cinge di forza. è stabile il mondo non potrà vacillare. Stab ile è il tuo trono da sempre, dall’eternità tu sei. Alzarono i fiumi Signore, alzarono i fiumi la loro voce, alzarono i fiumi il loro fragore. Più del fragore di acque impetuose, più potente dei flutti d el mare, potente nell’alto è il Signore. Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti! La santità si ad dice alla tua casa per la durata dei giorni Signore. Dio vendicatore Signore, Dio vendicatore rispl endi! àlzati giudice della terra, rendi ai superbi quello che si meritano! Fino a quando i malvagi S
ignore, fino a quando i malvagi trionferanno? Sparleranno diranno insolenze, si vanteranno tutti i malfattori? Calpestano il tuo popolo Signore, opprimono la tua eredità. Uccidono la vedova e i l forestiero, massacrano gli orfani. E dicono: «Il Signore non vede, il Dio di Giacobbe non intend e». Intendete ignoranti del popolo: stolti quando diventerete saggi? Chi ha formato l’orecchio f orse non sente? Chi ha plasmato l’occhio forse non vede? Colui che castiga le genti forse non pu nisce, lui che insegna all’uomo il sapere? Il Signore conosce i pensieri dell’uomo: non sono che u n soffio. Beato l’uomo che tu castighi Signore, e a cui insegni la tua legge, per dargli riposo nei gi orni di sventura, finché al malvagio sia scavata la fossa; poiché il Signore non respinge il suo pop olo e non abbandona la sua eredità, il giudizio ritornerà a essere giusto e lo seguiranno tutti i re tti di cuore. Chi sorgerà per me contro i malvagi? Chi si alzerà con me contro i malfattori? Se il Si gnore non fosse stato il mio aiuto, in breve avrei abitato nel regno del silenzio. Quando dicevo:
«Il mio piede vacilla», la tua fedeltà Signore mi ha sostenuto. Nel mio intimo fra molte preoccup azioni, il tuo conforto mi ha allietato. Può essere tuo alleato un tribunale iniquo, che in nome de lla legge provoca oppressioni? Si avventano contro la vita del giusto e condannano il sangue inn ocente. Ma il Signore è il mio baluardo, roccia del mio rifugio è il mio Dio. Su di loro farà ricader e la loro malizia, li annienterà per la loro perfidia, li annienterà il Signore nostro Dio. Venite cant iamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli graz ie, a lui acclamiamo con canti di gioia. Perché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dè i. Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti. Suo è il mare è lui che l’
ha fatto; le sue mani hanno plasmato la terra. Entrate: prostràti adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. è lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli cond uce. Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di M
assa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. Per quarant’anni mi disgustò quella generazione e dissi: “Sono un popolo dal cuore travi ato, non conoscono le mie vie”. Perciò ho giurato nella mia ira: “Non entreranno nel luogo del mio riposo”». Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore uomini di tutta la terra. Can tate al Signore benedite il suo nome, annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo all e genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Grande è il Signore e degno di ogni lode, terribile sopra tutti gli dèi. Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla, il Signore invece ha f
atto i cieli. Maestà e onore sono davanti a lui, forza e splendore nel suo santuario. Date al Signo re o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri, prostratevi al Signore nel suo atrio santo. Tremi davanti a lui tutta la terra. Dite tra le genti: «Il Signore regna!». è stabile il mondo non potrà vacillare! E
gli giudica i popoli con rettitudine. Gioiscano i cieli esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchi ude; sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta davanti a l Signore che viene: sì egli viene a giudicare la terra; giudicherà il mondo con giustizia e nella sua fedeltà i popoli. Il Signore regna: esulti la terra, gioiscano le isole tutte. Nubi e tenebre lo avvolg ono, giustizia e diritto sostengono il suo trono. Un fuoco cammina davanti a lui e brucia tutt’int orno i suoi nemici. Le sue folgori rischiarano il mondo: vede e trema la terra. I monti fondono co me cera davanti al Signore, davanti al Signore di tutta la terra. Annunciano i cieli la sua giustizia, e tutti i popoli vedono la sua gloria. Si vergognino tutti gli adoratori di statue e chi si vanta del n ulla degli idoli. A lui si prostrino tutti gli dèi! Ascolti Sion e ne gioisca, esultino i villaggi di Giuda a causa dei tuoi giudizi Signore. Perché tu Signore, sei l’Altissimo su tutta la terra, eccelso su tut ti gli dèi. Odiate il male voi che amate il Signore: egli custodisce la vita dei suoi fedeli, li libererà dalle mani dei malvagi. Una luce è spuntata per il giusto, una gioia per i retti di cuore. Gioite giu sti nel Signore, della sua santità celebrate il ricordo. Salmo. Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo. Il Signor e ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. Egli si è rico rdato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d’Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. Acclami il Signore tutta la terra, gridate esultate cantate inni! Cantate inni al Signore con la cetra, con la cetra e al suono di strumenti a corde; con le trombe e al suon o del corno acclamate davanti al re il Signore. Risuoni il mare e quanto racchiude, il mondo e i s uoi abitanti. I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne davanti al Signore che viene a giudicare la terra: giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine. Il Signore regna: tremino i popoli. Siede in trono sui cherubini: si scuota la terra. Grande è il Signore in Sion, eccel so sopra tutti i popoli. Lodino il tuo nome grande e terribile. Egli è santo! Forza del re è amare il diritto. Tu hai stabilito ciò che è retto; diritto e giustizia hai operato in Giacobbe. Esaltate il Sign ore nostro Dio, prostratevi allo sgabello dei suoi piedi. Egli è santo! Mosè e Aronne tra i suoi sac erdoti, Samuele tra quanti invocavano il suo nome: invocavano il Signore ed egli rispondeva. Par lava loro da una colonna di nubi: custodivano i suoi insegnamenti e il precetto che aveva loro da to. Signore nostro Dio tu li esaudivi, eri per loro un Dio che perdona, pur castigando i loro pecca ti. Esaltate il Signore nostro Dio, prostratevi davanti alla sua santa montagna, perché santo è il S
ignore nostro Dio! Salmo. Per il rendimento di grazie. Acclamate il Signore voi tutti della terra, s ervite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. Riconoscete che solo il Signore è Di o: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo benedite il suo nome; perché buono è il Sign ore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione. Di Davide. Salmo.

Amore e giustizia io voglio cantare, voglio cantare inni a te Signore. Agirò con saggezza nella via dell’innocenza: quando a me verrai? Camminerò con cuore innocente dentro la mia casa. Non s opporterò davanti ai miei occhi azioni malvagie, detesto chi compie delitti: non mi starà vicino.
Lontano da me il cuore perverso, il malvagio non lo voglio conoscere. Chi calunnia in segreto il s uo prossimo io lo ridurrò al silenzio; chi ha occhio altero e cuore superbo non lo potrò sopporta re. I miei occhi sono rivolti ai fedeli del paese perché restino accanto a me: chi cammina nella vi a dell’innocenza, costui sarà al mio servizio. Non abiterà dentro la mia casa chi agisce con ingan no, chi dice menzogne non starà alla mia presenza. Ridurrò al silenzio ogni mattino tutti i malva gi del paese, per estirpare dalla città del Signore quanti operano il male. Preghiera di un povero che è sfinito ed effonde davanti al Signore il suo lamento. Signore ascolta la mia preghiera, a te giunga il mio grido di aiuto. Non nascondermi il tuo volto nel giorno in cui sono nell’angoscia. Te ndi verso di me l’orecchio, quando t’invoco presto rispondimi! Svaniscono in fumo i miei giorni e come brace ardono le mie ossa. Falciato come erba inaridisce il mio cuore; dimentico di mangi are il mio pane. A forza di gridare il mio lamento mi si attacca la pelle alle ossa. Sono come la civ etta del deserto, sono come il gufo delle rovine. Resto a vegliare: sono come un passero solitari o sopra il tetto. Tutto il giorno mi insultano i miei nemici, furenti imprecano contro di me. Cener e mangio come fosse pane, alla mia bevanda mescolo il pianto; per il tuo sdegno e la tua collera mi hai sollevato e scagliato lontano. I miei giorni declinano come ombra e io come erba inaridis co. Ma tu Signore rimani in eterno, il tuo ricordo di generazione in generazione. Ti alzerai e avra i compassione di Sion: è tempo di averne pietà l’ora è venuta! Poiché ai tuoi servi sono care le s ue pietre e li muove a pietà la sua polvere. Le genti temeranno il nome del Signore e tutti i re de lla terra la tua gloria, quando il Signore avrà ricostruito Sion e sarà apparso in tutto il suo splend ore. Egli si volge alla preghiera dei derelitti, non disprezza la loro preghiera. Questo si scriva per la generazione futura e un popolo da lui creato darà lode al Signore: «Il Signore si è affacciato d all’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato la terra, per ascoltare il sospiro del prigioniero, p er liberare i condannati a morte, perché si proclami in Sion il nome del Signore e la sua lode in G
erusalemme, quando si raduneranno insieme i popoli e i regni per servire il Signore». Lungo il ca mmino mi ha tolto le forze, ha abbreviato i miei giorni. Io dico: mio Dio non rapirmi a metà dei miei giorni; i tuoi anni durano di generazione in generazione. In principio tu hai fondato la terra, i cieli sono opera delle tue mani. Essi periranno tu rimani; si logorano tutti come un vestito, co me un abito tu li muterai ed essi svaniranno. Ma tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non hanno fine. I figli dei tuoi servi avranno una dimora, la loro stirpe vivrà sicura alla tua presenza. Di Davi de. Benedici il Signore anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signor e anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia, sazia di beni la t ua vecchiaia, si rinnova come aquila la tua giovinezza. Il Signore compie cose giuste, difende i di ritti di tutti gli oppressi. Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie, le sue opere ai figli d’Israele. Mise ricordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Non è in lite per sempre, non
rimane adirato in eterno. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono; quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono, perché egli sa b ene di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere. L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni
! Come un fiore di campo così egli fiorisce. Se un vento lo investe non è più, né più lo riconosce l a sua dimora. Ma l’amore del Signore è da sempre, per sempre su quelli che lo temono, e la sua giustizia per i figli dei figli, per quelli che custodiscono la sua alleanza e ricordano i suoi precetti per osservarli. Il Signore ha posto il suo trono nei cieli e il suo regno domina l’universo. Benedite il Signore angeli suoi, potenti esecutori dei suoi comandi, attenti alla voce della sua parola. Ben edite il Signore voi tutte sue schiere, suoi ministri che eseguite la sua volontà. Benedite il Signor e voi tutte opere sue, in tutti i luoghi del suo dominio. Benedici il Signore anima mia. Benedici il Signore anima mia! Sei tanto grande Signore mio Dio! Sei rivestito di maestà e di splendore, avv olto di luce come di un manto, tu che distendi i cieli come una tenda, costruisci sulle acque le tu e alte dimore, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento, fai dei venti i tuoi messagge ri e dei fulmini i tuoi ministri. Egli fondò la terra sulle sue basi: non potrà mai vacillare. Tu l’hai c operta con l’oceano come una veste; al di sopra dei monti stavano le acque. Al tuo rimprovero esse fuggirono, al fragore del tuo tuono si ritrassero atterrite. Salirono sui monti discesero nelle valli, verso il luogo che avevi loro assegnato; hai fissato loro un confine da non oltrepassare, per ché non tornino a coprire la terra. Tu mandi nelle valli acque sorgive perché scorrano tra i monti
, dissetino tutte le bestie dei campi e gli asini selvatici estinguano la loro sete. In alto abitano gli uccelli del cielo e cantano tra le fronde. Dalle tue dimore tu irrighi i monti, e con il frutto delle t ue opere si sazia la terra. Tu fai crescere l’erba per il bestiame e le piante che l’uomo coltiva per trarre cibo dalla terra, vino che allieta il cuore dell’uomo, olio che fa brillare il suo volto e pane che sostiene il suo cuore. Sono sazi gli alberi del Signore, i cedri del Libano da lui piantati. Là gli uccelli fanno il loro nido e sui cipressi la cicogna ha la sua casa; le alte montagne per le capre sel vatiche, le rocce rifugio per gli iràci. Hai fatto la luna per segnare i tempi e il sole che sa l’ora del tramonto. Stendi le tenebre e viene la notte: in essa si aggirano tutte le bestie della foresta; rug giscono i giovani leoni in cerca di preda e chiedono a Dio il loro cibo. Sorge il sole: si ritirano e si accovacciano nelle loro tane. Allora l’uomo esce per il suo lavoro, per la sua fatica fino a sera. Q
uante sono le tue opere Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creat ure. Ecco il mare spazioso e vasto: là rettili e pesci senza numero, animali piccoli e grandi; lo sol cano le navi e il Leviatàn che tu hai plasmato per giocare con lui. Tutti da te aspettano che tu di a loro cibo a tempo opportuno. Tu lo provvedi essi lo raccolgono; apri la tua mano si saziano di beni. Nascondi il tuo volto: li assale il terrore; togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella lor o polvere. Mandi il tuo spirito sono creati, e rinnovi la faccia della terra. Sia per sempre la gloria del Signore; gioisca il Signore delle sue opere. Egli guarda la terra ed essa trema, tocca i monti e d essi fumano. Voglio cantare al Signore finché ho vita, cantare inni al mio Dio finché esisto. A lu
i sia gradito il mio canto, io gioirò nel Signore. Scompaiano i peccatori dalla terra e i malvagi non esistano più. Benedici il Signore anima mia. Alleluia. Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere. A lui cantate a lui inneggiate, meditate tutte le sue meraviglie. Gloriatevi del suo santo nome: gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signo re e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto. Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i suo i prodigi e i giudizi della sua bocca, voi stirpe di Abramo suo servo, figli di Giacobbe suo eletto. è lui il Signore nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. Si è sempre ricordato della sua alleanza, parola data per mille generazioni, dell’alleanza stabilita con Abramo e del suo giuramento a Isac co. L’ha stabilita per Giacobbe come decreto, per Israele come alleanza eterna, quando disse: «
Ti darò il paese di Canaan come parte della vostra eredità». Quando erano in piccolo numero, p ochi e stranieri in quel luogo, e se ne andavano di nazione in nazione, da un regno a un altro po polo, non permise che alcuno li opprimesse e castigò i re per causa loro: «Non toccate i miei co nsacrati, non fate alcun male ai miei profeti». Chiamò la carestia su quella terra, togliendo il sos tegno del pane. Davanti a loro mandò un uomo, Giuseppe venduto come schiavo. Gli strinsero i piedi con ceppi, il ferro gli serrò la gola, finché non si avverò la sua parola e l’oracolo del Signore ne provò l’innocenza. Il re mandò a scioglierlo, il capo dei popoli lo fece liberare; lo costituì sign ore del suo palazzo, capo di tutti i suoi averi, per istruire i prìncipi secondo il suo giudizio e inseg nare la saggezza agli anziani. E Israele venne in Egitto, Giacobbe emigrò nel paese di Cam. Ma Di o rese molto fecondo il suo popolo, lo rese più forte dei suoi oppressori. Cambiò il loro cuore pe rché odiassero il suo popolo e agissero con inganno contro i suoi servi. Mandò Mosè suo servo, e Aronne che si era scelto: misero in atto contro di loro i suoi segni e i suoi prodigi nella terra di Cam. Mandò le tenebre e si fece buio, ma essi resistettero alle sue parole. Cambiò le loro acque in sangue e fece morire i pesci. La loro terra brulicò di rane fino alle stanze regali. Parlò e venne ro tafani, zanzare in tutto il territorio. Invece di piogge diede loro la grandine, vampe di fuoco s ulla loro terra. Colpì le loro vigne e i loro fichi, schiantò gli alberi del territorio. Parlò e vennero l e locuste e bruchi senza numero: divorarono tutta l’erba della loro terra, divorarono il frutto del loro suolo. Colpì ogni primogenito nella loro terra, la primizia di ogni loro vigore. Allora li fece u scire con argento e oro; nelle tribù nessuno vacillava. Quando uscirono gioì l’Egitto, che era stat o colpito dal loro terrore. Distese una nube per proteggerli e un fuoco per illuminarli di notte. Al la loro richiesta fece venire le quaglie e li saziò con il pane del cielo. Spaccò una rupe e ne sgorg arono acque: scorrevano come fiumi nel deserto. Così si è ricordato della sua parola santa, data ad Abramo suo servo. Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza, i suoi eletti con canti di gioia.
Ha dato loro le terre delle nazioni e hanno ereditato il frutto della fatica dei popoli, perché osse rvassero i suoi decreti e custodissero le sue leggi. Alleluia. Alleluia. Rendete grazie al Signore per ché è buono, perché il suo amore è per sempre. Chi può narrare le prodezze del Signore, far risu onare tutta la sua lode? Beati coloro che osservano il diritto e agiscono con giustizia in ogni tem po. Ricòrdati di me Signore per amore del tuo popolo, visitami con la tua salvezza, perché io ved a il bene dei tuoi eletti, gioisca della gioia del tuo popolo, mi vanti della tua eredità. Abbiamo pe
ccato con i nostri padri, delitti e malvagità abbiamo commesso. I nostri padri in Egitto, non com presero le tue meraviglie, non si ricordarono della grandezza del tuo amore e si ribellarono pres so il mare presso il Mar Rosso. Ma Dio li salvò per il suo nome, per far conoscere la sua potenza.
Minacciò il Mar Rosso e fu prosciugato, li fece camminare negli abissi come nel deserto. Li salvò dalla mano di chi li odiava, li riscattò dalla mano del nemico. L’acqua sommerse i loro avversari, non ne sopravvisse neppure uno. Allora credettero alle sue parole e cantarono la sua lode. Pres to dimenticarono le sue opere, non ebbero fiducia nel suo progetto, arsero di desiderio nel des erto e tentarono Dio nella steppa. Concesse loro quanto chiedevano e li saziò fino alla nausea.
Divennero gelosi di Mosè nell’accampamento e di Aronne il consacrato del Signore. Allora si spa lancò la terra e inghiottì Datan e ricoprì la gente di Abiràm. Un fuoco divorò quella gente e una f iamma consumò quei malvagi. Si fabbricarono un vitello sull’Oreb, si prostrarono a una statua d i metallo; scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia erba. Dimenticarono Di o che li aveva salvati, che aveva operato in Egitto cose grandi, meraviglie nella terra di Cam, cos e terribili presso il Mar Rosso. Ed egli li avrebbe sterminati, se Mosè il suo eletto, non si fosse po sto sulla breccia davanti a lui per impedire alla sua collera di distruggerli. Rifiutarono una terra d i delizie, non credettero alla sua parola. Mormorarono nelle loro tende, non ascoltarono la voce del Signore. Allora egli alzò la mano contro di loro, giurando di abbatterli nel deserto, di disper dere la loro discendenza tra le nazioni e disseminarli nelle loro terre. Adorarono Baal-Peor e mangiarono i sacrifici dei morti. Lo provocarono con tali azioni, e tra loro scoppiò la pest e. Ma Fineès si alzò per fare giustizia: allora la peste cessò. Ciò fu considerato per lui un atto di g iustizia di generazione in generazione per sempre. Lo irritarono anche alle acque di Merìba e M
osè fu punito per causa loro: poiché avevano amareggiato il suo spirito ed egli aveva parlato sen za riflettere. Non sterminarono i popoli come aveva ordinato il Signore, ma si mescolarono con l e genti e impararono ad agire come loro. Servirono i loro idoli e questi furono per loro un tranel lo. Immolarono i loro figli e le loro figlie ai falsi dèi. Versarono sangue innocente, il sangue dei lo ro figli e delle loro figlie, sacrificàti agli idoli di Canaan, e la terra fu profanata dal sangue. Si cont aminarono con le loro opere, si prostituirono con le loro azioni. L’ira del Signore si accese contr o il suo popolo ed egli ebbe in orrore la sua eredità. Li consegnò in mano alle genti, li dominaro no quelli che li odiavano. Li oppressero i loro nemici: essi dovettero piegarsi sotto la loro mano.
Molte volte li aveva liberati, eppure si ostinarono nei loro progetti e furono abbattuti per le loro colpe; ma egli vide la loro angustia, quando udì il loro grido. Si ricordò della sua alleanza con lor o e si mosse a compassione per il suo grande amore. Li affidò alla misericordia di quelli che li av evano deportati. Salvaci Signore Dio nostro, radunaci dalle genti, perché ringraziamo il tuo nom e santo: lodarti sarà la nostra gloria. Benedetto il Signore Dio d’Israele, da sempre e per sempre
. Tutto il popolo dica: Amen. Alleluia. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo a more è per sempre. Lo dicano quelli che il Signore ha riscattato, che ha riscattato dalla mano de ll’oppressore e ha radunato da terre diverse, dall’oriente e dall’occidente, dal settentrione e dal mezzogiorno. Alcuni vagavano nel deserto su strade perdute, senza trovare una città in cui abit
are. Erano affamati e assetati, veniva meno la loro vita. Nell’angustia gridarono al Signore ed egl i li liberò dalle loro angosce. Li guidò per una strada sicura, perché andassero verso una città in cui abitare. Ringrazino il Signore per il suo amore, per le sue meraviglie a favore degli uomini, p erché ha saziato un animo assetato, un animo affamato ha ricolmato di bene. Altri abitavano ne lle tenebre e nell’ombra di morte, prigionieri della miseria e dei ferri, perché si erano ribellati all e parole di Dio e avevano disprezzato il progetto dell’Altissimo. Egli umiliò il loro cuore con le fa tiche: cadevano e nessuno li aiutava. Nell’angustia gridarono al Signore, ed egli li salvò dalle lor o angosce. Li fece uscire dalle tenebre e dall’ombra di morte e spezzò le loro catene. Ringrazino il Signore per il suo amore, per le sue meraviglie a favore degli uomini, perché ha infranto le por te di bronzo e ha spezzato le sbarre di ferro. Altri stolti per la loro condotta ribelle, soffrivano pe r le loro colpe; rifiutavano ogni sorta di cibo e già toccavano le soglie della morte. Nell’angustia gridarono al Signore, ed egli li salvò dalle loro angosce. Mandò la sua parola li fece guarire e li sa lvò dalla fossa. Ringrazino il Signore per il suo amore, per le sue meraviglie a favore degli uomini
. Offrano a lui sacrifici di ringraziamento, narrino le sue opere con canti di gioia. Altri che scende vano in mare sulle navi e commerciavano sulle grandi acque, videro le opere del Signore e le su e meraviglie nel mare profondo. Egli parlò e scatenò un vento burrascoso, che fece alzare le on de: salivano fino al cielo scendevano negli abissi; si sentivano venir meno nel pericolo. Ondeggia vano e barcollavano come ubriachi: tutta la loro abilità era svanita. Nell’angustia gridarono al Si gnore, ed egli li fece uscire dalle loro angosce. La tempesta fu ridotta al silenzio, tacquero le ond e del mare. Al vedere la bonaccia essi gioirono, ed egli li condusse al porto sospirato. Ringrazino il Signore per il suo amore, per le sue meraviglie a favore degli uomini. Lo esaltino nell’assembl ea del popolo, lo lodino nell’adunanza degli anziani. Cambiò i fiumi in deserto, in luoghi aridi le f onti d’acqua e la terra fertile in palude, per la malvagità dei suoi abitanti. Poi cambiò il deserto i n distese d’acqua e la terra arida in sorgenti d’acqua. Là fece abitare gli affamati, ed essi fondar ono una città in cui abitare. Seminarono campi e piantarono vigne, che produssero frutti abbon danti. Li benedisse e si moltiplicarono, e non lasciò diminuire il loro bestiame. Poi diminuirono e furono abbattuti dall’oppressione dal male e dal dolore. Colui che getta il disprezzo sui potenti l i fece vagare nel vuoto senza strade. Ma risollevò il povero dalla miseria e moltiplicò le sue fami glie come greggi. Vedano i giusti e ne gioiscano, e ogni malvagio chiuda la bocca. Chi è saggio os servi queste cose e comprenderà l’amore del Signore. Canto. Salmo. Di Davide. Saldo è il mio cu ore o Dio, saldo è il mio cuore. Voglio cantare voglio inneggiare: svégliati mio cuore, svegliatevi arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora. Ti loderò fra i popoli Signore, a te canterò inni fra le nazio ni: grande fino ai cieli è il tuo amore e la tua fedeltà fino alle nubi. Innàlzati sopra il cielo o Dio; s u tutta la terra la tua gloria! Perché siano liberati i tuoi amici, salvaci con la tua destra e rispondi ci. Dio ha parlato nel suo santuario: «Esulto e divido Sichem, spartisco la valle di Succot. Mio è G
àlaad mio è Manasse, èfraim è l’elmo del mio capo, Giuda lo scettro del mio comando. Moab è i l catino per lavarmi, su Edom getterò i miei sandali, sulla Filistea canterò vittoria». Chi mi condu rrà alla città fortificata, chi potrà guidarmi fino al paese di Edom, se non tu o Dio che ci hai respi
nti e più non esci o Dio con le nostre schiere? Nell’oppressione vieni in nostro aiuto, perché van a è la salvezza dell’uomo. Con Dio noi faremo prodezze, egli calpesterà i nostri nemici. Al maestr o del coro. Di Davide. Salmo. Dio della mia lode non tacere, perché contro di me si sono aperte l a bocca malvagia e la bocca ingannatrice, e mi parlano con lingua bugiarda. Parole di odio mi cir condano, mi aggrediscono senza motivo. In cambio del mio amore mi muovono accuse, io invec e sono in preghiera. Mi rendono male per bene e odio in cambio del mio amore. Suscita un mal vagio contro di lui e un accusatore stia alla sua destra! Citato in giudizio ne esca colpevole e la s ua preghiera si trasformi in peccato. Pochi siano i suoi giorni e il suo posto l’occupi un altro. I su oi figli rimangano orfani e vedova sua moglie. Vadano raminghi i suoi figli mendicando, rovistino fra le loro rovine. L’usuraio divori tutti i suoi averi e gli estranei saccheggino il frutto delle sue f atiche. Nessuno gli dimostri clemenza, nessuno abbia pietà dei suoi orfani. La sua discendenza s ia votata allo sterminio, nella generazione che segue sia cancellato il suo nome. La colpa dei suo i padri sia ricordata al Signore, il peccato di sua madre non sia mai cancellato: siano sempre dav anti al Signore ed egli elimini dalla terra il loro ricordo. Perché non si è ricordato di usare cleme nza e ha perseguitato un uomo povero e misero, con il cuore affranto per farlo morire. Ha amat o la maledizione: ricada su di lui! Non ha voluto la benedizione: da lui si allontani! Si è avvolto di maledizione come di una veste: è penetrata come acqua nel suo intimo e come olio nelle sue o ssa. Sia per lui come vestito che lo avvolge, come cintura che sempre lo cinge. Sia questa da par te del Signore la ricompensa per chi mi accusa, per chi parla male contro la mia vita. Ma tu Sign ore Dio, trattami come si addice al tuo nome: liberami perché buona è la tua grazia. Io sono pov ero e misero, dentro di me il mio cuore è ferito. Come ombra che declina me ne vado, scacciato via come una locusta. Le mie ginocchia vacillano per il digiuno, scarno è il mio corpo e dimagrit o. Sono diventato per loro oggetto di scherno: quando mi vedono scuotono il capo. Aiutami Sig nore mio Dio, salvami per il tuo amore. Sappiano che qui c’è la tua mano: sei tu Signore che hai fatto questo. Essi maledicano pure ma tu benedici! Insorgano ma siano svergognati e il tuo serv o sia nella gioia. Si coprano d’infamia i miei accusatori, siano avvolti di vergogna come di un ma ntello. A piena voce ringrazierò il Signore, in mezzo alla folla canterò la sua lode, perché si è me sso alla destra del misero per salvarlo da quelli che lo condannano. Di Davide. Salmo. Oracolo d el Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici! A te i l principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada i o ti ho generato. Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek». Il Signore è alla tua destra! Egli abbatterà i re nel giorno della sua ira, sarà giudic e fra le genti, ammucchierà cadaveri, abbatterà teste su vasta terra; lungo il cammino si disseta al torrente, perciò solleva alta la testa. Alleluia. Renderò grazie al Signore con tutto il cuore tra g li uomini retti riuniti in assemblea. Grandi sono le opere del Signore: le ricerchino coloro che le amano. Il suo agire è splendido e maestoso la sua giustizia rimane per sempre. Ha lasciato un ric ordo delle sue meraviglie: misericordioso e pietoso è il Signore. Egli dà il cibo a chi lo teme si ric
orda sempre della sua alleanza. Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere gli diede l’ered ità delle genti. Le opere delle sue mani sono verità e diritto stabili sono tutti i suoi comandi, im mutabili nei secoli per sempre da eseguire con verità e rettitudine. Mandò a liberare il suo popo lo stabilì la sua alleanza per sempre. Santo e terribile è il suo nome. Principio della sapienza è il t imore del Signore: rende saggio chi ne esegue i precetti. La lode del Signore rimane per sempre.
Alleluia. Beato l’uomo che teme il Signore e nei suoi precetti trova grande gioia. Potente sulla t erra sarà la sua stirpe la discendenza degli uomini retti sarà benedetta. Prosperità e ricchezza n ella sua casa la sua giustizia rimane per sempre. Spunta nelle tenebre luce per gli uomini retti: misericordioso pietoso e giusto. Felice l’uomo pietoso che dà in prestito amministra i suoi beni c on giustizia. Egli non vacillerà in eterno: eterno sarà il ricordo del giusto. Cattive notizie non avr à da temere saldo è il suo cuore confida nel Signore. Sicuro è il suo cuore non teme finché non v edrà la rovina dei suoi nemici. Egli dona largamente ai poveri la sua giustizia rimane per sempre la sua fronte s’innalza nella gloria. Il malvagio vede e va in collera digrigna i denti e si consuma.
Ma il desiderio dei malvagi va in rovina. Alleluia. Lodate servi del Signore, lodate il nome del Sig nore. Sia benedetto il nome del Signore, da ora e per sempre. Dal sorgere del sole al suo tramo nto sia lodato il nome del Signore. Su tutte le genti eccelso è il Signore, più alta dei cieli è la sua gloria. Chi è come il Signore nostro Dio, che siede nell’alto e si china a guardare sui cieli e sulla t erra? Solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero, per farlo sedere tra i prìnci pi, tra i prìncipi del suo popolo. Fa abitare nella casa la sterile, come madre gioiosa di figli. Allelu ia. Quando Israele uscì dall’Egitto, la casa di Giacobbe da un popolo barbaro, Giuda divenne il su o santuario, Israele il suo dominio. Il mare vide e si ritrasse, il Giordano si volse indietro, le mont agne saltellarono come arieti, le colline come agnelli di un gregge. Che hai tu mare per fuggire, e tu Giordano per volgerti indietro? Perché voi montagne saltellate come arieti e voi colline co me agnelli di un gregge? Trema o terra davanti al Signore, davanti al Dio di Giacobbe, che muta la rupe in un lago, la roccia in sorgenti d’acqua. Non a noi Signore non a noi, ma al tuo nome da’
gloria, per il tuo amore per la tua fedeltà. Perché le genti dovrebbero dire: «Dov’è il loro Dio?».
Il nostro Dio è nei cieli: tutto ciò che vuole egli lo compie. I loro idoli sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Le loro mani non palpano, i loro piedi non camminano; dalla loro gola non escono suoni! Diventi come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida! Isr aele confida nel Signore: egli è loro aiuto e loro scudo. Casa di Aronne confida nel Signore: egli è loro aiuto e loro scudo. Voi che temete il Signore confidate nel Signore: egli è loro aiuto e loro s cudo. Il Signore si ricorda di noi ci benedice: benedice la casa d’Israele, benedice la casa di Aron ne. Benedice quelli che temono il Signore, i piccoli e i grandi. Vi renda numerosi il Signore, voi e i vostri figli. Siate benedetti dal Signore, che ha fatto cielo e terra. I cieli sono i cieli del Signore, ma la terra l’ha data ai figli dell’uomo. Non i morti lodano il Signore né quelli che scendono nel s ilenzio, ma noi benediciamo il Signore da ora e per sempre. Alleluia. Amo il Signore perché ascol ta il grido della mia preghiera. Verso di me ha teso l’orecchio nel giorno in cui lo invocavo. Mi st
ringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi, ero preso da tristezza e angoscia. Allora ho invocato il nome del Signore: «Ti prego liberami Signore». Pietoso e giusto è il Signore, il nos tro Dio è misericordioso. Il Signore protegge i piccoli: ero misero ed egli mi ha salvato. Ritorna a nima mia al tuo riposo, perché il Signore ti ha beneficato. Sì hai liberato la mia vita dalla morte, i miei occhi dalle lacrime, i miei piedi dalla caduta. Io camminerò alla presenza del Signore nella t erra dei viventi. Ho creduto anche quando dicevo: «Sono troppo infelice». Ho detto con sgomen to: «Ogni uomo è bugiardo». Che cosa renderò al Signore per tutti i benefici che mi ha fatto? Al zerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore, dav anti a tutto il suo popolo. Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. Ti prego Sign ore perché sono tuo servo; io sono tuo servo figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie cate ne. A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo, negli atri della casa del Signore, in mezzo a te Gerusalemme. Alleluia.

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In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’a bisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia l a luce!». E la luce fu. Dio vide che l a luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chia mò le tenebre notte. E fu ser a e fu mattina: giorno primo. Dio disse: «Sia un firmamento in mez zo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «La terra produca germogli erbe che producono seme e alberi da frutto che fanno sulla terra frutto con il seme ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. E la terra produsse germogli erbe che producono seme ciascuna secondo la propria specie e albe
ri che fanno ciascuno frutto con il seme secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona.
E fu sera e fu mattina: terzo giorno. Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo pe r separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste per i giorni e per gli anni e siano fonti di l uce nel firmamento del cielo p er illuminare la terra». E così avvenne. E Dio fece le due fonti di l uce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per govern are il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio v ide che era cosa buona. E fu se ra e fu mattina: quarto giorno. Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino s opra la terra, davanti al firmame nto del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri v iventi che guizzano e brulicano nelle acque secondo la loro specie e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e ri empite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra»
. E fu sera e fu mattina: quinto giorno. Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame rettili e animali selvatici secondo la loro speci e». E così avvenne. Dio fece gli a nimali selvatici secondo la loro specie il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del su olo secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra i mmagine secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo sul bestiame su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uo mo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e fem mina li creò. Dio li benedisse e Di o disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cie lo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecc o io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che pro d uce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli
esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita io do in cibo ogni erba verde». E così avv enne. Dio vide quanto aveva fatto ed ecco era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto gi orno. Così furono portati a c ompimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio nel settimo giorno portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo la v oro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. Queste sono le origi ni del cielo e della terra quand o vennero creati. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campest re era sulla terra nessuna erba ca mpestre era spuntata perché il Signore Dio non aveva fatto pi overe sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo ma una polla d’acqua sgorgava dalla te rra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nel le sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. P
oi il Signore Dio piantò un giardino in Eden a oriente e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il S
ignore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi gra diti alla vista e buoni da mangiare e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Un fiu me usciva da Eden per irrigar e il giardino poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fi ume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla dove si trova l’oro e l’oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d’ònice. Il secondo fiume si chi ama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d’Etiopia.
Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo co ltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino ma dell’
albero della conoscenza del b ene e del male non devi mangiare perché nel giorno in cui tu ne mangerai certamente dovrai morire». E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: v oglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di ani mali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiam ati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi quello doveva esser e il suo nome. Così l’uomo im
pose nomi a tutto il bestiame a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici ma per l’uo mo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull
’uomo che si addormentò gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Di o formò con la costola che ave va tolta all’uomo una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uom o disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perc h é dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua mo glie, e i due saranno un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi l’
uomo e sua moglie e non provavano vergogna. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali sel vatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «è vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino n oi possiamo mangiare ma del fr utto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donn a:
«Non morirete affatto! Anzi Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri oc chi e sareste come Dio conoscendo il bene e il male». Allora l a donna vide che l’albero era buo no da mangiare gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò poi ne diede anch e al marito che era con lei e anch’egli ne mangiò. Allora si apriro no gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero c inture. Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza d el giorno e l’uomo con sua moglie si nascose dalla presenza d el Signore Dio in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avut o paura perché sono nudo e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fa tto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non m angiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?»
. Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il best iame e fra tutti gli animali selv atici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inim icizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidie rai il calcagno». Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore par t orirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà». All’uomo disse: «Poiché ha i ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne” maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore del tuo volto m angerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e i n polvere ritornerai!». L’uomo chiamò sua moglie Eva perché ella fu la madre di tutti i viventi. Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li ves tì. Poi il Signore Dio disse: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli n on stenda la mano e non prend
a anche dell’albero della vita ne mangi e viva per sempre!». Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacci ò l’uomo e pose a oriente del gia rdino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante per custodire la via all’albero della vi ta. Adamo conobbe Eva sua m oglie che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uom
o grazie al Signore». Poi partorì ancora Abele suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi men t re Caino era lavoratore del suolo. Trascorso del tempo Caino presentò frutti del suolo come off erta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti de l suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritat o e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abba ttuto il tuo volto? Se agisci bene non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene il peccat o è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto e tu lo dominerai». Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna Caino alzò la mano contro
il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele tuo fratello?». Egli rispo se: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Ri prese: «Che hai fatto? La voce del sa ngue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lontano dal suolo che ha aperto la b occa per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo esso non ti d arà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Tropp o gr ande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nasco ndermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi uccid erà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». I l Signore impose a Caino un
segno perché nessuno incontrandolo lo colpisse. Caino si allontanò dal Signore e abitò nella regi one di Nod a oriente di Eden. Ora Caino conobbe sua moglie ch
e concepì e partorì Enoc; poi divenne costruttore di una città che chiamò Enoc dal nome del figli o. A Enoc nacque Irad; Irad generò Mecuiaèl e Mecuiaèl generò
Metusaèl e Metusaèl generò Lamec. Lamec si prese due mogli: una chiamata Ada e l’altra chiamata Silla. Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano so tto le tende presso il bestiame. Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto. Silla a s ua volta partorì Tubal-Kain il fabbro padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro. La sorella di Tubal-Kain fu Naamà. Lamec disse alle mogli: «Ada e Silla ascoltate la mia voce; mogli di Lamec porget e l’orecchio al mio dire. Ho ucciso un uomo per una mia scalf
ittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette»
. Adamo di nuovo conobbe sua moglie che partorì un figlio e lo
chiamò Set. «Perché – disse –
Dio mi ha concesso un’altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l’ha ucciso». Anche a S
et nacque un figlio che chiamò Enos. A quel tempo si cominci

ò a invocare il nome del Signore. Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l’uomo lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femm
ina li creò li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo avev a centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine seco ndo la sua somiglianza e lo chi amò Set. Dopo aver generato Set Adamo visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie. L’int era vita di Adamo fu di novecent otrenta anni; poi morì. Set aveva centocinque anni quando ge nerò Enos; dopo aver generato Enos Set visse ancora ottocentosette anni e generò figli e figlie.
L’in tera vita di Set fu di novecentododici anni; poi morì. Enos aveva novanta anni quando gener ò Kenan; Enos dopo aver generato Kenan visse ancora ottocentoqui ndici anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Enos fu di novecentocinque anni; poi morì. Kenan aveva settanta anni quando generò Maalalèl; Kenan, dopo av er generato Maalalèl visse ancora ottocentoquaranta anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Kenan fu di novecentodieci anni; p oi morì. Maalalèl aveva sessa ntacinque anni quando generò Iered; Maalalèl dopo aver generat o Iered visse ancora ottocentotrenta anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Maalalèl fu di ott ocentonovantacinque anni; poi morì. Iered aveva centosessantadue anni quando generò Enoc; I ered dopo aver generato Enoc visse ancora ottocento anni e gener ò figli e figlie. L’intera vita di Iered fu di novecentosessantadue anni; poi morì. Enoc aveva sessa ntacinque anni quando generò Matusalemme. Enoc camminò c
on Dio; dopo aver generato Matusalemme visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie.
L’intera vita di Enoc fu di trecentosessantacinque anni. Enoc ca mminò con Dio poi scomparve p erché Dio l’aveva preso. Matusalemme aveva centoottantasette anni quando generò Lamec; M
atusalemme dopo aver generato
Lamec visse ancora settecentoottantadue anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Matusalem me fu di novecentosessantanove anni; poi morì. Lamec aveva cen
toottantadue anni quando generò un figlio e lo chiamò Noè dicendo: «Costui ci consolerà del no stro lavoro e della fatica delle nostre mani a causa del suolo che il Signore ha maledetto». Lame c dopo aver generato Noè visse ancora cinquecentonovantacinque anni e generò figli e figlie. L’i ntera vita di Lamec fu di settece ntosettantasette anni; poi morì. Noè aveva cinquecento anni q uando generò Sem Cam e Iafet. Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nac qu
ero loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mo gli a loro scelta. Allora il Signore disse: «Il mio spirito non res terà sempre nell’uomo perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». C’erano sulla terra i giganti a quei tempi –
e anche dopo –

quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono qu esti gli eroi dell’antichità uomini famosi. Il Signore vide che l a malvagità degli uomini era grand e sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo s ulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli u cc elli del cielo perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. Questa è la discendenza di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio. Noè generò tre figli: Sem Cam e Iafet. Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. Dio guardò la terra ed ecco essa era corrotta perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra. Allora Dio disse a Noè: «è venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra per causa loro è piena di violenza; ecco io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori.
Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore medio e superiore. Ecco io sto per mandare il diluvio cioè le acque sulla terra per distruggere sotto il cielo ogni carne in cui c’è soffio di vita; quanto è sulla t erra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell
’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive di ogni carne intro durrai nell’arca due di ogni specie per conservarli in vita con te
: siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la loro specie del bestiame secondo la propria specie e di tutti i rettili del suolo secondo la loro specie due di o gnuna verranno con te per esse re conservati in vita. Quanto a te prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e fanne provvista: sarà di nutrimento per te e per loro». Noè eseguì ogni cosa come Dio gli aveva comandato: così fece.
Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dina nzi a me in questa generazione. Di ogni animale puro prendine con te sette paia il maschio e la s ua femmina; degli animali che non sono puri un paio il maschio e la sua femmina. Anche degli u ccelli del cielo sette paia maschio e femmina per conservarne in vita la razza su tutta la terra. Pe rché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; cancellerò dall a terra ogni essere che ho fatto». Noè fece quanto il Signore gli aveva comandato. Noè aveva se icento anni quando venne il diluvio cioè le acque sulla terra. Noè entrò nell’arca e con lui i suoi f igli sua moglie e le mogli dei suoi figli per sottrarsi alle acque del diluvio. Degli animali puri e di q uelli impuri degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo un maschio e una femmina e ntrarono a due a due nell’arca come Dio aveva comandato a Noè. Dopo sette giorni le acque del diluvio furono sopra la terra; nell’anno seicentesimo della vita di Noè nel secondo mese il dicias sette del mese in quello stesso giorno eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratt e del cielo si aprirono. Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti. In quell o stesso giorno entrarono nell’arca Noè con i figli Sem Cam e Iafet la moglie di Noè, le tre mogli
dei suoi tre figli; essi e tutti i viventi secondo la loro specie e tutto il bestiame secondo la propri a specie e tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo la loro specie tutti i volatili secondo la l oro specie tutti gli uccelli tutti gli esseri alati. Vennero dunque a Noè nell’arca a due a due di og ni carne in cui c’è il soffio di vita. Quelli che venivano maschio e femmina d’ogni carne entraron o come gli aveva comandato Dio. Il Signore chiuse la porta dietro di lui. Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l’arca che s’innalzò sulla terra. Le acque furon o travolgenti e crebbero molto sopra la terra e l’arca galleggiava sulle acque. Le acque furono se mpre più travolgenti sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo.
Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto. Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra uccelli bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici cioè quanto era sulla terra asciu tta morì. Così fu cancellato ogni essere che era sulla terra: dagli uomini agli animali domestici ai rettili e agli uccelli del cielo; essi furono cancellati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con l ui nell’arca. Le acque furono travolgenti sopra la terra centocinquanta giorni. Dio si ricordò di N
oè di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano con lui nell’arca. Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si abbassarono. Le fonti dell’abisso e le cateratte del cielo furono ch iuse e fu trattenuta la pioggia dal cielo; le acque andarono via via ritirandosi dalla terra e calaro no dopo centocinquanta giorni. Nel settimo mese il diciassette del mese l’arca si posò sui monti dell’Araràt. Le acque andarono via via diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese il pri mo giorno del mese apparvero le cime dei monti. Trascorsi quaranta giorni Noè aprì la finestra c he aveva fatto nell’arca e fece uscire un corvo. Esso uscì andando e tornando finché si prosciuga rono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba per vedere se le acque si fossero ritir ate dal suolo; ma la colomba non trovando dove posare la pianta del piede tornò a lui nell’arca perché c’era ancora l’acqua su tutta la terra. Egli stese la mano la prese e la fece rientrare press o di sé nell’arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco essa aveva nel becco una tenera foglia di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui. L’anno seicentouno della vita di Noè il primo mese il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell’arca ed ecco la super ficie del suolo era asciutta. Nel secondo mese il ventisette del mese tutta la terra si era prosciug ata. Dio ordinò a Noè: «Esci dall’arca tu e tua moglie i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te. Tut ti gli animali d’ogni carne che hai con te uccelli bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra falli uscire con te, perché possano diffondersi sulla terra siano fecondi e si moltiplichino su di es sa». Noè uscì con i figli la moglie e le mogli dei figli. Tutti i viventi e tutto il bestiame e tutti gli uc celli e tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo le loro specie uscirono dall’arca. Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali puri e di uccelli puri e offrì olocausti sull’
altare. Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: «Non maledirò più il suolo a ca usa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né co
lpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e cald o, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno». Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli anim ali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita cioè con il suo sangue. Del sa ngue vostro ossia della vostra vita io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vive nte e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello. Chi sparge il san gue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio è stato fatto l’uo mo. E voi siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela». Dio disse a No è e ai suoi figli con lui: «Quanto a me ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri disc endenti dopo di voi con ogni essere vivente che è con voi uccelli bestiame e animali selvatici co n tutti gli animali che sono usciti dall’arca con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alle anza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio né il diluvio devasterà p iù la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere v ivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il se gno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci s aranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne. L’arco sarà sulle nubi, e io lo guard erò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra».
Disse Dio a Noè: «Questo è il segno dell’alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è su lla terra». I figli di Noè che uscirono dall’arca furono Sem Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan.
Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra. Ora Noè coltivatore della terr a cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino si ubriacò e si denudò all’interno della su a tenda. Cam padre di Canaan vide la nudità di suo padre e raccontò la cosa ai due fratelli che st avano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello se lo misero tutti e due sulle spalle e cammin ando a ritroso coprirono la nudità del loro padre; avendo tenuto la faccia rivolta indietro non vi dero la nudità del loro padre. Quando Noè si fu risvegliato dall’ebbrezza seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: «Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fra telli!». E aggiunse: «Benedetto il Signore Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Iafet ed e gli dimori nelle tende di Sem, Canaan sia suo schiavo!». Noè visse dopo il diluvio trecentocinqua nta anni. L’intera vita di Noè fu di novecentocinquanta anni; poi morì. Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem Cam e Iafet ai quali nacquero figli dopo il diluvio. I figli di Iafet: Gomer Mag òg Madai Iavan Tubal Mesec e Tiras. I figli di Gomer: Aschenàz Rifat e Togarmà. I figli di Iavan: El isa Tarsis i Chittìm e i Dodanìm. Da costoro derivarono le genti disperse per le isole nei loro terri tori ciascuna secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie nelle rispettive nazioni. I figli d i Cam: Etiopia Egitto Put e Canaan. I figli di Etiopia: Seba, Avìla Sabta Raamà e Sabtecà. I figli di R
aamà: Saba e Dedan. Etiopia generò Nimrod: costui cominciò a essere potente sulla terra. Egli era valente nella caccia davanti al Signore perciò si dice: «Come Nimrod, valente cacciatore dava nti al Signore». L’inizio del suo regno fu Babele Uruc, Accad e Calne nella regione di Sinar. Da qu ella terra si portò ad Assur e costruì Ninive Recobòt-Ir e Calach e Resen tra Ninive e Calach; quella è la grande città. Egitto generò quelli di Lud Anam Laab Naftuch, Patros Casluch e Caftor da dove uscirono i Filistei. Canaan generò Sidone suo pri mogenito e Chet e il Gebuseo l’Amorreo il Gergeseo, l’Eveo l’Archeo e il Sineo l’Arvadeo il Sema reo e il Camateo. In seguito si dispersero le famiglie dei Cananei. Il confine dei Cananei andava d a Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza poi in direzione di Sòdoma Gomorra Adma e Seboìm fi no a Lesa. Questi furono i figli di Cam secondo le loro famiglie e le loro lingue nei loro territori e nelle rispettive nazioni. Anche a Sem fratello maggiore di Iafet e capostipite di tutti i figli di Eber nacque una discendenza. I figli di Sem: Elam Assur Arpacsàd Lud e Aram. I figli di Aram: Us UlG
heter e Mas. Arpacsàd generò Selach e Selach generò Eber. A Eber nacquero due figli: uno si chi amò Peleg perché ai suoi tempi fu divisa la terra e il fratello si chiamò Ioktan. Ioktan generò Alm odàd Selef Asarmàvet Ierach Adoràm Uzal Dikla, Obal Abimaèl Saba Ofir Avìla e Iobab. Tutti que sti furono i figli di Ioktan; la loro sede era sulle montagne dell’oriente da Mesa in direzione di Se far. Questi furono i figli di Sem secondo le loro famiglie e le loro lingue, nei loro territori second o le rispettive nazioni. Queste furono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro genealogie nelle rispettive nazioni. Da costoro si dispersero le nazioni sulla terra dopo il diluvio. Tutta la terra av eva un’unica lingua e uniche parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianur a nella regione di Sinar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: «Venite facciamoci mattoni e cu ociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite cost ruiamoci una città e una torre la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome per non disperder ci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavan o costruendo. Il Signore disse: «Ecco essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; qu esto è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile
. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per q uesto la si chiamò Babele perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. Questa è la discendenza di Sem: Sem aveva cento anni quando gener ò Arpacsàd due anni dopo il diluvio; Sem dopo aver generato Arpacsàd visse cinquecento anni e generò figli e figlie. Arpacsàd aveva trentacinque anni quando generò Selach; Arpacsàd dopo av er generato Selach visse quattrocentotré anni e generò figli e figlie. Selach aveva trent’anni qua ndo generò Eber; Selach dopo aver generato Eber visse quattrocentotré anni e generò figli e figl ie. Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg; Eber dopo aver generato Peleg visse qu attrocentotrenta anni e generò figli e figlie. Peleg aveva trent’anni quando generò Reu; Peleg d opo aver generato Reu visse duecentonove anni e generò figli e figlie. Reu aveva trentadue anni quando generò Serug; Reu dopo aver generato Serug visse duecentosette anni e generò figli e f iglie. Serug aveva trent’anni quando generò Nacor; Serug dopo aver generato Nacor visse duece
nto anni e generò figli e figlie. Nacor aveva ventinove anni quando generò Terach; Nacor dopo a ver generato Terach visse centodiciannove anni e generò figli e figlie. Terach aveva settant’anni quando generò Abram Nacor e Aran. Questa è la discendenza di Terach: Terach generò Abram Nacor e Aran; Aran generò Lot. Aran poi morì alla presenza di suo padre Terach nella sua terra n atale in Ur dei Caldei. Abram e Nacor presero moglie; la moglie di Abram si chiamava Sarài e la moglie di Nacor Milca che era figlia di Aran padre di Milca e padre di Isca. Sarài era sterile e non aveva figli. Poi Terach prese Abram suo figlio e Lot figlio di Aran figlio cioè di suo figlio, e Sarài s ua nuora moglie di Abram suo figlio e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nella terra di Ca naan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono. La vita di Terach fu di duecentocinque anni; Te rach morì a Carran. Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dall a casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedir ò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benedi ranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della t erra». Allora Abram partì come gli aveva ordinato il Signore e con lui partì Lot. Abram aveva sett antacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot figlio di suo fratello e t utti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si inca mminarono verso la terra di Canaan. Arrivarono nella terra di Canaan e Abram la attraversò fino alla località di Sichem presso la Quercia di Morè. Nella terra si trovavano allora i Cananei. Il Sign ore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò questa terra». Allora Abram cos truì in quel luogo un altare al Signore che gli era apparso. Di là passò sulle montagne a oriente d i Betel e piantò la tenda avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signor e e invocò il nome del Signore. Poi Abram levò la tenda per andare ad accamparsi nel Negheb. V
enne una carestia nella terra e Abram scese in Egitto per soggiornarvi perché la carestia gravava su quella terra. Quando fu sul punto di entrare in Egitto disse alla moglie Sarài: «Vedi io so che tu sei donna di aspetto avvenente. Quando gli Egiziani ti vedranno penseranno: “Costei è sua m oglie” e mi uccideranno mentre lasceranno te in vita. Di’ dunque che tu sei mia sorella perché io sia trattato bene per causa tua e io viva grazie a te». Quando Abram arrivò in Egitto gli Egiziani videro che la donna era molto avvenente. La osservarono gli ufficiali del faraone e ne fecero le l odi al faraone; così la donna fu presa e condotta nella casa del faraone. A causa di lei egli trattò bene Abram, che ricevette greggi e armenti e asini schiavi e schiave asine e cammelli. Ma il Sign ore colpì il faraone e la sua casa con grandi calamità per il fatto di Sarài moglie di Abram. Allora il faraone convocò Abram e gli disse: «Che mi hai fatto? Perché non mi hai dichiarato che era tu a moglie? Perché hai detto: “è mia sorella” così che io me la sono presa in moglie? E ora eccoti t ua moglie: prendila e vattene!». Poi il faraone diede disposizioni su di lui ad alcuni uomini che lo allontanarono insieme con la moglie e tutti i suoi averi. Dall’Egitto Abram risalì nel Negheb con la moglie e tutti i suoi averi; Lot era con lui. Abram era molto ricco in bestiame argento e oro. A bram si spostò a tappe dal Negheb fino a Betel fino al luogo dov’era già prima la sua tenda tra B
etel e Ai il luogo dove prima aveva costruito l’altare: lì Abram invocò il nome del Signore. Ma an
che Lot che accompagnava Abram aveva greggi e armenti e tende e il territorio non consentiva che abitassero insieme perché avevano beni troppo grandi e non potevano abitare insieme. Per questo sorse una lite tra i mandriani di Abram e i mandriani di Lot. I Cananei e i Perizziti abitava no allora nella terra. Abram disse a Lot: «Non vi sia discordia tra me e te tra i miei mandriani e i tuoi perché noi siamo fratelli. Non sta forse davanti a te tutto il territorio? Sepàrati da me. Se tu vai a sinistra io andrò a destra; se tu vai a destra io andrò a sinistra». Allora Lot alzò gli occhi e v ide che tutta la valle del Giordano era un luogo irrigato da ogni parte –
prima che il Signore distruggesse Sòdoma e Gomorra –
come il giardino del Signore come la terra d’Egitto fino a Soar. Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano e trasportò le tende verso oriente. Così si separarono l’uno dall’altro: Abram si stabilì nella terra di Canaan e Lot si stabilì nelle città della valle e piantò le tende vicino a Sòdoma. Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore. Allora il Signore disse ad Abram dopo che Lot si era separato da lui: «Alza gli occhi e dal luogo dove tu stai spingi lo sg uardo verso il settentrione e il mezzogiorno verso l’oriente e l’occidente. Tutta la terra che tu ve di io la darò a te e alla tua discendenza per sempre. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra potrà contare anche i tuoi discendenti. àlz ati, percorri la terra in lungo e in largo perché io la darò a te». Poi Abram si spostò con le sue te nde e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre che sono ad Ebron e vi costruì un altare al Signore.
Al tempo di Amrafèl re di Sinar di Ariòc re di Ellasàr di Chedorlaòmer re dell’Elam e di Tidal re di Goìm costoro mossero guerra contro Bera re di Sòdoma Birsa re di Gomorra Sinab re di Adma S
emeber re di Seboìm e contro il re di Bela cioè Soar. Tutti questi si concentrarono nella valle di S
iddìm, cioè del Mar Morto. Per dodici anni essi erano stati sottomessi a Chedorlaòmer, ma il tre dicesimo anno si erano ribellati. Nell’anno quattordicesimo arrivarono Chedorlaòmer e i re che erano con lui e sconfissero i Refaìm ad Astarot-Karnàim gli Zuzìm ad Am gli Emìm a Save-Kiriatàim e gli Urriti sulle montagne di Seir fino a El-
Paran che è presso il deserto. Poi mutarono direzione e vennero a En-Mispàt cioè Kades e devastarono tutto il territorio degli Amaleciti e anche degli Amorrei che abi tavano a Casesòn-Tamar. Allora il re di Sòdoma il re di Gomorra il re di Adma il re di Seboìm e il re di Bela cioè Soa r uscirono e si schierarono a battaglia nella valle di Siddìm contro di essi cioè contro Chedorlaò mer re dell’Elam, Tidal re di Goìm Amrafèl re di Sinar e Ariòc re di Ellasàr: quattro re contro cinq ue. La valle di Siddìm era piena di pozzi di bitume; messi in fuga il re di Sòdoma e il re di Gomorr a vi caddero dentro mentre gli altri fuggirono sulla montagna. Gli invasori presero tutti i beni di Sòdoma e Gomorra e tutti i loro viveri e se ne andarono. Prima di andarsene catturarono anche Lot figlio del fratello di Abram e i suoi beni: egli risiedeva appunto a Sòdoma. Ma un fuggiasco v enne ad avvertire Abram l’Ebreo che si trovava alle Querce di Mamre l’Amorreo fratello di Escol e fratello di Aner i quali erano alleati di Abram. Quando Abram seppe che suo fratello era stato preso prigioniero organizzò i suoi uomini esperti nelle armi, schiavi nati nella sua casa in numer
o di trecentodiciotto e si diede all’inseguimento fino a Dan. Fece delle squadre lui e i suoi servi c ontro di loro li sconfisse di notte e li inseguì fino a Coba a settentrione di Damasco. Recuperò co sì tutti i beni e anche Lot suo fratello i suoi beni con le donne e il popolo. Quando Abram fu di ri torno dopo la sconfitta di Chedorlaòmer e dei re che erano con lui il re di Sòdoma gli uscì incont ro nella valle di Save cioè la valle del Re. Intanto Melchìsedek re di Salem offrì pane e vino: era s acerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in man o i tuoi nemici». Ed egli diede a lui la decima di tutto. Il re di Sòdoma disse ad Abram: «Dammi l e persone; i beni prendili per te». Ma Abram disse al re di Sòdoma: «Alzo la mano davanti al Sig nore il Dio altissimo creatore del cielo e della terra: né un filo né un legaccio di sandalo niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abram. Per me niente se non quello che i servi hanno mangiato; quanto a ciò che spetta agli uomini che sono venuti con me Aner Es col e Mamre essi stessi si prendano la loro parte». Dopo tali fatti fu rivolta ad Abram in visione questa parola del Signore: «Non temere Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà mo lto grande». Rispose Abram: «Signore Dio che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà c ostui il tuo erede ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli cr edette al Signore che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore che ti ho fatt o uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio come potrò s apere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni una capra di tre a nni un ariete di tre anni una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali li divis e in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calaro no su quei cadaveri ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare un torpore cadde s u Abram ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Allora il Signore disse ad Abram: «Sapp i che i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno o ppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito la giudicherò io: dopo ess i usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto do po una vecchiaia felice. Alla quarta generazione torneranno qui perché l’iniquità degli Amorrei n on ha ancora raggiunto il colmo». Quando tramontato il sole si era fatto buio fitto ecco un braci ere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume il fiume Eufrate; la terra dove abitano i Keniti i Kenizziti i Kadmoniti gli Ittiti i Per izziti i Refaìm gli Amorrei i Cananei i Gergesei e i Gebusei». Sarài moglie di Abram non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava egiziana chiamata Agar Sarài disse ad Abram: «Ecco il Signor e mi ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli». Abram as coltò l’invito di Sarài. Così al termine di dieci anni da quando Abram abitava nella terra di Canaa
n Sarài moglie di Abram prese Agar l’Egiziana sua schiava e la diede in moglie ad Abram suo mar ito. Egli si unì ad Agar che restò incinta. Ma quando essa si accorse di essere incinta la sua padro na non contò più nulla per lei. Allora Sarài disse ad Abram: «L’offesa a me fatta ricada su di te! I o ti ho messo in grembo la mia schiava ma da quando si è accorta d’essere incinta io non conto più niente per lei. Il Signore sia giudice tra me e te!». Abram disse a Sarài: «Ecco la tua schiava è in mano tua: trattala come ti piace». Sarài allora la maltrattò tanto che quella fuggì dalla sua pr esenza. La trovò l’angelo del Signore presso una sorgente d’acqua nel deserto la sorgente sulla s trada di Sur, e le disse: «Agar schiava di Sarài da dove vieni e dove vai?». Rispose: «Fuggo dalla presenza della mia padrona Sarài». Le disse l’angelo del Signore: «Ritorna dalla tua padrona e re stale sottomessa». Le disse ancora l’angelo del Signore: «Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla tanto sarà numerosa». Soggiunse poi l’angelo del Signore: «Ecco sei incinta: p artorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele, perché il Signore ha udito il tuo lamento. Egli sarà com e un asino selvatico; la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui, e abiterà di fro nte a tutti i suoi fratelli». Agar al Signore che le aveva parlato diede questo nome: «Tu sei il Dio della visione» perché diceva: «Non ho forse visto qui colui che mi vede?». Per questo il pozzo si chiamò pozzo di Lacai-Roì è appunto quello che si trova tra Kades e Bered. Agar partorì ad Abram un figlio e Abram chi amò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito. Abram aveva ottantasei anni quando Agar gli p artorì Ismaele. Quando Abram ebbe novantanove anni il Signore gli apparve e gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti ren derò molto molto numeroso». Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Q
uanto a me ecco la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti ren derò. E ti renderò molto molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabili rò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione com e alleanza perenne per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei for estiero tutta la terra di Canaan la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza tu e la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione. Questa è la mia alleanza che dovete osservare alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra voi ogni masch io. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni sarà circonciso tra voi ogni maschio di generazione in generazione sia quello nato in casa sia quello comprato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in casa e chi viene comprato con denaro; così la mi a alleanza sussisterà nella vostra carne come alleanza perenne. Il maschio non circonciso di cui c ioè non sarà stata circoncisa la carne del prepuzio sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza». Dio aggiunse ad Abramo: «Quanto a Sarài tua moglie non la chiamerai più Sarài ma S
ara. Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni e re di popoli
nasceranno da lei». Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: «A uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all’età di novant’anni potrà partorire?». Abramo disse a Dio:
«Se almeno Ismaele potesse vivere davanti a te!». E Dio disse: «No Sara tua moglie ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne per ess ere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui. Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ec co io lo benedico e lo renderò fecondo e molto molto numeroso: dodici prìncipi egli genererà e di lui farò una grande nazione. Ma stabilirò la mia alleanza con Isacco che Sara ti partorirà a que sta data l’anno venturo». Dio terminò così di parlare con lui e lasciò Abramo levandosi in alto. Al lora Abramo prese Ismaele suo figlio e tutti i nati nella sua casa e tutti quelli comprati con il suo denaro tutti i maschi appartenenti al personale della casa di Abramo e circoncise la carne del lor o prepuzio in quello stesso giorno come Dio gli aveva detto. Abramo aveva novantanove anni q uando si fece circoncidere la carne del prepuzio. Ismaele suo figlio aveva tredici anni quando gli fu circoncisa la carne del prepuzio. In quello stesso giorno furono circoncisi Abramo e Ismaele s uo figlio. E tutti gli uomini della sua casa quelli nati in casa e quelli comprati con denaro dagli str anieri furono circoncisi con lui. Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre mentre egli sed eva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si pro strò fino a terra dicendo: «Mio signore se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senz a fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sott o l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai dett o». Allora Abramo andò in fretta nella tenda da Sara e disse: «Presto tre sea di fior di farina imp astala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello che aveva preparato e li porse loro. Così mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero quell i mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara tua moglie?». Rispose: «è là nella tenda». Riprese: «T
ornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara tua moglie avrà un figlio». Intanto Sara stav a ad ascoltare all’ingresso della tenda dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi avanti negli anni
; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e diss e: «Avvizzita come sono dovrei provare il piacere mentre il mio signore è vecchio!». Ma il Signor e disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: “Potrò davvero partorire mentre sono vecchia
”? C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un ann o e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò: «Non ho riso!» perché aveva paura; ma egli disse: «Sì hai proprio riso». Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto mentre Abramo li accompagnava per congedarli. Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto perché egli obblighi i suoi fig li e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto perc
hé il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». Disse allora il Signore: «Il grido di Sò doma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se p roprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». Quegli uomi ni partirono di là e andarono verso Sòdoma mentre Abramo stava ancora alla presenza del Sign ore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per rigua rdo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio così ch e il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non pratiche rà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della citt à per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisc o parlare al mio Signore io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò se ve ne tro verò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno qu aranta». Rispose: «Non lo farò per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signo re se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò se ve ne troverò tre nta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Risp ose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore se parl o ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per rigua rdo a quei dieci». Come ebbe finito di parlare con Abramo il Signore se ne andò e Abramo ritorn ò alla sua abitazione. I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera mentre Lot stava sedut o alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti Lot si alzò andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. E disse: «Miei signori venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte vi laver ete i piedi e poi domattina per tempo ve ne andrete per la vostra strada». Quelli risposero: «No passeremo la notte sulla piazza». Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto fece cuocere pani azzimi e così mangiarono. Non si erano ancora coricati quand’ecco gli uomini della città cioè gli abitanti di Sòdoma si affollarono attorno alla casa giovani e vecchi tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Do ve sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi perché possiamo abusarne!». Lot uscì verso di loro sulla soglia e dopo aver chiuso la porta dietro di sé disse: «No fratelli miei non fate del male! Sentite io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; l asciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace purché non facciate nulla a questi uomi ni, perché sono entrati all’ombra del mio tetto». Ma quelli risposero: «Tìrati via! Quest’individu o è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E sping endosi violentemente contro quell’uomo cioè contro Lot si fecero avanti per sfondare la porta.
Allora dall’interno quegli uomini sporsero le mani si trassero in casa Lot e chiusero la porta; colp irono di cecità gli uomini che erano all’ingresso della casa dal più piccolo al più grande così che non riuscirono a trovare la porta. Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il gene ro i tuoi figli le tue figlie e quanti hai in città falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo per d
istruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli». Lot uscì a parlare ai suoi generi che dovevano sposare le sue figlie e disse: «Alzatevi uscite da questo luogo perché il Signore sta per distruggere la città!». Ai suoi generi sembrò che egli volesse scherzare. Quando apparve l’alba gli angeli fecero premura a Lot dicendo: «Su prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui per non essere travolto nel castig o della città». Lot indugiava ma quegli uomini presero per mano lui sua moglie e le sue due figli e per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuo ri della città. Dopo averli condotti fuori uno di loro disse: «Fuggi per la tua vita. Non guardare in dietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne per non essere travolto!». Ma Lot gli disse: «No mio signore! Vedi il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato grande bo ntà verso di me salvandomi la vita ma io non riuscirò a fuggire sul monte senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. Ecco quella città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù – non è una piccola cosa? –
e così la mia vita sarà salva». Gli rispose: «Ecco ti ho favorito anche in questo di non distrugger e la città di cui hai parlato. Presto fuggi là perché io non posso far nulla finché tu non vi sia arriv ato». Perciò quella città si chiamò Soar. Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar qua nd’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenien ti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazio ne del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; contemplò dall’alto Sòdom a e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra come il fumo di u na fornace. Così quando distrusse le città della valle Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato. Poi Lot partì da Soar e a ndò ad abitare sulla montagna con le sue due figlie, perché temeva di restare a Soar e si stabilì i n una caverna con le sue due figlie. Ora la maggiore disse alla più piccola: «Nostro padre è vecc hio e non c’è nessuno in questo territorio per unirsi a noi come avviene dappertutto. Vieni facci amo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui così daremo vita a una discendenza da nostro padre». Quella notte fecero bere del vino al loro padre e la maggiore andò a coricarsi con il padre; ma egli non se ne accorse né quando lei si coricò né quando lei si alzò. All’indoman i la maggiore disse alla più piccola: «Ecco ieri io mi sono coricata con nostro padre: facciamogli bere del vino anche questa notte e va’ tu a coricarti con lui; così daremo vita a una discendenza da nostro padre». Anche quella notte fecero bere del vino al loro padre e la più piccola andò a c oricarsi con lui; ma egli non se ne accorse né quando lei si coricò né quando lei si alzò. Così le du e figlie di Lot rimasero incinte del loro padre. La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Co stui è il padre dei Moabiti che esistono ancora oggi. Anche la più piccola partorì un figlio e lo chi amò «Figlio del mio popolo». Costui è il padre degli Ammoniti che esistono ancora oggi. Abramo levò le tende dirigendosi nella regione del Negheb e si stabilì tra Kades e Sur; poi soggiornò co me straniero a Gerar. Siccome Abramo aveva detto della moglie Sara: «è mia sorella» Abimèlec
re di Gerar mandò a prendere Sara. Ma Dio venne da Abimèlec di notte in sogno e gli disse: «Ec co stai per morire a causa della donna che tu hai preso; lei appartiene a suo marito». Abimèlec che non si era ancora accostato a lei disse: «Mio Signore vuoi far morire una nazione anche se g iusta? Non è stato forse lui a dirmi: “è mia sorella”? E anche lei ha detto: “è mio fratello”. Con c uore retto e mani innocenti mi sono comportato in questo modo». Gli rispose Dio nel sogno: «S
o bene che hai agito così con cuore retto e ti ho anche impedito di peccare contro di me: perciò non ho permesso che tu la toccassi. Ora restituisci la donna di quest’uomo perché è un profeta: pregherà per te e tu vivrai. Ma se tu non la restituisci sappi che meriterai la morte con tutti i tuo i». Allora Abimèlec si alzò di mattina presto e chiamò tutti i suoi servi ai quali riferì tutte queste cose e quegli uomini si impaurirono molto. Poi Abimèlec chiamò Abramo e gli disse: «Che cosa c i hai fatto? E che colpa ho commesso contro di te perché tu abbia esposto me e il mio regno a u n peccato tanto grande? Tu hai fatto a mio riguardo azioni che non si fanno». Poi Abimèlec diss e ad Abramo: «A che cosa miravi agendo in tal modo?». Rispose Abramo: «Io mi sono detto: cer to non vi sarà timor di Dio in questo luogo e mi uccideranno a causa di mia moglie. Inoltre ella è veramente mia sorella figlia di mio padre ma non figlia di mia madre ed è divenuta mia moglie.
Quando Dio mi ha fatto andare errando lungi dalla casa di mio padre io le dissi: “Questo è il fav ore che tu mi farai: in ogni luogo dove noi arriveremo dirai di me: è mio fratello”». Allora Abimè lec prese greggi e armenti schiavi e schiave li diede ad Abramo e gli restituì la moglie Sara. Inoltr e Abimèlec disse: «Ecco davanti a te il mio territorio: va’ ad abitare dove ti piace!». A Sara disse:
«Ecco ho dato mille pezzi d’argento a tuo fratello: sarà per te come un risarcimento di fronte a quanti sono con te. Così tu sei in tutto riabilitata». Abramo pregò Dio e Dio guarì Abimèlec sua moglie e le sue serve sì che poterono ancora aver figli. Il Signore infatti aveva reso sterili tutte le donne della casa di Abimèlec per il fatto di Sara moglie di Abramo. Il Signore visitò Sara come a veva detto e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato che Sa ra gli aveva partorito. Abramo circoncise suo figlio Isacco quando questi ebbe otto giorni come Dio gli aveva comandato. Abramo aveva cento anni quando gli nacque il figlio Isacco. Allora Sara disse: «Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà riderà lietamente di me!». Poi diss e: «Chi avrebbe mai detto ad Abramo che Sara avrebbe allattato figli? Eppure gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia!». Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchett o quando Isacco fu svezzato. Ma Sara vide che il figlio di Agar l’Egiziana quello che lei aveva part orito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: «Scaccia questa schiava e suo figlio perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco». La cos a sembrò un gran male agli occhi di Abramo a motivo di suo figlio. Ma Dio disse ad Abramo: «N
on sembri male ai tuoi occhi questo riguardo al fanciullo e alla tua schiava: ascolta la voce di Sar a in tutto quello che ti dice perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. Ma io farò diventare una nazione anche il figlio della schiava perché è tua discendenza». Abramo si alzò di buon mattino prese il pane e un otre d’acqua e li diede ad Agar caricandoli sulle sue spalle; le co
nsegnò il fanciullo e la mandò via. Ella se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l’a cqua dell’otre era venuta a mancare. Allora depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sede rsi di fronte, alla distanza di un tiro d’arco perché diceva: «Non voglio veder morire il fanciullo!»
. Sedutasi di fronte alzò la voce e pianse. Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: «Che hai Agar? Non temere perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. àlzati prendi il fanciullo e tienilo per mano perché io ne farò una grande nazione».
Dio le aprì gli occhi ed ella vide un pozzo d’acqua. Allora andò a riempire l’otre e diede da bere al fanciullo. E Dio fu con il fanciullo che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d’arco.
Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie della terra d’Egitto. In quel tem po Abimèlec con Picol capo del suo esercito disse ad Abramo: «Dio è con te in quello che fai. Eb bene giurami qui per Dio che tu non ingannerai né me né la mia prole né i miei discendenti: co me io ho agito lealmente con te così tu agirai con me e con la terra nella quale sei ospitato». Ris pose Abramo: «Io lo giuro». Ma Abramo rimproverò Abimèlec a causa di un pozzo d’acqua, che i servi di Abimèlec avevano usurpato. Abimèlec disse: «Io non so chi abbia fatto questa cosa: né tu me ne hai informato né io ne ho sentito parlare prima d’oggi». Allora Abramo prese alcuni ca pi del gregge e dell’armento e li diede ad Abimèlec: tra loro due conclusero un’alleanza. Poi Abr amo mise in disparte sette agnelle del gregge. Abimèlec disse ad Abramo: «Che significano quell e sette agnelle che hai messo in disparte?». Rispose: «Tu accetterai queste sette agnelle dalla m ia mano perché ciò mi valga di testimonianza che ho scavato io questo pozzo». Per questo quel l uogo si chiamò Bersabea perché là fecero giuramento tutti e due. E dopo che ebbero concluso l’
alleanza a Bersabea, Abimèlec si alzò con Picol capo del suo esercito e ritornarono nel territorio dei Filistei. Abramo piantò un tamerisco a Bersabea e lì invocò il nome del Signore, Dio dell’eter nità. E visse come forestiero nel territorio dei Filistei per molto tempo. Dopo queste cose Dio mi se alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio il tu o unigenito che ami Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che i o ti indicherò». Abramo si alzò di buon mattino sellò l’asino prese con sé due servi e il figlio Isac co spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi serv i: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco prese in mano il fuoco e il coltello poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Pad re mio!». Rispose: «Eccomi figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto figlio mio
!». Proseguirono tutti e due insieme. Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abr amo costruì l’altare collocò la legna legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare sopra la legna. P
oi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo ch iamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stende re la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo
figlio il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in u n cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chi amò quel luogo «Il Signore vede» perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere». L’angel o del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso oracol o del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio il tuo unigenito io ti col merò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza come le stelle del cielo e co me la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra perché tu hai obbedito alla mia voce». Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abram o abitò a Bersabea. Dopo queste cose fu annunciato ad Abramo che anche Milca aveva partorit o figli a Nacor suo fratello: Us il primogenito e suo fratello Buz e Kemuèl il padre di Aram, e Ches ed Azo Pildas Idlaf e Betuèl. Betuèl generò Rebecca. Milca partorì questi otto figli a Nacor fratell o di Abramo. Anche la sua concubina chiamata Reumà partorì figli: Tebach Gacam Tacas e Maac à. Gli anni della vita di Sara furono centoventisette: questi furono gli anni della vita di Sara. Sara morì a Kiriat-Arbà cioè Ebron nella terra di Canaan e Abramo venne a fare il lamento per Sara e a piangerla. P
oi Abramo si staccò dalla salma e parlò agli Ittiti: «Io sono forestiero e di passaggio in mezzo a v oi. Datemi la proprietà di un sepolcro in mezzo a voi perché io possa portar via il morto e seppel lirlo». Allora gli Ittiti risposero ad Abramo dicendogli: «Ascolta noi, piuttosto signore. Tu sei un p rincipe di Dio in mezzo a noi: seppellisci il tuo morto nel migliore dei nostri sepolcri. Nessuno di noi ti proibirà di seppellire il tuo morto nel suo sepolcro». Abramo si alzò si prostrò davanti al p opolo della regione davanti agli Ittiti, e parlò loro: «Se è secondo il vostro desiderio che io porti via il mio morto e lo seppellisca ascoltatemi e insistete per me presso Efron figlio di Socar, perch é mi dia la sua caverna di Macpela che è all’estremità del suo campo. Me la ceda per il suo prezz o intero come proprietà sepolcrale in mezzo a voi». Ora Efron stava seduto in mezzo agli Ittiti. E
fron l’Ittita rispose ad Abramo mentre lo ascoltavano gli Ittiti quanti erano convenuti alla porta della sua città e disse: «Ascolta me piuttosto mio signore: ti cedo il campo con la caverna che vi si trova, in presenza dei figli del mio popolo te la cedo: seppellisci il tuo morto». Allora Abramo si prostrò a lui alla presenza del popolo della regione. Parlò a Efron, mentre lo ascoltava il popol o della regione e disse: «Se solo mi volessi ascoltare: io ti do il prezzo del campo. Accettalo da m e così là seppellirò il mio morto». Efron rispose ad Abramo: «Ascolta me piuttosto mio signore: un terreno del valore di quattrocento sicli d’argento che cosa è mai tra me e te? Seppellisci dun que il tuo morto». Abramo accettò le richieste di Efron e Abramo pesò a Efron il prezzo che que sti aveva detto mentre lo ascoltavano gli Ittiti cioè quattrocento sicli d’argento secondo la misur a in corso sul mercato. Così il campo di Efron che era a Macpela di fronte a Mamre il campo e la caverna che vi si trovava e tutti gli alberi che erano dentro il campo e intorno al suo limite passa rono in proprietà ad Abramo alla presenza degli Ittiti di quanti erano convenuti alla porta della c ittà. Poi Abramo seppellì Sara sua moglie nella caverna del campo di Macpela di fronte a Mamre
cioè Ebron nella terra di Canaan. Il campo e la caverna che vi si trovava passarono dagli Ittiti ad Abramo in proprietà sepolcrale. Abramo era ormai vecchio avanti negli anni e il Signore lo avev a benedetto in tutto. Allora Abramo disse al suo servo il più anziano della sua casa che aveva po tere su tutti i suoi beni: «Metti la mano sotto la mia coscia e ti farò giurare per il Signore Dio del cielo e Dio della terra che non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in m ezzo ai quali abito ma che andrai nella mia terra tra la mia parentela a scegliere una moglie per mio figlio Isacco». Gli disse il servo: «Se la donna non mi vuol seguire in questa terra dovrò forse ricondurre tuo figlio alla terra da cui tu sei uscito?». Gli rispose Abramo: «Guàrdati dal ricondur re là mio figlio! Il Signore Dio del cielo e Dio della terra che mi ha preso dalla casa di mio padre e dalla mia terra natia che mi ha parlato e mi ha giurato: “Alla tua discendenza darò questa terra
”, egli stesso manderà il suo angelo davanti a te perché tu possa prendere di là una moglie per mio figlio. Se la donna non vorrà seguirti allora sarai libero dal giuramento a me fatto; ma non d evi ricondurre là mio figlio». Il servo mise la mano sotto la coscia di Abramo suo padrone e gli pr estò così il giuramento richiesto. Il servo prese dieci cammelli del suo padrone e portando ogni sorta di cose preziose del suo padrone si mise in viaggio e andò in Aram Naharàim alla città di N
acor. Fece inginocchiare i cammelli fuori della città presso il pozzo d’acqua, nell’ora della sera q uando le donne escono ad attingere. E disse: «Signore Dio del mio padrone Abramo concedimi un felice incontro quest’oggi e usa bontà verso il mio padrone Abramo! Ecco io sto presso la fon te dell’acqua mentre le figlie degli abitanti della città escono per attingere acqua. Ebbene la rag azza alla quale dirò: “Abbassa l’anfora e lasciami bere” e che risponderà: “Bevi anche ai tuoi ca mmelli darò da bere” sia quella che tu hai destinato al tuo servo Isacco; da questo riconoscerò c he tu hai usato bontà verso il mio padrone». Non aveva ancora finito di parlare quand’ecco Reb ecca che era figlia di Betuèl figlio di Milca moglie di Nacor fratello di Abramo usciva con l’anfora sulla spalla. La giovinetta era molto bella d’aspetto era vergine nessun uomo si era unito a lei. El la scese alla sorgente riempì l’anfora e risalì. Il servo allora le corse incontro e disse: «Fammi ber e un po’ d’acqua dalla tua anfora». Rispose: «Bevi mio signore». In fretta calò l’anfora sul bracci o e lo fece bere. Come ebbe finito di dargli da bere disse: «Anche per i tuoi cammelli ne attinger ò finché non avranno finito di bere». In fretta vuotò l’anfora nell’abbeveratoio corse di nuovo a d attingere al pozzo e attinse per tutti i cammelli di lui. Intanto quell’uomo la contemplava in sil enzio in attesa di sapere se il Signore avesse o no concesso buon esito al suo viaggio. Quando i c ammelli ebbero finito di bere quell’uomo prese un pendente d’oro del peso di mezzo siclo e glie lo mise alle narici e alle sue braccia mise due braccialetti del peso di dieci sicli d’oro. E disse: «Di chi sei figlia? Dimmelo. C’è posto per noi in casa di tuo padre per passarvi la notte?». Gli rispos e: «Io sono figlia di Betuèl il figlio che Milca partorì a Nacor». E soggiunse: «C’è paglia e foraggio in quantità da noi e anche posto per passare la notte». Quell’uomo si inginocchiò e si prostrò al Signore e disse: «Sia benedetto il Signore Dio del mio padrone Abramo che non ha cessato di u sare bontà e fedeltà verso il mio padrone. Quanto a me il Signore mi ha guidato sulla via fino all a casa dei fratelli del mio padrone». La giovinetta corse ad annunciare alla casa di sua madre tut
te queste cose. Ora Rebecca aveva un fratello chiamato Làbano e Làbano corse fuori da quell’uo mo al pozzo. Egli infatti visti il pendente e i braccialetti alle braccia della sorella e udite queste p arole di Rebecca sua sorella: «Così mi ha parlato quell’uomo» andò da lui che stava ancora pres so i cammelli vicino al pozzo. Gli disse: «Vieni benedetto dal Signore! Perché te ne stai fuori me ntre io ho preparato la casa e un posto per i cammelli?». Allora l’uomo entrò in casa e Làbano t olse il basto ai cammelli fornì paglia e foraggio ai cammelli e acqua per lavare i piedi a lui e ai su oi uomini. Quindi gli fu posto davanti da mangiare ma egli disse: «Non mangerò finché non avrò detto quello che devo dire». Gli risposero: «Di’ pure». E disse: «Io sono un servo di Abramo. Il S
ignore ha benedetto molto il mio padrone che è diventato potente: gli ha concesso greggi e arm enti argento e oro schiavi e schiave cammelli e asini. Sara la moglie del mio padrone quando or mai era vecchia gli ha partorito un figlio al quale egli ha dato tutti i suoi beni. E il mio padrone m i ha fatto giurare: “Non devi prendere per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei in mezzo ai quali abito, ma andrai alla casa di mio padre alla mia famiglia a prendere una moglie per mio figlio”. Io dissi al mio padrone: “Forse la donna non vorrà seguirmi”. Mi rispose: “Il Signore alla c ui presenza io cammino manderà con te il suo angelo e darà felice esito al tuo viaggio così che t u possa prendere una moglie per mio figlio dalla mia famiglia e dalla casa di mio padre. Solo qua ndo sarai andato dalla mia famiglia sarai esente dalla mia maledizione; se loro non volessero ce dertela tu sarai esente dalla mia maledizione”. Così oggi sono arrivato alla fonte e ho detto: “Sig nore Dio del mio padrone Abramo se tu vorrai dare buon esito al viaggio che sto compiendo ecc o io sto presso la fonte d’acqua; ebbene la giovane che uscirà ad attingere alla quale io dirò: Fa mmi bere un po’ d’acqua dalla tua anfora e mi risponderà: Bevi tu e ne attingerò anche per i tuo i cammelli quella sarà la moglie che il Signore ha destinato al figlio del mio padrone”. Io non ave vo ancora finito di pensare a queste cose quand’ecco Rebecca uscì con l’anfora sulla spalla sces e alla fonte e attinse acqua; io allora le dissi: “Fammi bere”. Subito lei calò l’anfora e disse: “Bev i; anche ai tuoi cammelli darò da bere”. Così io bevvi ed ella diede da bere anche ai cammelli. E i o la interrogai: “Di chi sei figlia?”. Rispose: “Sono figlia di Betuèl il figlio che Milca ha partorito a Nacor”. Allora le posi il pendente alle narici e i braccialetti alle braccia. Poi mi inginocchiai e mi prostrai al Signore e benedissi il Signore Dio del mio padrone Abramo il quale mi aveva guidato per la via giusta a prendere per suo figlio la figlia del fratello del mio padrone. Ora se intendete usare bontà e fedeltà verso il mio padrone fatemelo sapere; se no fatemelo sapere ugualmente perché io mi rivolga altrove». Allora Làbano e Betuèl risposero: «La cosa procede dal Signore no n possiamo replicarti nulla né in bene né in male. Ecco Rebecca davanti a te: prendila va’ e sia la moglie del figlio del tuo padrone come ha parlato il Signore». Quando il servo di Abramo udì le l oro parole si prostrò a terra davanti al Signore. Poi il servo estrasse oggetti d’argento oggetti d’
oro e vesti e li diede a Rebecca; doni preziosi diede anche al fratello e alla madre di lei. Poi man giarono e bevvero lui e i suoi uomini e passarono la notte. Quando si alzarono alla mattina egli disse: «Lasciatemi andare dal mio padrone». Ma il fratello e la madre di lei dissero: «Rimanga la giovinetta con noi qualche tempo una decina di giorni; dopo te ne andrai». Rispose loro: «Non t
rattenetemi mentre il Signore ha concesso buon esito al mio viaggio. Lasciatemi partire per and are dal mio padrone!». Dissero allora: «Chiamiamo la giovinetta e domandiamo a lei stessa». Ch iamarono dunque Rebecca e le dissero: «Vuoi partire con quest’uomo?». Ella rispose: «Sì». Allor a essi lasciarono partire la loro sorella Rebecca con la nutrice insieme con il servo di Abramo e i suoi uomini. Benedissero Rebecca e le dissero: «Tu sorella nostra, diventa migliaia di miriadi e la tua stirpe conquisti le città dei suoi nemici!». Così Rebecca e le sue ancelle si alzarono salirono sui cammelli e seguirono quell’uomo. Il servo prese con sé Rebecca e partì. Intanto Isacco rientr ava dal pozzo di Lacai-Roì abitava infatti nella regione del Negheb. Isacco uscì sul far della sera per svagarsi in campag na e alzando gli occhi vide venire i cammelli. Alzò gli occhi anche Rebecca vide Isacco e scese su bito dal cammello. E disse al servo: «Chi è quell’uomo che viene attraverso la campagna incontr o a noi?». Il servo rispose: «è il mio padrone». Allora ella prese il velo e si coprì. Il servo raccont ò a Isacco tutte le cose che aveva fatto. Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era stata di s ua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l’amò. Isacco trovò conforto dopo la morte della m adre. Abramo prese un’altra moglie che aveva nome Keturà. Ella gli partorì Zimran Ioksan Meda n Madian Isbak e Suach. Ioksan generò Saba e Dedan e i figli di Dedan furono gli Assurìm i Letusì m e i Leummìm. I figli di Madian furono Efa Efer Enoc Abidà ed Eldaà. Tutti questi sono i figli di K
eturà. Abramo diede tutti i suoi beni a Isacco. Invece ai figli delle concubine, che aveva avuto Ab ramo fece doni e mentre era ancora in vita li licenziò mandandoli lontano da Isacco suo figlio ve rso il levante nella regione orientale. L’intera durata della vita di Abramo fu di centosettantacin que anni. Poi Abramo spirò e morì in felice canizie vecchio e sazio di giorni e si riunì ai suoi ante nati. Lo seppellirono i suoi figli Isacco e Ismaele nella caverna di Macpela nel campo di Efron figli o di Socar l’Ittita di fronte a Mamre. è appunto il campo che Abramo aveva comprato dagli Ittiti: ivi furono sepolti Abramo e sua moglie Sara. Dopo la morte di Abramo Dio benedisse il figlio di l ui Isacco e Isacco abitò presso il pozzo di Lacai-Roì. Questa è la discendenza di Ismaele figlio di Abramo che gli aveva partorito Agar l’Egiziana s chiava di Sara. Questi sono i nomi dei figli d’Ismaele con il loro elenco in ordine di generazione: i l primogenito di Ismaele è Nebaiòt poi Kedar Adbeèl, Mibsam Misma Duma Massa Adad Tema I etur Nafis e Kedma. Questi sono i figli di Ismaele e questi sono i loro nomi secondo i loro recinti e accampamenti. Sono i dodici prìncipi delle rispettive tribù. La durata della vita di Ismaele fu di centotrentasette anni; poi spirò e si riunì ai suoi antenati. Egli abitò da Avìla fino a Sur che è lun go il confine dell’Egitto in direzione di Assur. Egli si era stabilito di fronte a tutti i suoi fratelli. Qu esta è la discendenza di Isacco figlio di Abramo. Abramo aveva generato Isacco. Isacco aveva qu arant’anni quando si prese in moglie Rebecca figlia di Betuèl l’Arameo da Paddan-Aram e sorella di Làbano l’Arameo. Isacco supplicò il Signore per sua moglie perché ella era steri le e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca divenne incinta. Ora i figli si urtavano nel s uo seno ed ella esclamò: «Se è così che cosa mi sta accadendo?». Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose: «Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno;
un popolo sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il più piccolo». Quando poi si compì per l ei il tempo di partorire ecco due gemelli erano nel suo grembo. Uscì il primo rossiccio e tutto co me un mantello di pelo e fu chiamato Esaù. Subito dopo uscì il fratello e teneva in mano il calca gno di Esaù fu chiamato Giacobbe. Isacco aveva sessant’anni quando essi nacquero. I fanciulli cr ebbero ed Esaù divenne abile nella caccia un uomo della steppa mentre Giacobbe era un uomo tranquillo che dimorava sotto le tende. Isacco prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto mentre Rebecca prediligeva Giacobbe. Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esa ù arrivò dalla campagna ed era sfinito. Disse a Giacobbe: «Lasciami mangiare un po’ di questa m inestra rossa, perché io sono sfinito». Per questo fu chiamato Edom. Giacobbe disse: «Vendimi subito la tua primogenitura». Rispose Esaù: «Ecco sto morendo: a che mi serve allora la primog enitura?». Giacobbe allora disse: «Giuramelo subito». Quegli lo giurò e vendette la primogenitu ra a Giacobbe. Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura. Venne una caresti a nella terra dopo quella che c’era stata ai tempi di Abramo e Isacco andò a Gerar presso Abimè lec re dei Filistei. Gli apparve il Signore e gli disse: «Non scendere in Egitto abita nella terra che i o ti indicherò rimani come forestiero in questa terra e io sarò con te e ti benedirò: a te e alla tua discendenza io concederò tutti questi territori e manterrò il giuramento che ho fatto ad Abram o tuo padre. Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e concederò alla tua discendenza tutti questi territori: tutte le nazioni della terra si diranno benedette nella tua disce ndenza; perché Abramo ha obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comandamenti le mie istituzioni e le mie leggi». Così Isacco dimorò a Gerar. Gli uomini de l luogo gli fecero domande sulla moglie ma egli disse: «è mia sorella» infatti aveva timore di dire
: «è mia moglie» pensando che gli uomini del luogo lo avrebbero potuto uccidere a causa di Reb ecca che era di bell’aspetto. Era là da molto tempo quando Abimèlec re dei Filistei si affacciò all a finestra e vide Isacco scherzare con la propria moglie Rebecca. Abimèlec chiamò Isacco e disse
: «Sicuramente ella è tua moglie. E perché tu hai detto: “è mia sorella”?». Gli rispose Isacco: «Pe rché mi son detto: che io non abbia a morire per causa di lei!». Riprese Abimèlec: «Perché ti sei comportato così con noi? Poco ci mancava che qualcuno del popolo si unisse a tua moglie e tu a ttirassi su di noi una colpa». Abimèlec diede quest’ordine a tutto il popolo: «Chi tocca quest’uo mo o sua moglie sarà messo a morte!». Isacco fece una semina in quella terra e raccolse quell’a nno il centuplo. Il Signore infatti lo aveva benedetto. E l’uomo divenne ricco e crebbe tanto in ri cchezze fino a divenire ricchissimo: possedeva greggi e armenti e numerosi schiavi e i Filistei co minciarono a invidiarlo. Tutti i pozzi che avevano scavato i servi di suo padre ai tempi di Abramo suo padre i Filistei li avevano chiusi riempiendoli di terra. Abimèlec disse a Isacco: «Vattene via da noi perché tu sei molto più potente di noi». Isacco andò via di là si accampò lungo il torrente di Gerar e vi si stabilì. Isacco riattivò i pozzi d’acqua che avevano scavato i servi di suo padre Abr amo e che i Filistei avevano chiuso dopo la morte di Abramo e li chiamò come li aveva chiamati suo padre. I servi di Isacco scavarono poi nella valle e vi trovarono un pozzo di acqua viva. Ma i
pastori di Gerar litigarono con i pastori di Isacco dicendo: «L’acqua è nostra!». Allora egli chiam ò il pozzo Esek perché quelli avevano litigato con lui. Scavarono un altro pozzo ma quelli litigaro no anche per questo ed egli lo chiamò Sitna. Si mosse di là e scavò un altro pozzo per il quale no n litigarono; allora egli lo chiamò Recobòt e disse: «Ora il Signore ci ha dato spazio libero perché noi prosperiamo nella terra». Di là salì a Bersabea. E in quella notte gli apparve il Signore e diss e: «Io sono il Dio di Abramo tuo padre; non temere perché io sono con te: ti benedirò e moltipli cherò la tua discendenza a causa di Abramo mio servo». Allora egli costruì in quel luogo un altar e e invocò il nome del Signore. Lì piantò la tenda e i servi di Isacco scavarono un pozzo. Intanto Abimèlec da Gerar era andato da lui insieme con Acuzzàt suo consigliere e Picol capo del suo es ercito. Isacco disse loro: «Perché siete venuti da me mentre voi mi odiate e mi avete scacciato d a voi?». Gli risposero: «Abbiamo visto che il Signore è con te e abbiamo detto: vi sia tra noi un gi uramento tra noi e te, e concludiamo un’alleanza con te: tu non ci farai alcun male come noi no n ti abbiamo toccato e non ti abbiamo fatto se non del bene e ti abbiamo lasciato andare in pac e. Tu sei ora un uomo benedetto dal Signore». Allora imbandì loro un convito e mangiarono e b evvero. Alzatisi di buon mattino si prestarono giuramento l’un l’altro poi Isacco li congedò e par tirono da lui in pace. Proprio in quel giorno arrivarono i servi di Isacco e lo informarono a propo sito del pozzo che avevano scavato e gli dissero: «Abbiamo trovato l’acqua». Allora egli lo chiam ò Siba: per questo la città si chiama Bersabea ancora oggi. Quando Esaù ebbe quarant’anni pres e in moglie Giuditta figlia di Beerì l’Ittita e Basmat figlia di Elon l’Ittita. Esse furono causa d’intim a amarezza per Isacco e per Rebecca. Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti ch e non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore Esaù e gli disse: «Figlio mio». Gli rispose: «Eccomi
». Riprese: «Vedi io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte. Ebbene prendi le tue armi l a tua farètra e il tuo arco va’ in campagna e caccia per me della selvaggina. Poi preparami un pia tto di mio gusto e portamelo; io lo mangerò affinché possa benedirti prima di morire». Ora Reb ecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di s elvaggina da portare a casa. Rebecca disse al figlio Giacobbe: «Ecco ho sentito tuo padre dire a t uo fratello Esaù: “Portami della selvaggina e preparami un piatto lo mangerò e poi ti benedirò al la presenza del Signore prima di morire”. Ora figlio mio, da’ retta a quel che ti ordino. Va’ subito al gregge e prendimi di là due bei capretti; io preparerò un piatto per tuo padre secondo il suo gusto. Così tu lo porterai a tuo padre che ne mangerà perché ti benedica prima di morire». Risp ose Giacobbe a Rebecca sua madre: «Sai bene che mio fratello Esaù è peloso mentre io ho la pe lle liscia. Forse mio padre mi toccherà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una benedizione». Ma sua madre gli disse: «Ricada pure su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu dammi retta e va’ a prendermi i capretti». Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre. R
ebecca prese i vestiti più belli del figlio maggiore Esaù che erano in casa presso di lei e li fece ind ossare al figlio minore Giacobbe; con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. Poi mise in mano a suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato. Così egli ve
nne dal padre e disse: «Padre mio». Rispose: «Eccomi; chi sei tu figlio mio?». Giacobbe rispose a l padre: «Io sono Esaù il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai ordinato. àlzati dunque siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica». Isacco disse al figlio: «Come hai fatto prest o a trovarla figlio mio!». Rispose: «Il Signore tuo Dio me l’ha fatta capitare davanti». Ma Isacco g li disse: «Avvicìnati e lascia che ti tocchi figlio mio per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no». Giacobbe si avvicinò a Isacco suo padre il quale lo toccò e disse: «La voce è la voce di Giac obbe ma le braccia sono le braccia di Esaù ». Così non lo riconobbe perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù e lo benedisse. Gli disse ancora: «Tu sei proprio il mi o figlio Esaù?». Rispose: «Lo sono». Allora disse: «Servimi perché possa mangiare della selvaggi na di mio figlio e ti benedica». Gliene servì ed egli mangiò gli portò il vino ed egli bevve. Poi suo padre Isacco gli disse: «Avvicìnati e baciami figlio mio!». Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l’
odore degli abiti di lui e lo benedisse: «Ecco l’odore del mio figlio come l’odore di un campo che il Signore ha benedetto. Dio ti conceda rugiada dal cielo, terre grasse frumento e mosto in abb ondanza. Popoli ti servano e genti si prostrino davanti a te. Sii il signore dei tuoi fratelli e si pros trino davanti a te i figli di tua madre. Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedett o!». Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era allontanato dal padre Isa cco quando tornò dalla caccia Esaù suo fratello. Anch’egli preparò un piatto lo portò al padre e gli disse: «Si alzi mio padre e mangi la selvaggina di suo figlio per potermi benedire». Gli disse su o padre Isacco: «Chi sei tu?». Rispose: «Io sono il tuo figlio primogenito Esaù ». Allora Isacco fu colto da un fortissimo tremito e disse: «Chi era dunque colui che ha preso la selvaggina e me l’h a portata? Io ho mangiato tutto prima che tu giungessi poi l’ho benedetto e benedetto resterà»
. Quando Esaù sentì le parole di suo padre scoppiò in alte amarissime grida. Disse a suo padre: «
Benedici anche me padre mio!». Rispose: «è venuto tuo fratello con inganno e ha carpito la ben edizione che spettava a te». Riprese: «Forse perché si chiama Giacobbe mi ha soppiantato già d ue volte? Già ha carpito la mia primogenitura ed ecco ora ha carpito la mia benedizione!». E sog giunse: «Non hai forse in serbo qualche benedizione per me?». Isacco rispose e disse a Esaù: «E
cco io l’ho costituito tuo signore e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli; l’ho provveduto di fr umento e di mosto; ora per te che cosa mai potrei fare figlio mio?». Esaù disse al padre: «Hai un a sola benedizione, padre mio? Benedici anche me padre mio!». Esaù alzò la voce e pianse. Allo ra suo padre Isacco prese la parola e gli disse: «Ecco la tua abitazione sarà lontano dalle terre gr asse, lontano dalla rugiada del cielo dall’alto. Vivrai della tua spada e servirai tuo fratello; ma ve rrà il giorno che ti riscuoterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo». Esaù perseguitò Giacobbe pe r la benedizione che suo padre gli aveva dato. Pensò Esaù: «Si avvicinano i giorni del lutto per m io padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe». Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù suo figlio maggiore ed ella mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: «Esaù tuo frat ello vuole vendicarsi di te e ucciderti. Ebbene figlio mio dammi retta: su fuggi a Carran da mio fr atello Làbano. Rimarrai con lui qualche tempo finché l’ira di tuo fratello si sarà placata. Quando la collera di tuo fratello contro di te si sarà placata e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatt
o allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un solo giorno?».
E Rebecca disse a Isacco: «Ho disgusto della mia vita a causa delle donne ittite: se Giacobbe pre nde moglie tra le Ittite come queste tra le ragazze della regione a che mi giova la vita?». Allora I sacco chiamò Giacobbe lo benedisse e gli diede questo comando: «Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan. Su va’ in Paddan-Aram nella casa di Betuèl padre di tua madre e prenditi là una moglie tra le figlie di Làbano frate llo di tua madre. Ti benedica Dio l’Onnipotente ti renda fecondo e ti moltiplichi sì che tu diveng a un insieme di popoli. Conceda la benedizione di Abramo a te e alla tua discendenza con te per ché tu possieda la terra che Dio ha dato ad Abramo dove tu sei stato forestiero». Così Isacco fec e partire Giacobbe che andò in Paddan-Aram presso Làbano figlio di Betuèl l’Arameo fratello di Rebecca madre di Giacobbe e di Esaù. E
saù vide che Isacco aveva benedetto Giacobbe e l’aveva mandato in Paddan-Aram per prendersi una moglie originaria di là e che mentre lo benediceva gli aveva dato quest o comando: «Non devi prender moglie tra le Cananee». Giacobbe obbedendo al padre e alla ma dre era partito per Paddan-Aram. Esaù comprese che le figlie di Canaan non erano gradite a suo padre Isacco. Allora si recò da Ismaele e oltre le mogli che aveva si prese in moglie Macalàt figlia di Ismaele figlio di Abram o sorella di Nebaiòt. Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luog o dove passò la notte perché il sole era tramontato; prese là una pietra se la pose come guancia le e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra mentre la sua cima rag giungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli sta va davanti e disse: «Io sono il Signore il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come l a polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente a settentrione e a mezzogiorn o. E si diranno benedette in te e nella tua discendenza tutte le famiglie della terra. Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti ab bandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto». Giacobbe si svegliò dal sonno e disse:
«Certo il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio questa è la porta del cielo». La mattina Giacobbe si alzò prese la pietra che si era posta come guanciale la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel mentre prima di allora la città si chiamava Luz. Giacob be fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e m i darà pane da mangiare e vesti per coprirmi se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre il Si gnore sarà il mio Dio. Questa pietra che io ho eretto come stele sarà una casa di Dio; di quanto mi darai, io ti offrirò la decima». Giacobbe si mise in cammino e andò nel territorio degli orienta li. Vide nella campagna un pozzo e tre greggi di piccolo bestiame distese vicino perché a quel po zzo si abbeveravano le greggi. Sulla bocca del pozzo c’era una grande pietra: solo quando tutte l e greggi si erano radunate là i pastori facevano rotolare la pietra dalla bocca del pozzo e abbeve
ravano il bestiame; poi rimettevano la pietra al suo posto sulla bocca del pozzo. Giacobbe disse loro: «Fratelli miei di dove siete?». Risposero: «Siamo di Carran». Disse loro: «Conoscete Làban o figlio di Nacor?». Risposero: «Lo conosciamo». Poi domandò: «Sta bene?». Risposero: «Sì ecc o sua figlia Rachele che viene con il gregge». Riprese: «Eccoci ancora in pieno giorno: non è tem po di radunare il bestiame. Date da bere al bestiame e andate a pascolare!». Ed essi risposero:
«Non possiamo finché non si siano radunate tutte le greggi e si rotoli la pietra dalla bocca del p ozzo; allora faremo bere il gregge». Egli stava ancora parlando con loro quando arrivò Rachele c on il bestiame del padre; era infatti una pastorella. Quando Giacobbe vide Rachele figlia di Làba no fratello di sua madre insieme con il bestiame di Làbano fratello di sua madre Giacobbe fattos i avanti fece rotolare la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano fratello di s ua madre. Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce. Giacobbe rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei perché figlio di Rebecca. Allora ella corse a riferirlo al padre. Quand o Làbano seppe che era Giacobbe il figlio di sua sorella, gli corse incontro lo abbracciò lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano tutte queste vicende. Allora Làbano gli dis se: «Davvero tu sei mio osso e mia carne!». Così restò presso di lui per un mese. Poi Làbano diss e a Giacobbe: «Poiché sei mio parente dovrai forse prestarmi servizio gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario». Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele. Lia aveva gli occhi smorti mentre Rachele era bella di forme e avv enente di aspetto, perciò Giacobbe s’innamorò di Rachele. Disse dunque: «Io ti servirò sette an ni per Rachele tua figlia minore». Rispose Làbano: «Preferisco darla a te piuttosto che a un estra neo. Rimani con me». Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni ta nto era il suo amore per lei. Poi Giacobbe disse a Làbano: «Dammi la mia sposa perché i giorni sono terminati e voglio unirmi a lei». Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un banchetto. Ma quando fu sera egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei. Làban o diede come schiava alla figlia Lia la sua schiava Zilpa. Quando fu mattina… ecco era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: «Che cosa mi hai fatto? Non sono stato al tuo servizio per Rachele? Pe rché mi hai ingannato?». Rispose Làbano: «Non si usa far così dalle nostre parti non si dà in spo sa la figlia più piccola prima della primogenita. Finisci questa settimana nuziale poi ti darò anche l’altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni». E così fece Giacobbe: ter minò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia Rachele. Làbano diede com e schiava alla figlia Rachele la sua schiava Bila. Giacobbe si unì anche a Rachele e amò Rachele p iù di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni. Ora il Signore vedendo che Lia veniva tra scurata la rese feconda mentre Rachele rimaneva sterile. Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: «Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo ora mio marito mi am erà». Concepì ancora e partorì un figlio e disse: «Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi h a dato anche questo». E lo chiamò Simeone. Concepì ancora e partorì un figlio e disse: «Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli». Per questo lo chiamò Levi. C
oncepì ancora e partorì un figlio e disse: «Questa volta loderò il Signore». Per questo lo chiamò
Giuda. E cessò di avere figli. Rachele vedendo che non le era concesso di dare figli a Giacobbe di venne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli se no io muoio!». Giacobbe s’irri tò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio il quale ti ha negato il frutto del gremb o?». Allora ella rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, partorisca sulle mie ginocchia cosic ché per mezzo di lei abbia anch’io una mia prole». Così ella gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei. Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio. Rachele disse: «Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce dandomi un figlio». Per questo ella lo chiamò Da n. Bila la schiava di Rachele concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio. Rachele disse
: «Ho sostenuto contro mia sorella lotte tremende e ho vinto!». E lo chiamò Nèftali. Allora Lia v edendo che aveva cessato di aver figli prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie a Giaco bbe. Zilpa la schiava di Lia partorì a Giacobbe un figlio. Lia esclamò: «Per fortuna!» e lo chiamò Gad. Zilpa la schiava di Lia partorì un secondo figlio a Giacobbe. Lia disse: «Per mia felicità! Cert amente le donne mi chiameranno beata». E lo chiamò Aser. Al tempo della mietitura del grano Ruben uscì e trovò delle mandragore che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: «Dammi un p o’ delle mandragore di tuo figlio». Ma Lia rispose: «Ti sembra poco avermi portato via il marito perché ora tu voglia portare via anche le mandragore di mio figlio?». Riprese Rachele: «Ebbene Giacobbe si corichi pure con te questa notte ma dammi in cambio le mandragore di tuo figlio».
La sera quando Giacobbe arrivò dalla campagna Lia gli uscì incontro e gli disse: «Da me devi ven ire perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio». Così egli si coricò con lei quella notte. Il Signore esaudì Lia la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. Lia d isse: «Dio mi ha dato il mio salario perché ho dato la mia schiava a mio marito». E lo chiamò ìssa car. Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe. Lia disse: «Dio mi ha fatto un bel reg alo: questa volta mio marito mi preferirà perché gli ho partorito sei figli». E lo chiamò Zàbulon. I n seguito partorì una figlia e la chiamò Dina. Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la re se feconda. Ella concepì e partorì un figlio e disse: «Dio ha tolto il mio disonore». E lo chiamò Gi useppe dicendo: «Il Signore mi aggiunga un altro figlio!». Dopo che Rachele ebbe partorito Gius eppe Giacobbe disse a Làbano: «Lasciami andare e tornare a casa mia nella mia terra. Dammi le mogli per le quali ti ho servito e i miei bambini perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato». Gli disse Làbano: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi… Per divinazione ho saputo c he il Signore mi ha benedetto per causa tua». E aggiunse: «Fissami il tuo salario e te lo darò». Gl i rispose: «Tu stesso sai come ti ho servito e quanto sono cresciuti i tuoi averi per opera mia. Pe rché il poco che avevi prima della mia venuta è aumentato oltre misura e il Signore ti ha benede tto sui miei passi. Ma ora quando lavorerò anch’io per la mia casa?». Riprese Làbano: «Che cosa ti devo dare?». Giacobbe rispose: «Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritorner ò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo. Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; tu metti da part e ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario. In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio s alario ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore
se si troverà presso di me sarà come rubato». Làbano disse: «Bene sia come tu hai detto!». In q uel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate ogni ca po che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli e stabilì u na distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe mentre Giacobbe pascolava l’altro bestia me di Làbano. Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo di mandorlo e di platano ne intagliò la corteccia a strisce bianche mettendo a nudo il bianco dei rami. Mise i rami così scortecciati nei c analetti agli abbeveratoi dell’acqua dove veniva a bere il bestiame bene in vista per le bestie ch e andavano in calore quando venivano a bere. Così le bestie andarono in calore di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati punteggiati e chiazzati. Quanto alle pecore Giacobbe le sepa rò e fece sì che le bestie avessero davanti a loro gli animali striati e tutti quelli di colore scuro de l gregge di Làbano. E i branchi che si era così formato per sé non li mise insieme al gregge di Làb ano. Ogni qualvolta andavano in calore bestie robuste Giacobbe metteva i rami nei canaletti in vista delle bestie per farle concepire davanti ai rami. Quando invece le bestie erano deboli non l i metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe. Egli si a rricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi cammelli e asini. Gi acobbe venne a sapere che i figli di Làbano dicevano: «Giacobbe si è preso tutto quello che avev a nostro padre e con quanto era di nostro padre si è fatto questa grande fortuna». Giacobbe os servò anche la faccia di Làbano e si accorse che verso di lui non era più come prima. Il Signore di sse a Giacobbe: «Torna alla terra dei tuoi padri nella tua famiglia e io sarò con te». Allora Giaco bbe mandò a chiamare Rachele e Lia in campagna presso il suo gregge e disse loro: «Io mi accor go dal volto di vostro padre che egli verso di me non è più come prima; ma il Dio di mio padre è stato con me. Sapete voi stesse che ho servito vostro padre con tutte le mie forze mentre vostr o padre si è beffato di me e ha cambiato dieci volte il mio salario; ma Dio non gli ha permesso di farmi del male. Se egli diceva: “Le bestie punteggiate saranno il tuo salario” tutto il gregge figlia va bestie punteggiate; se diceva: “Le bestie striate saranno il tuo salario” allora tutto il gregge fi gliava bestie striate. Così Dio ha sottratto il bestiame a vostro padre e l’ha dato a me. Una volta nel tempo in cui il piccolo bestiame va in calore io in sogno alzai gli occhi e vidi che i capri in pro cinto di montare le bestie erano striati punteggiati e chiazzati. L’angelo di Dio mi disse in sogno:
“Giacobbe!”. Risposi: “Eccomi”. Riprese: “Alza gli occhi e guarda: tutti i capri che montano le be stie sono striati punteggiati e chiazzati perché ho visto come ti tratta Làbano. Io sono il Dio di Be tel dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto. Ora àlzati parti da questa terra e torn a nella terra della tua famiglia!”». Rachele e Lia gli risposero: «Abbiamo forse ancora una parte o una eredità nella casa di nostro padre? Non siamo forse tenute in conto di straniere da parte sua dal momento che ci ha vendute e si è anche mangiato il nostro denaro? Tutta la ricchezza c he Dio ha sottratto a nostro padre è nostra e dei nostri figli. Ora fa’ pure quello che Dio ti ha det to». Allora Giacobbe si alzò caricò i figli e le mogli sui cammelli e condusse via tutto il bestiame e tutti gli averi che si era acquistato il bestiame che si era acquistato in Paddan-Aram per ritornare da Isacco suo padre nella terra di Canaan. Làbano era andato a tosare il greg
ge e Rachele rubò gli idoli che appartenevano al padre. Giacobbe eluse l’attenzione di Làbano l’
Arameo non lasciando trapelare che stava per fuggire; così poté andarsene con tutti i suoi averi.
Si mosse dunque passò il Fiume e si diresse verso le montagne di Gàlaad. Il terzo giorno fu riferi to a Làbano che Giacobbe era fuggito. Allora egli prese con sé i suoi parenti lo inseguì per sette giorni di cammino e lo raggiunse sulle montagne di Gàlaad. Ma Dio venne da Làbano, l’Arameo i n un sogno notturno e gli disse: «Bada di non dir niente a Giacobbe né in bene né in male!». Làb ano andò dunque a raggiungere Giacobbe. Ora Giacobbe aveva piantato la tenda sulle montagn e e Làbano si era accampato con i parenti sulle montagne di Gàlaad. Disse allora Làbano a Giaco bbe: «Che cosa hai fatto? Hai eluso la mia attenzione e hai condotto via le mie figlie come prigio niere di guerra! Perché sei fuggito di nascosto mi hai ingannato e non mi hai avvertito? Io ti avre i congedato con festa e con canti a suon di tamburelli e di cetre! E non mi hai permesso di bacia re i miei figli e le mie figlie! Certo hai agito in modo insensato. Sarebbe in mio potere farti del m ale ma il Dio di tuo padre mi ha parlato la notte scorsa: “Bada di non dir niente a Giacobbe né in bene né in male!”. Certo sei partito perché soffrivi di nostalgia per la casa di tuo padre; ma perc hé hai rubato i miei dèi?». Giacobbe rispose a Làbano e disse: «Perché avevo paura e pensavo c he mi avresti tolto con la forza le tue figlie. Ma quanto a colui presso il quale tu troverai i tuoi d èi non resterà in vita! Alla presenza dei nostri parenti verifica quanto vi può essere di tuo presso di me e riprendilo». Giacobbe non sapeva che li aveva rubati Rachele. Allora Làbano entrò nella tenda di Giacobbe e poi nella tenda di Lia e nella tenda delle due schiave ma non trovò nulla. P
oi uscì dalla tenda di Lia ed entrò nella tenda di Rachele. Rachele aveva preso gli idoli e li aveva messi nella sella del cammello poi vi si era seduta sopra così Làbano frugò in tutta la tenda ma n on li trovò. Ella parlò al padre: «Non si offenda il mio signore se io non posso alzarmi davanti a t e perché ho quello che avviene di regola alle donne». Làbano cercò ma non trovò gli idoli. Giaco bbe allora si adirò e apostrofò Làbano al quale disse: «Qual è il mio delitto qual è il mio peccato perché ti accanisca contro di me? Ora che hai frugato tra tutti i miei oggetti che cosa hai trovato di tutte le cose di casa tua? Mettilo qui davanti ai miei e tuoi parenti e siano essi giudici tra noi due. Vent’anni ho passato con te: le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e non ho mai mangiato i montoni del tuo gregge. Nessuna bestia sbranata ti ho portato a mio discarico: io ste sso ne compensavo il danno e tu reclamavi da me il risarcimento sia di quanto veniva rubato di giorno sia di quanto veniva rubato di notte. Di giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo e il so nno fuggiva dai miei occhi. Vent’anni sono stato in casa tua: ho servito quattordici anni per le tu e due figlie e sei anni per il tuo gregge e tu hai cambiato il mio salario dieci volte. Se il Dio di mio padre il Dio di Abramo e il Terrore di Isacco non fosse stato con me tu ora mi avresti licenziato a mani vuote; ma Dio ha visto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e la scorsa notte egli ha fatto da arbitro». Làbano allora rispose e disse a Giacobbe: «Queste figlie sono le mie figlie e q uesti figli sono i miei figli; questo bestiame è il mio bestiame e quanto tu vedi è mio. E che cosa potrei fare oggi a queste mie figlie o ai figli che hanno messo al mondo? Ebbene vieni, concludia mo un’alleanza io e te e ci sia un testimone tra me e te». Giacobbe prese una pietra e la eresse
come stele. Poi disse ai suoi parenti: «Raccogliete pietre» e quelli presero pietre e ne fecero un mucchio; e su quel mucchio mangiarono. Làbano lo chiamò Iegar-Saadutà mentre Giacobbe lo chiamò Gal-
Ed. Làbano disse: «Questo mucchio è oggi un testimone tra me e te» per questo lo chiamò Gal-Ed e anche Mispa perché disse: «Il Signore starà di vedetta tra me e te quando noi non ci vedre mo più l’un l’altro. Se tu maltratterai le mie figlie e se prenderai altre mogli oltre le mie figlie sa ppi che non un uomo è con noi ma Dio è testimone tra me e te». Soggiunse Làbano a Giacobbe:
«Ecco questo mucchio ed ecco questa stele che io ho eretto tra me e te. Questo mucchio è testi mone e questa stele è testimone che io giuro di non oltrepassare questo mucchio dalla tua part e e che tu giuri di non oltrepassare questo mucchio e questa stele dalla mia parte per fare il mal e. Il Dio di Abramo e il Dio di Nacor siano giudici tra di noi». Giacobbe giurò per il Terrore di Isac co suo padre. Poi offrì un sacrificio sulle montagne e invitò i suoi parenti a prender cibo. Essi ma ngiarono e passarono la notte sulle montagne. Làbano si alzò di buon mattino baciò i figli e le fi glie e li benedisse. Poi partì e ritornò a casa. Mentre Giacobbe andava per la sua strada gli si fec ero incontro gli angeli di Dio. Giacobbe al vederli disse: «Questo è l’accampamento di Dio» e chi amò quel luogo Macanàim. Poi Giacobbe mandò avanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaù n ella regione di Seir la campagna di Edom. Diede loro questo comando: «Direte al mio signore Es aù: “Dice il tuo servo Giacobbe: Sono restato come forestiero presso Làbano e vi sono rimasto fi no ad ora. Sono venuto in possesso di buoi asini e greggi di schiavi e schiave. Ho mandato a info rmarne il mio signore per trovare grazia ai suoi occhi”». I messaggeri tornarono da Giacobbe dic endo: «Siamo stati da tuo fratello Esaù ora egli stesso sta venendoti incontro e ha con sé quattr ocento uomini». Giacobbe si spaventò molto e si sentì angustiato; allora divise in due accampa menti la gente che era con lui il gregge gli armenti e i cammelli. Pensava infatti: «Se Esaù raggiu nge un accampamento e lo sconfigge l’altro si salverà». Giacobbe disse: «Dio del mio padre Abr amo e Dio del mio padre Isacco Signore che mi hai detto: “Ritorna nella tua terra e tra la tua par entela e io ti farò del bene” io sono indegno di tutta la bontà e di tutta la fedeltà che hai usato v erso il tuo servo. Con il mio solo bastone avevo passato questo Giordano e ora sono arrivato al punto di formare due accampamenti. Salvami dalla mano di mio fratello, dalla mano di Esaù per ché io ho paura di lui: che egli non arrivi e colpisca me e senza riguardi, madri e bambini! Eppur e tu hai detto: “Ti farò del bene e renderò la tua discendenza tanto numerosa come la sabbia de l mare che non si può contare”». Giacobbe rimase in quel luogo a passare la notte. Poi prese da ciò che gli capitava tra mano un dono per il fratello Esaù: duecento capre e venti capri duecento pecore e venti montoni trenta cammelle che allattavano con i loro piccoli quaranta giovenche e dieci torelli venti asine e dieci asinelli. Egli affidò ai suoi servi i singoli branchi separatamente e disse loro: «Passate davanti a me e lasciate una certa distanza tra un branco e l’altro». Diede qu est’ordine al primo: «Quando ti incontrerà Esaù mio fratello e ti domanderà: “A chi appartieni?
Dove vai? Di chi sono questi animali che ti camminano davanti?” tu risponderai: “Di tuo fratello Giacobbe; è un dono inviato al mio signore Esaù ecco egli stesso ci segue”». Lo stesso ordine die
de anche al secondo e anche al terzo e a quanti seguivano i branchi: «Queste parole voi rivolger ete ad Esaù quando lo incontrerete; gli direte: “Anche il tuo servo Giacobbe ci segue”». Pensava infatti: «Lo placherò con il dono che mi precede e in seguito mi presenterò a lui; forse mi accogl ierà con benevolenza». Così il dono passò prima di lui mentre egli trascorse quella notte nell’acc ampamento. Durante quella notte egli si alzò prese le due mogli le due schiave i suoi undici ba mbini e passò il guado dello Iabbok. Li prese fece loro passare il torrente e portò di là anche tutt i i suoi averi. Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. Veden do che non riusciva a vincerlo lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò mentre continuava a lottare con lui. Quello disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò se non mi avrai benedetto!». Gli domand ò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». Giacobbe allora gli chiese: «Svela mi il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse. Allora Giacobbe ch iamò quel luogo Penuèl: «Davvero – disse –
ho visto Dio faccia a faccia eppure la mia vita è rimasta salva». Spuntava il sole quando Giacobb e passò Penuèl e zoppicava all’anca. Per questo gli Israeliti fino ad oggi non mangiano il nervo sc iatico che è sopra l’articolazione del femore perché quell’uomo aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico. Giacobbe alzò gli occhi e vide arrivare Esaù che aveva co n sé quattrocento uomini. Allora distribuì i bambini tra Lia Rachele e le due schiave; alla testa m ise le schiave con i loro bambini più indietro Lia con i suoi bambini e più indietro Rachele e Gius eppe. Egli passò davanti a loro e si prostrò sette volte fino a terra mentre andava avvicinandosi al fratello. Ma Esaù gli corse incontro lo abbracciò gli si gettò al collo lo baciò e piansero. Alzàti g li occhi vide le donne e i bambini e domandò: «Chi sono questi con te?». Giacobbe rispose: «So no i bambini che Dio si è compiaciuto di dare al tuo servo». Allora si fecero avanti le schiave con i loro bambini e si prostrarono. Si fecero avanti anche Lia e i suoi bambini e si prostrarono e infi ne si fecero avanti Giuseppe e Rachele e si prostrarono. Domandò ancora: «Che cosa vuoi fare d i tutta questa carovana che ho incontrato?». Rispose: «è per trovar grazia agli occhi del mio sign ore». Esaù disse: «Ho beni in abbondanza fratello mio resti per te quello che è tuo!». Ma Giacob be disse: «No ti prego se ho trovato grazia ai tuoi occhi accetta dalla mia mano il mio dono perc hé io sto alla tua presenza come davanti a Dio e tu mi hai gradito. Accetta il dono augurale che t i è stato presentato perché Dio mi ha favorito e sono provvisto di tutto!». Così egli insistette e q uegli accettò. Esaù disse: «Partiamo e mettiamoci in viaggio: io camminerò davanti a te». Gli ris pose: «Il mio signore sa che i bambini sono delicati e che devo aver cura delle greggi e degli arm enti che allattano: se si affaticassero anche un giorno solo tutte le bestie morirebbero. Il mio sig nore passi prima del suo servo mentre io mi sposterò con mio agio tenendo il passo di questo b estiame che mi precede e dei bambini finché arriverò presso il mio signore in Seir». Disse allora Esaù: «Almeno possa lasciare con te una parte della gente che ho con me!». Rispose: «Ma perc hé? Basta solo che io trovi grazia agli occhi del mio signore!». Così quel giorno stesso Esaù ritorn
ò per conto proprio in Seir. Giacobbe invece partì per Succot dove costruì una casa per sé e fece capanne per il gregge. Per questo chiamò quel luogo Succot. Giacobbe arrivò sano e salvo alla c ittà di Sichem che è nella terra di Canaan al ritorno da Paddan-Aram e si accampò di fronte alla città. Acquistò dai figli di Camor padre di Sichem per cento pez zi d’argento quella porzione di campagna dove aveva piantato la tenda. Qui eresse un altare e l o chiamò «El Dio d’Israele». Dina la figlia che Lia aveva partorito a Giacobbe uscì a vedere le rag azze del posto. Ma la notò Sichem figlio di Camor l’Eveo principe di quel territorio la rapì e si cor icò con lei facendole violenza. Ma poi egli rimase legato a Dina, figlia di Giacobbe; s’innamorò d ella giovane e le rivolse parole di conforto. Quindi disse a Camor suo padre: «Prendimi in moglie questa ragazza». Intanto Giacobbe aveva saputo che quello aveva disonorato sua figlia Dina ma i suoi figli erano in campagna con il suo bestiame e Giacobbe tacque fino al loro arrivo. Venne d unque Camor padre di Sichem da Giacobbe per parlare con lui. Quando i figli di Giacobbe tornar ono dalla campagna sentito l’accaduto ne furono addolorati e s’indignarono molto perché quegl i coricandosi con la figlia di Giacobbe aveva commesso un’infamia in Israele: così non si doveva f are! Camor disse loro: «Sichem mio figlio è innamorato della vostra figlia; vi prego dategliela in moglie! Anzi imparentatevi con noi: voi darete a noi le vostre figlie e vi prenderete per voi le no stre figlie. Abiterete con noi e la terra sarà a vostra disposizione; potrete risiedervi percorrerla i n lungo e in largo e acquistare proprietà». Sichem disse al padre e ai fratelli di lei: «Possa io trov are grazia agli occhi vostri; vi darò quel che mi direte. Alzate pure molto a mio carico il prezzo n uziale e il valore del dono; vi darò quanto mi chiederete ma concedetemi la giovane in moglie!»
. Allora i figli di Giacobbe risposero a Sichem e a suo padre Camor e parlarono con inganno, poic hé quegli aveva disonorato la loro sorella Dina. Dissero loro: «Non possiamo fare questo dare la nostra sorella a un uomo non circonciso perché ciò sarebbe un disonore per noi. Acconsentire mo alla vostra richiesta solo a questa condizione: diventare come noi, circoncidendo ogni vostro maschio. In tal caso noi vi daremo le nostre figlie e ci prenderemo le vostre abiteremo con voi e diventeremo un solo popolo. Ma se voi non ci ascoltate a proposito della nostra circoncisione p renderemo la nostra ragazza e ce ne andremo». Le loro parole piacquero a Camor e a Sichem fig lio di Camor. Il giovane non indugiò a eseguire la cosa perché amava la figlia di Giacobbe; d’altra parte era il più onorato di tutto il casato di suo padre. Vennero dunque Camor e il figlio Sichem alla porta della loro città e parlarono agli uomini della città: «Questi uomini sono gente pacifica con noi: abitino pure con noi nel territorio e lo percorrano in lungo e in largo; esso è molto ampi o per loro in ogni direzione. Noi potremo prendere in moglie le loro figlie e potremo dare loro le nostre. Ma questi uomini a una condizione acconsentiranno ad abitare con noi per diventare u n unico popolo: se noi circoncidiamo ogni nostro maschio come loro stessi sono circoncisi. I loro armenti la loro ricchezza e tutto il loro bestiame non diverranno forse nostri? Accontentiamoli dunque e possano abitare con noi!». Quanti si radunavano alla porta della sua città ascoltarono Camor e il figlio Sichem: tutti i maschi quanti si radunavano alla porta della città si fecero circon cidere. Ma il terzo giorno quand’essi erano sofferenti i due figli di Giacobbe Simeone e Levi i frat
elli di Dina presero ciascuno la propria spada entrarono indisturbati nella città e uccisero tutti i maschi. Passarono così a fil di spada Camor e suo figlio Sichem portarono via Dina dalla casa di S
ichem e si allontanarono. I figli di Giacobbe si buttarono sui cadaveri e saccheggiarono la città p erché quelli avevano disonorato la loro sorella. Presero le loro greggi e i loro armenti i loro asini e quanto era nella città e nella campagna. Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze tut ti i loro bambini e le loro donne e saccheggiarono quanto era nelle case. Allora Giacobbe disse a Simeone e a Levi: «Voi mi avete rovinato rendendomi odioso agli abitanti della regione ai Cana nei e ai Perizziti. Io ho solo pochi uomini; se essi si raduneranno contro di me mi vinceranno e io sarò annientato con la mia casa». Risposero: «Si tratta forse la nostra sorella come una prostitu ta?». Dio disse a Giacobbe: «àlzati sali a Betel e abita là costruisci in quel luogo un altare al Dio c he ti è apparso quando fuggivi lontano da Esaù tuo fratello». Allora Giacobbe disse alla sua fami glia e a quanti erano con lui: «Eliminate gli dèi degli stranieri che avete con voi purificatevi e ca mbiate gli abiti. Poi alziamoci e saliamo a Betel dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esau dito al tempo della mia angoscia ed è stato con me nel cammino che ho percorso». Essi consegn arono a Giacobbe tutti gli dèi degli stranieri che possedevano e i pendenti che avevano agli orec chi e Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem. Poi partirono e un grande terrore assa lì le città all’intorno così che non inseguirono i figli di Giacobbe. Giacobbe e tutta la gente che er a con lui arrivarono a Luz cioè Betel che è nella terra di Canaan. Qui egli costruì un altare e chia mò quel luogo El-Betel perché là Dio gli si era rivelato quando fuggiva lontano da suo fratello. Allora morì Dèbora la nutrice di Rebecca e fu sepolta al di sotto di Betel ai piedi della quercia. Così essa prese il nom e di Quercia del Pianto. Dio apparve un’altra volta a Giacobbe durante il ritorno da Paddan-Aram e lo benedisse. Dio gli disse: «Il tuo nome è Giacobbe. Ma non ti chiamerai più Giacobbe: I sraele sarà il tuo nome». Così lo si chiamò Israele. Dio gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente. Sii f econdo e diventa numeroso; deriveranno da te una nazione e un insieme di nazioni, e re usciran no dai tuoi fianchi. Darò a te la terra che ho concesso ad Abramo e a Isacco e dopo di te, la darò alla tua stirpe». Dio disparve da lui dal luogo dove gli aveva parlato. Allora Giacobbe eresse una stele dove gli aveva parlato una stele di pietra e su di essa fece una libagione e versò olio. Giac obbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato. Quindi partirono da Betel. Mancava anco ra un tratto di cammino per arrivare a èfrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile.
Mentre penava a partorire la levatrice le disse: «Non temere: anche questa volta avrai un figlio
!». Ormai moribonda quando stava per esalare l’ultimo respiro lei lo chiamò Ben-Onì ma suo padre lo chiamò Beniamino. Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso èfr ata cioè Betlemme. Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. è la stele della tomba di Rachele che esiste ancora oggi. Poi Israele partì e piantò la tenda al di là di Migdal-Eder. Mentre Israele abitava in quel territorio Ruben andò a unirsi con Bila concubina del padre e Israele lo venne a sapere. I figli di Giacobbe furono dodici. Figli di Lia: Ruben il primogenito di Giacobbe poi Simeone Levi Giuda ìssacar e Zàbulon; figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino; figli
di Bila schiava di Rachele: Dan e Nèftali; figli di Zilpa schiava di Lia: Gad e Aser. Questi sono i figli di Giacobbe che gli nacquero in Paddan-Aram. Giacobbe venne da suo padre Isacco a Mamre a Kiriat-
Arbà cioè Ebron dove Abramo e Isacco avevano soggiornato come forestieri. Isacco raggiunse l’
età di centoottant’anni. Poi Isacco spirò morì e si riunì ai suoi antenati vecchio e sazio di giorni.
Lo seppellirono i suoi figli Esaù e Giacobbe. Questa è la discendenza di Esaù cioè Edom. Esaù pre se le sue mogli tra le figlie dei Cananei: Ada figlia di Elon l’Ittita; Oolibamà figlia di Anà figlio di Si beon l’Urrita; Basmat figlia di Ismaele sorella di Nebaiòt. Ada partorì a Esaù Elifaz Basmat partor ì Reuèl Oolibamà partorì Ieus Ialam e Core. Questi sono i figli di Esaù che gli nacquero nella terr a di Canaan. Poi Esaù prese con sé le mogli i figli e le figlie e tutte le persone della sua casa il suo gregge e tutto il suo bestiame e tutti i suoi beni che aveva acquistati nella terra di Canaan e and ò in una regione lontano dal fratello Giacobbe. Infatti i loro possedimenti erano troppo grandi p erché essi potessero abitare insieme e il territorio dove soggiornavano come forestieri non bast ava a sostenerli a causa del loro bestiame. Così Esaù si stabilì sulle montagne di Seir. Esaù è Edo m. Questa è la discendenza di Esaù padre degli Edomiti nelle montagne di Seir. Questi sono i no mi dei figli di Esaù: Elifaz figlio di Ada moglie di Esaù Reuèl figlio di Basmat moglie di Esaù. I figli di Elifaz furono: Teman Omar, Sefò Gatam Kenaz. Timna era concubina di Elifaz figlio di Esaù e gl i generò Amalèk. Questi sono i figli di Ada moglie di Esaù. Questi sono i figli di Reuèl: Nacat e Ze rach Sammà e Mizzà. Questi furono i figli di Basmat moglie di Esaù. Questi furono i figli di Oolib amà moglie di Esaù figlia di Anà figlio di Sibeon; ella partorì a Esaù Ieus Ialam e Core. Questi son o i capi dei figli di Esaù: i figli di Elifaz primogenito di Esaù: il capo di Teman il capo di Omar il ca po di Sefò il capo di Kenaz il capo di Core il capo di Gatam il capo di Amalèk. Questi sono i capi d i Elifaz nel territorio di Edom: questi sono i figli di Ada. Questi sono i figli di Reuèl figlio di Esaù: il capo di Nacat il capo di Zerach il capo di Sammà il capo di Mizzà. Questi sono i capi di Reuèl nel territorio di Edom; questi sono i figli di Basmat moglie di Esaù. Questi sono i figli di Oolibamà m oglie di Esaù: il capo di Ieus il capo di Ialam il capo di Core. Questi sono i capi di Oolibamà figlia di Anà moglie di Esaù. Questi sono i figli di Esaù e questi i loro capi. Questo è il popolo degli Edo miti. Questi sono i figli di Seir l’Urrita che abitano la regione: Lotan Sobal Sibeon, Anà Dison Eser e Disan. Questi sono i capi degli Urriti figli di Seir nel territorio di Edom. I figli di Lotan furono Or ì e Emam e la sorella di Lotan era Timna. I figli di Sobal sono Alvan Manàcat Ebal Sefò e Onam. I figli di Sibeon sono Aià e Anà fu proprio Anà che trovò le sorgenti calde nel deserto mentre pasc olava gli asini del padre Sibeon. I figli di Anà sono Dison e Oolibamà. I figli di Dison sono Chemda n Esban Itran e Cheran. I figli di Eser sono Bilan Zaavan e Akan. I figli di Disan sono Us e Aran. Qu esti sono i capi degli Urriti: il capo di Lotan il capo di Sobal il capo di Sibeon il capo di Anà il capo di Dison il capo di Eser il capo di Disan. Questi sono i capi degli Urriti secondo le loro tribù nella regione di Seir. Questi sono i re che regnarono nel territorio di Edom prima che regnasse un re s ugli Israeliti. Regnò dunque in Edom Bela figlio di Beor e la sua città si chiamava Dinaba. Bela m orì e al suo posto regnò Iobab figlio di Zerach da Bosra. Iobab morì e al suo posto regnò Cusam
del territorio dei Temaniti. Cusam morì e al suo posto regnò Adad figlio di Bedad colui che vinse i Madianiti nelle steppe di Moab; la sua città si chiamava Avìt. Adad morì e al suo posto regnò S
amla da Masrekà. Samla morì e al suo posto regnò Saul da Recobòt-Naar. Saul morì e al suo posto regnò Baal-Canan figlio di Acbor. Baal-Canan figlio di Acbor morì e al suo posto regnò Adar: la sua città si chiama Pau e la moglie si chi amava Meetabèl figlia di Matred, figlia di Me-Zaab. Questi sono i nomi dei capi di Esaù secondo le loro famiglie le loro località con i loro nomi: il capo di Timna il capo di Alva il capo di Ietet il capo di Oolibamà il capo di Ela il capo di Pinon il capo di Kenaz il capo di Teman il capo di Mibsar il capo di Magdièl il capo di Iram. Questi sono i capi di Edom secondo le loro sedi nel territorio di loro proprietà. è questi Esaù il padre degli Edo miti. Giacobbe si stabilì nella terra dove suo padre era stato forestiero nella terra di Canaan. Qu esta è la discendenza di Giacobbe. Giuseppe all’età di diciassette anni pascolava il gregge con i s uoi fratelli. Essendo ancora giovane stava con i figli di Bila e i figli di Zilpa mogli di suo padre. Or a Giuseppe riferì al padre di chiacchiere maligne su di loro. Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe. I suoi fratelli vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli lo odiavano e non riusciva no a parlargli amichevolmente. Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli che lo odiar ono ancora di più. Disse dunque loro: «Ascoltate il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando cov oni in mezzo alla campagna quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni si posero attorno e si prostrarono davanti al mio». Gli dissero i suoi fratelli: «Vuoi forse regnare su di noi o ci vuoi dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. Eg li fece ancora un altro sogno e lo narrò ai fratelli e disse: «Ho fatto ancora un sogno sentite: il so le la luna e undici stelle si prostravano davanti a me». Lo narrò dunque al padre e ai fratelli. Ma il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io tu a madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?». I suoi fratelli perciò divennero inv idiosi di lui mentre il padre tenne per sé la cosa. I suoi fratelli erano andati a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. Israele disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Siche m? Vieni ti voglio mandare da loro». Gli rispose: «Eccomi!». Gli disse: «Va’ a vedere come stann o i tuoi fratelli e come sta il bestiame poi torna a darmi notizie». Lo fece dunque partire dalla va lle di Ebron ed egli arrivò a Sichem. Mentre egli si aggirava per la campagna lo trovò un uomo c he gli domandò: «Che cosa cerchi?». Rispose: «Sono in cerca dei miei fratelli. Indicami dove si tr ovano a pascolare». Quell’uomo disse: «Hanno tolto le tende di qui; li ho sentiti dire: “Andiamo a Dotan!”». Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. Essi lo videro da lo ntano e prima che giungesse vicino a loro complottarono contro di lui per farlo morire. Si disser o l’un l’altro: «Eccolo! è arrivato il signore dei sogni! Orsù uccidiamolo e gettiamolo in una cister na! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». M
a Ruben sentì e volendo salvarlo dalle loro mani disse: «Non togliamogli la vita». Poi disse loro:
«Non spargete il sangue gettatelo in questa cisterna che è nel deserto ma non colpitelo con la v
ostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota s enz’acqua. Poi sedettero per prendere cibo. Quand’ecco alzando gli occhi videro arrivare una ca rovana di Ismaeliti provenienti da Gàlaad con i cammelli carichi di resina balsamo e làudano, ch e andavano a portare in Egitto. Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nos tro fratello e a coprire il suo sangue? Su vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contr o di lui perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto. Passarono alcu ni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’ar gento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto. Quando Ruben to rnò alla cisterna ecco Giuseppe non c’era più. Allora si stracciò le vesti tornò dai suoi fratelli e di sse: «Il ragazzo non c’è più e io dove andrò?». Allora presero la tunica di Giuseppe sgozzarono u n capro e intinsero la tunica nel sangue. Poi mandarono al padre la tunica con le maniche lungh e e gliela fecero pervenire con queste parole: «Abbiamo trovato questa; per favore verifica se è la tunica di tuo figlio o no». Egli la riconobbe e disse: «è la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l’ha divorato. Giuseppe è stato sbranato». Giacobbe si stracciò le vesti si pose una tela di sacco attorno ai fianchi e fece lutto sul suo figlio per molti giorni. Tutti i figli e le figlie vennero a conso larlo ma egli non volle essere consolato dicendo: «No io scenderò in lutto da mio figlio negli infe ri». E il padre suo lo pianse. Intanto i Madianiti lo vendettero in Egitto a Potifàr eunuco del fara one e comandante delle guardie. In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì press o un uomo di Adullàm di nome Chira. Qui Giuda notò la figlia di un Cananeo chiamato Sua la pre se in moglie e si unì a lei. Ella concepì e partorì un figlio e lo chiamò Er. Concepì ancora e partorì un figlio e lo chiamò Onan. Ancora un’altra volta partorì un figlio e lo chiamò Sela. Egli si trovav a a Chezìb quando lei lo partorì. Giuda scelse per il suo primogenito Er una moglie che si chiama va Tamar. Ma Er primogenito di Giuda si rese odioso agli occhi del Signore e il Signore lo fece m orire. Allora Giuda disse a Onan: «Va’ con la moglie di tuo fratello compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così una posterità a tuo fratello». Ma Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello disperdeva il seme pe r terra per non dare un discendente al fratello. Ciò che egli faceva era male agli occhi del Signor e il quale fece morire anche lui. Allora Giuda disse alla nuora Tamar: «Ritorna a casa da tuo padr e come vedova fin quando il mio figlio Sela sarà cresciuto». Perché pensava: «Che non muoia an che questo come i suoi fratelli!». Così Tamar se ne andò e ritornò alla casa di suo padre. Trascor sero molti giorni e morì la figlia di Sua moglie di Giuda. Quando Giuda ebbe finito il lutto si recò a Timna da quelli che tosavano il suo gregge e con lui c’era Chira il suo amico di Adullàm. La noti zia fu data a Tamar: «Ecco tuo suocero va a Timna per la tosatura del suo gregge». Allora Tamar si tolse gli abiti vedovili si coprì con il velo e se lo avvolse intorno poi si pose a sedere all’ingress o di Enàim che è sulla strada per Timna. Aveva visto infatti che Sela era ormai cresciuto ma lei n on gli era stata data in moglie. Quando Giuda la vide la prese per una prostituta perché essa si e
ra coperta la faccia. Egli si diresse su quella strada verso di lei e disse: «Lascia che io venga con t e!». Non sapeva infatti che era sua nuora. Ella disse: «Che cosa mi darai per venire con me?». Ri spose: «Io ti manderò un capretto del gregge». Ella riprese: «Mi lasci qualcosa in pegno fin quan do non me lo avrai mandato?». Egli domandò: «Qual è il pegno che devo dare?». Rispose: «Il tu o sigillo il tuo cordone e il bastone che hai in mano». Allora Giuda glieli diede e si unì a lei. Ella ri mase incinta. Poi si alzò e se ne andò si tolse il velo e riprese gli abiti vedovili. Giuda mandò il ca pretto per mezzo del suo amico di Adullàm per riprendere il pegno dalle mani di quella donna ma quello non la trovò. Domandò agli uomini di quel luogo: «Dov’è quella prostituta che stava a Enàim sulla strada?». Ma risposero: «Qui non c’è stata alcuna prostituta». Così tornò da Giuda e disse: «Non l’ho trovata; anche gli uomini di quel luogo dicevano: “Qui non c’è stata alcuna pr ostituta”». Allora Giuda disse: «Si tenga quello che ha! Altrimenti ci esponiamo agli scherni. Ecc o: le ho mandato questo capretto ma tu non l’hai trovata». Circa tre mesi dopo fu portata a Giu da questa notizia: «Tamar tua nuora si è prostituita e anzi è incinta a causa delle sue prostituzio ni». Giuda disse: «Conducetela fuori e sia bruciata!». Mentre veniva condotta fuori ella mandò a dire al suocero: «Io sono incinta dell’uomo a cui appartengono questi oggetti». E aggiunse: «P
er favore, verifica di chi siano questo sigillo questi cordoni e questo bastone». Giuda li riconobb e e disse: «Lei è più giusta di me: infatti io non l’ho data a mio figlio Sela». E non ebbe più rappo rti con lei. Quando giunse per lei il momento di partorire ecco aveva nel grembo due gemelli. D
urante il parto uno di loro mise fuori una mano e la levatrice prese un filo scarlatto e lo legò att orno a quella mano dicendo: «Questi è uscito per primo». Ma poi questi ritirò la mano ed ecco v enne alla luce suo fratello. Allora ella esclamò: «Come ti sei aperto una breccia?» e fu chiamato Peres. Poi uscì suo fratello che aveva il filo scarlatto alla mano e fu chiamato Zerach. Giuseppe e ra stato portato in Egitto e Potifàr eunuco del faraone e comandante delle guardie un Egiziano l o acquistò da quegli Ismaeliti che l’avevano condotto laggiù. Il Signore fu con Giuseppe: a lui tut to riusciva bene e rimase nella casa dell’Egiziano, suo padrone. Il suo padrone si accorse che il Si gnore era con lui e che il Signore faceva riuscire per mano sua quanto egli intraprendeva. Così G
iuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi quello lo nominò su o maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi. Da quando egli lo aveva fatto suo maggior domo e incaricato di tutti i suoi averi il Signore benedisse la casa dell’Egiziano grazie a Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva sia in casa sia nella campagna. Così egli lasciò t utti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non si occupava più di nulla se non del cibo che mangia va. Ora Giuseppe era bello di forma e attraente di aspetto. Dopo questi fatti la moglie del padro ne mise gli occhi su Giuseppe e gli disse: «Còricati con me!». Ma egli rifiutò e disse alla moglie d el suo padrone: «Vedi il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha d ato in mano tutti i suoi averi. Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito n ient’altro se non te perché sei sua moglie. Come dunque potrei fare questo grande male e pecc are contro Dio?». E benché giorno dopo giorno ella parlasse a Giuseppe in tal senso, egli non ac cettò di coricarsi insieme per unirsi a lei. Un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro ment
re non c’era alcuno dei domestici. Ella lo afferrò per la veste dicendo: «Còricati con me!». Ma eg li le lasciò tra le mani la veste fuggì e se ne andò fuori. Allora lei vedendo che egli le aveva lascia to tra le mani la veste ed era fuggito fuori, chiamò i suoi domestici e disse loro: «Guardate ci ha condotto in casa un Ebreo per divertirsi con noi! Mi si è accostato per coricarsi con me ma io ho gridato a gran voce. Egli appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo ha lasciato la veste ac canto a me, è fuggito e se ne è andato fuori». Ed ella pose accanto a sé la veste di lui finché il pa drone venne a casa. Allora gli disse le stesse cose: «Quel servo ebreo che tu ci hai condotto in c asa mi si è accostato per divertirsi con me. Ma appena io ho gridato e ho chiamato ha abbando nato la veste presso di me ed è fuggito fuori». Il padrone, all’udire le parole che sua moglie gli ri peteva: «Proprio così mi ha fatto il tuo servo!» si accese d’ira. Il padrone prese Giuseppe e lo mi se nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re. Così egli rimase là in prigione. Ma il Sign ore fu con Giuseppe gli accordò benevolenza e gli fece trovare grazia agli occhi del comandante della prigione. Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nel la prigione e quanto c’era da fare là dentro lo faceva lui. Il comandante della prigione non si pre ndeva più cura di nulla di quanto era affidato a Giuseppe perché il Signore era con lui e il Signor e dava successo a tutto quanto egli faceva. Dopo questi fatti il coppiere del re d’Egitto e il panet tiere offesero il loro padrone, il re d’Egitto. Il faraone si adirò contro i suoi due eunuchi il capo d ei coppieri e il capo dei panettieri e li fece mettere in custodia nella casa del comandante delle g uardie nella prigione dove Giuseppe era detenuto. Il comandante delle guardie assegnò loro Giu seppe perché li accudisse. Così essi restarono nel carcere per un certo tempo. Ora in una medes ima notte il coppiere e il panettiere del re d’Egitto detenuti nella prigione ebbero tutti e due un sogno ciascuno il suo sogno con un proprio significato. Alla mattina Giuseppe venne da loro e li vide abbattuti. Allora interrogò gli eunuchi del faraone che erano con lui in carcere nella casa de l suo padrone e disse: «Perché oggi avete la faccia così triste?». Gli risposero: «Abbiamo fatto u n sogno e non c’è chi lo interpreti». Giuseppe replicò loro: «Non è forse Dio che ha in suo poter e le interpretazioni? Raccontatemi dunque». Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse: «Nel mio sogno ecco mi stava davanti una vite sulla quale vi erano tre tralci; non appena cominciò a germogliare apparvero i fiori e i suoi grappoli maturarono gli acini. Io te nevo in mano il calice del faraone; presi gli acini li spremetti nella coppa del faraone poi diedi la coppa in mano al faraone». Giuseppe gli disse: «Eccone l’interpretazione: i tre tralci rappresentano tre giorni. Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti reintegrerà nella tua carica e tu porgerai il calice al faraone secondo la consuetudine di prima quando eri il suo coppiere. Se poi nella tua fortuna volessi ricordarti che sono stato con te trattami ti prego con bontà: ricordami al faraone per farmi uscire da questa casa. Perché io sono stato portato via ingiustamente dalla terra degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla perché mi mettessero in questo sotterraneo». Al lora il capo dei panettieri vedendo che l’interpretazione era favorevole disse a Giuseppe: «Quan to a me nel mio sogno tenevo sul capo tre canestri di pane bianco e nel canestro che stava di so pra c’era ogni sorta di cibi per il faraone quali si preparano dai panettieri. Ma gli uccelli li mangi
avano dal canestro che avevo sulla testa». Giuseppe rispose e disse: «Questa è l’interpretazione
: i tre canestri rappresentano tre giorni. Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti impicc herà a un palo e gli uccelli ti mangeranno la carne addosso». Appunto al terzo giorno che era il g iorno natalizio del faraone questi fece un banchetto per tutti i suoi ministri e allora sollevò la tes ta del capo dei coppieri e la testa del capo dei panettieri in mezzo ai suoi ministri. Reintegrò il c apo dei coppieri nel suo ufficio di coppiere perché porgesse la coppa al faraone; invece impiccò il capo dei panettieri secondo l’interpretazione che Giuseppe aveva loro data. Ma il capo dei co ppieri non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò. Due anni dopo il faraone sognò di trovarsi pres so il Nilo. Ed ecco, salirono dal Nilo sette vacche belle di aspetto e grasse e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed ecco dopo quelle salirono dal Nilo altre sette vacche brutte di aspetto e magre e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. Le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò. Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco sette spighe spuntavano da un unico stelo grosse e belle. Ma do po quelle ecco spuntare altre sette spighe vuote e arse dal vento d’oriente. Le spighe vuote ing hiottirono le sette spighe grosse e piene. Il faraone si svegliò: era stato un sogno. Alla mattina il suo spirito ne era turbato perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell’Egitto. Il faraone rac contò loro il sogno ma nessuno sapeva interpretarlo al faraone. Allora il capo dei coppieri parlò al faraone: «Io devo ricordare oggi le mie colpe. Il faraone si era adirato contro i suoi servi e li aveva messi in carcere nella casa del capo delle guardie sia me sia il capo dei panettieri. Noi facemmo un sogno nella stessa notte io e lui; ma avemmo ciascuno un sogno con un proprio significato. C’era là con noi un giovane ebreo schiavo del capo delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò dando a ciascuno l’interpretazione del suo sogno. E come egli ci aveva interpretato così avvenne: io fui reintegrato nella mia carica e l’altro fu impiccato». Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo; egli si rase si cambiò gli abiti e si presentò al faraone. Il faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e nessuno sa interpretarlo; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito». Giuseppe rispose al faraone: «Non io ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!». Allora il far aone raccontò a Giuseppe: «Nel mio sogno io mi trovavo sulla riva del Nilo. Ed ecco salirono dal Nilo sette vacche grasse e belle di forma e si misero a pascolare tra i giunchi. E dopo quelle ecco salire altre sette vacche deboli molto brutte di forma e magre; non ne vidi mai di così brutte in tutta la terra d’Egitto. Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche quelle grasse.
Queste entrarono nel loro ventre ma non ci si accorgeva che vi fossero entrate perché il loro as petto era brutto come prima. E mi svegliai. Poi vidi nel sogno spuntare da un unico stelo sette s pighe piene e belle. Ma ecco dopo quelle spuntavano sette spighe secche vuote e arse dal vent o d’oriente. Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe belle. Ho riferito il sogno agli indovini ma nessuno sa darmene la spiegazione». Allora Giuseppe disse al faraone: «Il sogno del faraone è uno solo: Dio ha indicato al faraone quello che sta per fare. Le sette vacche belle rappresenta no sette anni e le sette spighe belle rappresentano sette anni: si tratta di un unico sogno. Le set
te vacche magre e brutte che salgono dopo quelle rappresentano sette anni e le sette spighe vu ote arse dal vento d’oriente rappresentano sette anni: verranno sette anni di carestia. è appunt o quel che ho detto al faraone: Dio ha manifestato al faraone quanto sta per fare. Ecco stanno per venire sette anni in cui ci sarà grande abbondanza in tutta la terra d’Egitto. A questi succeder anno sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quell’abbondanza nella terra d’Egitto e la carestia consumerà la terra. Non vi sarà più alcuna traccia dell’abbondanza che vi era stata nella terra a causa della carestia successiva perché sarà molto dura. Quanto al fatto che il sogno del faraone si è ripetuto due volte significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si affretta a eseguirla. Il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo della terra d’Egitto. Il faraone inoltre proceda a istituire commissari sul territorio per prelevare un quinto sui prodotti della terra d’Egitto durante i sette anni di abbondanza. Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire ammasseranno il grano sotto l’autorità del faraone e lo ter ranno in deposito nelle città. Questi viveri serviranno di riserva al paese per i sette anni di cares tia che verranno nella terra d’Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia». La proposta piacque al faraone e a tutti i suoi ministri. Il faraone disse ai ministri: «Potremo trovare un uom o come questo in cui sia lo spirito di Dio?». E il faraone disse a Giuseppe: «Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo non c’è nessuno intelligente e saggio come te. Tu stesso sarai il mio governatore e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più gra nde di te». Il faraone disse a Giuseppe: «Ecco io ti metto a capo di tutta la terra d’Egitto». Il fara one si tolse di mano l’anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d’oro. Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava:
«Abrech». E così lo si stabilì su tutta la terra d’Egitto. Poi il faraone disse a Giuseppe: «Io sono il faraone ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d’Egit to». E il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Panèach e gli diede in moglie Asenat figlia di Potifera sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe partì per vi sitare l’Egitto. Giuseppe aveva trent’anni quando entrò al servizio del faraone re d’Egitto. Quind i Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutta la terra d’Egitto. Durante i sette anni di abb ondanza la terra produsse a profusione. Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni di abbondanza c he vennero nella terra d’Egitto e ripose i viveri nelle città: in ogni città i viveri della campagna cir costante. Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare in grandissima quantità così che non se ne fece più il computo perché era incalcolabile. Intanto prima che venisse l’anno della ca restia nacquero a Giuseppe due figli, partoriti a lui da Asenat figlia di Potifera sacerdote di Eliòp oli. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse «perché – disse –
Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre». E il secondo lo chiamò è fraim, «perché – disse –
Dio mi ha reso fecondo nella terra della mia afflizione». Finirono i sette anni di abbondanza nell a terra d’Egitto e cominciarono i sette anni di carestia come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in ogni paese ma in tutta la terra d’Egitto c’era il pane. Poi anche tutta la terra d’Egitto cominci
ò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Il faraone disse a tutti gli Egizia ni: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà». La carestia imperversava su tutta la terra. Allo ra Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e lo vendette agli Egiziani. La carestia si aggra vava in Egitto ma da ogni paese venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe perché la c arestia infieriva su tutta la terra. Giacobbe venne a sapere che in Egitto c’era grano; perciò disse ai figli: «Perché state a guardarvi l’un l’altro?». E continuò: «Ecco ho sentito dire che vi è grano in Egitto. Andate laggiù a comprarne per noi, perché viviamo e non moriamo». Allora i dieci frat elli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento dall’Egitto. Quanto a Beniamino fratello di Gi useppe Giacobbe non lo lasciò partire con i fratelli perché diceva: «Che non gli debba succedere qualche disgrazia!». Arrivarono dunque i figli d’Israele per acquistare il grano in mezzo ad altri c he pure erano venuti perché nella terra di Canaan c’era la carestia. Giuseppe aveva autorità su quella terra e vendeva il grano a tutta la sua popolazione. Perciò i fratelli di Giuseppe vennero d a lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra. Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe ma fece l’estraneo verso di loro, parlò duramente e disse: «Da dove venite?». Risposero: «Dalla terra di Canaan per comprare viveri». Giuseppe riconobbe dunque i fratelli mentre essi non lo ri conobbero. Allora Giuseppe si ricordò dei sogni che aveva avuto a loro riguardo e disse loro: «V
oi siete spie! Voi siete venuti per vedere i punti indifesi del territorio!». Gli risposero: «No mio si gnore; i tuoi servi sono venuti per acquistare viveri. Noi siamo tutti figli di un solo uomo. Noi sia mo sinceri. I tuoi servi non sono spie!». Ma egli insistette: «No voi siete venuti per vedere i punt i indifesi del territorio!». Allora essi dissero: «Dodici sono i tuoi servi; siamo fratelli, figli di un sol o uomo che abita nella terra di Canaan; ora il più giovane è presso nostro padre e uno non c’è pi ù ». Giuseppe disse loro: «Le cose stanno come vi ho detto: voi siete spie! In questo modo saret e messi alla prova: per la vita del faraone, voi non uscirete di qui se non quando vi avrà raggiunt o il vostro fratello più giovane. Mandate uno di voi a prendere il vostro fratello; voi rimarrete pr igionieri. Saranno così messe alla prova le vostre parole per sapere se la verità è dalla vostra par te. Se no, per la vita del faraone voi siete spie!». E li tenne in carcere per tre giorni. Il terzo giorn o Giuseppe disse loro: «Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio! Se voi siete sinceri uno di voi fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame delle v ostre case. Poi mi condurrete qui il vostro fratello più giovane. Così le vostre parole si dimostrer anno vere e non morirete». Essi annuirono. Si dissero allora l’un l’altro: «Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di nostro fratello perché abbiamo visto con quale angoscia ci supplicava e no n lo abbiamo ascoltato. Per questo ci ha colpiti quest’angoscia». Ruben prese a dir loro: «Non vi avevo detto io: “Non peccate contro il ragazzo”? Ma non mi avete dato ascolto. Ecco, ora ci vie ne domandato conto del suo sangue». Non si accorgevano che Giuseppe li capiva dato che tra lui e loro vi era l’interprete. Allora egli andò in disparte e pianse. Poi tornò e parlò con loro. Scelse tra loro Simeone e lo fece incatenare sotto i loro occhi. Quindi Giuseppe diede ordine di riempire di frumento i loro sacchi e di rimettere il denaro di ciascuno nel suo sacco e di dare loro provviste per il viaggio. E così venne loro fatto. Essi caricarono il grano sugli asini e partirono di là. Ora in un luogo dove passavano la notte uno di loro aprì il sacco per dare il foraggio all’asino e vid e il proprio denaro alla bocca del sacco. Disse ai fratelli: «Mi è stato restituito il denaro: eccolo qui nel mio sacco!». Allora si sentirono mancare il cuore e tremanti si dissero l’un l’altro: «Che è mai questo che Dio ci ha fatto?». Arrivati da Giacobbe loro padre nella terra di Canaan gli riferir ono tutte le cose che erano loro capitate: «Quell’uomo che è il signore di quella terra ci ha parla to duramente e ci ha trattato come spie del territorio. Gli abbiamo detto: “Noi siamo sinceri; no n siamo spie! Noi siamo dodici fratelli figli dello stesso padre: uno non c’è più e il più giovane è ora presso nostro padre nella terra di Canaan”. Ma l’uomo signore di quella terra ci ha risposto:
“Mi accerterò se voi siete sinceri in questo modo: lasciate qui con me uno dei vostri fratelli pren dete il grano necessario alle vostre case e andate. Poi conducetemi il vostro fratello più giovane
; così mi renderò conto che non siete spie ma che siete sinceri; io vi renderò vostro fratello e voi potrete circolare nel territorio”». Mentre svuotavano i sacchi ciascuno si accorse di avere la sua borsa di denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro padre videro le borse di denaro furono presi da timore. E il loro padre Giacobbe disse: «Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c’è più, Simeone non c’è più e Beniamino me lo volete prendere. Tutto ricade su di me!». Allora Ru ben disse al padre: «Farai morire i miei due figli se non te lo ricondurrò. Affidalo alle mie mani e io te lo restituirò». Ma egli rispose: «Il mio figlio non andrà laggiù con voi perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che voi volete fare f areste scendere con dolore la mia canizie negli inferi». La carestia continuava a gravare sulla ter ra. Quand’ebbero finito di consumare il grano che avevano portato dall’Egitto il padre disse loro
: «Tornate là e acquistate per noi un po’ di viveri». Ma Giuda gli disse: «Quell’uomo ci ha avverti to severamente: “Non verrete alla mia presenza se non avrete con voi il vostro fratello!”. Se tu s ei disposto a lasciar partire con noi nostro fratello andremo laggiù e ti compreremo dei viveri.
Ma se tu non lo lasci partire non ci andremo, perché quell’uomo ci ha detto: “Non verrete alla mia presenza se non avrete con voi il vostro fratello!”». Israele disse: «Perché mi avete fatto qu esto male: far sapere a quell’uomo che avevate ancora un fratello?». Risposero: «Quell’uomo ci ha interrogati con insistenza intorno a noi e alla nostra parentela: “è ancora vivo vostro padre?
Avete qualche altro fratello?”. E noi abbiamo risposto secondo queste domande. Come avremm o potuto sapere che egli avrebbe detto: “Conducete qui vostro fratello”?». Giuda disse a Israele suo padre: «Lascia venire il giovane con me; prepariamoci a partire per sopravvivere e non mori re noi tu e i nostri bambini. Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. Se non te lo ricondurrò se non te lo riporterò io sarò colpevole contro di te per tutta la vita. Se non avessimo indugiato ora saremmo già di ritorno per la seconda volta». Israele loro padre rispose: «Se è co sì fate pure: mettete nei vostri bagagli i prodotti più scelti della terra e portateli in dono a quell’
uomo: un po’ di balsamo un po’ di miele resina e làudano pistacchi e mandorle. Prendete con v oi il doppio del denaro così porterete indietro il denaro che è stato rimesso nella bocca dei vostr i sacchi: forse si tratta di un errore. Prendete anche vostro fratello partite e tornate da quell’uo mo. Dio l’Onnipotente vi faccia trovare misericordia presso quell’uomo così che vi rilasci sia l’alt
ro fratello sia Beniamino. Quanto a me una volta che non avrò più i miei figli non li avrò più!». Gli uomini presero dunque questo dono e il doppio del denaro e anche Beniamino si avviarono sc esero in Egitto e si presentarono a Giuseppe. Quando Giuseppe vide Beniamino con loro disse al suo maggiordomo: «Conduci questi uomini in casa macella quello che occorre e apparecchia pe rché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno». Quell’uomo fece come Giuseppe aveva ordinato e introdusse quegli uomini nella casa di Giuseppe. Ma essi si spaventarono perché venivano condotti in casa di Giuseppe e si dissero: «A causa del denaro rimesso l’altra volta nei nostri sacchi ci conducono là: per assalirci, piombarci addosso e prenderci come schiavi con i nostri asini». Allora si avvicinarono al maggiordomo della casa di Giuseppe e parlarono con lui all’ingr esso della casa; dissero: «Perdona mio signore noi siamo venuti già un’altra volta per comprare viveri. Quando fummo arrivati a un luogo per passarvi la notte aprimmo i sacchi ed ecco il denar o di ciascuno si trovava alla bocca del suo sacco: proprio il nostro denaro con il suo peso esatto.
Noi ora l’abbiamo portato indietro e per acquistare i viveri abbiamo portato con noi altro denar o. Non sappiamo chi abbia messo nei sacchi il nostro denaro!». Ma quegli disse: «State in pace non temete! Il vostro Dio e il Dio dei vostri padri vi ha messo un tesoro nei sacchi; il vostro dena ro lo avevo ricevuto io». E condusse loro Simeone. Quell’uomo fece entrare gli uomini nella cas a di Giuseppe diede loro dell’acqua, perché si lavassero i piedi e diede il foraggio ai loro asini. Es si prepararono il dono nell’attesa che Giuseppe arrivasse a mezzogiorno perché avevano saputo che avrebbero preso cibo in quel luogo. Quando Giuseppe arrivò a casa gli presentarono il don o che avevano con sé e si prostrarono davanti a lui con la faccia a terra. Egli domandò loro com e stavano e disse: «Sta bene il vostro vecchio padre di cui mi avete parlato? Vive ancora?». Risp osero: «Il tuo servo nostro padre sta bene è ancora vivo» e si inginocchiarono prostrandosi. Egli alzò gli occhi e guardò Beniamino il suo fratello figlio della stessa madre e disse: «è questo il vos tro fratello più giovane di cui mi avete parlato?» e aggiunse: «Dio ti conceda grazia figlio mio!».
Giuseppe si affrettò a uscire perché si era commosso nell’intimo alla presenza di suo fratello e s entiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse. Poi si lavò la faccia uscì e facendo si forza ordinò: «Servite il pasto». Fu servito per lui a parte per loro a parte e per i commensali e giziani a parte perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò sarebbe per loro u n abominio. Presero posto davanti a lui dal primogenito al più giovane ciascuno in ordine di età e si guardavano con meraviglia l’un l’altro. Egli fece portare loro porzioni prese dalla propria me nsa ma la porzione di Beniamino era cinque volte più abbondante di quella di tutti gli altri. E con lui bevvero fino all’allegria. Diede poi quest’ordine al suo maggiordomo: «Riempi i sacchi di que gli uomini di tanti viveri quanti ne possono contenere e rimetti il denaro di ciascuno alla bocca d el suo sacco. Metterai la mia coppa la coppa d’argento alla bocca del sacco del più giovane, insi eme con il denaro del suo grano». Quello fece secondo l’ordine di Giuseppe. Alle prime luci del mattino quegli uomini furono fatti partire con i loro asini. Erano appena usciti dalla città e ancor a non si erano allontanati quando Giuseppe disse al suo maggiordomo: «Su insegui quegli uomi ni raggiungili e di’ loro: “Perché avete reso male per bene? Non è forse questa la coppa in cui be
ve il mio signore e per mezzo della quale egli suole trarre i presagi? Avete fatto male a fare così”
». Egli li raggiunse e ripeté loro queste parole. Quelli gli risposero: «Perché il mio signore dice q uesto? Lontano dai tuoi servi il fare una cosa simile! Ecco se ti abbiamo riportato dalla terra di C
anaan il denaro che abbiamo trovato alla bocca dei nostri sacchi come avremmo potuto rubare argento o oro dalla casa del tuo padrone? Quello dei tuoi servi presso il quale si troverà sia mes so a morte e anche noi diventeremo schiavi del mio signore». Rispose: «Ebbene come avete det to così sarà: colui, presso il quale si troverà la coppa diventerà mio schiavo e voi sarete innocent i». Ciascuno si affrettò a scaricare a terra il suo sacco e lo aprì. Quegli li frugò cominciando dal maggiore e finendo con il più piccolo e la coppa fu trovata nel sacco di Beniamino. Allora essi si stracciarono le vesti ricaricarono ciascuno il proprio asino e tornarono in città. Giuda e i suoi fra telli vennero nella casa di Giuseppe che si trovava ancora là e si gettarono a terra davanti a lui.
Giuseppe disse loro: «Che azione avete commesso? Non vi rendete conto che un uomo come m e è capace di indovinare?». Giuda disse: «Che diremo al mio signore? Come parlare? Come giust ificarci? Dio stesso ha scoperto la colpa dei tuoi servi! Eccoci schiavi del mio signore noi e colui c he è stato trovato in possesso della coppa». Ma egli rispose: «Lontano da me fare una cosa simil e! L’uomo trovato in possesso della coppa quello sarà mio schiavo: quanto a voi tornate in pace da vostro padre». Allora Giuda gli si fece innanzi e disse: «Perdona mio signore sia permesso al t uo servo di far sentire una parola agli orecchi del mio signore; non si accenda la tua ira contro il tuo servo, perché uno come te è pari al faraone! Il mio signore aveva interrogato i suoi servi: “A vete ancora un padre o un fratello?”. E noi avevamo risposto al mio signore: “Abbiamo un padr e vecchio e un figlio ancora giovane natogli in vecchiaia il fratello che aveva è morto ed egli è ri masto l’unico figlio di quella madre e suo padre lo ama”. Tu avevi detto ai tuoi servi: “Conducet elo qui da me perché possa vederlo con i miei occhi”. Noi avevamo risposto al mio signore: “Il gi ovinetto non può abbandonare suo padre: se lascerà suo padre questi ne morirà”. Ma tu avevi i ngiunto ai tuoi servi: “Se il vostro fratello minore non verrà qui con voi non potrete più venire al la mia presenza”. Fatto ritorno dal tuo servo mio padre gli riferimmo le parole del mio signore.
E nostro padre disse: “Tornate ad acquistare per noi un po’ di viveri”. E noi rispondemmo: “Non possiamo ritornare laggiù: solo se verrà con noi il nostro fratello minore andremo; non saremm o ammessi alla presenza di quell’uomo senza avere con noi il nostro fratello minore”. Allora il tu o servo mio padre ci disse: “Voi sapete che due figli mi aveva procreato mia moglie. Uno partì d a me e dissi: certo è stato sbranato! Da allora non l’ho più visto. Se ora mi porterete via anche q uesto e gli capitasse una disgrazia voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi”. Or a se io arrivassi dal tuo servo mio padre e il giovinetto non fosse con noi poiché la vita dell’uno è legata alla vita dell’altro non appena egli vedesse che il giovinetto non è con noi, morirebbe e i tuoi servi avrebbero fatto scendere con dolore negli inferi la canizie del tuo servo nostro padre
. Ma il tuo servo si è reso garante del giovinetto presso mio padre dicendogli: “Se non te lo rico ndurrò sarò colpevole verso mio padre per tutta la vita”. Ora lascia che il tuo servo rimanga al p osto del giovinetto come schiavo del mio signore e il giovinetto torni lassù con i suoi fratelli! Per
ché come potrei tornare da mio padre senza avere con me il giovinetto? Che io non veda il male che colpirebbe mio padre!». Allora Giuseppe non poté più trattenersi dinanzi a tutti i circostant i e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessun altro presso di lui mentr e Giuseppe si faceva conoscere dai suoi fratelli. E proruppe in un grido di pianto. Gli Egiziani lo s entirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone. Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giusepp e! è ancora vivo mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli perché sconvolti dalla sua presenza. Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro
: «Io sono Giuseppe il vostro fratello quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto. Ma or a non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù perché Dio mi ha mandato qu i prima di voi per conservarvi in vita. Perché già da due anni vi è la carestia nella regione e ancor a per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. Dio mi ha mandato qui prima di voi per as sicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui ma Dio. Egli mi ha stabilito padre per il faraone signore su tut ta la sua casa e governatore di tutto il territorio d’Egitto. Affrettatevi a salire da mio padre e dit egli: “Così dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto. Vieni quaggiù pr esso di me senza tardare. Abiterai nella terra di Gosen e starai vicino a me tu con i tuoi figli e i fi gli dei tuoi figli le tue greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. Là io provvederò al tuo sostenta mento poiché la carestia durerà ancora cinque anni e non cadrai nell’indigenza tu la tua famiglia e quanto possiedi”. Ed ecco i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniami no: è la mia bocca che vi parla! Riferite a mio padre tutta la gloria che io ho in Egitto e quanto a vete visto; affrettatevi a condurre quaggiù mio padre». Allora egli si gettò al collo di suo fratello Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva stretto al suo collo. Poi baciò tutti i fratelli e pia nse. Dopo i suoi fratelli si misero a conversare con lui. Intanto nella casa del faraone si era diffus a la voce: «Sono venuti i fratelli di Giuseppe!» e questo fece piacere al faraone e ai suoi ministri.
Allora il faraone disse a Giuseppe: «Di’ ai tuoi fratelli: “Fate così: caricate le cavalcature partite e andate nella terra di Canaan. Prendete vostro padre e le vostre famiglie e venite da me: io vi d arò il meglio del territorio d’Egitto e mangerete i migliori prodotti della terra”. Quanto a te da’ l oro questo comando: “Fate così: prendete con voi dalla terra d’Egitto carri per i vostri bambini e le vostre donne caricate vostro padre e venite. Non abbiate rincrescimento per i vostri beni per ché il meglio di tutta la terra d’Egitto sarà vostro”». Così fecero i figli d’Israele. Giuseppe diede l oro carri secondo l’ordine del faraone e consegnò loro una provvista per il viaggio. Diede a tutti un cambio di abiti per ciascuno ma a Beniamino diede trecento sicli d’argento e cinque cambi di abiti. Inoltre mandò al padre dieci asini carichi dei migliori prodotti dell’Egitto e dieci asine caric he di frumento pane e viveri per il viaggio del padre. Poi congedò i fratelli e mentre partivano di sse loro: «Non litigate durante il viaggio!». Così essi salirono dall’Egitto e arrivarono nella terra di Canaan dal loro padre Giacobbe e gli riferirono: «Giuseppe è ancora vivo anzi governa lui tutt o il territorio d’Egitto!». Ma il suo cuore rimase freddo perché non poteva credere loro. Quando però gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro ed egli vide i carri che Giusepp
e gli aveva mandato per trasportarlo allora lo spirito del loro padre Giacobbe si rianimò. Israele disse: «Basta! Giuseppe mio figlio è vivo. Voglio andare a vederlo prima di morire!». Israele dun que levò le tende con quanto possedeva e arrivò a Bersabea dove offrì sacrifici al Dio di suo pad re Isacco. Dio disse a Israele in una visione nella notte: «Giacobbe Giacobbe!». Rispose: «Eccomi
!». Riprese: «Io sono Dio il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto perché laggiù io fa rò di te una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti c hiuderà gli occhi con le sue mani». Giacobbe partì da Bersabea e i figli d’Israele fecero salire il lo ro padre Giacobbe i loro bambini e le loro donne sui carri che il faraone aveva mandato per tras portarlo. Presero il loro bestiame e tutti i beni che avevano acquistato nella terra di Canaan e ve nnero in Egitto Giacobbe e con lui tutti i suoi discendenti. Egli condusse con sé in Egitto i suoi fig li e i nipoti le sue figlie e le nipoti tutti i suoi discendenti. Questi sono i nomi dei figli d’Israele ch e entrarono in Egitto: Giacobbe e i suoi figli il primogenito di Giacobbe, Ruben. I figli di Ruben: E
noc Pallu Chesron e Carmì. I figli di Simeone: Iemuèl Iamin Oad Iachin Socar e Saul figlio della Ca nanea. I figli di Levi: Gherson Keat e Merarì. I figli di Giuda: Er Onan Sela Peres e Zerach; ma Er e Onan erano morti nella terra di Canaan. Furono figli di Peres: Chesron e Camul. I figli di ìssacar: Tola Puva Iob e Simron. I figli di Zàbulon: Sered Elon e Iacleèl. Questi sono i figli che Lia partorì a Giacobbe in Paddan-Aram oltre alla figlia Dina; tutti i figli e le figlie di Giacobbe erano trentatré persone. I figli di Gad
: Sifiòn Agghì Sunì Esbon Erì Arodì e Arelì. I figli di Aser: Imna Isva Isvì Berià e la loro sorella Sera ch. I figli di Berià: Cheber e Malchièl. Questi sono i figli di Zilpa che Làbano aveva dato come schi ava alla figlia Lia; ella li partorì a Giacobbe: erano sedici persone. I figli di Rachele moglie di Giac obbe: Giuseppe e Beniamino. A Giuseppe erano nati in Egitto èfraim e Manasse che gli partorì A senat figlia di Potifera sacerdote di Eliòpoli. I figli di Beniamino: Bela Becher e Asbel Ghera Naa màn, Echì Ros Muppìm Uppìm e Ard. Questi sono i figli che Rachele partorì a Giacobbe; in tutto quattordici persone. I figli di Dan: Cusìm. I figli di Nèftali: Iacseèl, Gunì Ieser e Sillem. Questi son o i figli di Bila che Làbano diede come schiava alla figlia Rachele ed ella li partorì a Giacobbe; in t utto sette persone. Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto discendenti da lui se nza contare le mogli dei figli di Giacobbe furono sessantasei. I figli che nacquero a Giuseppe in E
gitto furono due. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe che entrarono in Egitto ammontan o a settanta. Egli aveva mandato Giuda davanti a sé da Giuseppe perché questi desse istruzioni i n Gosen prima del suo arrivo. Arrivarono quindi alla terra di Gosen. Allora Giuseppe fece attacc are il suo carro e salì incontro a Israele suo padre in Gosen. Appena se lo vide davanti gli si gettò al collo e pianse a lungo stretto al suo collo. Israele disse a Giuseppe: «Posso anche morire que sta volta dopo aver visto la tua faccia perché sei ancora vivo». Allora Giuseppe disse ai fratelli e alla famiglia del padre: «Vado a informare il faraone e a dirgli: “I miei fratelli e la famiglia di mio padre che erano nella terra di Canaan sono venuti da me. Questi uomini sono pastori di greggi s i occupano di bestiame e hanno portato le loro greggi i loro armenti e tutti i loro averi”. Quando dunque il faraone vi chiamerà e vi domanderà: “Qual è il vostro mestiere?”, risponderete: “I tu
oi servi sono stati gente dedita al bestiame; lo furono i nostri padri e lo siamo noi dalla nostra fa nciullezza fino ad ora”. Questo perché possiate risiedere nella terra di Gosen». Perché tutti i pas tori di greggi sono un abominio per gli Egiziani. Giuseppe andò a informare il faraone dicendogli
: «Mio padre e i miei fratelli con le loro greggi e i loro armenti e con tutti i loro averi sono venuti dalla terra di Canaan; eccoli nella terra di Gosen». Intanto prese cinque uomini dal gruppo dei s uoi fratelli e li presentò al faraone. Il faraone domandò loro: «Qual è il vostro mestiere?». Essi ri sposero al faraone: «Pastori di greggi sono i tuoi servi lo siamo noi e lo furono i nostri padri». E
dissero al faraone: «Siamo venuti per soggiornare come forestieri nella regione, perché non c’è più pascolo per il gregge dei tuoi servi; infatti è grave la carestia nella terra di Canaan. E ora lasci a che i tuoi servi si stabiliscano nella terra di Gosen!». Allora il faraone disse a Giuseppe: «Tuo p adre e i tuoi fratelli sono dunque venuti da te. Ebbene la terra d’Egitto è a tua disposizione: fa’ r isiedere tuo padre e i tuoi fratelli nella regione migliore. Risiedano pure nella terra di Gosen. Se tu sai che vi sono tra loro uomini capaci costituiscili sopra i miei averi in qualità di sorveglianti s ul bestiame». Quindi Giuseppe introdusse Giacobbe suo padre e lo presentò al faraone e Giaco bbe benedisse il faraone. Il faraone domandò a Giacobbe: «Quanti anni hai?». Giacobbe rispose al faraone: «Centotrenta di vita errabonda pochi e tristi sono stati gli anni della mia vita e non h anno raggiunto il numero degli anni dei miei padri al tempo della loro vita errabonda». E Giacob be benedisse il faraone e si allontanò dal faraone. Giuseppe fece risiedere suo padre e i suoi frat elli e diede loro una proprietà nella terra d’Egitto nella regione migliore nel territorio di Ramses come aveva comandato il faraone. Giuseppe provvide al sostentamento del padre dei fratelli e di tutta la famiglia di suo padre secondo il numero dei bambini. Ora non c’era pane in tutta la te rra perché la carestia era molto grave: la terra d’Egitto e la terra di Canaan languivano per la car estia. Giuseppe raccolse tutto il denaro che si trovava nella terra d’Egitto e nella terra di Canaan in cambio del grano che essi acquistavano; Giuseppe consegnò questo denaro alla casa del fara one. Quando fu esaurito il denaro della terra d’Egitto e della terra di Canaan tutti gli Egiziani ve nnero da Giuseppe a dire: «Dacci del pane! Perché dovremmo morire sotto i tuoi occhi? Infatti non c’è più denaro». Rispose Giuseppe: «Se non c’è più denaro cedetemi il vostro bestiame e io vi darò pane in cambio del vostro bestiame». Condussero così a Giuseppe il loro bestiame e Giu seppe diede loro il pane in cambio dei cavalli e delle pecore dei buoi e degli asini; così in quell’a nno li nutrì di pane in cambio di tutto il loro bestiame. Passato quell’anno vennero da lui l’anno successivo e gli dissero: «Non nascondiamo al mio signore che si è esaurito il denaro e anche il possesso del bestiame è passato al mio signore non rimane più a disposizione del mio signore s e non il nostro corpo e il nostro terreno. Perché dovremmo perire sotto i tuoi occhi noi e la nost ra terra? Acquista noi e la nostra terra in cambio di pane e diventeremo servi del faraone noi co n la nostra terra; ma dacci di che seminare, così che possiamo vivere e non morire e il suolo non diventi un deserto!». Allora Giuseppe acquistò per il faraone tutto il terreno dell’Egitto, perché gli Egiziani vendettero ciascuno il proprio campo tanto infieriva su di loro la carestia. Così la terr a divenne proprietà del faraone. Quanto al popolo egli lo trasferì nelle città da un capo all’altro
dell’Egitto. Soltanto il terreno dei sacerdoti egli non acquistò perché i sacerdoti avevano un’asse gnazione fissa da parte del faraone e si nutrivano dell’assegnazione che il faraone passava loro; per questo non vendettero il loro terreno. Poi Giuseppe disse al popolo: «Vedete io ho acquista to oggi per il faraone voi e il vostro terreno. Eccovi il seme: seminate il terreno. Ma quando vi sa rà il raccolto, voi ne darete un quinto al faraone e quattro parti saranno vostre per la semina dei campi per il nutrimento vostro e di quelli di casa vostra e per il nutrimento dei vostri bambini».
Gli risposero: «Ci hai salvato la vita! Ci sia solo concesso di trovare grazia agli occhi del mio sign ore e saremo servi del faraone!». Così Giuseppe fece di questo una legge in vigore fino ad oggi s ui terreni d’Egitto secondo la quale si deve dare la quinta parte al faraone. Soltanto i terreni dei sacerdoti non divennero proprietà del faraone. Gli Israeliti intanto si stabilirono nella terra d’Egi tto nella regione di Gosen, ebbero proprietà e furono fecondi e divennero molto numerosi. Giac obbe visse nella terra d’Egitto diciassette anni e gli anni della sua vita furono centoquarantasett e. Quando fu vicino il tempo della sua morte Israele chiamò il figlio Giuseppe e gli disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi metti la mano sotto la mia coscia e usa con me bontà e fedeltà: non seppellirmi in Egitto! Quando io mi sarò coricato con i miei padri portami via dall’Egitto e seppel liscimi nel loro sepolcro». Rispose: «Farò come hai detto». Riprese: «Giuramelo!». E glielo giurò.
Allora Israele si prostrò sul capezzale del letto. Dopo queste cose fu riferito a Giuseppe: «Ecco t uo padre è malato!». Allora egli prese con sé i due figli Manasse ed èfraim. Fu riferita la cosa a Giacobbe: «Ecco tuo figlio Giuseppe è venuto da te». Allora Israele raccolse le forze e si mise a s edere sul letto. Giacobbe disse a Giuseppe: «Dio l’Onnipotente mi apparve a Luz nella terra di C
anaan e mi benedisse dicendomi: “Ecco io ti rendo fecondo: ti moltiplicherò e ti farò diventare un insieme di popoli e darò questa terra alla tua discendenza dopo di te in possesso perenne”.
Ora i due figli che ti sono nati nella terra d’Egitto prima del mio arrivo presso di te in Egitto li co nsidero miei: èfraim e Manasse saranno miei come Ruben e Simeone. Invece i figli che tu avrai g enerato dopo di essi apparterranno a te: saranno chiamati con il nome dei loro fratelli nella loro eredità. Quanto a me mentre giungevo da Paddan tua madre Rachele mi morì nella terra di Can aan durante il viaggio quando mancava un tratto di cammino per arrivare a èfrata e l’ho sepolta là lungo la strada di èfrata cioè Betlemme». Israele vide i figli di Giuseppe e disse: «Chi sono qu esti?». Giuseppe disse al padre: «Sono i figli che Dio mi ha dato qui». Riprese: «Portameli perch é io li benedica!». Gli occhi d’Israele erano offuscati dalla vecchiaia: non poteva più distinguere.
Giuseppe li avvicinò a lui che li baciò e li abbracciò. Israele disse a Giuseppe: «Io non pensavo pi ù di vedere il tuo volto; ma ecco Dio mi ha concesso di vedere anche la tua prole!». Allora Giuse ppe li ritirò dalle sue ginocchia e si prostrò con la faccia a terra. Li prese tutti e due èfraim con la sua destra alla sinistra d’Israele, e Manasse con la sua sinistra alla destra d’Israele e li avvicinò a lui. Ma Israele stese la mano destra e la pose sul capo di èfraim che pure era il più giovane e la sua sinistra sul capo di Manasse incrociando le braccia benché Manasse fosse il primogenito. E c osì benedisse Giuseppe: «Il Dio alla cui presenza hanno camminato i miei padri Abramo e Isacco
, il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto fino ad oggi, l’angelo che mi ha liberato da og
ni male, benedica questi ragazzi! Sia ricordato in essi il mio nome e il nome dei miei padri Abra mo e Isacco, e si moltiplichino in gran numero in mezzo alla terra!». Giuseppe notò che il padre aveva posato la destra sul capo di èfraim e ciò gli spiacque. Prese dunque la mano del padre per toglierla dal capo di èfraim e porla sul capo di Manasse. Disse al padre: «Non così padre mio: è questo il primogenito posa la destra sul suo capo!». Ma il padre rifiutò e disse: «Lo so figlio mio lo so: anch’egli diventerà un popolo anch’egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più gra nde di lui e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni». E li benedisse in quel gior no: «Di te si servirà Israele per benedire dicendo: “Dio ti renda come èfraim e come Manasse!”»
. Così pose èfraim prima di Manasse. Quindi Israele disse a Giuseppe: «Ecco io sto per morire m a Dio sarà con voi e vi farà tornare alla terra dei vostri padri. Quanto a me io do a te in più che ai tuoi fratelli un dorso di monte che io ho conquistato dalle mani degli Amorrei con la spada e l’a rco». Quindi Giacobbe chiamò i figli e disse: «Radunatevi perché io vi annunci quello che vi acca drà nei tempi futuri. Radunatevi e ascoltate figli di Giacobbe, ascoltate Israele vostro padre! Ru ben tu sei il mio primogenito, il mio vigore e la primizia della mia virilità, esuberante in fierezza ed esuberante in forza! Bollente come l’acqua tu non avrai preminenza, perché sei salito sul tal amo di tuo padre, hai profanato così il mio giaciglio. Simeone e Levi sono fratelli, strumenti di vi olenza sono i loro coltelli. Nel loro conciliabolo non entri l’anima mia, al loro convegno non si un isca il mio cuore, perché nella loro ira hanno ucciso gli uomini e nella loro passione hanno mutil ato i tori. Maledetta la loro ira perché violenta, e la loro collera perché crudele! Io li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele. Giuda ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervic e dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dall a preda figlio mio sei tornato; si è sdraiato si è accovacciato come un leone e come una leoness a; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi
, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. Egli lega all a vite il suo asinello e a una vite scelta il figlio della sua asina, lava nel vino la sua veste e nel san gue dell’uva il suo manto; scuri ha gli occhi più del vino e bianchi i denti più del latte. Zàbulon gi ace lungo il lido del mare e presso l’approdo delle navi, con il fianco rivolto a Sidone. ìssacar è u n asino robusto, accovacciato tra un doppio recinto. Ha visto che il luogo di riposo era bello, che la terra era amena; ha piegato il dorso a portare la soma ed è stato ridotto ai lavori forzati. Dan giudica il suo popolo come una delle tribù d’Israele. Sia Dan un serpente sulla strada una vipera cornuta sul sentiero, che morde i garretti del cavallo, così che il suo cavaliere cada all’indietro. I o spero nella tua salvezza Signore! Gad predoni lo assaliranno, ma anche lui li assalirà alle calca gna. Aser il suo pane è pingue: egli fornisce delizie da re. Nèftali è una cerva slanciata; egli prop one parole d’incanto. Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; germoglio di ceppo fecondo pre sso una fonte, i cui rami si stendono sul muro. Lo hanno esasperato e colpito, lo hanno persegui tato i tiratori di frecce. Ma fu spezzato il loro arco, furono snervate le loro braccia per le mani d el Potente di Giacobbe, per il nome del Pastore Pietra d’Israele. Per il Dio di tuo padre: egli ti aiu ti, e per il Dio l’Onnipotente: egli ti benedica! Con benedizioni del cielo dall’alto, benedizioni del
l’abisso nel profondo, benedizioni delle mammelle e del grembo. Le benedizioni di tuo padre so no superiori alle benedizioni dei monti antichi, alle attrattive dei colli perenni. Vengano sul capo di Giuseppe e sulla testa del principe tra i suoi fratelli! Beniamino è un lupo che sbrana: al matti no divora la preda e alla sera spartisce il bottino». Tutti questi formano le dodici tribù d’Israele.
Questo è ciò che disse loro il padre nell’atto di benedirli; egli benedisse ciascuno con una bened izione particolare. Poi diede loro quest’ordine: «Io sto per essere riunito ai miei antenati: seppel litemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron l’Ittita, nella caverna che si trov a nel campo di Macpela di fronte a Mamre nella terra di Canaan, quella che Abramo acquistò co n il campo di Efron l’Ittita come proprietà sepolcrale. Là seppellirono Abramo e Sara sua moglie là seppellirono Isacco e Rebecca sua moglie e là seppellii Lia. La proprietà del campo e della cav erna che si trova in esso è stata acquistata dagli Ittiti». Quando Giacobbe ebbe finito di dare qu est’ordine ai figli ritrasse i piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi antenati. Allora Giuseppe si g ettò sul volto di suo padre pianse su di lui e lo baciò. Quindi Giuseppe ordinò ai medici al suo se rvizio di imbalsamare suo padre. I medici imbalsamarono Israele e vi impiegarono quaranta gior ni perché tanti ne occorrono per l’imbalsamazione. Gli Egiziani lo piansero settanta giorni. Passa ti i giorni del lutto Giuseppe parlò alla casa del faraone: «Se ho trovato grazia ai vostri occhi vogl iate riferire agli orecchi del faraone queste parole. Mio padre mi ha fatto fare un giuramento dic endomi: “Ecco io sto per morire: tu devi seppellirmi nel sepolcro che mi sono scavato nella terra di Canaan”. Ora possa io andare a seppellire mio padre e poi tornare». Il faraone rispose: «Va’
e seppellisci tuo padre come egli ti ha fatto giurare». Giuseppe andò a seppellire suo padre e co n lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della sua casa tutti gli anziani della terra d’E
gitto tutta la casa di Giuseppe i suoi fratelli e la casa di suo padre. Lasciarono nella regione di Go sen soltanto i loro bambini le loro greggi e i loro armenti. Andarono con lui anche i carri da guer ra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente. Quando arrivarono all’aia di Atad ch e è al di là del Giordano fecero un lamento molto grande e solenne e Giuseppe celebrò per suo padre un lutto di sette giorni. I Cananei che abitavano la terra videro il lutto all’aia di Atad e diss ero: «è un lutto grave questo per gli Egiziani». Per questo la si chiamò Abel-Misràim; essa si trova al di là del Giordano. I figli di Giacobbe fecero per lui così come aveva loro comandato. I suoi figli lo portarono nella terra di Canaan e lo seppellirono nella caverna del ca mpo di Macpela quel campo che Abramo aveva acquistato come proprietà sepolcrale da Efron l’
Ittita e che si trova di fronte a Mamre. Dopo aver sepolto suo padre Giuseppe tornò in Egitto ins ieme con i suoi fratelli e con quanti erano andati con lui a seppellire suo padre. Ma i fratelli di Gi useppe cominciarono ad aver paura dato che il loro padre era morto e dissero: «Chissà se Giuse ppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?». Allora mandarono a dire a Giuseppe: «Tuo padre prima di morire ha dato quest’ordine: “Direte a Gius eppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato perché ti hanno fatto del male!”. Perdo na dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!». Giuseppe pianse quando gli si parlò così. E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: «Eccoci tuoi schiavi!». Ma Gi
useppe disse loro: «Non temete. Tengo io forse il posto di Dio? Se voi avevate tramato del male contro di me Dio ha pensato di farlo servire a un bene per compiere quello che oggi si avvera: fa r vivere un popolo numeroso. Dunque non temete io provvederò al sostentamento per voi e pe r i vostri bambini». Così li consolò parlando al loro cuore. Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; egli visse centodieci anni. Così Giuseppe vide i figli di èfraim fino alla terza gener azione e anche i figli di Machir figlio di Manasse nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. Poi Giuse ppe disse ai fratelli: «Io sto per morire ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questa te rra verso la terra che egli ha promesso con giuramento ad Abramo a Isacco e a Giacobbe». Gius eppe fece giurare ai figli d’Israele così: «Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qu i le mie ossa». Giuseppe morì all’età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarco fago in Egitto. Questi sono i nomi dei figli d’Israele entrati in Egitto; essi vi giunsero insieme a Gi acobbe ognuno con la sua famiglia: Ruben Simeone Levi e Giuda, ìssacar Zàbulon e Beniamino D
an e Nèftali Gad e Aser. Tutte le persone discendenti da Giacobbe erano settanta. Giuseppe si tr ovava già in Egitto. Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. I figli d’Israele prolificarono e crebbero divennero numerosi e molto forti e il paese ne fu pieno. Allor a sorse sull’Egitto un nuovo re che non aveva conosciuto Giuseppe. Egli disse al suo popolo: «Ec co che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. Cerchiamo di essere avvedut i nei suoi riguardi per impedire che cresca altrimenti in caso di guerra si unirà ai nostri avversari combatterà contro di noi e poi partirà dal paese». Perciò vennero imposti loro dei sovrintenden ti ai lavori forzati per opprimerli con le loro angherie e così costruirono per il faraone le città-
deposito cioè Pitom e Ramses. Ma quanto più opprimevano il popolo tanto più si moltiplicava e cresceva ed essi furono presi da spavento di fronte agli Israeliti. Per questo gli Egiziani fecero lav orare i figli d’Israele trattandoli con durezza. Resero loro amara la vita mediante una dura schia vitù costringendoli a preparare l’argilla e a fabbricare mattoni e ad ogni sorta di lavoro nei camp i; a tutti questi lavori li obbligarono con durezza. Il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua: «Quando assistete le donne ebree durante il parto oss ervate bene tra le due pietre: se è un maschio fatelo morire; se è una femmina potrà vivere». M
a le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono viver e i bambini. Il re d’Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasc iato vivere i bambini?». Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egi ziane: sono piene di vitalità. Prima che giunga da loro la levatrice hanno già partorito!». Dio ben eficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto Dio egli diede loro una discendenza. Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: «
Gettate nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà ma lasciate vivere ogni femmina». Un uomo del la famiglia di Levi andò a prendere in moglie una discendente di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre prese per lui un cestello di papiro lo spalmò di bitume e di pece vi adagiò il bambino e l o depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose a osservare da lontano c
he cosa gli sarebbe accaduto. Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno mentre le s ue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Ella vide il cestello fra i giunchi e mandò la su a schiava a prenderlo. L’aprì e vide il bambino: ecco il piccolo piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «è un bambino degli Ebrei». La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «De vo andare a chiamarti una nutrice tra le donne ebree perché allatti per te il bambino?». «Va’» ri spose la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. La figlia del farao ne le disse: «Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario». La donna pr ese il bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto lo condusse alla figlia del faraone. Eg li fu per lei come un figlio e lo chiamò Mosè dicendo: «Io l’ho tratto dalle acque!». Un giorno M
osè cresciuto in età si recò dai suoi fratelli e notò i loro lavori forzati. Vide un Egiziano che colpiv a un Ebreo uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c’era nessuno colpì a morte l’E
giziano e lo sotterrò nella sabbia. Il giorno dopo uscì di nuovo e vide due Ebrei che litigavano; di sse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo fratello?». Quegli rispose: «Chi ti ha costitui to capo e giudice su di noi? Pensi forse di potermi uccidere come hai ucciso l’Egiziano?». Allora Mosè ebbe paura e pensò: «Certamente la cosa si è risaputa». Il faraone sentì parlare di questo fatto e fece cercare Mosè per metterlo a morte. Allora Mosè fuggì lontano dal faraone e si ferm ò nel territorio di Madian e sedette presso un pozzo. Il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Es se vennero ad attingere acqua e riempirono gli abbeveratoi per far bere il gregge del padre. Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difendere le ragazze e fece bere il loro bestiame. Tornarono dal loro padre Reuèl e questi disse loro: «Come mai oggi avete fatto ritorno così in fretta?». Risposero: «Un uomo un Egiziano ci ha liberato dalle mani dei pastori; l ui stesso ha attinto per noi e ha fatto bere il gregge». Quegli disse alle figlie: «Dov’è? Perché ave te lasciato là quell’uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!». Così Mosè accettò di abitare con quell’uomo che gli diede in moglie la propria figlia Sipporà. Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Ghersom perché diceva: «Vivo come forestiero in terra straniera!». Dopo molto tempo i l re d’Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù alzarono grida di lamento e il loro g rido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento Dio si ricordò della sua alleanza con Abr amo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti Dio se ne diede pensiero. Mentr e Mosè stava pascolando il gregge di Ietro suo suocero sacerdote di Madian, condusse il bestia me oltre il deserto e arrivò al monte di Dio l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamm a di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco ma quel rov eto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui d al roveto: «Mosè Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali d ai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre il Di o di Abramo il Dio di Isacco il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho ud ito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberar
lo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa verso u na terra dove scorrono latte e miele verso il luogo dove si trovano il Cananeo l’Ittita l’Amorreo il Perizzita l’Eveo il Gebuseo. Ecco il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto co me gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio pop olo gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti d all’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando t u avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto servirete Dio su questo monte». Mosè disse a Dio: «Ecco io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qua l è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!».
E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-
Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore Dio dei vos tri padri Dio di Abramo Dio di Isacco Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nom e per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione. Va’! Riunis ci gli anziani d’Israele e di’ loro: “Il Signore Dio dei vostri padri Dio di Abramo di Isacco e di Giaco bbe mi è apparso per dirmi: Sono venuto a visitarvi e vedere ciò che viene fatto a voi in Egitto. E
ho detto: Vi farò salire dalla umiliazione dell’Egitto verso la terra del Cananeo dell’Ittita dell’Am orreo del Perizzita, dell’Eveo e del Gebuseo verso una terra dove scorrono latte e miele”. Essi as colteranno la tua voce e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re d’Egitto e gli direte: “Il Signore D
io degli Ebrei si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammin o per fare un sacrificio al Signore nostro Dio”. Io so che il re d’Egitto non vi permetterà di partire se non con l’intervento di una mano forte. Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso dopo di che egli vi lascerà andare. Farò sì che questo pop olo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete non ve ne andrete a mani vuote. Ogni donna domanderà alla sua vicina e all’inquilina della sua casa oggetti d’argento e oggetti d’oro e vesti; li farete portare ai vostri figli e alle vostre figlie e spoglierete l’Egitto». Mosè replicò dice ndo: «Ecco non mi crederanno non daranno ascolto alla mia voce ma diranno: “Non ti è appars o il Signore!”». Il Signore gli disse: «Che cosa hai in mano?». Rispose: «Un bastone». Riprese: «G
ettalo a terra!». Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente davanti al quale Mosè si mise a fuggire. Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano e prendilo per la coda!». Stese la mano lo pre se e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. «Questo perché credano che ti è apparso il Si gnore Dio dei loro padri, Dio di Abramo Dio di Isacco Dio di Giacobbe». Il Signore gli disse ancor a: «Introduci la mano nel seno!». Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano er a diventata lebbrosa bianca come la neve. Egli disse: «Rimetti la mano nel seno!». Rimise in sen o la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne. «Dunque se non ti credo no e non danno retta alla voce del primo segno crederanno alla voce del secondo! Se non crede ranno neppure a questi due segni e non daranno ascolto alla tua voce prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l’acqua che avrai preso dal Nilo diventerà sangue sulla terra asc iutta». Mosè disse al Signore: «Perdona Signore io non sono un buon parlatore; non lo sono stat
o né ieri né ieri l’altro e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo ma sono im pacciato di bocca e di lingua». Il Signore replicò: «Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo veggente o cieco? Non sono forse io il Signore? Ora va’! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». Mosè disse: «Perdona Signore manda chi vuoi mandare!».
Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: «Non vi è forse tuo fratello Aronn e il levita? Io so che lui sa parlare bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo
. Tu gli parlerai e porrai le parole sulla sua bocca e io sarò con la tua e la sua bocca e vi insegner ò quello che dovrete fare. Parlerà lui al popolo per te: egli sarà la tua bocca e tu farai per lui le v eci di Dio. Terrai in mano questo bastone: con esso tu compirai i segni». Mosè partì tornò da Iet ro suo suocero e gli disse: «Lasciami andare ti prego: voglio tornare dai miei fratelli che sono in Egitto per vedere se sono ancora vivi!». Ietro rispose a Mosè: «Va’ in pace!». Il Signore disse a Mosè in Madian: «Va’ torna in Egitto perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!». Mosè p rese la moglie e i figli li fece salire sull’asino e tornò nella terra d’Egitto. E Mosè prese in mano il bastone di Dio. Il Signore disse a Mosè: «Mentre parti per tornare in Egitto bada a tutti i prodigi che ti ho messi in mano: tu li compirai davanti al faraone ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il popolo. Allora tu dirai al faraone: “Così dice il Signore: Israele è il mio figlio pri mogenito. Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasc iarlo partire: ecco io farò morire il tuo figlio primogenito!”». Mentre era in viaggio nel luogo dov e pernottava il Signore lo affrontò e cercò di farlo morire. Allora Sipporà prese una selce taglien te recise il prepuzio al figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sa ngue». Allora il Signore si ritirò da lui. Ella aveva detto «sposo di sangue» a motivo della circonci sione. Il Signore disse ad Aronne: «Va’ incontro a Mosè nel deserto!». Egli andò e lo incontrò al monte di Dio e lo baciò. Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva invi ato e tutti i segni con i quali l’aveva accreditato. Mosè e Aronne andarono e radunarono tutti gli anziani degli Israeliti. Aronne parlò al popolo riferendo tutte le parole che il Signore aveva dett o a Mosè e compì i segni davanti agli occhi del popolo. Allora il popolo credette. Quando udiron o che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione essi si inginocchiaro no e si prostrarono. In seguito Mosè e Aronne vennero dal faraone e gli annunciarono: «Così dic e il Signore il Dio d’Israele: “Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto!
”». Il faraone rispose: «Chi è il Signore perché io debba ascoltare la sua voce e lasciare partire Is raele? Non conosco il Signore e non lascerò certo partire Israele!». Ripresero: «Il Dio degli Ebrei ci è venuto incontro. Ci sia dunque concesso di partire per un cammino di tre giorni nel deserto e offrire un sacrificio al Signore, nostro Dio perché non ci colpisca di peste o di spada!». Il re d’E
gitto disse loro: «Mosè e Aronne perché distogliete il popolo dai suoi lavori? Tornate ai vostri la vori forzati!». Il faraone disse: «Ecco ora che il popolo è numeroso nel paese voi vorreste far lor o interrompere i lavori forzati?». In quel giorno il faraone diede questi ordini ai sovrintendenti d el popolo e agli scribi: «Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevat e prima. Andranno a cercarsi da sé la paglia. Però voi dovete esigere il numero di mattoni che fa
cevano finora senza ridurlo. Sono fannulloni; per questo protestano: “Vogliamo partire, dobbia mo sacrificare al nostro Dio!”. Pesi dunque la schiavitù su questi uomini e lavorino; non diano re tta a parole false!». I sovrintendenti del popolo e gli scribi uscirono e riferirono al popolo: «Così dice il faraone: “Io non vi fornisco più paglia. Andate voi stessi a procurarvela dove ne troverete ma non diminuisca la vostra produzione”». Il popolo si sparse in tutto il territorio d’Egitto a racc ogliere stoppie da usare come paglia. Ma i sovrintendenti li sollecitavano dicendo: «Portate a te rmine il vostro lavoro: ogni giorno lo stesso quantitativo come quando avevate la paglia». Basto narono gli scribi degli Israeliti quelli che i sovrintendenti del faraone avevano costituito loro capi dicendo: «Perché non avete portato a termine né ieri né oggi il vostro numero di mattoni come prima?». Allora gli scribi degli Israeliti vennero dal faraone a reclamare dicendo: «Perché tratti così noi tuoi servi? Non viene data paglia ai tuoi servi, ma ci viene detto: “Fate i mattoni!”. E ora i tuoi servi sono bastonati e la colpa è del tuo popolo!». Rispose: «Fannulloni siete fannulloni! P
er questo dite: “Vogliamo partire dobbiamo sacrificare al Signore”. Ora andate lavorate! Non vi sarà data paglia ma dovrete consegnare lo stesso numero di mattoni». Gli scribi degli Israeliti si videro in difficoltà sentendosi dire: «Non diminuirete affatto il numero giornaliero dei mattoni»
. Usciti dalla presenza del faraone quando incontrarono Mosè e Aronne che stavano ad aspettar li dissero loro: «Il Signore guardi a voi e giudichi perché ci avete resi odiosi agli occhi del faraone e agli occhi dei suoi ministri mettendo loro in mano la spada per ucciderci!». Allora Mosè si rivo lse al Signore e disse: «Signore perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inv iato? Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome egli ha fatto del male a ques to popolo e tu non hai affatto liberato il tuo popolo!». Il Signore disse a Mosè: «Ora vedrai quell o che sto per fare al faraone: con mano potente li lascerà andare anzi con mano potente li scacc erà dalla sua terra!». Dio parlò a Mosè e gli disse: «Io sono il Signore! Mi sono manifestato ad A bramo a Isacco a Giacobbe come Dio l’Onnipotente ma non ho fatto conoscere loro il mio nome di Signore. Ho anche stabilito la mia alleanza con loro per dar loro la terra di Canaan la terra del le loro migrazioni nella quale furono forestieri. Io stesso ho udito il lamento degli Israeliti che gli Egiziani resero loro schiavi e mi sono ricordato della mia alleanza. Pertanto di’ agli Israeliti: “Io s ono il Signore! Vi sottrarrò ai lavori forzati degli Egiziani vi libererò dalla loro schiavitù e vi riscat terò con braccio teso e con grandi castighi. Vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro D
io. Saprete che io sono il Signore il vostro Dio che vi sottrae ai lavori forzati degli Egiziani. Vi farò entrare nella terra che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo a Isacco e a Giacobbe; ve la darò in possesso: io sono il Signore!”». Mosè parlò così agli Israeliti ma essi non lo ascoltarono p erché erano stremati dalla dura schiavitù. Il Signore disse a Mosè: «Va’ e parla al faraone re d’E
gitto perché lasci partire dalla sua terra gli Israeliti!». Mosè disse alla presenza del Signore: «Ecc o gli Israeliti non mi hanno ascoltato: come vorrà ascoltarmi il faraone mentre io ho le labbra in circoncise?». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e diede loro ordini per gli Israeliti e per il farao ne re d’Egitto allo scopo di far uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto. Questi sono i capi dei loro c asati. Figli di Ruben primogenito d’Israele: Enoc Pallu Chesron e Carmì queste sono le famiglie di
Ruben. Figli di Simeone: Iemuèl Iamin Oad Iachin Socar e Saul figlio della Cananea; queste sono le famiglie di Simeone. Questi sono i nomi dei figli di Levi secondo le loro generazioni: Gherson Keat, Merarì. Gli anni della vita di Levi furono centotrentasette. Figli di Gherson: Libnì e Simei or dinati secondo le loro famiglie. Figli di Keat: Amram Isar Ebron e Uzzièl. Gli anni della vita di Kea t furono centotrentatré. Figli di Merarì: Maclì e Musì queste sono le famiglie di Levi secondo le l oro generazioni. Amram prese in moglie Iochebed sua zia la quale gli partorì Aronne e Mosè. Gli anni della vita di Amram furono centotrentasette. Figli di Isar: Core Nefeg e Zicrì. Figli di Uzzièl: Misaele Elsafàn Sitrì. Aronne prese in moglie Elisabetta figlia di Amminadàb sorella di Nacson da lla quale ebbe i figli Nadab Abiu Eleàzaro e Itamàr. Figli di Core: Assir Elkanà e Abiasàf; queste so no le famiglie dei Coriti. Eleàzaro figlio di Aronne prese in moglie una figlia di Putièl la quale gli p artorì Fineès. Questi sono i capi delle casate dei leviti ordinati secondo le loro famiglie. Sono qu esti quell’Aronne e quel Mosè ai quali il Signore disse: «Fate uscire dalla terra d’Egitto gli Israelit i secondo le loro schiere!». Questi dissero al faraone re d’Egitto di lasciar uscire dall’Egitto gli Isr aeliti: sono Mosè e Aronne. Questo avvenne quando il Signore parlò a Mosè nella terra d’Egitto: il Signore disse a Mosè: «Io sono il Signore! Riferisci al faraone re d’Egitto quanto io ti dico». M
osè disse alla presenza del Signore: «Ecco ho le labbra incirconcise e come vorrà ascoltarmi il far aone?». Il Signore disse a Mosè: «Vedi io ti ho posto a far le veci di Dio di fronte al faraone: Aro nne tuo fratello sarà il tuo profeta. Tu gli dirai quanto io ti ordinerò: Aronne tuo fratello parlerà al faraone perché lasci partire gli Israeliti dalla sua terra. Ma io indurirò il cuore del faraone e m oltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nella terra d’Egitto. Il faraone non vi ascolterà e io leverò la mano contro l’Egitto e farò uscire dalla terra d’Egitto le mie schiere il mio popolo gli Israeliti per mezzo di grandi castighi. Allora gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando stenderò la mano contro l’Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli Israeliti!». Mosè e Aronne eseguirono q uanto il Signore aveva loro comandato; così fecero. Mosè aveva ottant’anni e Aronne ottantatr é quando parlarono al faraone. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Quando il faraone vi chied erà di fare un prodigio a vostro sostegno tu dirai ad Aronne: “Prendi il tuo bastone e gettalo dav anti al faraone e diventerà un serpente!”». Mosè e Aronne si recarono dunque dal faraone ed e seguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il suo bastone davanti al farao ne e ai suoi ministri ed esso divenne un serpente. A sua volta il faraone convocò i sapienti e gli i ncantatori e anche i maghi dell’Egitto con i loro sortilegi, operarono la stessa cosa. Ciascuno get tò il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni.
Però il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto secondo quanto aveva detto il Signor e. Il Signore disse a Mosè: «Il cuore del faraone è irremovibile: si rifiuta di lasciar partire il popol o. Va’ dal faraone al mattino quando uscirà verso le acque. Tu starai ad attenderlo sulla riva del Nilo tenendo in mano il bastone che si è cambiato in serpente. Gli dirai: “Il Signore il Dio degli E
brei mi ha inviato a dirti: Lascia partire il mio popolo perché possa servirmi nel deserto; ma tu fi nora non hai obbedito. Dice il Signore: Da questo fatto saprai che io sono il Signore; ecco con il bastone che ho in mano io batto un colpo sulle acque che sono nel Nilo: esse si muteranno in sa
ngue. I pesci che sono nel Nilo moriranno e il Nilo ne diventerà fetido così che gli Egiziani non p otranno più bere acqua dal Nilo!”». Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Prendi il tuo basto ne e stendi la mano sulle acque degli Egiziani sui loro fiumi canali stagni e su tutte le loro riserve di acqua; diventino sangue e ci sia sangue in tutta la terra d’Egitto perfino nei recipienti di legn o e di pietra!”». Mosè e Aronne eseguirono quanto aveva ordinato il Signore: Aronne alzò il bas tone e percosse le acque che erano nel Nilo sotto gli occhi del faraone e dei suoi ministri. Tutte l e acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue. I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo n e divenne fetido così che gli Egiziani non poterono più berne le acque. Vi fu sangue in tutta la te rra d’Egitto. Ma i maghi dell’Egitto con i loro sortilegi operarono la stessa cosa. Il cuore del farao ne si ostinò e non diede loro ascolto secondo quanto aveva detto il Signore. Il faraone voltò le s palle e rientrò nella sua casa e non tenne conto neppure di questo fatto. Tutti gli Egiziani scavar ono allora nei dintorni del Nilo per attingervi acqua da bere perché non potevano bere le acque del Nilo. Trascorsero sette giorni da quando il Signore aveva colpito il Nilo. Il Signore disse a Mo sè: «Va’ a riferire al faraone: “Dice il Signore: Lascia partire il mio popolo perché mi possa servir e! Se tu rifiuti di lasciarlo partire ecco io colpirò tutto il tuo territorio con le rane: il Nilo bruliche rà di rane; esse usciranno ti entreranno in casa nella camera dove dormi e sul tuo letto nella cas a dei tuoi ministri e tra il tuo popolo nei tuoi forni e nelle tue madie. Contro di te, contro il tuo p opolo e contro tutti i tuoi ministri usciranno le rane”». Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “
Stendi la mano con il tuo bastone sui fiumi sui canali e sugli stagni e fa’ uscire le rane sulla terra d’Egitto!”». Aronne stese la mano sulle acque d’Egitto e le rane uscirono e coprirono la terra d’E
gitto. Ma i maghi con i loro sortilegi operarono la stessa cosa e fecero uscire le rane sulla terra d
’Egitto. Il faraone fece chiamare Mosè e Aronne e disse: «Pregate il Signore che allontani le rane da me e dal mio popolo; io lascerò partire il popolo perché possa sacrificare al Signore!». Mosè disse al faraone: «Fammi l’onore di dirmi per quando io devo pregare in favore tuo e dei tuoi mi nistri e del tuo popolo per liberare dalle rane te e le tue case in modo che ne rimangano soltant o nel Nilo». Rispose: «Per domani». Riprese: «Sia secondo la tua parola! Perché tu sappia che n on esiste nessuno pari al Signore nostro Dio, le rane si ritireranno da te e dalle tue case dai tuoi ministri e dal tuo popolo: ne rimarranno soltanto nel Nilo». Mosè e Aronne si allontanarono dal faraone e Mosè supplicò il Signore riguardo alle rane che aveva mandato contro il faraone. Il Sig nore operò secondo la parola di Mosè e le rane morirono nelle case nei cortili e nei campi. Le ra ccolsero in tanti mucchi e la terra ne fu ammorbata. Ma il faraone vide che c’era un po’ di sollie vo si ostinò e non diede loro ascolto secondo quanto aveva detto il Signore. Quindi il Signore dis se a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Stendi il tuo bastone percuoti la polvere del suolo: essa si muterà i n zanzare in tutta la terra d’Egitto!”». Così fecero: Aronne stese la mano con il suo bastone, colp ì la polvere del suolo e ci furono zanzare sugli uomini e sulle bestie; tutta la polvere del suolo si era mutata in zanzare in tutta la terra d’Egitto. I maghi cercarono di fare la stessa cosa con i loro sortilegi per far uscire le zanzare ma non riuscirono e c’erano zanzare sugli uomini e sulle bestie
. Allora i maghi dissero al faraone: «è il dito di Dio!». Ma il cuore del faraone si ostinò e non die
de ascolto secondo quanto aveva detto il Signore. Il Signore disse a Mosè: «àlzati di buon matti no e presèntati al faraone quando andrà alle acque. Gli dirai: “Così dice il Signore: Lascia partire il mio popolo perché mi possa servire! Se tu non lasci partire il mio popolo ecco, manderò su di te sui tuoi ministri sul tuo popolo e sulle tue case sciami di tafani: le case degli Egiziani saranno piene di tafani e anche il suolo sul quale essi si trovano. Ma in quel giorno io risparmierò la regi one di Gosen dove dimora il mio popolo: là non vi saranno tafani, perché tu sappia che io sono i l Signore in mezzo al paese! Così farò distinzione tra il mio popolo e il tuo popolo. Domani avver rà questo segno”». Così fece il Signore: sciami imponenti di tafani entrarono nella casa del farao ne, nella casa dei suoi ministri e in tutta la terra d’Egitto; la terra era devastata a causa dei tafan i. Il faraone fece chiamare Mosè e Aronne e disse: «Andate a sacrificare al vostro Dio ma nel pa ese!». Mosè rispose: «Non è opportuno far così perché quello che noi sacrifichiamo al Signore n ostro Dio è abominio per gli Egiziani. Se noi facessimo sotto i loro occhi un sacrificio abominevol e per gli Egiziani forse non ci lapiderebbero? Andremo nel deserto a tre giorni di cammino e sac rificheremo al Signore, nostro Dio secondo quanto egli ci ordinerà!». Allora il faraone replicò: «
Vi lascerò partire e potrete sacrificare al Signore nel deserto. Ma non andate troppo lontano e p regate per me». Rispose Mosè: «Ecco mi allontanerò da te e pregherò il Signore; domani i tafani si ritireranno dal faraone dai suoi ministri e dal suo popolo. Però il faraone cessi di burlarsi di n oi impedendo al popolo di partire perché possa sacrificare al Signore!». Mosè si allontanò dal fa raone e pregò il Signore. Il Signore agì secondo la parola di Mosè e allontanò i tafani dal faraone dai suoi ministri e dal suo popolo: non ne restò neppure uno. Ma il faraone si ostinò anche que sta volta e non lasciò partire il popolo. Allora il Signore disse a Mosè: «Va’ a riferire al faraone: “
Così dice il Signore il Dio degli Ebrei: Lascia partire il mio popolo perché mi possa servire! Se tu r ifiuti di lasciarlo partire e lo trattieni ancora ecco la mano del Signore verrà sopra il tuo bestiam e che è nella campagna sopra i cavalli gli asini i cammelli sopra gli armenti e le greggi con una pe ste gravissima! Ma il Signore farà distinzione tra il bestiame d’Israele e quello degli Egiziani così che niente muoia di quanto appartiene agli Israeliti”». Il Signore fissò la data dicendo: «Domani il Signore compirà questa cosa nel paese!». Appunto il giorno dopo, il Signore compì tale cosa: morì tutto il bestiame degli Egiziani ma del bestiame degli Israeliti non morì neppure un capo. Il faraone mandò a vedere ed ecco neppure un capo del bestiame d’Israele era morto. Ma il cuore del faraone rimase ostinato e non lasciò partire il popolo. Il Signore si rivolse a Mosè e ad Aron ne: «Procuratevi una manciata di fuliggine di fornace: Mosè la sparga verso il cielo sotto gli occh i del faraone. Essa diventerà un pulviscolo che diffondendosi su tutta la terra d’Egitto produrrà s ugli uomini e sulle bestie ulcere degeneranti in pustole in tutta la terra d’Egitto». Presero dunqu e fuliggine di fornace e si posero alla presenza del faraone. Mosè la sparse verso il cielo ed essa produsse ulcere pustolose con eruzioni su uomini e bestie. I maghi non poterono stare alla pres enza di Mosè a causa delle ulcere che li avevano colpiti come tutti gli Egiziani. Ma il Signore rese ostinato il cuore del faraone il quale non diede loro ascolto, come il Signore aveva detto a Mos è. Il Signore disse a Mosè: «àlzati di buon mattino presèntati al faraone e annunciagli: “Così dice
il Signore il Dio degli Ebrei: Lascia partire il mio popolo, perché mi possa servire! Perché questa volta io mando tutti i miei flagelli contro il tuo cuore contro i tuoi ministri e contro il tuo popolo perché tu sappia che nessuno è come me su tutta la terra. Se fin da principio io avessi steso la mano per colpire te e il tuo popolo con la peste tu ormai saresti stato cancellato dalla terra; inv ece per questo ti ho lasciato sussistere per dimostrarti la mia potenza e per divulgare il mio no me in tutta la terra. Ancora ti opponi al mio popolo e non lo lasci partire! Ecco io farò cadere do mani a questa stessa ora una grandine violentissima come non ci fu mai in Egitto dal giorno dell a sua fondazione fino ad oggi. Manda dunque fin d’ora a mettere al riparo il tuo bestiame e qua nto hai in campagna. Su tutti gli uomini e su tutti gli animali che si troveranno in campagna e ch e non saranno stati ricondotti in casa si abbatterà la grandine e moriranno”». Chi tra i ministri d el faraone temeva il Signore fece ricoverare nella casa i suoi schiavi e il suo bestiame; chi invece non diede retta alla parola del Signore lasciò schiavi e bestiame in campagna. Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano verso il cielo: vi sia grandine in tutta la terra d’Egitto sugli uomini sulle b estie e su tutta la vegetazione dei campi nella terra d’Egitto!». Mosè stese il bastone verso il ciel o e il Signore mandò tuoni e grandine; sul suolo si abbatté fuoco e il Signore fece cadere grandi ne su tutta la terra d’Egitto. Ci furono grandine e fuoco in mezzo alla grandine: non vi era mai st ata in tutta la terra d’Egitto una grandinata così violenta dal tempo in cui era diventata nazione!
La grandine colpì in tutta la terra d’Egitto quanto era nella campagna dagli uomini alle bestie; la grandine flagellò anche tutta la vegetazione dei campi e schiantò tutti gli alberi della campagna
. Soltanto nella regione di Gosen dove stavano gli Israeliti non vi fu grandine. Allora il faraone m andò a chiamare Mosè e Aronne e disse loro: «Questa volta ho peccato: il Signore è il giusto; io e il mio popolo siamo colpevoli. Pregate il Signore: ci sono stati troppi tuoni violenti e grandine!
Vi lascerò partire e non dovrete più restare qui». Mosè gli rispose: «Non appena sarò uscito dall a città stenderò le mani verso il Signore: i tuoni cesseranno e non grandinerà più, perché tu sap pia che la terra appartiene al Signore. Ma quanto a te e ai tuoi ministri io so che ancora non tem erete il Signore Dio». Ora il lino e l’orzo erano stati colpiti perché l’orzo era in spiga e il lino in fi ore; ma il grano e la spelta non erano stati colpiti perché tardivi. Mosè si allontanò dal faraone e dalla città stese le mani verso il Signore: i tuoni e la grandine cessarono e la pioggia non si roves ciò più sulla terra. Quando il faraone vide che la pioggia la grandine e i tuoni erano cessati conti nuò a peccare e si ostinò insieme con i suoi ministri. Il cuore del faraone si ostinò e non lasciò p artire gli Israeliti come aveva detto il Signore per mezzo di Mosè. Allora il Signore disse a Mosè:
«Va’ dal faraone perché io ho indurito il cuore suo e dei suoi ministri per compiere questi miei s egni in mezzo a loro e perché tu possa raccontare e fissare nella memoria di tuo figlio e del figli o di tuo figlio come mi sono preso gioco degli Egiziani e i segni che ho compiuti in mezzo a loro: così saprete che io sono il Signore!». Mosè e Aronne si recarono dal faraone e gli dissero: «Così dice il Signore il Dio degli Ebrei: “Fino a quando rifiuterai di piegarti davanti a me? Lascia partire il mio popolo perché mi possa servire. Se tu rifiuti di lasciar partire il mio popolo ecco, da doma ni io manderò le cavallette sul tuo territorio. Esse copriranno la superficie della terra così che no
n si possa più vedere il suolo: divoreranno il poco che è stato lasciato per voi dalla grandine e di voreranno ogni albero che rispunta per voi nella campagna. Riempiranno le tue case le case di t utti i tuoi ministri e le case di tutti gli Egiziani, cosa che non videro i tuoi padri né i padri dei tuoi padri da quando furono su questo suolo fino ad oggi!”». Poi voltò le spalle e uscì dalla presenza del faraone. I ministri del faraone gli dissero: «Fino a quando costui resterà tra noi come una tra ppola? Lascia partire questa gente perché serva il Signore suo Dio! Non ti accorgi ancora che l’E
gitto va in rovina?». Mosè e Aronne furono richiamati presso il faraone, che disse loro: «Andate servite il Signore vostro Dio! Ma chi sono quelli che devono partire?». Mosè disse: «Partiremo n oi insieme con i nostri giovani e i nostri vecchi con i figli e le figlie con le nostre greggi e i nostri a rmenti perché per noi è una festa del Signore». Rispose: «Così sia il Signore con voi com’è vero c he io intendo lasciar partire voi e i vostri bambini! Badate però che voi avete cattive intenzioni.
Così non va! Partite voi uomini e rendete culto al Signore se davvero voi cercate questo!». E li c acciarono dalla presenza del faraone. Allora il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sulla terra d’Egitto per far venire le cavallette: assalgano la terra d’Egitto e divorino tutta l’erba della terra tutto quello che la grandine ha risparmiato!». Mosè stese il suo bastone contro la terra d’Egitto e il Signore diresse su quella terra un vento d’oriente per tutto quel giorno e tutta la notte. Qua ndo fu mattina il vento d’oriente aveva portato le cavallette. Le cavallette salirono sopra tutta l a terra d’Egitto e si posarono su tutto quanto il territorio d’Egitto. Fu cosa gravissima: tante non ve n’erano mai state prima né vi furono in seguito. Esse coprirono tutta la superficie della terra così che la terra ne fu oscurata; divorarono ogni erba della terra e ogni frutto d’albero che la gra ndine aveva risparmiato: nulla di verde rimase sugli alberi e fra le erbe dei campi in tutta la terr a d’Egitto. Il faraone allora convocò in fretta Mosè e Aronne e disse: «Ho peccato contro il Signo re vostro Dio e contro di voi. Ma ora perdonate il mio peccato anche questa volta e pregate il Si gnore vostro Dio perché almeno allontani da me questa morte!». Egli si allontanò dal faraone e pregò il Signore. Il Signore cambiò la direzione del vento e lo fece soffiare dal mare con grande f orza: esso portò via le cavallette e le abbatté nel Mar Rosso; non rimase neppure una cavalletta in tutta la terra d’Egitto. Ma il Signore rese ostinato il cuore del faraone il quale non lasciò partir e gli Israeliti. Allora il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano verso il cielo: vengano sulla terra d’
Egitto tenebre tali da potersi palpare!». Mosè stese la mano verso il cielo: vennero dense teneb re su tutta la terra d’Egitto per tre giorni. Non si vedevano più l’un l’altro e per tre giorni nessun o si poté muovere dal suo posto. Ma per tutti gli Israeliti c’era luce là dove abitavano. Allora il fa raone convocò Mosè e disse: «Partite servite il Signore! Solo rimangano le vostre greggi e i vostr i armenti. Anche i vostri bambini potranno partire con voi». Rispose Mosè: «Tu stesso metterai a nostra disposizione sacrifici e olocausti e noi li offriremo al Signore nostro Dio. Anche il nostro bestiame partirà con noi: neppure un’unghia ne resterà qui. Perché da esso noi dobbiamo prele vare le vittime per servire il Signore nostro Dio e noi non sapremo quel che dovremo sacrificare al Signore finché non saremo arrivati in quel luogo». Ma il Signore rese ostinato il cuore del fara one il quale non volle lasciarli partire. Gli rispose dunque il faraone: «Vattene da me! Guàrdati d
al ricomparire davanti a me perché il giorno in cui rivedrai il mio volto, morirai». Mosè disse: «H
ai parlato bene: non vedrò più il tuo volto!». Il Signore disse a Mosè: «Ancora una piaga mander ò contro il faraone e l’Egitto; dopo di che egli vi lascerà partire di qui. Vi lascerà partire senza co ndizioni, anzi vi caccerà via di qui. Di’ dunque al popolo che ciascuno dal suo vicino e ciascuna d alla sua vicina si facciano dare oggetti d’argento e oggetti d’oro». Il Signore fece sì che il popolo trovasse favore agli occhi degli Egiziani. Inoltre Mosè era un uomo assai considerato nella terra d’Egitto agli occhi dei ministri del faraone e del popolo. Mosè annunciò: «Così dice il Signore: Ve rso la metà della notte io uscirò attraverso l’Egitto: morirà ogni primogenito nella terra d’Egitto dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito della schiava che sta dietro l a mola e ogni primogenito del bestiame. Un grande grido si alzerà in tutta la terra d’Egitto quale non vi fu mai e quale non si ripeterà mai più. Ma contro tutti gli Israeliti neppure un cane abbai erà né contro uomini né contro bestie, perché sappiate che il Signore fa distinzione tra l’Egitto e Israele. Tutti questi tuoi ministri scenderanno da me e si prostreranno davanti a me dicendo: “E
sci tu e tutto il popolo che ti segue!”. Dopo io uscirò!». Mosè pieno d’ira si allontanò dal faraon e. Il Signore aveva appunto detto a Mosè: «Il faraone non vi darà ascolto, perché si moltiplichin o i miei prodigi nella terra d’Egitto». Mosè e Aronne avevano fatto tutti quei prodigi davanti al f araone; ma il Signore aveva reso ostinato il cuore del faraone il quale non lasciò partire gli Israel iti dalla sua terra. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per v oi l’inizio dei mesi sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dit e: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia un agnello per casa. Se la f amiglia fosse troppo piccola per un agnello si unirà al vicino il più prossimo alla sua casa, second o il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno pu ò mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto maschio nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assembl ea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue lo porranno s ui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeran no la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Non lo mangerete cr udo né bollito nell’acqua ma solo arrostito al fuoco con la testa le zampe e le viscere. Non ne do vete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco. Ec co in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti i sandali ai piedi il bastone in mano; lo manger ete in fretta. è la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò og ni primogenito nella terra d’Egitto uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. I o sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedr ò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’E
gitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di genera zione in generazione lo celebrerete come un rito perenne. Per sette giorni voi mangerete azzimi
. Fin dal primo giorno farete sparire il lievito dalle vostre case perché chiunque mangerà del liev itato dal giorno primo al giorno settimo quella persona sarà eliminata da Israele. Nel primo gior
no avrete una riunione sacra e nel settimo giorno una riunione sacra: durante questi giorni non si farà alcun lavoro; si potrà preparare da mangiare per ogni persona: questo solo si farà presso di voi. Osservate la festa degli Azzimi perché proprio in questo giorno io ho fatto uscire le vostre schiere dalla terra d’Egitto; osserverete tale giorno di generazione in generazione come rito per enne. Nel primo mese dal giorno quattordici del mese alla sera voi mangerete azzimi fino al gior no ventuno del mese alla sera. Per sette giorni non si trovi lievito nelle vostre case perché chiun que mangerà del lievitato quella persona sia forestiera sia nativa della terra sarà eliminata dalla comunità d’Israele. Non mangerete nulla di lievitato; in tutte le vostre abitazioni mangerete azzi mi”». Mosè convocò tutti gli anziani d’Israele e disse loro: «Andate a procurarvi un capo di besti ame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la Pasqua. Prenderete un fascio di issòpo lo inti ngerete nel sangue che sarà nel catino e spalmerete l’architrave ed entrambi gli stipiti con il san gue del catino. Nessuno di voi esca dalla porta della sua casa fino al mattino. Il Signore passerà per colpire l’Egitto, vedrà il sangue sull’architrave e sugli stipiti; allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire. Voi osserveret e questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. Quando poi sarete en trati nella terra che il Signore vi darà come ha promesso osserverete questo rito. Quando i vostr i figli vi chiederanno: “Che significato ha per voi questo rito?”, voi direte loro: “è il sacrificio dell a Pasqua per il Signore il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto quando colpì l’Egitt o e salvò le nostre case”». Il popolo si inginocchiò e si prostrò. Poi gli Israeliti se ne andarono ed eseguirono ciò che il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne; così fecero. A mezzanotte il Si gnore colpì ogni primogenito nella terra d’Egitto dal primogenito del faraone che siede sul tron o fino al primogenito del prigioniero in carcere e tutti i primogeniti del bestiame. Si alzò il farao ne nella notte e con lui i suoi ministri e tutti gli Egiziani; un grande grido scoppiò in Egitto perch é non c’era casa dove non ci fosse un morto! Il faraone convocò Mosè e Aronne nella notte e di sse: «Alzatevi e abbandonate il mio popolo voi e gli Israeliti! Andate rendete culto al Signore co me avete detto. Prendete anche il vostro bestiame e le vostre greggi come avete detto e partite
! Benedite anche me!». Gli Egiziani fecero pressione sul popolo affrettandosi a mandarli via dal paese perché dicevano: «Stiamo per morire tutti!». Il popolo portò con sé la pasta prima che fo sse lievitata recando sulle spalle le madie avvolte nei mantelli. Gli Israeliti eseguirono l’ordine di Mosè e si fecero dare dagli Egiziani oggetti d’argento e d’oro e vesti. Il Signore fece sì che il pop olo trovasse favore agli occhi degli Egiziani i quali accolsero le loro richieste. Così essi spogliaron o gli Egiziani. Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot in numero di seicentomila uo mini adulti senza contare i bambini. Inoltre una grande massa di gente promiscua partì con loro e greggi e armenti in mandrie molto grandi. Fecero cuocere la pasta che avevano portato dall’E
gitto in forma di focacce azzime perché non era lievitata: infatti erano stati scacciati dall’Egitto e non avevano potuto indugiare; neppure si erano procurati provviste per il viaggio. La permane nza degli Israeliti in Egitto fu di quattrocentotrent’anni. Al termine dei quattrocentotrent’anni p roprio in quel giorno tutte le schiere del Signore uscirono dalla terra d’Egitto. Notte di veglia fu
questa per il Signore per farli uscire dalla terra d’Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti di generazione in generazione. Il Signore disse a Mosè e ad Aron ne: «Questo è il rito della Pasqua: nessuno straniero ne deve mangiare. Quanto a ogni schiavo a cquistato con denaro lo circonciderai e allora ne potrà mangiare. L’ospite e il mercenario non n e mangeranno. In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezz erete alcun osso. Tutta la comunità d’Israele la celebrerà. Se un forestiero soggiorna presso di t e e vuol celebrare la Pasqua del Signore sia circonciso ogni maschio della sua famiglia: allora pot rà accostarsi per celebrarla e sarà come un nativo della terra. Ma non ne mangi nessuno che no n sia circonciso. Vi sarà una sola legge per il nativo e per il forestiero che soggiorna in mezzo a v oi». Tutti gli Israeliti fecero così come il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne in tal modo operarono. Proprio in quel giorno il Signore fece uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto, ordinati s econdo le loro schiere. Il Signore disse a Mosè: «Consacrami ogni essere che esce per primo dal seno materno tra gli Israeliti: ogni primogenito di uomini o di animali appartiene a me». Mosè d isse al popolo: «Ricòrdati di questo giorno nel quale siete usciti dall’Egitto dalla dimora di schiav itù perché con la potenza del suo braccio il Signore vi ha fatto uscire di là: non si mangi nulla di l ievitato. In questo giorno del mese di Abìb voi uscite. Quando il Signore ti avrà fatto entrare nell a terra del Cananeo dell’Ittita dell’Amorreo dell’Eveo e del Gebuseo che ha giurato ai tuoi padri di dare a te terra dove scorrono latte e miele allora tu celebrerai questo rito in questo mese. Pe r sette giorni mangerai azzimi. Nel settimo giorno vi sarà una festa in onore del Signore. Nei sett e giorni si mangeranno azzimi e non compaia presso di te niente di lievitato; non ci sia presso di te lievito entro tutti i tuoi confini. In quel giorno tu spiegherai a tuo figlio: “è a causa di quanto h a fatto il Signore per me quando sono uscito dall’Egitto”. Sarà per te segno sulla tua mano e me moriale fra i tuoi occhi affinché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Infatti il Signore ti ha fatt o uscire dall’Egitto con mano potente. Osserverai questo rito nella sua ricorrenza di anno in ann o. Quando il Signore ti avrà fatto entrare nella terra del Cananeo come ha giurato a te e ai tuoi padri e te l’avrà data in possesso tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del tuo bestiame se di sesso maschile lo consacrerai al Signore. Riscatterai og ni primo parto dell’asino mediante un capo di bestiame minuto e se non lo vorrai riscattare gli s paccherai la nuca. Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi discendenti. Quando tuo figl io un domani ti chiederà: “Che significa ciò?” tu gli risponderai: “Con la potenza del suo braccio i l Signore ci ha fatto uscire dall’Egitto dalla condizione servile. Poiché il faraone si ostinava a non lasciarci partire il Signore ha ucciso ogni primogenito nella terra d’Egitto: i primogeniti degli uo mini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo parto di sesso m aschile e riscatto ogni primogenito dei miei discendenti”. Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un pendaglio fra i tuoi occhi poiché con la potenza del suo braccio il Signore ci ha fatto usci re dall’Egitto». Quando il faraone lasciò partire il popolo Dio non lo condusse per la strada del t erritorio dei Filistei benché fosse più corta perché Dio pensava: «Che il popolo non si penta alla vista della guerra e voglia tornare in Egitto!». Dio fece deviare il popolo per la strada del deserto
verso il Mar Rosso. Gli Israeliti armati uscirono dalla terra d’Egitto. Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe perché questi aveva fatto prestare un solenne giuramento agli Israeliti dicendo: «Dio certo verrà a visitarvi; voi allora vi porterete via le mie ossa». Partirono da Succot e si accampar ono a Etam sul limite del deserto. Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna d i nube per guidarli sulla via da percorrere e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce c osì che potessero viaggiare giorno e notte. Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista del popolo né la colonna di fuoco durante la notte. Il Signore disse a Mosè: «Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achiròt tra Migdol e il mare davanti a Baal-
Sefòn; di fronte a quel luogo vi accamperete presso il mare. Il faraone penserà degli Israeliti: “V
anno errando nella regione; il deserto li ha bloccati!”. Io renderò ostinato il cuore del faraone e d egli li inseguirà io dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito così gli Egizia ni sapranno che io sono il Signore!». Ed essi fecero così. Quando fu riferito al re d’Egitto che il p opolo era fuggito il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: «Che cosa abbiamo fatto lasciando che Israele si sottraesse al nostro servizio?». Attaccò allora il cocc hio e prese con sé i suoi soldati. Prese seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto con i combatten ti sopra ciascuno di essi. Il Signore rese ostinato il cuore del faraone re d’Egitto il quale inseguì g li Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero m entre essi stavano accampati presso il mare; tutti i cavalli e i carri del faraone i suoi cavalieri e il suo esercito erano presso Pi-Achiròt davanti a Baal-Sefòn. Quando il faraone fu vicino gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco gli Egiziani marciavano diet ro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: «è fo rse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egizi ani perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?». Mosè rispose: «Non abbi ate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore il quale oggi agirà per voi; perché gli Egizi ani che voi oggi vedete non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi e voi starete tran quilli». Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il ca mmino. Tu intanto alza il bastone stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone i suoi carri e i suoi cavalieri». L’angelo di Dio che precedeva l’accampamento d’Israele cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’a ccampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni mentre per gli a ltri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allor a Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un fort e vento d’oriente rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’a
sciutto mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono e tutti i cavalli del faraone i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare.
Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul cam po degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spi ngerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele perché il Signore combatte per l oro contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare sul far del m attino tornò al suo livello consueto mentre gli Egiziani fuggendo gli si dirigevano contro. Il Signo re li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tut to l’esercito del faraone che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure un o. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare mentre le acque erano p er loro un muro a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egizi ani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè su o servo. Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: «Voglio cantare al Signore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. è il mio Dio: lo voglio lodare, il Dio di mio pa dre: lo voglio esaltare! Il Signore è un guerriero, Signore è il suo nome. I carri del faraone e il su o esercito li ha scagliati nel mare; i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mar Rosso. Gli a bissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra. La tua destra Signore, è gloriosa per la potenza, la tua destra Signore, annienta il nemico; con sublime maestà abbatti i tuoi avversari, scateni il t uo furore, che li divora come paglia. Al soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono l e onde come un argine, si rappresero gli abissi nel fondo del mare. Il nemico aveva detto: “Inseg uirò raggiungerò, spartirò il bottino, se ne sazierà la mia brama; sfodererò la spada, li conquiste rà la mia mano!”. Soffiasti con il tuo alito: li ricoprì il mare, sprofondarono come piombo in acqu e profonde. Chi è come te fra gli dèi Signore? Chi è come te maestoso in santità, terribile nelle i mprese, autore di prodigi? Stendesti la destra: li inghiottì la terra. Guidasti con il tuo amore que sto popolo che hai riscattato, lo conducesti con la tua potenza alla tua santa dimora. Udirono i p opoli: sono atterriti. L’angoscia afferrò gli abitanti della Filistea. Allora si sono spaventati i capi d i Edom, il pànico prende i potenti di Moab; hanno tremato tutti gli abitanti di Canaan. Piómbino su di loro paura e terrore; per la potenza del tuo braccio restino muti come pietra, finché sia pa ssato il tuo popolo Signore, finché sia passato questo tuo popolo, che ti sei acquistato. Tu lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua dimora, Signore hai preparato, santuario che le tue mani, Signore hanno fondato. Il Signore regni in eterno e per sempre!». Qu ando i cavalli del faraone i suoi carri e i suoi cavalieri furono entrati nel mare il Signore fece torn are sopra di essi le acque del mare mentre gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare. Allora Maria la profetessa sorella di Aronne prese in mano un tamburello: dietro a lei u scirono le donne con i tamburelli e con danze. Maria intonò per loro il ritornello: «Cantate al Sig
nore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare!». Mosè fece pa rtire Israele dal Mar Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni n el deserto senza trovare acqua. Arrivarono a Mara ma non potevano bere le acque di Mara perc hé erano amare. Per questo furono chiamate Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè: «Ch e cosa berremo?». Egli invocò il Signore il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: «Se tu darai ascolto alla voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi io non t’infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli Egiziani perché io sono il Signore colui che ti guarisce
!». Poi arrivarono a Elìm dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparo no presso l’acqua. Levarono le tende da Elìm e tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin che si trova tra Elìm e il Sinai il quindici del secondo mese dopo la loro uscita dalla terra d’
Egitto. Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli I sraeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto quando eravamo seduti presso la pentola della carne mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in qu esto deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «E
cco io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la raz ione di un giorno perché io lo metta alla prova per vedere se cammina o no secondo la mia legg e. Ma il sesto giorno quando prepareranno quello che dovranno portare a casa sarà il doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno». Mosè e Aronne dissero a tutti gli Israeliti: «Questa s era saprete che il Signore vi ha fatto uscire dalla terra d’Egitto e domani mattina vedrete la glori a del Signore, poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui. Noi infatti che cosa sia mo perché mormoriate contro di noi?». Mosè disse: «Quando il Signore vi darà alla sera la carn e da mangiare e alla mattina il pane a sazietà sarà perché il Signore ha inteso le mormorazioni c on le quali mormorate contro di lui. Noi infatti che cosa siamo? Non contro di noi vanno le vostr e mormorazioni ma contro il Signore». Mosè disse ad Aronne: «Da’ questo comando a tutta la c omunità degli Israeliti: “Avvicinatevi alla presenza del Signore perché egli ha inteso le vostre mo rmorazioni!”». Ora mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti essi si voltarono ver so il deserto: ed ecco la gloria del Signore si manifestò attraverso la nube. Il Signore disse a Mos è: «Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: “Al tramonto mangerete carne e al la mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore vostro Dio”». La sera le quaglie sali rono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampam ento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e gr anulosa minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos
’è?» perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «è il pane che il Signore vi ha dato in cibo. Ecco che cosa comanda il Signore: “Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne un om er a testa secondo il numero delle persone che sono con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda”». Così fecero gli Israeliti. Ne raccolsero chi molto chi poco. Si misurò con l’

omer: colui che ne aveva preso di più non ne aveva di troppo; colui che ne aveva preso di meno non ne mancava. Avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne. Mosè disse lor o: «Nessuno ne faccia avanzare fino al mattino». Essi non obbedirono a Mosè e alcuni ne conser varono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputridì. Mosè si irritò contro di loro. Essi dunque ne raccoglievano ogni mattina secondo quanto ciascuno mangiava; quando il sole comi nciava a scaldare si scioglieva. Quando venne il sesto giorno essi raccolsero il doppio di quel pan e due omer a testa. Allora tutti i capi della comunità vennero a informare Mosè. Egli disse loro:
«è appunto ciò che ha detto il Signore: “Domani è sabato riposo assoluto consacrato al Signore.
Ciò che avete da cuocere cuocetelo; ciò che avete da bollire bollitelo; quanto avanza tenetelo in serbo fino a domani mattina”». Essi lo misero in serbo fino al mattino come aveva ordinato Mo sè e non imputridì né vi si trovarono vermi. Disse Mosè: «Mangiatelo oggi perché è sabato in on ore del Signore: oggi non ne troverete nella campagna. Sei giorni lo raccoglierete ma il settimo giorno è sabato: non ve ne sarà». Nel settimo giorno alcuni del popolo uscirono per raccogliern e ma non ne trovarono. Disse allora il Signore a Mosè: «Fino a quando rifiuterete di osservare i miei ordini e le mie leggi? Vedete che il Signore vi ha dato il sabato! Per questo egli vi dà al sest o giorno il pane per due giorni. Restate ciascuno al proprio posto! Nel settimo giorno nessuno e sca dal luogo dove si trova». Il popolo dunque riposò nel settimo giorno. La casa d’Israele lo chia mò manna. Era simile al seme del coriandolo e bianco; aveva il sapore di una focaccia con miele
. Mosè disse: «Questo ha ordinato il Signore: “Riempitene un omer e conservatelo per i vostri di scendenti perché vedano il pane che vi ho dato da mangiare nel deserto, quando vi ho fatto usci re dalla terra d’Egitto”». Mosè disse quindi ad Aronne: «Prendi un’urna e mettici un omer comp leto di manna; deponila davanti al Signore e conservala per i vostri discendenti». Secondo quant o il Signore aveva ordinato a Mosè Aronne la depose per conservarla davanti alla Testimonianza
. Gli Israeliti mangiarono la manna per quarant’anni fino al loro arrivo in una terra abitata: mang iarono la manna finché non furono arrivati ai confini della terra di Canaan. L’ omer è la decima p arte dell’ efa. Tutta la comunità degli Israeliti levò le tende dal deserto di Sin camminando di tap pa in tappa secondo l’ordine del Signore e si accampò a Refidìm. Ma non c’era acqua da bere pe r il popolo. Il popolo protestò contro Mosè: «Dateci acqua da bere!». Mosè disse loro: «Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?». In quel luogo il popolo soffriva la set e per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dal l’Egitto per far morire di sete noi i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signor e dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo e va’! Ecco io starò davanti a te là sulla roccia sull’Oreb; tu b atterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così sotto gli occhi degli anzia ni d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?». Amalèk venne a com battere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in b
attaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio».
Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk mentre Mosè Ar onne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani Israele prevaleva; ma qua ndo le lasciava cadere prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani presero una pietr a la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette mentre Aronne e Cur uno da una parte e l’altro dall’altra sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Gi osuè sconfisse Amalèk e il suo popolo passandoli poi a fil di spada. Allora il Signore disse a Mosè
: «Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalèk sotto il cielo!». Allora Mosè costruì un altare lo chiamò “Il Signore è il mio v essillo” e disse: «Una mano contro il trono del Signore! Vi sarà guerra per il Signore contro Amal èk, di generazione in generazione!». Ietro sacerdote di Madian suocero di Mosè venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele suo popolo cioè come il Signore aveva fatto us cire Israele dall’Egitto. Allora Ietro prese con sé Sipporà moglie di Mosè che prima egli aveva ri mandata con i due figli di lei uno dei quali si chiamava Ghersom, perché egli aveva detto: «Sono un emigrato in terra straniera» e l’altro si chiamava Elièzer perché: «Il Dio di mio padre è venut o in mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del faraone». Ietro dunque suocero di Mosè con i figli e la moglie di lui venne da Mosè nel deserto dove era accampato presso la montagna di Dio. Eg li fece dire a Mosè: «Sono io Ietro tuo suocero che vengo da te con tua moglie e i suoi due figli!
». Mosè andò incontro al suocero si prostrò davanti a lui e lo baciò poi si informarono l’uno dell a salute dell’altro ed entrarono sotto la tenda. Mosè raccontò al suocero quanto il Signore avev a fatto al faraone e agli Egiziani a motivo di Israele tutte le difficoltà incontrate durante il viaggi o dalle quali il Signore li aveva liberati. Ietro si rallegrò di tutto il bene che il Signore aveva fatto a Israele quando lo aveva liberato dalla mano degli Egiziani. Disse Ietro: «Benedetto il Signore c he vi ha liberato dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone: egli ha liberato questo popo lo dalla mano dell’Egitto! Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi: ha rivolto contro di loro quello che tramavano». Ietro suocero di Mosè offrì un olocausto e sacrifici a Dio. Vennero Aronne e tutti gli anziani d’Israele per partecipare al banchetto con il suocero di Mosè davanti a Dio. Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mo sè dalla mattina fino alla sera. Allora il suocero di Mosè visto quanto faceva per il popolo gli diss e: «Che cos’è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?». Mosè rispose al suocero: «Perché il popolo viene da me per consultar e Dio. Quando hanno qualche questione vengono da me e io giudico le vertenze tra l’uno e l’altr o e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi». Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene q uello che fai! Finirai per soccombere tu e il popolo che è con te perché il compito è troppo pesa nte per te; non puoi attendervi tu da solo. Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia co n te! Tu sta’ davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. A loro spiegherai i d ecreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono co mpiere. Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini validi che temono Dio uomini retti che odian
o la venalità per costituirli sopra di loro come capi di migliaia capi di centinaia capi di cinquantin e e capi di decine. Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una ques tione importante la sottoporranno a te mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti all eggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. Se tu fai questa cosa e Dio te lo ordina potrai resis tere e anche tutto questo popolo arriverà in pace alla meta». Mosè diede ascolto alla proposta del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. Mosè dunque scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia capi di centinaia capi di cinquantine e capi di decine. Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottop onevano a Mosè ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori. Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò alla sua terra. Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dalla terra d’Egitto nello stess o giorno essi arrivarono al deserto del Sinai. Levate le tende da Refidìm giunsero al deserto del Sinai dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte. Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “V
oi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fa tto venire fino a me. Ora se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti». Mosè andò convo cò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole come gli aveva ordinato il Signore. Tutt o il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto noi lo faremo!». Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: «Ecco io sto per venire verso di te i n una densa nube perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano per sempre anche a te». Mosè riferì al Signore le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: «Va’ dal popolo e sant ificalo oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai alla vista di tutto il popolo. Fisserai per il popolo un li mite tutto attorno dicendo: “Guardatevi dal salire sul monte e dal toccarne le falde. Chiunque t occherà il monte sarà messo a morte. Nessuna mano però dovrà toccare costui: dovrà essere la pidato o colpito con tiro di arco. Animale o uomo non dovrà sopravvivere”. Solo quando suoner à il corno essi potranno salire sul monte». Mosè scese dal monte verso il popolo; egli fece santif icare il popolo ed essi lavarono le loro vesti. Poi disse al popolo: «Siate pronti per il terzo giorno: non unitevi a donna». Il terzo giorno sul far del mattino vi furono tuoni e lampi una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante perché su di esso era sceso il Signor e nel fuoco e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suo no del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce. Il S
ignore scese dunque sul monte Sinai sulla vetta del monte e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì. Il Signore disse a Mosè: «Scendi scongiura il popolo di non irrompere vers o il Signore per vedere altrimenti ne cadrà una moltitudine! Anche i sacerdoti che si avvicinano
al Signore si santifichino altrimenti il Signore si avventerà contro di loro!». Mosè disse al Signore
: «Il popolo non può salire al monte Sinai perché tu stesso ci hai avvertito dicendo: “Delimita il monte e dichiaralo sacro”». Il Signore gli disse: «Va’ scendi poi salirai tu e Aronne con te. Ma i s acerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore altrimenti egli si avventerà contr o di loro!». Mosè scese verso il popolo e parlò loro. Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore tuo Dio che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto dalla condizione servile: Non avrai alt ri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di qua nto è quaggiù sulla terra né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a lor o e non li servirai. Perché io il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per coloro che mi odiano ma che dimostra la su a bontà fino a mille generazioni per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore tuo Dio perché il Signore non lascia impunito chi pronu ncia il suo nome invano. Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e far ai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun l avoro né tu né tuo figlio né tua figlia né il tuo schiavo né la tua schiava né il tuo bestiame né il f orestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il ma re e quanto è in essi ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno d el sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre perché si prolunghino i tuoi giorni ne l paese che il Signore tuo Dio ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossim o. Non desidererai la moglie del tuo prossimo né il suo schiavo né la sua schiava né il suo bue né il suo asino né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo». Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide fu preso da tremore e si tenne lont ano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio altrimenti mor iremo!». Mosè disse al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e per ché il suo timore sia sempre su di voi e non pecchiate». Il popolo si tenne dunque lontano ment re Mosè avanzò verso la nube oscura dove era Dio. Il Signore disse a Mosè: «Così dirai agli Israel iti: “Voi stessi avete visto che vi ho parlato dal cielo! Non farete dèi d’argento e dèi d’oro accant o a me: non ne farete per voi! Farai per me un altare di terra e sopra di esso offrirai i tuoi oloca usti e i tuoi sacrifici di comunione le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò far rico rdare il mio nome verrò a te e ti benedirò. Se tu farai per me un altare di pietra non lo costruirai con pietra tagliata perché usando la tua lama su di essa tu la renderesti profana. Non salirai sul mio altare per mezzo di gradini, perché là non si scopra la tua nudità”. Queste sono le norme ch e tu esporrai loro. Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo egli ti servirà per sei anni e nel settimo potrà andarsene libero senza riscatto. Se è venuto solo solo se ne andrà se era coniugat o sua moglie se ne andrà con lui. Se il suo padrone gli ha dato moglie e questa gli ha partorito fi gli o figlie la donna e i suoi figli saranno proprietà del padrone ed egli se ne andrà solo. Ma se lo schiavo dice: “Io sono affezionato al mio padrone a mia moglie ai miei figli non voglio andarmen
e libero” allora il suo padrone lo condurrà davanti a Dio lo farà accostare al battente o allo stipit e della porta e gli forerà l’orecchio con la lesina e quello resterà suo schiavo per sempre. Quand o un uomo venderà la figlia come schiava ella non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi. Se l ei non piace al padrone che perciò non la destina a sé in moglie la farà riscattare. In ogni caso e gli non può venderla a gente straniera agendo con frode verso di lei. Se egli la vuol destinare in moglie al proprio figlio si comporterà nei suoi riguardi secondo il diritto delle figlie. Se egli pren de in moglie un’altra non diminuirà alla prima il nutrimento il vestiario la coabitazione. Se egli n on le fornisce queste tre cose lei potrà andarsene senza che sia pagato il prezzo del riscatto. Col ui che colpisce un uomo causandone la morte sarà messo a morte. Se però non ha teso insidia ma Dio glielo ha fatto incontrare io ti fisserò un luogo dove potrà rifugiarsi. Ma se un uomo ave va premeditato di uccidere il suo prossimo con inganno allora lo strapperai anche dal mio altare perché sia messo a morte. Colui che percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte. Colui che rapisce un uomo sia che lo venda sia che lo si trovi ancora in mano sua, sarà messo a morte
. Colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte. Quando alcuni uomini litigano e uno colpisce il suo prossimo con una pietra o con il pugno e questi non muore ma deve mette rsi a letto se poi si alza ed esce con il bastone chi lo ha colpito sarà ritenuto innocente ma dovrà pagare il riposo forzato e assicurargli le cure. Quando un uomo colpisce con il bastone il suo sch iavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani si deve fare vendetta. Ma se sopravvive un gi orno o due non sarà vendicato, perché è suo denaro. Quando alcuni uomini litigano e urtano un a donna incinta, così da farla abortire se non vi è altra disgrazia si esigerà un’ammenda secondo quanto imporrà il marito della donna e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato. Ma se segu e una disgrazia allora pagherai vita per vita: occhio per occhio dente per dente mano per mano piede per piede bruciatura per bruciatura ferita per ferita livido per livido. Quando un uomo col pisce l’occhio del suo schiavo o della sua schiava e lo acceca, darà loro la libertà in compenso de ll’occhio. Se fa cadere il dente del suo schiavo o della sua schiava darà loro la libertà in compens o del dente. Quando un bue cozza con le corna contro un uomo o una donna e ne segue la mort e il bue sarà lapidato e non se ne mangerà la carne. Però il proprietario del bue è innocente. Ma se il bue era solito cozzare con le corna già prima e il padrone era stato avvisato e non lo aveva custodito se ha causato la morte di un uomo o di una donna il bue sarà lapidato e anche il suo p adrone dev’essere messo a morte. Se invece gli viene imposto un risarcimento, egli pagherà il ri scatto della propria vita secondo quanto gli verrà imposto. Se cozza con le corna contro un figlio o se cozza contro una figlia si procederà nella stessa maniera. Se il bue colpisce con le corna un o schiavo o una schiava si darà al suo padrone del denaro trenta sicli e il bue sarà lapidato. Qua ndo un uomo lascia una cisterna aperta oppure quando un uomo scava una cisterna e non la co pre se vi cade un bue o un asino il proprietario della cisterna deve dare l’indennizzo: verserà il d enaro al padrone della bestia e l’animale morto gli apparterrà. Quando il bue di un tale cozza co ntro il bue del suo prossimo e ne causa la morte essi venderanno il bue vivo e se ne divideranno il prezzo; si divideranno anche la bestia morta. Ma se è notorio che il bue era solito cozzare già
prima e il suo padrone non lo ha custodito egli dovrà dare come indennizzo bue per bue e la bes tia morta gli apparterrà. Quando un uomo ruba un bue o un montone e poi lo sgozza o lo vende darà come indennizzo cinque capi di grosso bestiame per il bue e quattro capi di bestiame min uto per il montone. Se un ladro viene sorpreso mentre sta facendo una breccia in un muro e vie ne colpito e muore, non vi è per lui vendetta di sangue. Ma se il sole si era già alzato su di lui, vi è per lui vendetta di sangue. Il ladro dovrà dare l’indennizzo: se non avrà di che pagare sarà ven duto in compenso dell’oggetto rubato. Se si trova ancora in vita e ciò che è stato rubato è in suo possesso si tratti di bue di asino o di montone restituirà il doppio. Quando un uomo usa come p ascolo un campo o una vigna e lascia che il suo bestiame vada a pascolare in un campo altrui de ve dare l’indennizzo con il meglio del suo campo e con il meglio della sua vigna. Quando un fuoc o si propaga e si attacca ai cespugli spinosi se viene bruciato un mucchio di covoni o il grano in s piga o il grano in erba colui che ha provocato l’incendio darà l’indennizzo. Quando un uomo dà i n custodia al suo prossimo denaro od oggetti e poi nella casa di costui viene commesso un furto se si trova il ladro quest’ultimo restituirà il doppio. Se il ladro non si trova il padrone della casa si avvicinerà a Dio per giurare che non ha allungato la mano sulla proprietà del suo prossimo. Q
ualunque sia l’oggetto di una frode si tratti di un bue di un asino di un montone, di una veste di qualunque oggetto perduto di cui uno dice: “è questo!” la causa delle due parti andrà fino a Dio
: colui che Dio dichiarerà colpevole restituirà il doppio al suo prossimo. Quando un uomo dà in c ustodia al suo prossimo un asino o un bue o un capo di bestiame minuto o qualsiasi animale se l a bestia muore o si è prodotta una frattura o è stata rapita senza testimone interverrà tra le du e parti un giuramento per il Signore per dichiarare che il depositario non ha allungato la mano s ulla proprietà del suo prossimo. Il padrone della bestia accetterà e l’altro non dovrà risarcire. M
a se la bestia è stata rubata quando si trovava presso di lui pagherà l’indennizzo al padrone di es sa. Se invece è stata sbranata ne porterà la prova in testimonianza e non dovrà dare l’indennizz o per la bestia sbranata. Quando un uomo prende in prestito dal suo prossimo una bestia e que sta si è prodotta una frattura o è morta in assenza del padrone dovrà pagare l’indennizzo. Ma s e il padrone si trova presente non deve restituire; se si tratta di una bestia presa a nolo la sua p erdita è compensata dal prezzo del noleggio. Quando un uomo seduce una vergine non ancora f idanzata e si corica con lei ne pagherà il prezzo nuziale e lei diverrà sua moglie. Se il padre di lei si rifiuta di dargliela egli dovrà versare una somma di denaro pari al prezzo nuziale delle vergini.
Non lascerai vivere colei che pratica la magia. Chiunque giaccia con una bestia sia messo a mort e. Colui che offre un sacrificio agli dèi anziché al solo Signore sarà votato allo sterminio. Non mo lesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltr atterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti quando invocherà da me l’aiuto io darò ascolto al suo grido la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vo stri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo all’indigente che sta con te non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il m antello del tuo prossimo glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola copert
a è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti quando griderà v erso di me io l’ascolterò, perché io sono pietoso. Non bestemmierai Dio e non maledirai il capo del tuo popolo. Non ritarderai l’offerta di ciò che riempie il tuo granaio e di ciò che stilla dal tuo frantoio. Il primogenito dei tuoi figli lo darai a me. Così farai per il tuo bue e per il tuo bestiame minuto: sette giorni resterà con sua madre l’ottavo giorno lo darai a me. Voi sarete per me uom ini santi: non mangerete la carne di una bestia sbranata nella campagna, ma la getterete ai cani.
Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per far da testimone in favore di u n’ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo così da star e con la maggioranza per ledere il diritto. Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo. Q
uando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi glieli dovrai ricondurre. Quando v edrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico. Non ledere il diritto del tuo povero nel suo processo. Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l’innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole
. Non accetterai doni perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti. Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero perché siete stati f orestieri in terra d’Egitto. Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà consumato dalle bestie selvatiche. Così farai per la tua vigna e per il tuo oliveto. Per sei giorni farai i tuoi lavori ma nel settimo giorno farai riposo perché possano goder e quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero. Farete attenzione a quanto vi ho detto: non pronunciate il nome di altri dèi; non si senta sulla tua boc ca! Tre volte all’anno farai festa in mio onore. Osserverai la festa degli Azzimi: per sette giorni m angerai azzimi come ti ho ordinato, nella ricorrenza del mese di Abìb perché in esso sei uscito d all’Egitto. Non si dovrà comparire davanti a me a mani vuote. Osserverai la festa della mietitura cioè dei primi frutti dei tuoi lavori di semina nei campi e poi al termine dell’anno la festa del rac colto quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi. Tre volte all’anno ogni tuo maschio c omparirà alla presenza del Signore Dio. Non offrirai con pane lievitato il sangue del sacrificio in mio onore e il grasso della vittima per la mia festa non dovrà restare fino al mattino. Il meglio d elle primizie del tuo suolo lo porterai alla casa del Signore tuo Dio. Non farai cuocere un caprett o nel latte di sua madre. Ecco io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza da’ ascolto alla sua vo ce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione perché il mio nome è in lui. Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò io sarò il nemico dei tuoi nemici e l’av versario dei tuoi avversari. Quando il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare press o l’Amorreo l’Ittita il Perizzita il Cananeo l’Eveo e il Gebuseo e io li distruggerò, tu non ti prostre rai davanti ai loro dèi e non li servirai; tu non ti comporterai secondo le loro opere ma dovrai de molire e frantumare le loro stele. Voi servirete il Signore vostro Dio. Egli benedirà il tuo pane e l a tua acqua. Terrò lontana da te la malattia. Non vi sarà nella tua terra donna che abortisca o ch
e sia sterile. Ti farò giungere al numero completo dei tuoi giorni. Manderò il mio terrore davanti a te e metterò in rotta ogni popolo in mezzo al quale entrerai; farò voltare le spalle a tutti i tuoi nemici davanti a te. Manderò i calabroni davanti a te ed essi scacceranno dalla tua presenza l’E
veo, il Cananeo e l’Ittita. Non li scaccerò dalla tua presenza in un solo anno, perché non resti de serta la terra e le bestie selvatiche si moltiplichino contro di te. Li scaccerò dalla tua presenza a poco a poco finché non avrai tanti discendenti da occupare la terra. Stabilirò il tuo confine dal Mar Rosso fino al mare dei Filistei e dal deserto fino al Fiume perché ti consegnerò in mano gli a bitanti della terra e li scaccerò dalla tua presenza. Ma tu non farai alleanza con loro e con i loro dèi; essi non abiteranno più nella tua terra altrimenti ti farebbero peccare contro di me perché t u serviresti i loro dèi e ciò diventerebbe una trappola per te». Il Signore disse a Mosè: «Sali vers o il Signore tu e Aronne Nadab e Abiu e settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano solo Mosè si avvicinerà al Signore: gli altri non si avvicinino e il popolo non salga con lui». Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a u na sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato noi li eseguiremo!». Mosè s crisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire oloca usti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’allean za e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore lo eseguiremo e vi pr esteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo dicendo: «Ecco il sangue dell’all eanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!». Mosè salì con Aron ne Nadab Abiu e i settanta anziani d’Israele. Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era c ome un pavimento in lastre di zaffìro limpido come il cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e bevvero. Il Signore disse a Mosè: «Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli». Mosè si mosse con Giosuè suo aiutante e Mosè salì sul monte di Dio. Agli a nziani aveva detto: «Restate qui ad aspettarci fin quando torneremo da voi; ecco avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro». Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte. La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì p er sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti. Il Sig nore parlò a Mosè dicendo: «Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un contributo. Lo racco glierete da chiunque sia generoso di cuore. Ed ecco che cosa raccoglierete da loro come contrib uto: oro argento e bronzo tessuti di porpora viola e rossa di scarlatto di bisso e di pelo di capra pelle di montone tinta di rosso, pelle di tasso e legno di acacia olio per l’illuminazione balsami p er l’olio dell’unzione e per l’incenso aromatico pietre di ònice e pietre da incastonare nell’ efod e nel pettorale. Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa s
econdo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi. Fa ranno dunque un’arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezz o di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro puro: dentro e fuori la rivestirai e l e farai intorno un bordo d’oro. Fonderai per essa quattro anelli d’oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell’arca per trasportare con esse l’arca. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell’arca: non verranno tolte di lì. Nell’arca collocherai l a Testimonianza che io ti darò. Farai il propiziatorio d’oro puro; avrà due cubiti e mezzo di lungh ezza e un cubito e mezzo di larghezza. Farai due cherubini d’oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del propiziatorio. Fa’ un cherubino a una estremità e un cherubino all’altra estre mità. Farete i cherubini alle due estremità del propiziatorio. I cherubini avranno le due ali spieg ate verso l’alto proteggendo con le ali il propiziatorio; saranno rivolti l’uno verso l’altro e le facc e dei cherubini saranno rivolte verso il propiziatorio. Porrai il propiziatorio sulla parte superiore dell’arca e collocherai nell’arca la Testimonianza che io ti darò. Io ti darò convegno in quel luogo
: parlerò con te da sopra il propiziatorio in mezzo ai due cherubini che saranno sull’arca della Te stimonianza dandoti i miei ordini riguardo agli Israeliti. Farai una tavola di legno di acacia: avrà due cubiti di lunghezza un cubito di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro pu ro e le farai attorno un bordo d’oro. Le farai attorno una cornice di un palmo e farai un bordo d’
oro per la cornice. Le farai quattro anelli d’oro e li fisserai ai quattro angoli che costituiranno i s uoi quattro piedi. Gli anelli saranno contigui alla cornice e serviranno a inserire le stanghe desti nate a trasportare la tavola. Farai le stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro; con esse si tr asporterà la tavola. Farai anche i suoi piatti coppe anfore e tazze per le libagioni: li farai d’oro p uro. Sulla tavola collocherai i pani dell’offerta: saranno sempre alla mia presenza. Farai anche u n candelabro d’oro puro. Il candelabro sarà lavorato a martello il suo fusto e i suoi bracci; i suoi calici i suoi bulbi e le sue corolle saranno tutti di un pezzo. Sei bracci usciranno dai suoi lati: tre bracci del candelabro da un lato e tre bracci del candelabro dall’altro lato. Vi saranno su di un br accio tre calici in forma di fiore di mandorlo con bulbo e corolla e così anche sull’altro braccio tr e calici in forma di fiore di mandorlo con bulbo e corolla. Così sarà per i sei bracci che usciranno dal candelabro. Il fusto del candelabro avrà quattro calici in forma di fiore di mandorlo con i lor o bulbi e le loro corolle: un bulbo sotto i due bracci che si dipartono da esso e un bulbo sotto i d ue bracci seguenti e un bulbo sotto gli ultimi due bracci che si dipartono da esso; così per tutti i sei bracci che escono dal candelabro. I bulbi e i relativi bracci saranno tutti di un pezzo: il tutto s arà formato da una sola massa d’oro puro lavorata a martello. Farai le sue sette lampade: vi si c ollocheranno sopra in modo da illuminare lo spazio davanti ad esso. I suoi smoccolatoi e i suoi p ortacenere saranno d’oro puro. Lo si farà con un talento di oro puro esso con tutti i suoi accesso ri. Guarda ed esegui secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte. Quanto alla Dimora l a farai con dieci teli di bisso ritorto di porpora viola di porpora rossa e di scarlatto. Vi farai figure di cherubini lavoro d’artista. La lunghezza di un telo sarà di ventotto cubiti; la larghezza di quatt
ro cubiti per un telo; la stessa dimensione per tutti i teli. Cinque teli saranno uniti l’uno all’altro e anche gli altri cinque saranno uniti l’uno all’altro. Farai cordoni di porpora viola sull’orlo del pr imo telo all’estremità della sutura; così farai sull’orlo del telo estremo nella seconda sutura. Far ai cinquanta cordoni al primo telo e farai cinquanta cordoni all’estremità della seconda sutura: i cordoni corrisponderanno l’uno all’altro. Farai cinquanta fibbie d’oro e unirai i teli l’uno all’altr o mediante le fibbie così la Dimora formerà un tutto unico. Farai poi teli di pelo di capra per la t enda sopra la Dimora. Ne farai undici teli. La lunghezza di un telo sarà di trenta cubiti; la larghez za di quattro cubiti per un telo; la stessa dimensione per gli undici teli. Unirai insieme cinque teli da una parte e sei teli dall’altra. Piegherai in due il sesto telo sulla parte anteriore della tenda. F
arai cinquanta cordoni sull’orlo del primo telo che è all’estremità della sutura e cinquanta cordo ni sull’orlo del telo della seconda sutura. Farai cinquanta fibbie di bronzo introdurrai le fibbie ne i cordoni e unirai insieme la tenda; così essa formerà un tutto unico. La parte che pende in ecce denza nei teli della tenda la metà cioè di un telo che sopravanza penderà sulla parte posteriore della Dimora. Il cubito in eccedenza da una parte come il cubito in eccedenza dall’altra parte nel senso della lunghezza dei teli della tenda ricadranno sui due lati della Dimora per coprirla da un a parte e dall’altra. Farai per la tenda una copertura di pelli di montone tinte di rosso e al di sop ra una copertura di pelli di tasso. Poi farai per la Dimora le assi di legno di acacia da porsi vertica li. La lunghezza di un’asse sarà dieci cubiti e un cubito e mezzo la larghezza. Ogni asse avrà due s ostegni congiunti l’uno all’altro da un rinforzo. Così farai per tutte le assi della Dimora. Farai dun que le assi per la Dimora: venti assi verso il mezzogiorno a sud. Farai anche quaranta basi d’arge nto sotto le venti assi due basi sotto un’asse per i suoi due sostegni e due basi sotto l’altra asse per i suoi due sostegni. Per il secondo lato della Dimora verso il settentrione venti assi, come an che le loro quaranta basi d’argento due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Per la pa rte posteriore della Dimora verso occidente farai sei assi. Farai inoltre due assi per gli angoli dell a Dimora sulla parte posteriore. Esse saranno formate ciascuna da due pezzi uguali abbinati e p erfettamente congiunti dal basso fino alla cima all’altezza del primo anello. Così sarà per ambed ue: esse formeranno i due angoli. Vi saranno dunque otto assi con le loro basi d’argento: sedici basi due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Farai inoltre traverse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato della Dimora e cinque traverse per le assi dell’altro lato della Dimor a e cinque traverse per le assi della parte posteriore verso occidente. La traversa mediana a me zza altezza delle assi le attraverserà da una estremità all’altra. Rivestirai d’oro le assi farai in oro i loro anelli, che serviranno per inserire le traverse e rivestirai d’oro anche le traverse. Costruirai la Dimora secondo la disposizione che ti è stata mostrata sul monte. Farai il velo di porpora viol a di porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto. Lo si farà con figure di cherubini lavoro d’artista
. Lo appenderai a quattro colonne di acacia rivestite d’oro munite di uncini d’oro e poggiate su quattro basi d’argento. Collocherai il velo sotto le fibbie e là nell’interno oltre il velo, introdurrai l’arca della Testimonianza. Il velo costituirà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei Sant i. Porrai il propiziatorio sull’arca della Testimonianza nel Santo dei Santi. Collocherai la tavola fu
ori del velo e il candelabro di fronte alla tavola sul lato meridionale della Dimora; collocherai la t avola sul lato settentrionale. Farai una cortina all’ingresso della tenda di porpora viola e di porp ora rossa di scarlatto e di bisso ritorto lavoro di ricamatore. Farai per la cortina cinque colonne di acacia e le rivestirai d’oro. I loro uncini saranno d’oro e fonderai per esse cinque basi di bronz o. Farai l’altare di legno di acacia: avrà cinque cubiti di lunghezza e cinque cubiti di larghezza. L’
altare sarà quadrato e avrà l’altezza di tre cubiti. Farai ai suoi quattro angoli quattro corni e cost ituiranno un sol pezzo con esso. Lo rivestirai di bronzo. Farai i suoi recipienti per raccogliere le c eneri le sue palette i suoi vasi per l’aspersione le sue forcelle e i suoi bracieri. Farai di bronzo tut ti questi accessori. Farai per esso una graticola di bronzo lavorato in forma di rete e farai sulla re te quattro anelli di bronzo alle sue quattro estremità. La porrai sotto la cornice dell’altare in bas so: la rete arriverà a metà dell’altezza dell’altare. Farai anche stanghe per l’altare: saranno stan ghe di legno di acacia e le rivestirai di bronzo. Si introdurranno queste stanghe negli anelli e le s tanghe saranno sui due lati dell’altare quando lo si trasporta. Lo farai di tavole vuoto nell’intern o: lo faranno come ti fu mostrato sul monte. Farai poi il recinto della Dimora. Sul lato meridiona le verso sud il recinto avrà tendaggi di bisso ritorto per la lunghezza di cento cubiti sullo stesso l ato. Vi saranno venti colonne con venti basi di bronzo. Gli uncini delle colonne e le loro aste tras versali saranno d’argento. Allo stesso modo sul lato rivolto a settentrione: tendaggi per cento c ubiti di lunghezza le relative venti colonne con le venti basi di bronzo gli uncini delle colonne e l e aste trasversali d’argento. La larghezza del recinto verso occidente avrà cinquanta cubiti di ten daggi con le relative dieci colonne e le dieci basi. La larghezza del recinto sul lato orientale verso levante sarà di cinquanta cubiti: quindici cubiti di tendaggi con le relative tre colonne e le tre b asi alla prima ala; all’altra ala quindici cubiti di tendaggi con le tre colonne e le tre basi. Alla port a del recinto vi sarà una cortina di venti cubiti lavoro di ricamatore di porpora viola porpora ross a scarlatto e bisso ritorto con le relative quattro colonne e le quattro basi. Tutte le colonne intor no al recinto saranno fornite di aste trasversali d’argento: i loro uncini saranno d’argento e le lo ro basi di bronzo. La lunghezza del recinto sarà di cento cubiti la larghezza di cinquanta, l’altezza di cinque cubiti: di bisso ritorto con le basi di bronzo. Tutti gli arredi della Dimora per tutti i suoi servizi e tutti i picchetti come anche i picchetti del recinto saranno di bronzo. Tu ordinerai agli I sraeliti che ti procurino olio puro di olive schiacciate per l’illuminazione per tener sempre acces a una lampada. Nella tenda del convegno al di fuori del velo che sta davanti alla Testimonianza Aronne e i suoi figli la prepareranno perché dalla sera alla mattina essa sia davanti al Signore: rit o perenne presso gli Israeliti di generazione in generazione. Fa’ avvicinare a te in mezzo agli Isra eliti Aronne tuo fratello e i suoi figli con lui perché siano miei sacerdoti: Aronne Nadab e Abiu El eàzaro e Itamàr figli di Aronne. Farai per Aronne tuo fratello abiti sacri per gloria e decoro. Parle rai a tutti gli artigiani più esperti che io ho riempito di uno spirito di saggezza ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione e per l’esercizio del sacerdozio in mio onore. E questi s ono gli abiti che faranno: il pettorale e l’ efod il manto la tunica ricamata il turbante e la cintura.
Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in m
io onore. Useranno oro porpora viola e porpora rossa scarlatto e bisso. Faranno l’ efod con oro porpora viola e porpora rossa scarlatto e bisso ritorto, artisticamente lavorati. Avrà due spalline attaccate alle due estremità e in tal modo formerà un pezzo ben unito. La cintura per fissarlo c he sta sopra di esso, sarà della stessa fattura e sarà d’un sol pezzo: sarà intessuta d’oro di porpo ra viola e porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Prenderai due pietre di ònice e inciderai su di e sse i nomi dei figli d’Israele: sei dei loro nomi sulla prima pietra e gli altri sei nomi sulla seconda pietra in ordine di nascita. Inciderai le due pietre con i nomi dei figli d’Israele seguendo l’arte de ll’intagliatore di pietre per l’incisione di un sigillo; le inserirai in castoni d’oro. Fisserai le due piet re sulle spalline dell’ efod come memoriale per i figli d’Israele; così Aronne porterà i loro nomi s ulle sue spalle davanti al Signore come un memoriale. Farai anche i castoni d’oro e due catene d
’oro puro in forma di cordoni con un lavoro d’intreccio; poi fisserai le catene a intreccio sui cast oni. Farai il pettorale del giudizio artisticamente lavorato di fattura uguale a quella dell’ efod: co n oro porpora viola porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Sarà quadrato doppio; avrà una span na di lunghezza e una spanna di larghezza. Lo coprirai con un’incastonatura di pietre preziose di sposte in quattro file. Prima fila: una cornalina un topazio e uno smeraldo; seconda fila: una tur chese uno zaffìro e un berillo; terza fila: un giacinto un’àgata e un’ametista; quarta fila: un crisòl ito un’ònice e un diaspro. Esse saranno inserite nell’oro mediante i loro castoni. Le pietre corris ponderanno ai nomi dei figli d’Israele: dodici secondo i loro nomi e saranno incise come sigilli ci ascuna con il nome corrispondente secondo le dodici tribù. Sul pettorale farai catene in forma d i cordoni lavoro d’intreccio d’oro puro. Sul pettorale farai anche due anelli d’oro e metterai i du e anelli alle estremità del pettorale. Metterai le due catene d’oro sui due anelli alle estremità de l pettorale. Quanto alle altre due estremità delle catene le fisserai sui due castoni e le farai pass are sulle due spalline dell’ efod nella parte anteriore. Farai due anelli d’oro e li metterai sulle du e estremità del pettorale sul suo bordo che è dall’altra parte dell’ efod verso l’interno. Farai due altri anelli d’oro e li metterai sulle due spalline dell’ efod in basso sul suo lato anteriore in vicina nza del punto di attacco al di sopra della cintura dell’ efod. Si legherà il pettorale con i suoi anell i agli anelli dell’ efod mediante un cordone di porpora viola perché stia al di sopra della cintura dell’ efod e perché il pettorale non si distacchi dall’ efod. Così Aronne porterà i nomi dei figli d’Is raele sul pettorale del giudizio sopra il suo cuore quando entrerà nel Santo come memoriale da vanti al Signore per sempre. Unirai al pettorale del giudizio gli urìm e i tummìm. Saranno così so pra il cuore di Aronne quando entrerà alla presenza del Signore: Aronne porterà il giudizio degli Israeliti sopra il suo cuore alla presenza del Signore per sempre. Farai il manto dell’ efod tutto di porpora viola con in mezzo la scollatura per la testa; il bordo attorno alla scollatura sarà un lavo ro di tessitore come la scollatura di una corazza che non si lacera. Farai sul suo lembo melagran e di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto intorno al suo lembo e in mezzo disporrai sona gli d’oro: un sonaglio d’oro e una melagrana un sonaglio d’oro e una melagrana intorno all’orlo i nferiore del manto. Aronne l’indosserà nelle funzioni sacerdotali e se ne sentirà il suono quando egli entrerà nel Santo alla presenza del Signore e quando ne uscirà. Così non morirà. Farai una l
amina d’oro puro e vi inciderai come su di un sigillo “Sacro al Signore”. L’attaccherai con un cor done di porpora viola al turbante sulla parte anteriore. Starà sulla fronte di Aronne; Aronne por terà il carico delle colpe che potranno commettere gli Israeliti in occasione delle offerte sacre d a loro presentate. Aronne la porterà sempre sulla sua fronte per attirare su di loro il favore del S
ignore. Tesserai la tunica di bisso. Farai un turbante di bisso e una cintura lavoro di ricamo. Per i figli di Aronne farai tuniche e cinture. Per loro farai anche berretti per gloria e decoro. Farai ind ossare queste vesti ad Aronne tuo fratello e ai suoi figli. Poi li ungerai darai loro l’investitura e li consacrerai perché esercitino il sacerdozio in mio onore. Farai loro inoltre calzoni di lino per cop rire la loro nudità dovranno arrivare dai fianchi fino alle cosce. Aronne e i suoi figli li indosseran no quando entreranno nella tenda del convegno o quando si avvicineranno all’altare per officiar e nel santuario perché non incorrano in una colpa che li farebbe morire. è una prescrizione pere nne per lui e per i suoi discendenti. Osserverai questo rito per consacrarli al mio sacerdozio. Pre ndi un giovenco e due arieti senza difetto; poi pani azzimi focacce azzime impastate con olio e s chiacciate azzime cosparse di olio: le preparerai con fior di farina di frumento. Le disporrai in un solo canestro e le offrirai nel canestro insieme con il giovenco e i due arieti. Farai avvicinare Ar onne e i suoi figli all’ingresso della tenda del convegno e li laverai con acqua. Prenderai le vesti e rivestirai Aronne della tunica del manto dell’ efod dell’ efod e del pettorale; lo cingerai con la cintura dell’ efod; gli porrai sul capo il turbante e fisserai il diadema sacro sopra il turbante. Poi prenderai l’olio dell’unzione lo verserai sul suo capo e lo ungerai. Quanto ai suoi figli li farai avvi cinare li rivestirai di tuniche; li cingerai con la cintura e legherai loro i berretti. Il sacerdozio appa rterrà loro per decreto perenne. Così darai l’investitura ad Aronne e ai suoi figli. Farai poi avvici nare il giovenco davanti alla tenda del convegno. Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla su a testa. Immolerai il giovenco davanti al Signore, all’ingresso della tenda del convegno. Prender ai parte del suo sangue e con il dito lo spalmerai sui corni dell’altare. Il resto del sangue lo verse rai alla base dell’altare. Prenderai tutto il grasso che avvolge le viscere il lobo del fegato i reni co n il grasso che vi è sopra e li farai ardere in sacrificio sull’altare. Ma la carne del giovenco la sua pelle e i suoi escrementi li brucerai fuori dell’accampamento perché si tratta di un sacrificio per il peccato. Prenderai poi uno degli arieti; Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa. I mmolerai l’ariete ne raccoglierai il sangue e lo spargerai intorno all’altare. Dividerai in pezzi l’ari ete ne laverai le viscere e le zampe e le disporrai sui quarti e sulla testa. Allora farai bruciare sull
’altare tutto l’ariete. è un olocausto in onore del Signore un profumo gradito un’offerta consum ata dal fuoco in onore del Signore. Prenderai il secondo ariete; Aronne e i suoi figli poseranno le mani sulla sua testa. Lo immolerai prenderai parte del suo sangue e ne porrai sul lobo dell’orec chio destro di Aronne sul lobo dell’orecchio destro dei suoi figli sul pollice della loro mano destr a e sull’alluce del loro piede destro; poi spargerai il sangue intorno all’altare. Prenderai di quest o sangue dall’altare e insieme un po’ d’olio dell’unzione e ne spruzzerai su Aronne e le sue vesti sui figli di Aronne e le loro vesti: così sarà consacrato lui con le sue vesti e insieme con lui i suoi f igli con le loro vesti. Prenderai il grasso dell’ariete: la coda il grasso che copre le viscere il lobo d
el fegato i due reni con il grasso che vi è sopra e la coscia destra perché è l’ariete dell’investitura
. Prenderai anche un pane rotondo una focaccia all’olio e una schiacciata dal canestro di azzimi deposto davanti al Signore. Metterai il tutto sulle palme di Aronne e sulle palme dei suoi figli e f arai compiere il rito di elevazione davanti al Signore. Riprenderai ogni cosa dalle loro mani e la f arai bruciare sull’altare insieme all’olocausto come profumo gradito davanti al Signore: è un’off erta consumata dal fuoco in onore del Signore. Prenderai il petto dell’ariete dell’investitura di A ronne e lo presenterai con rito di elevazione davanti al Signore: diventerà la tua porzione. Cons acrerai il petto con il rito di elevazione e la coscia con il rito di innalzamento prelevandoli dall’ari ete dell’investitura: saranno di Aronne e dei suoi figli. Dovranno appartenere ad Aronne e ai suo i figli come porzione loro riservata dagli Israeliti in forza di legge perenne. Perché è un prelevam ento un prelevamento cioè che gli Israeliti dovranno operare in tutti i loro sacrifici di comunione un prelevamento dovuto al Signore. Le vesti sacre di Aronne passeranno dopo di lui ai suoi figli che se ne rivestiranno per ricevere l’unzione e l’investitura. Quello dei figli di Aronne che gli suc cederà nel sacerdozio ed entrerà nella tenda del convegno per officiare nel santuario, porterà q ueste vesti per sette giorni. Poi prenderai l’ariete dell’investitura e ne cuocerai le carni in luogo santo. Aronne e i suoi figli mangeranno la carne dell’ariete e il pane contenuto nel canestro all’i ngresso della tenda del convegno. Mangeranno così ciò che sarà servito per compiere il rito espi atorio nel corso della loro investitura e consacrazione. Nessun estraneo ne deve mangiare perc hé sono cose sante. Nel caso che al mattino ancora restasse carne del sacrificio d’investitura e d el pane brucerai questo avanzo nel fuoco. Non lo si mangerà: è cosa santa. Farai dunque ad Aro nne e ai suoi figli quanto ti ho comandato. Per sette giorni compirai il rito dell’investitura. In cias cun giorno offrirai un giovenco in sacrificio per il peccato in espiazione; toglierai il peccato dall’a ltare compiendo per esso il rito espiatorio e in seguito lo ungerai per consacrarlo. Per sette gior ni compirai il rito espiatorio per l’altare e lo consacrerai. Diverrà allora una cosa santissima e qu anto toccherà l’altare sarà santo. Ecco ciò che tu offrirai sull’altare: due agnelli di un anno ogni giorno per sempre. Offrirai uno di questi agnelli al mattino il secondo al tramonto. Con il primo agnello offrirai un decimo di efa di fior di farina, impastata con un quarto di hin di olio puro e un a libagione di un quarto di hin di vino. Offrirai il secondo agnello al tramonto con un’oblazione e una libagione come quelle del mattino: profumo gradito offerta consumata dal fuoco in onore del Signore. Questo è l’olocausto perenne di generazione in generazione all’ingresso della tenda del convegno, alla presenza del Signore dove io vi darò convegno per parlarti. Darò convegno a gli Israeliti in questo luogo che sarà consacrato dalla mia gloria. Consacrerò la tenda del conveg no e l’altare. Consacrerò anche Aronne e i suoi figli perché esercitino il sacerdozio per me. Abite rò in mezzo agli Israeliti e sarò il loro Dio. Sapranno che io sono il Signore loro Dio che li ho fatti uscire dalla terra d’Egitto per abitare in mezzo a loro io il Signore loro Dio. Farai un altare sul qu ale bruciare l’incenso: lo farai di legno di acacia. Avrà un cubito di lunghezza e un cubito di largh ezza: sarà quadrato; avrà due cubiti di altezza e i suoi corni costituiranno un solo pezzo con esso
. Rivestirai d’oro puro il suo piano i suoi lati i suoi corni e gli farai intorno un bordo d’oro. Farai a
nche due anelli d’oro al di sotto del bordo sui due fianchi ponendoli cioè sui due lati opposti: ser viranno per inserire le stanghe destinate a trasportarlo. Farai le stanghe di legno di acacia e le ri vestirai d’oro. Porrai l’altare davanti al velo che nasconde l’arca della Testimonianza di fronte al propiziatorio che è sopra la Testimonianza dove io ti darò convegno. Aronne brucerà su di esso l
’incenso aromatico: lo brucerà ogni mattina quando riordinerà le lampade, e lo brucerà anche a l tramonto quando Aronne riempirà le lampade: incenso perenne davanti al Signore di generazi one in generazione. Non vi offrirete sopra incenso illegittimo né olocausto né oblazione né vi ve rserete libagione. Una volta all’anno Aronne compirà il rito espiatorio sui corni di esso: con il sa ngue del sacrificio espiatorio per il peccato compirà sopra di esso una volta all’anno il rito espiat orio di generazione in generazione. è cosa santissima per il Signore». Il Signore parlò a Mosè e g li disse: «Quando per il censimento conterai uno per uno gli Israeliti all’atto del censimento cias cuno di essi pagherà al Signore il riscatto della sua vita perché non li colpisca un flagello in occas ione del loro censimento. Chiunque verrà sottoposto al censimento pagherà un mezzo siclo con forme al siclo del santuario il siclo di venti ghera. Questo mezzo siclo sarà un’offerta prelevata i n onore del Signore. Ogni persona sottoposta al censimento dai venti anni in su, corrisponderà l
’offerta prelevata per il Signore. Il ricco non darà di più e il povero non darà di meno di mezzo si clo per soddisfare all’offerta prelevata per il Signore a riscatto delle vostre vite. Prenderai il den aro espiatorio ricevuto dagli Israeliti e lo impiegherai per il servizio della tenda del convegno. Es so sarà per gli Israeliti come un memoriale davanti al Signore per il riscatto delle vostre vite». Il Signore parlò a Mosè: «Farai per le abluzioni un bacino di bronzo con il piedistallo di bronzo; lo collocherai tra la tenda del convegno e l’altare e vi metterai acqua. Aronne e i suoi figli vi atting eranno per lavarsi le mani e i piedi. Quando entreranno nella tenda del convegno faranno un’ab luzione con l’acqua, perché non muoiano; così quando si avvicineranno all’altare per officiare p er bruciare un’offerta da consumare con il fuoco in onore del Signore si laveranno le mani e i pi edi e non moriranno. è una prescrizione rituale perenne per Aronne e per i suoi discendenti in t utte le loro generazioni». Il Signore parlò a Mosè: «Procù rati balsami pregiati: mirra vergine per il peso di cinquecento sicli; cinnamòmo profumato la metà cioè duecentocinquanta sicli; canna aromatica, duecentocinquanta; cassia cinquecento sicli conformi al siclo del santuario; e un hin d’olio d’oliva. Ne farai l’olio per l’unzione sacra un unguento composto secondo l’arte del profu miere: sarà l’olio per l’unzione sacra. Con esso ungerai la tenda del convegno l’arca della Testim onianza, la tavola e tutti i suoi accessori il candelabro con i suoi accessori l’altare dell’incenso l’a ltare degli olocausti e tutti i suoi accessori il bacino con il suo piedistallo. Consacrerai queste cos e che diventeranno santissime: tutto quello che verrà a contatto con esse sarà santo. Ungerai a nche Aronne e i suoi figli e li consacrerai perché esercitino il mio sacerdozio. Agli Israeliti dirai: “
Questo sarà per me l’olio dell’unzione sacra di generazione in generazione. Non si dovrà versare sul corpo di nessun uomo e di simile a questo non ne dovrete fare: è una cosa santa e santa la dovrete ritenere. Chi ne farà di simile a questo o ne porrà sopra un uomo estraneo sia eliminato dal suo popolo”». Il Signore disse a Mosè: «Procù rati balsami: storace ònice, gàlbano e incenso
puro: il tutto in parti uguali. Farai con essi un profumo da bruciare una composizione aromatica secondo l’arte del profumiere salata pura e santa. Ne pesterai un poco riducendola in polvere minuta e ne metterai davanti alla Testimonianza, nella tenda del convegno dove io ti darò conv egno. Cosa santissima sarà da voi ritenuta. Non farete per vostro uso alcun profumo di composi zione simile a quello che devi fare: lo riterrai una cosa santa in onore del Signore. Chi ne farà di simile per sentirne il profumo sia eliminato dal suo popolo». Il Signore parlò a Mosè e gli disse:
«Vedi ho chiamato per nome Besalèl figlio di Urì figlio di Cur della tribù di Giuda. L’ho riempito dello spirito di Dio perché abbia saggezza intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro per idea re progetti da realizzare in oro argento e bronzo, per intagliare le pietre da incastonare per scol pire il legno ed eseguire ogni sorta di lavoro. Ed ecco gli ho dato per compagno Ooliàb figlio di A chisamàc della tribù di Dan. Inoltre nel cuore di ogni artista ho infuso saggezza perché possano eseguire quanto ti ho comandato: la tenda del convegno l’arca della Testimonianza il propiziato rio sopra di essa e tutti gli accessori della tenda; la tavola con i suoi accessori il candelabro puro con i suoi accessori l’altare dell’incenso e l’altare degli olocausti con tutti i suoi accessori il bacin o con il suo piedistallo; le vesti ornamentali le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suo i figli per esercitare il sacerdozio; l’olio dell’unzione e l’incenso aromatico per il santuario. Essi e seguiranno quanto ti ho ordinato». Il Signore disse a Mosè: «Tu ora parla agli Israeliti e riferisci l oro: “Osserverete attentamente i miei sabati perché il sabato è un segno tra me e voi di genera zione in generazione perché si sappia che io sono il Signore che vi santifica. Osserverete dunque il sabato perché per voi è santo. Chi lo profanerà sia messo a morte; chiunque in quel giorno fa rà qualche lavoro sia eliminato dal suo popolo. Per sei giorni si lavori ma il settimo giorno vi sarà riposo assoluto sacro al Signore. Chiunque farà un lavoro in giorno di sabato sia messo a morte.
Gli Israeliti osserveranno il sabato festeggiando il sabato nelle loro generazioni come un’alleanz a perenne. Esso è un segno perenne fra me e gli Israeliti: infatti il Signore in sei giorni ha fatto il cielo e la terra ma nel settimo ha cessato e ha preso respiro”». Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai gli diede le due tavole della Testimonianza tavole di pietra scri tte dal dito di Dio. Il popolo vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte fece ressa intorno ad Aronne e gli disse: «Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa perché a Mosè, quell’uo mo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto». Aronne rispo se loro: «Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli i vostri figli e le vostre f iglie e portateli a me». Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio o Israele colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Eg itto!». Ciò vedendo Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto offrirono olocausti e presentarono sacrific i di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere poi si alzò per darsi al divertimento. Allor a il Signore disse a Mosè: «Va’ scendi perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitt o si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono
fatti un vitello di metallo fuso poi gli si sono prostrati dinanzi gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio Israele colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse in oltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che l a mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore suo Dio e disse: «Perché, Signore si accenderà la tua ira contro il tuo popolo c he hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo.
Ricòrdati di Abramo di Isacco di Israele tuoi servi ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “R
enderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutta questa terra di cui ho parlat o la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che av eva minacciato di fare al suo popolo. Mosè si voltò e scese dal monte con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati da una parte e dall’altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio scolpita sulle tavole. Giosuè sentì il rumore del popolo che u rlava e disse a Mosè: «C’è rumore di battaglia nell’accampamento». Ma rispose Mosè: «Non è il grido di chi canta: “Vittoria!”. Non è il grido di chi canta: “Disfatta!”. Il grido di chi canta a due c ori io sento». Quando si fu avvicinato all’accampamento vide il vitello e le danze. Allora l’ira di Mosè si accese: egli scagliò dalle mani le tavole spezzandole ai piedi della montagna. Poi afferrò il vitello che avevano fatto lo bruciò nel fuoco lo frantumò fino a ridurlo in polvere ne sparse la polvere nell’acqua e la fece bere agli Israeliti. Mosè disse ad Aronne: «Che cosa ti ha fatto quest o popolo perché tu l’abbia gravato di un peccato così grande?». Aronne rispose: «Non si accend a l’ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è incline al male. Mi dissero: “Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa perché a Mosè quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto”. Allora io dissi: “Chi ha dell’oro? Toglietevelo!”. E
ssi me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello». Mosè vide che il po polo non aveva più freno perché Aronne gli aveva tolto ogni freno così da farne oggetto di derisi one per i loro avversari. Mosè si pose alla porta dell’accampamento e disse: «Chi sta con il Signo re venga da me!». Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. Disse loro: «Dice il Signore il Dio d’I sraele: “Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una porta all’altra: uccida ognuno il proprio fratello ognuno il proprio amico ognuno il proprio vicino
”». I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uom ini del popolo. Allora Mosè disse: «Ricevete oggi l’investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi egli vi accordasse benedizione». Il giorno do po Mosè disse al popolo: «Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: f orse otterrò il perdono della vostra colpa». Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ma ora se tu perdonassi il loro peccat o… Altrimenti cancellami dal tuo libro che hai scritto!». Il Signore disse a Mosè: «Io cancellerò d al mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. E

cco il mio angelo ti precederà nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato». Il Signore colpì il popolo perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne. Il Signore parlò a Mosè: «Su sal i di qui tu e il popolo che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto verso la terra che ho promesso con giuramento ad Abramo a Isacco e a Giacobbe dicendo: “La darò alla tua discendenza”. Manderò davanti a te un angelo e scaccerò il Cananeo l’Amorreo l’Ittita il Perizzita l’Eveo e il Gebuseo. Va
’ pure verso la terra dove scorrono latte e miele. Ma io non verrò in mezzo a te per non doverti sterminare lungo il cammino perché tu sei un popolo di dura cervice». Il popolo udì questa trist e notizia e tutti fecero lutto: nessuno più indossò i suoi ornamenti. Il Signore disse a Mosè: «Rif erisci agli Israeliti: “Voi siete un popolo di dura cervice; se per un momento io venissi in mezzo a te io ti sterminerei. Ora togliti i tuoi ornamenti, così saprò che cosa dovrò farti”». Gli Israeliti si spogliarono dei loro ornamenti dal monte Oreb in poi. Mosè prendeva la tenda e la piantava fu ori dell’accampamento a una certa distanza dall’accampamento e l’aveva chiamata tenda del co nvegno; appunto a questa tenda del convegno posta fuori dell’accampamento si recava chiunq ue volesse consultare il Signore. Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda tutto il popolo si alz ava in piedi stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: seguivano con lo sguardo Mosè finché non fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda e parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube c he stava all’ingresso della tenda e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della pr opria tenda. Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico. Po i questi tornava nell’accampamento mentre il suo inserviente il giovane Giosuè figlio di Nun non si allontanava dall’interno della tenda. Mosè disse al Signore: «Vedi tu mi ordini: “Fa’ salire que sto popolo” ma non mi hai indicato chi manderai con me; eppure hai detto: “Ti ho conosciuto p er nome, anzi hai trovato grazia ai miei occhi”. Ora se davvero ho trovato grazia ai tuoi occhi ind icami la tua via così che io ti conosca e trovi grazia ai tuoi occhi; considera che questa nazione è il tuo popolo». Rispose: «Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo». Riprese: «Se il tuo vol to non camminerà con noi, non farci salire di qui. Come si saprà dunque che ho trovato grazia ai tuoi occhi io e il tuo popolo se non nel fatto che tu cammini con noi? Così saremo distinti io e il tuo popolo da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra». Disse il Signore a Mosè: «Anche qu anto hai detto io farò perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome». Gli di sse: «Mostrami la tua gloria!». Rispose: «Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclam erò il mio nome Signore davanti a te. A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver miseric ordia avrò misericordia». Soggiunse: «Ma tu non potrai vedere il mio volto perché nessun uomo può vedermi e restare vivo». Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia gloria io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finc hé non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle ma il mio volto non si può veder e». Il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tav ole le parole che erano sulle tavole di prima che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina
: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga
con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattin o e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato con le due tavole di pietra in mano
. Allora il Signore scese nella nube si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Sig nore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore il Signore Dio misericordioso e pietoso lento a ll’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni che perdona l a colpa la trasgressione e il peccato ma non lascia senza punizione che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi Signore che il Signore cammini in m ezzo a noi. Sì è un popolo di dura cervice ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ d i noi la tua eredità». Il Signore disse: «Ecco io stabilisco un’alleanza: in presenza di tutto il tuo p opolo io farò meraviglie quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: t utto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore perché terribile è quanto io sto per fare con te. Osserva dunque ciò che io oggi ti comando. Ecco io scaccerò davanti a te l’Amo rreo il Cananeo l’Ittita il Perizzita l’Eveo e il Gebuseo. Guàrdati bene dal far alleanza con gli abita nti della terra nella quale stai per entrare perché ciò non diventi una trappola in mezzo a te. Anz i distruggerete i loro altari farete a pezzi le loro stele e taglierete i loro pali sacri. Tu non devi pr ostrarti ad altro dio perché il Signore si chiama Geloso: egli è un Dio geloso. Non fare alleanza c on gli abitanti di quella terra altrimenti quando si prostituiranno ai loro dèi e faranno sacrifici ai loro dèi inviteranno anche te: tu allora mangeresti del loro sacrificio. Non prendere per mogli d ei tuoi figli le loro figlie altrimenti quando esse si prostituiranno ai loro dèi indurrebbero anche i tuoi figli a prostituirsi ai loro dèi. Non ti farai un dio di metallo fuso. Osserverai la festa degli Azz imi. Per sette giorni mangerai pane azzimo come ti ho comandato nel tempo stabilito del mese di Abìb: perché nel mese di Abìb sei uscito dall’Egitto. Ogni essere che nasce per primo dal seno materno è mio: ogni tuo capo di bestiame maschio primo parto del bestiame grosso e minuto. R
iscatterai il primo parto dell’asino mediante un capo di bestiame minuto e se non lo vorrai risca ttare gli spaccherai la nuca. Ogni primogenito dei tuoi figli lo dovrai riscattare. Nessuno venga d avanti a me a mani vuote. Per sei giorni lavorerai ma nel settimo riposerai; dovrai riposare anch e nel tempo dell’aratura e della mietitura. Celebrerai anche la festa delle Settimane la festa cioè delle primizie della mietitura del frumento e la festa del raccolto al volgere dell’anno. Tre volte all’anno ogni tuo maschio compaia alla presenza del Signore Dio Dio d’Israele. Perché io scaccer ò le nazioni davanti a te e allargherò i tuoi confini; così quando tu tre volte all’anno salirai per c omparire alla presenza del Signore tuo Dio nessuno potrà desiderare di invadere la tua terra. N
on sacrificherai con pane lievitato il sangue della mia vittima sacrificale; la vittima sacrificale del la festa di Pasqua non dovrà restare fino al mattino. Porterai alla casa del Signore tuo Dio il meg lio delle primizie della tua terra. Non cuocerai un capretto nel latte di sua madre». Il Signore dis se a Mosè: «Scrivi queste parole perché sulla base di queste parole io ho stabilito un’alleanza co n te e con Israele». Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiar p
ane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza le dieci parole. Quando M
osè scese dal monte Sinai –
le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal mo nte –
non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante poiché aveva conversato con lui. M
a Aronne e tutti gli Israeliti vedendo che la pelle del suo viso era raggiante ebbero timore di avvi cinarsi a lui. Mosè allora li chiamò e Aronne con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè p arlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai. Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro si pose un velo sul vi so. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui Mosè si toglieva il velo fin quando non fosse uscito. Una volta uscito riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato. Gli Israeliti guar dando in faccia Mosè vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il vel o sul viso fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore. Mosè radunò tutta la c omunità degli Israeliti e disse loro: «Queste sono le cose che il Signore ha comandato di fare: Pe r sei giorni si lavorerà ma il settimo sarà per voi un giorno santo un giorno di riposo assoluto sac ro al Signore. Chiunque in quel giorno farà qualche lavoro sarà messo a morte. In giorno di saba to non accenderete il fuoco in nessuna delle vostre dimore». Mosè disse a tutta la comunità de gli Israeliti: «Il Signore ha comandato: “Prelevate su quanto possedete un contributo per il Signo re”. Quanti hanno cuore generoso portino questo contributo per il Signore: oro argento e bronz o tessuti di porpora viola e rossa di scarlatto di bisso e di pelo di capra pelli di montone tinte di r osso, pelli di tasso e legno di acacia olio per l’illuminazione balsami per l’olio dell’unzione e per l
’incenso aromatico pietre di ònice e pietre da incastonare nell’ efod e nel pettorale. Tutti gli arti sti che sono tra voi vengano ed eseguano quanto il Signore ha comandato: la Dimora la sua ten da la sua copertura le sue fibbie le sue assi le sue traverse le sue colonne e le sue basi, l’arca e l e sue stanghe il propiziatorio e il velo che lo nasconde, la tavola con le sue stanghe e tutti i suoi accessori e i pani dell’offerta, il candelabro per illuminare con i suoi accessori le sue lampade e l
’olio per l’illuminazione l’altare dell’incenso con le sue stanghe l’olio dell’unzione e l’incenso aro matico la cortina d’ingresso alla porta della Dimora, l’altare degli olocausti con la sua graticola d i bronzo le sue sbarre e tutti i suoi accessori il bacino con il suo piedistallo i tendaggi del recinto le sue colonne e le sue basi e la cortina alla porta del recinto i picchetti della Dimora i picchetti del recinto e le loro corde le vesti ornamentali per officiare nel santuario le vesti sacre per il sac erdote Aronne e le vesti dei suoi figli per esercitare il sacerdozio». Allora tutta la comunità degli Israeliti si ritirò dalla presenza di Mosè. Quanti erano di cuore generoso ed erano mossi dal loro spirito vennero a portare il contributo per il Signore per la costruzione della tenda del convegno per tutti i suoi oggetti di culto e per le vesti sacre. Vennero uomini e donne quanti erano di cuo re generoso e portarono fermagli pendenti anelli collane ogni sorta di gioielli d’oro: quanti vole vano presentare un’offerta d’oro al Signore la portarono. Quanti si trovavano in possesso di tes suti di porpora viola e rossa di scarlatto di bisso di pelo di capra di pelli di montone tinte di ross
o e di pelli di tasso ne portarono. Quanti potevano offrire un contributo in argento o bronzo, lo portarono al Signore. Coloro che si trovavano in possesso di legno di acacia per qualche opera d ella costruzione ne portarono. Inoltre tutte le donne esperte filarono con le mani e portarono fil ati di porpora viola e rossa di scarlatto e di bisso. Tutte le donne che erano di cuore generoso se condo la loro abilità filarono il pelo di capra. I capi portarono le pietre di ònice e le pietre prezio se da incastonare nell’ efod e nel pettorale balsami e olio per l’illuminazione per l’olio dell’unzio ne e per l’incenso aromatico. Così tutti uomini e donne che erano di cuore disposto a portare q ualche cosa per la costruzione che il Signore per mezzo di Mosè aveva comandato di fare la port arono: gli Israeliti portarono la loro offerta spontanea al Signore. Mosè disse agli Israeliti: «Vede te il Signore ha chiamato per nome Besalèl figlio di Urì figlio di Cur della tribù di Giuda. L’ha rie mpito dello spirito di Dio perché egli abbia saggezza intelligenza e scienza in ogni genere di lavo ro per ideare progetti da realizzare in oro argento bronzo per intagliare le pietre da incastonare per scolpire il legno ed eseguire ogni sorta di lavoro artistico. Gli ha anche messo nel cuore il do no di insegnare e così anche ha fatto con Ooliàb figlio di Achisamàc della tribù di Dan. Li ha riem piti di saggezza per compiere ogni genere di lavoro d’intagliatore di disegnatore di ricamatore in porpora viola, in porpora rossa in scarlatto e in bisso e di tessitore: capaci di realizzare ogni sort a di lavoro e di ideare progetti». Besalèl Ooliàb e tutti gli artisti che il Signore aveva dotati di sag gezza e d’intelligenza per eseguire i lavori della costruzione del santuario fecero ogni cosa secon do ciò che il Signore aveva ordinato. Mosè chiamò Besalèl Ooliàb e tutti gli artisti nel cuore dei quali il Signore aveva messo saggezza quanti erano portati a prestarsi per l’esecuzione dei lavori
. Essi ricevettero da Mosè ogni contributo portato dagli Israeliti per il lavoro della costruzione d el santuario. Ma gli Israeliti continuavano a portare ogni mattina offerte spontanee. Allora tutti gli artisti che eseguivano i lavori per il santuario lasciarono il lavoro che ciascuno stava facendo e dissero a Mosè: «Il popolo porta più di quanto è necessario per il lavoro che il Signore ha ordi nato». Mosè allora ordinò di diffondere nell’accampamento questa voce: «Nessuno uomo o do nna offra più alcuna cosa come contributo per il santuario». Così si impedì al popolo di portare altre offerte; perché il materiale era sufficiente anzi sovrabbondante per l’esecuzione di tutti i l avori. Tutti gli artisti addetti ai lavori fecero la Dimora. Besalèl la fece con dieci teli di bisso ritort o di porpora viola di porpora rossa e di scarlatto. La fece con figure di cherubini artisticamente l avorati. La lunghezza di ciascun telo era ventotto cubiti; la larghezza quattro cubiti per ciascun t elo; la stessa dimensione per tutti i teli. Unì cinque teli l’uno all’altro e anche i cinque altri teli u nì l’uno all’altro. Fece cordoni di porpora viola sull’orlo del primo telo all’estremità della sutura e fece la stessa cosa sull’orlo del telo estremo nella seconda sutura. Fece cinquanta cordoni al p rimo telo e fece anche cinquanta cordoni all’estremità del telo della seconda sutura: i cordoni c orrispondevano l’uno all’altro. Fece cinquanta fibbie d’oro e unì i teli l’uno all’altro mediante le fibbie; così la Dimora formò un tutto unico. Fece poi teli di peli di capra per la tenda sopra la Di mora. Fece undici teli. La lunghezza di un telo era trenta cubiti; la larghezza quattro cubiti per u n telo; la stessa dimensione per gli undici teli. Unì insieme cinque teli a parte e sei teli a parte. F

ece cinquanta cordoni sull’orlo del telo della seconda sutura. Fece cinquanta fibbie di bronzo pe r unire insieme la tenda così da formare un tutto unico. Fece poi per la tenda una copertura di p elli di montone tinte di rosso e al di sopra una copertura di pelli di tasso. Fece per la Dimora assi di legno di acacia verticali. Dieci cubiti la lunghezza di un’asse e un cubito e mezzo la larghezza.
Ogni asse aveva due sostegni, congiunti l’uno all’altro da un rinforzo. Così fece per tutte le assi della Dimora. Fece dunque le assi per la Dimora: venti assi sul lato verso il mezzogiorno a sud. F
ece anche quaranta basi d’argento sotto le venti assi due basi sotto un’asse, per i suoi due soste gni e due basi sotto l’altra asse per i suoi due sostegni. Per il secondo lato della Dimora verso il s ettentrione fece venti assi e le loro quaranta basi d’argento due basi sotto un’asse e due basi so tto l’altra asse. Per la parte posteriore della Dimora verso occidente fece sei assi. Fece inoltre d ue assi per gli angoli della Dimora nella parte posteriore. Esse erano formate ciascuna da due pe zzi uguali, abbinati e perfettamente congiunti dal basso fino alla cima all’altezza del primo anell o. Così fece per ambedue: esse vennero a formare i due angoli. C’erano dunque otto assi con le loro basi d’argento: sedici basi due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Fece inoltre tr averse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato della Dimora, cinque traverse per le assi d ell’altro lato della Dimora e cinque traverse per le assi della parte posteriore verso occidente. Fe ce la traversa mediana che a mezza altezza delle assi le attraversava da un’estremità all’altra. Ri vestì d’oro le assi fece in oro i loro anelli per inserire le traverse e rivestì d’oro anche le traverse.
Fece il velo di porpora viola e di porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto. Lo fece con figure d i cherubini lavoro d’artista. Fece per esso quattro colonne di acacia le rivestì d’oro; anche i loro uncini erano d’oro e fuse per esse quattro basi d’argento. Fecero poi una cortina per l’ingresso della tenda di porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto lavoro di ricamator e e le sue cinque colonne con i loro uncini. Rivestì d’oro i loro capitelli e le loro aste trasversali e fece le loro cinque basi di bronzo. Besalèl fece l’arca di legno di acacia: aveva due cubiti e mezz o di lunghezza un cubito e mezzo di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestì d’oro puro, dentro e fuori. Le fece intorno un bordo d’oro. Fuse per essa quattro anelli d’oro e li fissò ai suo i quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. Fece stanghe di legno di acacia e le rivestì d’oro. Introdusse le stanghe negli anelli sui due lati dell’arca per trasportare l’arca. Fece il propiziatorio d’oro puro: aveva due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezz a. Fece due cherubini d’oro; li fece lavorati a martello sulle due estremità del propiziatorio: un c herubino a una estremità e un cherubino all’altra estremità. Fece i cherubini tutti d’un pezzo co n il propiziatorio posti alle sue due estremità. I cherubini avevano le due ali spiegate verso l’alto proteggendo con le ali il propiziatorio; erano rivolti l’uno verso l’altro e le facce dei cherubini er ano rivolte verso il propiziatorio. Fece la tavola di legno di acacia: aveva due cubiti di lunghezza un cubito di larghezza un cubito e mezzo di altezza. La rivestì d’oro puro e le fece attorno un bor do d’oro. Le fece attorno una cornice di un palmo e un bordo d’oro per la cornice. Fuse per essa quattro anelli d’oro e li fissò ai quattro angoli che costituivano i suoi quattro piedi. Gli anelli era no fissati alla cornice e servivano per inserire le stanghe destinate a trasportare la tavola. Fece l
e stanghe di legno di acacia per trasportare la tavola e le rivestì d’oro. Fece anche gli accessori d ella tavola: piatti coppe anfore e tazze per le libagioni; li fece di oro puro. Fece il candelabro d’o ro puro; lo fece lavorato a martello il suo fusto e i suoi bracci; i suoi calici i suoi bulbi e le sue cor olle facevano corpo con esso. Sei bracci uscivano dai suoi lati: tre bracci del candelabro da un la to e tre bracci del candelabro dall’altro. Vi erano su un braccio tre calici in forma di fiore di man dorlo con bulbo e corolla; anche sull’altro braccio tre calici in forma di fiore di mandorlo con bul bo e corolla. Così era per i sei bracci che uscivano dal candelabro. Il fusto del candelabro aveva quattro calici in forma di fiore di mandorlo con i loro bulbi e le loro corolle: un bulbo sotto due bracci che si dipartivano da esso e un bulbo sotto i due bracci seguenti che si dipartivano da ess o e un bulbo sotto gli ultimi due bracci che si dipartivano da esso; così per tutti i sei bracci che u scivano dal candelabro. I bulbi e i relativi bracci facevano corpo con esso: il tutto era formato da una sola massa d’oro puro lavorata a martello. Fece le sue sette lampade i suoi smoccolatoi e i suoi portacenere d’oro puro. Impiegò un talento d’oro puro per il candelabro e per tutti i suoi a ccessori. Fece l’altare per bruciare l’incenso di legno di acacia; aveva un cubito di lunghezza e u n cubito di larghezza: era quadrato con due cubiti di altezza e i suoi corni costituivano un sol pez zo con esso. Rivestì d’oro puro il suo piano i suoi lati i suoi corni e gli fece intorno un orlo d’oro.
Fece anche due anelli d’oro sotto l’orlo sui due fianchi cioè sui due lati opposti per inserirvi le st anghe destinate a trasportarlo. Fece le stanghe di legno di acacia e le rivestì d’oro. Preparò l’oli o dell’unzione sacra e l’incenso aromatico puro opera di profumiere. Fece l’altare per gli olocau sti di legno di acacia: aveva cinque cubiti di lunghezza e cinque cubiti di larghezza: era quadrato con tre cubiti di altezza. Fece i corni ai suoi quattro angoli: i corni costituivano un sol pezzo con esso. Lo rivestì di bronzo. Fece anche tutti gli accessori dell’altare: i recipienti le palette i vasi pe r l’aspersione le forcelle e i bracieri; fece di bronzo tutti i suoi accessori. Fece per l’altare una gr aticola di bronzo lavorata a forma di rete e la pose sotto la cornice dell’altare in basso: la rete ar rivava a metà altezza dell’altare. Fuse quattro anelli e li pose alle quattro estremità della gratico la di bronzo per inserirvi le stanghe. Fece anche le stanghe di legno di acacia e le rivestì di bronz o. Introdusse le stanghe negli anelli sui lati dell’altare: servivano a trasportarlo. Fece l’altare di t avole vuoto all’interno. Fece il bacino di bronzo con il suo piedistallo di bronzo impiegandovi gli specchi delle donne che venivano a prestare servizio all’ingresso della tenda del convegno. Fece il recinto: sul lato meridionale verso sud il recinto aveva tendaggi di bisso ritorto, per la lunghez za di cento cubiti. C’erano le loro venti colonne con le venti basi di bronzo. Gli uncini delle colon ne e le loro aste trasversali erano d’argento. Anche sul lato rivolto a settentrione vi erano tenda ggi per cento cubiti di lunghezza le relative venti colonne con le venti basi di bronzo gli uncini de lle colonne e le aste trasversali d’argento. Sul lato verso occidente c’erano cinquanta cubiti di te ndaggi con le relative dieci colonne e le dieci basi, gli uncini delle colonne e le loro aste trasvers ali d’argento. Sul lato orientale, verso levante vi erano cinquanta cubiti: quindici cubiti di tendag gi con le relative tre colonne e le tre basi alla prima ala; quindici cubiti di tendaggi con le tre col onne e le tre basi all’altra ala. Tutti i tendaggi che delimitavano il recinto erano di bisso ritorto. L

e basi delle colonne erano di bronzo gli uncini delle colonne e le aste trasversali erano d’argent o; il rivestimento dei loro capitelli era d’argento e tutte le colonne del recinto erano collegate d a aste trasversali d’argento. Alla porta del recinto c’era una cortina lavoro di ricamatore di porp ora viola porpora rossa scarlatto e bisso ritorto; la sua lunghezza era di venti cubiti la sua altezz a nel senso della larghezza era di cinque cubiti come i tendaggi del recinto. Le colonne relative e rano quattro con le quattro basi di bronzo i loro uncini d’argento il rivestimento dei loro capitell i e le loro aste trasversali d’argento. Tutti i picchetti della Dimora e del recinto circostante erano di bronzo. Questo è il computo dei metalli impiegati per la Dimora la Dimora della Testimonian za redatto su ordine di Mosè a opera dei leviti sotto la direzione di Itamàr figlio del sacerdote Ar onne. Besalèl figlio di Urì figlio di Cur della tribù di Giuda eseguì quanto il Signore aveva ordinat o a Mosè insieme con lui Ooliàb figlio di Achisamàc della tribù di Dan intagliatore decoratore e r icamatore di porpora viola porpora rossa scarlatto e bisso. Il totale dell’oro impiegato nella lavo razione cioè per tutto il lavoro del santuario – era l’oro presentato in offerta –
fu di ventinove talenti e settecentotrenta sicli, in sicli del santuario. L’argento raccolto in occasi one del censimento della comunità pesava cento talenti e millesettecentosettantacinque sicli in sicli del santuario, cioè un beka a testa vale a dire mezzo siclo secondo il siclo del santuario, per ciascuno dei sottoposti al censimento dai vent’anni in su. Erano seicentotremilacinquecentocin quanta. Cento talenti d’argento servirono a fondere le basi del santuario e le basi del velo: cent o basi per cento talenti cioè un talento per ogni base. Con i millesettecentosettantacinque sicli f ece gli uncini delle colonne rivestì i loro capitelli e le riunì con le aste trasversali. Il bronzo prese ntato in offerta assommava a settanta talenti e duemilaquattrocento sicli. Con esso fece le basi per l’ingresso della tenda del convegno l’altare di bronzo con la sua graticola di bronzo e tutti gli accessori dell’altare, le basi del recinto le basi della porta del recinto tutti i picchetti della Dimo ra e tutti i picchetti del recinto. Con porpora viola e porpora rossa e con scarlatto fecero le vesti liturgiche per officiare nel santuario. Fecero le vesti sacre di Aronne come il Signore aveva ordin ato a Mosè. Fecero l’ efod con oro porpora viola e porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Fecer o placche d’oro battuto e le tagliarono in strisce sottili per intrecciarle con la porpora viola la po rpora rossa lo scarlatto e il bisso lavoro d’artista. Fecero all’ efod due spalline che vennero attac cate alle sue due estremità in modo da formare un tutt’uno. La cintura che lo teneva legato e ch e stava sopra di esso era della stessa fattura ed era di un sol pezzo intessuta d’oro di porpora vi ola e porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto come il Signore aveva ordinato a Mosè. Lavorar ono le pietre di ònice, inserite in castoni d’oro incise con i nomi dei figli d’Israele secondo l’arte d’incidere i sigilli. Fissarono le due pietre sulle spalline dell’ efod, come memoriale per i figli d’Is raele come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero il pettorale lavoro d’artista come l’ efod: c on oro porpora viola, porpora rossa scarlatto e bisso ritorto. Era quadrato e lo fecero doppio; av eva una spanna di lunghezza e una spanna di larghezza. Lo coprirono con quattro file di pietre.
Prima fila: una cornalina un topazio e uno smeraldo; seconda fila: una turchese uno zaffìro e un berillo; terza fila: un giacinto un’àgata e un’ametista; quarta fila: un crisòlito un’ònice e un diasp
ro. Esse erano inserite nell’oro mediante i loro castoni. Le pietre corrispondevano ai nomi dei fi gli d’Israele: dodici secondo i loro nomi; incise come i sigilli ciascuna con il nome corrispondente per le dodici tribù. Fecero sul pettorale catene in forma di cordoni lavoro d’intreccio d’oro puro
. Fecero due castoni d’oro e due anelli d’oro e misero i due anelli alle due estremità del pettoral e. Misero le due catene d’oro sui due anelli alle due estremità del pettorale. Quanto alle altre d ue estremità delle catene le fissarono sui due castoni e le fecero passare sulle spalline dell’ efod nella parte anteriore. Fecero due altri anelli d’oro e li collocarono alle due estremità del pettor ale sull’orlo che era dall’altra parte dell’ efod verso l’interno. Fecero due altri anelli d’oro e li po sero sulle due spalline dell’ efod in basso sul suo lato anteriore in vicinanza del punto di attacco al di sopra della cintura dell’ efod. Poi legarono il pettorale con i suoi anelli agli anelli dell’ efod mediante un cordone di porpora viola perché stesse al di sopra della cintura dell’ efod e il petto rale non si distaccasse dall’ efod come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero il manto dell’ ef od lavoro di tessitore tutto di porpora viola; la scollatura del manto in mezzo era come la scollat ura di una corazza: intorno aveva un bordo perché non si lacerasse. Fecero sul lembo del manto melagrane di porpora viola, di porpora rossa di scarlatto e di bisso ritorto. Fecero sonagli d’oro puro e collocarono i sonagli in mezzo alle melagrane intorno all’orlo inferiore del manto: un son aglio e una melagrana un sonaglio e una melagrana lungo tutto il giro del lembo del manto per officiare, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero le tuniche di bisso lavoro di tessitore p er Aronne e per i suoi figli; il turbante di bisso gli ornamenti dei berretti di bisso e i calzoni di lin o di bisso ritorto; la cintura di bisso ritorto di porpora viola di porpora rossa e di scarlatto, lavor o di ricamatore come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fecero la lamina il diadema sacro d’oro puro e vi scrissero sopra a caratteri incisi, come un sigillo «Sacro al Signore». Vi fissarono un cor done di porpora viola, per porre il diadema sopra il turbante come il Signore aveva ordinato a M
osè. Così fu finito tutto il lavoro della Dimora della tenda del convegno. Gli Israeliti eseguirono o gni cosa come il Signore aveva ordinato a Mosè: così fecero. Portarono dunque a Mosè la Dimor a la tenda e tutti i suoi accessori: le sue fibbie, le sue assi le sue traverse le sue colonne e le sue basi la copertura di pelli di montone tinte di rosso la copertura di pelli di tasso e il velo per far d a cortina; l’arca della Testimonianza con le sue stanghe e il propiziatorio; la tavola con tutti i suo i accessori e i pani dell’offerta; il candelabro d’oro puro con le sue lampade le lampade cioè che dovevano essere collocate sopra di esso con tutti i suoi accessori e l’olio per l’illuminazione; l’alt are d’oro l’olio dell’unzione, l’incenso aromatico e la cortina per l’ingresso della tenda; l’altare d i bronzo con la sua graticola di bronzo le sue stanghe e tutti i suoi accessori il bacino con il suo p iedistallo, i tendaggi del recinto le sue colonne le sue basi e la cortina per la porta del recinto le sue corde i suoi picchetti e tutti gli arredi del servizio della Dimora per la tenda del convegno; le vesti liturgiche per officiare nel santuario le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suoi f igli per l’esercizio del sacerdozio. Gli Israeliti avevano eseguito ogni lavoro come il Signore aveva ordinato a Mosè. Mosè vide tutta l’opera e riscontrò che l’avevano eseguita come il Signore av eva ordinato. Allora Mosè li benedisse. Il Signore parlò a Mosè e gli disse: «Il primo giorno del p
rimo mese erigerai la Dimora la tenda del convegno. Dentro vi collocherai l’arca della Testimoni anza davanti all’arca tenderai il velo. Vi introdurrai la tavola e disporrai su di essa ciò che vi deve essere disposto; introdurrai anche il candelabro e vi preparerai sopra le sue lampade. Metterai l’altare d’oro per l’incenso davanti all’arca della Testimonianza e porrai infine la cortina all’ingre sso della tenda. Poi metterai l’altare degli olocausti di fronte all’ingresso della Dimora della tend a del convegno. Metterai il bacino fra la tenda del convegno e l’altare e vi porrai l’acqua. Dispor rai il recinto tutt’attorno e metterai la cortina alla porta del recinto. Poi prenderai l’olio dell’unzi one e ungerai con esso la Dimora e quanto vi sarà dentro e la consacrerai con tutti i suoi access ori; così diventerà cosa santa. Ungerai anche l’altare degli olocausti e tutti i suoi accessori; cons acrerai l’altare e l’altare diventerà cosa santissima. Ungerai anche il bacino con il suo piedistallo e lo consacrerai. Poi farai avvicinare Aronne e i suoi figli all’ingresso della tenda del convegno e l i farai lavare con acqua. Farai indossare ad Aronne le vesti sacre lo ungerai lo consacrerai e così egli eserciterà il mio sacerdozio. Farai avvicinare anche i suoi figli e farai loro indossare le tunich e. Li ungerai come avrai unto il loro padre e così eserciteranno il mio sacerdozio; in tal modo la l oro unzione conferirà loro un sacerdozio perenne per le loro generazioni». Mosè eseguì ogni co sa come il Signore gli aveva ordinato: così fece. Nel secondo anno nel primo giorno del primo m ese fu eretta la Dimora. Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi dispose le assi vi fissò le travers e e rizzò le colonne; poi stese la tenda sopra la Dimora e dispose al di sopra la copertura della te nda come il Signore gli aveva ordinato. Prese la Testimonianza la pose dentro l’arca mise le stan ghe all’arca e pose il propiziatorio sull’arca; poi introdusse l’arca nella Dimora collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza come il Signore aveva ordin ato a Mosè. Nella tenda del convegno collocò la tavola sul lato settentrionale della Dimora al di fuori del velo. Dispose su di essa il pane in focacce sovrapposte alla presenza del Signore come i l Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò inoltre il candelabro nella tenda del convegno di front e alla tavola sul lato meridionale della Dimora e vi preparò sopra le lampade davanti al Signore come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò poi l’altare d’oro nella tenda del convegno dava nti al velo, e bruciò su di esso l’incenso aromatico come il Signore aveva ordinato a Mosè. Mise i nfine la cortina all’ingresso della Dimora. Poi collocò l’altare degli olocausti all’ingresso della Di mora della tenda del convegno e offrì su di esso l’olocausto e l’offerta come il Signore aveva ord inato a Mosè. Collocò il bacino fra la tenda del convegno e l’altare e vi mise dentro l’acqua per l e abluzioni. Mosè Aronne e i suoi figli si lavavano con essa le mani e i piedi: quando entravano n ella tenda del convegno e quando si accostavano all’altare essi si lavavano come il Signore avev a ordinato a Mosè. Infine eresse il recinto intorno alla Dimora e all’altare e mise la cortina alla p orta del recinto. Così Mosè terminò l’opera. Allora la nube coprì la tenda del convegno e la glori a del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora. Per tutto il tempo del loro viaggio quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. Se la nube non si innalzava essi non partivano, finché non si fosse innalzata. Perché la nube del Signore durante il
giorno, rimaneva sulla Dimora e durante la notte vi era in essa un fuoco visibile a tutta la casa d’
Israele per tutto il tempo del loro viaggio. Il Signore chiamò Mosè gli parlò dalla tenda del conve gno e disse: «Parla agli Israeliti dicendo: “Quando uno di voi vorrà presentare come offerta in o nore del Signore un animale scelto fra il bestiame domestico offrirete un capo di bestiame gross o o minuto. Se la sua offerta è un olocausto di bestiame grosso egli offrirà un maschio senza dif etto; l’offrirà all’ingresso della tenda del convegno perché sia accetto al Signore in suo favore. P
oserà la mano sulla testa della vittima che sarà accettata in suo favore per compiere il rito espia torio per lui. Poi scannerà il giovenco davanti al Signore e i figli di Aronne i sacerdoti offriranno i l sangue e lo spargeranno intorno all’altare che è all’ingresso della tenda del convegno. Scortich erà la vittima e la taglierà a pezzi. I figli del sacerdote Aronne porranno il fuoco sull’altare e met teranno la legna sul fuoco; poi i figli di Aronne i sacerdoti disporranno i pezzi la testa e il grasso sulla legna e sul fuoco che è sull’altare. Laverà con acqua le viscere e le zampe; poi il sacerdote brucerà il tutto sull’altare come olocausto sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito in on ore del Signore. Se la sua offerta per l’olocausto è presa dal bestiame minuto tra le pecore o tra le capre egli offrirà un maschio senza difetto. Lo scannerà al lato settentrionale dell’altare dava nti al Signore. I figli di Aronne i sacerdoti spargeranno il sangue attorno all’altare. Lo taglierà a p ezzi con la testa e il grasso e il sacerdote li disporrà sulla legna collocata sul fuoco dell’altare. La verà con acqua le viscere e le zampe; poi il sacerdote offrirà il tutto e lo brucerà sull’altare: è un olocausto sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Se la sua offerta in onore del Signore è un olocausto di uccelli presenterà tortore o colombi. Il sacerdote present erà l’animale all’altare ne staccherà la testa la farà bruciare sull’altare e il sangue sarà spruzzato sulla parete dell’altare. Poi toglierà il gozzo con il suo sudiciume e lo getterà al lato orientale de ll’altare dov’è il luogo delle ceneri. Dividerà l’uccello in due metà prendendolo per le ali ma senz a staccarle e il sacerdote lo brucerà sull’altare sulla legna che è sul fuoco. è un olocausto sacrific io consumato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Se qualcuno presenterà come off erta un’oblazione in onore del Signore la sua offerta sarà di fior di farina sulla quale verserà olio e porrà incenso. La porterà ai figli di Aronne i sacerdoti; prenderà da essa una manciata di fior d i farina e d’olio con tutto l’incenso e il sacerdote la farà bruciare sull’altare come suo memoriale
: è un sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Il resto dell’oblazion e spetta ad Aronne e ai suoi figli; è parte santissima porzione del Signore. Quando presenterai c ome offerta un’oblazione cotta nel forno essa consisterà in focacce azzime di fior di farina impa state con olio e anche in schiacciate azzime spalmate di olio. Se la tua offerta sarà un’oblazione cotta sulla teglia sarà di fior di farina azzima e impastata con olio; la dividerai in pezzi e sopra vi verserai olio: è un’oblazione. Se la tua offerta sarà un’oblazione cotta nella pentola, sarà fatta c on fior di farina e olio; porterai al Signore l’oblazione così preparata poi sarà presentata al sacer dote che la porterà sull’altare. Il sacerdote preleverà dall’oblazione il suo memoriale e lo brucer à sull’altare: sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Il resto dell’o blazione spetta ad Aronne e ai suoi figli; è parte santissima porzione del Signore. Nessuna delle
oblazioni che offrirete al Signore sarà lievitata: non farete bruciare né pasta lievitata né miele c ome sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore; potrete offrire queste cose al Signore come offerta di primizie ma non saliranno sull’altare come profumo gradito. Dovrai salare ogni t ua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta porrai del sale. Se offrirai al Signore un’oblazione di primizie offrirai com e oblazione delle tue primizie spighe di grano abbrustolite al fuoco e chicchi frantumati di grano novello. Verserai olio sopra di essa vi metterai incenso: è un’oblazione. Il sacerdote farà bruciar e come suo memoriale una parte dei chicchi e dell’olio insieme con tutto l’incenso: è un sacrifici o consumato dal fuoco in onore del Signore. Nel caso che la sua offerta sia un sacrificio di comu nione se offre un capo di bestiame grosso maschio o femmina lo presenterà senza difetto davan ti al Signore, poserà la sua mano sulla testa della vittima e la scannerà all’ingresso della tenda d el convegno e i figli di Aronne i sacerdoti spargeranno il sangue attorno all’altare. Di questo sacr ificio di comunione offrirà come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore sia il grasso che avvolge le viscere sia tutto quello che vi è sopra i due reni con il loro grasso e il grasso attor no ai lombi e al lobo del fegato che distaccherà insieme ai reni. I figli di Aronne faranno bruciare tutto questo sull’altare in aggiunta all’olocausto posto sulla legna che è sul fuoco: è un sacrifici o consumato dal fuoco, profumo gradito in onore del Signore. Se la sua offerta per il sacrificio di comunione in onore del Signore è presa dal bestiame minuto maschio o femmina la presenterà senza difetto. Se presenta una pecora in offerta la offrirà davanti al Signore; poserà la mano sul la testa della vittima e la scannerà davanti alla tenda del convegno e i figli di Aronne ne sparger anno il sangue attorno all’altare. Di questo sacrificio di comunione offrirà quale sacrificio consu mato dal fuoco per il Signore il grasso e cioè l’intera coda presso l’estremità della spina dorsale i l grasso che avvolge le viscere e tutto il grasso che vi è sopra, i due reni con il loro grasso e il gra sso attorno ai lombi e al lobo del fegato che distaccherà insieme ai reni. Il sacerdote farà bruciar e tutto ciò sull’altare: è un alimento consumato dal fuoco in onore del Signore. Se la sua offerta è una capra la offrirà davanti al Signore; poserà la mano sulla sua testa e la scannerà davanti all a tenda del convegno e i figli di Aronne ne spargeranno il sangue attorno all’altare. Di essa prele verà come offerta consumata dal fuoco in onore del Signore il grasso che avvolge le viscere e tu tto il grasso che vi è sopra i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fe gato che distaccherà insieme ai reni. Il sacerdote li farà bruciare sull’altare: è un alimento consu mato dal fuoco profumo gradito in onore del Signore. Ogni parte grassa appartiene al Signore. è una prescrizione rituale perenne di generazione in generazione dovunque abiterete: non dovre te mangiare né grasso né sangue”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo:
“Nel caso che qualcuno trasgredisca inavvertitamente un qualsiasi divieto della legge del Signor e facendo una cosa proibita: Se chi ha peccato è il sacerdote consacrato e così ha reso colpevole il popolo, presenterà in onore del Signore per il peccato da lui commesso un giovenco senza dif etto come sacrificio per il peccato. Condurrà il giovenco davanti al Signore all’ingresso della ten da del convegno; poserà la mano sulla testa del giovenco e lo scannerà davanti al Signore. Il sac
erdote consacrato prenderà un po’ del sangue del giovenco e lo porterà nell’interno della tenda del convegno; intingerà il dito nel sangue e farà sette aspersioni davanti al Signore di fronte al v elo del santuario. Porrà un po’ del sangue sui corni dell’altare dell’incenso aromatico, che è dav anti al Signore nella tenda del convegno e verserà tutto il resto del sangue del giovenco alla bas e dell’altare degli olocausti che si trova all’ingresso della tenda del convegno. Poi dal giovenco d el sacrificio per il peccato toglierà tutto il grasso: il grasso che avvolge le viscere tutto quello che vi è sopra i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato che distacc herà insieme ai reni. Farà come si fa per il giovenco del sacrificio di comunione e farà bruciare il tutto sull’altare degli olocausti. Ma la pelle del giovenco la carne con la testa le viscere le zampe e gli escrementi cioè tutto il resto del giovenco egli lo farà portare fuori dell’accampamento in l uogo puro dove si gettano le ceneri e lo farà bruciare sulla legna: dovrà essere bruciato sul muc chio delle ceneri. Se tutta la comunità d’Israele ha commesso un’inavvertenza senza che l’intera assemblea la conosca violando così un divieto della legge del Signore e rendendosi colpevole q uando il peccato commesso sarà conosciuto l’assemblea presenterà come sacrificio per il pecca to un giovenco e lo condurrà davanti alla tenda del convegno. Gli anziani della comunità posera nno le mani sulla testa del giovenco e lo si scannerà davanti al Signore. Il sacerdote consacrato porterà un po’ del sangue del giovenco nell’interno della tenda del convegno; intingerà il dito n el sangue e farà sette aspersioni davanti al Signore di fronte al velo del santuario. Porrà un po’ d el sangue sui corni dell’altare che è davanti al Signore nella tenda del convegno e verserà tutto i l resto del sangue alla base dell’altare degli olocausti che si trova all’ingresso della tenda del con vegno. Toglierà al giovenco tutte le parti grasse per bruciarle sull’altare. Tratterà il giovenco co me ha trattato quello offerto in sacrificio per il peccato: tutto allo stesso modo. Il sacerdote co mpirà in loro favore il rito espiatorio e sarà loro perdonato. Poi porterà il giovenco fuori dell’acc ampamento e lo brucerà come ha bruciato il primo. Questo è il sacrificio per il peccato dell’asse mblea. Se pecca un capo violando per inavvertenza un divieto del Signore suo Dio quando si ren derà conto di essere in condizione di colpa oppure quando gli verrà fatto conoscere il peccato c he ha commesso porterà come offerta un capro maschio senza difetto. Poserà la mano sulla tes ta del capro e lo scannerà nel luogo dove si scanna la vittima per l’olocausto davanti al Signore: è un sacrificio per il peccato. Il sacerdote prenderà con il dito un po’ del sangue della vittima sac rificata per il peccato e lo porrà sui corni dell’altare degli olocausti e verserà il resto del sangue alla base dell’altare degli olocausti. Poi brucerà sull’altare ogni parte grassa, come il grasso del s acrificio di comunione. Il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio per il suo peccato e gli sarà perdonato. Se pecca per inavvertenza qualcuno del popolo della terra violando un divieto del Si gnore, quando si renderà conto di essere in condizione di colpa oppure quando gli verrà fatto c onoscere il peccato che ha commesso porterà come offerta una capra femmina senza difetto pe r il peccato che ha commesso. Poserà la mano sulla testa della vittima offerta per il peccato e la scannerà nel luogo dove si scanna la vittima per l’olocausto. Il sacerdote prenderà con il dito un po’ del sangue di essa e lo porrà sui corni dell’altare degli olocausti e verserà tutto il resto del sa
ngue alla base dell’altare. Preleverà tutte le parti grasse come si preleva il grasso del sacrificio di comunione e il sacerdote le brucerà sull’altare profumo gradito in onore del Signore. Il sacerdo te compirà per lui il rito espiatorio e gli sarà perdonato. Se porterà una pecora come offerta per il peccato porterà una femmina senza difetto. Poserà la mano sulla testa della vittima offerta p er il peccato e la scannerà in sacrificio per il peccato nel luogo dove si scanna la vittima per l’olo causto. Il sacerdote prenderà con il dito un po’ del sangue della vittima per il peccato e lo porrà sui corni dell’altare degli olocausti e verserà tutto il resto del sangue alla base dell’altare. Prelev erà tutte le parti grasse come si preleva il grasso della pecora del sacrificio di comunione e il sac erdote le brucerà sull’altare in aggiunta alle vittime consumate dal fuoco in onore del Signore. Il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio per il peccato commesso e gli sarà perdonato. Quan do una persona ha udito una formula di scongiuro e ne è testimone perché l’ha visto o l’ha sapu to e pecca perché non dichiara nulla porterà il peso della sua colpa; oppure quando qualcuno se nza avvedersene tocca una cosa impura come il cadavere di una bestia selvatica o il cadavere di un animale domestico o quello di un rettile rimarrà egli stesso impuro e in condizione di colpa; oppure quando senza avvedersene tocca un’impurità propria della persona umana –
una qualunque delle cose per le quali l’uomo diviene impuro –
quando verrà a saperlo sarà in condizione di colpa; oppure quando qualcuno senza avvedersen e parlando con leggerezza avrà giurato con uno di quei giuramenti che gli uomini proferiscono a lla leggera di fare qualche cosa di male o di bene quando se ne rende conto sarà in condizione d i colpa. Quando sarà in condizione di colpa a causa di uno di questi fatti dovrà confessare in che cosa ha peccato; poi porterà al Signore come riparazione del peccato commesso una femmina d el bestiame minuto pecora o capra per il sacrificio espiatorio; il sacerdote compirà in suo favore il rito espiatorio per il peccato. Se non ha mezzi per procurarsi una pecora o una capra porterà al Signore come riparazione per il peccato commesso due tortore o due colombi: uno come sacr ificio per il peccato l’altro come olocausto. Li porterà al sacerdote il quale offrirà prima quello d estinato al sacrificio per il peccato: gli spaccherà la testa all’altezza della nuca ma senza staccarl a; poi spargerà un po’ del sangue della vittima offerta per il peccato sopra la parete dell’altare e farà colare il resto del sangue alla base dell’altare. è un sacrificio per il peccato. Con l’altro ucce llo offrirà un olocausto secondo le norme stabilite. Così il sacerdote compirà per lui il rito espiat orio per il peccato commesso e gli sarà perdonato. Ma se non ha mezzi per procurarsi due torto re o due colombi porterà come offerta per il peccato commesso un decimo di efa di fior di farin a come sacrificio per il peccato; non vi metterà né olio né incenso perché è un sacrificio per il pe ccato. Porterà la farina al sacerdote che ne prenderà una manciata come suo memoriale facend ola bruciare sull’altare in aggiunta alle vittime consumate dal fuoco in onore del Signore. è un s acrificio per il peccato. Così il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio per il peccato commess o in uno dei casi suddetti e gli sarà perdonato. Il resto spetta al sacerdote come nell’oblazione”
». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Se qualcuno commetterà un’infedeltà e peccherà per errore riguardo a cose consacrate al Signore, porterà al Signore come sacrificio di riparazione un ariete
senza difetto preso dal gregge, corrispondente al valore stabilito in sicli d’argento conformi al si clo del santuario; risarcirà il danno fatto al santuario aggiungendovi un quinto e lo darà al sacer dote il quale compirà per lui il rito espiatorio con l’ariete offerto come sacrificio di riparazione e gli sarà perdonato. Quando qualcuno peccherà facendo senza saperlo una cosa vietata dal Sign ore sarà comunque in condizione di colpa e ne porterà il peso. Porterà al sacerdote come sacrifi cio di riparazione un ariete senza difetto preso dal bestiame minuto corrispondente al valore st abilito; il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio per l’errore commesso per ignoranza e gli s arà perdonato. è un sacrificio di riparazione; quell’individuo infatti si era messo in condizione di colpa verso il Signore». Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Quando qualcuno peccherà e commet terà un’infedeltà verso il Signore perché inganna il suo prossimo riguardo a depositi a pegni o a oggetti rubati oppure perché ricatta il suo prossimo, o perché trovando una cosa smarrita ment e in proposito e giura il falso riguardo a una cosa in cui uno commette peccato se avrà così pecc ato si troverà in condizione di colpa. Dovrà restituire la cosa rubata o ottenuta con ricatto o il d eposito che gli era stato affidato o l’oggetto smarrito che aveva trovato o qualunque cosa per c ui abbia giurato il falso. Farà la restituzione per intero aggiungendovi un quinto e renderà ciò al proprietario nel giorno in cui farà la riparazione. Come riparazione al Signore, porterà al sacerdo te un ariete senza difetto preso dal gregge corrispondente al valore stabilito per il sacrificio di ri parazione. Il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio davanti al Signore e gli sarà perdonato q ualunque sia la mancanza di cui si è reso colpevole». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Da’ quest’
ordine ad Aronne e ai suoi figli: “Questa è la legge per l’olocausto. L’olocausto rimarrà acceso su l braciere sopra l’altare tutta la notte fino al mattino; il fuoco dell’altare sarà tenuto acceso. Il sa cerdote indossata la tunica di lino e vestiti i calzoni di lino sul suo corpo toglierà la cenere dopo che il fuoco avrà consumato l’olocausto sopra l’altare e la deporrà al fianco dell’altare. Poi, spog liatosi delle vesti e indossatene altre porterà la cenere fuori dell’accampamento in un luogo pur o. Il fuoco sarà tenuto acceso sull’altare e non lo si lascerà spegnere; il sacerdote vi brucerà legn a ogni mattina vi disporrà sopra l’olocausto e vi brucerà sopra il grasso dei sacrifici di comunion e. Il fuoco deve essere sempre tenuto acceso sull’altare senza lasciarlo spegnere. Questa è la le gge dell’oblazione. I figli di Aronne la presenteranno al Signore, dinanzi all’altare. Il sacerdote pr eleverà una manciata di fior di farina con il suo olio e con tutto l’incenso che è sopra l’oblazione e la farà bruciare sull’altare come profumo gradito in suo memoriale in onore del Signore. Aron ne e i suoi figli mangeranno quello che rimarrà dell’oblazione; lo si mangerà senza lievito in luog o santo nel recinto della tenda del convegno. Non si cuocerà con lievito; è la parte che ho loro a ssegnata delle offerte a me bruciate con il fuoco. è cosa santissima come il sacrificio per il pecca to e il sacrificio di riparazione. Ogni maschio tra i figli di Aronne potrà mangiarne. è un diritto pe renne delle vostre generazioni sui sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore. Tutto ciò c he verrà a contatto con queste cose sarà santo”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Questa è l’of ferta che Aronne e i suoi figli presenteranno al Signore il giorno in cui riceveranno l’unzione: un decimo di efa di fior di farina come oblazione perpetua metà la mattina e metà la sera. Essa sar
à preparata con olio nella teglia: la porterai ben stemperata; la presenterai a pezzi come profu mo gradito in onore del Signore. Il sacerdote che tra i figli di Aronne, sarà stato consacrato per s uccedergli farà questa offerta; è una prescrizione perenne: sarà bruciata tutta in onore del Sign ore. Ogni oblazione del sacerdote sarà bruciata tutta; non se ne potrà mangiare». Il Signore parl ò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Questa è la legge del sacrificio per il peccato. Nel luogo dove si scanna l’olocausto sarà scannata davanti al Signore la vittima per il p eccato. è cosa santissima. Il sacerdote che l’avrà offerta come sacrificio per il peccato potrà ma ngiarla; dovrà mangiarla in luogo santo nel recinto della tenda del convegno. Tutto ciò che verrà a contatto con la sua carne sarà santo; se parte del suo sangue schizza sopra una veste laverai il lembo macchiato di sangue in luogo santo. Ma il vaso di terra che sarà servito a cuocerla sarà s pezzato; se è stata cotta in un recipiente di bronzo questo sarà strofinato bene e sciacquato con acqua. Tra i sacerdoti ogni maschio ne potrà mangiare. è cosa santissima. Ma ogni offerta per il peccato il cui sangue verrà portato nella tenda del convegno per il rito espiatorio nel santuario non dovrà essere mangiata; essa sarà bruciata nel fuoco. Questa è la legge del sacrificio di ripar azione. è cosa santissima. Nel luogo dove si scanna l’olocausto si scannerà la vittima di riparazio ne; se ne spargerà il sangue attorno all’altare e se ne offrirà tutto il grasso: la coda il grasso che copre le viscere i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato che d istaccherà insieme ai reni. Il sacerdote farà bruciare tutto questo sull’altare come sacrificio cons umato dal fuoco in onore del Signore. Questo è un sacrificio di riparazione. Ogni maschio tra i sa cerdoti ne potrà mangiare; lo si mangerà in luogo santo. è cosa santissima. Il sacrificio di riparaz ione è come il sacrificio per il peccato: la stessa legge vale per ambedue; la vittima spetterà al s acerdote che avrà compiuto il rito espiatorio. Il sacerdote che avrà offerto l’olocausto per qualc uno avrà per sé la pelle della vittima che ha offerto. Così anche ogni oblazione cotta nel forno o preparata nella pentola o nella teglia spetterà al sacerdote che l’ha offerta. Ogni oblazione impa stata con olio o asciutta spetterà a tutti i figli di Aronne in misura uguale. Questa è la legge del s acrificio di comunione che si offrirà al Signore. Se qualcuno lo offrirà in ringraziamento offrirà c on il sacrificio di comunione focacce senza lievito impastate con olio schiacciate senza lievito un te con olio e fior di farina stemperata in forma di focacce impastate con olio. Insieme alle focacc e di pane lievitato presenterà la sua offerta in aggiunta al suo sacrificio di comunione offerto in ringraziamento. Di ognuna di queste offerte una parte si presenterà come oblazione prelevata i n onore del Signore; essa spetterà al sacerdote che ha sparso il sangue della vittima del sacrifici o di comunione. La carne del sacrificio di comunione offerto in ringraziamento dovrà mangiarsi i l giorno stesso in cui esso viene offerto; non se ne lascerà nulla per il mattino seguente. Ma se il sacrificio che qualcuno offre è votivo o spontaneo la vittima si mangerà il giorno in cui verrà off erta il resto dovrà esser mangiato il giorno dopo; ma quel che sarà rimasto della carne del sacrif icio fino al terzo giorno dovrà essere bruciato nel fuoco. Se qualcuno mangia la carne del sacrific io di comunione il terzo giorno l’offerente non sarà gradito; dell’offerta non gli sarà tenuto cont o: sarà avariata e chi ne avrà mangiato subirà la pena della sua colpa. La carne che sarà stata a c
ontatto con qualche cosa di impuro non si potrà mangiare; sarà bruciata nel fuoco. Chiunque sa rà puro potrà mangiare la carne; se qualcuno mangerà la carne del sacrificio di comunione offer to al Signore e sarà in stato di impurità costui sarà eliminato dal suo popolo. Se qualcuno tocche rà qualsiasi cosa impura – un’impurità umana un animale impuro o qualsiasi cosa obbrobriosa –
e poi mangerà la carne di un sacrificio di comunione offerto in onore del Signore sarà eliminato dal suo popolo”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo: “Non mangerete alcun grasso né di bue né di pecora né di capra. Il grasso di una bestia che è morta naturalment e o il grasso di una bestia sbranata potrà servire per qualunque altro uso ma non ne mangerete affatto perché chiunque mangerà il grasso di animali che si possono offrire in sacrificio consuma to dal fuoco in onore del Signore sarà eliminato dal suo popolo. E non mangerete affatto sangu e né di uccelli né di animali domestici dovunque abitiate. Chiunque mangerà sangue di qualunq ue specie sarà eliminato dal suo popolo”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti di cendo: “Chi offrirà al Signore il sacrificio di comunione porterà un’offerta al Signore prelevandol a dal sacrificio di comunione. Porterà con le proprie mani ciò che deve essere offerto al Signore con il fuoco: porterà il grasso insieme con il petto il petto per presentarlo con il rito di elevazion e davanti al Signore. Il sacerdote brucerà il grasso sopra l’altare; il petto sarà di Aronne e dei su oi figli. Darete anche come contributo al sacerdote la coscia destra dei vostri sacrifici di comuni one. Essa spetterà come sua parte al figlio di Aronne che avrà offerto il sangue e il grasso dei sa crifici di comunione. Poiché dai sacrifici di comunione offerti dagli Israeliti io mi riservo il petto d ella vittima offerta con il rito di elevazione e la coscia della vittima offerta come contributo e li d o al sacerdote Aronne e ai suoi figli per legge perenne che gli Israeliti osserveranno”». Questa è la parte dovuta ad Aronne e ai suoi figli dei sacrifici bruciati in onore del Signore ogni volta che v erranno offerti nell’esercizio della funzione sacerdotale al servizio del Signore. Agli Israeliti il Sig nore ha ordinato di dar loro questo dal giorno della loro consacrazione. è una parte che è loro d ovuta per sempre di generazione in generazione. Questa è la legge per l’olocausto l’oblazione il sacrificio per il peccato il sacrificio di riparazione l’investitura e il sacrificio di comunione: legge c he il Signore ha dato a Mosè sul monte Sinai quando ordinò agli Israeliti di presentare le offerte al Signore nel deserto del Sinai. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Prendi Aronne insieme ai suoi f igli le vesti l’olio dell’unzione il giovenco del sacrificio per il peccato i due arieti e il cesto dei pan i azzimi; convoca tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno». Mosè fece come il Si gnore gli aveva ordinato e la comunità fu convocata all’ingresso della tenda del convegno. Mosè disse alla comunità: «Questo il Signore ha ordinato di fare». Mosè fece accostare Aronne e i su oi figli e li lavò con acqua. Poi rivestì Aronne della tunica lo cinse della cintura gli pose addosso il manto gli mise l’ efod e lo cinse con la cintura dell’ efod con la quale lo fissò. Gli mise anche il p ettorale e nel pettorale pose gli urìm e i tummìm. Poi gli mise in capo il turbante e sul davanti d el turbante pose la lamina d’oro il sacro diadema come il Signore aveva ordinato a Mosè. Poi M
osè prese l’olio dell’unzione unse la Dimora e tutte le cose che vi si trovavano e così le consacrò.
Fece con esso sette volte l’aspersione sull’altare unse l’altare con tutti i suoi accessori il bacino
con il suo piedistallo per consacrarli. Versò l’olio dell’unzione sul capo di Aronne e unse Aronne, per consacrarlo. Poi Mosè fece avvicinare i figli di Aronne li vestì di tuniche li cinse con le cintur e e legò sul loro capo i turbanti come il Signore aveva ordinato a Mosè. Fece quindi accostare il giovenco del sacrificio per il peccato e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa del giovenc o del sacrificio per il peccato. Mosè lo scannò ne prese del sangue ne spalmò con il dito i corni a ttorno all’altare e purificò l’altare; poi sparse il resto del sangue alla base dell’altare e lo consacr ò per compiere su di esso il rito espiatorio. Prese tutto il grasso aderente alle viscere il lobo del f egato i due reni con il loro grasso e Mosè fece bruciare tutto sull’altare. Ma bruciò nel fuoco fuo ri dell’accampamento il giovenco cioè la sua pelle la sua carne e gli escrementi come il Signore g li aveva ordinato. Fece quindi avvicinare l’ariete dell’olocausto e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell’ariete. Mosè lo scannò e ne sparse il sangue attorno all’altare. Fece a pezzi l’ariete e ne bruciò testa pezzi e grasso. Dopo averne lavato le viscere e le zampe con acqua fec e bruciare tutto l’ariete sull’altare: fu un olocausto di profumo gradito un sacrificio consumato d al fuoco in onore del Signore come il Signore gli aveva ordinato. Poi fece accostare il secondo ari ete l’ariete del rito di investitura e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell’ariete. Mo sè lo scannò ne prese del sangue e lo pose sul lobo dell’orecchio destro di Aronne e sul pollice d ella mano destra e sull’alluce del piede destro. Mosè fece avvicinare i figli di Aronne e pose un p o’ del sangue sul lobo del loro orecchio destro sul pollice della mano destra e sull’alluce del pied e destro; sparse il resto del sangue attorno all’altare. Prese il grasso la coda, tutto il grasso ader ente alle viscere il lobo del fegato i reni con il loro grasso e la coscia destra; dal canestro dei pan i azzimi che stava davanti al Signore prese una focaccia senza lievito, una focaccia di pasta con l’
olio e una schiacciata e le pose sulle parti grasse e sulla coscia destra. Mise tutte queste cose sul le palme di Aronne e dei suoi figli e compì il rito di elevazione davanti al Signore. Mosè quindi le prese dalle loro palme e le fece bruciare sull’altare insieme all’olocausto: sacrificio per l’investit ura di profumo gradito, sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Poi Mosè prese il p etto dell’ariete e lo presentò con il rito di elevazione davanti al Signore; questa fu la parte dell’a riete del rito di investitura toccata a Mosè come il Signore gli aveva ordinato. Mosè prese quindi l’olio dell’unzione e il sangue che era sopra l’altare ne asperse Aronne e le sue vesti i figli di lui e le loro vesti insieme a lui; così consacrò Aronne e le sue vesti e similmente i suoi figli e le loro vesti. Poi Mosè disse ad Aronne e ai suoi figli: «Fate cuocere la carne all’ingresso della tenda del convegno e là mangiatela con il pane che è nel canestro per il rito dell’investitura come ho ordi nato dicendo: La mangeranno Aronne e i suoi figli. Quel che avanza della carne e del pane bruci atelo nel fuoco. Per sette giorni non uscirete dall’ingresso della tenda del convegno finché cioè non siano compiuti i giorni della vostra investitura perché il rito della vostra investitura durerà s ette giorni. Come si è fatto oggi così il Signore ha ordinato che si faccia per il rito espiatorio su di voi. Rimarrete sette giorni all’ingresso della tenda del convegno, giorno e notte osservando il c omandamento del Signore perché non moriate; così infatti mi è stato ordinato». Aronne e i suoi figli fecero quanto era stato ordinato dal Signore per mezzo di Mosè. L’ottavo giorno Mosè con
vocò Aronne i suoi figli e gli anziani d’Israele e disse ad Aronne: «Procù rati un vitello per il sacrif icio per il peccato e un ariete per l’olocausto tutti e due senza difetto e presentali davanti al Sig nore. Agli Israeliti dirai: “Prendete un capro per il sacrificio per il peccato un vitello e un agnello tutti e due di un anno senza difetto per l’olocausto un toro e un ariete per il sacrificio di comuni one da immolare davanti al Signore e infine un’oblazione impastata con olio, perché oggi il Sign ore si manifesterà a voi”». Essi dunque condussero davanti alla tenda del convegno quanto Mos è aveva ordinato; tutta la comunità si avvicinò e restarono in piedi davanti al Signore. Mosè diss e: «Ecco ciò che il Signore vi ha ordinato; fatelo e la gloria del Signore vi apparirà». Mosè disse a d Aronne: «Avvicìnati all’altare: offri il tuo sacrificio per il peccato e il tuo olocausto e compi il ri to espiatorio in favore tuo e in favore del popolo; presenta anche l’offerta del popolo e compi p er esso il rito espiatorio come il Signore ha ordinato». Aronne dunque si avvicinò all’altare e sca nnò il vitello del sacrificio per il proprio peccato. I suoi figli gli porsero il sangue ed egli vi intinse il dito lo spalmò sui corni dell’altare e sparse il resto del sangue alla base dell’altare; ma il grass o i reni e il lobo del fegato della vittima per il peccato li fece bruciare sopra l’altare come il Signo re aveva ordinato a Mosè. La carne e la pelle le bruciò nel fuoco fuori dell’accampamento. Poi s cannò l’olocausto; i figli di Aronne gli porsero il sangue ed egli lo sparse attorno all’altare. Gli po rsero anche la vittima dell’olocausto divisa in pezzi e la testa e le fece bruciare sull’altare. Lavò l e viscere e le zampe e le fece bruciare sull’olocausto sopra l’altare. Poi presentò l’offerta del po polo. Prese il capro destinato al sacrificio per il peccato del popolo lo scannò e lo offrì in sacrifici o per il peccato come il precedente. Quindi presentò l’olocausto e lo offrì secondo le prescrizion i stabilite. Presentò quindi l’oblazione ne prese una manciata piena e la fece bruciare sull’altare oltre all’olocausto della mattina. Scannò il toro e l’ariete in sacrificio di comunione per il popolo.
I figli di Aronne gli porsero il sangue ed egli lo sparse attorno all’altare. Gli porsero le parti grass e del toro e dell’ariete la coda il grasso aderente alle viscere i reni e il lobo del fegato: misero le parti grasse sui petti ed egli li fece bruciare sull’altare. I petti e la coscia destra Aronne li present ò con il rito di elevazione davanti al Signore come Mosè aveva ordinato. Aronne alzate le mani v erso il popolo lo benedisse; poi discese dopo aver compiuto il sacrificio per il peccato l’olocaust o e i sacrifici di comunione. Mosè e Aronne entrarono nella tenda del convegno; poi uscirono e benedissero il popolo e la gloria del Signore si manifestò a tutto il popolo. Un fuoco uscì dalla pr esenza del Signore e consumò sull’altare l’olocausto e le parti grasse; tutto il popolo vide mand arono grida di esultanza e si prostrarono con la faccia a terra. Ora Nadab e Abiu figli di Aronne p resero ciascuno un braciere vi misero dentro il fuoco e vi posero sopra dell’incenso e presentar ono davanti al Signore un fuoco illegittimo che il Signore non aveva loro ordinato. Ma un fuoco uscì dalla presenza del Signore e li divorò e morirono così davanti al Signore. Allora Mosè disse ad Aronne: «Di questo il Signore ha parlato quando ha detto: “In coloro che mi stanno vicino mi mostrerò santo e alla presenza di tutto il popolo sarò glorificato”». Aronne tacque. Mosè chiam ò Misaele ed Elsafàn figli di Uzzièl zio di Aronne e disse loro: «Avvicinatevi portate via questi vos tri fratelli dal santuario fuori dell’accampamento». Essi si avvicinarono e li portarono via con le l
oro tuniche, fuori dell’accampamento come Mosè aveva detto. Ad Aronne a Eleàzaro e a Itamàr suoi figli Mosè disse: «Non vi scarmigliate i capelli del capo e non vi stracciate le vesti perché n on moriate e il Signore non si adiri contro tutta la comunità ma i vostri fratelli tutta la casa d’Isr aele facciano pure lutto per coloro che il Signore ha distrutto con il fuoco. Non vi allontanate da ll’ingresso della tenda del convegno così che non moriate; perché l’olio dell’unzione del Signore è su di voi». Essi fecero come Mosè aveva detto. Il Signore parlò ad Aronne dicendo: «Non beve te vino o bevanda inebriante né tu né i tuoi figli quando dovete entrare nella tenda del convegn o perché non moriate. Sarà una legge perenne di generazione in generazione. Questo perché p ossiate distinguere ciò che è santo da ciò che è profano e ciò che è impuro da ciò che è puro e p ossiate insegnare agli Israeliti tutte le leggi che il Signore ha dato loro per mezzo di Mosè». Poi Mosè disse ad Aronne a Eleàzaro e a Itamàr figli superstiti di Aronne: «Prendete quel che è avan zato dell’oblazione dei sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore e mangiatelo senza liev ito presso l’altare perché è cosa santissima. Dovete mangiarlo in luogo santo perché è la parte c he spetta a te e ai tuoi figli tra i sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore: così mi è stat o ordinato. La coscia della vittima offerta come contributo e il petto della vittima offerta con il ri to di elevazione li mangerete tu i tuoi figli e le tue figlie con te in luogo puro; perché vi sono stat i dati come parte tua e dei tuoi figli tra i sacrifici di comunione degli Israeliti. Essi porteranno insi eme con le parti grasse da bruciare la coscia del contributo e il petto del rito di elevazione, perc hé siano ritualmente elevati davanti al Signore; questo spetterà a te e ai tuoi figli con te, per diri tto perenne come il Signore ha ordinato». Mosè si informò accuratamente circa il capro del sacr ificio per il peccato e seppe che era stato bruciato; allora si sdegnò contro Eleàzaro e contro Ita màr figli superstiti di Aronne dicendo: «Perché non avete mangiato la vittima del sacrificio per il peccato nel luogo santo? Infatti è cosa santissima. Il Signore ve l’ha data, perché tolga la colpa della comunità compiendo per loro il rito espiatorio davanti al Signore. Ecco il sangue della vitti ma non è stato portato dentro il santuario; voi avreste dovuto mangiarla nel santuario come io avevo ordinato». Aronne allora disse a Mosè: «Ecco oggi essi hanno offerto il loro sacrificio per i l peccato e il loro olocausto davanti al Signore; ma dopo le cose che mi sono capitate se oggi av essi mangiato la vittima del sacrificio per il peccato sarebbe stato bene agli occhi del Signore?».
Quando Mosè udì questo parve bene ai suoi occhi. Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse l oro: «Parlate agli Israeliti dicendo: “Questi sono gli animali che potrete mangiare fra tutte le bes tie che sono sulla terra. Potrete mangiare di ogni quadrupede che ha l’unghia bipartita divisa da una fessura e che rumina. Ma fra i ruminanti e gli animali che hanno l’unghia divisa non manger ete i seguenti: il cammello perché rumina ma non ha l’unghia divisa lo considererete impuro; l’ir àce perché rumina ma non ha l’unghia divisa lo considererete impuro; la lepre perché rumina m a non ha l’unghia divisa la considererete impura; il porco perché ha l’unghia bipartita da una fes sura ma non rumina lo considererete impuro. Non mangerete la loro carne e non toccherete i lo ro cadaveri; li considererete impuri. Fra tutti gli animali acquatici ecco quelli che potrete mangia re: potrete mangiare tutti quelli di mare o di fiume che hanno pinne e squame. Ma di tutti gli an
imali che si muovono o vivono nelle acque nei mari e nei fiumi quanti non hanno né pinne né sq uame saranno per voi obbrobriosi. Essi saranno per voi obbrobriosi; non mangerete la loro carn e e riterrete obbrobriosi i loro cadaveri. Tutto ciò che non ha né pinne né squame nelle acque s arà per voi obbrobrioso. Fra i volatili saranno obbrobriosi questi che non dovrete mangiare perc hé obbrobriosi: l’aquila l’avvoltoio e l’aquila di mare il nibbio e ogni specie di falco ogni specie di corvo lo struzzo la civetta il gabbiano e ogni specie di sparviero il gufo l’alcione l’ibis, il cigno il p ellicano la fòlaga la cicogna ogni specie di airone l’ù pupa e il pipistrello. Sarà per voi obbrobrios o anche ogni insetto alato che cammina su quattro piedi. Però fra tutti gli insetti alati che camm inano su quattro piedi potrete mangiare quelli che hanno due zampe sopra i piedi per saltare su lla terra. Perciò potrete mangiare i seguenti: ogni specie di cavalletta ogni specie di locusta ogni specie di acrìdi e ogni specie di grillo. Ogni altro insetto alato che ha quattro piedi sarà obbrobri oso per voi; infatti vi rendono impuri: chiunque toccherà il loro cadavere sarà impuro fino alla s era e chiunque trasporterà i loro cadaveri si dovrà lavare le vesti e sarà impuro fino alla sera. Rit errete impuro ogni animale che ha l’unghia ma non divisa da fessura e non rumina: chiunque li t occherà sarà impuro. Considererete impuri tutti i quadrupedi che camminano sulla pianta dei pi edi; chiunque ne toccherà il cadavere sarà impuro fino alla sera. E chiunque trasporterà i loro ca daveri si dovrà lavare le vesti e sarà impuro fino alla sera. Tali animali riterrete impuri. Fra gli ani mali che strisciano per terra riterrete impuro: la talpa il topo e ogni specie di sauri il toporagno l a lucertola il geco il ramarro il camaleonte. Questi animali fra quanti strisciano saranno impuri p er voi; chiunque li toccherà morti sarà impuro fino alla sera. Ogni oggetto sul quale cadrà morto qualcuno di essi sarà impuro: si tratti di utensile di legno oppure di veste o pelle o sacco o qual unque altro oggetto di cui si faccia uso; si immergerà nell’acqua e sarà impuro fino alla sera poi sarà puro. Se ne cade qualcuno in un vaso di terra quanto vi si troverà dentro sarà impuro e spe zzerete il vaso. Ogni cibo che serve di nutrimento sul quale cada quell’acqua sarà impuro; ogni b evanda potabile qualunque sia il vaso che la contiene sarà impura. Ogni oggetto sul quale cadrà qualche parte del loro cadavere sarà impuro; il forno o il fornello sarà spezzato: sono impuri e li dovete ritenere tali. Però una fonte o una cisterna cioè una raccolta di acqua resterà pura; ma c hi toccherà i loro cadaveri sarà impuro. Se qualcosa dei loro cadaveri cade su qualche seme che deve essere seminato questo sarà puro; ma se è stata versata acqua sul seme e vi cade qualche cosa dei loro cadaveri lo riterrai impuro. Se muore un animale di cui vi potete cibare colui che n e toccherà il cadavere sarà impuro fino alla sera. Colui che mangerà di quel cadavere si laverà le vesti e sarà impuro fino alla sera; anche colui che trasporterà quel cadavere si laverà le vesti e s arà impuro fino alla sera. Ogni essere che striscia sulla terra sarà obbrobrioso; non se ne mange rà. Di tutti gli animali che strisciano sulla terra non ne mangerete alcuno che cammini sul ventre o cammini con quattro piedi o con molti piedi poiché saranno obbrobriosi. Non rendete le vostr e persone contaminate con alcuno di questi animali che strisciano; non rendetevi impuri con es si e non diventate a causa loro impuri. Poiché io sono il Signore vostro Dio. Santificatevi dunque e siate santi perché io sono santo; non rendete impure le vostre persone con alcuno di questi a
nimali che strisciano per terra. Poiché io sono il Signore che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto per essere il vostro Dio; siate dunque santi perché io sono santo. Questa è la legge che riguarda i quadrupedi gli uccelli ogni essere vivente che si muove nelle acque e ogni essere che striscia p er terra per distinguere ciò che è impuro da ciò che è puro l’animale che si può mangiare da que llo che non si deve mangiare”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo: “Se una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio sarà impura per sette giorni; sarà im pura come nel tempo delle sue mestruazioni. L’ottavo giorno si circonciderà il prepuzio del bam bino. Poi ella resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna co sa santa e non entrerà nel santuario finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. M
a se partorisce una femmina sarà impura due settimane come durante le sue mestruazioni; rest erà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue. Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o per una figlia saranno compiuti, porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del conveg no un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio per il peccato.
Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito espiatorio per lei; ella sarà purificata dal flus so del suo sangue. Questa è la legge che riguarda la donna quando partorisce un maschio o una femmina. Se non ha mezzi per offrire un agnello prenderà due tortore o due colombi: uno per l’
olocausto e l’altro per il sacrificio per il peccato. Il sacerdote compirà il rito espiatorio per lei ed ella sarà pura”». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del cor po un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra quel tal e sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti suoi figli. Il sacerdote esamin erà la piaga sulla pelle del corpo: se il pelo della piaga è diventato bianco e la piaga appare com e incavata rispetto alla pelle del corpo è piaga di lebbra; il sacerdote dopo averlo esaminato dic hiarerà quell’uomo impuro. Ma se la macchia sulla pelle del corpo è bianca e non appare incava ta rispetto alla pelle e il suo pelo non è diventato bianco il sacerdote isolerà per sette giorni colu i che ha la piaga. Al settimo giorno il sacerdote l’esaminerà ancora; se gli parrà che la piaga si sia fermata senza allargarsi sulla pelle il sacerdote lo isolerà per altri sette giorni. Il sacerdote il sett imo giorno lo esaminerà di nuovo: se vedrà che la piaga non è più bianca e non si è allargata sull a pelle dichiarerà quell’uomo puro; è una pustola. Quello si laverà le vesti e sarà puro. Ma se la pustola si è allargata sulla pelle dopo che egli si è mostrato al sacerdote per essere dichiarato p uro si farà esaminare di nuovo dal sacerdote: il sacerdote l’esaminerà e se vedrà che la pustola si è allargata sulla pelle il sacerdote lo dichiarerà impuro; è lebbra. Se qualcuno avrà addosso un a piaga di lebbra sarà condotto dal sacerdote, ed egli lo esaminerà: se vedrà che sulla pelle c’è u n tumore bianco che questo tumore ha fatto imbiancare il pelo e che nel tumore si trova carne viva, è lebbra inveterata nella pelle del corpo e il sacerdote lo dichiarerà impuro; non c’è bisogn o che lo tenga ancora isolato perché certo è impuro. Se la lebbra si propaga sulla pelle in modo da coprire tutta la pelle di colui che ha la piaga dal capo ai piedi dovunque il sacerdote guardi q uesti lo esaminerà e se vedrà che la lebbra copre tutto il corpo dichiarerà puro l’individuo affett o dal morbo: essendo tutto bianco è puro. Ma quando apparirà in lui carne viva allora sarà impu
ro. Il sacerdote vista la carne viva lo dichiarerà impuro: la carne viva è impura; è lebbra. Ma se l a carne viva ridiventa bianca egli vada dal sacerdote e il sacerdote lo esaminerà: se vedrà che la piaga è ridiventata bianca il sacerdote dichiarerà puro colui che ha la piaga; è puro. Se qualcuno ha avuto sulla pelle del corpo un’ulcera che sia guarita e poi sul luogo dell’ulcera appaia un tum ore bianco o una macchia bianco-rossastra, quel tale si mostrerà al sacerdote il quale l’esaminerà e se vedrà che la macchia è info ssata rispetto alla pelle e che il pelo è diventato bianco il sacerdote lo dichiarerà impuro: è una piaga di lebbra che è scoppiata nell’ulcera. Ma se il sacerdote esaminandola vede che nella mac chia non ci sono peli bianchi che non appare infossata rispetto alla pelle ma che si è attenuata il sacerdote lo isolerà per sette giorni. Se la macchia si allarga sulla pelle il sacerdote lo dichiarerà impuro: è una piaga di lebbra. Ma se la macchia è rimasta allo stesso punto senza allargarsi è un a cicatrice di ulcera e il sacerdote lo dichiarerà puro. Oppure se qualcuno ha sulla pelle del corp o una scottatura prodotta da fuoco e su questa appaia una macchia lucida bianco-rossastra o soltanto bianca il sacerdote l’esaminerà: se vedrà che il pelo della macchia è diventa to bianco e la macchia appare incavata rispetto alla pelle è lebbra scoppiata nella scottatura. Il s acerdote lo dichiarerà impuro: è una piaga di lebbra. Ma se il sacerdote esaminandola vede che non c’è pelo bianco nella macchia e che essa non è infossata rispetto alla pelle e si è attenuata il sacerdote lo isolerà per sette giorni. Al settimo giorno il sacerdote lo esaminerà e se la macchia si è diffusa sulla pelle il sacerdote lo dichiarerà impuro: è una piaga di lebbra. Ma se la macchia è rimasta ferma nella stessa zona e non si è diffusa sulla pelle ma si è attenuata è un gonfiore d ovuto a bruciatura; il sacerdote dichiarerà quel tale puro perché si tratta di una cicatrice della b ruciatura. Se un uomo o una donna ha una piaga sul capo o sul mento il sacerdote esaminerà la piaga: se riscontra che essa è incavata rispetto alla pelle e che vi è del pelo gialliccio e sottile il s acerdote lo dichiarerà impuro; è tigna lebbra del capo o del mento. Ma se il sacerdote esamina ndo la piaga della tigna riscontra che non è incavata rispetto alla pelle e che non vi è pelo scuro il sacerdote isolerà per sette giorni la persona affetta da tigna. Se il sacerdote esaminando al set timo giorno la piaga vedrà che la tigna non si è allargata e che non vi è pelo gialliccio e che la tig na non appare incavata rispetto alla pelle quella persona si raderà ma non raderà il luogo dove è la tigna; il sacerdote la terrà isolata per altri sette giorni. Al settimo giorno il sacerdote esamin erà la tigna: se riscontra che la tigna non si è allargata sulla pelle e non appare incavata rispetto alla pelle il sacerdote la dichiarerà pura; quella persona si laverà le vesti e sarà pura. Ma se dop o che sarà stata dichiarata pura la tigna si allargherà sulla pelle, il sacerdote l’esaminerà: se not a che la tigna si è allargata sulla pelle non starà a cercare se vi è il pelo giallo; quella persona è i mpura. Ma se vedrà che la tigna si è fermata e vi è cresciuto il pelo scuro la tigna è guarita; quell a persona è pura e il sacerdote la dichiarerà tale. Se un uomo o una donna ha sulla pelle del cor po macchie lucide bianche, il sacerdote le esaminerà: se vedrà che le macchie sulla pelle del lor o corpo sono di un bianco pallido è un’eruzione cutanea; quella persona è pura. Chi perde i cap elli del capo è calvo ma è puro. Se i capelli gli sono caduti dal lato della fronte è calvo davanti m
a è puro. Ma se sulla parte calva del cranio o della fronte appare una piaga bianco-rossastra è lebbra scoppiata sulla calvizie del cranio o della fronte; il sacerdote lo esaminerà: se riscontra che il tumore della piaga nella parte calva del cranio o della fronte è bianco-rossastro simile alla lebbra della pelle del corpo quel tale è un lebbroso; è impuro e lo dovrà dic hiarare impuro: il male lo ha colpito al capo. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappat e e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà im puro finché durerà in lui il male; è impuro se ne starà solo abiterà fuori dell’accampamento. Qu ando apparirà una macchia di lebbra su una veste di lana o di lino, nel tessuto o nel manufatto di lino o di lana su una pelliccia o qualunque altra cosa di cuoio se la macchia sarà verdastra o ro ssastra sulla veste o sulla pelliccia sul tessuto o sul manufatto o su qualunque cosa di cuoio è m acchia di lebbra e sarà mostrata al sacerdote. Il sacerdote esaminerà la macchia e rinchiuderà p er sette giorni l’oggetto che ha la macchia. Al settimo giorno esaminerà la macchia: se la macchi a si sarà allargata sulla veste o sul tessuto o sul manufatto o sulla pelliccia o sull’oggetto di cuoi o per qualunque uso è una macchia di lebbra maligna è cosa impura. Egli brucerà quella veste o il tessuto o il manufatto di lana o di lino o qualunque oggetto fatto di pelle sul quale è la macchi a; poiché è lebbra maligna saranno bruciati nel fuoco. Ma se il sacerdote esaminandola vedrà c he la macchia non si è allargata sulle vesti o sul tessuto o sul manufatto o su qualunque oggetto di cuoio il sacerdote ordinerà che si lavi l’oggetto su cui è la macchia e lo rinchiuderà per altri s ette giorni. Il sacerdote esaminerà la macchia dopo che sarà stata lavata: se vedrà che la macchi a non ha mutato colore benché non si sia allargata è un oggetto impuro; lo brucerai nel fuoco: v i è corrosione sia sul diritto sia sul rovescio dell’oggetto. Se il sacerdote esaminandola vede che la macchia dopo essere stata lavata si è attenuata la strapperà dalla veste o dalla pelle o dal tes suto o dal manufatto. Se appare ancora sulla veste o sul tessuto o sul manufatto o sull’oggetto di cuoio, è un’eruzione in atto; brucerai nel fuoco l’oggetto su cui è la macchia. La veste o il tess uto o il manufatto o qualunque oggetto di cuoio che avrai lavato e dal quale la macchia sarà sco mparsa si laverà una seconda volta e sarà puro. Questa è la legge relativa alla macchia di lebbra sopra una veste di lana o di lino, sul tessuto o sul manufatto o su qualunque oggetto di pelle per dichiararli puri o impuri». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Questa è la legge che si riferisce al le bbroso per il giorno della sua purificazione. Egli sarà condotto al sacerdote. Il sacerdote uscirà d all’accampamento e lo esaminerà: se riscontrerà che la piaga della lebbra è guarita nel lebbroso ordinerà che si prendano per la persona da purificare due uccelli vivi puri legno di cedro panno scarlatto e issòpo. Il sacerdote ordinerà di immolare uno degli uccelli in un vaso di terracotta co n acqua corrente. Poi prenderà l’uccello vivo il legno di cedro il panno scarlatto e l’issòpo e li im mergerà con l’uccello vivo nel sangue dell’uccello sgozzato sopra l’acqua corrente. Ne aspergerà sette volte colui che deve essere purificato dalla lebbra; lo dichiarerà puro e lascerà andare libe ro per i campi l’uccello vivo. Colui che è purificato si laverà le vesti si raderà tutti i peli si laverà n ell’acqua e sarà puro. Dopo questo potrà entrare nell’accampamento ma per sette giorni rester à fuori della sua tenda. Il settimo giorno si raderà tutti i peli il capo la barba le ciglia insomma tu
tti i peli; si laverà le vesti e si bagnerà il corpo nell’acqua e sarà puro. L’ottavo giorno prenderà d ue agnelli senza difetto un’agnella di un anno senza difetto tre decimi di efa di fior di farina imp astata con olio come oblazione e un log di olio; il sacerdote che compie il rito di purificazione pr esenterà l’uomo che si purifica e le cose suddette davanti al Signore all’ingresso della tenda del convegno. Il sacerdote prenderà uno degli agnelli e lo presenterà come sacrificio di riparazione con il log d’olio e li offrirà con il rito di elevazione davanti al Signore. Poi scannerà l’agnello nel l uogo dove si scanna la vittima per il peccato e l’olocausto cioè nel luogo santo. Come il sacrifici o per il peccato anche quello di riparazione spetta al sacerdote: è cosa santissima. Il sacerdote p renderà del sangue della vittima per il sacrificio di riparazione e lo metterà sul lobo dell’orecchi o destro di colui che si purifica sul pollice della mano destra e sull’alluce del piede destro. Poi pr eso un po’ d’olio dal log lo verserà sulla palma della sua mano sinistra; intingerà il dito della des tra nell’olio che ha nella palma sinistra con il dito spruzzerà sette volte quell’olio davanti al Sign ore. Quanto resta dell’olio che tiene nella palma della mano il sacerdote lo metterà sul lobo dell
’orecchio destro di colui che si purifica sul pollice della mano destra e sull’alluce del piede destr o insieme al sangue della vittima del sacrificio di riparazione. Il resto dell’olio che ha nella palma il sacerdote lo verserà sul capo di colui che si purifica; il sacerdote compirà per lui il rito espiato rio davanti al Signore. Poi il sacerdote offrirà il sacrificio per il peccato e compirà il rito espiatori o per colui che si purifica della sua impurità. Quindi scannerà l’olocausto. Offerto l’olocausto e l’
oblazione sull’altare il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio e sarà puro. Se quel tale è pov ero e non ha mezzi sufficienti prenderà un agnello come sacrificio di riparazione da offrire con il rito di elevazione per compiere l’espiazione per lui e un decimo di efa di fior di farina impastata con olio come oblazione e un log di olio. Prenderà anche due tortore o due colombi secondo i s uoi mezzi; uno sarà per il sacrificio per il peccato e l’altro per l’olocausto. L’ottavo giorno porter à per la sua purificazione queste cose al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno, davant i al Signore. Il sacerdote prenderà l’agnello del sacrificio di riparazione e il log d’olio e li present erà con il rito di elevazione davanti al Signore. Poi scannerà l’agnello del sacrificio di riparazione prenderà del sangue della vittima di riparazione e lo metterà sul lobo dell’orecchio destro di col ui che si purifica, sul pollice della mano destra e sull’alluce del piede destro. Il sacerdote si verse rà un po’ dell’olio sulla palma della mano sinistra. Con il dito della sua destra spruzzerà sette vol te l’olio che tiene nella palma sinistra davanti al Signore. Poi porrà un po’ d’olio che tiene nella palma sul lobo dell’orecchio destro di colui che si purifica sul pollice della mano destra e sull’all uce del piede destro sul luogo dove ha messo il sangue della vittima per il sacrificio di riparazion e. Il resto dell’olio che ha nella palma il sacerdote lo verserà sul capo di colui che si purifica per c ompiere il rito espiatorio per lui davanti al Signore. Poi sacrificherà una delle tortore o uno dei d ue colombi che ha potuto procurarsi; delle vittime che ha in mano una l’offrirà come sacrificio p er il peccato e l’altra come olocausto insieme con l’oblazione. Il sacerdote compirà il rito espiato rio davanti al Signore per colui che si deve purificare. Questa è la legge relativa a colui che è affe tto da piaga di lebbra e non ha mezzi per conseguire la sua purificazione». Il Signore parlò a Mo
sè e ad Aronne e disse: «Quando sarete entrati nella terra di Canaan che io sto per darvi in poss esso qualora io mandi un’infezione di lebbra in una casa della terra di vostra proprietà il padron e della casa andrà a dichiararlo al sacerdote dicendo: “Mi pare che in casa mia ci sia come della l ebbra”. Allora il sacerdote ordinerà di sgomberare la casa prima che egli vi entri per esaminare l a macchia sospetta perché quanto è nella casa non diventi impuro. Dopo questo il sacerdote en trerà per esaminare la casa. Esaminerà dunque la macchia: se vedrà che la macchia sui muri dell a casa consiste in cavità verdastre o rossastre che appaiono più profonde della superficie della p arete il sacerdote uscirà sulla porta della casa e farà chiudere la casa per sette giorni. Il settimo giorno il sacerdote vi tornerà e se esaminandola riscontrerà che la macchia si è allargata sulle p areti della casa il sacerdote ordinerà che si rimuovano le pietre intaccate e si gettino in luogo im puro fuori della città. Farà raschiare tutto l’interno della casa e butteranno i calcinacci rimossi fu ori della città in luogo impuro. Poi si prenderanno altre pietre e si metteranno al posto delle pri me e si intonacherà la casa con altra calce. Se la macchia spunta di nuovo nella casa dopo che le pietre ne sono state rimosse e la casa è stata raschiata e di nuovo intonacata il sacerdote entre rà a esaminare la casa: se troverà che la macchia vi si è allargata nella casa vi è lebbra maligna; l a casa è impura. Perciò si demolirà la casa; pietre legname e calcinacci si porteranno fuori della città in luogo impuro. Inoltre chiunque sarà entrato in quella casa mentre era chiusa sarà impur o fino alla sera. Sia chi avrà dormito in quella casa sia chi vi avrà mangiato dovrà lavarsi le vesti.
Se invece il sacerdote che è entrato nella casa e l’ha esaminata riscontra che la macchia non si è allargata nella casa dopo che la casa è stata intonacata dichiarerà la casa pura perché la macchi a è risanata. Poi per purificare la casa, prenderà due uccelli legno di cedro panno scarlatto e issò po; immolerà uno degli uccelli in un vaso di terra con dentro acqua corrente. Prenderà il legno d i cedro l’issòpo il panno scarlatto e l’uccello vivo e li immergerà nel sangue dell’uccello immolat o e nell’acqua corrente e ne aspergerà sette volte la casa. Purificata la casa con il sangue dell’uc cello con l’acqua corrente con l’uccello vivo con il legno di cedro con l’issòpo e con il panno scar latto, lascerà andare libero l’uccello vivo fuori della città nella campagna; così compirà il rito esp iatorio per la casa ed essa sarà pura. Questa è la legge per ogni sorta di infezione di lebbra o di t igna, per la lebbra delle vesti e della casa per i tumori le pustole e le macchie per determinare q uando una cosa è impura e quando è pura. Questa è la legge per la lebbra». Il Signore parlò a M
osè e ad Aronne e disse: «Parlate agli Israeliti dicendo loro: “Se un uomo soffre di gonorrea nell a sua carne la sua gonorrea è impura. Questa è la condizione di impurità per la gonorrea: sia ch e la carne lasci uscire il liquido sia che lo trattenga si tratta di impurità. Ogni giaciglio sul quale si coricherà chi è affetto da gonorrea sarà impuro; ogni oggetto sul quale si siederà sarà impuro.
Chi toccherà il giaciglio di costui dovrà lavarsi le vesti e bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fin o alla sera. Chi si siederà sopra un oggetto qualunque sul quale si sia seduto colui che soffre di g onorrea dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fino alla sera. Chi toccherà il corpo di colui che è affetto da gonorrea si laverà le vesti si bagnerà nell’acqua e resterà impuro fino alla sera. Se colui che ha la gonorrea sputerà sopra uno che è puro questi dovrà lavarsi le ve
sti bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fino alla sera. Ogni sella su cui monterà chi ha la gonorr ea sarà impura. Chiunque toccherà qualsiasi cosa che sia stata sotto quel tale, resterà impuro fi no alla sera. Chi porterà tali oggetti dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fi no alla sera. Chiunque sarà toccato da colui che ha la gonorrea se questi non si era lavato le ma ni dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e resterà impuro fino alla sera. Il recipiente di terrac otta toccato da colui che soffre di gonorrea sarà spezzato; ogni vaso di legno sarà lavato nell’ac qua. Quando uno sarà guarito dalla sua gonorrea conterà sette giorni dalla sua guarigione; poi s i laverà le vesti bagnerà il suo corpo nell’acqua corrente e sarà puro. L’ottavo giorno prenderà d ue tortore o due colombi verrà davanti al Signore all’ingresso della tenda del convegno e li cons egnerà al sacerdote, il quale ne offrirà uno come sacrificio per il peccato l’altro come olocausto; il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio davanti al Signore per la sua gonorrea. L’uomo che avrà avuto un’emissione seminale si laverà tutto il corpo nell’acqua e resterà impuro fino alla se ra. Ogni veste o pelle su cui vi sarà un’emissione seminale dovrà essere lavata nell’acqua e reste rà impura fino alla sera. La donna e l’uomo che abbiano avuto un rapporto con emissione semin ale si laveranno nell’acqua e resteranno impuri fino alla sera. Quando una donna abbia flusso di sangue cioè il flusso nel suo corpo per sette giorni resterà nell’impurità mestruale; chiunque la toccherà sarà impuro fino alla sera. Ogni giaciglio sul quale si sarà messa a dormire durante la s ua impurità mestruale sarà impuro; ogni mobile sul quale si sarà seduta sarà impuro. Chiunque toccherà il suo giaciglio dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e sarà impuro fino alla sera. Chi toccherà qualunque mobile sul quale lei si sarà seduta dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e sarà impuro fino alla sera. Se un oggetto si trova sul letto o su qualche cosa su cui lei si è sedu ta chiunque toccherà questo oggetto sarà impuro fino alla sera. Se un uomo ha rapporto intimo con lei l’impurità mestruale viene a contatto con lui: egli resterà impuro per sette giorni e ogni giaciglio sul quale si coricherà resterà impuro. La donna che ha un flusso di sangue per molti gio rni fuori del tempo delle mestruazioni o che lo abbia più del normale sarà impura per tutto il te mpo del flusso come durante le sue mestruazioni. Ogni giaciglio sul quale si coricherà durante t utto il tempo del flusso sarà per lei come il giaciglio sul quale si corica quando ha le mestruazion i; ogni oggetto sul quale siederà sarà impuro come lo è quando lei ha le mestruazioni. Chiunque toccherà quelle cose sarà impuro; dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’acqua e sarà impuro fino al la sera. Se sarà guarita dal suo flusso conterà sette giorni e poi sarà pura. L’ottavo giorno prend erà due tortore o due colombi e li porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno. Il s acerdote ne offrirà uno come sacrificio per il peccato e l’altro come olocausto e compirà per lei i l rito espiatorio davanti al Signore per il flusso che la rendeva impura. Avvertite gli Israeliti di ciò che potrebbe renderli impuri perché non muoiano per la loro impurità qualora rendessero imp ura la mia Dimora che è in mezzo a loro. Questa è la legge per colui che ha la gonorrea o ha avu to un’emissione seminale che lo rende impuro e la legge per colei che è indisposta a causa delle mestruazioni, cioè per l’uomo o per la donna che abbiano il flusso e per l’uomo che si corichi co n una donna in stato di impurità”». Il Signore parlò a Mosè dopo che i due figli di Aronne erano
morti mentre si presentavano davanti al Signore. Il Signore disse a Mosè: «Parla ad Aronne tuo f ratello: non entri in qualunque tempo nel santuario oltre il velo davanti al propiziatorio che sta sull’arca affinché non muoia quando io apparirò in mezzo alla nube sul propiziatorio. Aronne en trerà nel santuario in questo modo: con un giovenco per il sacrificio per il peccato e un ariete pe r l’olocausto. Si metterà la tunica sacra di lino, indosserà sul corpo i calzoni di lino si cingerà dell a cintura di lino e si metterà in capo il turbante di lino. Sono queste le vesti sacre che indosserà dopo essersi lavato il corpo con l’acqua. Dalla comunità degli Israeliti prenderà due capri per il s acrificio per il peccato e un ariete per l’olocausto. Aronne offrirà il proprio giovenco del sacrifici o per il peccato e compirà il rito espiatorio per sé e per la sua casa. Poi prenderà i due capri e li f arà stare davanti al Signore all’ingresso della tenda del convegno e getterà le sorti sui due capri: un capro destinato al Signore e l’altro ad Azazèl. Aronne farà quindi avvicinare il capro che è to ccato in sorte al Signore e l’offrirà in sacrificio per il peccato; invece il capro che è toccato in sor te ad Azazèl sarà posto vivo davanti al Signore perché si compia il rito espiatorio su di esso e sia mandato poi ad Azazèl nel deserto. Aronne offrirà il proprio giovenco del sacrificio per il peccat o e compirà il rito espiatorio per sé e per la sua casa e scannerà il proprio giovenco del sacrificio per il peccato. Poi prenderà l’incensiere pieno di brace tolta dall’altare davanti al Signore e due manciate d’incenso aromatico fine; porterà ogni cosa oltre il velo. Metterà l’incenso sul fuoco d avanti al Signore e la nube d’incenso coprirà il propiziatorio che sta sulla Testimonianza affinché non muoia. Poi prenderà un po’ del sangue del giovenco e ne aspergerà con il dito il propiziator io dal lato orientale e farà sette volte l’aspersione del sangue con il dito davanti al propiziatorio.
Poi scannerà il capro del sacrificio per il peccato quello per il popolo e ne porterà il sangue oltre il velo; farà con questo sangue quello che ha fatto con il sangue del giovenco: lo aspergerà sul p ropiziatorio e davanti al propiziatorio. Così purificherà il santuario dalle impurità degli Israeliti e dalle loro ribellioni insieme a tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda del convegno che si trova fra di loro in mezzo alle loro impurità. Nessuno dovrà trovarsi nella tenda del convegno da quando egli entrerà nel santuario per compiere il rito espiatorio fino a quando non sarà uscito e non avrà compiuto il rito espiatorio per sé per la sua casa e per tutta la comunità d’Israele. Us cito dunque verso l’altare che è davanti al Signore lo purificherà, prenderà un po’ del sangue del giovenco e del sangue del capro e lo spalmerà sui corni intorno all’altare. Farà per sette volte l’
aspersione del sangue con il dito sopra l’altare; così lo purificherà e lo santificherà dalle impurit à degli Israeliti. Quando avrà finito di purificare il santuario la tenda del convegno e l’altare, farà accostare il capro vivo. Aronne poserà entrambe le mani sul capo del capro vivo confesserà su di esso tutte le colpe degli Israeliti tutte le loro trasgressioni tutti i loro peccati e li riverserà sull a testa del capro; poi per mano di un uomo incaricato di ciò lo manderà via nel deserto. Così il c apro porterà sopra di sé tutte le loro colpe in una regione remota ed egli invierà il capro nel des erto. Poi Aronne entrerà nella tenda del convegno si toglierà le vesti di lino che aveva indossato per entrare nel santuario e le deporrà in quel luogo. Laverà il suo corpo nell’acqua in luogo sant o indosserà le sue vesti e uscirà ad offrire il suo olocausto e l’olocausto del popolo e compirà il r
ito espiatorio per sé e per il popolo. E farà bruciare sull’altare le parti grasse della vittima del sa crificio per il peccato. Colui che avrà inviato il capro destinato ad Azazèl si laverà le vesti laverà il suo corpo nell’acqua; dopo rientrerà nell’accampamento. Farà portare fuori dall’accampament o il giovenco del sacrificio per il peccato e il capro del sacrificio per il peccato il cui sangue è stat o introdotto nel santuario per compiere il rito espiatorio; se ne bruceranno nel fuoco la pelle la carne e gli escrementi. Colui che li avrà bruciati dovrà lavarsi le vesti e bagnarsi il corpo nell’acq ua; dopo rientrerà nell’accampamento. Questa sarà per voi una legge perenne: nel settimo mes e nel decimo giorno del mese, vi umilierete vi asterrete da qualsiasi lavoro sia colui che è nativo del paese sia il forestiero che soggiorna in mezzo a voi poiché in quel giorno si compirà il rito es piatorio per voi al fine di purificarvi da tutti i vostri peccati. Sarete purificati davanti al Signore. S
arà per voi un sabato di riposo assoluto e voi vi umilierete; è una legge perenne. Compirà il rito espiatorio il sacerdote che ha ricevuto l’unzione e l’investitura per succedere nel sacerdozio al p osto di suo padre; si vestirà delle vesti di lino, delle vesti sacre. Purificherà la parte più santa del santuario, purificherà la tenda del convegno e l’altare; farà l’espiazione per i sacerdoti e per tut to il popolo della comunità. Questa sarà per voi una legge perenne: una volta all’anno si compir à il rito espiatorio in favore degli Israeliti per tutti i loro peccati». E si fece come il Signore aveva ordinato a Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne ai suoi figli e a tutti gli Israeli ti dicendo loro: “Questo il Signore ha ordinato: Ogni Israelita che scanni un giovenco o un agnell o o una capra entro l’accampamento o fuori dell’accampamento e non lo porti all’ingresso della tenda del convegno per presentarlo come offerta al Signore davanti alla Dimora del Signore sar à considerato colpevole di delitto di sangue: ha sparso il sangue e quest’uomo sarà eliminato da l suo popolo. Perciò gli Israeliti invece di immolare come fanno le loro vittime nei campi le prese nteranno in onore del Signore portandole al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno e le immoleranno in onore del Signore come sacrifici di comunione. Il sacerdote ne spanderà il sang ue sull’altare del Signore all’ingresso della tenda del convegno e farà bruciare il grasso come pr ofumo gradito in onore del Signore. Essi non offriranno più i loro sacrifici ai satiri ai quali soglion o prostituirsi. Questa sarà per loro una legge perenne di generazione in generazione”. Dirai loro ancora: “Ogni uomo Israelita o straniero dimorante in mezzo a loro che offra un olocausto o un sacrificio senza portarlo all’ingresso della tenda del convegno per offrirlo in onore del Signore q uest’uomo sarà eliminato dal suo popolo. Ogni uomo Israelita o straniero dimorante in mezzo a loro che mangi di qualsiasi specie di sangue contro di lui che ha mangiato il sangue io volgerò il mio volto e lo eliminerò dal suo popolo. Poiché la vita della carne è nel sangue. Perciò vi ho con cesso di porlo sull’altare in espiazione per le vostre vite; perché il sangue espia in quanto è la vit a. Perciò ho detto agli Israeliti: Nessuno tra voi mangerà il sangue, neppure lo straniero che dim ora fra voi mangerà sangue. Se qualcuno degli Israeliti o degli stranieri che dimorano fra di loro prende alla caccia un animale o un uccello che si può mangiare ne deve spargere il sangue e cop rirlo di terra; perché la vita di ogni essere vivente è il suo sangue in quanto è la sua vita. Perciò h o ordinato agli Israeliti: Non mangerete sangue di alcuna specie di essere vivente, perché il sang
ue è la vita di ogni carne; chiunque ne mangerà sarà eliminato. Ogni persona nativa o straniera che mangi carne di bestia morta naturalmente o sbranata, dovrà lavarsi le vesti bagnarsi nell’ac qua e resterà impura fino alla sera; allora sarà pura. Ma se non si lava le vesti e il corpo porterà l a pena della sua colpa”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Io so no il Signore vostro Dio. Non farete come si fa nella terra d’Egitto dove avete abitato né farete c ome si fa nella terra di Canaan dove io vi conduco, né imiterete i loro costumi. Metterete invece in pratica le mie prescrizioni e osserverete le mie leggi seguendole. Io sono il Signore vostro Dio
. Osserverete dunque le mie leggi e le mie prescrizioni mediante le quali chiunque le metterà in pratica vivrà. Io sono il Signore. Nessuno si accosterà a una sua consanguinea per scoprire la sua nudità. Io sono il Signore. Non scoprirai la nudità di tuo padre né la nudità di tua madre: è tua madre; non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità di una moglie di tuo padre; è la nudit à di tuo padre. Non scoprirai la nudità di tua sorella figlia di tuo padre o figlia di tua madre nata in casa o fuori; non scoprirai la loro nudità. Non scoprirai la nudità della figlia di tuo figlio o della figlia di tua figlia, perché è la tua propria nudità. Non scoprirai la nudità della figlia di una mogli e di tuo padre generata da tuo padre: è tua sorella non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità della sorella di tuo padre; è carne di tuo padre. Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre perché è carne di tua madre. Non scoprirai la nudità del fratello di tuo padre avendo rap porti con sua moglie: è tua zia. Non scoprirai la nudità di tua nuora: è la moglie di tuo figlio; non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità di tua cognata: è la nudità di tuo fratello. Non sc oprirai la nudità di una donna e di sua figlia. Non prenderai la figlia di suo figlio né la figlia di sua figlia per scoprirne la nudità: sono parenti carnali. è un’infamia. Non prenderai in sposa la sorell a di tua moglie per non suscitare rivalità scoprendo la sua nudità mentre tua moglie è in vita. N
on ti accosterai a donna per scoprire la sua nudità durante l’impurità mestruale. Non darai il tuo giaciglio alla moglie del tuo prossimo rendendoti impuro con lei. Non consegnerai alcuno dei tu oi figli per farlo passare a Moloc e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non ti coricherai con un uomo come si fa con una donna: è cosa abominevole. Non darai il tuo giacigli o a una bestia per contaminarti con essa; così nessuna donna si metterà con un animale per acc oppiarsi: è una perversione. Non rendetevi impuri con nessuna di tali pratiche poiché con tutte queste cose si sono rese impure le nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. La terra ne è st ata resa impura; per questo ho punito la sua colpa e la terra ha vomitato i suoi abitanti. Voi dun que osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni e non commetterete nessuna di queste pratich e abominevoli: né colui che è nativo della terra né il forestiero che dimora in mezzo a voi. Poich é tutte queste cose abominevoli le ha commesse la gente che vi era prima di voi e la terra è dive nuta impura. Che la terra non vomiti anche voi per averla resa impura come ha vomitato chi l’a bitava prima di voi perché chiunque praticherà qualcuna di queste abominazioni ogni persona c he le commetterà sarà eliminata dal suo popolo. Osserverete dunque i miei ordini e non seguire te alcuno di quei costumi abominevoli che sono stati praticati prima di voi; non vi renderete im puri a causa di essi. Io sono il Signore, vostro Dio”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutt
a la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi perché io il Signore vostro Dio sono santo.
Ognuno di voi rispetti sua madre e suo padre; osservate i miei sabati. Io sono il Signore, vostro Dio. Non rivolgetevi agli idoli e non fatevi divinità di metallo fuso. Io sono il Signore, vostro Dio.
Quando immolerete al Signore una vittima in sacrificio di comunione offritela in modo da esser gli graditi. La si mangerà il giorno stesso che l’avrete immolata o il giorno dopo; ciò che avanzer à ancora al terzo giorno lo brucerete nel fuoco. Se invece si mangiasse il terzo giorno sarebbe av ariata; il sacrificio non sarebbe gradito. Chiunque ne mangiasse porterebbe la pena della sua col pa perché profanerebbe ciò che è sacro al Signore. Quella persona sarebbe eliminata dal suo po polo. Quando mieterete la messe della vostra terra non mieterete fino ai margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare della messe; quanto alla tua vigna, non coglierai i racim oli e non raccoglierai gli acini caduti: li lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore vostro Dio. Non ruberete né userete inganno o menzogna a danno del prossimo. Non giurerete i l falso servendovi del mio nome: profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non oppri merai il tuo prossimo né lo spoglierai di ciò che è suo; non tratterrai il salario del bracciante al t uo servizio fino al mattino dopo. Non maledirai il sordo né metterai inciampo davanti al cieco m a temerai il tuo Dio. Io sono il Signore. Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai co n parzialità il povero né userai preferenze verso il potente: giudicherai il tuo prossimo con giusti zia. Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo pro ssimo. Io sono il Signore. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apert amente il tuo prossimo così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serb erai rancore contro i figli del tuo popolo ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Sig nore. Osserverete le mie leggi. Non accoppierai bestie di specie differenti; non seminerai il tuo c ampo con due specie di seme né porterai veste tessuta di due specie diverse. Se un uomo ha ra pporti con una donna schiava ma promessa ad un altro uomo benché non sia stata ancora né ris cattata né affrancata dovrà pagare un risarcimento; i colpevoli però non saranno messi a morte perché lei non era affrancata. L’uomo condurrà al Signore all’ingresso della tenda del convegno in sacrificio di riparazione un ariete; con questo ariete di riparazione il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio davanti al Signore per il peccato da lui commesso e il peccato commesso gli sar à perdonato. Quando sarete entrati nella terra e vi avrete piantato ogni sorta di alberi da frutto ne considererete i frutti come non circoncisi; per tre anni saranno per voi come non circoncisi: n on se ne dovrà mangiare. Nel quarto anno tutti i loro frutti saranno consacrati al Signore, come dono festivo. Nel quinto anno mangerete il frutto di quegli alberi; così essi continueranno a pro durre per voi. Io sono il Signore vostro Dio. Non mangerete carne con il sangue. Non praticheret e alcuna sorta di divinazione o di magia. Non vi taglierete in tondo il margine dei capelli né detu rperai ai margini la tua barba. Non vi farete incisioni sul corpo per un defunto né vi farete segni di tatuaggio. Io sono il Signore. Non profanare tua figlia prostituendola perché il paese non si di a alla prostituzione e non si riempia di infamie. Osserverete i miei sabati e porterete rispetto al mio santuario. Io sono il Signore. Non vi rivolgete ai negromanti né agli indovini; non li consultat
e per non rendervi impuri per mezzo loro. Io sono il Signore vostro Dio. àlzati davanti a chi ha i c apelli bianchi onora la persona del vecchio e temi il tuo Dio. Io sono il Signore. Quando un forest iero dimorerà presso di voi nella vostra terra non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete sta ti forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio. Non commetterete ingiustizia nei giud izi nelle misure di lunghezza nei pesi o nelle misure di capacità. Avrete bilance giuste pesi giusti efa giusta hin giusto. Io sono il Signore vostro Dio che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto. Osse rverete dunque tutte le mie leggi e tutte le mie prescrizioni e le metterete in pratica. Io sono il S
ignore”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Dirai agli Israeliti: “Chiunque tra gli Israeliti o tra i for estieri che dimorano in Israele darà qualcuno dei suoi figli a Moloc dovrà essere messo a morte; il popolo della terra lo lapiderà. Anch’io volgerò il mio volto contro quell’uomo e lo eliminerò d al suo popolo perché ha dato qualcuno dei suoi figli a Moloc con l’intenzione di rendere impuro il mio santuario e profanare il mio santo nome. Se il popolo della terra chiude gli occhi quando q uell’uomo dà qualcuno dei suoi figli a Moloc e non lo mette a morte io volgerò il mio volto contr o quell’uomo e contro la sua famiglia ed eliminerò dal suo popolo lui con quanti si danno all’idol atria come lui prostituendosi a venerare Moloc. Se un uomo si rivolge ai negromanti e agli indov ini per darsi alle superstizioni dietro a loro io volgerò il mio volto contro quella persona e la elim inerò dal suo popolo. Santificatevi dunque e siate santi perché io sono il Signore vostro Dio. Oss ervate le mie leggi e mettetele in pratica. Io sono il Signore che vi santifica. Chiunque maledice s uo padre o sua madre dovrà essere messo a morte; ha maledetto suo padre o sua madre: il suo sangue ricadrà su di lui. Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo l’adultero e l
’adultera dovranno esser messi a morte. Se uno ha rapporti con una moglie di suo padre egli sc opre la nudità del padre; tutti e due dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno ha rapporti con la nuora tutti e due dovranno essere messi a morte; hanno comme sso una perversione: il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte: il loro sa ngue ricadrà su di loro. Se uno prende in moglie la figlia e la madre è un’infamia; si bruceranno con il fuoco lui e loro perché non ci sia fra voi tale delitto. L’uomo che si accoppia con una besti a dovrà essere messo a morte; dovrete uccidere anche la bestia. Se una donna si accosta a una bestia per accoppiarsi con essa, ucciderai la donna e la bestia; tutte e due dovranno essere mes se a morte: il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno prende la propria sorella figlia di suo padre o figlia di sua madre e vede la nudità di lei e lei vede la nudità di lui è un disonore; tutti e due sar anno eliminati alla presenza dei figli del loro popolo. Quel tale ha scoperto la nudità della propri a sorella: dovrà portare la pena della sua colpa. Se uno ha un rapporto con una donna durante l e sue mestruazioni e ne scopre la nudità, quel tale ha scoperto il flusso di lei e lei ha scoperto il f lusso del proprio sangue; perciò tutti e due saranno eliminati dal loro popolo. Non scoprirai la n udità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa scopre la sua stessa carne: t utti e due porteranno la pena della loro colpa. Se uno ha rapporti con la moglie di suo zio scopr
e la nudità di suo zio; tutti e due porteranno la pena del loro peccato: dovranno morire senza fi gli. Se uno prende la moglie del fratello è un’impurità egli ha scoperto la nudità del fratello: non avranno figli. Osserverete dunque tutte le mie leggi e tutte le mie prescrizioni e le metterete in pratica, perché la terra dove io vi conduco per abitarla non vi vomiti. Non seguirete le usanze de lle nazioni che io sto per scacciare dinanzi a voi; esse hanno fatto tutte quelle cose perciò ho dis gusto di esse e vi ho detto: Voi possederete il loro suolo; ve lo darò in proprietà. è una terra dov e scorrono latte e miele. Io il Signore vostro Dio vi ho separato dagli altri popoli. Farete dunque distinzione tra animali puri e impuri fra uccelli impuri e puri e non vi contaminerete mangiando animali uccelli o esseri che strisciano sulla terra e che io vi ho fatto separare come impuri. Saret e santi per me poiché io il Signore sono santo e vi ho separato dagli altri popoli perché siate mie i. Se uomo o donna in mezzo a voi eserciteranno la negromanzia o la divinazione dovranno esse re messi a morte: saranno lapidati e il loro sangue ricadrà su di loro”». Il Signore disse a Mosè: «
Parla ai sacerdoti figli di Aronne dicendo loro: “Un sacerdote non dovrà rendersi impuro per il c ontatto con un morto della sua parentela, se non per un suo parente stretto cioè per sua madre suo padre suo figlio sua figlia suo fratello e sua sorella ancora vergine che viva con lui e non sia ancora maritata; per questa può esporsi all’impurità. Come marito non si renda impuro per la s ua parentela profanando se stesso. I sacerdoti non si faranno tonsure sul capo né si raderanno ai margini la barba né si faranno incisioni sul corpo. Saranno santi per il loro Dio e non profaner anno il nome del loro Dio perché sono loro che presentano al Signore sacrifici consumati dal fuo co pane del loro Dio; perciò saranno santi. Non prenderanno in moglie una prostituta o una già disonorata né una donna ripudiata dal marito. Infatti il sacerdote è santo per il suo Dio. Tu consi dererai dunque il sacerdote come santo perché egli offre il pane del tuo Dio: sarà per te santo, perché io il Signore che vi santifico sono santo. Se la figlia di un sacerdote si disonora prostituen dosi disonora suo padre; sarà arsa con il fuoco. Il sacerdote quello che è il sommo tra i suoi frat elli sul capo del quale è stato versato l’olio dell’unzione e ha ricevuto l’investitura indossando le vesti sacre non dovrà scarmigliarsi i capelli né stracciarsi le vesti. Non si avvicinerà ad alcun cada vere; non potrà rendersi impuro neppure per suo padre e per sua madre. Non uscirà dal santua rio e non profanerà il santuario del suo Dio, perché la consacrazione è su di lui mediante l’olio d ell’unzione del suo Dio. Io sono il Signore. Sposerà una vergine. Non potrà sposare né una vedo va né una divorziata né una disonorata né una prostituta ma prenderà in moglie una vergine del la sua parentela. Così non disonorerà la sua discendenza tra la sua parentela; poiché io sono il Si gnore che lo santifico”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne dicendo: “Nelle gener azioni future nessun uomo della tua stirpe che abbia qualche deformità potrà accostarsi ad offri re il pane del suo Dio; perché nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi: né un cieco né uno zoppo né uno sfregiato né un deforme né chi abbia una frattura al piede o alla ma no, né un gobbo né un nano né chi abbia una macchia nell’occhio o la scabbia o piaghe purulent e o i testicoli schiacciati. Nessun uomo della stirpe del sacerdote Aronne con qualche deformità si accosterà per presentare i sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore. Ha un difetto: no
n si accosti quindi per offrire il pane del suo Dio. Potrà mangiare il pane del suo Dio le cose sacr osante e le cose sante; ma non potrà avvicinarsi al velo né accostarsi all’altare perché ha una de formità. Non dovrà profanare i miei luoghi santi perché io sono il Signore che li santifico”». Così Mosè parlò ad Aronne ai suoi figli e a tutti gli Israeliti. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli: trattino con rispetto le offerte sante degli Israeliti e non profanino il mio s anto nome, perché sono offerte consacrate a me. Io sono il Signore. Di’ loro: “Nelle generazioni future ogni uomo della vostra discendenza che si accosterà in stato di impurità alle offerte sant e consacrate dagli Israeliti in onore del Signore, sarà eliminato dalla mia presenza. Io sono il Sig nore. Nessun uomo della stirpe di Aronne affetto da lebbra o da gonorrea potrà mangiare le off erte sante finché non sia puro. Così sarà per chi toccherà qualsiasi cosa impura a causa di un ca davere o per chi avrà perdite seminali oppure per chi toccherà un rettile che lo rende impuro o una persona che lo rende impuro qualunque sia la sua impurità. Colui che avrà avuto tali contat ti resterà impuro fino alla sera e non mangerà le offerte sante prima di essersi lavato il corpo ne ll’acqua; dopo il tramonto del sole sarà puro e allora potrà mangiare le offerte sante perché ess e sono il suo cibo. Non mangerà carne di bestia morta naturalmente o sbranata per non renders i impuro. Io sono il Signore. Osserveranno dunque ciò che ho comandato altrimenti porteranno la pena del loro peccato e moriranno per aver commesso profanazioni. Io sono il Signore che li s antifico. Nessun profano mangerà le offerte sante; né l’ospite di un sacerdote né il salariato pot rà mangiare le offerte sante. Ma una persona che il sacerdote avrà comprato con il proprio den aro ne potrà mangiare e così anche lo schiavo che gli è nato in casa: costoro potranno mangiare il suo cibo. Se la figlia di un sacerdote è sposata con un profano non potrà mangiare del contrib uto delle offerte sante. Se invece la figlia del sacerdote è rimasta vedova o è stata ripudiata e n on ha figli ed è tornata ad abitare da suo padre come quando era giovane potrà mangiare il cibo del padre; ma nessun profano potrà mangiarne. Se uno mangia inavvertitamente di un’offerta santa darà al sacerdote il valore dell’offerta santa aggiungendovi un quinto. I sacerdoti non prof aneranno dunque le offerte sante degli Israeliti che essi prelevano per il Signore e non faranno portare loro il peso della colpa di cui si renderebbero colpevoli mangiando le loro offerte sante; poiché io sono il Signore che le santifico”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne ai s uoi figli a tutti gli Israeliti dicendo loro: “Chiunque della casa d’Israele o dei forestieri dimoranti i n Israele presenterà la sua offerta per qualsiasi voto o dono spontaneo da presentare come olo causto in onore del Signore per essere gradito dovrà offrire un maschio senza difetto di bovini d i pecore o di capre. Non offrirete nulla con qualche difetto, perché non sarebbe gradito. Se qual cuno presenterà al Signore in sacrificio di comunione un bovino o un ovino sia per adempiere u n voto sia come offerta spontanea la vittima perché sia gradita dovrà essere perfetta e non aver e alcun difetto. Non presenterete in onore del Signore nessuna vittima cieca o storpia o mutilat a o con ulcere o con la scabbia o con piaghe purulente; non ne farete sull’altare un sacrificio co nsumato dal fuoco in onore del Signore. Un capo di bestiame grosso o minuto che sia deforme o atrofizzato potrai offrirlo come dono spontaneo ma non sarà gradito come sacrificio votivo. N

on offrirete al Signore un animale con i testicoli ammaccati o contusi o strappati o tagliati. Tali c ose non farete nella vostra terra né prenderete dalle mani dello straniero alcuna di queste vitti me per offrirla come cibo in onore del vostro Dio; essendo mutilate difettose non sarebbero gra dite a vostro favore”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Quando nascerà un vitello o un agnello o un capretto starà sette giorni presso la madre; dall’ottavo giorno in poi sarà gradito come vitti ma da consumare con il fuoco per il Signore. Non scannerete mucca o pecora lo stesso giorno c on il suo piccolo. Quando offrirete al Signore un sacrificio di ringraziamento offritelo in modo ch e sia gradito. La vittima sarà mangiata il giorno stesso; non ne farete avanzare nulla fino al matti no. Io sono il Signore. Osserverete dunque i miei comandi e li metterete in pratica. Io sono il Sig nore. Non profanerete il mio santo nome affinché io sia santificato in mezzo agli Israeliti. Io son o il Signore che vi santifico che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto per essere vostro Dio. Io so no il Signore». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Ecco le solennit à del Signore nelle quali convocherete riunioni sacre. Queste sono le mie solennità. Durante sei giorni si attenderà al lavoro; ma il settimo giorno è sabato giorno di assoluto riposo e di riunion e sacra. Non farete in esso lavoro alcuno; è un sabato in onore del Signore in tutti i luoghi dove abiterete. Queste sono le solennità del Signore le riunioni sacre che convocherete nei tempi sta biliti. Il primo mese al quattordicesimo giorno al tramonto del sole sarà la Pasqua del Signore; il quindici dello stesso mese sarà la festa degli Azzimi in onore del Signore; per sette giorni mange rete pane senza lievito. Nel primo giorno avrete una riunione sacra: non farete alcun lavoro serv ile. Per sette giorni offrirete al Signore sacrifici consumati dal fuoco. Il settimo giorno vi sarà una riunione sacra: non farete alcun lavoro servile”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Isra eliti dicendo loro: “Quando sarete entrati nella terra che io vi do e ne mieterete la messe porter ete al sacerdote un covone come primizia del vostro raccolto. Il sacerdote eleverà il covone dav anti al Signore perché sia gradito per il vostro bene; il sacerdote lo eleverà il giorno dopo il saba to. Quando farete il rito di elevazione del covone offrirete un agnello di un anno, senza difetto p er l’olocausto in onore del Signore insieme a un’oblazione di due decimi di efa di fior di farina i mpastata con olio: è un sacrificio consumato dal fuoco, profumo gradito in onore del Signore; la libagione sarà di un quarto di hin di vino. Non mangerete pane né grano abbrustolito né grano novello prima di quel giorno prima di aver portato l’offerta del vostro Dio. Sarà per voi una legg e perenne di generazione in generazione in tutti i luoghi dove abiterete. Dal giorno dopo il saba to cioè dal giorno in cui avrete portato il covone per il rito di elevazione conterete sette settima ne complete. Conterete cinquanta giorni fino all’indomani del settimo sabato e offrirete al Sign ore una nuova oblazione. Porterete dai luoghi dove abiterete due pani per offerta con rito di ele vazione: saranno di due decimi di efa di fior di farina e li farete cuocere lievitati; sono le primizie in onore del Signore. Oltre quei pani offrirete sette agnelli dell’anno senza difetto un giovenco e due arieti: saranno un olocausto per il Signore insieme con la loro oblazione e le loro libagioni; sarà un sacrificio di profumo gradito, consumato dal fuoco in onore del Signore. Offrirete un ca pro in sacrificio per il peccato e due agnelli dell’anno in sacrificio di comunione. Il sacerdote pre
senterà gli agnelli insieme al pane delle primizie con il rito di elevazione davanti al Signore; tant o i pani quanto i due agnelli consacrati al Signore saranno riservati al sacerdote. Proclamerete i n quello stesso giorno una festa e convocherete una riunione sacra. Non farete alcun lavoro ser vile. Sarà per voi una legge perenne di generazione in generazione in tutti i luoghi dove abiteret e. Quando mieterai la messe della vostra terra non mieterai fino al margine del campo e non ra ccoglierai ciò che resta da spigolare del tuo raccolto; lo lascerai per il povero e per il forestiero. I o sono il Signore vostro Dio”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo: “Nel settimo mese il primo giorno del mese sarà per voi riposo assoluto un memoriale celebrato a su on di tromba una riunione sacra. Non farete alcun lavoro servile e offrirete sacrifici consumati d al fuoco in onore del Signore”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Il decimo giorno di questo setti mo mese sarà il giorno dell’espiazione; terrete una riunione sacra vi umilierete e offrirete sacrifi ci consumati dal fuoco in onore del Signore. In quel giorno non farete alcun lavoro poiché è il gi orno dell’espiazione per compiere il rito espiatorio per voi davanti al Signore vostro Dio. Ogni p ersona che non si umilierà in quel giorno sarà eliminata dalla sua parentela. Ogni persona che fa rà in quel giorno un qualunque lavoro io la farò perire in mezzo alla sua parentela. Non farete al cun lavoro. Sarà per voi una legge perenne di generazione in generazione in tutti i luoghi dove a biterete. Sarà per voi un sabato di assoluto riposo e dovrete umiliarvi: il nono giorno del mese d alla sera alla sera seguente farete il vostro riposo del sabato». Il Signore parlò a Mosè e disse: «
Parla agli Israeliti dicendo: “Il giorno quindici di questo settimo mese sarà la festa delle Capanne per sette giorni in onore del Signore. Il primo giorno vi sarà una riunione sacra; non farete alcu n lavoro servile. Per sette giorni offrirete vittime consumate dal fuoco in onore del Signore. L’ot tavo giorno terrete la riunione sacra e offrirete al Signore sacrifici consumati con il fuoco. è gior no di riunione; non farete alcun lavoro servile. Queste sono le solennità del Signore nelle quali c onvocherete riunioni sacre per presentare al Signore sacrifici consumati dal fuoco olocausti e o blazioni vittime e libagioni ogni cosa nel giorno stabilito oltre i sabati del Signore oltre i vostri do ni oltre tutti i vostri voti e tutte le offerte spontanee che presenterete al Signore. Inoltre il giorn o quindici del settimo mese quando avrete raccolto i frutti della terra, celebrerete una festa del Signore per sette giorni; il primo giorno sarà di assoluto riposo e così l’ottavo giorno. Il primo gi orno prenderete frutti degli alberi migliori rami di palma rami con dense foglie e salici di torrent e e gioirete davanti al Signore vostro Dio per sette giorni. Celebrerete questa festa in onore del Signore per sette giorni ogni anno. Sarà per voi una legge perenne di generazione in generazion e. La celebrerete il settimo mese. Dimorerete in capanne per sette giorni; tutti i cittadini d’Israel e dimoreranno in capanne perché le vostre generazioni sappiano che io ho fatto dimorare in ca panne gli Israeliti quando li ho condotti fuori dalla terra d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio”».
E Mosè parlò così agli Israeliti delle solennità del Signore. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ordi na agli Israeliti che ti portino olio puro di olive schiacciate per l’illuminazione per tenere perenn emente accesa la lampada. Aronne la disporrà nella tenda del convegno fuori del velo che sta d avanti alla Testimonianza perché arda dalla sera al mattino davanti al Signore sempre. Sarà per
voi una legge perenne di generazione in generazione. Egli disporrà le lampade sul candelabro d’
oro puro perché ardano sempre davanti al Signore. Prenderai anche fior di farina e ne farai cuoc ere dodici focacce; ogni focaccia sarà di due decimi di efa. Le disporrai su due pile sei per pila su lla tavola d’oro puro davanti al Signore. Porrai incenso puro sopra ogni pila perché serva da me moriale per il pane come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Ogni giorno di sab ato lo si disporrà davanti al Signore perennemente da parte degli Israeliti: è un’alleanza eterna.
Sarà riservato ad Aronne e ai suoi figli: essi lo mangeranno in luogo santo, perché sarà per loro c osa santissima tra i sacrifici da bruciare in onore del Signore. è una legge perenne». Ora il figlio di una donna israelita e di un Egiziano uscì in mezzo agli Israeliti e nell’accampamento scoppiò u na lite fra il figlio della donna e un Israelita. Il figlio della Israelita bestemmiò il Nome imprecand o; perciò fu condotto da Mosè. La madre di quel tale si chiamava Selomìt figlia di Dibrì della trib ù di Dan. Lo misero sotto sorveglianza finché venisse una decisione dalla bocca del Signore. Il Si gnore parlò a Mosè dicendo: «Conduci quel bestemmiatore fuori dell’accampamento; quanti lo hanno udito posino le mani sul suo capo e tutta la comunità lo lapiderà. Parla agli Israeliti dicen do: “Chiunque maledirà il suo Dio porterà il peso del suo peccato. Chi bestemmia il nome del Si gnore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare. Straniero o nativo della terra se ha bestemmiato il Nome sarà messo a morte. Chi percuote a morte qualsiasi uomo dov rà essere messo a morte. Chi percuote a morte un capo di bestiame dovrà risarcirlo: vita per vit a. Se uno farà una lesione al suo prossimo si farà a lui come egli ha fatto all’altro: frattura per fr attura occhio per occhio dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all’altro. C
hi percuote a morte un capo di bestiame dovrà risarcirlo; ma chi percuote a morte un uomo sar à messo a morte. Ci sarà per voi una sola legge per il forestiero e per il cittadino della terra; poic hé io sono il Signore vostro Dio”». Mosè parlò agli Israeliti ed essi condussero quel bestemmiato re fuori dell’accampamento e lo lapidarono. Così gli Israeliti fecero come il Signore aveva ordina to a Mosè. Il Signore parlò a Mosè sul monte Sinai e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Qu ando entrerete nella terra che io vi do la terra farà il riposo del sabato in onore del Signore: per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti; ma il settimo ann o sarà come sabato un riposo assoluto per la terra un sabato in onore del Signore. Non seminer ai il tuo campo non poterai la tua vigna. Non mieterai quello che nascerà spontaneamente dopo la tua mietitura e non vendemmierai l’uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di co mpleto riposo per la terra. Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento a te al tuo schiavo alla tua schiava al tuo bracciante e all’ospite che si troverà presso di te; anch e al tuo bestiame e agli animali che sono nella tua terra servirà di nutrimento quanto essa prod urrà. Conterai sette settimane di anni cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell’espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra. Dichiar erete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abita nti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cin
quantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sa rà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest’anno del giubi leo ciascuno tornerà nella sua proprietà. Quando vendete qualcosa al vostro prossimo o quand o acquistate qualcosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello. Regolerai l’acquisto c he farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l’ultimo giubileo: egli vend erà a te in base agli anni di raccolto. Quanti più anni resteranno tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo tanto più ribasserai il prezzo perché egli ti vende la somma dei rac colti. Nessuno di voi opprima il suo prossimo; temi il tuo Dio poiché io sono il Signore vostro Dio
. Metterete in pratica le mie leggi e osserverete le mie prescrizioni le adempirete e abiterete al sicuro nella terra. La terra produrrà frutti voi ne mangerete a sazietà e vi abiterete al sicuro. Se dite: Che mangeremo il settimo anno se non semineremo e non raccoglieremo i nostri prodotti
? io disporrò in vostro favore la mia benedizione per il sesto anno e la terra vi darà frutti per tre anni. L’ottavo anno seminerete ma consumerete il vecchio raccolto fino al nono anno; mangere te del raccolto vecchio finché venga il nuovo. Le terre non si potranno vendere per sempre perc hé la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti. Perciò in tutta la terra che avr ete in possesso concederete il diritto di riscatto per i terreni. Se il tuo fratello cade in miseria e v ende una parte della sua proprietà colui che ha il diritto di riscatto cioè il suo parente più strett o verrà e riscatterà ciò che il fratello ha venduto. Se uno non ha chi possa fare il riscatto ma giu nge a procurarsi da sé la somma necessaria al riscatto conterà le annate passate dopo la vendit a restituirà al compratore il valore degli anni che ancora rimangono e rientrerà così in possesso del suo patrimonio. Ma se non trova da sé la somma sufficiente a rimborsarlo ciò che ha vendut o rimarrà in possesso del compratore fino all’anno del giubileo; al giubileo il compratore uscirà e l’altro rientrerà in possesso del suo patrimonio. Se uno vende una casa abitabile in una città ci nta di mura ha diritto al riscatto fino allo scadere dell’anno dalla vendita; il suo diritto di riscatto durerà un anno intero. Ma se quella casa posta in una città cinta di mura non è riscattata prima dello scadere di un intero anno rimarrà sempre proprietà del compratore e dei suoi discendenti
; il compratore non sarà tenuto a uscirne al giubileo. Però le case dei villaggi non attorniati da m ura vanno considerate come parte dei fondi campestri; potranno essere riscattate e al giubileo i l compratore dovrà uscirne. Quanto alle città dei leviti e alle case che essi vi possederanno i levi ti avranno il diritto perenne di riscatto. Se chi riscatta è un levita in occasione del giubileo il com pratore uscirà dalla casa comprata nella città levitica perché le case delle città levitiche sono lor o proprietà in mezzo agli Israeliti. Neppure campi situati nei dintorni delle città levitiche si potra nno vendere perché sono loro proprietà perenne. Se il tuo fratello che è presso di te cade in mis eria ed è inadempiente verso di te sostienilo come un forestiero o un ospite perché possa viver e presso di te. Non prendere da lui interessi né utili ma temi il tuo Dio e fa’ vivere il tuo fratello presso di te. Non gli presterai il denaro a interesse né gli darai il vitto a usura. Io sono il Signore vostro Dio che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, per darvi la terra di Canaan per essere il vos
tro Dio. Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te non farlo lavorare com e schiavo; sia presso di te come un bracciante come un ospite. Ti servirà fino all’anno del giubile o; allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella pro prietà dei suoi padri. Essi sono infatti miei servi che io ho fatto uscire dalla terra d’Egitto; non de bbono essere venduti come si vendono gli schiavi. Non lo tratterai con durezza ma temerai il tu o Dio. Quanto allo schiavo e alla schiava che avrai in proprietà potrete prenderli dalle nazioni ch e vi circondano; da queste potrete comprare lo schiavo e la schiava. Potrete anche comprarne t ra i figli degli stranieri stabiliti presso di voi e tra le loro famiglie che sono presso di voi tra i loro figli nati nella vostra terra; saranno vostra proprietà. Li potrete lasciare in eredità ai vostri figli d opo di voi come loro proprietà vi potrete servire sempre di loro come di schiavi. Ma quanto ai v ostri fratelli gli Israeliti nessuno dòmini sull’altro con durezza. Se un forestiero stabilito presso di te diventa ricco e il tuo fratello si grava di debiti con lui e si vende al forestiero stabilito presso di te o a qualcuno della sua famiglia dopo che si è venduto ha il diritto di riscatto: lo potrà riscat tare uno dei suoi fratelli o suo zio o il figlio di suo zio; lo potrà riscattare uno dei consanguinei d ella sua parentela o se ha i mezzi per farlo potrà riscattarsi da sé. Farà il calcolo con il suo compr atore dall’anno che gli si è venduto all’anno del giubileo; il prezzo da pagare sarà in proporzione del numero degli anni valutando le sue giornate come quelle di un bracciante. Se vi sono ancor a molti anni per arrivare al giubileo pagherà il riscatto in ragione di questi anni e in proporzione del prezzo per il quale fu comprato; se rimangono pochi anni per arrivare al giubileo farà il calco lo con il suo compratore e pagherà il prezzo del suo riscatto in ragione di quegli anni. Resterà pr esso di lui come un bracciante preso a servizio anno per anno; il padrone non dovrà trattarlo co n durezza sotto i suoi occhi. Se non è riscattato in alcuno di questi modi se ne andrà libero l’ann o del giubileo: lui con i suoi figli. Poiché gli Israeliti sono miei servi; essi sono servi miei che ho fa tto uscire dalla terra d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio. Non vi farete idoli né vi erigerete im magini scolpite o stele né permetterete che nella vostra terra vi sia pietra ornata di figure per pr ostrarvi davanti ad essa; poiché io sono il Signore vostro Dio. Osserverete i miei sabati e portere te rispetto al mio santuario. Io sono il Signore. Se seguirete le mie leggi se osserverete i miei co mandi e li metterete in pratica, io vi darò le piogge al loro tempo la terra darà prodotti e gli albe ri della campagna daranno frutti. La trebbiatura durerà per voi fino alla vendemmia e la vendem mia durerà fino alla semina; mangerete il vostro pane a sazietà e abiterete al sicuro nella vostra terra. Io stabilirò la pace nella terra e quando vi coricherete nulla vi turberà. Farò sparire dalla t erra le bestie nocive e la spada non passerà sui vostri territori. Voi inseguirete i vostri nemici ed essi cadranno dinanzi a voi colpiti di spada. Cinque di voi ne inseguiranno cento cento di voi ne i nseguiranno diecimila e i vostri nemici cadranno dinanzi a voi colpiti di spada. Io mi volgerò a vo i vi renderò fecondi e vi moltiplicherò e confermerò la mia alleanza con voi. Voi mangerete del v ecchio raccolto serbato a lungo e dovrete disfarvi del raccolto vecchio per far posto al nuovo. St abilirò la mia dimora in mezzo a voi e non vi respingerò. Camminerò in mezzo a voi sarò vostro Dio e voi sarete mio popolo. Io sono il Signore vostro Dio che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitt
o, perché non foste più loro schiavi; ho spezzato il vostro giogo e vi ho fatto camminare a testa alta. Ma se non mi darete ascolto e se non metterete in pratica tutti questi comandi, se disprezz erete le mie leggi e rigetterete le mie prescrizioni non mettendo in pratica tutti i miei comandi e infrangendo la mia alleanza ecco come io vi tratterò: manderò contro di voi il terrore la consun zione e la febbre che vi faranno languire gli occhi e vi consumeranno la vita. Seminerete invano l e vostre sementi: le mangeranno i vostri nemici. Volgerò il mio volto contro di voi e voi sarete s confitti dai nemici; quelli che vi odiano vi opprimeranno e vi darete alla fuga senza che alcuno vi insegua. Se nemmeno a questo punto mi darete ascolto io vi castigherò sette volte di più per i v ostri peccati. Spezzerò la vostra forza superba renderò il vostro cielo come ferro e la vostra terr a come bronzo. Le vostre energie si consumeranno invano poiché la vostra terra non darà prod otti e gli alberi della campagna non daranno frutti. Se vi opporrete a me e non mi vorrete ascolt are io vi colpirò sette volte di più secondo i vostri peccati. Manderò contro di voi le bestie selvat iche che vi rapiranno i figli stermineranno il vostro bestiame vi ridurranno a un piccolo numero e le vostre strade diventeranno deserte. Se nonostante questi castighi non vorrete correggervi per tornare a me ma vi opporrete a me anch’io mi opporrò a voi e vi colpirò sette volte di più pe r i vostri peccati. Manderò contro di voi la spada vindice della mia alleanza; voi vi raccoglierete nelle vostre città ma io manderò in mezzo a voi la peste e sarete dati in mano al nemico. Quand o io avrò tolto il sostegno del pane dieci donne faranno cuocere il vostro pane in uno stesso for no e il pane che esse porteranno sarà razionato: mangerete ma non vi sazierete. Se nonostante tutto questo non vorrete darmi ascolto ma vi opporrete a me, anch’io mi opporrò a voi con furo re e vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati. Mangerete perfino la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie. Devasterò le vostre alture distruggerò i vostri altari per l’incenso butterò i vostri cadaveri sui cadaveri dei vostri idoli e vi detesterò. Ridurrò le vostre ci ttà a deserti devasterò i vostri santuari e non aspirerò più il profumo dei vostri incensi. Devaster ò io stesso la terra e i vostri nemici che vi prenderanno dimora ne saranno stupefatti. Quanto a voi vi disperderò fra le nazioni e sguainerò la spada dietro di voi; la vostra terra sarà desolata e l e vostre città saranno deserte. Allora la terra godrà i suoi sabati per tutto il tempo della desolazi one mentre voi resterete nella terra dei vostri nemici; allora la terra si riposerà e si compenserà dei suoi sabati. Finché rimarrà desolata avrà il riposo che non le fu concesso da voi con i sabati quando l’abitavate. A quelli che tra voi saranno superstiti infonderò nel cuore costernazione nei territori dei loro nemici: il fruscìo di una foglia agitata li metterà in fuga; fuggiranno come si fug ge di fronte alla spada e cadranno senza che alcuno li insegua. Cadranno uno sopra l’altro come di fronte alla spada senza che alcuno li insegua. Non potrete resistere dinanzi ai vostri nemici. P
erirete fra le nazioni: la terra dei vostri nemici vi divorerà. Quelli che tra voi saranno superstiti si consumeranno a causa delle proprie colpe nei territori dei loro nemici; anche a causa delle colp e dei loro padri periranno con loro. Dovranno confessare la loro colpa e la colpa dei loro padri: per essere stati infedeli nei miei riguardi ed essersi opposti a me; perciò anch’io mi sono oppost o a loro e li ho deportati nella terra dei loro nemici. Allora il loro cuore non circonciso si umilierà
e sconteranno la loro colpa. E io mi ricorderò della mia alleanza con Giacobbe dell’alleanza con Isacco e dell’alleanza con Abramo e mi ricorderò della terra. Quando dunque la terra sarà abba ndonata da loro e godrà i suoi sabati mentre rimarrà deserta senza di loro essi sconteranno la lo ro colpa per avere disprezzato le mie prescrizioni ed essersi stancati delle mie leggi. Nonostante tutto questo quando saranno nella terra dei loro nemici io non li rigetterò e non mi stancherò d i loro fino al punto di annientarli del tutto e di rompere la mia alleanza con loro poiché io sono il Signore loro Dio; ma mi ricorderò in loro favore dell’alleanza con i loro antenati che ho fatto us cire dalla terra d’Egitto davanti alle nazioni per essere loro Dio. Io sono il Signore”». Questi sono gli statuti le prescrizioni e le leggi che il Signore stabilì fra sé e gli Israeliti sul monte Sinai per m ezzo di Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Se qualcuno vor rà adempiere un voto in onore del Signore basandosi su valutazioni corrispondenti alle persone eccone i valori: per un uomo dai venti ai sessant’anni il valore è di cinquanta sicli d’argento conf ormi al siclo del santuario; invece per una donna il valore è di trenta sicli. Dai cinque ai venti an ni il valore è di venti sicli per un maschio e di dieci sicli per una femmina. Da un mese a cinque a nni il valore è di cinque sicli d’argento per un maschio e di tre sicli d’argento per una femmina.
Dai sessant’anni in su il valore è di quindici sicli per un maschio e di dieci sicli per una femmina.
Se colui che ha fatto il voto è troppo povero per pagare la somma fissata dovrà presentare al sa cerdote la persona consacrata con voto e il sacerdote ne farà la stima. Il sacerdote farà la stima in proporzione dei mezzi di colui che ha fatto il voto. Se si tratta di animali che possono essere p resentati in offerta al Signore ogni animale donato al Signore sarà cosa santa. Non lo si potrà co mmutare né si potrà sostituire un animale di qualità con uno difettoso né uno difettoso con uno di buona qualità se tuttavia qualcuno sostituisse un animale all’altro entrambi gli animali diverr anno cosa sacra. Se invece si tratta di qualunque animale impuro che non si può presentare co me offerta al Signore l’animale sarà portato davanti al sacerdote; egli valuterà se l’animale è in buono o cattivo stato e si starà al valore stabilito dal sacerdote. Ma se qualcuno lo vorrà riscatta re aggiungerà un quinto al valore fissato. Se qualcuno vorrà consacrare la sua casa come cosa sa cra al Signore il sacerdote ne farà la stima secondo che essa sia in buono o in cattivo stato; si sta rà alla stima stabilita dal sacerdote. Se colui che ha consacrato la sua casa la vorrà riscattare, ag giungerà un quinto al prezzo della stima e sarà sua. Se qualcuno vorrà consacrare al Signore un terreno del suo patrimonio il suo valore sarà stabilito in proporzione alla semente: cinquanta sic li d’argento per un homer di seme d’orzo. Se consacra il suo campo dall’anno del giubileo il prez zo resterà intero secondo la stima; ma se lo consacra dopo il giubileo il sacerdote ne valuterà il prezzo in proporzione agli anni che rimangono fino al giubileo e si farà una detrazione dalla stim a. Se colui che ha consacrato il pezzo di terra lo vorrà riscattare aggiungerà un quinto all’ammo ntare della stima e resterà suo. Se non riscatta il pezzo di terra e lo vende a un altro non lo si po trà più riscattare; ma quel pezzo di terra quando al giubileo il compratore ne uscirà sarà sacro al Signore come un campo votato allo sterminio e diventerà proprietà del sacerdote. Se uno vorrà consacrare al Signore un pezzo di terra comprato che non fa parte del suo patrimonio il sacerd
ote valuterà l’ammontare del prezzo fino all’anno del giubileo; quel tale pagherà il giorno stesso il prezzo fissato come cosa consacrata al Signore. Nell’anno del giubileo la terra tornerà a colui da cui fu comprata e del cui patrimonio faceva parte. Ogni valutazione si farà sulla base del siclo del santuario: il siclo corrisponde a venti ghera. Tuttavia nessuno potrà consacrare un primoge nito del bestiame il quale appartiene già al Signore perché primogenito: sia esso di grosso bestia me o di bestiame minuto appartiene al Signore. Se si tratta di un animale impuro lo si riscatterà al prezzo di stima, aggiungendovi un quinto; se non è riscattato sarà venduto al prezzo di stima.
Nondimeno quanto uno avrà consacrato al Signore con voto di sterminio fra le cose che gli appa rtengono persona animale o pezzo di terra del suo patrimonio non potrà essere né venduto né r iscattato; ogni cosa votata allo sterminio è cosa santissima riservata al Signore. Nessuna person a votata allo sterminio potrà essere riscattata; dovrà essere messa a morte. Ogni decima della t erra cioè delle granaglie del suolo e dei frutti degli alberi, appartiene al Signore: è cosa consacra ta al Signore. Se uno vuole riscattare una parte della sua decima vi aggiungerà un quinto. Ogni d ecima del bestiame grosso o minuto, ossia il decimo capo di quanto passa sotto la verga del pas tore sarà consacrata al Signore. Non si farà cernita fra animale migliore e peggiore né si faranno sostituzioni; qualora però avvenisse una sostituzione entrambi gli animali diverranno cosa sacr a: non si potranno riscattare”». Questi sono i comandi che il Signore diede a Mosè per gli Israeli ti sul monte Sinai. Il Signore parlò a Mosè nel deserto del Sinai nella tenda del convegno il prim o giorno del secondo mese il secondo anno dalla loro uscita dalla terra d’Egitto e disse: «Fate il computo di tutta la comunità degli Israeliti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati patern i contando i nomi di tutti i maschi testa per testa dai vent’anni in su quanti in Israele possono an dare in guerra; tu e Aronne li censirete schiera per schiera. Sarà con voi un uomo per tribù un u omo che sia capo del casato dei suoi padri. Questi sono i nomi degli uomini che vi assisteranno.
Per Ruben: Elisù r figlio di Sedeù r; per Simeone: Selumièl figlio di Surisaddài; per Giuda: Nacson figlio di Amminadàb; per ìssacar: Netanèl figlio di Suar; per Zàbulon: Eliàb figlio di Chelon; per i figli di Giuseppe per èfraim: Elisamà figlio di Ammiù d; per Manasse: Gamlièl figlio di Pedasù r; p er Beniamino: Abidàn figlio di Ghideonì per Dan: Achièzer figlio di Ammisaddài; per Aser: Paghiè l figlio di Ocran; per Gad: Eliasàf, figlio di Deuèl; per Nèftali: Achirà figlio di Enan». Questi furono i designati della comunità i prìncipi delle loro tribù paterne i capi delle migliaia d’Israele. Mosè e Aronne presero questi uomini, che erano stati designati per nome e radunarono tutta la comu nità il primo giorno del secondo mese; furono registrati secondo le famiglie secondo i loro casat i paterni contando il numero delle persone dai vent’anni in su testa per testa. Come il Signore gl i aveva ordinato Mosè ne fece il censimento nel deserto del Sinai. Risultò per i figli di Ruben pri mogenito d’Israele stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati pat erni contando i nomi di tutti i maschi testa per testa dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Ruben quarantaseimilacinquecento. Per i figli di Simeone stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di tutti i maschi testa per testa dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù
di Simeone cinquantanovemilatrecento. Per i figli di Gad stabilite le loro genealogie secondo le l oro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti pot evano andare in guerra: censiti della tribù di Gad quarantacinquemilaseicentocinquanta. Per i fi gli di Giuda stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni con tando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Giuda settantaquattromilaseicento. Per i figli di ìssacar stabilite le loro genealogie secondo le lo ro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti pote vano andare in guerra: censiti della tribù di ìssacar cinquantaquattromilaquattrocento. Per i figli di Zàbulon stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni con tando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Zàbulon cinquantasettemilaquattrocento. Per i figli di Giuseppe: per i figli di èfraim stabilite le l oro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli d ai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di èfraim quarantamilacin quecento; per i figli di Manasse stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i lor o casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: c ensiti della tribù di Manasse trentaduemiladuecento. Per i figli di Beniamino stabilite le loro gen ealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’
anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Beniamino trentacinquemilaq uattrocento. Per i figli di Dan stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: ce nsiti della tribù di Dan sessantaduemilasettecento. Per i figli di Aser stabilite le loro genealogie s econdo le loro famiglie secondo i loro casati paterni contando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù di Aser quarantunmilacinquecento. Per i fi gli di Nèftali stabilite le loro genealogie secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni co ntando i nomi di quelli dai vent’anni in su quanti potevano andare in guerra: censiti della tribù d i Nèftali cinquantatremilaquattrocento. Questi furono i censiti di cui fecero il censimento Mosè e Aronne e i prìncipi d’Israele dodici uomini: c’era un uomo per ciascun casato paterno. E tutti i censiti degli Israeliti secondo i loro casati paterni dai vent’anni in su cioè quanti potevano andar e in guerra in Israele risultarono registrati in tutto seicentotremilacinquecentocinquanta. Ma i le viti secondo la loro tribù paterna non furono registrati insieme con gli altri. Il Signore parlò a Mo sè dicendo: «Solo la tribù di Levi non censirai né di essa farai il computo tra gli Israeliti; invece af fiderai ai leviti la Dimora della Testimonianza tutti i suoi accessori e quanto le appartiene. Essi tr asporteranno la Dimora e tutti i suoi accessori vi presteranno servizio e staranno accampati atto rno alla Dimora. Quando la Dimora dovrà muoversi i leviti la smonteranno; quando la Dimora d ovrà accamparsi i leviti la erigeranno. Se un estraneo si avvicinerà sarà messo a morte. Gli Israel iti pianteranno le tende ognuno nel suo campo ognuno vicino alla sua insegna secondo le loro s chiere. Ma i leviti pianteranno le tende attorno alla Dimora della Testimonianza; così la mia ira non si abbatterà sulla comunità degli Israeliti. I leviti avranno la cura della Dimora della Testimo
nianza». Gli Israeliti eseguirono ogni cosa come il Signore aveva comandato a Mosè: così fecero.
Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Gli Israeliti si accamperanno ciascuno vicino alla s ua insegna con i simboli dei loro casati paterni; si accamperanno di fronte alla tenda del conveg no tutt’intorno. Si accamperanno a oriente verso levante quelli dell’insegna dell’accampamento di Giuda secondo le loro schiere. Principe per i figli di Giuda è Nacson figlio di Amminadàb, e la sua schiera è di settantaquattromilaseicento censiti. Si accamperanno accanto a lui quelli della t ribù di ìssacar. Principe per i figli di ìssacar è Netanèl figlio di Suar e la sua schiera è di cinquanta quattromilaquattrocento censiti. Poi la tribù di Zàbulon. Principe per i figli di Zàbulon è Eliàb figl io di Chelon e la sua schiera è di cinquantasettemilaquattrocento censiti. Il totale dei censiti per l’accampamento di Giuda è di centoottantaseimilaquattrocento uomini suddivisi secondo le lor o schiere. Leveranno le tende per primi. L’insegna dell’accampamento di Ruben suddiviso secon do le sue schiere starà a mezzogiorno. Principe per i figli di Ruben è Elisù r figlio di Sedeù r e la s ua schiera è di quarantaseimilacinquecento censiti. Si accamperanno accanto a lui quelli della tr ibù di Simeone. Principe per i figli di Simeone è Selumièl figlio di Surisaddài e la sua schiera è di cinquantanovemilatrecento censiti. Poi la tribù di Gad: principe per i figli di Gad è Eliasàf figlio di Deuèl e la sua schiera è di quarantacinquemilaseicentocinquanta censiti. Il totale dei censiti per l’accampamento di Ruben è di centocinquantunmilaquattrocentocinquanta uomini suddivisi se condo le loro schiere. Leveranno le tende per secondi. Poi si leverà la tenda del convegno con l’
accampamento dei leviti in mezzo agli altri accampamenti. Come si erano accampati così si leve ranno ciascuno al suo posto suddivisi secondo le loro insegne. L’insegna dell’accampamento di èfraim suddiviso secondo le sue schiere, starà a occidente. Principe per i figli di èfraim è Elisamà figlio di Ammiù d, la sua schiera è di quarantamilacinquecento censiti. Accanto a lui la tribù di Manasse. Principe per i figli di Manasse è Gamlièl figlio di Pedasù r e la sua schiera è di trentadu emiladuecento censiti. Poi la tribù di Beniamino. Principe per i figli di Beniamino è Abidàn, figlio di Ghideonì e la sua schiera è di trentacinquemilaquattrocento censiti. Il totale dei censiti per l’a ccampamento di èfraim è di centoottomilacento uomini suddivisi secondo le loro schiere. Lever anno le tende per terzi. L’insegna dell’accampamento di Dan suddiviso secondo le sue schiere st arà a settentrione. Principe per i figli di Dan è Achièzer figlio di Ammisaddài, e la sua schiera è di sessantaduemilasettecento censiti. Si accamperanno accanto a lui quelli della tribù di Aser. Prin cipe per i figli di Aser è Paghièl figlio di Ocran e la sua schiera è di quarantunmilacinquecento ce nsiti. Poi la tribù di Nèftali. Principe per i figli di Nèftali è Achirà figlio di Enan e la sua schiera è d i cinquantatremilaquattrocento censiti. Il totale dei censiti per l’accampamento di Dan è dunqu e centocinquantasettemilaseicento. Leveranno le tende per ultimi suddivisi secondo le loro inse gne». Questi sono i censiti degli Israeliti secondo i loro casati paterni tutti i censiti degli accamp amenti suddivisi secondo le loro schiere: seicentotremilacinquecentocinquanta. Ma i leviti non f urono censiti in mezzo agli Israeliti come il Signore aveva comandato a Mosè. Gli Israeliti esegui rono ogni cosa come il Signore aveva comandato a Mosè. Così si accampavano secondo le loro i nsegne e così levavano le tende ciascuno secondo la sua famiglia in base al casato dei suoi padri
. Questi sono i discendenti di Aronne e di Mosè quando il Signore parlò con Mosè sul monte Sin ai. Questi sono i nomi dei figli di Aronne: il primogenito Nadab poi Abiu Eleàzaro e Itamàr. Tali i nomi dei figli di Aronne i sacerdoti consacrati con l’unzione che avevano ricevuto l’investitura p er esercitare il sacerdozio. Nadab e Abiu morirono davanti al Signore quando offrirono fuoco ille gittimo davanti al Signore nel deserto del Sinai. Essi non avevano figli. Eleàzaro e Itamàr esercita rono il sacerdozio alla presenza di Aronne loro padre. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Fa’ avvici nare la tribù dei leviti e presentala al sacerdote Aronne perché sia al suo servizio. Essi assumera nno l’incarico suo e quello di tutta la comunità nei confronti della tenda del convegno prestand o servizio alla Dimora. E custodiranno tutti gli arredi della tenda del convegno e assumeranno l’i ncarico degli Israeliti prestando servizio alla Dimora. Assegnerai i leviti ad Aronne e ai suoi figli: saranno affidati completamente a lui da parte degli Israeliti. Tu incaricherai Aronne e i suoi figli di esercitare il sacerdozio; il profano che vi si accosterà sarà messo a morte». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ecco io ho scelto i leviti tra gli Israeliti al posto di ogni primogenito che nasce per primo dal seno materno tra gli Israeliti; i leviti saranno miei perché ogni primogenito è mio. Qu ando io colpii tutti i primogeniti in terra d’Egitto io consacrai a me in Israele ogni primogenito si a dell’uomo sia del bestiame; essi mi apparterranno. Io sono il Signore». Il Signore parlò a Mosè nel deserto del Sinai e disse: «Censisci i figli di Levi secondo i loro casati paterni secondo le loro famiglie; censirai tutti i maschi da un mese in su». Mosè li censì secondo l’ordine del Signore co me gli era stato ordinato. Questi sono i figli di Levi secondo i loro nomi: Gherson Keat e Merarì.
Questi i nomi dei figli di Gherson secondo le loro famiglie: Libnì e Simei. I figli di Keat secondo le loro famiglie: Amram Isar Ebron e Uzzièl. I figli di Merarì secondo le loro famiglie: Maclì e Musì.
Queste sono le famiglie dei leviti suddivisi secondo i loro casati paterni. A Gherson appartengon o la famiglia dei Libniti e la famiglia dei Simeiti. Queste sono le famiglie dei Ghersoniti. I loro cen siti contando tutti i maschi da un mese in su erano settemilacinquecento. Le famiglie dei Gherso niti avevano l’accampamento dietro la Dimora a occidente. Il principe del casato paterno per i G
hersoniti era Eliasàf, figlio di Laèl. I figli di Gherson nella tenda del convegno avevano l’incarico della Dimora e della tenda della sua copertura e della cortina all’ingresso della tenda del conveg no, dei tendaggi del recinto e della cortina all’ingresso del recinto intorno alla Dimora e all’altar e e delle corde per tutto il suo impianto. A Keat appartengono la famiglia degli Amramiti la fami glia degli Isariti la famiglia degli Ebroniti e la famiglia degli Uzzieliti. Queste sono le famiglie dei Keatiti contando tutti i maschi da un mese in su: ottomilaseicento. Essi avevano la custodia del s antuario. Le famiglie dei figli di Keat avevano l’accampamento al lato meridionale della Dimora.
Il principe del casato paterno per i Keatiti era Elisafàn figlio di Uzzièl. Avevano l’incarico dell’arc a della tavola del candelabro degli altari e degli arredi del santuario con i quali si svolge il servizi o della cortina e di tutto il suo impianto. Il principe dei prìncipi dei leviti era Eleàzaro figlio del sa cerdote Aronne; esercitava la sorveglianza su quelli che avevano l’incarico del santuario. A Mer arì appartengono la famiglia dei Macliti e la famiglia dei Musiti. Queste sono le famiglie di Mera rì. I loro censiti contando tutti i maschi da un mese in su erano seimiladuecento. Il principe del c
asato paterno per le famiglie di Merarì era Surièl figlio di Abicàil. Essi avevano l’accampamento al lato settentrionale della Dimora. I figli di Merarì avevano l’incarico di custodire le assi della Di mora le sue stanghe le sue colonne e le loro basi tutti i suoi arredi e tutto il suo impianto le colo nne del recinto all’intorno le loro basi i loro picchetti e le loro corde. Davanti alla Dimora a orien te avevano l’accampamento Mosè Aronne e i suoi figli; essi avevano la custodia del santuario a nome degli Israeliti. Il profano che vi si fosse avvicinato sarebbe stato messo a morte. Tutti i levi ti di cui Mosè e Aronne fecero il censimento secondo le loro famiglie per ordine del Signore tutt i i maschi da un mese in su erano ventiduemila. Il Signore disse a Mosè: «Censisci tutti i primoge niti maschi tra gli Israeliti, da un mese in su e conta i loro nomi. Prenderai i leviti per me –
io sono il Signore –
invece di tutti i primogeniti degli Israeliti e il bestiame dei leviti invece dei primi parti del bestia me degli Israeliti». Mosè censì come il Signore gli aveva comandato ogni primogenito tra gli Isra eliti secondo l’ordine che il Signore gli aveva dato. Il totale dei primogeniti maschi che furono ce nsiti contando i nomi da un mese in su fu di ventiduemiladuecentosettantatré. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Prendi i leviti al posto di tutti i primogeniti degli Israeliti e il bestiame dei leviti a l posto del loro bestiame; i leviti saranno miei. Io sono il Signore. Come riscatto dei duecentoset tantatré eccedenti rispetto ai leviti tra i primogeniti degli Israeliti prenderai cinque sicli a testa; l i prenderai conformi al siclo del santuario: venti ghera per un siclo. Darai il denaro ad Aronne e ai suoi figli come riscatto di quelli tra loro eccedenti». Mosè prese il denaro del riscatto di quelli che oltrepassavano il numero dei primogeniti riscattati dai leviti. Da questi primogeniti degli Isr aeliti prese in denaro milletrecentosessantacinque sicli, conformi al siclo del santuario. Mosè di ede il denaro del riscatto ad Aronne e ai suoi figli secondo l’ordine del Signore come aveva ordi nato il Signore a Mosè. Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Fate il computo dei figli di Keat tra i figli di Levi secondo le loro famiglie e secondo i loro casati paterni, dai trent’anni fino ai cinquant’anni di quanti fanno parte di una schiera, prestando servizio nella tenda del conveg no. Questo è il servizio dei figli di Keat nella tenda del convegno. è cosa santissima. Quando si le veranno le tende verranno Aronne e i suoi figli caleranno il velo della cortina e copriranno con e sso l’arca della Testimonianza; poi porranno sull’arca una coperta di pelli di tasso vi stenderann o sopra un drappo tutto di porpora viola e metteranno a posto le stanghe. Poi stenderanno un drappo di porpora viola sulla tavola dell’offerta e vi metteranno sopra i piatti le coppe le anfore le tazze per le libagioni; sopra vi sarà il pane perenne. Su queste cose stenderanno un drappo sc arlatto e lo copriranno con una coperta di pelli di tasso e collocheranno le stanghe. Prenderann o un drappo di porpora viola e copriranno il candelabro per l’illuminazione, le sue lampade i suo i smoccolatoi i suoi portacenere e tutti i vasi per l’olio di cui si servono. Metteranno il candelabr o con tutti i suoi accessori in una coperta di pelli di tasso e lo metteranno sopra la portantina. S
opra l’altare d’oro stenderanno un drappo di porpora viola e lo copriranno con una coperta di p elli di tasso e collocheranno le stanghe. Prenderanno tutti gli arredi che si usano per il servizio n el santuario li metteranno in un drappo di porpora viola li avvolgeranno in una coperta di pelli d
i tasso e li metteranno sopra la portantina. Toglieranno il grasso bruciato dall’altare e stenderan no su di esso un drappo scarlatto; vi metteranno sopra tutti gli arredi di cui si servono i bracieri l e forcelle, le palette i vasi per l’aspersione tutti gli accessori dell’altare e vi stenderanno sopra u na coperta di pelli di tasso e collocheranno le stanghe. Quando Aronne e i suoi figli avranno finit o di coprire il santuario e tutti gli arredi del santuario al momento di levare le tende i figli di Kea t verranno per trasportarlo; ma non toccheranno il santuario perché non muoiano. Questo è l’in carico dei figli di Keat nella tenda del convegno. Eleàzaro figlio del sacerdote Aronne avrà la sor veglianza dell’olio per l’illuminazione dell’incenso aromatico dell’offerta perenne e dell’olio dell’
unzione e la sorveglianza di tutta la Dimora e di quanto contiene sia del santuario sia dei suoi ar redi». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Non provocate l’eliminazione della tribù del le famiglie dei Keatiti di mezzo ai leviti; ma fate questo per loro perché vivano e non muoiano n ell’accostarsi al Santo dei Santi: Aronne e i suoi figli vengano e assegnino ciascuno di loro al pro prio servizio e al proprio incarico. Non entrino essi a guardare neanche per un istante il santuari o perché morirebbero». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Si faccia il computo anche dei figli di G
herson secondo i loro casati paterni secondo le loro famiglie. Dai trent’anni fino ai cinquant’ann i li censirai quanti fanno parte di una schiera prestando servizio nella tenda del convegno. Quest o è il servizio delle famiglie dei Ghersoniti quello che dovranno fare e quello che dovranno port are. Essi porteranno i teli della Dimora e la tenda del convegno la sua copertura la copertura di pelli di tasso che vi è sopra e la cortina all’ingresso della tenda del convegno i tendaggi del recin to la cortina all’ingresso del recinto che è attorno alla Dimora e all’altare le loro corde e tutti gli arredi per il loro servizio e tutto quanto è predisposto perché prestino servizio. Tutto il servizio dei Ghersoniti sarà agli ordini di Aronne e dei suoi figli per quanto dovranno portare e per quant o dovranno fare. E affiderete loro in custodia quanto dovranno portare. Tale è il servizio delle fa miglie dei figli dei Ghersoniti nella tenda del convegno; il loro servizio dipenderà da Itamàr figlio del sacerdote Aronne. Censirai i figli di Merarì secondo le loro famiglie secondo i loro casati pat erni; dai trent’anni fino ai cinquant’anni li censirai quanti fanno parte di una schiera prestando s ervizio nella tenda del convegno. Questo è quanto è affidato alla loro custodia e quello che dovr anno trasportare come loro servizio nella tenda del convegno: le assi della Dimora le sue stangh e le sue colonne le sue basi le colonne del recinto tutt’intorno le loro basi i loro picchetti le loro corde tutti i loro arredi e tutto il loro impianto. Elencherete per nome gli oggetti affidati alla lor o custodia e che essi dovranno trasportare. Tale è il servizio delle famiglie dei figli di Merarì sec ondo tutto il loro servizio nella tenda del convegno sotto gli ordini di Itamàr figlio del sacerdote Aronne». Mosè Aronne e i prìncipi della comunità censirono i figli dei Keatiti secondo le loro fa miglie secondo i loro casati paterni dai trent’anni fino ai cinquant’anni quanti facevano parte di una schiera prestando servizio nella tenda del convegno. I loro censiti secondo le loro famiglie f urono duemilasettecentocinquanta. Questi appartengono alle famiglie dei Keatiti di cui si fece il censimento quanti prestavano servizio nella tenda del convegno che Mosè e Aronne censirono secondo l’ordine che il Signore aveva dato per mezzo di Mosè. I censiti dei figli di Gherson seco
ndo le loro famiglie secondo i loro casati paterni, dai trent’anni fino ai cinquant’anni quanti face vano parte di una schiera, prestando servizio nella tenda del convegno quelli di cui si fece il cens imento secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni furono duemilaseicentotrenta. Qu esti appartengono alle famiglie dei figli di Gherson di cui si fece il censimento quanti prestavano servizio nella tenda del convegno che Mosè e Aronne censirono secondo l’ordine del Signore. I censiti delle famiglie dei figli di Merarì secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni dai trent’anni fino ai cinquant’anni quanti facevano parte di una schiera prestando servizio nella te nda del convegno quelli di cui si fece il censimento secondo le loro famiglie furono tremiladuec ento. Questi appartengono alle famiglie dei figli di Merarì che Mosè e Aronne censirono second o l’ordine che il Signore aveva dato per mezzo di Mosè. Tutti i censiti che Mosè Aronne e i prìnci pi d’Israele censirono presso i leviti secondo le loro famiglie secondo i loro casati paterni dai tre nt’anni fino ai cinquant’anni quanti prestavano servizio di lavoro e servizio di trasporto nella ten da del convegno, tutti quelli di cui si fece il censimento furono ottomilacinquecentoottanta. Per ordine del Signore li censirono per mezzo di Mosè uno per uno assegnando a ciascuno il servizio che doveva fare e ciò che doveva trasportare. Il loro censimento fu quello che il Signore aveva ordinato a Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ordina agli Israeliti che espellano dall’accamp amento ogni lebbroso chiunque soffre di gonorrea e ogni impuro a causa di un morto. Allontan erete sia i maschi sia le femmine; li allontanerete dall’accampamento, così non renderanno imp uro il loro accampamento dove io abito tra di loro». Così fecero gli Israeliti: li espulsero fuori del l’accampamento. Come il Signore aveva parlato a Mosè così fecero gli Israeliti. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Di’ agli Israeliti: “Quando un uomo o una donna avrà fatto qualsiasi peccato con tro qualcuno commettendo un’infedeltà contro il Signore questa persona sarà in condizione di c olpa. Dovrà confessare il peccato commesso. Restituirà per intero ciò per cui si è reso colpevole vi aggiungerà un quinto e lo darà a colui verso il quale si è reso colpevole. Ma se non vi è un par ente stretto a cui dare il risarcimento questo è da restituire al Signore cioè al sacerdote oltre l’a riete del rito di espiazione, mediante il quale si compirà l’espiazione per lui. Ogni prelievo su tut te le cose consacrate che gli Israeliti offriranno al sacerdote, apparterrà a lui; le cose sante di og nuno saranno sue ma ciò che uno darà al sacerdote apparterrà a lui”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Se un uomo ha una moglie che si è traviata e ha comm esso un’infedeltà verso di lui e un altro uomo ha avuto rapporti con lei ma la cosa è rimasta nas costa agli occhi del marito ed ella si è resa impura in segreto non vi sono testimoni contro di lei e non è stata colta sul fatto qualora uno spirito di gelosia si impadronisca del marito e questi div enti geloso della moglie che si è resa impura oppure uno spirito di gelosia si impadronisca di lui e questi diventi geloso della moglie che non si è resa impura, il marito condurrà sua moglie al sa cerdote e per lei porterà come offerta un decimo di efa di farina d’orzo; non vi spanderà sopra olio né vi metterà sopra incenso perché è un’oblazione di gelosia un’oblazione commemorativa per ricordare una colpa. Il sacerdote farà avvicinare la donna e la farà stare davanti al Signore. P
oi il sacerdote prenderà acqua santa in un vaso di terra; prenderà anche un po’ della polvere ch
e è sul pavimento della Dimora e la metterà nell’acqua. Il sacerdote farà quindi stare la donna d avanti al Signore le scioglierà la capigliatura e porrà nelle mani di lei l’oblazione commemorativ a che è oblazione di gelosia, mentre il sacerdote avrà in mano l’acqua di amarezza che porta ma ledizione. Il sacerdote la farà giurare e dirà alla donna: Se nessun altro uomo si è coricato con te e se non ti sei traviata rendendoti impura con un altro mentre appartieni a tuo marito sii tu dim ostrata innocente da quest’acqua di amarezza che porta maledizione. Ma se ti sei traviata con u n altro mentre appartieni a tuo marito e ti sei resa impura e un altro uomo ha avuto rapporti co n te all’infuori di tuo marito… a questo punto il sacerdote farà giurare la donna con un’imprecaz ione e il sacerdote dirà alla donna: Il Signore faccia di te un oggetto di maledizione e di imprecaz ione in mezzo al tuo popolo facendoti lui il Signore avvizzire i fianchi e gonfiare il ventre; quest’a cqua che porta maledizione ti entri nelle viscere per farti gonfiare il ventre e avvizzire i fianchi!
E la donna dirà: Amen Amen! E il sacerdote scriverà queste imprecazioni su un documento e le cancellerà con l’acqua di amarezza. Farà bere alla donna quell’acqua di amarezza che porta mal edizione e l’acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrre amarezza. Il sacerdote pren derà dalle mani della donna l’oblazione di gelosia presenterà l’oblazione con il rito di elevazione davanti al Signore e l’accosterà all’altare. Il sacerdote prenderà una manciata di quell’oblazione come suo memoriale e la farà bruciare sull’altare; poi farà bere l’acqua alla donna. Quando le a vrà fatto bere l’acqua se lei si è contaminata e ha commesso un’infedeltà contro suo marito l’ac qua che porta maledizione entrerà in lei per produrre amarezza; il ventre le si gonfierà e i suoi fi anchi avvizziranno e quella donna diventerà un oggetto d’imprecazione all’interno del suo popo lo. Ma se la donna non si è resa impura ed è quindi pura sarà dimostrata innocente e sarà fecon da. Questa è la legge della gelosia nel caso in cui una donna si sia traviata con un altro mentre a ppartiene al marito e si sia resa impura e nel caso in cui uno spirito di gelosia si impadronisca de l marito e questi sia divenuto geloso della moglie; egli farà comparire sua moglie davanti al Sign ore e il sacerdote le applicherà questa legge integralmente. Il marito sarà immune da colpa ma l a donna porterà la propria colpa”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo l oro: “Quando un uomo o una donna farà un voto speciale il voto di nazireato per consacrarsi al Signore si asterrà dal vino e dalle bevande inebrianti non berrà aceto di vino né aceto di bevand a inebriante non berrà liquori tratti dall’uva e non mangerà uva né fresca né secca. Per tutto il t empo del suo nazireato non mangerà alcun prodotto della vite dai chicchi acerbi alle vinacce. Pe r tutto il tempo del suo voto di nazireato il rasoio non passerà sul suo capo; finché non siano co mpiuti i giorni per i quali si è votato al Signore sarà sacro: lascerà crescere liberamente la capigli atura del suo capo. Per tutto il tempo in cui rimane votato al Signore non si avvicinerà a un cada vere; si trattasse anche di suo padre di sua madre di suo fratello e di sua sorella non si renderà i mpuro per loro alla loro morte perché porta sul capo il segno della sua consacrazione a Dio. Per tutto il tempo del suo nazireato egli è sacro al Signore. Se qualcuno gli muore accanto all’impro vviso e rende impuro il suo capo consacrato nel giorno della sua purificazione si raderà il capo: s e lo raderà il settimo giorno; l’ottavo giorno porterà due tortore o due piccoli di colomba al sace
rdote, all’ingresso della tenda del convegno. Il sacerdote ne offrirà uno in sacrificio per il peccat o e l’altro in olocausto e compirà il rito espiatorio per lui per il peccato in cui è incorso a causa d i quel morto. In quel giorno stesso il nazireo consacrerà così il suo capo. Consacrerà di nuovo al Signore i giorni del suo nazireato e offrirà un agnello dell’anno come sacrificio per il peccato; i gi orni precedenti decadranno perché il suo nazireato è stato reso impuro. Questa è la legge per il nazireo: quando i giorni del suo nazireato saranno compiuti, lo si farà venire all’ingresso della te nda del convegno; egli presenterà l’offerta al Signore: un agnello dell’anno senza difetto per l’ol ocausto; una pecora dell’anno senza difetto per il sacrificio per il peccato; un ariete senza difett o come sacrificio di comunione; un canestro di pani azzimi di fior di farina di focacce impastate con olio di schiacciate senza lievito unte d’olio insieme con la loro oblazione e le loro libagioni. Il sacerdote le offrirà davanti al Signore e compirà il suo sacrificio per il peccato e il suo olocausto
; offrirà l’ariete come sacrificio di comunione al Signore oltre al canestro degli azzimi. Il sacerdot e offrirà anche l’oblazione e la sua libagione. Il nazireo raderà all’ingresso della tenda del conve gno il suo capo consacrato prenderà la capigliatura del suo capo consacrato e la metterà sul fuo co che è sotto il sacrificio di comunione. Il sacerdote prenderà la spalla dell’ariete, quando sarà cotta una focaccia non lievitata dal canestro e una schiacciata azzima e le porrà nelle mani del n azireo dopo che questi avrà rasato la capigliatura consacrata. Il sacerdote le presenterà con il rit o di elevazione davanti al Signore; è cosa santa che appartiene al sacerdote insieme con il petto della vittima offerta con il rito di elevazione e la coscia della vittima offerta come tributo. Dopo i l nazireo potrà bere vino. Questa è la legge per il nazireo che ha promesso la sua offerta al Signo re per il suo nazireato oltre quello che è in grado di fare in più secondo il voto che avrà emesso.
Così egli farà quanto alla legge del suo nazireato”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Ar onne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore e ti c ustodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te i l suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò». Nel gior no in cui Mosè ebbe finito di erigere la Dimora e l’ebbe unta e consacrata con tutti i suoi arredi quando ebbe eretto l’altare e tutti i suoi arredi e li ebbe unti e consacrati i prìncipi di Israele cap i dei loro casati paterni quelli che erano i prìncipi delle tribù e che avevano presieduto al censim ento presentarono un’offerta. Portarono la loro offerta davanti al Signore: sei carri coperti e do dici capi di bestiame grosso cioè un carro ogni due prìncipi e un bue ciascuno e li offrirono dava nti alla Dimora. Il Signore disse a Mosè: «Prendili da loro per impiegarli al servizio della tenda de l convegno e assegnali ai leviti; a ciascuno secondo il suo servizio». Mosè prese dunque i carri e i buoi e li diede ai leviti. Diede due carri e quattro buoi ai figli di Gherson secondo il loro servizio; diede quattro carri e otto buoi ai figli di Merarì secondo il loro servizio sotto la sorveglianza di It amàr figlio del sacerdote Aronne. Ma ai figli di Keat non ne diede perché a loro incombeva il ser vizio del santuario e dovevano trasportarlo sulle spalle. I prìncipi presentarono l’offerta per la d edicazione dell’altare il giorno in cui esso fu unto; i prìncipi presentarono la loro offerta di front e all’altare. Il Signore disse a Mosè: «Offriranno la loro offerta per la dedicazione dell’altare un
principe al giorno». Presentò l’offerta il primo giorno Nacson figlio di Amminadàb della tribù di Giuda; la sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio p er l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto, un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione d ue bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Nacson, figlio di Amminadàb. Il secondo giorno Netanèl figlio di Suar principe di ìssacar fece l’offerta. Offrì un pi atto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al sicl o del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’o ro di dieci sicli piena d’incenso un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto, un c apro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinqu e capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Netanèl figlio di Suar. Il terzo giorno fu Eliàb figlio di Chelon principe dei figli di Zàbulon. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di cen totrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pie ni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incens o, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il pec cato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un an no. Tale fu l’offerta di Eliàb figlio di Chelon. Il quarto giorno fu Elisù r figlio di Sedeù r principe de i figli di Ruben. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’ar gento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata c on olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un a gnello di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di com unione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Elisù r figlio di Sedeù r. Il quinto giorno fu Selumièl figlio di Surisaddài principe dei figli di Simeone. La s ua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta si cli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazi one una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso un giovenco un ariete un agnello di un anno p er l’olocausto, un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Selumièl figlio di Surisadd ài. Il sesto giorno fu Eliasàf figlio di Deuèl principe dei figli di Gad. La sua offerta fu un piatto d’ar gento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del san tuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di die ci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri ci nque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Eliasàf figlio di Deuèl. Il settimo giorno fu Elisamà figl io di Ammiù d principe dei figli di èfraim. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centot renta sicli un vassoio d’argento del peso di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e du e pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’in
censo un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto, un capro per il sacrificio per i l peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di u n anno. Tale fu l’offerta di Elisamà figlio di Ammiù d. L’ottavo giorno fu Gamlièl figlio di Pedasù r principe dei figli di Manasse. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli u n vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di fari na impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto, un capro per il sacrificio per il peccato e per il sa crificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’off erta di Gamlièl figlio di Pedasù r. Il nono giorno fu Abidàn figlio di Ghideonì principe dei figli di B
eniamino. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argent o di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con o lio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un agnell o di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunio ne due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Abidàn figli o di Ghideonì. Il decimo giorno fu Achièzer figlio di Ammisaddài principe dei figli di Dan. La sua o fferta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli c onformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’
olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinq ue arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Achièzer figlio di Ammisaddài
. L’undicesimo giorno fu Paghièl figlio di Ocran principe dei figli di Aser. La sua offerta fu un piatt o d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo d el santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto un cap ro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque c apri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Paghièl figlio di Ocran. Il dodicesimo giorno fu Achirà figlio di Enan principe dei figli di Nèftali. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli un vassoio d’argento di settanta sicli conformi al siclo del santuario tutti e due pieni di fior di farina impastata con olio per l’oblazione una coppa d’oro di dieci sicli piena d’inc enso, un giovenco un ariete un agnello di un anno per l’olocausto un capro per il sacrificio per il peccato e per il sacrificio di comunione due bovini cinque arieti cinque capri cinque agnelli di un anno. Tale fu l’offerta di Achirà figlio di Enan. Questi furono i doni per la dedicazione dell’altare da parte dei capi d’Israele, il giorno in cui esso fu unto: dodici piatti d’argento dodici vassoi d’ar gento dodici coppe d’oro; ogni piatto d’argento era di centotrenta sicli e ogni vassoio di settant a. Totale dell’argento dei vasi: duemilaquattrocento sicli conformi al siclo del santuario; dodici c oppe d’oro piene d’incenso a dieci sicli per coppa conformi al siclo del santuario. Totale dell’oro delle coppe: centoventi sicli. Totale del bestiame per l’olocausto: dodici giovenchi dodici arieti dodici agnelli di un anno con la loro oblazione e dodici capri per il sacrificio per il peccato. Total
e del bestiame per il sacrificio di comunione: ventiquattro giovenchi sessanta arieti sessanta cap ri sessanta agnelli di un anno. Questa fu la dedicazione dell’altare dopo che esso fu unto. Quand o Mosè entrava nella tenda del convegno per parlare con il Signore udiva la voce che gli parlava dall’alto del propiziatorio che è sopra l’arca della Testimonianza fra i due cherubini. Ed egli parla va a lui. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne dicendogli: “Quando collocherai le la mpade le sette lampade dovranno far luce verso la parte anteriore del candelabro”». Aronne fe ce così: collocò le lampade in modo che facessero luce verso la parte anteriore del candelabro c ome il Signore aveva ordinato a Mosè. E questa era la struttura del candelabro: era d’oro lavora to a martello dal suo fusto alle sue corolle era un solo lavoro a martello. Mosè aveva fatto il can delabro secondo la visione che il Signore gli aveva mostrato. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Pr endi i leviti tra gli Israeliti e purificali. Per purificarli farai così: li aspergerai con l’acqua lustrale; f aranno passare il rasoio su tutto il loro corpo laveranno le loro vesti e si purificheranno. Poi pre nderanno un giovenco e la sua oblazione di fior di farina impastata con olio e tu prenderai un se condo giovenco per il sacrificio per il peccato. Farai avvicinare i leviti dinanzi alla tenda del conv egno e convocherai tutta la comunità degli Israeliti. Farai avvicinare i leviti davanti al Signore e g li Israeliti porranno le mani sui leviti; Aronne presenterà i leviti con il rito di elevazione davanti a l Signore da parte degli Israeliti ed essi svolgeranno il servizio del Signore. Poi i leviti porranno le mani sulla testa dei giovenchi e tu ne offrirai uno in sacrificio per il peccato e l’altro in olocaust o al Signore per compiere il rito espiatorio per i leviti. Farai stare i leviti davanti ad Aronne e dav anti ai suoi figli e li presenterai con il rito di elevazione in onore del Signore. Così separerai i levit i dagli Israeliti e i leviti saranno miei. Dopo di che quando li avrai purificati e presentati con il rit o di elevazione i leviti entreranno in servizio nella tenda del convegno. Essi infatti sono doni dati a me tra gli Israeliti io li ho presi per me al posto di quanti nascono per primi dalla madre al pos to di ogni primogenito di tutti gli Israeliti. Poiché mio è ogni primogenito fra gli Israeliti sia degli uomini sia del bestiame: io me li sono consacrati il giorno in cui percossi tutti i primogeniti in ter ra d’Egitto. Ho scelto i leviti al posto di ogni primogenito fra gli Israeliti. Ho dato i leviti in dono a d Aronne e ai suoi figli tra gli Israeliti perché svolgano il servizio degli Israeliti nella tenda del con vegno e perché compiano il rito espiatorio per gli Israeliti e non vi sia flagello per gli Israeliti qua ndo gli Israeliti si accosteranno al santuario». Così fecero Mosè Aronne e tutta la comunità degli Israeliti per i leviti; gli Israeliti fecero per i leviti quanto il Signore aveva ordinato a Mosè a loro r iguardo. I leviti si purificarono e lavarono le loro vesti. Aronne li presentò con il rito di elevazion e davanti al Signore e compì il rito espiatorio per loro per purificarli. Dopo questo i leviti entraro no in servizio nella tenda del convegno alla presenza di Aronne e dei suoi figli. Come il Signore a veva ordinato a Mosè riguardo ai leviti così fecero per loro. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Qu esto riguarda i leviti: da venticinque anni in su il levita entrerà a far parte della schiera al servizi o della tenda del convegno e a cinquant’anni si ritirerà dalla schiera del suo servizio: non preste rà più servizio. Assisterà i suoi fratelli nella tenda del convegno sorvegliando ciò che è affidato al la loro custodia ma non presterà servizio. Così farai per i leviti per quel che riguarda il loro incari
co». Il Signore parlò a Mosè nel deserto del Sinai il secondo anno dalla loro uscita dalla terra d’E
gitto nel primo mese e disse: «Gli Israeliti celebreranno la Pasqua nel tempo stabilito. La celebre rete nel tempo stabilito il giorno quattordici di questo mese tra le due sere; la celebrerete seco ndo tutte le leggi e secondo tutte le prescrizioni». Mosè parlò agli Israeliti perché celebrassero l a Pasqua. Essi celebrarono la Pasqua il giorno quattordici del primo mese tra le due sere nel des erto del Sinai. Secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè così fecero gli Israeliti. Ma vi er ano degli uomini che erano impuri a causa del cadavere di un uomo e non potevano celebrare l a Pasqua in quel giorno. Si presentarono in quello stesso giorno davanti a Mosè e davanti ad Ar onne; quegli uomini gli dissero: «Noi siamo impuri per il cadavere di un uomo: perché ci dev’ess ere impedito di presentare l’offerta del Signore al tempo stabilito in mezzo agli Israeliti?». Mosè rispose loro: «Aspettate e sentirò quello che il Signore ordinerà a vostro riguardo». Il Signore p arlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Chiunque di voi o dei vostri discendenti si a impuro per il contatto con un cadavere o sia lontano in viaggio potrà celebrare la Pasqua in on ore del Signore. La celebreranno nel secondo mese il giorno quattordici tra le due sere; la mang eranno con pane azzimo e con erbe amare. Non ne serberanno alcun resto fino al mattino e no n ne spezzeranno alcun osso. La celebreranno seguendo fedelmente la legge della Pasqua. Però l’uomo che sia puro e non sia in viaggio ma ometta di fare la Pasqua, quella persona sarà elimin ata dal suo popolo perché non ha presentato l’offerta al Signore nel tempo stabilito: quell’uom o porterà il suo peccato. Se uno straniero che dimora tra voi celebrerà la Pasqua per il Signore l o farà secondo la legge della Pasqua e secondo quanto è stabilito per essa. Vi sarà un’unica legg e per voi per lo straniero e per il nativo della terra”». Nel giorno in cui la Dimora fu eretta la nub e coprì la Dimora dalla parte della tenda della Testimonianza; alla sera ci fu sulla Dimora come u n’apparizione di fuoco fino alla mattina. Così avveniva sempre: la nube la copriva e di notte ave va l’aspetto del fuoco. Tutte le volte che la nube si alzava sopra la tenda subito gli Israeliti si met tevano in cammino e nel luogo dove la nube si posava là gli Israeliti si accampavano. Sull’ordine del Signore gli Israeliti si mettevano in cammino e sull’ordine del Signore si accampavano. Tutti i giorni in cui la nube restava sulla Dimora essi rimanevano accampati. Quando la nube rimaneva per molti giorni sulla Dimora gli Israeliti osservavano la prescrizione del Signore e non partivano
. Avveniva che la nube rimanesse pochi giorni sulla Dimora: essi all’ordine del Signore rimaneva no accampati e all’ordine del Signore levavano le tende. E avveniva che se la nube si fermava da lla sera alla mattina e si alzava la mattina subito riprendevano il cammino; o se dopo un giorno e una notte la nube si alzava allora levavano le tende. O se la nube rimaneva ferma sulla Dimora due giorni o un mese o un anno gli Israeliti rimanevano accampati e non partivano; ma quando si alzava levavano le tende. All’ordine del Signore si accampavano e all’ordine del Signore levav ano le tende, e osservavano le prescrizioni del Signore secondo l’ordine dato dal Signore per me zzo di Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Fatti due trombe d’argento; le farai d’argento lav orato a martello e ti serviranno per convocare la comunità e per far muovere gli accampamenti.
Quando si suonerà con esse tutta la comunità si radunerà presso di te all’ingresso della tenda d
el convegno. Al suono di una tromba sola si raduneranno presso di te i prìncipi capi delle migliai a d’Israele. Quando le suonerete a squillo disteso gli accampamenti che sono a levante si mette ranno in cammino. Quando le suonerete a squillo disteso una seconda volta si metteranno in ca mmino gli accampamenti posti a mezzogiorno. A squillo disteso si suonerà per i loro spostamen ti. Per radunare l’assemblea suonerete ma non con squillo disteso. I sacerdoti figli di Aronne su oneranno le trombe; sarà per voi un rito perenne di generazione in generazione. Quando nella v ostra terra entrerete in guerra contro l’avversario che vi attaccherà suonerete le trombe a squill o disteso e sarete ricordati davanti al Signore vostro Dio e sarete salvati dai vostri nemici. Nel vo stro giorno di gioia nelle vostre solennità e al principio dei vostri mesi, suonerete le trombe dur ante i vostri olocausti e i vostri sacrifici di comunione. Esse saranno per voi un richiamo davanti al vostro Dio. Io sono il Signore vostro Dio». Il secondo anno il secondo mese il venti del mese la nube si alzò da sopra la Dimora della Testimonianza. Gli Israeliti si mossero secondo il loro ordi ne di spostamento, dal deserto del Sinai. La nube si fermò nel deserto di Paran. Così si misero in cammino la prima volta secondo l’ordine del Signore dato per mezzo di Mosè. Per prima si mos se l’insegna dell’accampamento dei figli di Giuda suddivisi secondo le loro schiere. Nacson figlio di Amminadàb comandava la schiera di Giuda. Netanèl figlio di Suar comandava la schiera della tribù dei figli di ìssacar. Eliàb figlio di Chelon comandava la schiera della tribù dei figli di Zàbulon
. La Dimora fu smontata e si mossero i figli di Gherson e i figli di Merarì portatori della Dimora. P
oi si mosse l’insegna dell’accampamento di Ruben secondo le sue schiere. Elisù r figlio di Sedeù r comandava la schiera di Ruben. Selumièl, figlio di Surisaddài comandava la schiera della tribù dei figli di Simeone. Eliasàf figlio di Deuèl comandava la schiera della tribù dei figli di Gad. Poi si mossero i Keatiti portatori del santuario; la Dimora veniva eretta al loro arrivo. Poi si mosse l’ins egna dell’accampamento dei figli di èfraim suddivisi secondo le sue schiere. Elisamà figlio di Am miù d comandava la schiera di èfraim. Gamlièl figlio di Pedasù r comandava la schiera della tribù dei figli di Manasse. Abidàn figlio di Ghideonì comandava la schiera della tribù dei figli di Benia mino. Poi si mosse l’insegna dell’accampamento dei figli di Dan retroguardia di tutti gli accampa menti suddivisi secondo le loro schiere. Achièzer figlio di Ammisaddài comandava la schiera di D
an. Paghièl figlio di Ocran comandava la schiera della tribù dei figli di Aser e Achirà figlio di Enan comandava la schiera della tribù dei figli di Nèftali. Questo era l’ordine degli spostamenti degli I sraeliti secondo le loro schiere quando levarono le tende. Mosè disse a Obab figlio di Reuèl il M
adianita suocero di Mosè: «Noi stiamo per partire verso il luogo del quale il Signore ha detto: “L
o darò a voi in possesso”. Vieni con noi e ti faremo del bene perché il Signore ha promesso del b ene a Israele». Ma egli replicò: «Io non verrò anzi tornerò alla mia terra e alla mia parentela».
Mosè rispose: «Non ci abbandonare ti prego poiché tu conosci i luoghi dove accamparci nel des erto e sarai per noi come gli occhi. Se vieni con noi tutto il bene che il Signore farà a noi noi lo fa remo a te». Così partirono dal monte del Signore e fecero tre giornate di cammino; l’arca dell’all eanza del Signore si muoveva davanti a loro durante le tre giornate di cammino per cercare loro un luogo di sosta. La nube del Signore era sopra di loro durante il giorno quando partivano dall’

accampamento. Quando l’arca partiva Mosè diceva: «Sorgi Signore, e siano dispersi i tuoi nemic i e fuggano davanti a te coloro che ti odiano». Quando sostava diceva: «Torna Signore, alle miri adi di migliaia d’Israele». Ora il popolo cominciò a lamentarsi aspramente agli orecchi del Signor e. Li udì il Signore e la sua ira si accese: il fuoco del Signore divampò in mezzo a loro e divorò un’
estremità dell’accampamento. Il popolo gridò a Mosè Mosè pregò il Signore e il fuoco si spense.
Quel luogo fu chiamato Taberà perché il fuoco del Signore era divampato fra loro. La gente racc ogliticcia in mezzo a loro fu presa da grande bramosia e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratu itamente dei cetrioli dei cocomeri dei porri delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce
; non c’è più nulla i nostri occhi non vedono altro che questa manna». La manna era come il se me di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. Il popolo andava attorno a raccoglierla poi la riduceva in farina con la macina o la pestava nel mortaio la faceva cuocere nelle pentole o ne faceva focacce; aveva il sapore di pasta con l’olio. Quando di notte cadeva la rugiada sull’acc ampamento cadeva anche la manna. Mosè udì il popolo che piangeva in tutte le famiglie ognun o all’ingresso della propria tenda; l’ira del Signore si accese e la cosa dispiacque agli occhi di Mo sè. Mosè disse al Signore: «Perché hai fatto del male al tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi al punto di impormi il peso di tutto questo popolo? L’ho forse concepito io tutto qu esto popolo? O l’ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: “Portalo in grembo” come la nu trice porta il lattante fino al suolo che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? Da dove pr enderò la carne da dare a tutto questo popolo? Essi infatti si lamentano dietro a me dicendo: “
Dacci da mangiare carne!”. Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo; è tropp o pesante per me. Se mi devi trattare così fammi morire piuttosto fammi morire se ho trovato g razia ai tuoi occhi; che io non veda più la mia sventura!». Il Signore disse a Mosè: «Radunami se ttanta uomini tra gli anziani d’Israele conosciuti da te come anziani del popolo e come loro scrib i conducili alla tenda del convegno; vi si presentino con te. Io scenderò e lì parlerò con te; toglie rò dello spirito che è su di te e lo porrò su di loro e porteranno insieme a te il carico del popolo e tu non lo porterai più da solo. Dirai al popolo: “Santificatevi per domani e mangerete carne pe rché avete pianto agli orecchi del Signore dicendo: Chi ci darà da mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. Ne mangerete non per un gi orno non per due giorni non per cinque giorni non per dieci giorni non per venti giorni, ma per u n mese intero finché vi esca dalle narici e vi venga a nausea perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui dicendo: Perché siamo usciti dall’Egitto?”». Mosè d isse: «Questo popolo in mezzo al quale mi trovo conta seicentomila adulti e tu dici: “Io darò lor o la carne e ne mangeranno per un mese intero!”. Si sgozzeranno per loro greggi e armenti in m odo che ne abbiano abbastanza? O si raduneranno per loro tutti i pesci del mare in modo che n e abbiano abbastanza?». Il Signore rispose a Mosè: «Il braccio del Signore è forse raccorciato? O
ra vedrai se ti accadrà o no quello che ti ho detto». Mosè dunque uscì e riferì al popolo le parole del Signore; radunò settanta uomini tra gli anziani del popolo e li fece stare intorno alla tenda.

Allora il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose so pra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro quelli profetizzarono ma n on lo fecero più in seguito. Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento uno chiamato Elda d e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti ma non erano usciti per and are alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento. Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento». Giosuè figlio di Nun servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza prese la parola e disse: «Mosè mio signore impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Si gnore porre su di loro il suo spirito!». E Mosè si ritirò nell’accampamento insieme con gli anziani d’Israele. Un vento si alzò per volere del Signore e portò quaglie dal mare e le fece cadere sull’a ccampamento per la lunghezza di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di ca mmino dall’altro intorno all’accampamento e a un’altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. Il popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quagl ie. Chi ne raccolse meno ne ebbe dieci homer; le distesero per loro intorno all’accampamento. L
a carne era ancora fra i loro denti e non era ancora stata masticata quando l’ira del Signore si ac cese contro il popolo e il Signore percosse il popolo con una gravissima piaga. Quel luogo fu chi amato Kibrot-Taavà perché là seppellirono il popolo che si era abbandonato all’ingordigia. Da Kibrot-Taavà il popolo partì per Caseròt e a Caseròt fece sosta. Maria e Aronne parlarono contro Mosè a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti aveva sposato una donna etiope. Dissero: «Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro?
». Il Signore udì. Ora Mosè era un uomo assai umile più di qualunque altro sulla faccia della terr a. Il Signore disse a un tratto a Mosè ad Aronne e a Maria: «Uscite tutti e tre verso la tenda del c onvegno». Uscirono tutti e tre. Il Signore scese in una colonna di nube si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti. Il Signore disse: «Ascoltate le mie parole
! Se ci sarà un vostro profeta, io il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui. N
on così per il mio servo Mosè: egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa. Bocca a bocca parlo c on lui, in visione e non per enigmi, ed egli contempla l’immagine del Signore. Perché non avete temuto di parlare contro il mio servo contro Mosè?». L’ira del Signore si accese contro di loro e d egli se ne andò. La nube si ritirò di sopra alla tenda ed ecco: Maria era lebbrosa bianca come l a neve. Aronne si volse verso Maria ed ecco: era lebbrosa. Aronne disse a Mosè: «Ti prego mio s ignore non addossarci il peccato che abbiamo stoltamente commesso! Ella non sia come il bam bino nato morto la cui carne è già mezza consumata quando esce dal seno della madre». Mosè gridò al Signore dicendo: «Dio ti prego guariscila!». Il Signore disse a Mosè: «Se suo padre le ave sse sputato in viso non ne porterebbe lei vergogna per sette giorni? Stia dunque isolata fuori de ll’accampamento sette giorni; poi vi sarà riammessa». Maria dunque rimase isolata fuori dell’ac campamento sette giorni; il popolo non riprese il cammino finché Maria non fu riammessa. Poi i l popolo partì da Caseròt e si accampò nel deserto di Paran. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ma
nda uomini a esplorare la terra di Canaan che sto per dare agli Israeliti. Manderete un uomo per ogni tribù dei suoi padri: tutti siano prìncipi fra loro». Mosè li mandò dal deserto di Paran secon do il comando del Signore; quegli uomini erano tutti capi degli Israeliti. Questi erano i loro nomi
: per la tribù di Ruben Sammù a figlio di Zaccur; per la tribù di Simeone Safat figlio di Orì per la t ribù di Giuda Caleb figlio di Iefunnè per la tribù di ìssacar, Igal figlio di Giuseppe; per la tribù di è fraim Osea figlio di Nun; per la tribù di Beniamino Paltì figlio di Rafu; per la tribù di Zàbulon Gad dièl figlio di Sodì per la tribù di Giuseppe cioè per la tribù di Manasse Gaddì figlio di Susì per la tr ibù di Dan Ammièl figlio di Ghemallì per la tribù di Aser, Setur figlio di Michele; per la tribù di Nè ftali Nacbì figlio di Vofsì per la tribù di Gad Gheuèl figlio di Machì. Questi sono i nomi degli uomi ni che Mosè mandò a esplorare la terra. Mosè diede a Osea figlio di Nun il nome di Giosuè. Mos è dunque li mandò a esplorare la terra di Canaan e disse loro: «Salite attraverso il Negheb; poi s alirete alla regione montana e osserverete che terra sia che popolo l’abiti se forte o debole se sc arso o numeroso; come sia la regione che esso abita se buona o cattiva e come siano le città do ve abita se siano accampamenti o luoghi fortificati; come sia il terreno se grasso o magro se vi si ano alberi o no. Siate coraggiosi e prendete dei frutti del luogo». Erano i giorni delle primizie del l’uva. Salirono dunque ed esplorarono la terra dal deserto di Sin fino a Recob all’ingresso di Cam at. Salirono attraverso il Negheb e arrivarono fino a Ebron dove erano Achimàn, Sesài e Talmài discendenti di Anak. Ebron era stata edificata sette anni prima di Tanis d’Egitto. Giunsero fino al la valle di Escol e là tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva che portarono in due con una st anga e presero anche melagrane e fichi. Quel luogo fu chiamato valle di Escol a causa del grapp olo d’uva che gli Israeliti vi avevano tagliato. Al termine di quaranta giorni tornarono dall’esplor azione della terra e andarono da Mosè e Aronne e da tutta la comunità degli Israeliti nel desert o di Paran verso Kades; riferirono ogni cosa a loro e a tutta la comunità e mostrarono loro i frutt i della terra. Raccontarono: «Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti. Ma il popolo che abita quella terra è potente le città sono fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Ittiti i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano pr esso il mare e lungo la riva del Giordano». Caleb fece tacere il popolo davanti a Mosè e disse: «
Dobbiamo salire e conquistarla perché certo vi riusciremo». Ma gli uomini che vi erano andati c on lui dissero: «Non riusciremo ad andare contro questo popolo perché è più forte di noi». E dif fusero tra gli Israeliti il discredito sulla terra che avevano esplorato dicendo: «La terra che abbia mo attraversato per esplorarla è una terra che divora i suoi abitanti; tutto il popolo che vi abbia mo visto è gente di alta statura. Vi abbiamo visto i giganti discendenti di Anak della razza dei gig anti di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro». All ora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; quella notte il popolo pianse. Tutti gli Isr aeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: «Fossimo mort i in terra d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci fa entrare in questa t erra per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio
per noi tornare in Egitto?». Si dissero l’un l’altro: «Su diamoci un capo e torniamo in Egitto». All ora Mosè e Aronne si prostrarono con la faccia a terra dinanzi a tutta l’assemblea della comunit à degli Israeliti. Giosuè figlio di Nun e Caleb figlio di Iefunnè che erano stati tra gli esploratori de lla terra si stracciarono le vesti e dissero a tutta la comunità degli Israeliti: «La terra che abbiam o attraversato per esplorarla è una terra molto molto buona. Se il Signore ci sarà favorevole, ci i ntrodurrà in quella terra e ce la darà: è una terra dove scorrono latte e miele. Soltanto non vi ri bellate al Signore e non abbiate paura del popolo della terra, perché ne faremo un boccone; la l oro difesa li ha abbandonati mentre il Signore è con noi. Non ne abbiate paura». Allora tutta la c omunità parlò di lapidarli; ma la gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Is raeliti. Il Signore disse a Mosè: «Fino a quando mi tratterà senza rispetto questo popolo? E fino a quando non crederanno in me dopo tutti i segni che ho compiuto in mezzo a loro? Io lo colpir ò con la peste e lo escluderò dall’eredità ma farò di te una nazione più grande e più potente di l ui». Mosè disse al Signore: «Gli Egiziani hanno saputo che tu hai fatto uscire di là questo popolo con la tua potenza e lo hanno detto agli abitanti di questa terra. Essi hanno udito che tu Signor e sei in mezzo a questo popolo che tu Signore ti mostri loro faccia a faccia, che la tua nube si fer ma sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nube e di notte in una colonna di fuoco. Ora se fai perire questo popolo come un solo uomo le nazioni che hanno udit o la tua fama diranno: “Siccome il Signore non riusciva a condurre questo popolo nella terra che aveva giurato di dargli li ha massacrati nel deserto”. Ora si mostri grande la potenza del mio Sig nore secondo quello che hai detto: “Il Signore è lento all’ira e grande nell’amore perdona la col pa e la ribellione ma non lascia senza punizione; castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione”. Perdona ti prego la colpa di questo popolo secondo la grandezza del tuo amore così come hai perdonato a questo popolo dall’Egitto fin qui». Il Signore disse: «Io pe rdono come tu hai chiesto; ma come è vero che io vivo e che la gloria del Signore riempirà tutta la terra tutti gli uomini che hanno visto la mia gloria e i segni compiuti da me in Egitto e nel dese rto e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno dato ascolto alla mia voce c erto non vedranno la terra che ho giurato di dare ai loro padri e tutti quelli che mi trattano senz a rispetto non la vedranno. Ma il mio servo Caleb che è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito fedelmente io lo introdurrò nella terra dove già è stato; la sua stirpe la possederà. Gli A maleciti e i Cananei abitano nella valle; domani incamminatevi e tornate indietro verso il desert o in direzione del Mar Rosso». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Fino a quando sopp orterò questa comunità malvagia che mormora contro di me? Ho udito le mormorazioni degli Is raeliti contro di me. Riferisci loro: “Come è vero che io vivo oracolo del Signore così come avete parlato alle mie orecchie io farò a voi! I vostri cadaveri cadranno in questo deserto. Nessun cens ito tra voi di quanti siete stati registrati dai venti anni in su e avete mormorato contro di me pot rà entrare nella terra nella quale ho giurato a mano alzata di farvi abitare a eccezione di Caleb fi glio di Iefunnè e di Giosuè figlio di Nun. Proprio i vostri bambini dei quali avete detto che sarebb ero diventati una preda di guerra, quelli ve li farò entrare; essi conosceranno la terra che voi av
ete rifiutato. Quanto a voi i vostri cadaveri cadranno in questo deserto. I vostri figli saranno no madi nel deserto per quarant’anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà finché i vostri cad averi siano tutti quanti nel deserto. Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplor are la terra quaranta giorni per ogni giorno un anno porterete le vostre colpe per quarant’anni e saprete che cosa comporta ribellarsi a me”. Io il Signore ho parlato. Così agirò con tutta quest a comunità malvagia con coloro che si sono coalizzati contro di me: in questo deserto saranno a nnientati e qui moriranno». Gli uomini che Mosè aveva mandato a esplorare la terra e che torn ati avevano fatto mormorare tutta la comunità contro di lui diffondendo il discredito sulla terra, quegli uomini che avevano propagato cattive voci su quella terra morirono per un flagello, dava nti al Signore. Di quegli uomini che erano andati a esplorare la terra sopravvissero Giosuè figlio di Nun e Caleb figlio di Iefunnè. Mosè riferì quelle parole a tutti gli Israeliti e il popolo ne fu molt o afflitto. Si alzarono di buon mattino per salire sulla cima del monte dicendo: «Eccoci pronti a s alire verso il luogo a proposito del quale il Signore ha detto che noi abbiamo peccato». Ma Mos è disse: «Perché trasgredite l’ordine del Signore? La cosa non vi riuscirà. Non salite perché il Sig nore non è in mezzo a voi; altrimenti sarete sconfitti dai vostri nemici! Infatti di fronte a voi stan no gli Amaleciti e i Cananei e voi cadrete di spada perché avete abbandonato il Signore e il Sign ore non sarà con voi». Si ostinarono a salire verso la cima del monte ma l’arca dell’alleanza del S
ignore e Mosè non si mossero dall’accampamento. Allora gli Amaleciti e i Cananei che abitavan o su quel monte discesero e li percossero e li fecero a pezzi fino a Corma. Il Signore parlò a Mos è e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Quando sarete entrati nella terra che dovrete abitar e e che io sto per darvi, e offrirete al Signore un sacrificio consumato dal fuoco olocausto o sacri ficio per soddisfare un voto o per un’offerta spontanea o nelle vostre solennità per offrire un pr ofumo gradito al Signore con il vostro bestiame grosso o minuto colui che presenterà l’offerta al Signore offrirà in oblazione un decimo di efa di fior di farina impastata con un quarto di hin di o lio e vino come libagione un quarto di hin: lo aggiungerai all’olocausto o al sacrificio per ogni ag nello. Se è per un ariete, offrirai in oblazione due decimi di efa di fior di farina impastata con un terzo di hin di olio, e vino in libagione un terzo di hin: l’offrirai come profumo gradito al Signore.
Se offri un giovenco in olocausto o in sacrificio per soddisfare un voto o in sacrificio di comunio ne al Signore oltre al giovenco si offrirà un’oblazione di tre decimi di efa di fior di farina impasta ta in mezzo hin di olio e offrirai vino in libagione un mezzo hin di vino; è un sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito al Signore. Così si farà per ogni giovenco per ogni ariete per ogni agn ello o capretto. Secondo il numero degli animali che immolerete farete così per ciascuna vittima
. Quanti sono nativi della terra faranno così per offrire un sacrificio consumato dal fuoco profu mo gradito al Signore. Se uno straniero che dimora da voi o chiunque abiterà in mezzo a voi di g enerazione in generazione offrirà un sacrificio consumato dal fuoco, profumo gradito al Signore farà come fate voi. Vi sarà una sola legge per l’assemblea sia per voi sia per lo straniero che dim ora in mezzo a voi una legge perenne di generazione in generazione; come siete voi così sarà lo straniero davanti al Signore. Ci sarà una stessa legge e una stessa regola per voi e per lo stranier
o che dimora presso di voi”». Il Signore parlò ancora a Mosè dicendo: «Parla agli Israeliti e di’ lo ro: “Quando entrerete nella terra in cui io vi conduco e mangerete il pane di quella terra ne prel everete un’offerta da presentare al Signore. Dalle primizie della vostra pasta preleverete una fo caccia come contributo: la preleverete come si preleva il contributo per l’aia. Delle primizie dell a vostra pasta darete al Signore un contributo di generazione in generazione. Se avrete mancat o per inavvertenza e non avrete osservato tutti questi comandi che il Signore ha dato a Mosè qu anto il Signore vi ha comandato per mezzo di Mosè dal giorno in cui il Signore vi ha dato coman di e in seguito di generazione in generazione se il peccato è stato commesso per inavvertenza d a parte della comunità senza che la comunità se ne sia accorta tutta la comunità offrirà un giove nco come olocausto di profumo gradito al Signore, con la sua oblazione e la sua libagione secon do la regola e un capro come sacrificio espiatorio. Il sacerdote compirà il rito espiatorio per tutt a la comunità degli Israeliti, e sarà loro perdonato; è un’inavvertenza ed essi hanno portato l’off erta il sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore e il loro sacrificio per il peccato davan ti al Signore per la loro inavvertenza. Sarà perdonato a tutta la comunità degli Israeliti e allo stra niero che dimora in mezzo a loro perché tutto il popolo ha peccato per inavvertenza. Se è una p ersona sola che ha peccato per inavvertenza offra una capra di un anno come sacrificio per il pe ccato. Il sacerdote compirà il rito espiatorio davanti al Signore per la persona che avrà peccato p er inavvertenza; quando avrà fatto l’espiazione per essa le sarà perdonato. Sia per un nativo del la terra tra gli Israeliti sia per uno straniero che dimora in mezzo a loro avrete un’unica legge pe r colui che pecca per inavvertenza. Ma la persona che agisce con deliberazione nativa della terr a o straniera insulta il Signore; essa sarà eliminata dal suo popolo. Poiché ha disprezzato la paro la del Signore e ha violato il suo comando quella persona dovrà essere assolutamente eliminata; la colpa è su di lei”». Mentre gli Israeliti erano nel deserto trovarono un uomo che raccoglieva l egna in giorno di sabato. Quelli che l’avevano trovato a raccogliere legna lo condussero a Mosè, ad Aronne e a tutta la comunità. Lo misero sotto sorveglianza perché non era stato ancora stab ilito che cosa gli si dovesse fare. Il Signore disse a Mosè: «Quell’uomo deve essere messo a mort e; tutta la comunità lo lapiderà fuori dell’accampamento». Tutta la comunità lo condusse fuori dell’accampamento e lo lapidò quello morì secondo il comando che il Signore aveva dato a Mos è. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro che si facciano di generazione in generazione una frangia ai lembi delle loro vesti e che mettano sulla frangia del lembo un co rdone di porpora viola. Avrete tali frange e quando le guarderete vi ricorderete di tutti i comand i del Signore e li eseguirete; non andrete vagando dietro il vostro cuore e i vostri occhi seguend o i quali vi prostituireste. Così vi ricorderete di tutti i miei comandi li metterete in pratica e saret e santi per il vostro Dio. Io sono il Signore vostro Dio che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto pe r essere il vostro Dio. Io sono il Signore vostro Dio». Ora Core figlio di Isar figlio di Keat figlio di L
evi con Datan e Abiràm figli di Eliàb e On figlio di Pelet figli di Ruben presero altra gente e insors ero contro Mosè con duecentocinquanta uomini tra gli Israeliti prìncipi della comunità membri del consiglio uomini stimati; si radunarono contro Mosè e contro Aronne e dissero loro: «Basta
con voi! Tutta la comunità tutti sono santi e il Signore è in mezzo a loro; perché dunque vi innalz ate sopra l’assemblea del Signore?». Quando Mosè ebbe udito questo si prostrò con la faccia a t erra; poi parlò a Core e a tutta la gente che era con lui dicendo: «Domani mattina il Signore farà conoscere chi è suo e chi è santo e se lo farà avvicinare: farà avvicinare a sé colui che egli avrà s celto. Fate questo: prendetevi gli incensieri tu Core e tutta la gente che è con te; domani vi mett erete il fuoco e porrete incenso davanti al Signore; colui che il Signore avrà scelto sarà santo. Ba sta con voi, figli di Levi!». Mosè disse poi a Core: «Ora ascoltate figli di Levi! è forse poco per voi che il Dio d’Israele vi abbia separato dalla comunità d’Israele facendovi avvicinare a sé per pres tare servizio nella Dimora del Signore e stare davanti alla comunità esercitando per essa il vostr o ministero? Egli ha fatto avvicinare a sé te e con te tutti i tuoi fratelli figli di Levi e ora voi prete ndete anche il sacerdozio? Per questo tu e tutta la gente che è con te siete convenuti contro il S
ignore! E chi è Aronne perché vi mettiate a mormorare contro di lui?». Mosè mandò a chiamare Datan e Abiràm figli di Eliàb; ma essi dissero: «Noi non verremo. è troppo poco per te l’averci fa tto salire da una terra dove scorrono latte e miele per farci morire nel deserto perché tu voglia elevarti anche sopra di noi ed erigerti a capo? Non ci hai affatto condotto in una terra dove scor rono latte e miele né ci hai dato in eredità campi e vigne! Credi tu di poter privare degli occhi qu esta gente? Noi non verremo». Allora Mosè si adirò molto e disse al Signore: «Non gradire la lor o oblazione; io non ho preso da costoro neppure un asino e non ho fatto torto ad alcuno di loro
». Mosè disse a Core: «Tu e tutta la tua gente trovatevi domani davanti al Signore: tu e loro con Aronne; ciascuno di voi prenda il suo incensiere vi metta l’incenso e porti ciascuno il suo incensi ere davanti al Signore: duecentocinquanta incensieri. Anche tu e Aronne avrete ciascuno il vostr o». Essi dunque presero ciascuno un incensiere vi misero il fuoco vi posero l’incenso e si fermar ono all’ingresso della tenda del convegno come pure Mosè e Aronne. Core convocò contro di lo ro tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno. E la gloria del Signore apparve a tutta la comunità. Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne dicendo: «Allontanatevi da questa comunità e io li consumerò in un istante». Essi si prostrarono con la faccia a terra e dissero: «Dio Dio degli s piriti di ogni essere vivente! Un uomo solo ha peccato e vorresti adirarti contro tutta la comunit à?». Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Parla alla comunità e órdinale: “Ritiratevi dalle vicinanze della dimora di Core Datan e Abiràm”». Mosè si alzò e andò verso Datan e Abiràm; gli anziani d’I sraele lo seguirono. Egli parlò alla comunità dicendo: «Allontanatevi dalle tende di questi uomin i malvagi e non toccate nulla di quanto loro appartiene, perché non periate a causa di tutti i loro peccati». Così quelli si ritirarono dal luogo dove stavano Core Datan e Abiràm. Datan e Abiràm uscirono e si fermarono all’ingresso delle loro tende con le mogli i figli e i bambini. Mosè disse:
«Da questo saprete che il Signore mi ha mandato per fare tutte queste opere e che io non ho ag ito di mia iniziativa. Se questa gente muore come muoiono tutti gli uomini se la loro sorte è la s orte comune a tutti gli uomini il Signore non mi ha mandato. Ma se il Signore opera un prodigio e se la terra spalanca la bocca e li ingoia con quanto appartiene loro di modo che essi scendano vivi agli inferi allora saprete che questi uomini hanno disprezzato il Signore». Come egli ebbe fin
ito di pronunciare tutte queste parole il suolo si squarciò sotto i loro piedi la terra spalancò la b occa e li inghiottì: essi e le loro famiglie con tutta la gente che apparteneva a Core e tutti i loro b eni. Scesero vivi agli inferi essi e quanto loro apparteneva; la terra li ricoprì ed essi scomparvero dall’assemblea. Tutto Israele che era attorno a loro fuggì alle loro grida perché dicevano: «La te rra non inghiottisca anche noi!». Un fuoco uscì dal Signore e divorò i duecentocinquanta uomini che offrivano l’incenso. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Di’ a Eleàzaro figlio del sacerdote Aron ne di estrarre gli incensieri dall’incendio e di disperdere lontano il fuoco perché essi sono sacri.
Degli incensieri di quegli uomini che hanno peccato a prezzo della loro vita si facciano lamine int recciate come rivestimento per l’altare, poiché sono stati offerti davanti al Signore e quindi son o sacri; saranno un segno per gli Israeliti». Il sacerdote Eleàzaro prese gli incensieri di bronzo ch e gli uomini arsi dal fuoco avevano offerto e furono ridotti in lamine per rivestirne l’altare, mem oriale per gli Israeliti perché nessun profano che non sia della discendenza di Aronne si accosti a bruciare incenso davanti al Signore e subisca così la sorte di Core e di quelli che erano con lui. E
leàzaro fece come il Signore gli aveva ordinato per mezzo di Mosè. L’indomani tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e Aronne dicendo: «Voi avete fatto morire il popolo del Sig nore». Mentre la comunità si radunava contro Mosè e contro Aronne gli Israeliti si volsero verso la tenda del convegno; ed ecco la nube la ricoprì e apparve la gloria del Signore. Mosè e Aronne vennero davanti alla tenda del convegno. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Allontanatevi da que sta comunità e io li consumerò in un istante». Ma essi si prostrarono con la faccia a terra. Mosè disse ad Aronne: «Prendi l’incensiere mettici il fuoco preso dall’altare ponici sopra l’incenso por talo in fretta in mezzo alla comunità e compi il rito espiatorio per loro; poiché l’ira del Signore è divampata il flagello è già cominciato». Aronne prese quel che Mosè aveva detto corse in mezzo all’assemblea; ecco il flagello era già cominciato in mezzo al popolo. Mise l’incenso nel braciere e compì il rito espiatorio per il popolo. Si fermò tra i morti e i vivi e il flagello si arrestò. Quelli c he morirono per il flagello furono quattordicimilasettecento oltre ai morti per il fatto di Core. Ar onne tornò da Mosè all’ingresso della tenda del convegno: il flagello si era arrestato. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti e prendi da loro dei bastoni uno per ogni loro casato pa terno: cioè dodici bastoni da parte di tutti i loro prìncipi secondo i loro casati paterni; scriverai il nome di ognuno sul suo bastone, scriverai il nome di Aronne sul bastone di Levi poiché ci sarà u n bastone per ogni capo dei loro casati paterni. Riporrai quei bastoni nella tenda del convegno d avanti alla Testimonianza dove io vi do convegno. L’uomo che io avrò scelto sarà quello il cui ba stone fiorirà e così farò cessare davanti a me le mormorazioni che gli Israeliti fanno contro di voi
». Mosè parlò agli Israeliti e tutti i loro prìncipi gli diedero un bastone: un bastone per ciascun p rincipe secondo i loro casati paterni cioè dodici bastoni; il bastone di Aronne era in mezzo ai lor o bastoni. Mosè ripose quei bastoni davanti al Signore nella tenda della Testimonianza. L’indom ani Mosè entrò nella tenda della Testimonianza ed ecco il bastone di Aronne per il casato di Levi era fiorito: aveva prodotto germogli aveva fatto sbocciare fiori e maturato mandorle. Allora Mo sè tolse tutti i bastoni dalla presenza del Signore e li portò a tutti gli Israeliti; essi li videro e pres
ero ciascuno il proprio bastone. Il Signore disse a Mosè: «Riporta il bastone di Aronne davanti al la Testimonianza perché sia conservato come un segno per i ribelli e si ponga fine alle loro mor morazioni contro di me ed essi non ne muoiano». Mosè fece come il Signore gli aveva comanda to. Gli Israeliti dissero a Mosè: «Ecco moriamo siamo perduti siamo tutti perduti! Chiunque si ac costa alla Dimora del Signore muore; dovremo morire tutti?». Il Signore disse ad Aronne: «Tu i t uoi figli e la casa di tuo padre con te porterete il peso delle colpe commesse nel santuario; tu e i tuoi figli con te porterete il peso delle colpe commesse nell’esercizio del vostro sacerdozio. Anc he i tuoi fratelli la tribù di Levi la tribù di tuo padre farai accostare a te perché si aggiungano a te e ti assistano quando tu e i tuoi figli con te sarete davanti alla tenda della Testimonianza. Essi st aranno al tuo servizio e al servizio di tutta la tenda; soltanto non si accosteranno agli arredi del santuario né all’altare perché non moriate né loro né voi. Essi si aggiungeranno a te e presteran no servizio alla tenda del convegno per tutto il servizio della tenda e nessun profano si accoster à a voi. Voi sarete addetti alla custodia del santuario e dell’altare e non vi sarà più ira contro gli I sraeliti. Quanto a me, ecco io ho preso i vostri fratelli i leviti tra gli Israeliti; dati al Signore essi s ono resi in dono a voi, per prestare servizio nella tenda del convegno. Tu e i tuoi figli con te eser citerete il vostro sacerdozio per tutto ciò che riguarda l’altare e ciò che è oltre il velo e presteret e il vostro servizio. Io vi do l’esercizio del sacerdozio come un dono. Il profano che si accosterà s arà messo a morte». Il Signore parlò ancora ad Aronne: «Ecco io ti do il diritto su tutto ciò che si preleva per me cioè su tutte le cose consacrate dagli Israeliti; le do a te e ai tuoi figli a motivo d ella tua unzione per legge perenne. Questo ti apparterrà fra le cose santissime fra le loro offerte destinate al fuoco: ogni oblazione ogni sacrificio per il peccato e ogni sacrificio di riparazione ch e mi presenteranno; sono tutte cose santissime che apparterranno a te e ai tuoi figli. Le manger ai in luogo santissimo; ne mangerà ogni maschio. Le tratterai come cose sante. Questo ancora ti apparterrà: i doni che gli Israeliti presenteranno come tributo prelevato e tutte le loro offerte f atte con il rito di elevazione. Io le do a te ai tuoi figli e alle tue figlie con te per legge perenne. C
hiunque sarà puro in casa tua ne potrà mangiare. Ti do anche tutte le primizie che offriranno al Signore: il meglio dell’olio nuovo il meglio del mosto e del grano. Le primizie di quanto produrrà la loro terra che essi porteranno al Signore saranno tue. Chiunque sarà puro in casa tua ne potr à mangiare. Quanto in Israele sarà consacrato per voto di sterminio sarà tuo. Ogni essere che na sce per primo da ogni essere vivente offerto al Signore sia degli uomini sia degli animali sarà tuo
; però farai riscattare il primogenito dell’uomo e farai anche riscattare il primo nato dell’animal e impuro. Il tuo riscatto lo effettuerai dall’età di un mese secondo la stima di cinque sicli d’arge nto conformi al siclo del santuario che è di venti ghera. Ma non farai riscattare il primo nato dell a mucca né il primo nato della pecora né il primo nato della capra: sono cosa sacra. Verserai il lo ro sangue sull’altare e farai bruciare le loro parti grasse come sacrificio consumato dal fuoco pr ofumo gradito al Signore. La loro carne sarà tua; sarà tua come il petto dell’offerta che si fa con il rito di elevazione e come la coscia destra. Io do a te, ai tuoi figli e alle tue figlie con te per legg e perenne tutte le offerte di cose sante che gli Israeliti preleveranno per il Signore. è un’alleanza
inviolabile perenne davanti al Signore per te e per la tua discendenza con te». Il Signore disse a d Aronne: «Tu non avrai alcuna eredità nella loro terra e non ci sarà parte per te in mezzo a loro
. Io sono la tua parte e la tua eredità in mezzo agli Israeliti. Ai figli di Levi io do in possesso tutte le decime in Israele in cambio del servizio che fanno il servizio della tenda del convegno. Gli Isra eliti non si accosteranno più alla tenda del convegno per non caricarsi di un peccato che li fareb be morire. Ma il servizio nella tenda del convegno lo faranno soltanto i leviti; essi porteranno il peso della loro colpa. Sarà una legge perenne di generazione in generazione. Non possederanno eredità tra gli Israeliti, poiché io do in possesso ai leviti le decime che gli Israeliti preleveranno c ome contributo per il Signore; per questo ho detto di loro: “Non avranno possesso ereditario tr a gli Israeliti”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parlerai inoltre ai leviti dicendo loro: “Quando p renderete dagli Israeliti la decima che io ho dato a voi da parte loro come vostra eredità preleve rete un’offerta come contributo al Signore: una decima dalla decima. Il vostro prelevamento vi sarà calcolato come quello del grano che viene dall’aia e come il mosto che esce dal torchio. Co sì anche voi preleverete un’offerta per il Signore da tutte le decime che riceverete dagli Israeliti e darete al sacerdote Aronne l’offerta che avrete prelevato per il Signore. Da tutte le cose che vi saranno concesse preleverete tutte le offerte per il Signore; di tutto ciò che vi sarà di meglio pr eleverete la parte sacra”. Dirai loro: “Quando ne avrete prelevato il meglio quel che rimane sarà calcolato per i leviti come il provento dell’aia e come il provento del torchio. Lo potrete mangia re in qualunque luogo voi e le vostre famiglie perché è il vostro salario in cambio del vostro serv izio nella tenda del convegno. Dal momento che ne avrete prelevato la parte migliore non saret e gravati da alcun peccato; non profanerete le cose sante degli Israeliti e non morirete”». Il Sign ore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Questa è una disposizione della legge che il Signore ha p rescritto. Ordina agli Israeliti che ti portino una giovenca rossa senza macchia senza difetti e che non abbia mai portato il giogo. La darete al sacerdote Eleàzaro che la condurrà fuori dell’accam pamento e la farà immolare in sua presenza. Il sacerdote Eleàzaro prenderà con il dito un po’ de l sangue della giovenca e ne farà sette volte l’aspersione davanti alla tenda del convegno; poi si brucerà la giovenca sotto i suoi occhi: se ne brucerà la pelle la carne e il sangue con gli escreme nti. Il sacerdote prenderà legno di cedro issòpo, tintura scarlatta e getterà tutto nel fuoco che c onsuma la giovenca. Poi il sacerdote laverà le sue vesti e farà un bagno al suo corpo nell’acqua quindi rientrerà nell’accampamento; il sacerdote sarà impuro fino alla sera. Colui che avrà bruci ato la giovenca si laverà le vesti nell’acqua farà un bagno al suo corpo nell’acqua e sarà impuro f ino alla sera. Un uomo puro raccoglierà le ceneri della giovenca e le depositerà fuori dell’accam pamento in luogo puro dove saranno conservate per la comunità degli Israeliti per l’acqua di pu rificazione: è un rito per il peccato. Colui che avrà raccolto le ceneri della giovenca si laverà le ve sti e sarà impuro fino alla sera. Questa sarà una legge perenne per gli Israeliti e per lo straniero che dimorerà presso di loro. Chi avrà toccato il cadavere di qualsiasi persona sarà impuro per se tte giorni. Quando uno si sarà purificato con quell’acqua il terzo e il settimo giorno sarà puro; m a se non si purifica il terzo e il settimo giorno non sarà puro. Chiunque avrà toccato il cadavere
di una persona che è morta e non si sarà purificato avrà contaminato la Dimora del Signore e sa rà eliminato da Israele. Siccome l’acqua di purificazione non è stata spruzzata su di lui egli è imp uro; ha ancora addosso l’impurità. Questa è la legge per quando un uomo muore in una tenda: chiunque entrerà nella tenda e tutto ciò che è nella tenda sarà impuro per sette giorni. Ogni vas o scoperto sul quale non sia un coperchio o una legatura sarà impuro. Chiunque sulla superficie di un campo avrà toccato un uomo ucciso di spada o morto di morte naturale o un osso d’uomo o un sepolcro sarà impuro per sette giorni. Per colui che sarà divenuto impuro si prenderà la ce nere della vittima bruciata per l’espiazione e vi si verserà sopra l’acqua corrente in un vaso; poi un uomo puro prenderà issòpo lo intingerà nell’acqua e ne aspergerà la tenda, tutti gli arredi e t utte le persone che erano là e colui che ha toccato l’osso o l’ucciso o il morto o il sepolcro. L’uo mo puro aspergerà l’impuro il terzo giorno e il settimo giorno e lo purificherà il settimo giorno; poi colui che è stato impuro si laverà le vesti farà un bagno con l’acqua e alla sera diventerà pur o. Ma colui che reso impuro non si purificherà sarà eliminato dall’assemblea perché ha contami nato il santuario del Signore e l’acqua della purificazione non è stata aspersa su di lui: è impuro.
Sarà per loro una legge perenne. Colui che avrà asperso l’acqua di purificazione si laverà le vesti
; chi avrà toccato l’acqua di purificazione sarà impuro fino alla sera. Quanto l’impuro avrà toccat o sarà impuro; chi lo avrà toccato sarà impuro fino alla sera». Ora tutta la comunità degli Israelit i arrivò al deserto di Sin il primo mese e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria.
Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Il pop olo ebbe una lite con Mosè dicendo: «Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli da vanti al Signore! Perché avete condotto l’assemblea del Signore in questo deserto per far morir e noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatto uscire dall’Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare non ci sono fichi non vigne non melograni e non c’è acqua da bere». Allora Mosè e Aronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’in gresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore appar ve loro. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate l a comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per lo ro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». Mosè dunque prese il b astone che era davanti al Signore come il Signore gli aveva ordinato. Mosè e Aronne radunaron o l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate o ribelli: vi faremo noi forse uscir e acqua da questa roccia?». Mosè alzò la mano percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame. Ma il Signore disse a Mosè e a d Aronne: «Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi d egli Israeliti voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do». Queste sono le acqu e di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a lor o. Mosè mandò da Kades messaggeri al re di Edom per dirgli: «Così dice Israele tuo fratello: “Tu conosci tutte le tribolazioni che ci hanno colpito. I nostri padri scesero in Egitto e noi in Egitto di morammo per lungo tempo e gli Egiziani maltrattarono noi e i nostri padri. Noi gridammo al Sig
nore ed egli udì la nostra voce e mandò un angelo e ci fece uscire dall’Egitto; eccoci ora a Kades città al confine del tuo territorio. Permettici di passare per il tuo territorio. Non passeremo per campi né per vigne e non berremo l’acqua dei pozzi; seguiremo la via Regia non devieremo né a destra né a sinistra finché non avremo attraversato il tuo territorio”». Ma Edom gli rispose: «Tu non passerai da me; altrimenti uscirò contro di te con la spada». Gli Israeliti gli dissero: «Passer emo per la strada maestra; se noi e il nostro bestiame berremo la tua acqua te la pagheremo: la sciaci soltanto transitare a piedi». Ma quegli rispose: «Non passerai!». Edom mosse contro Israe le con molta gente e con mano potente. Così Edom rifiutò a Israele il transito nel suo territorio e Israele si tenne lontano da lui. Tutta la comunità degli Israeliti levò l’accampamento da Kades e arrivò al monte Or. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne al monte Or sui confini del territorio di Edom: «Aronne sta per essere riunito ai suoi padri e non entrerà nella terra che ho dato agli Isr aeliti perché siete stati ribelli al mio ordine alle acque di Merìba. Prendi Aronne e suo figlio Eleà zaro e falli salire sul monte Or. Spoglia Aronne delle sue vesti e rivestine suo figlio Eleàzaro. Là A ronne sarà riunito ai suoi padri e morirà». Mosè fece come il Signore aveva ordinato ed essi salir ono sul monte Or sotto gli occhi di tutta la comunità. Mosè spogliò Aronne delle sue vesti e ne r ivestì Eleàzaro suo figlio. Là Aronne morì sulla cima del monte. Poi Mosè ed Eleàzaro scesero dal monte. Tutta la comunità vide che Aronne era spirato e tutta la casa d’Israele lo pianse per tren ta giorni. Il re cananeo di Arad che abitava il Negheb appena seppe che Israele veniva per la via di Atarìm attaccò battaglia contro Israele e fece alcuni prigionieri. Allora Israele fece un voto al Signore e disse: «Se tu mi consegni nelle mani questo popolo le loro città saranno da me votate allo sterminio». Il Signore ascoltò la voce d’Israele e gli consegnò nelle mani i Cananei; Israele v otò allo sterminio i Cananei e le loro città e quel luogo fu chiamato Corma. Gli Israeliti si mosser o dal monte Or per la via del Mar Rosso per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopp ortò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di qu esto cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevan o la gente e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccat o perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da no i questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettil o sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà resterà in vita». Mosè allora fece un s erpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno se questi g uardava il serpente di bronzo restava in vita. Gli Israeliti si mossero e si accamparono a Obot; pa rtiti da Obot si accamparono a Iie-Abarìm nel deserto che sta di fronte a Moab dal lato dove sorge il sole. Di là si mossero e si acca mparono nella valle di Zered. Si mossero di là e si accamparono sull’altra riva dell’Arnon che sco rre nel deserto e proviene dal territorio degli Amorrei; l’Arnon infatti è la frontiera di Moab fra Moab e gli Amorrei. Per questo si dice nel libro delle Guerre del Signore: «Vaèb in Sufa e i torre nti, l’Arnon e il pendio dei torrenti, che declina verso la sede di Ar e si appoggia alla frontiera di
Moab». Di là andarono a Beèr. Questo è il pozzo di cui il Signore disse a Mosè: «Raduna il popol o e io gli darò l’acqua». Allora Israele cantò questo canto: «Sgorga o pozzo: cantàtelo! Pozzo sca vato da prìncipi, perforato da nobili del popolo, con lo scettro con i loro bastoni». Poi dal desert o andarono a Mattanà da Mattanà a Nacalièl da Nacalièl a Bamòt e da Bamòt alla valle che si tr ova nelle steppe di Moab presso la cima del Pisga che è di fronte al deserto. Israele mandò mes saggeri a Sicon re degli Amorrei per dirgli: «Lasciami passare nel tuo territorio; noi non deviere mo per i campi né per le vigne e non berremo l’acqua dei pozzi; seguiremo la via Regia finché av remo oltrepassato il tuo territorio». Ma Sicon non permise a Israele di passare per il suo territor io anzi radunò tutto il suo popolo e uscì incontro a Israele nel deserto; giunse a Iaas e combatté contro Israele. Israele lo sconfisse passandolo a fil di spada e conquistò il suo territorio dall’Arno n fino allo Iabbok estendendosi fino alla regione degli Ammoniti perché la frontiera degli Ammo niti era forte. Israele prese tutte quelle città e abitò in tutte le città degli Amorrei cioè a Chesbo n e in tutte le città del suo territorio; Chesbon infatti era la città di Sicon re degli Amorrei il qual e aveva mosso guerra al precedente re di Moab e gli aveva strappato di mano tutto il suo territo rio fino all’Arnon. Per questo dicono i poeti: «Entrate in Chesbon! Sia ricostruita e rifondata la ci ttà di Sicon! Perché un fuoco uscì da Chesbon, una fiamma dalla cittadella di Sicon: essa divorò Ar-Moab, i Baal delle alture dell’Arnon. Guai a te Moab, sei perduto popolo di Camos! Egli ha reso f uggiaschi i suoi figli, e le sue figlie ha dato in schiavitù a Sicon re degli Amorrei. Ma noi li abbiam o trafitti! è rovinata Chesbon fino a Dibon. Abbiamo devastato fino a Nofach, che è presso Màd aba». Israele si stabilì dunque nella terra degli Amorrei. Poi Mosè mandò a esplorare Iazer e gli I sraeliti presero le città del suo territorio e ne cacciarono gli Amorrei che vi si trovavano. Poi mut arono direzione e salirono lungo la strada verso Basan. Og re di Basan uscì contro di loro con tut ta la sua gente per dar loro battaglia a Edrei. Ma il Signore disse a Mosè: «Non lo temere perché io lo do in tuo potere lui tutta la sua gente e il suo territorio; trattalo come hai trattato Sicon re degli Amorrei che abitava a Chesbon». E sconfissero lui i suoi figli e tutto il suo popolo così che non gli rimase più superstite alcuno e si impadronirono del suo territorio. Poi gli Israeliti partiro no e si accamparono nelle steppe di Moab oltre il Giordano di Gerico. Balak figlio di Sippor vide quanto Israele aveva fatto agli Amorrei e Moab ebbe grande paura di questo popolo che era cos ì numeroso; Moab fu preso da spavento di fronte agli Israeliti. Quindi Moab disse agli anziani di Madian: «Ora questa assemblea divorerà quanto è intorno a noi come il bue divora l’erba dei ca mpi». Balak figlio di Sippor era in quel tempo re di Moab. Egli mandò messaggeri a Balaam, figli o di Beor a Petor che sta sul fiume nel territorio dei figli di Amau per chiamarlo e dirgli: «Ecco u n popolo è uscito dall’Egitto; ha ricoperto la faccia della terra e si è stabilito di fronte a me. Ora dunque vieni e maledici questo popolo per me poiché esso è più potente di me. Forse riuscirò a batterlo per scacciarlo dalla terra; perché io lo so: colui che tu benedici è benedetto e colui che tu maledici è maledetto». Gli anziani di Moab e gli anziani di Madian partirono con in mano il co mpenso per l’oracolo. Arrivarono da Balaam e gli riferirono le parole di Balak. Balaam disse loro:
«Alloggiate qui stanotte e vi darò la risposta secondo quanto mi dirà il Signore». I capi di Moab si fermarono da Balaam. Ora Dio venne da Balaam e gli disse: «Chi sono questi uomini che stan no da te?». Balaam rispose a Dio: «Balak figlio di Sippor re di Moab mi ha mandato a dire: “Ecco il popolo che è uscito dall’Egitto ha ricoperto la superficie della terra. Ora vieni maledicilo per me; forse riuscirò a batterlo e potrò scacciarlo”». Dio disse a Balaam: «Tu non andrai con loro n on maledirai quel popolo perché esso è benedetto». Balaam si alzò la mattina e disse ai prìncipi di Balak: «Andatevene nella vostra terra perché il Signore si è rifiutato di lasciarmi venire con vo i». I prìncipi di Moab si alzarono tornarono da Balak e dissero: «Balaam si è rifiutato di venire co n noi». Allora Balak mandò di nuovo dei prìncipi in maggior numero e più influenti di quelli di pr ima. Vennero da Balaam e gli dissero: «Così dice Balak, figlio di Sippor: “Nulla ti trattenga dal ve nire da me perché io ti colmerò di grandi onori e farò quanto mi dirai; vieni dunque e maledici p er me questo popolo”». Ma Balaam rispose e disse ai ministri di Balak: «Quand’anche Balak mi desse la sua casa piena d’argento e oro non potrei trasgredire l’ordine del Signore mio Dio per f are cosa piccola o grande. Nondimeno trattenetevi qui anche voi stanotte perché io sappia ciò c he il Signore mi dirà ancora». La notte Dio venne da Balaam e gli disse: «Questi uomini non son o venuti a chiamarti? àlzati dunque e va’ con loro; ma farai ciò che io ti dirò». Balaam quindi si a lzò di buon mattino sellò l’asina e se ne andò con i capi di Moab. Ma l’ira di Dio si accese perché egli stava andando; l’angelo del Signore si pose sulla strada per ostacolarlo. Egli cavalcava la su a asina e aveva con sé due servitori. L’asina vide l’angelo del Signore che stava ritto sulla strada con la spada sguainata in mano. E l’asina deviò dalla strada e cominciò ad andare per i campi. B
alaam percosse l’asina per rimetterla sulla strada. Allora l’angelo del Signore si fermò in un senti ero infossato tra le vigne che aveva un muro di qua e un muro di là. L’asina vide l’angelo del Sig nore si serrò al muro e strinse il piede di Balaam contro il muro e Balaam la percosse di nuovo. L
’angelo del Signore passò di nuovo più avanti e si fermò in un luogo stretto tanto stretto che no n vi era modo di deviare né a destra né a sinistra. L’asina vide l’angelo del Signore e si accovacci ò sotto Balaam. L’ira di Balaam si accese ed egli percosse l’asina con il bastone. Allora il Signore aprì la bocca dell’asina ed essa disse a Balaam: «Che cosa ti ho fatto perché tu mi percuota già p er la terza volta?». Balaam rispose all’asina: «Perché ti sei beffata di me! Ah se avessi una spada in mano ti ucciderei all’istante!». L’asina disse a Balaam: «Non sono io la tua asina, sulla quale hai cavalcato da quando hai iniziato fino ad oggi? Sono forse abituata ad agire così?». Ed egli ris pose: «No». Allora il Signore aprì gli occhi di Balaam ed egli vide l’angelo del Signore che stava ri tto sulla strada con in mano la spada sguainata. Balaam si inginocchiò e si prostrò con la faccia a terra. L’angelo del Signore gli disse: «Perché hai percosso la tua asina già tre volte? Ecco io son o uscito a ostacolarti perché il tuo cammino contro di me è rovinoso. L’asina mi ha visto e ha de viato davanti a me per tre volte; se non avesse deviato davanti a me certo ora io avrei già ucciso proprio te e lasciato in vita lei». Allora Balaam disse all’angelo del Signore: «Ho peccato perché non sapevo che tu ti fossi posto contro di me sul cammino; ora se questo è male ai tuoi occhi m e ne tornerò indietro». L’angelo del Signore disse a Balaam: «Va’ pure con questi uomini; ma dir
ai soltanto quello che io ti dirò». Balaam andò con i prìncipi di Balak. Balak udì che Balaam arriv ava e gli uscì incontro a Ir-Moab che è sulla frontiera dell’Arnon all’estremità del territorio. Balak disse a Balaam: «Non av evo forse mandato a chiamarti con insistenza? Perché non sei venuto da me? Non sono forse in grado di trattarti con onore?». Balaam rispose a Balak: «Ecco sono venuto da te; ma ora posso f orse dire qualsiasi cosa? La parola che Dio mi metterà in bocca quella dirò». Balaam andò con B
alak e giunsero a Kiriat-
Cusòt. Balak immolò bestiame grosso e minuto e mandò parte della carne a Balaam e ai prìncipi che erano con lui. La mattina Balak prese Balaam e lo fece salire a BamòtBaal e di là vide un’estremità del popolo accampato. Balaam disse a Balak: «Costruiscimi qui set te altari e preparami qui sette giovenchi e sette arieti». Balak fece come Balaam aveva detto; Ba lak e Balaam offrirono un giovenco e un ariete su ciascun altare. Balaam disse a Balak: «Férmati presso il tuo olocausto e io andrò. Forse il Signore mi verrà incontro; quel che mi mostrerà io te lo riferirò». Andò su di un’altura brulla. Dio andò incontro a Balaam e Balaam gli disse: «Ho prep arato i sette altari e ho offerto un giovenco e un ariete su ciascun altare». Allora il Signore mise una parola in bocca a Balaam e gli disse: «Torna da Balak e parla così». Balaam tornò da Balak c he stava presso il suo olocausto: egli e tutti i prìncipi di Moab. Allora Balaam pronunciò il suo po ema e disse: «Da Aram mi fa venire Balak, il re di Moab dalle montagne d’oriente: “Vieni maledi ci per me Giacobbe; vieni minaccia Israele!”. Come maledirò quel che Dio non ha maledetto? Co me minaccerò quel che il Signore non ha minacciato? Perché dalla vetta delle rupi io lo vedo e d alle alture lo contemplo: ecco un popolo che dimora in disparte e tra le nazioni non si annovera.
Chi può contare la polvere di Giacobbe? O chi può calcolare un solo quarto d’Israele? Possa io morire della morte dei giusti e sia la mia fine come la loro». Allora Balak disse a Balaam: «Che c osa mi hai fatto? Per maledire i miei nemici io ti ho preso ed ecco li hai grandemente benedetti
». Rispose: «Non devo forse aver cura di dire solo quello che il Signore mi mette sulla bocca?».
Balak gli disse: «Vieni con me in altro luogo da dove tu possa vederlo; ne vedrai solo un’estremi tà non lo vedrai tutto intero: di là maledicilo per me». Lo condusse al campo di Sofìm sulla cima del Pisga; costruì sette altari e offrì un giovenco e un ariete su ogni altare. Allora Balaam disse a Balak: «Férmati presso il tuo olocausto e io andrò incontro al Signore». Il Signore andò incontro a Balaam gli mise una parola sulla bocca e gli disse: «Torna da Balak e parla così». Balaam tornò da Balak che stava presso il suo olocausto insieme con i capi di Moab. Balak gli disse: «Che cosa ha detto il Signore?». Allora Balaam pronunciò il suo poema e disse: «Sorgi Balak e ascolta; porg imi orecchio figlio di Sippor! Dio non è un uomo perché egli menta, non è un figlio d’uomo perc hé egli ritratti. Forse egli dice e poi non fa? Parla e non adempie? Ecco di benedire ho ricevuto il comando: egli ha benedetto e non mi metterò contro. Egli non scorge colpa in Giacobbe, non h a veduto torto in Israele. Il Signore suo Dio è con lui e in lui risuona un’acclamazione per il re. Di o che lo ha fatto uscire dall’Egitto, è per lui come le corna del bufalo. Perché non vi è sortilegio contro Giacobbe e non vi è magìa contro Israele: a suo tempo vien detto a Giacobbe e a Israele
che cosa opera Dio. Ecco un popolo che si leva come una leonessa e si erge come un leone; non si accovaccia finché non abbia divorato la preda e bevuto il sangue degli uccisi». Allora Balak dis se a Balaam: «Se proprio non lo maledici almeno non benedirlo!». Rispose Balaam e disse a Bala k: «Non ti ho già detto che quanto il Signore dirà io dovrò eseguirlo?». Balak disse a Balaam: «Vi eni ti condurrò in altro luogo: forse piacerà agli occhi di Dio che tu lo maledica per me di là». Co sì Balak condusse Balaam in cima al Peor che è di fronte al deserto. Balaam disse a Balak: «Costr uiscimi qui sette altari e preparami sette giovenchi e sette arieti». Balak fece come Balaam avev a detto e offrì un giovenco e un ariete su ogni altare. Balaam vide che al Signore piaceva benedi re Israele e non andò come le altre volte alla ricerca di sortilegi ma rivolse la sua faccia verso il d eserto. Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato tribù per tribù. Allora lo spirito di Dio fu s opra di lui. Egli pronunciò il suo poema e disse: «Oracolo di Balaam figlio di Beor, e oracolo dell’
uomo dall’occhio penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio, di chi vede la visione dell’Onni potente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Come sono belle le tue tende Giacobbe, le tue dim ore Israele! Si estendono come vallate, come giardini lungo un fiume, come àloe che il Signore h a piantato, come cedri lungo le acque. Fluiranno acque dalle sue secchie e il suo seme come acq ue copiose. Il suo re sarà più grande di Agag e il suo regno sarà esaltato. Dio che lo ha fatto uscir e dall’Egitto, è per lui come le corna del bufalo. Egli divora le nazioni che lo avversano, addenta l e loro ossa e le loro frecce egli spezza. Si accoscia si accovaccia come un leone e come una leon essa: chi lo farà alzare? Benedetto chi ti benedice e maledetto chi ti maledice». Allora l’ira di Bal ak si accese contro Balaam; Balak batté le mani e disse a Balaam: «Per maledire i miei nemici ti ho chiamato ed ecco li hai grandemente benedetti per tre volte. Ora vattene nella tua terra! Av evo detto che ti avrei colmato di onori ma ecco il Signore ti ha impedito di averli». Balaam disse a Balak: «Non avevo forse detto ai messaggeri che mi avevi mandato: “Quand’anche Balak mi d esse la sua casa piena d’argento e d’oro non potrei trasgredire l’ordine del Signore per fare cosa buona o cattiva di mia iniziativa: ciò che il Signore dirà quello soltanto dirò”? Ora sto per tornar e al mio popolo; ebbene vieni: ti predirò ciò che questo popolo farà al tuo popolo nei giorni a ve nire». Egli pronunciò il suo poema e disse: «Oracolo di Balaam figlio di Beor, oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo, di chi vede la visione dell’Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Io lo vedo ma non ora, i o lo contemplo ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spacca le tempie di Moab e il cranio di tutti i figli di Set; Edom diverrà sua conquista e diverrà su a conquista Seir suo nemico, mentre Israele compirà prodezze. Uno di Giacobbe dominerà e far à perire gli scampati dalla città». Poi vide Amalèk pronunciò il suo poema e disse: «Amalèk è la prima delle nazioni, ma il suo avvenire sarà la rovina». Poi vide i Keniti pronunciò il suo poema e disse: «Sicura è la tua dimora o Caino, e il tuo nido è aggrappato alla roccia. Ma sarà dato all’inc endio, finché Assur non ti deporterà in prigionia». Pronunciò ancora il suo poema e disse: «Ahi mè! Chi vivrà dopo che Dio avrà compiuto queste cose? Verranno navi dalla parte dei Chittìm e piegheranno Assur e piegheranno Eber, ma anch’egli andrà in perdizione». Poi Balaam si alzò e t
ornò nella sua terra mentre Balak se ne andò per la sua strada. Israele si stabilì a Sittìm e il popo lo cominciò a fornicare con le figlie di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifici offerti ai loro d èi; il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dèi. Israele aderì a Baal-Peor e l’ira del Signore si accese contro Israele. Il Signore disse a Mosè: «Prendi tutti i capi del p opolo e fa’ appendere al palo costoro davanti al Signore in faccia al sole e si allontanerà l’ira ard ente del Signore da Israele». Mosè disse ai giudici d’Israele: «Ognuno di voi uccida dei suoi uomi ni coloro che hanno aderito a Baal-Peor». Uno degli Israeliti venne e condusse ai suoi fratelli una donna madianita sotto gli occhi di Mosè e di tutta la comunità degli Israeliti mentre essi stavano piangendo all’ingresso della tend a del convegno. Vedendo ciò Fineès figlio di Eleàzaro figlio del sacerdote Aronne si alzò in mezz o alla comunità prese in mano una lancia, seguì quell’uomo di Israele nell’alcova e li trafisse tutt i e due, l’uomo d’Israele e la donna nel basso ventre. E il flagello si allontanò dagli Israeliti. Quell i che morirono per il flagello furono ventiquattromila. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Fineès, fi glio di Eleàzaro figlio del sacerdote Aronne ha allontanato la mia collera dagli Israeliti mostrand o la mia stessa gelosia in mezzo a loro e io nella mia gelosia non ho sterminato gli Israeliti. Perci ò digli che io stabilisco con lui la mia alleanza di pace; essa sarà per lui e per la sua discendenza dopo di lui un’alleanza di perenne sacerdozio perché egli ha avuto zelo per il suo Dio e ha compi uto il rito espiatorio per gli Israeliti». L’uomo d’Israele ucciso con la Madianita si chiamava Zimrì figlio di Salu principe di un casato paterno dei Simeoniti. La donna uccisa la Madianita si chiama va Cozbì figlia di Sur capo della gente di un casato in Madian. Il Signore parlò a Mosè e disse: «T
rattate i Madianiti da nemici e uccideteli poiché essi sono stati nemici per voi con le astuzie che hanno usato con voi nella vicenda di Peor e di Cozbì figlia di un principe di Madian loro sorella, c he è stata uccisa il giorno del flagello causato per il fatto di Peor». Dopo il flagello il Signore parl ò a Mosè e ad Eleàzaro figlio del sacerdote Aronne e disse: «Fate il computo di tutta la comunit à degli Israeliti dai vent’anni in su suddivisi secondo i loro casati paterni di quanti in Israele poss ono andare in guerra». Mosè e il sacerdote Eleàzaro dissero loro nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gerico: «Si faccia il censimento dai vent’anni in su secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè e agli Israeliti usciti dalla terra d’Egitto». Ruben primogenito d’Israele. Figli di R
uben: da Enoc discende la famiglia degli Enochiti; da Pallu discende la famiglia dei Palluiti; da Ch esron discende la famiglia dei Chesroniti; da Carmì discende la famiglia dei Carmiti. Tali sono le f amiglie dei Rubeniti: quelli che furono registrati erano quarantatremilasettecentotrenta. Figli di Pallu: Eliàb. Figli di Eliàb: Nemuèl Datan e Abiràm. Questi sono quel Datan e quell’Abiràm memb ri del consiglio che si ribellarono contro Mosè e contro Aronne con la gente di Core quando que sta si era ribellata contro il Signore; la terra spalancò la bocca e li inghiottì insieme con Core qua ndo quella gente perì e il fuoco divorò duecentocinquanta uomini che servirono d’esempio. Ma i figli di Core non perirono. Figli di Simeone secondo le loro famiglie: da Nemuèl discende la fam iglia dei Nemueliti; da Iamin la famiglia degli Iaminiti; da Iachin la famiglia degli Iachiniti; da Zera ch la famiglia degli Zerachiti; da Saul la famiglia dei Sauliti. Tali sono le famiglie dei Simeoniti. Ne
furono registrati ventiduemiladuecento. Figli di Gad secondo le loro famiglie: da Sefon discend e la famiglia dei Sefoniti; da Agghì la famiglia degli Agghiti; da Sunì la famiglia dei Suniti; da Oznì la famiglia degli Ozniti; da Erì la famiglia degli Eriti; da Arod la famiglia degli Aroditi; da Arelì la fa miglia degli Areliti. Tali sono le famiglie dei figli di Gad. Ne furono registrati quarantamilacinque cento. Figli di Giuda: Er e Onan; ma Er e Onan morirono nella terra di Canaan. I figli di Giuda sec ondo le loro famiglie furono: da Sela discende la famiglia dei Selaniti; da Peres la famiglia dei Pe resiti; da Zerach la famiglia degli Zerachiti. I figli di Peres furono: da Chesron discende la famiglia dei Chesroniti; da Camul discende la famiglia dei Camuliti. Tali sono le famiglie di Giuda. Ne fur ono registrati settantaseimilacinquecento. Figli di ìssacar secondo le loro famiglie: da Tola disce nde la famiglia dei Tolaiti; da Puva la famiglia dei Puviti; da Iasub la famiglia degli Iasubiti; da Si mron la famiglia dei Simroniti. Tali sono le famiglie di ìssacar. Ne furono registrati sessantaquatt romilatrecento. Figli di Zàbulon secondo le loro famiglie: da Sered discende la famiglia dei Sered iti; da Elon la famiglia degli Eloniti; da Iacleèl la famiglia degli Iacleeliti. Tali sono le famiglie degli Zabuloniti. Ne furono registrati sessantamilacinquecento. Figli di Giuseppe secondo le loro fami glie: Manasse ed èfraim. Figli di Manasse: da Machir discende la famiglia dei Machiriti. Machir g enerò Gàlaad. Da Gàlaad discende la famiglia dei Galaaditi. Questi sono i figli di Gàlaad: da Iezer discende la famiglia degli Iezeriti; da Chelek discende la famiglia dei Cheleciti; da Asrièl discend e la famiglia degli Asrieliti; da Sichem discende la famiglia dei Sichemiti; da Semidà discende la f amiglia dei Semidaiti; da Chefer discende la famiglia dei Cheferiti. Ora Selofcàd figlio di Chefer n on ebbe maschi ma soltanto figlie e le figlie di Selofcàd si chiamarono Macla Noa Cogla Milca e Tirsa. Tali sono le famiglie di Manasse. Ne furono registrati cinquantaduemilasettecento. Questi sono i figli di èfraim secondo le loro famiglie: da Sutèlach discende la famiglia dei Sutalchiti; da Becher la famiglia dei Becheriti; da Tacan la famiglia dei Tacaniti. Questi sono i figli di Sutèlach: da Eran discende la famiglia degli Eraniti. Tali sono le famiglie dei figli di èfraim. Ne furono regist rati trentaduemilacinquecento. Questi sono i figli di Giuseppe secondo le loro famiglie. Figli di B
eniamino secondo le loro famiglie: da Bela discende la famiglia dei Belaiti; da Asbel discende la f amiglia degli Asbeliti; da Achiràm discende la famiglia degli Achiramiti; da Sufam discende la fa miglia dei Sufamiti; da Cufam discende la famiglia dei Cufamiti. I figli di Bela furono Ard e Naam àn; da Ard discende la famiglia degli Arditi; da Naamàn discende la famiglia dei Naamiti. Tali son o i figli di Beniamino secondo le loro famiglie. Ne furono registrati quarantacinquemilaseicento.
Questi sono i figli di Dan secondo le loro famiglie: da Sucam discende la famiglia dei Sucamiti. S
ono queste le famiglie di Dan secondo le loro famiglie. Totale per le famiglie dei Sucamiti: ne fur ono registrati sessantaquattromilaquattrocento. Figli di Aser secondo le loro famiglie: da Imna d iscende la famiglia degli Imniti; da Isvì la famiglia degli Isviti; da Berià la famiglia dei Beriiti. Dai fi gli di Berià discendono: da Cheber discende la famiglia dei Cheberiti; da Malchièl discende la fa miglia dei Malchieliti. La figlia di Aser si chiamava Serach. Tali sono le famiglie dei figli di Aser. N
e furono registrati cinquantatremilaquattrocento. Figli di Nèftali secondo le loro famiglie: da Iac seèl discende la famiglia degli Iacseeliti; da Gunì la famiglia dei Guniti; da Ieser la famiglia degli I
eseriti; da Sillem la famiglia dei Sillemiti. Tali sono le famiglie di Nèftali secondo le loro famiglie.
Ne furono registrati quarantacinquemilaquattrocento. Questi sono gli Israeliti che furono registr ati: seicentounmilasettecentotrenta. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Tra costoro la terra sarà divisa in eredità secondo il numero delle persone. A chi è numeroso darai numerosa eredità e a chi è piccolo darai piccola eredità a ciascuno sarà data la sua eredità secondo il numero dei suoi censiti. La terra sarà divisa per sorteggio; essi riceveranno la rispettiva proprietà secondo i nomi delle loro tribù paterne. La ripartizione delle proprietà sarà gettata a sorte per tutte le tribù gra ndi o piccole». Questi sono i leviti dei quali si fece il censimento secondo le loro famiglie: da Gh erson discende la famiglia dei Ghersoniti; da Keat la famiglia dei Keatiti; da Merarì la famiglia de i Merariti. Queste sono le famiglie di Levi: la famiglia dei Libniti la famiglia degli Ebroniti la famig lia dei Macliti la famiglia dei Musiti la famiglia dei Coriti. Keat generò Amram. La moglie di Amra m si chiamava Iochebed figlia di Levi che nacque a Levi in Egitto; essa partorì ad Amram Aronne Mosè e Maria loro sorella. Ad Aronne nacquero Nadab e Abiu Eleàzaro e Itamàr. Ora Nadab e A biu morirono quando presentarono al Signore un fuoco illegittimo. I censiti furono ventitremila: tutti maschi, dall’età di un mese in su. Essi non furono compresi nel censimento degli Israeliti p erché non fu data loro alcuna proprietà tra gli Israeliti. Questi sono i censiti da Mosè e dal sacer dote Eleàzaro i quali fecero il censimento degli Israeliti nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gerico. Fra questi non vi era alcuno di quegli Israeliti dei quali Mosè e il sacerdote Aronne ave vano fatto il censimento nel deserto del Sinai perché il Signore aveva detto di loro: «Dovranno morire nel deserto!». E non ne rimase neppure uno eccetto Caleb figlio di Iefunnè e Giosuè figli o di Nun. Si fecero avanti le figlie di Selofcàd figlio di Chefer figlio di Gàlaad, figlio di Machir figli o di Manasse delle famiglie di Manasse figlio di Giuseppe che si chiamavano Macla Noa, Cogla Milca e Tirsa. Si presentarono davanti a Mosè davanti al sacerdote Eleàzaro davanti ai prìncipi e a tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno e dissero: «Nostro padre è morto nel d eserto. Egli non era nella compagnia di coloro che si erano coalizzati contro il Signore non era d ella gente di Core ma è morto a causa del suo peccato senza figli maschi. Perché dovrebbe il no me di nostro padre scomparire dalla sua famiglia per il fatto che non ha avuto figli maschi? Dacc i una proprietà in mezzo ai fratelli di nostro padre». Mosè presentò la loro causa davanti al Sign ore. Il Signore disse a Mosè: «Le figlie di Selofcàd dicono bene. Darai loro in eredità una proprie tà tra i fratelli del loro padre e farai passare a esse l’eredità del loro padre. Parlerai inoltre agli Is raeliti e dirai: “Quando un uomo morirà senza lasciare un figlio maschio farete passare la sua er edità alla figlia. Se non ha neppure una figlia darete la sua eredità ai suoi fratelli. Se non ha frate lli darete la sua eredità ai fratelli del padre. Se non ci sono fratelli del padre darete la sua eredit à al parente più stretto nella sua cerchia familiare e quegli la possederà. Questa sarà per gli Isra eliti una norma di diritto secondo quanto il Signore ha ordinato a Mosè”». Il Signore disse a Mos è: «Sali su questo monte degli Abarìm e contempla la terra che io do agli Israeliti. Quando l’avrai vista anche tu sarai riunito ai tuoi padri come fu riunito Aronne tuo fratello perché vi siete ribell ati contro il mio ordine nel deserto di Sin quando la comunità si ribellò e non avete manifestato
la mia santità agli occhi loro a proposito di quelle acque». Sono le acque di Merìba di Kades nel deserto di Sin. Mosè disse al Signore: «Il Signore il Dio della vita di ogni essere vivente metta a c apo di questa comunità un uomo che li preceda nell’uscire e nel tornare li faccia uscire e li facci a tornare perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore». Il Signore disse a M
osè: «Prenditi Giosuè figlio di Nun uomo in cui è lo spirito; porrai la mano su di lui lo farai comp arire davanti al sacerdote Eleàzaro e davanti a tutta la comunità gli darai i tuoi ordini sotto i loro occhi e porrai su di lui una parte della tua autorità, perché tutta la comunità degli Israeliti gli ob bedisca. Egli si presenterà davanti al sacerdote Eleàzaro che consulterà per lui il giudizio degli ur ìm davanti al Signore; egli e tutti gli Israeliti con lui e tutta la comunità usciranno all’ordine di El eàzaro ed entreranno all’ordine suo». Mosè fece come il Signore gli aveva ordinato; prese Giosu è e lo fece comparire davanti al sacerdote Eleàzaro e davanti a tutta la comunità pose su di lui l e mani e gli diede i suoi ordini come il Signore aveva detto per mezzo di Mosè. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ordina agli Israeliti e di’ loro: “Avrete cura di presentarmi al tempo stabilito l’off erta l’alimento dei miei sacrifici da consumare con il fuoco profumo a me gradito”. Dirai loro: “
Questo è il sacrificio consumato dal fuoco che offrirete al Signore: agnelli dell’anno senza difetti due al giorno come olocausto perenne. Offrirai il primo agnello la mattina e l’altro agnello lo off rirai al tramonto; come oblazione un decimo di efa di fior di farina impastata con un quarto di hi n di olio puro. Tale è l’olocausto perenne offerto presso il monte Sinai: sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito al Signore. La libagione sarà di un quarto di hin per il primo agnello; la lib agione sarà versata nel santuario bevanda inebriante in onore del Signore. Offrirai il secondo ag nello al tramonto con un’oblazione e una libagione simili a quelle della mattina: è un sacrificio c onsumato dal fuoco profumo gradito al Signore. Nel giorno di sabato offrirete due agnelli dell’a nno senza difetti; come oblazione due decimi di fior di farina impastata con olio con la sua libagi one. è l’olocausto del sabato per ogni sabato oltre l’olocausto perenne e la sua libagione. Al prin cipio dei vostri mesi offrirete come olocausto al Signore due giovenchi un ariete, sette agnelli d ell’anno senza difetti e tre decimi di fior di farina impastata con olio come oblazione per ciascun giovenco; due decimi di fior di farina impastata con olio per il solo ariete, e ciascuna volta un d ecimo di fior di farina impastata con olio come oblazione per ogni agnello. è un olocausto di pro fumo gradito un sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Le libagioni saranno di un mezzo hin di vino per giovenco di un terzo di hin per l’ariete e di un quarto di hin per agnello. è l
’olocausto del mese per tutti i mesi dell’anno. Si offrirà al Signore un capro in sacrificio per il pec cato oltre l’olocausto perenne e la sua libagione. Il primo mese il giorno quattordici del mese sa rà la Pasqua del Signore. Il giorno quindici di quel mese sarà giorno di festa. Per sette giorni si m angerà pane azzimo. Il primo giorno si terrà una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile.
Offrirete in sacrificio consumato dal fuoco un olocausto al Signore: due giovenchi un ariete e set te agnelli dell’anno senza difetti. La loro oblazione sarà fior di farina impastata con olio: ne offrir ete tre decimi per giovenco e due per l’ariete, ne offrirai un decimo per volta per ciascuno dei s ette agnelli e offrirai un capro come sacrificio per il peccato per compiere il rito espiatorio su di
voi. Offrirete questi sacrifici oltre l’olocausto della mattina che è un olocausto perenne. Li offrir ete ogni giorno per sette giorni; è un alimento consumato dal fuoco un sacrificio di profumo gra dito al Signore. Lo si offrirà oltre l’olocausto perenne con la sua libagione. Il settimo giorno terre te una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile. Il giorno delle primizie quando presentere te al Signore un’oblazione nuova alla vostra festa delle Settimane terrete una riunione sacra; no n farete alcun lavoro servile. Offrirete in olocausto di profumo gradito al Signore due giovenchi un ariete e sette agnelli dell’anno. La loro oblazione sarà fior di farina impastata con olio: tre de cimi per ogni giovenco due decimi per il solo ariete e un decimo ogni volta per ciascuno dei sett e agnelli. Offrirete un capro per compiere il rito espiatorio per voi. Offrirete questi sacrifici oltre l’olocausto perenne e la sua oblazione. Sceglierete animali senza difetti e vi aggiungerete le loro libagioni. Il settimo mese il primo del mese terrete una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile. Sarà per voi il giorno dell’acclamazione con le trombe. Offrirete in olocausto di profumo gradito al Signore un giovenco un ariete sette agnelli dell’anno senza difetti. La loro oblazione s arà fior di farina impastata con olio: tre decimi per il giovenco, due decimi per l’ariete un decim o per ciascuno dei sette agnelli. Offrirete inoltre un capro in sacrificio per il peccato per compier e il rito espiatorio per voi oltre l’olocausto del mese con la sua oblazione e l’olocausto perenne c on la sua oblazione e le loro libagioni secondo il loro rito. Sarà un sacrificio consumato dal fuoco profumo gradito al Signore. Il dieci di questo settimo mese terrete una riunione sacra e vi umili erete; non farete alcun lavoro e offrirete in olocausto di profumo gradito al Signore un giovenco un ariete sette agnelli dell’anno senza difetti. La loro oblazione sarà fior di farina impastata con olio: tre decimi per il giovenco due decimi per il solo ariete un decimo ogni volta per ciascuno d ei sette agnelli. Offrirete inoltre un capro in sacrificio per il peccato oltre il sacrificio per il peccat o del rito espiatorio e oltre l’olocausto perenne con la sua oblazione e le loro libagioni. Il quindic esimo giorno del settimo mese terrete una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile e cele brerete una festa in onore del Signore per sette giorni. Offrirete in olocausto come sacrificio co nsumato dal fuoco profumo gradito al Signore tredici giovenchi due arieti, quattordici agnelli de ll’anno senza difetti. La loro oblazione sarà fior di farina impastata con olio: tre decimi per ciasc uno dei tredici giovenchi due decimi per ciascuno dei due arieti, un decimo ogni volta per ciascu no dei quattordici agnelli. Offrirete inoltre un capro in sacrificio per il peccato oltre l’olocausto p erenne con la sua oblazione e la sua libagione. Il secondo giorno offrirete dodici giovenchi due a rieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro oblazioni e le libagioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il numero e il rito e un capro in sacrificio per il peccato oltre l’oloca usto perenne la sua oblazione e le loro libagioni. Il terzo giorno offrirete undici giovenchi due ari eti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro oblazioni e le loro libagioni per i giovenc hi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito, e un capro in sacrificio per il peccato oltr e l’olocausto perenne la sua oblazione e la sua libagione. Il quarto giorno offrirete dieci giovenc hi due arieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro offerte e le loro libagioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito e un capro in sacrificio per il pecc
ato, oltre l’olocausto perenne la sua oblazione e la sua libagione. Il quinto giorno offrirete nove giovenchi due arieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro oblazioni e le loro libag ioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito, e un capro in sacrificio p er il peccato oltre l’olocausto perenne la sua oblazione e la sua libagione. Il sesto giorno offriret e otto giovenchi due arieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti con le loro oblazioni e le lor o libagioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito e un capro in sacri ficio per il peccato oltre l’olocausto perenne la sua oblazione e la sua libagione. Il settimo giorn o offrirete sette giovenchi due arieti quattordici agnelli dell’anno senza difetti, con le loro oblazi oni e le loro libagioni per i giovenchi gli arieti e gli agnelli secondo il loro numero e il rito e un ca pro in sacrificio per il peccato oltre l’olocausto perenne, la sua oblazione e la sua libagione. L’ott avo giorno terrete una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile; offrirete in olocausto co me sacrificio consumato dal fuoco, profumo gradito al Signore un giovenco un ariete sette agne lli dell’anno senza difetti, con le loro oblazioni e le loro libagioni per il giovenco l’ariete e gli agn elli secondo il loro numero e il rito e un capro in sacrificio per il peccato oltre l’olocausto perenn e la sua oblazione e la sua libagione. Questi sono i sacrifici che offrirete al Signore nelle vostre s olennità oltre i vostri voti e le vostre offerte spontanee si tratti dei vostri olocausti o delle vostr e oblazioni o delle vostre libagioni o dei vostri sacrifici di comunione”». Mosè riferì agli Israeliti quanto il Signore gli aveva ordinato. Mosè disse ai capi delle tribù degli Israeliti: «Questo il Sign ore ha ordinato: “Quando uno avrà fatto un voto al Signore o si sarà impegnato con giuramento a un obbligo non violi la sua parola ma dia esecuzione a quanto ha promesso con la bocca. Qua ndo una donna avrà fatto un voto al Signore e si sarà impegnata a un obbligo, mentre è ancora i n casa del padre durante la sua giovinezza se il padre venuto a conoscenza del voto di lei e dell’
obbligo al quale si è impegnata non dice nulla tutti i voti di lei saranno validi e saranno validi tut ti gli obblighi ai quali si sarà impegnata. Ma se il padre quando ne viene a conoscenza le fa oppo sizione tutti i voti di lei e tutti gli obblighi ai quali si sarà impegnata non saranno validi; il Signore la perdonerà perché il padre le ha fatto opposizione. Se si sposa quando è legata da voti o da u n obbligo assunto alla leggera con le labbra se il marito ne ha conoscenza e quando viene a con oscenza non dice nulla i voti di lei saranno validi e saranno validi gli obblighi da lei assunti. Ma s e il marito, quando ne viene a conoscenza le fa opposizione egli annullerà il voto che ella ha fatt o e l’obbligo che si è assunta alla leggera; il Signore la perdonerà. Ma il voto di una vedova o di una donna ripudiata qualunque sia l’obbligo che si è assunta rimarrà valido. Se una donna nella casa del marito farà voti o si impegnerà con giuramento a un obbligo e il marito ne avrà conosc enza se il marito non dice nulla e non le fa opposizione tutti i voti di lei saranno validi e saranno validi tutti gli obblighi da lei assunti. Ma se il marito quando ne viene a conoscenza li annulla qu anto le sarà uscito dalle labbra voti od obblighi non sarà valido: il marito lo ha annullato; il Signo re la perdonerà. Il marito può ratificare e il marito può annullare qualunque voto e qualunque gi uramento per il quale ella sia impegnata a mortificarsi. Ma se il marito con il passare dei giorni non dice nulla in proposito egli ratifica così tutti i voti di lei e tutti gli obblighi da lei assunti; li rat
ifica perché non ha detto nulla a questo proposito quando ne ha avuto conoscenza. Ma se li ann ulla qualche tempo dopo averne avuto conoscenza porterà il peso della colpa della moglie”». Q
ueste sono le leggi che il Signore prescrisse a Mosè riguardo al marito e alla moglie al padre e all a figlia quando questa è ancora fanciulla in casa del padre. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Co mpi la vendetta degli Israeliti contro i Madianiti quindi sarai riunito ai tuoi padri». Mosè disse al popolo: «Si armino fra voi uomini per l’esercito e marcino contro Madian per eseguire la vendet ta del Signore su Madian. Manderete in guerra mille uomini per tribù per tutte le tribù d’Israele
». Così furono reclutati tra le migliaia d’Israele, mille uomini per tribù cioè dodicimila armati per la guerra. Mosè mandò in guerra quei mille uomini per tribù e con loro Fineès figlio del sacerdo te Eleàzaro il quale portava gli oggetti sacri e aveva in mano le trombe dell’acclamazione. Marci arono dunque contro Madian come il Signore aveva ordinato a Mosè e uccisero tutti i maschi. T
ra i caduti uccisero anche i re di Madian Evì Rekem Sur Cur e Reba, cioè cinque re di Madian; uc cisero di spada anche Balaam figlio di Beor. Gli Israeliti fecero prigioniere le donne di Madian e i loro fanciulli e catturarono come bottino tutto il loro bestiame tutte le loro greggi e ogni loro b ene; appiccarono il fuoco a tutte le città che quelli abitavano e a tutti i loro recinti e presero tutt o il bottino e tutta la preda gente e bestiame. Poi condussero i prigionieri la preda e il bottino a Mosè al sacerdote Eleàzaro e alla comunità degli Israeliti accampati nelle steppe di Moab press o il Giordano di Gerico. Mosè il sacerdote Eleàzaro e tutti i prìncipi della comunità uscirono loro incontro fuori dell’accampamento. Mosè si adirò contro i comandanti dell’esercito capi di miglia ia e capi di centinaia che tornavano da quella spedizione di guerra. Mosè disse loro: «Avete lasci ato in vita tutte le femmine? Proprio loro per suggerimento di Balaam hanno insegnato agli Isra eliti l’infedeltà verso il Signore nella vicenda di Peor per cui venne il flagello nella comunità del S
ignore. Ora uccidete ogni maschio tra i fanciulli e uccidete ogni donna che si è unita con un uom o; ma tutte le fanciulle che non si sono unite con uomini conservatele in vita per voi. Voi poi acc ampatevi per sette giorni fuori del campo; chiunque ha ucciso qualcuno e chiunque ha toccato un caduto si purifichi il terzo e il settimo giorno: questo tanto per voi quanto per i vostri prigioni eri. Purificherete anche ogni veste ogni oggetto di pelle ogni lavoro di pelo di capra e ogni ogget to di legno». Il sacerdote Eleàzaro disse agli uomini dell’esercito che erano andati alla battaglia:
«Questa è la norma della legge che il Signore ha prescritto a Mosè: “L’oro l’argento il bronzo il f erro lo stagno e il piombo, quanto può sopportare il fuoco lo farete passare per il fuoco e sarà r eso puro purché venga purificato anche con l’acqua della purificazione; quanto non può soppor tare il fuoco lo farete passare per l’acqua. Laverete anche le vostre vesti il settimo giorno e sare te puri; poi potrete entrare nell’accampamento”». Il Signore disse a Mosè: «Tu con il sacerdote Eleàzaro e con i capi dei casati della comunità fa’ il computo di tutta la preda che è stata fatta: d ella gente e del bestiame; dividi la preda a metà fra coloro che usciti in guerra hanno sostenuto la battaglia e tutta la comunità. Dalla parte spettante ai soldati che sono usciti in guerra preleve rai un contributo per il Signore: cioè un individuo su cinquecento tanto delle persone quanto de l bestiame grosso degli asini e del bestiame minuto. Lo prenderete sulla metà di loro spettanza
e lo darai al sacerdote Eleàzaro, come offerta da presentare quale contributo in onore del Signo re. Della metà che spetta agli Israeliti prenderai una quota di uno su cinquanta tanto delle perso ne quanto del bestiame grosso, degli asini e del bestiame minuto; la darai ai leviti che hanno la custodia della Dimora del Signore». Mosè e il sacerdote Eleàzaro fecero come il Signore aveva o rdinato a Mosè. Il bottino cioè tutto ciò che rimaneva della preda fatta dagli uomini dell’esercit o consisteva in seicentosettantacinquemila capi di bestiame minuto, settantaduemila capi di be stiame grosso sessantunmila asini e trentaduemila persone ossia donne che non si erano unite c on uomini. La metà cioè la parte di quelli che erano usciti in guerra fu di trecentotrentasettemil acinquecento capi di bestiame minuto dei quali seicentosettantacinque per il tributo al Signore; trentaseimila capi di bestiame grosso dei quali settantadue per il tributo al Signore; trentamilac inquecento asini dei quali sessantuno per il tributo al Signore e sedicimila persone delle quali tr entadue per il tributo al Signore. Mosè diede al sacerdote Eleàzaro il contributo dell’offerta prel evata per il Signore come il Signore gli aveva ordinato. La metà che spettava agli Israeliti dopo c he Mosè ebbe fatto la spartizione per gli uomini dell’esercito la metà spettante alla comunità fu di trecentotrentasettemilacinquecento capi di bestiame minuto, trentaseimila capi di bestiame grosso trentamilacinquecento asini e sedicimila persone. Da questa metà che spettava agli Israe liti, Mosè prese la quota di uno su cinquanta degli uomini e degli animali e li diede ai leviti che h anno la custodia della Dimora del Signore come il Signore aveva ordinato a Mosè. I comandanti delle migliaia dell’esercito capi di migliaia e capi di centinaia si avvicinarono a Mosè e gli dissero
: «I tuoi servi hanno fatto il computo dei soldati che erano sotto i nostri ordini e non ne manca n eppure uno. Per questo portiamo in offerta al Signore ognuno quello che ha trovato di oggetti d
‘oro: bracciali braccialetti anelli pendenti, collane per compiere il rito espiatorio per le nostre pe rsone davanti al Signore». Mosè e il sacerdote Eleàzaro presero da loro quell’oro tutti gli oggetti lavorati. Tutto l’oro del contributo che prelevarono per il Signore da parte dei capi di migliaia e dei capi di centinaia pesava sedicimilasettecentocinquanta sicli. Gli uomini dell’esercito si tenne ro il bottino che ognuno aveva fatto per conto suo. Mosè e il sacerdote Eleàzaro presero l’oro d ei capi di migliaia e di centinaia e lo portarono nella tenda del convegno come memoriale per gli Israeliti davanti al Signore. I figli di Ruben e i figli di Gad avevano bestiame in numero molto gra nde; quando videro che la terra di Iazer e la terra di Gàlaad erano luoghi da bestiame i figli di Ga d e i figli di Ruben vennero a parlare a Mosè al sacerdote Eleàzaro e ai prìncipi della comunità e dissero: «Ataròt Dibon Iazer Nimra Chesbon Elalè, Sebam Nebo e Beon terre che il Signore ha co lpito alla presenza della comunità d’Israele sono terre da bestiame e i tuoi servi hanno appunto il bestiame». Aggiunsero: «Se abbiamo trovato grazia ai tuoi occhi sia concesso ai tuoi servi il po ssesso di questa regione: non farci passare il Giordano». Ma Mosè rispose ai figli di Gad e ai figli di Ruben: «Andrebbero dunque i vostri fratelli in guerra e voi ve ne stareste qui? Perché volete scoraggiare gli Israeliti dal passare nella terra che il Signore ha dato loro? Così fecero i vostri pad ri quando li mandai da Kades-Barnea per esplorare la terra. Salirono fino alla valle di Escol e dopo aver esplorato la terra scor
aggiarono gli Israeliti dall’entrare nella terra che il Signore aveva loro dato. Così l’ira del Signore si accese in quel giorno ed egli giurò: “Gli uomini che sono usciti dall’Egitto dai vent’anni in su n on vedranno mai la terra che ho promesso con giuramento ad Abramo a Isacco e a Giacobbe pe rché non mi hanno seguito pienamente, se non Caleb figlio di Iefunnè il Kenizzita e Giosuè figlio di Nun che hanno seguito il Signore pienamente”. L’ira del Signore si accese dunque contro Isra ele; lo fece errare nel deserto per quarant’anni finché non fosse finita tutta la generazione che a veva agito male agli occhi del Signore. Ed ecco voi sorgete al posto dei vostri padri, razza di uom ini peccatori per aumentare ancora l’ardore dell’ira del Signore contro Israele. Perché se voi vi ri traete dal seguirlo il Signore continuerà a lasciarlo nel deserto e voi avrete causato la perdita di tutto questo popolo». Ma quelli si avvicinarono a lui e gli dissero: «Costruiremo qui recinti per il nostro bestiame e città per i nostri fanciulli; ma quanto a noi ci armeremo in fretta per marciar e davanti agli Israeliti finché li avremo introdotti nel luogo destinato loro. Intanto i nostri fanciul li dimoreranno nelle città fortificate per timore degli abitanti della regione. Non torneremo alle nostre case finché ogni Israelita non abbia ereditato ciascuno la sua eredità non prenderemo nu lla in eredità con loro al di là del Giordano e più oltre perché la nostra eredità ci è toccata da qu esta parte del Giordano a oriente». Allora Mosè disse loro: «Se fate questo se vi armerete dava nti al Signore per andare a combattere se tutti quelli di voi che si armeranno passeranno il Gior dano davanti al Signore finché egli abbia scacciato i suoi nemici dalla sua presenza se non torne rete fin quando la terra sia stata sottomessa davanti al Signore voi sarete innocenti di fronte al Signore e di fronte a Israele e questa terra sarà vostra proprietà alla presenza del Signore. Ma s e non fate così voi peccherete contro il Signore; sappiate che il vostro peccato vi raggiungerà. C
ostruitevi pure città per i vostri fanciulli e recinti per le vostre greggi ma fate quello che la vostr a bocca ha promesso». I figli di Gad e i figli di Ruben dissero a Mosè: «I tuoi servi faranno quello che il mio signore comanda. I nostri fanciulli le nostre donne le nostre greggi e tutto il nostro b estiame rimarranno qui nelle città di Gàlaad; ma i tuoi servi tutti armati per la guerra andranno a combattere davanti al Signore come dice il mio signore». Allora Mosè diede per loro ordini al sacerdote Eleàzaro a Giosuè, figlio di Nun e ai capi delle famiglie delle tribù degli Israeliti. Mosè disse loro: «Se i figli di Gad e i figli di Ruben passeranno con voi il Giordano tutti armati per com battere davanti al Signore e se la terra sarà sottomessa davanti a voi darete loro in possesso la t erra di Gàlaad. Ma se non passeranno armati con voi avranno la loro proprietà in mezzo a voi ne lla terra di Canaan». I figli di Gad e i figli di Ruben risposero: «Faremo come il Signore ha ordinat o ai tuoi servi. Passeremo armati davanti al Signore nella terra di Canaan ma quanto a noi il poss esso della nostra eredità è di qua dal Giordano». Mosè dunque diede ai figli di Gad e ai figli di R
uben e a metà della tribù di Manasse figlio di Giuseppe il regno di Sicon re degli Amorrei e il reg no di Og re di Basan: il territorio con le sue città comprese entro i confini le città del territorio c he si stendeva all’intorno. I figli di Gad ricostruirono Dibon Ataròt Aroèr, Atròt-Sofan Iazer Iogbea Bet-Nimra e Bet-
Aran città fortificate e fecero recinti per le greggi. I figli di Ruben ricostruirono Chesbon, Elalè Ki
riatàim Nebo e Baal-
Meon i cui nomi furono mutati e Sibma e diedero nomi alle città che avevano ricostruito. I figli d i Machir figlio di Manasse, andarono nella terra di Gàlaad la presero e ne cacciarono gli Amorrei che vi abitavano. Mosè allora diede Gàlaad a Machir figlio di Manasse che vi si stabilì. Anche Iai r figlio di Manasse andò e prese i loro villaggi e li chiamò villaggi di Iair. Nobach andò e prese Ke nat con le dipendenze e la chiamò con il proprio nome Nobach. Queste sono le tappe degli Israe liti che uscirono dalla terra d’Egitto ordinati secondo le loro schiere sotto la guida di Mosè e di A ronne. Mosè scrisse i loro punti di partenza tappa per tappa per ordine del Signore; queste sono le loro tappe nell’ordine dei loro punti di partenza. Partirono da Ramses il primo mese il quindic esimo giorno del primo mese. Il giorno dopo la Pasqua gli Israeliti uscirono a mano alzata sotto gli occhi di tutto l’Egitto mentre gli Egiziani seppellivano quelli che il Signore aveva colpito fra lo ro cioè tutti i primogeniti quando il Signore aveva pronunciato il suo giudizio anche sui loro dèi.
Gli Israeliti partirono dunque da Ramses e si accamparono a Succot. Partirono da Succot e si acc amparono a Etam che è sull’estremità del deserto. Partirono da Etam e piegarono verso Pi-Achiròt che è di fronte a Baal-Sefòn e si accamparono davanti a Migdol. Partirono da Pi-Achiròt, passarono in mezzo al mare in direzione del deserto fecero tre giornate di marcia nel d eserto di Etam e si accamparono a Mara. Partirono da Mara e giunsero a Elìm; a Elìm c’erano do dici sorgenti di acqua e settanta palme: qui si accamparono. Partirono da Elìm e si accamparono presso il Mar Rosso. Partirono dal Mar Rosso e si accamparono nel deserto di Sin. Partirono dal deserto di Sin e si accamparono a Dofka. Partirono da Dofka e si accamparono ad Alus. Partiron o da Alus e si accamparono a Refidìm dove non c’era acqua da bere per il popolo. Partirono da R
efidìm e si accamparono nel deserto del Sinai. Partirono dal deserto del Sinai e si accamparono a Kibrot-Taavà. Partirono da Kibrot-Taavà e si accamparono a Caseròt. Partirono da Caseròt e si accamparono a Ritma. Partirono da Ritma e si accamparono a Rimmòn-Peres. Partirono da Rimmòn-Peres e si accamparono a Libna. Partirono da Libna e si accamparono a Rissa. Partirono da Rissa e si accamparono a Keelata. Partirono da Keelata e si accamparono al monte Sefer. Partirono da l monte Sefer e si accamparono a Caradà. Partirono da Caradà e si accamparono a Makelòt. Part irono da Makelòt e si accamparono a Tacat. Partirono da Tacat e si accamparono a Tarach. Parti rono da Tarach e si accamparono a Mitka. Partirono da Mitka e si accamparono a Casmonà. Par tirono da Casmonà e si accamparono a Moseròt. Partirono da Moseròt e si accamparono a Ben e-Iaakàn. Partirono da Bene-Iaakàn e si accamparono a Or-Ghidgad. Partirono da Or-Ghidgad e si accamparono a Iotbata. Partirono da Iotbata e si accamparono ad Abronà. Partiron o da Abronà e si accamparono a Esion-Ghèber. Partirono da Esion-Ghèber e si accamparono nel deserto di Sin cioè a Kades. Poi partirono da Kades e si accamparo no al monte Or all’estremità della terra di Edom. Il sacerdote Aronne salì sul monte Or per ordin e del Signore e in quel luogo morì il quarantesimo anno dopo l’uscita degli Israeliti dalla terra d’
Egitto il quinto mese il primo giorno del mese. Aronne era in età di centoventitré anni quando
morì sul monte Or. Il cananeo re di Arad che abitava nel Negheb nella terra di Canaan venne a s apere che gli Israeliti arrivavano. Partirono dal monte Or e si accamparono a Salmonà. Partirono da Salmonà e si accamparono a Punon. Partirono da Punon e si accamparono a Obot. Partirono da Obot e si accamparono a Iie-Abarìm sui confini di Moab. Partirono da Iie-Abarìm e si accamparono a Dibon-Gad. Partirono da Dibon-Gad e si accamparono ad Almon-Diblatàim. Partirono da Almon-
Diblatàim e si accamparono ai monti Abarìm di fronte al Nebo. Partirono dai monti Abarìm e si a ccamparono nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gerico. Si accamparono presso il Giorda no da Bet-Iesimòt fino ad Abel-Sittìm nelle steppe di Moab. Il Signore parlò a Mosè nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gerico e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Quando avrete attraversato il Giordano verso l a terra di Canaan e avrete cacciato dinanzi a voi tutti gli abitanti della terra distruggerete tutte l e loro immagini distruggerete tutte le loro statue di metallo fuso e devasterete tutte le loro altu re. Prenderete possesso della terra e in essa vi stabilirete poiché io vi ho dato la terra perché la possediate. Dividerete la terra a sorte secondo le vostre famiglie. A chi è numeroso darai numer osa eredità e a chi è piccolo darai piccola eredità. Ognuno avrà quello che gli sarà toccato in sort e; farete la divisione secondo le tribù dei vostri padri. Ma se non caccerete dinanzi a voi gli abita nti della terra, quelli di loro che vi avrete lasciati saranno per voi come spine negli occhi e pungo li nei fianchi e vi tratteranno da nemici nella terra in cui abiterete. Allora io tratterò voi come mi ero proposto di trattare loro”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Ordina agli Israeliti e di’ loro: “
Quando entrerete nella terra di Canaan questa sarà la terra che vi toccherà in eredità: la terra di Canaan secondo i suoi confini. Il vostro confine meridionale comincerà al deserto di Sin a lato d i Edom; così la vostra frontiera meridionale partirà dall’estremità del Mar Morto a oriente; ques ta frontiera volgerà al sud della salita di Akrabbìm passerà per Sin e si estenderà a mezzogiorno di Kades-Barnea; poi continuerà verso Casar-Addar e passerà per Asmon. Da Asmon la frontiera girerà fino al torrente d’Egitto e finirà al mar e. La vostra frontiera a occidente sarà il Mare Grande: quella sarà la vostra frontiera occidentale
. Questa sarà la vostra frontiera settentrionale: partendo dal Mare Grande traccerete una linea fino al monte Or; dal monte Or la traccerete fino all’ingresso di Camat e l’estremità della frontie ra sarà a Sedad; la frontiera continuerà fino a Zifron e finirà a Casar-Enàn: questa sarà la vostra frontiera settentrionale. Traccerete la vostra frontiera orientale da C
asar-
Enan a Sefam; la frontiera scenderà da Sefam verso Ribla a oriente di Ain; poi la frontiera scend erà e si estenderà lungo il mare di Chinneret a oriente; poi la frontiera scenderà lungo il Giorda no e finirà al Mar Morto. Questa sarà la vostra terra con le sue frontiere tutt’intorno”». Mosè di ede quest’ordine agli Israeliti dicendo: «Questa è la terra che vi distribuirete a sorte e che il Sign ore ha ordinato di dare a nove tribù e mezza; poiché la tribù dei figli di Ruben secondo i loro cas ati paterni e la tribù dei figli di Gad secondo i loro casati paterni e metà della tribù di Manasse h
anno ricevuto la loro porzione. Queste due tribù e mezza hanno ricevuto la loro porzione oltre il Giordano di Gerico dal lato orientale». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Questi sono i nomi degl i uomini che spartiranno la terra fra voi: il sacerdote Eleàzaro e Giosuè figlio di Nun. Prenderete anche un principe uno per ogni tribù per fare la spartizione della terra. Ecco i nomi di questi uo mini. Per la tribù di Giuda Caleb figlio di Iefunnè. Per la tribù dei figli di Simeone Samuele figlio d i Ammiù d. Per la tribù di Beniamino Elidàd figlio di Chislon. Per la tribù dei figli di Dan il principe Bukkì figlio di Ioglì. Per i figli di Giuseppe per la tribù dei figli di Manasse il principe Cannièl figlio di Efod; per la tribù dei figli di èfraim il principe Kemuèl figlio di Siftan. Per la tribù dei figli di Zà bulon il principe Elisafàn figlio di Parnac. Per la tribù dei figli di ìssacar il principe Paltièl figlio di Azzan. Per la tribù dei figli di Aser il principe Achiù d figlio di Selomì. Per la tribù dei figli di Nèfta li il principe Pedaèl, figlio di Ammiù d». Questi sono coloro ai quali il Signore ordinò di spartire il possesso della terra di Canaan tra gli Israeliti. Il Signore parlò a Mosè nelle steppe di Moab pres so il Giordano di Gerico e disse: «Ordina agli Israeliti che dell’eredità che possederanno riservin o ai leviti città da abitare; darete anche ai leviti il terreno che è intorno alle città. Essi avranno le città per abitarvi e il terreno intorno servirà per il loro bestiame per i loro beni e per tutti i loro animali. Il terreno delle città che darete ai leviti si estenderà per lo spazio di mille cubiti fuori da lle mura della città tutt’intorno. Misurerete dunque all’esterno della città duemila cubiti dal lato orientale duemila cubiti dal lato meridionale duemila cubiti dal lato occidentale e duemila cubit i dal lato settentrionale; la città sarà in mezzo. Tali saranno i terreni di ciascuna delle loro città.
Fra le città che darete ai leviti sei saranno città di asilo che voi designerete perché vi si rifugi l’o micida: a queste aggiungerete altre quarantadue città. Tutte le città che darete ai leviti saranno dunque quarantotto con i relativi terreni. Le città che darete ai leviti verranno prese dalla propri età degli Israeliti: da chi ha molto prenderete molto da chi ha meno prenderete meno; ognuno ai leviti darà delle sue città in proporzione della parte che avrà ereditato». Il Signore parlò a Mo sè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Quando avrete attraversato il Giordano verso la ter ra di Canaan, designerete città che siano per voi città di asilo dove possa rifugiarsi l’omicida che avrà ucciso qualcuno involontariamente. Queste città vi serviranno di asilo contro il vendicatore del sangue perché l’omicida non sia messo a morte prima di comparire in giudizio dinanzi alla c omunità. Delle città che darete sei saranno dunque per voi città di asilo. Darete tre città di qua dal Giordano e darete tre altre città nella terra di Canaan; saranno città di asilo. Queste sei città serviranno di asilo agli Israeliti al forestiero e all’ospite che soggiornerà in mezzo a voi perché vi si rifugi chiunque abbia ucciso qualcuno involontariamente. Ma se uno colpisce un altro con un o strumento di ferro e quello muore quel tale è omicida; l’omicida dovrà essere messo a morte.
Se lo colpisce con una pietra che aveva in mano atta a causare la morte e il colpito muore quel t ale è un omicida; l’omicida dovrà essere messo a morte. O se lo colpisce con uno strumento di l egno che aveva in mano atto a causare la morte e il colpito muore quel tale è un omicida; l’omic ida dovrà essere messo a morte. Sarà il vendicatore del sangue quello che metterà a morte l’om icida; quando lo incontrerà lo ucciderà. Se uno dà a un altro una spinta per odio o gli getta contr
o qualcosa con premeditazione e quello muore o lo colpisce per inimicizia con la mano e quello muore chi ha colpito dovrà essere messo a morte; egli è un omicida e il vendicatore del sangue ucciderà l’omicida quando lo incontrerà. Ma se gli dà una spinta per caso e non per inimicizia o gli getta contro qualcosa senza premeditazione o se senza vederlo gli fa cadere addosso una pie tra che possa causare la morte e quello ne muore senza che l’altro gli fosse nemico o gli volesse fare del male, allora ecco le regole secondo le quali la comunità giudicherà fra colui che ha colpi to e il vendicatore del sangue. La comunità libererà l’omicida dalle mani del vendicatore del san gue e lo farà tornare alla città di asilo dove era fuggito. Lì dovrà abitare fino alla morte del som mo sacerdote che fu unto con l’olio santo. Ma se l’omicida esce dai confini della città di asilo do ve si era rifugiato e se il vendicatore del sangue lo trova fuori dei confini della sua città di asilo e uccide l’omicida il vendicatore del sangue non sarà reo del sangue versato. Perché l’omicida de ve stare nella sua città di asilo fino alla morte del sommo sacerdote; dopo la morte del sommo s acerdote, l’omicida potrà tornare nella terra di sua proprietà. Queste saranno per voi le regole di giudizio di generazione in generazione in tutte le vostre residenze. Se uno uccide un altro l’o micida sarà messo a morte in seguito a deposizione di testimoni ma un unico testimone non bas terà per condannare a morte una persona. Non accetterete prezzo di riscatto per la vita di un o micida reo di morte perché dovrà essere messo a morte. Non accetterete prezzo di riscatto che permetta all’omicida di fuggire dalla sua città di asilo e di tornare ad abitare nella sua terra fino alla morte del sacerdote. Non contaminerete la terra dove sarete perché il sangue contamina la terra e per la terra non vi è espiazione del sangue che vi è stato sparso se non mediante il sang ue di chi l’ha sparso. Non contaminerete dunque la terra che andate ad abitare e in mezzo alla q uale io dimorerò perché io sono il Signore che dimoro in mezzo agli Israeliti”». I capi delle famigl ie dei figli di Gàlaad figlio di Machir figlio di Manasse tra le famiglie dei figli di Giuseppe si fecero avanti a parlare in presenza di Mosè e dei prìncipi capi delle famiglie degli Israeliti e dissero: «Il Signore ha ordinato al mio signore di dare la terra in eredità agli Israeliti in base alla sorte; il mio signore ha anche ricevuto l’ordine dal Signore di dare l’eredità di Selofcàd nostro fratello alle fi glie di lui. Se queste sposano qualche figlio delle altre tribù degli Israeliti la loro eredità sarà detr atta dall’eredità dei nostri padri e aggiunta all’eredità della tribù alla quale apparterranno; così s arà detratta dall’eredità che ci è toccata in sorte. Quando verrà il giubileo per gli Israeliti la loro eredità sarà aggiunta a quella della tribù alla quale apparterranno e l’eredità loro sarà detratta dall’eredità della tribù dei nostri padri». Allora Mosè comandò agli Israeliti su ordine del Signore
: «La tribù dei figli di Giuseppe dice bene. Questo il Signore ha ordinato riguardo alle figlie di Sel ofcàd: sposeranno chi vorranno purché si sposino in una famiglia della tribù dei loro padri. Ness una eredità tra gli Israeliti potrà passare da una tribù all’altra ma ciascuno degli Israeliti si terrà vincolato all’eredità della tribù dei suoi padri. Ogni fanciulla che possiede un’eredità in una tribù degli Israeliti sposerà uno che appartenga a una famiglia della tribù di suo padre perché ognun o degli Israeliti rimanga nel possesso dell’eredità dei suoi padri e nessuna eredità passi da una tr ibù all’altra; ognuna delle tribù degli Israeliti si terrà vincolata alla propria eredità». Le figlie di S

elofcàd fecero secondo l’ordine che il Signore aveva dato a Mosè. Macla Tirsa Cogla Milca e Noa le figlie di Selofcàd sposarono i figli dei loro zii paterni; si sposarono nelle famiglie dei figli di Ma nasse figlio di Giuseppe e la loro eredità rimase nella tribù della famiglia del padre loro. Questi s ono i comandi e le leggi che il Signore impose agli Israeliti per mezzo di Mosè nelle steppe di Mo ab presso il Giordano di Gerico. Queste sono le parole che Mosè rivolse a tutto Israele oltre il Gi ordano nel deserto, nell’Araba di fronte a Suf tra Paran Tofel Laban Caseròt e Di-Zaab. Vi sono undici giornate di cammino dall’Oreb per la via del monte Seir fino a Kades-Barnea. Nel quarantesimo anno l’undicesimo mese il primo giorno del mese Mosè riferì agli Isra eliti quanto il Signore gli aveva ordinato per loro dopo avere sconfitto Sicon re degli Amorrei ch e abitava a Chesbon e Og re di Basan che abitava ad Astaròt a Edrei. Oltre il Giordano nella terra di Moab Mosè cominciò a spiegare questa legge: «Il Signore nostro Dio ci ha parlato sull’Oreb e ci ha detto: “Avete dimorato abbastanza su questa montagna; voltatevi levate l’accampamento e dirigetevi verso le montagne degli Amorrei e verso tutte le regioni vicine: l’Araba le montagn e la Sefela il Negheb la costa del mare – che è la terra dei Cananei e del Libano –
fino al grande fiume il fiume Eufrate. Ecco io ho posto davanti a voi la terra. Entrate e prendete possesso della terra che il Signore aveva giurato ai vostri padri ad Abramo a Isacco e a Giacobbe di dar loro e alla loro stirpe dopo di loro”. In quel tempo io vi ho parlato e vi ho detto: “Io non p osso da solo sostenere il peso di tutti voi. Il Signore vostro Dio vi ha moltiplicati ed eccovi numer osi come le stelle del cielo. Il Signore Dio dei vostri padri vi aumenterà mille volte di più e vi ben edirà come vi ha promesso. Ma come posso io da solo portare il vostro peso il vostro carico e le vostre liti? Sceglietevi nelle vostre tribù uomini saggi, intelligenti e stimati e io li costituirò vostri capi”. Voi mi rispondeste: “Va bene ciò che dici di fare”. Allora presi i capi delle vostre tribù uo mini saggi e stimati e li stabilii sopra di voi come capi: capi di migliaia capi di centinaia, capi di ci nquantine capi di decine e come scribi per le vostre tribù. In quel tempo diedi quest’ordine ai vo stri giudici: “Ascoltate le cause dei vostri fratelli e decidete con giustizia fra un uomo e suo fratel lo o lo straniero che sta presso di lui. Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali darete ascol to al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo poiché il giudizio appartiene a Dio; le ca use troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò”. In quel tempo io vi ordinai tut te le cose che dovevate fare. Poi partimmo dall’Oreb e attraversammo tutto quel deserto grand e e spaventoso che avete visto dirigendoci verso le montagne degli Amorrei come il Signore nos tro Dio ci aveva ordinato e giungemmo a Kades-Barnea. Allora vi dissi: “Siete arrivati presso la montagna degli Amorrei che il Signore nostro Dio sta per darci. Ecco il Signore tuo Dio ti ha posto la terra dinanzi: entra prendine possesso come i l Signore Dio dei tuoi padri ti ha detto; non temere e non ti scoraggiare!”. Voi tutti vi accostaste a me e diceste: “Mandiamo innanzi a noi uomini che esplorino la terra e ci riferiscano sul cammi no per il quale dovremo procedere e sulle città nelle quali dovremo entrare”. La proposta mi pia cque e scelsi dodici uomini tra voi uno per tribù. Quelli si incamminarono salirono verso i monti giunsero alla valle di Escol ed esplorarono il paese. Presero con le loro mani dei frutti della terra
ce li portarono e ci fecero questa relazione dicendo: “Buona è la terra che il Signore nostro Dio sta per darci”. Ma voi non voleste entrarvi e vi ribellaste all’ordine del Signore vostro Dio; morm oraste nelle vostre tende e diceste: “Il Signore ci odia per questo ci ha fatto uscire dalla terra d’
Egitto per darci in mano agli Amorrei e sterminarci. Dove possiamo andare noi? I nostri fratelli c i hanno scoraggiati dicendo: Quella gente è più grande e più alta di noi le città sono grandi e for tificate fino al cielo; abbiamo visto là perfino dei figli degli Anakiti”. Allora vi dissi: “Non spavent atevi e non abbiate paura di loro. Il Signore vostro Dio che vi precede egli stesso combatterà per voi come insieme a voi ha fatto sotto i vostri occhi in Egitto e nel deserto dove hai visto come il Signore, tuo Dio ti ha portato come un uomo porta il proprio figlio per tutto il cammino che ave te fatto finché siete arrivati qui”. Nonostante questo non aveste fiducia nel Signore vostro Dio, c he andava innanzi a voi nel cammino per cercarvi un luogo dove porre l’accampamento: di nott e nel fuoco per mostrarvi la via dove andare e di giorno nella nube. Il Signore udì il suono delle v ostre parole si adirò e giurò: “Nessuno degli uomini di questa generazione malvagia vedrà la bu ona terra che ho giurato di dare ai vostri padri se non Caleb figlio di Iefunnè. Egli la vedrà e a lui e ai suoi figli darò la terra su cui ha camminato perché ha pienamente seguito il Signore”. Anche contro di me si adirò il Signore per causa vostra e disse: “Neanche tu vi entrerai ma vi entrerà G
iosuè figlio di Nun che sta al tuo servizio; incoraggialo perché egli la metterà in possesso d’Israel e. Anche i vostri bambini dei quali avevate detto che sarebbero divenuti oggetto di preda e i vos tri figli che oggi non conoscono né il bene né il male essi vi entreranno; a loro la darò ed essi la possederanno. Ma voi tornate indietro e incamminatevi verso il deserto in direzione del Mar Ro sso”. Allora voi mi rispondeste: “Abbiamo peccato contro il Signore! Saliremo e combatteremo come il Signore nostro Dio ci ha ordinato”. Ognuno di voi cinse le armi e presumeste di salire ve rso la montagna. Il Signore mi disse: “Ordina loro: Non salite e non combattete perché io non so no in mezzo a voi e sarete sconfitti davanti ai vostri nemici”. Io ve lo dissi ma voi non mi ascoltas te; anzi vi ribellaste all’ordine del Signore foste presuntuosi e saliste verso i monti. Allora gli Am orrei che abitano quella montagna uscirono contro di voi vi inseguirono come fanno le api e vi b atterono in Seir fino a Corma. Voi tornaste e piangeste davanti al Signore; ma il Signore non die de ascolto alla vostra voce e non vi porse l’orecchio. Così rimaneste a Kades molti giorni per tutt o il tempo in cui vi siete rimasti. Allora tornammo indietro e ci incamminammo verso il deserto i n direzione del Mar Rosso come il Signore mi aveva detto e per lungo tempo girammo intorno a lla montagna di Seir. Il Signore mi disse: “Avete girato abbastanza intorno a questa montagna; v olgetevi verso settentrione. Da’ quest’ordine al popolo: Voi state per passare i confini dei figli di Esaù vostri fratelli che dimorano in Seir; essi avranno paura di voi ma state molto attenti: non muovete loro guerra perché della loro terra io non vi darò neppure quanto ne può calcare la pia nta di un piede; infatti ho dato la montagna di Seir in proprietà a Esaù. Comprerete da loro con denaro le vettovaglie che mangerete e comprerete da loro con denaro anche l’acqua che berret e perché il Signore tuo Dio ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani ti ha seguito nel tuo via ggio attraverso questo grande deserto. Il Signore tuo Dio è stato con te in questi quarant’anni e
non ti è mancato nulla”. Allora passammo oltre i nostri fratelli i figli di Esaù che abitano in Seir l ungo la via dell’Araba per Elat ed Esion-Ghèber. Poi piegammo e avanzammo in direzione del deserto di Moab. Il Signore mi disse: “Non attaccare Moab e non gli muovere guerra perché io non ti darò nulla da possedere nella sua ter ra; infatti ho dato Ar ai figli di Lot come loro proprietà”. Prima vi abitavano gli Emìm popolo gra nde numeroso alto di statura come gli Anakiti. Erano anch’essi considerati Refaìm come gli Anak iti ma i Moabiti li chiamavano Emìm. Anche in Seir prima abitavano gli Urriti ma i figli di Esaù li s cacciarono li distrussero e si stabilirono al posto loro come ha fatto Israele nella terra che possie de e che il Signore gli ha dato. “Ora alzatevi e attraversate il torrente Zered!”. E attraversammo il torrente Zered. La durata del nostro cammino da Kades-Barnea al passaggio del torrente Zered fu di trentotto anni finché tutta quella generazione di uo mini atti alla guerra scomparve dall’accampamento come il Signore aveva loro giurato. Anche la mano del Signore era stata contro di loro per sterminarli dall’accampamento fino ad annientarl i. Quando da mezzo al popolo scomparvero per morte tutti quegli uomini atti alla guerra, il Sign ore mi disse: “Oggi tu stai per attraversare i confini di Moab ad Ar e ti avvicinerai agli Ammoniti.
Non li attaccare e non muover loro guerra, perché io non ti darò nessun possesso nella terra de gli Ammoniti; infatti l’ho data in proprietà ai figli di Lot”. Anche questa terra era reputata terra dei Refaìm: prima vi abitavano i Refaìm e gli Ammoniti li chiamavano Zamzummìm popolo gran de numeroso alto di statura come gli Anakiti; ma il Signore li aveva distrutti davanti agli Ammon iti che li avevano scacciati e si erano stabiliti al loro posto. Allo stesso modo il Signore aveva fatt o per i figli di Esaù che abitano in Seir quando distrusse gli Urriti davanti a loro; essi li scacciaron o e si stabilirono al loro posto e vi sono rimasti fino ad oggi. Anche gli Avviti che dimoravano in v illaggi fino a Gaza furono distrutti dai Caftoriti usciti da Caftor i quali si stabilirono al loro posto.
“Alzatevi levate l’accampamento e attraversate il torrente Arnon; ecco io metto in tuo potere Si con l’Amorreo re di Chesbon e la sua terra; comincia a prenderne possesso e muovigli guerra. D
a quest’oggi comincerò a incutere paura e terrore di te nei popoli che sono sotto tutti i cieli così che all’udire la tua fama tremeranno e saranno presi da spavento dinanzi a te”. Allora mandai m essaggeri dal deserto di Kedemòt a Sicon re di Chesbon con parole di pace per dirgli: “Lasciami passare nella tua terra; io camminerò per la strada maestra senza volgermi né a destra né a sini stra. Tu mi venderai per denaro le vettovaglie che mangerò e mi darai per denaro l’acqua che b errò permettimi solo il transito, come mi hanno permesso i figli di Esaù che abitano in Seir e i M
oabiti che abitano ad Ar finché io abbia passato il Giordano verso la terra che il Signore nostro D
io sta per darci”. Ma Sicon re di Chesbon non volle lasciarci passare perché il Signore, tuo Dio gli aveva reso inflessibile lo spirito e ostinato il cuore per metterlo nelle tue mani come appunto è oggi. Il Signore mi disse: “Vedi ho cominciato a mettere in tuo potere Sicon e la sua terra; da’ ini zio alla conquista impadronendoti della sua terra”. Allora Sicon uscì contro di noi con tutta la su a gente per darci battaglia a Iaas. Il Signore nostro Dio ce lo consegnò e noi sconfiggemmo lui i s uoi figli e tutta la sua gente. In quel tempo prendemmo tutte le sue città e votammo allo stermi
nio ogni città, uomini donne e bambini; non vi lasciammo alcun superstite. Soltanto prelevamm o per noi come preda il bestiame e le spoglie delle città che avevamo preso. Da Aroèr che è sull a riva del torrente Arnon e dalla città che è nella valle fino a Gàlaad non ci fu città che fosse inac cessibile per noi: il Signore nostro Dio le mise tutte in nostro potere. Ma non ti avvicinasti alla te rra degli Ammoniti a tutta la riva del torrente Iabbok alle città delle montagne a tutti i luoghi ch e il Signore nostro Dio ci aveva proibito. Poi piegammo e salimmo per la via di Basan. Og re di B
asan con tutta la sua gente ci venne incontro per darci battaglia a Edrei. Il Signore mi disse: “No n lo temere perché io lo do in tuo potere lui tutta la sua gente e il suo territorio; trattalo come h ai trattato Sicon re degli Amorrei che abitava a Chesbon”. Così il Signore nostro Dio mise in nost ro potere anche Og re di Basan con tutta la sua gente; noi lo sconfiggemmo così che non gli rim ase più superstite alcuno. Gli prendemmo in quel tempo tutte le sue città non ci fu città che noi non prendessimo loro: sessanta città tutta la regione di Argob il regno di Og in Basan –
tutte queste città erano fortificate con alte mura porte e sbarre –
senza contare le città aperte che erano molto numerose. Noi le votammo allo sterminio come a vevamo fatto con Sicon re di Chesbon: votammo allo sterminio ogni città uomini donne e bambi ni. Ma prelevammo per noi come preda il bestiame e le spoglie delle città. In quel tempo prend emmo ai due re degli Amorrei la terra che è oltre il Giordano dal torrente Arnon al monte Ermo n – quelli di Sidone chiamano Sirion l’Ermon mentre gli Amorrei lo chiamano Senir –
tutte le città della pianura tutto Gàlaad tutto Basan fino a Salca e a Edrei città del regno di Og i n Basan. Perché Og re di Basan era rimasto l’unico superstite dei Refaìm. Ecco, il suo letto un let to di ferro non è forse a Rabbà degli Ammoniti? è lungo nove cubiti e largo quattro secondo il c ubito di un uomo. In quel tempo prendemmo possesso di questa terra da Aroèr sul torrente Arn on fino a metà della montagna di Gàlaad: diedi le sue città ai Rubeniti e ai Gaditi. Alla metà dell a tribù di Manasse diedi il resto di Gàlaad e tutto il regno di Og in Basan tutta la regione di Argo b con tutto Basan che si chiamava terra dei Refaìm. Iair figlio di Manasse prese tutta la regione di Argob sino ai confini dei Ghesuriti e dei Maacatiti e chiamò con il suo nome i villaggi di Basan che anche oggi si chiamano villaggi di Iair. A Machir assegnai Gàlaad. Ai Rubeniti e ai Gaditi diedi da Gàlaad fino al torrente Arnon – fino alla metà del torrente che serve di confine –
e fino al torrente Iabbok frontiera degli Ammoniti inoltre l’Araba e il Giordano; il territorio va d a Chinneret fino al mare dell’Araba cioè il Mar Morto sotto le pendici del Pisga a oriente. In quel tempo io vi diedi quest’ordine: “Il Signore vostro Dio vi ha dato questo paese in proprietà. Voi t utti uomini vigorosi passerete armati alla testa degli Israeliti vostri fratelli. Soltanto le vostre mo gli i vostri fanciulli e il vostro bestiame – so che di bestiame ne avete molto –
rimarranno nelle città che vi ho dato finché il Signore abbia dato una dimora tranquilla ai vostri fratelli come ha fatto per voi e prendano anch’essi possesso della terra che il Signore vostro Dio sta per dare a loro oltre il Giordano. Poi ciascuno tornerà nel territorio che io vi ho assegnato”.
In quel tempo diedi anche a Giosuè quest’ordine: “I tuoi occhi hanno visto quanto il Signore vos tro Dio ha fatto a questi due re; lo stesso farà il Signore a tutti i regni nei quali tu stai per entrar
e. Non li temete perché lo stesso Signore vostro Dio, combatte per voi”. In quel tempo io suppli cai il Signore dicendo: “Signore Dio tu hai cominciato a mostrare al tuo servo la tua grandezza e la tua mano potente; quale altro Dio infatti in cielo o sulla terra può fare opere e prodigi come i tuoi? Permetti che io passi al di là e veda la bella terra che è oltre il Giordano e questi bei monti e il Libano”. Ma il Signore si adirò contro di me per causa vostra e non mi esaudì. Il Signore mi di sse: “Basta non aggiungere più una parola su questo argomento. Sali sulla cima del Pisga volgi lo sguardo a occidente a settentrione a mezzogiorno e a oriente e contempla con gli occhi; perché tu non attraverserai questo Giordano. Trasmetti i tuoi ordini a Giosuè rendilo intrepido e incora ggialo perché lui lo attraverserà alla testa di questo popolo e metterà Israele in possesso della t erra che vedrai”. Così ci fermammo nella valle di fronte a Bet-Peor. Ora Israele ascolta le leggi e le norme che io vi insegno affinché le mettiate in pratica perc hé viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore Dio dei vostri padri sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore vostro Dio che io vi prescrivo. I vostri occhi videro ciò che il Signore fece a Baal-Peor: come il Signore tuo Dio abbia sterminato in mezzo a te quanti avevano seguito Baal-Peor; ma voi che vi manteneste fedeli al Signore vostro Dio siete oggi tutti in vita. Vedete io vi h o insegnato leggi e norme come il Signore mio Dio mi ha ordinato perché le mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. Le osserverete dunque e le metteret e in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli i qu ali udendo parlare di tutte queste leggi diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste com e è tutta questa legislazione che io oggi vi do? Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le c ose che i tuoi occhi hanno visto non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le ins egnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli. Il giorno in cui sei comparso davanti al Signore tu o Dio sull’Oreb il Signore mi disse: “Radunami il popolo e io farò loro udire le mie parole perché imparino a temermi per tutti i giorni della loro vita sulla terra e le insegnino ai loro figli”. Voi vi a vvicinaste e vi fermaste ai piedi del monte; il monte ardeva con il fuoco che si innalzava fino alla sommità del cielo fra tenebre nuvole e oscurità. Il Signore vi parlò dal fuoco; voi udivate il suon o delle parole ma non vedevate alcuna figura: vi era soltanto una voce. Egli vi annunciò la sua al leanza che vi comandò di osservare cioè le dieci parole e le scrisse su due tavole di pietra. In qu ella circostanza il Signore mi ordinò di insegnarvi leggi e norme perché voi le metteste in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. State bene in guardia per la vostra v ita: poiché non vedeste alcuna figura quando il Signore vi parlò sull’Oreb dal fuoco non vi corro mpete dunque e non fatevi l’immagine scolpita di qualche idolo la figura di maschio o di femmi na la figura di qualunque animale che è sopra la terra la figura di un uccello che vola nei cieli la f igura di una bestia che striscia sul suolo la figura di un pesce che vive nelle acque sotto la terra.
Quando alzi gli occhi al cielo e vedi il sole la luna le stelle e tutto l’esercito del cielo tu non lascia
rti indurre a prostrarti davanti a quelle cose e a servirle; cose che il Signore tuo Dio ha dato in so rte a tutti i popoli che sono sotto tutti i cieli. Voi invece il Signore vi ha presi vi ha fatti uscire dal crogiuolo di ferro dall’Egitto perché foste per lui come popolo di sua proprietà quale oggi siete.
Il Signore si adirò contro di me per causa vostra e giurò che io non avrei attraversato il Giordano e non sarei entrato nella buona terra che il Signore tuo Dio sta per darti in eredità. Difatti io mo rirò in questa terra senza attraversare il Giordano; ma voi lo attraverserete e possederete quell a buona terra. Guardatevi dal dimenticare l’alleanza che il Signore vostro Dio ha stabilito con vo i e dal farvi alcuna immagine scolpita di qualunque cosa riguardo alla quale il Signore tuo Dio ti ha dato un comando perché il Signore tuo Dio è fuoco divoratore un Dio geloso. Quando avrete generato figli e nipoti e sarete invecchiati nella terra se vi corromperete, se vi farete un’immagi ne scolpita di qualunque cosa se farete ciò che è male agli occhi del Signore tuo Dio per irritarlo io chiamo oggi a testimone contro di voi il cielo e la terra: voi certo scomparirete presto dalla te rra in cui state per entrare per prenderne possesso attraversando il Giordano. Voi non vi rimarr ete lunghi giorni ma sarete tutti sterminati. Il Signore vi disperderà fra i popoli e non resterete c he un piccolo numero fra le nazioni dove il Signore vi condurrà. Là servirete a dèi fatti da mano d’uomo di legno e di pietra i quali non vedono non mangiano non odorano. Ma di là cercherai il Signore, tuo Dio e lo troverai se lo cercherai con tutto il cuore e con tutta l’anima. Nella tua disp erazione tutte queste cose ti accadranno; negli ultimi giorni però tornerai al Signore tuo Dio e a scolterai la sua voce poiché il Signore tuo Dio è un Dio misericordioso, non ti abbandonerà e no n ti distruggerà non dimenticherà l’alleanza che ha giurato ai tuoi padri. Interroga pure i tempi a ntichi che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità all’a ltra dei cieli vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un po polo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco come l’hai udita tu e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove segni prodig i e battaglie con mano potente e braccio teso e grandi terrori come fece per voi il Signore vostro Dio in Egitto, sotto i tuoi occhi? Tu sei stato fatto spettatore di queste cose perché tu sappia ch e il Signore è Dio e che non ve n’è altri fuori di lui. Dal cielo ti ha fatto udire la sua voce per educ arti; sulla terra ti ha mostrato il suo grande fuoco e tu hai udito le sue parole che venivano dal f uoco. Poiché ha amato i tuoi padri ha scelto la loro discendenza dopo di loro e ti ha fatto uscire dall’Egitto con la sua presenza e con la sua grande potenza, scacciando dinanzi a te nazioni più g randi e più potenti di te facendoti entrare nella loro terra e dandotene il possesso com’è oggi. S
appi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia fe lice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio ti dà per sempre». In quel tempo Mosè scelse tre città oltre il Giordano a oriente, perché servissero di asi lo all’omicida che avesse ucciso il suo prossimo involontariamente senza averlo odiato prima pe rché potesse aver salva la vita rifugiandosi in una di quelle città. Esse furono Beser nel deserto s ull’altopiano per i Rubeniti, Ramot in Gàlaad per i Gaditi e Golan in Basan per i Manassiti. Quest
a è la legge che Mosè espose agli Israeliti. Queste sono le istruzioni le leggi e le norme che Mosè diede agli Israeliti quando furono usciti dall’Egitto oltre il Giordano nella valle di fronte a Bet-Peor nella terra di Sicon, re degli Amorrei che abitava a Chesbon e che Mosè e gli Israeliti sconfi ssero quando furono usciti dall’Egitto. Essi avevano preso possesso della terra di lui e del paese di Og re di Basan – due re Amorrei che stavano oltre il Giordano a oriente –
da Aroèr che è sulla riva del torrente Arnon fino al monte Sirion cioè l’Ermon, con tutta l’Araba oltre il Giordano a oriente fino al mare dell’Araba sotto le pendici del Pisga. Mosè convocò tutto Israele e disse loro: «Ascolta Israele le leggi e le norme che oggi io proclamo ai vostri orecchi: i mparatele e custoditele per metterle in pratica. Il Signore nostro Dio ha stabilito con noi un’alle anza sull’Oreb. Il Signore non ha stabilito quest’alleanza con i nostri padri ma con noi che siamo qui oggi tutti vivi. Il Signore sul monte vi ha parlato dal fuoco faccia a faccia, mentre io stavo tra il Signore e voi per riferirvi la parola del Signore perché voi avevate paura di quel fuoco e non er avate saliti sul monte. Egli disse: “Io sono il Signore tuo Dio che ti ho fatto uscire dalla terra d’Eg itto dalla condizione servile. Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alc una di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra né di quanto è nelle acque sott o la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per col oro che mi odiano ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni per quelli che mi aman o e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore tuo Dio perch é il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Osserva il giorno del sabato p er santificarlo come il Signore tuo Dio ti ha comandato. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavor o; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro né tu né t uo figlio, né tua figlia né il tuo schiavo né la tua schiava né il tuo bue né il tuo asino né il tuo bes tiame né il forestiero che dimora presso di te perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino co me te. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscir e di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno del sabato. Onora tuo padre e tua madre come il Signore tuo Dio ti ha comandato perché si prol unghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà. Non ucciderai. Non com metterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai testimonianza menzognera contro il tuo pros simo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo. Non bramerai la casa del tuo prossimo né il s uo campo né il suo schiavo né la sua schiava né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che ap partenga al tuo prossimo”. Sul monte il Signore disse con voce possente queste parole a tutta la vostra assemblea in mezzo al fuoco alla nube e all’oscurità. Non aggiunse altro. Le scrisse su du e tavole di pietra e me le diede. Quando udiste la voce in mezzo alle tenebre mentre il monte er a tutto in fiamme i vostri capitribù e i vostri anziani si avvicinarono tutti a me e dissero: “Ecco il Signore nostro Dio ci ha mostrato la sua gloria e la sua grandezza e noi abbiamo udito la sua voc e dal fuoco; oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l’uomo e l’uomo restare vivo. Ma ora p erché dovremmo morire? Questo grande fuoco infatti ci consumerà. Se continuiamo a udire anc
ora la voce del Signore nostro Dio moriremo. Chi infatti tra tutti i mortali ha udito come noi la v oce del Dio vivente parlare dal fuoco ed è rimasto vivo? Accòstati tu e ascolta tutto ciò che il Sig nore nostro Dio dirà. Tu ci riferirai tutto ciò che il Signore nostro Dio ti avrà detto: noi lo ascolte remo e lo faremo”. Il Signore udì il suono delle vostre parole mentre mi parlavate e mi disse: “H
o udito le parole che questo popolo ti ha rivolto. Tutto ciò che hanno detto va bene. Oh se aves sero sempre un tal cuore da temermi e da osservare tutti i miei comandi per essere felici loro e i loro figli per sempre! Va’ e di’ loro: Tornate alle vostre tende. Ma tu resta qui con me e io ti de tterò tutti i comandi tutte le leggi e le norme che dovrai insegnare loro perché le mettano in pra tica nella terra che io sto per dare loro in possesso”. Abbiate cura perciò di fare come il Signore vostro Dio vi ha comandato. Non deviate né a destra né a sinistra; camminate in tutto e per tutt o per la via che il Signore vostro Dio vi ha prescritto perché viviate e siate felici e rimaniate a lun go nella terra di cui avrete il possesso. Questi sono i comandi le leggi e le norme che il Signore v ostro Dio ha ordinato di insegnarvi perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrar e per prenderne possesso; perché tu tema il Signore tuo Dio osservando per tutti i giorni della t ua vita tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta o Israele e bada di metterli in pratica perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele come il Signore Dio dei tuoi padri ti ha detto. Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli ne parlerai quando ti troverai in casa tua quando ca mminerai per via quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segn o ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue po rte. Quando il Signore tuo Dio ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti con città grandi e belle che tu non hai edificato, case piene di og ni bene che tu non hai riempito cisterne scavate ma non da te vigne e oliveti che tu non hai pian tato quando avrai mangiato e ti sarai saziato guàrdati dal dimenticare il Signore che ti ha fatto u scire dalla terra d’Egitto dalla condizione servile. Temerai il Signore tuo Dio lo servirai e giurerai per il suo nome. Non seguirete altri dèi divinità dei popoli che vi staranno attorno, perché il Sign ore tuo Dio che sta in mezzo a te è un Dio geloso; altrimenti l’ira del Signore tuo Dio si accender à contro di te e ti farà scomparire dalla faccia della terra. Non tenterete il Signore vostro Dio co me lo tentaste a Massa. Osserverete diligentemente i comandi del Signore vostro Dio le istruzio ni e le leggi che ti ha date. Farai ciò che è giusto e buono agli occhi del Signore perché tu sia felic e ed entri in possesso della buona terra che il Signore giurò ai tuoi padri di darti, dopo che egli a vrà scacciato tutti i tuoi nemici davanti a te come il Signore ha promesso. Quando in avvenire tu o figlio ti domanderà: “Che cosa significano queste istruzioni queste leggi e queste norme che il Signore nostro Dio vi ha dato?” tu risponderai a tuo figlio: “Eravamo schiavi del faraone in Egitt o e il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente. Il Signore operò sotto i nostri occhi seg ni e prodigi grandi e terribili contro l’Egitto contro il faraone e contro tutta la sua casa. Ci fece u
scire di là per condurci nella terra che aveva giurato ai nostri padri di darci. Allora il Signore ci or dinò di mettere in pratica tutte queste leggi temendo il Signore nostro Dio così da essere sempr e felici ed essere conservati in vita come appunto siamo oggi. La giustizia consisterà per noi nel mettere in pratica tutti questi comandi, davanti al Signore nostro Dio come ci ha ordinato”. Qua ndo il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possess o e avrà scacciato davanti a te molte nazioni: gli Ittiti i Gergesei gli Amorrei i Cananei i Perizziti gl i Evei e i Gebusei sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore tuo Dio le avrà m esse in tuo potere e tu le avrai sconfitte tu le voterai allo sterminio. Con esse non stringerai alcu na alleanza e nei loro confronti non avrai pietà. Non costituirai legami di parentela con loro non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli perché allontanerebbero la tua discendenza dal seguire me per farli servire a dèi stranieri e l’ira del Signore si accendere bbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe. Ma con loro vi comporterete in questo modo: demolirete i loro altari spezzerete le loro stele taglierete i loro pali sacri brucerete i loro idoli nel fuoco. Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio: il Signore tuo Dio ti ha scelto per e ssere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra. Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli –
siete infatti il più piccolo di tutti i popoli –
, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile dalla mano del faraone re d’Egitto. Riconosci dunque il Signore tuo Dio: egli è Dio il Dio fedele c he mantiene l’alleanza e la bontà per mille generazioni con coloro che lo amano e osservano i s uoi comandamenti ma ripaga direttamente coloro che lo odiano, facendoli perire; non concede una dilazione a chi lo odia ma lo ripaga direttamente. Osserverai dunque mettendoli in pratica i comandi le leggi e le norme che oggi ti prescrivo. Se avrete dato ascolto a queste norme e se le avrete osservate e messe in pratica, il Signore tuo Dio conserverà per te l’alleanza e la bontà ch e ha giurato ai tuoi padri. Egli ti amerà ti benedirà ti moltiplicherà benedirà il frutto del tuo seno e il frutto del tuo suolo: il tuo frumento il tuo mosto e il tuo olio i parti delle tue vacche e i nati del tuo gregge nel paese che ha giurato ai tuoi padri di darti. Tu sarai benedetto più di tutti i po poli: non sarà sterile né il maschio né la femmina in mezzo a te e neppure in mezzo al tuo bestia me. Il Signore allontanerà da te ogni infermità e non manderà su di te alcuna di quelle funeste malattie d’Egitto che ben conoscesti ma le manderà a quanti ti odiano. Sterminerai dunque tutti i popoli che il Signore tuo Dio sta per consegnarti. Il tuo occhio non ne abbia compassione e no n servire i loro dèi perché ciò è una trappola per te. Forse dirai in cuor tuo: “Queste nazioni son o più numerose di me; come potrò scacciarle?”. Non temerle! Ricòrdati di quello che il Signore t uo Dio fece al faraone e a tutti gli Egiziani: le grandi prove che hai visto con gli occhi i segni i pro digi la mano potente e il braccio teso con cui il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire. Così farà il Sign ore tuo Dio a tutti i popoli dei quali hai timore. Anche i calabroni manderà contro di loro il Signo re tuo Dio finché non siano periti quelli che saranno rimasti illesi o nascosti al tuo sguardo. Non
tremare davanti a loro perché il Signore tuo Dio è in mezzo a te Dio grande e terribile. Il Signore tuo Dio scaccerà a poco a poco queste nazioni dinanzi a te: tu non le potrai distruggere in fretta altrimenti le bestie selvatiche si moltiplicherebbero a tuo danno; ma il Signore tuo Dio le metter à in tuo potere e le getterà in grande spavento finché siano distrutte. Ti metterà nelle mani i lor o re e tu farai perire i loro nomi sotto il cielo; nessuno potrà resisterti finché tu le abbia distrutt e. Darai alle fiamme le sculture dei loro dèi. Non bramerai e non prenderai per te l’argento e l’o ro che le ricopre altrimenti ne resteresti come preso in trappola perché sono un abominio per il Signore tuo Dio. Non introdurrai un abominio in casa tua perché sarai come esso votato allo ste rminio. Lo detesterai e lo avrai in abominio perché è votato allo sterminio. Abbiate cura di mett ere in pratica tutti i comandi che oggi vi do perché viviate, diveniate numerosi ed entriate in pos sesso della terra che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri. Ricòrdati di tutto il cammino ch e il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto per umiliarti e mett erti alla prova per sapere quello che avevi nel cuore se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato ti ha fatto provare la fame poi ti ha nutrito di manna che tu non cono scevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto per farti capire che l’uomo non vive soltant o di pane ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Il tuo mantello non ti si è l ogorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni. Riconosci dunque in cuor tuo che come un uomo corregge il figlio così il Signore tuo Dio corregge te. Osserva i co mandi del Signore tuo Dio camminando nelle sue vie e temendolo, perché il Signore tuo Dio sta per farti entrare in una buona terra: terra di torrenti di fonti e di acque sotterranee che scaturis cono nella pianura e sulla montagna; terra di frumento di orzo di viti di fichi e di melograni; terr a di ulivi di olio e di miele; terra dove non mangerai con scarsità il pane dove non ti mancherà n ulla; terra dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Mangerai sarai sazio e bene dirai il Signore tuo Dio a causa della buona terra che ti avrà dato. Guàrdati bene dal dimenticare il Signore tuo Dio così da non osservare i suoi comandi le sue norme e le sue leggi che oggi io ti prescrivo. Quando avrai mangiato e ti sarai saziato quando avrai costruito belle case e vi avrai a bitato quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi accrescersi il tuo argento e il tuo oro e abbondare ogni tua cosa, il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare i l Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto dalla condizione servile; che ti ha cond otto per questo deserto grande e spaventoso luogo di serpenti velenosi e di scorpioni terra asse tata senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti h a nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri per umiliarti e per provarti per farti felice nel tuo av venire. Guàrdati dunque dal dire nel tuo cuore: “La mia forza e la potenza della mia mano mi ha nno acquistato queste ricchezze”. Ricòrdati invece del Signore tuo Dio perché egli ti dà la forza per acquistare ricchezze al fine di mantenere come fa oggi, l’alleanza che ha giurato ai tuoi padr i. Ma se tu dimenticherai il Signore tuo Dio e seguirai altri dèi e li servirai e ti prostrerai davanti a loro io attesto oggi contro di voi che certo perirete! Perirete come le nazioni che il Signore sta per far perire davanti a voi se non avrete dato ascolto alla voce del Signore vostro Dio. Ascolta I
sraele! Oggi tu stai per attraversare il Giordano per andare a conquistare nazioni più grandi e pi ù potenti di te città grandi e fortificate fino al cielo, un popolo grande e alto di statura i figli degl i Anakiti che tu conosci e dei quali hai sentito dire: “Chi mai può resistere ai figli di Anak?”. Sapp i dunque oggi che il Signore tuo Dio passerà davanti a te come fuoco divoratore li distruggerà e l i abbatterà davanti a te. Tu li scaccerai e li distruggerai rapidamente come il Signore ti ha detto.
Quando il Signore tuo Dio li avrà scacciati davanti a te non pensare: “A causa della mia giustizia i l Signore mi ha fatto entrare in possesso di questa terra”. è invece per la malvagità di queste na zioni che il Signore le scaccia davanti a te. No tu non entri in possesso della loro terra a causa de lla tua giustizia né a causa della rettitudine del tuo cuore; ma il Signore tuo Dio scaccia quelle na zioni davanti a te per la loro malvagità e per mantenere la parola che il Signore ha giurato ai tuo i padri ad Abramo a Isacco e a Giacobbe. Sappi dunque che non a causa della tua giustizia il Sign ore tuo Dio ti dà il possesso di questa buona terra; anzi tu sei un popolo di dura cervice. Ricòrda ti non dimenticare come hai provocato all’ira il Signore tuo Dio nel deserto. Da quando usciste d alla terra d’Egitto fino al vostro arrivo in questo luogo siete stati ribelli al Signore. All’Oreb prov ocaste l’ira del Signore; il Signore si adirò contro di voi fino a volere la vostra distruzione. Quand o io salii sul monte a prendere le tavole di pietra le tavole dell’alleanza che il Signore aveva stabi lito con voi rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare pane né bere acq ua. Il Signore mi diede le due tavole di pietra scritte dal dito di Dio sulle quali stavano tutte le pa role che il Signore vi aveva detto sul monte in mezzo al fuoco il giorno dell’assemblea. Alla fine dei quaranta giorni e delle quaranta notti il Signore mi diede le due tavole di pietra le tavole dell
’alleanza. Poi il Signore mi disse: “àlzati scendi in fretta di qui perché il tuo popolo che hai fatto uscire dall’Egitto si è traviato; si sono presto allontanati dalla via che io avevo loro indicata: si so no fatti un idolo di metallo fuso”. Il Signore mi aggiunse: “Io ho visto questo popolo; ecco è un p opolo di dura cervice. Lasciami fare: io li distruggerò e cancellerò il loro nome sotto i cieli e farò di te una nazione più potente e più grande di loro”. Così io mi volsi e scesi dal monte. Il monte b ruciava nelle fiamme. Le due tavole dell’alleanza erano nelle mie mani. Guardai ed ecco avevate peccato contro il Signore vostro Dio. Avevate fatto per voi un vitello di metallo fuso: avevate be n presto lasciato la via che il Signore vi aveva prescritto. Allora afferrai le due tavole, le gettai co n le mie mani le spezzai sotto i vostri occhi e mi prostrai davanti al Signore. Come avevo fatto la prima volta per quaranta giorni e per quaranta notti non mangiai pane né bevvi acqua a causa d el grande peccato che avevate commesso facendo ciò che è male agli occhi del Signore per prov ocarlo. Io avevo paura di fronte all’ira e al furore di cui il Signore era acceso contro di voi al punt o di volervi distruggere. Ma il Signore mi esaudì anche quella volta. Anche contro Aronne il Sign ore si era fortemente adirato al punto di volerlo far perire. In quell’occasione io pregai anche pe r Aronne. Poi presi l’oggetto del vostro peccato il vitello che avevate fatto lo bruciai nel fuoco lo feci a pezzi frantumandolo finché fosse ridotto in polvere e buttai quella polvere nel torrente c he scende dal monte. Anche a Taberà a Massa e a Kibrot-Taavà voi provocaste il Signore. Quando il Signore volle farvi partire da Kades-
Barnea dicendo: “Entrate e prendete in possesso la terra che vi do” voi vi ribellaste all’ordine de l Signore vostro Dio non aveste fede in lui e non obbediste alla sua voce. Siete stati ribelli al Sign ore da quando vi ho conosciuto. Io stetti prostrato davanti al Signore per quaranta giorni e per quaranta notti, perché il Signore aveva minacciato di distruggervi. Pregai il Signore e dissi: “Sign ore Dio non distruggere il tuo popolo la tua eredità che hai riscattato nella tua grandezza, che h ai fatto uscire dall’Egitto con mano potente. Ricòrdati dei tuoi servi Abramo Isacco e Giacobbe; non guardare alla caparbietà di questo popolo e alla sua malvagità e al suo peccato perché la te rra da dove ci hai fatto uscire non dica: Poiché il Signore non era in grado di introdurli nella terr a che aveva loro promesso e poiché li odiava li ha fatti uscire di qui per farli morire nel deserto.
Al contrario essi sono il tuo popolo la tua eredità che tu hai fatto uscire dall’Egitto con grande p otenza e con il tuo braccio teso”. In quel tempo il Signore mi disse: “Tàgliati due tavole di pietra simili alle prime e sali da me sul monte. Costruisci anche un’arca di legno. Io scriverò su quelle t avole le parole che erano sulle prime che tu hai spezzato e tu le metterai nell’arca”. Io feci dunq ue un’arca di legno d’acacia e tagliai due tavole di pietra simili alle prime; poi salii sul monte con le due tavole in mano. Il Signore scrisse su quelle tavole come era stato scritto la prima volta ci oè le dieci parole che il Signore aveva promulgato per voi sul monte in mezzo al fuoco il giorno dell’assemblea. Il Signore me le consegnò. Allora mi voltai scesi dal monte e collocai le tavole ne ll’arca che avevo fatto. Là restarono come il Signore mi aveva ordinato. Poi gli Israeliti partirono dai pozzi di Bene-Iaakàn per Moserà. Là morì Aronne e là fu sepolto. Al suo posto divenne sacerdote suo figlio Ele àzaro. Di là partirono alla volta di Gudgoda e da Gudgoda alla volta di Iotbata terra ricca di torre nti d’acqua. In quel tempo il Signore prescelse la tribù di Levi per portare l’arca dell’alleanza del Signore per stare davanti al Signore per servirlo e per benedire nel suo nome come avviene fino ad oggi. Perciò Levi non ha parte né eredità con i suoi fratelli: il Signore è la sua eredità come gl i aveva detto il Signore tuo Dio. Io ero rimasto sul monte come la prima volta quaranta giorni e quaranta notti. Il Signore mi esaudì anche questa volta: il Signore non ha voluto distruggerti. Poi il Signore mi disse: “àlzati mettiti in cammino alla testa del tuo popolo: entrino nella terra che g iurai ai loro padri di dare loro e ne prendano possesso”. Ora Israele che cosa ti chiede il Signore tuo Dio se non che tu tema il Signore tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie che tu lo ami c he tu serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima che tu osservi i comandi del S
ignore e le sue leggi che oggi ti do per il tuo bene? Ecco al Signore tuo Dio appartengono i cieli i cieli dei cieli la terra e quanto essa contiene. Ma il Signore predilesse soltanto i tuoi padri li amò e dopo di loro ha scelto fra tutti i popoli la loro discendenza cioè voi come avviene oggi. Circonc idete dunque il vostro cuore ostinato e non indurite più la vostra cervice; perché il Signore vostr o Dio è il Dio degli dèi il Signore dei signori il Dio grande forte e terribile che non usa parzialità e non accetta regali, rende giustizia all’orfano e alla vedova ama il forestiero e gli dà pane e vestit o. Amate dunque il forestiero perché anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto. Temi il Signo re tuo Dio servilo restagli fedele e giura nel suo nome. Egli è la tua lode egli è il tuo Dio che ha fa
tto per te quelle cose grandi e tremende che i tuoi occhi hanno visto. I tuoi padri scesero in Egitt o in numero di settanta persone; ora il Signore tuo Dio ti ha reso numeroso come le stelle del ci elo. Ama dunque il Signore tuo Dio e osserva ogni giorno le sue prescrizioni: le sue leggi le sue n orme e i suoi comandi. Oggi voi –
non parlo ai vostri figli che non hanno conosciuto né hanno visto le lezioni del Signore vostro Di o –
riconoscete la sua grandezza la sua mano potente il suo braccio teso i suoi portenti le opere ch e ha fatto in mezzo all’Egitto contro il faraone re d’Egitto e contro la sua terra; ciò che ha fatto a ll’esercito d’Egitto ai suoi cavalli e ai suoi carri come ha fatto rifluire su di loro le acque del Mar Rosso quando essi vi inseguivano e come il Signore li ha distrutti per sempre; ciò che ha fatto pe r voi nel deserto fino al vostro arrivo in questo luogo; ciò che ha fatto a Datan e ad Abiràm figli di Eliàb figlio di Ruben, quando la terra spalancò la bocca e li inghiottì con le loro famiglie le loro tende e quanto a loro apparteneva in mezzo a tutto Israele. Davvero i vostri occhi hanno visto l e grandi cose che il Signore ha operato. Osserverete dunque tutti i comandi che oggi vi do perch é siate forti e possiate conquistare la terra che state per invadere al fine di possederla e perché restiate a lungo nel paese che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri e alla loro discendenza
: terra dove scorrono latte e miele. Certamente la terra in cui stai per entrare per prenderne po ssesso non è come la terra d’Egitto da cui siete usciti e dove gettavi il tuo seme e poi lo irrigavi c on il tuo piede come fosse un orto di erbaggi; ma la terra che andate a prendere in possesso è u na terra di monti e di valli beve l’acqua della pioggia che viene dal cielo: è una terra della quale i l Signore tuo Dio ha cura e sulla quale si posano sempre gli occhi del Signore tuo Dio dal principi o dell’anno sino alla fine. Ora se obbedirete diligentemente ai comandi che oggi vi do amando il Signore vostro Dio e servendolo con tutto il cuore e con tutta l’anima io darò alla vostra terra la pioggia al suo tempo: la pioggia d’autunno e la pioggia di primavera perché tu possa raccoglier e il tuo frumento il tuo vino e il tuo olio. Darò anche erba al tuo campo per il tuo bestiame. Tu mangerai e ti sazierai. State in guardia perché il vostro cuore non si lasci sedurre e voi vi allonta niate servendo dèi stranieri e prostrandovi davanti a loro. Allora si accenderebbe contro di voi l’
ira del Signore ed egli chiuderebbe il cielo non vi sarebbe più pioggia il suolo non darebbe più i s uoi prodotti e voi perireste ben presto scomparendo dalla buona terra che il Signore sta per dar vi. Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi; le insegnerete ai vostri figli, parlandone qua ndo sarai seduto in casa tua e quando camminerai per via quando ti coricherai e quando ti alzer ai; le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte, perché siano numerosi i vostri giorni e i giorni dei vostri figli come i giorni del cielo sopra la terra nel paese che il Signore ha giurato ai v ostri padri di dare loro. Certamente se osserverete con impegno tutti questi comandi che vi do e li metterete in pratica amando il Signore vostro Dio camminando in tutte le sue vie e tenendo vi uniti a lui, il Signore scaccerà dinanzi a voi tutte quelle nazioni e voi v’impadronirete di nazion i più grandi e più potenti di voi. Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà sarà vostro: i
vostri confini si estenderanno dal deserto al Libano dal fiume il fiume Eufrate al mare occidental e. Nessuno potrà resistere a voi; il Signore vostro Dio come vi ha detto diffonderà la paura e il t errore di voi su tutta la terra che voi calpesterete. Vedete io pongo oggi davanti a voi benedizio ne e maledizione: la benedizione se obbedirete ai comandi del Signore vostro Dio che oggi vi do
; la maledizione se non obbedirete ai comandi del Signore vostro Dio e se vi allontanerete dalla via che oggi vi prescrivo per seguire dèi stranieri che voi non avete conosciuto. Quando il Signor e tuo Dio ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possesso tu porrai la benedizione sul monte Garizìm e la maledizione sul monte Ebal. Questi monti non si trovano fo rse oltre il Giordano oltre la via verso occidente nella terra dei Cananei che abitano l’Araba di fr onte a Gàlgala presso le Querce di Morè? Voi di fatto state per attraversare il Giordano per pre ndere possesso della terra che il Signore vostro Dio vi dà: voi la possederete e l’abiterete. Avret e cura di mettere in pratica tutte le leggi e le norme che oggi io pongo dinanzi a voi. Queste son o le leggi e le norme che avrete cura di mettere in pratica nella terra che il Signore Dio dei tuoi p adri ti dà perché tu la possegga finché vivrete nel paese. Distruggerete completamente tutti i lu oghi dove le nazioni che state per scacciare servono i loro dèi: sugli alti monti sui colli e sotto og ni albero verde. Demolirete i loro altari spezzerete le loro stele taglierete i loro pali sacri brucer ete nel fuoco le statue dei loro dèi e cancellerete il loro nome da quei luoghi. Non farete così co n il Signore vostro Dio ma lo cercherete nella sua dimora nel luogo che il Signore vostro Dio avrà scelto fra tutte le vostre tribù per stabilirvi il suo nome: là andrete. Là presenterete i vostri oloc austi e i vostri sacrifici le vostre decime quello che le vostre mani avranno prelevato le vostre of ferte votive e le vostre offerte spontanee e i primogeniti del vostro bestiame grosso e minuto; mangerete davanti al Signore vostro Dio e gioirete voi e le vostre famiglie per ogni opera riuscit a delle vostre mani e di cui il Signore vostro Dio vi avrà benedetti. Non farete come facciamo og gi qui dove ognuno fa quanto gli sembra bene, perché ancora non siete giunti al luogo del ripos o e nel possesso che il Signore, vostro Dio sta per darvi. Ma quando avrete attraversato il Giord ano e abiterete nella terra che il Signore vostro Dio vi dà in eredità ed egli vi avrà messo al sicur o da tutti i vostri nemici che vi circondano e abiterete tranquilli allora porterete al luogo che il Si gnore vostro Dio avrà scelto per fissarvi la sede del suo nome quanto vi comando: i vostri oloca usti e i vostri sacrifici le vostre decime quello che le vostre mani avranno prelevato e tutte le off erte scelte che avrete promesso come voto al Signore. Gioirete davanti al Signore vostro Dio voi i vostri figli le vostre figlie i vostri schiavi le vostre schiave e il levita che abiterà le vostre città p erché non ha né parte né eredità in mezzo a voi. Guàrdati bene dall’offrire i tuoi olocausti in qu alunque luogo avrai visto. Offrirai invece i tuoi olocausti nel luogo che il Signore avrà scelto in u na delle tue tribù: là farai quanto ti comando. Ogni volta però che ne sentirai desiderio potrai uc cidere animali e mangiarne la carne in tutte le tue città secondo la benedizione che il Signore ti avrà elargito. Ne potranno mangiare sia l’impuro che il puro come si fa della carne di gazzella e di cervo. Non ne mangerete però il sangue: lo spargerai per terra come acqua. Non potrai mang iare entro le tue città le decime del tuo frumento del tuo mosto del tuo olio né i primogeniti del
tuo bestiame grosso e minuto né ciò che avrai consacrato per voto né le tue offerte spontanee né quello che le tue mani avranno prelevato. Davanti al Signore tuo Dio, nel luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto mangerai tali cose tu il tuo figlio la tua figlia il tuo schiavo la tua schiava e il l evita che abiterà le tue città gioirai davanti al Signore tuo Dio di ogni cosa a cui avrai messo man o. Guàrdati bene finché vivrai nel tuo paese dall’abbandonare il levita. Quando il Signore tuo Di o avrà allargato i tuoi confini come ti ha promesso e tu desiderando mangiare la carne dirai: “Vo rrei mangiare la carne” potrai mangiare carne a tuo piacere. Se il luogo che il Signore tuo Dio, av rà scelto per stabilirvi il suo nome sarà lontano da te potrai ammazzare bestiame grosso e minu to che il Signore ti avrà dato come ti ho prescritto. Potrai mangiare entro le tue città a tuo piace re. Soltanto ne mangerete come si mangia la carne di gazzella e di cervo; ne potrà mangiare chi sarà impuro e chi sarà puro. Astieniti tuttavia dal mangiare il sangue perché il sangue è la vita; t u non devi mangiare la vita insieme con la carne. Non lo mangerai. Lo spargerai per terra come l
’acqua. Non lo mangerai perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te: così avrai fatto ciò che è rett o agli occhi del Signore. Ma quanto alle cose che avrai consacrato o promesso in voto le prende rai e andrai al luogo che il Signore avrà scelto e offrirai i tuoi olocausti, la carne e il sangue sull’al tare del Signore tuo Dio. Il sangue delle altre tue vittime dovrà essere sparso sull’altare del Sign ore tuo Dio e tu ne mangerai la carne. Osserva e obbedisci a tutte queste cose che ti comando p erché sia sempre felice tu e i tuoi figli dopo di te, quando avrai fatto ciò che è buono e retto agli occhi del Signore tuo Dio. Quando il Signore tuo Dio avrà distrutto davanti a te le nazioni di cui t u stai per prendere possesso quando le avrai conquistate e ti sarai stanziato nella loro terra, guà rdati bene dal lasciarti ingannare seguendo il loro esempio dopo che saranno state distrutte dav anti a te e dal cercare i loro dèi dicendo: “Come servivano i loro dèi queste nazioni? Voglio fare così anch’io”. Non ti comporterai in tal modo riguardo al Signore tuo Dio; perché esse facevano per i loro dèi ciò che è abominevole per il Signore e ciò che egli detesta: bruciavano nel fuoco p erfino i loro figli e le loro figlie in onore dei loro dèi. Osserverete per metterlo in pratica tutto ci ò che vi comando: non vi aggiungerai nulla e nulla vi toglierai. Qualora sorga in mezzo a te un pr ofeta o un sognatore che ti proponga un segno o un prodigio, e il segno e il prodigio annunciato succeda ed egli ti dica: “Seguiamo dèi stranieri che tu non hai mai conosciuto e serviamoli” tu n on dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore perché il Signore vostro Dio vi mette alla prova per sapere se amate il Signore vostro Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Seguirete il Signore vostro Dio temerete lui osserverete i suoi comandi ascolterete la sua voce l o servirete e gli resterete fedeli. Quanto a quel profeta o a quel sognatore egli dovrà essere mes so a morte perché ha proposto di abbandonare il Signore vostro Dio che vi ha fatto uscire dalla t erra d’Egitto e ti ha riscattato dalla condizione servile per trascinarti fuori della via per la quale il Signore tuo Dio ti ha ordinato di camminare. Così estirperai il male in mezzo a te. Qualora il tuo fratello figlio di tuo padre o figlio di tua madre o il figlio o la figlia o la moglie che riposa sul tuo petto o l’amico che è come te stesso t’istighi in segreto, dicendo: “Andiamo serviamo altri dèi”
dèi che né tu né i tuoi padri avete conosciuto divinità dei popoli che vi circondano vicini a te o d
a te lontani da un’estremità all’altra della terra tu non dargli retta non ascoltarlo. Il tuo occhio n on ne abbia compassione: non risparmiarlo non coprire la sua colpa. Tu anzi devi ucciderlo: la tu a mano sia la prima contro di lui per metterlo a morte; poi sarà la mano di tutto il popolo. Lapid alo e muoia perché ha cercato di trascinarti lontano dal Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal la terra d’Egitto dalla condizione servile. Tutto Israele verrà a saperlo ne avrà timore e non com metterà in mezzo a te una tale azione malvagia. Qualora tu senta dire di una delle tue città che i l Signore tuo Dio ti dà per abitarvi che uomini iniqui sono usciti in mezzo a te e hanno sedotto gl i abitanti della loro città dicendo: “Andiamo serviamo altri dèi” dèi che voi non avete mai conos ciuto tu farai le indagini investigherai interrogherai con cura. Se troverai che la cosa è vera che il fatto sussiste e che un tale abominio è stato realmente commesso in mezzo a te, allora dovrai passare a fil di spada gli abitanti di quella città la dovrai votare allo sterminio con quanto contie ne e dovrai passare a fil di spada anche il suo bestiame. Poi radunerai tutto il bottino in mezzo a lla piazza e brucerai nel fuoco la città e l’intero suo bottino sacrificio per il Signore tuo Dio. Dive nterà una rovina per sempre e non sarà più ricostruita. Nulla di ciò che sarà votato allo stermini o si attaccherà alla tua mano perché il Signore desista dalla sua ira ardente ti conceda misericor dia abbia misericordia di te e ti moltiplichi come ha giurato ai tuoi padri. Così tu ascolterai la voc e del Signore tuo Dio: osservando tutti i suoi comandi che oggi ti do e facendo ciò che è retto ag li occhi del Signore tuo Dio. Voi siete figli per il Signore vostro Dio: non vi farete incisioni e non v i raderete tra gli occhi per un morto. Tu sei infatti un popolo consacrato al Signore tuo Dio e il Si gnore ti ha scelto per essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra. Non mangerai alcuna cosa abominevole. Questi sono gli animali che potrete mangiare: il bue la peco ra e la capra; il cervo la gazzella il capriolo lo stambecco, l’antilope il bufalo e il camoscio. Potret e mangiare di ogni quadrupede che ha l’unghia bipartita divisa in due da una fessura e che rumi na. Ma non mangerete quelli che ruminano soltanto o che hanno soltanto l’unghia bipartita divi sa da una fessura: il cammello la lepre, l’iràce che ruminano ma non hanno l’unghia bipartita. C
onsiderateli impuri. Anche il porco che ha l’unghia bipartita ma non rumina per voi è impuro. N
on mangerete la loro carne e non toccherete i loro cadaveri. Fra tutti gli animali che vivono nell e acque potrete mangiare quelli che hanno pinne e squame; ma non mangerete nessuno di que lli che non hanno pinne e squame. Considerateli impuri. Potrete mangiare qualunque uccello pu ro ma delle seguenti specie non dovete mangiare: l’aquila l’avvoltoio e l’aquila di mare il nibbio e ogni specie di falco ogni specie di corvo lo struzzo la civetta il gabbiano e ogni specie di sparvi ero il gufo l’ibis il cigno il pellicano la fòlaga l’alcione la cicogna ogni specie di airone, l’ù pupa e i l pipistrello. Considererete come impuro ogni insetto alato. Non ne mangiate. Potrete mangiare ogni uccello puro. Non mangerete alcuna bestia che sia morta di morte naturale; la darai al for estiero che risiede nelle tue città perché la mangi o la venderai a qualche straniero perché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio. Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre.
Dovrai prelevare la decima da tutto il frutto della tua semente che il campo produce ogni anno.
Mangerai davanti al Signore tuo Dio nel luogo dove avrà scelto di stabilire il suo nome la decima del tuo frumento del tuo mosto del tuo olio e i primi parti del tuo bestiame grosso e minuto pe rché tu impari a temere sempre il Signore tuo Dio. Ma se il cammino è troppo lungo per te e tu non puoi trasportare quelle decime perché è troppo lontano da te il luogo dove il Signore tuo Di o avrà scelto di stabilire il suo nome – perché il Signore, tuo Dio ti avrà benedetto.